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Articolo 309 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 04/10/2024]

Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva

Dispositivo dell'art. 309 Codice di procedura penale

1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione [293] del provvedimento, l'imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva [281-286], salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero [310](1)(2)(3).

2. Per l'imputato latitante [296] il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell'articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l'esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l'imputato prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.

3. Il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura [293 3, 296 2].

3-bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell'articolo 104, comma 3.

4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dall'articolo 582(12).

5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno(5), trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini e, in ogni caso, le dichiarazioni rese dalla persona sottoposta alle indagini ai sensi dell'articolo 291, comma 1-quater(6 )(13).

6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi e l'imputato può chiedere di comparire personalmente. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione(7).

7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza.

8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 e, se diverso, a quello che ha richiesto l'applicazione della misura; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all'imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia.

8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può partecipare alla udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7. L'imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente o, quando una particolare disposizione di legge lo prevede, di partecipare a distanza. Il presidente può altresì disporre la partecipazione a distanza dell'imputato che vi consenta(7)(12).

9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma o conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso(8). Il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l'autonoma valutazione, a norma dell'articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa(7)(11).

9-bis. Su richiesta formulata personalmente dall'imputato entro due giorni dalla notificazione dell'avviso, il tribunale differisce la data dell'udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi. In tal caso il termine per la decisione e quello per il deposito dell'ordinanza sono prorogati nella stessa misura(9).

10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame o il deposito dell'ordinanza del tribunale in cancelleria non intervengono nei termini prescritti, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata. L'ordinanza del tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione salvi i casi in cui la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni. In tali casi, il giudice può disporre per il deposito un termine più lungo, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione(7)(10).

Note

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE ALLA RIFORMA CARTABIA***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)

[omissis]

4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme prescritte dall'articolo 582.
[omissis]
8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può partecipare all'udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7. L'imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente
o, quando una particolare disposizione di legge lo prevede, di partecipare a distanza. Il presidente può altresì disporre la partecipazione a distanza dell'imputato che vi consenta.

[omissis]


(1) Lo strumento del riesame nel merito è utilizzabile solo esclusivamente avverso le ordinanze che abbino disposto una misura coercitiva, quindi non anche interdittiva, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero.
(2) La titolarità del diritto al riesame spetta soltanto all'imputato/difensore, salva la previsione per l'uno o per l'altro di un diverso regime di decorrenza del termine di dieci giorni fissato per la proposizione della relativa richiesta a pena di decadenza, come per tutte le impugnazioni in materia di misure cautelari ex art. 99 disp. att. del presente codice.
(3) La Corte Cost., con sent. 6 dicembre 2013, n. 293, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'articolo in quanto interpretato nel senso che la deducibilità, nel procedimento di riesame, della retrodatazione della decorrenza dei termini di durata massima delle misure cautelari, prevista dall'art. 297, comma 3, sia subordinata oltre che alla condizione che, per effetto della retrodatazione, il termine sia già scaduto al momento dell'emissione dell'ordinanza cautelare impugnata anche a quella che tutti gli elementi per la retrodatazione risultino da detta ordinanza.
(5) Tale termine deve ritenersi ricorrente non già dal giorno della ricezione del predetto avviso, bensì dal giorno stesso della presentazione della richiesta di riesame.
(6) Si tratta di tutti gli elementi acquisiti dal P.M., successivamente alla richiesta della misura in oggetto, ai sensi dell'art. 358, ovvero pervenutigli in virtù dell'attività investigativa le difensore ex art. 327 bis, sempre nel corso delle indagini preliminari, non anche però dopo la chiusura di tale fase.
(7) Comma così modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47 e successivamente modificato dalla c.d "Riforma Cartabia".
(8) La Corte Costituzionale, con sent. 15 marzo 1996, n. 71, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell'ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell'art. 429.
(9) Comma inserito dall’art. 11 comma 4, L. 16 aprile 2015, n. 47.
(10) Quando l'imputato è detenuto o internato in luogo posto fuori del circondario del tribunale competente, il termine previsto decorre dal momento in cui pervengono al tribunale gli atti assunti dal magistrato di sorveglianza a norma dell'articolo 127 comma 3 del codice. Il magistrato di sorveglianza senza ritardo assume le dichiarazioni dell'imputato, previo tempestivo avviso al difensore e trasmette gli atti al tribunale con il mezzo più celere.
(11) Il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 ha disposto (con l'art. 83, comma 9) che "Nei procedimenti penali il corso della prescrizione e i termini di cui agli articoli 303, 308 309, comma 9, 311, commi 5 e 5-bis, e 324, comma 7, del codice di procedura penale e agli articoli 24, comma 2, e 27, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020".
(12) Comma modificato dall'art. 13, co. 1, lett. g) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d "Riforma Cartabia").
(13) Il comma 5 è stato modificato dall'art. 2, comma 1, lettera i) della L. 9 agosto 2024, n. 114.

Ratio Legis

La norma in esame trova il proprio fondamento nell'esigenza di garantire una maggiore efficienza e tempestività nel funzionamento della garanzia implicita nel riesame quale mezzo di impugnazione avverso le ordinanze applicative delle misure coercitive.

Spiegazione dell'art. 309 Codice di procedura penale

Essendo le misure cautelari degli strumenti che, in varia guisa, privano il soggetto della libertà o di vari diritti, è chiaro come il legislatore si sia visto costretto a disciplinare nel dettaglio la disciplina delle impugnazioni.

Trattasi di mezzi di impugnazione opportunamente rivisitati nei loro aspetti procedurali, all'insegna di una maggiore efficienza e tempestività del loro funzionamento.
Non va trascurato il principio che anche nei casi di revoca delle misure, le impugnazioni tutelano comunque un interesse del ricorrente, in modo da assicurargli l'accertamento dell'illegittimità della misura, soprattutto in ambito custodiale, sì da potergli garantire il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione (v. art. 314.

L’art. 309 c.p.p. disciplina il mezzo di impugnazione del riesame.

Ai sensi del comma 1, con il riesame si può impugnare l’ordinanza che dispone una misura cautelare coercitiva. Invece, il riesame non è possibile nei confronti dell’ordinanza pronunciata a seguito dell’appello del p.m. ex art. 310 del c.p.p. o quando si tratta di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo

Secondo i commi 1 e 3, che la legittimazione a proporre tale impugnazione spetta all’imputato e al suo difensore, ma con differenti termini:
  • l’imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dall’esecuzione o notificazione del provvedimento;
  • il difensore dell’imputato può proporre richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza applicativa della misura cautelare.

Per quanto riguarda il contenuto della richiesta, il comma 6 prevede che, con la richiesta di riesame, “possono essere enunciati anche i motivi”. Pertanto, l’atto di impugnazione non richiede l’esposizione dei motivi.
Infatti, chi ha proposto l’impugnazione ha la facoltà di enunciare nuovi motivi dinanzi al giudice del riesame, facendone dare atto a verbale in udienza.
Tra i motivi, occorre annoverare quelli riguardanti il fumus commissi delicti ed il periculum libertatis e, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale in merito, anche quelli relativi ai gravi indizi di colpevolezza.

Il comma 4 precisa che la richiesta va presentata nella cancelleria del tribunale competente: per il comma 7, competente è il tribunale in composizione collegiale del luogo in cui ha sede la Corte d’appello o la sezione distaccata della Corte d’appello nella cui circoscrizione è compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza.

Il comma 4 (come modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) ha precisato le formalità per la presentazione della richiesta di riesame.
Da un lato, il legislatore precisa che la richiesta va presentata con le modalità indicate dall’art. 582 del c.p.p. (come riformulato dalla riforma Cartabia): cioè, la richiesta di riesame va presentata mediante deposito telematico ai sensi dell’art. 111 bis del c.p.p..
Dall’altro lato, è stato eliminato il riferimento all’art. 583 del c.p.p. (norma abrogata dalla riforma Cartabia), che prevedeva la spedizione dell’atto di impugnazione tramite telegramma o a mezzo raccomandata.

Ai sensi del comma 5 (come modificato dalla riforma Nordio, L. n. 114 del 2024), il Presidente del Tribunale cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente (nelle indagini preliminari, il p.m.; nel processo, il giudice). Entro il giorno successivo e non oltre il quinto giorno, l’autorità giudiziaria procedente deve trasmettere al Tribunale gli atti presentati con la richiesta di misura cautelare dal p.m., nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore dell’indagato; inoltre, se c’è stato il c.d. interrogatorio preventivo (istituto introdotto dalla Riforma Nordio), il pubblico ministero deve trasmettere anche le dichiarazioni rese dall’indagato in tale sede ai sensi del comma 1-quater dell’art. 291 del c.p.p..

Il comma 10 precisa che, se gli atti non sono trasmessi entro i detti termini, la misura cautelare perde efficacia e non può essere rinnovata, salvo eccezionali esigenze cautelari motivate specificamente.

Il comma 8 prevede che, l’avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale competente e all’imputato ed al suo difensore. Per tutelare il contraddittorio, gli atti restano depositati in cancelleria fino al giorno dell’udienza, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia.

Sempre il comma 8 precisa che l’udienza si svolge in camera di consiglio ex art. 127 del c.p.p..

Il nuovo comma 8-bis (come modificato dalla riforma Cartabia) stabilisce che l’imputato ha diritto di comparire personalmente quando ne abbia fatto istanza con la richiesta di riesame oppure di partecipare a distanza quando la legge lo prevede.
Inoltre, il Presidente può anche disporre la partecipazione a distanza dell’imputato, quando questi vi consenta.

Il comma 9 stabilisce che il Tribunale decide con ordinanza e deve emettere la sua decisione entro il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti: il giudice, se non deve dichiarare l’inammissibilità della richiesta, annulla, riforma o conferma il provvedimento impugnato.
Il comma 10 precisa che, se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene nei termini prescritti, la misura cautelare perde efficacia e non può essere rinnovata, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate.

Sempre ai sensi del comma 10, l’ordinanza del Tribunale deve essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravità delle imputazioni, il giudice può disporre per il deposito un termine più lungo, comunque non superiore a quarantacinque giorni da quello della decisione.
Se l’ordinanza del tribunale non è depositata in cancelleria nei termini visti, la misura cautelare perde efficacia e non può essere rinnovata, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate.

Massime relative all'art. 309 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 20734/2021

Nel giudizio di riesame, per effetto del rinvio operato dall'art. 309, comma 8, cod. proc. pen. alle forme del procedimento in camera di consiglio previste dall'art. 127 cod. proc. pen., l'avviso di deposito del provvedimento decisorio deve essere notificato al solo difensore destinatario dell'avviso di udienza e non anche a quelli nominati successivamente che, se intendono intervenire nella fase impugnatoria dell'ordinanza di riesame, hanno l'onere di adoperarsi per acquisire le necessarie informazioni dall'assistito o dal primo difensore. (Dichiara inammissibile, TRIB. LIBERTA' BARI, 21/11/2020).

Cass. pen. n. 19214/2020

In tema di misure cautelari personali, sussiste l'interesse del pubblico ministero ad impugnare il provvedimento con cui il tribunale del riesame, rilevata l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari, annulli, per carenza delle condizioni di applicabilità, l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, se l'impugnazione sia funzionale a garantire il tempestivo intervento del giudice competente. (Dichiara inammissibile, TRIB. LIBERTA' PALERMO, 11/04/2019).

Cass. pen. n. 44153/2018

In materia di impugnazione di misure cautelari personali, il termine per il deposito dell'ordinanza del tribunale del riesame - il cui mancato rispetto determina, ai sensi dell'art. 309, comma 10, cod. proc. pen., la perdita di efficacia dell'ordinanza applicativa della misura coercitiva, decorre dalla data del deposito del dispositivo e non dalla eventuale diversa data della camera di consiglio.

Cass. pen. n. 44150/2018

La richiesta del difensore volta ad ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, deve essere tempestivamente proposta in relazione all'udienza del tribunale del riesame ed alle cadenze temporali indicate dall'art. 309, comma 9, cod. proc. pen., tenuto conto del grado di complessità delle operazioni di duplicazione delle intercettazioni, del tempo necessario per la verifica di eventuali discordanze tra i testi posti a base delle decisioni cautelari e quelli risultanti dall'ascolto diretto, nonché del momento di deposito della richiesta di riesame. (Nella specie, la Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso relativo alla tardiva messa a disposizione del materiale in relazione ad istanza presentata solo il giorno prima dell'udienza, appositamente rinviata per permettere l'esame di detto materiale).

Cass. pen. n. 42892/2018

In tema di misure cautelari personali adottate sulla base delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il verbale illustrativo dell'attività di collaborazione non rientra fra gli atti di cui è obbligatoria la trasmissione al tribunale del riesame, in quanto, valendo soltanto ad attestare la tempestività delle dichiarazioni rese dal collaborante, è irrilevante in sede cautelare, nella quale è possibile fondare l'accertamento circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza anche sulla base di dichiarazioni rese oltre il termine di centottanta giorni previsto dall'art. 16-quater, comma 1, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, come successivamente modificato.

Cass. pen. n. 25632/2018

L'omessa trasmissione al tribunale del riesame di parte degli atti acquisiti al procedimento cautelare determina la caducazione del provvedimento impugnato soltanto qualora gli atti non trasmessi siano stati ritenuti determinanti ai fini dell'applicazione della misura, spettando all'indagato l'onere di indicare le ragioni per le quali gli atti di cui lamenta la mancata trasmissione abbiano rivestito tale carattere. (Nell'enunciare tale principio, la S.C. ha escluso che l'omessa trasmissione del supporto audiovisivo relativo all'audizione protetta di un minore vittima di violenza sessuale potesse comportare la caducazione della misura custodiale applicata, attesa la disponibilità, da parte del tribunale, della trascrizione integrale delle dichiarazioni rese in tale sede dalla persona offesa e la mancata allegazione, da parte dell'indagato, di quali elementi decisivi avrebbero potuto essere tratti dalla visione del predetto supporto).

Cass. pen. n. 23229/2018

In tema di rinnovazione delle misure cautelari personali, in caso di perdita di efficacia dell'ordinanza, ai sensi dell'art. 309, comma 10 cod. proc. pen., qualora il Gip nel rinnovare la misura abbia omesso di motivare specificamente in ordine alla ricorrenza di eccezionali esigenze cautelari, il vizio motivazionale del provvedimento impugnato non può essere sanato dal tribunale del riesame i cui poteri integrativi, previsti dal nono comma del predetto art. 309, possono operare esclusivamente allorquando la motivazione non sia totalmente mancante.

Cass. pen. n. 16395/2018

In tema di impugnazioni avverso i provvedimenti "de libertate", pur nella peculiarità del contesto decisorio del giudizio di riesame resa manifesta dall'art. 309, comma 9, cod. proc. pen., il ricorrente ha l'onere di specificare le doglianze attinenti al merito (sul fatto, sulle fonti di prova e sulla relativa valutazione) onde provocare il giudice del riesame a fornire risposte adeguate e complete, sulle quali la Corte di cassazione può essere chiamata ad esprimersi. Pertanto, in mancanza di tale devoluzione, è inammissibile il ricorso che sottoponga alla Corte di legittimità censure su tali punti, che non possono trovare risposte per carenza di cognizione in fatto addebitabile alla mancata osservanza del predetto onere, in relazione ai limiti del giudizio di cassazione, ex art. 606 cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 12854/2018

Nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza camerale ai sensi dell'art. 309, comma 8-bis, cod. proc. pen., deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame.

Cass. pen. n. 10590/2018

Anche a seguito delle modifiche apportate dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 agli artt. 292 e 309, cod. proc. pen., sussiste il potere-dovere del tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impositivo della misura qualora questo sia assistito da una motivazione che enunci le ragioni della cautela, anche in forma stringata ed espressa "per relationem" in adesione alla richiesta cautelare, a meno che non si sia in presenza di una motivazione del tutto priva di vaglio critico dell'organo giudicante mancando, in tal caso, un sostrato su cui sviluppare il contraddittorio tra le parti.

Cass. pen. n. 9386/2018

In tema di riesame di misure cautelari personali, non incorre nel divieto di "bis in idem" il tribunale che confermi un'ordinanza cautelare emessa per il reato previsto dall'art.416-bis cod.pen., anche sulla base degli atti, prodotti nel corso dell'udienza camerale, di un diverso procedimento, nell'ambito del quale sia stata avanzata un'autonoma richiesta cautelare, concernente il medesimo indagato e lo stesso titolo di reato, ma relativo alla partecipazione ad una diversa cosca di 'ndrangheta, in quanto i fatti storici contestati non sono gli stessi e l'acquisizione degli atti del diverso procedimento è funzionale solo a provare indirettamente la distinta imputazione provvisoria.

Cass. pen. n. 8695/2018

L'annullamento di una ordinanza cautelare per motivi formali, quali la mancanza di un'autonoma valutazione da parte del giudice per le indagini peliminari dei requisiti normativi previsti per l'adozione della misura coercitiva, non impedisce la rinnovazione della misura atteso che il divieto di rinnovazione, di cui all'art. 309, comma 10, cod. proc. pen., non si riferisce ai casi di annullamento ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen. (In motivazione la Corte ha aggiunto che l'applicazione di detto principio non determina la violazione del principio del "ne bis in idem", nè una disparità di trattamento rispetto alle ipotesi disciplinate dall'art. 309, comma 10, cod. proc. pen., trattandosi di una norma di carattere derogatorio rispetto al principio generale secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il vincolo del "giudicato cautelare interno" opera solamente nel caso in cui vi sia stata una valutazione sul merito della domanda cautelare del pubblico ministero).

Cass. pen. n. 643/2018

Anche a seguito delle modifiche apportate dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 all'art. 309, comma 9, cod. proc. pen., il potere-dovere del tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera nelle ipotesi di motivazione mancante sotto il profilo grafico, apparente o inesistente per inadeguatezza normativa, quale quella in cui il primo giudice si sia limitato ad una sterile rassegna delle fonti di prova a carico dell'indagato, in assenza di qualsiasi riferimento contenutistico e di enucleazione degli specifici elementi reputati indizianti.

Cass. pen. n. 50760/2017

In tema di riesame, l'omesso deposito, richiesto dalla difesa dell'indagato, da parte del pubblico ministero dei file audio delle registrazioni delle conversazioni intercettate, utilizzate per l'emissione dell'ordinanza cautelare, determina l'inutilizzabilità a fini cautelari delle predette conversazioni, dovendosi escludere che, dinanzi a tale omissione, la difesa abbia l'onere di chiedere un rinvio dell'udienza ai sensi dell'art. 309, comma 9-bis cod. proc. pen. (Fattispecie in cui l'omesso deposito delle registrazioni era stato determinato dalla necessità di completamento delle operazioni di masterizzazione).

Cass. pen. n. 31460/2017

Nel caso in cui la richiesta di riesame sia stata presentata dall'indagato detenuto in busta chiusa all'amministrazione penitenziaria, i termini per la trasmissione degli atti al Tribunale del riesame e per la decisione decorrono non già dalla data di presentazione dell'istanza - come nel caso in cui essa sia ricevuta dal direttore del carcere ex art. 123 cod. proc. pen. - ma da quella successiva dell'effettiva ricezione dell'atto da parte della cancelleria del giudice del riesame.

Cass. pen. n. 22338/2017

La condanna alle spese processuali relative al procedimento incidentale di riesame non costituisce titolo autonomo, suscettibile di immediata esecuzione, in quanto il recupero di tali spese postula la definizione del procedimento principale, il cui esito, in caso di condanna, determina l'attivazione della relativa procedura. (Fattispecie di rigetto di riesame di un sequestro preventivo successivamente revocato, nella quale la S.C. ha giudicato inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per l'annullamento del provvedimento reiettivo del Tribunale della libertà, del quale era comunque stato richiesto l'accoglimento ai fini delle spese del procedimento di riesame).

Cass. pen. n. 21205/2017

L'omessa trasmissione al tribunale del riesame di parte degli atti acquisiti al procedimento cautelare determina la caducazione del provvedimento impugnato qualora gli atti non trasmessi siano stati ritenuti determinanti ai fini dell'applicazione della misura cautelare. Spetta all'indagato l'onere di indicare le ragioni per le quali gli atti di cui lamenta la mancata trasmissione siano stati determinanti ai fini dell'applicazione della misura cautelare.

Cass. pen. n. 19313/2017

In materia di impugnazione di misure cautelari personali, il termine di trenta giorni entro il quale deve essere depositata la motivazione dell'ordinanza decorre dal deposito del dispositivo e non dalla data della deliberazione in camera di consiglio. (In motivazione la Corte ha precisato che, nel caso di specie, i termini erano da considerare comunque rispettati, in quanto, anche seguendo la tesi del ricorrente, contraria al principio affermato, il "dies a quo" sarebbe decorso dalla data di chiusura e non di apertura della camera di consiglio, protrattasi oltre 24 ore).

Cass. pen. n. 18807/2017

In tema di riesame di misure cautelari personali, l'inefficacia della ordinanza cautelare per mancato invio al tribunale degli atti trasmessi al G.i.p. al momento della richiesta non si verifica se non risulta che l'atto (nella specie, la videoregistrazione integrale delle riprese effettuate dalla polizia giudiziaria), asseritamente non inviato, fosse stato trasmesso unitamente alla richiesta della misura al G.i.p.

Cass. pen. n. 16187/2017

In tema di riesame di un'ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, rinnovata ai sensi dell'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen., il tribunale deve valutare se la nuova ordinanza, completamente autonoma rispetto a quella dichiarata inefficace, sia adeguatamente e specificatamente motivata in ordine alla sussistenza di "eccezionali esigenze cautelari", a nulla rilevando se essa si fondi, o meno, su elementi già sussistenti al momento di emissione della prima ordinanza ovvero sopravvenuti rispetto a quest'ultima. (In motivazione, la Suprema Corte ha precisato che tali qualificate esigenze cautelari si distinguono da quelle ordinarie per il grado di pericolo, che deve superare la concretezza e l'attualità richiesta dall'art. 274 cod. proc. pen. per raggiungere la soglia della sostanziale certezza che l'indagato, ove non sottoposto a misure coercitiva, continui nella commissione di delitti della specie di quello per cui si procede).

Cass. pen. n. 10941/2017

In tema di misure cautelari personali, sussiste l'interesse ad impugnare quando l'indagato tende ad ottenere una diversa qualificazione giuridica del fatto dalla quale consegua per lui una concreta utilità. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto sussistente l'interesse del ricorrente all'inquadramento del fatto ascrittogli nella più lieve fattispecie di cui dell'art.73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, il cui limite edittale di pena avrebbe impedito l'adozione della custodia cautelare in carcere).

Cass. pen. n. 10929/2017

In materia di impugnazione di misure cautelari personali, il termine di trenta giorni per il deposito dell'ordinanza del tribunale del riesame, il cui mancato rispetto determina, ai sensi dell'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen., come sostituito dall'art. 11 legge 16 aprile 2015, n. 47, la perdita di efficacia dell'ordinanza applicativa della misura coercitiva, decorre dalla data del deposito del dispositivo e non dalla eventuale diversa data della camera di consiglio.

Cass. pen. n. 7652/2017

In materia di impugnazione di misure cautelari personali, il termine entro il quale deve intervenire la decisione sulla richiesta di riesame e quello per il deposito della successiva ordinanza del tribunale - il cui mancato rispetto determina, ai sensi dell'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen., come sostituito dall'art. 11 legge 16 aprile 2015, n. 47, la perdita di efficacia dell'ordinanza applicativa della misura coercitiva - devono essere intesi nel senso che il dispositivo contenente la decisione sulla richiesta di riesame deve essere depositato entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, mentre l'ordinanza del tribunale recante la motivazione deve essere depositata entro trenta giorni dal deposito del dispositivo.

Cass. pen. n. 54721/2016

In tema di riesame, costituisce causa di nullità dell'ordinanza di applicazione di miusra cautelare personale il rifiuto o l'ingiustificato ritardo del P.M. nel consentire l'accesso alle registrazioni delle conversazioni telefoniche o di riprese audiovisive utilizzate ai fini della applicazione della misura medesima, sempre che il difensore dell'interessato dimostri di essersi attivato tempestivamente e diligentemente per la richiesta e l'esame del materiale, anche richiedendo, nel caso di oggettiva impossibilità di completare la propria attività, il rinvio dell'udienza di riesame ai sensi dell'art. 309, comma 9-bis cod. proc. pen. (In applicazione del principio la S.C. ha escluso la nullità dell'ordinanza applicativa di misura cautelare dedotta per mancato rilascio delle copie dei supporti magnetici, in considerazione del fatto che, nonostante l'avvenuto deposito del materiale da parte del P.M., la difesa aveva - per libera scelta e senza aver diligentemente aperto, per una verifica, il plico pervenuto - rinunciato al detto esame, a causa della indicazione riportata sul pacco di un numero di utenza diverso da quello di interesse, essendo, invece, risultato che tale discrepanza era frutto di un mero errore materiale di trascrizione sul plico che, in realtà, conteneva effettivamente i supporti relativi alle conversazioni richieste).

Cass. pen. n. 38670/2016

In tema di misure cautelari reali, il termine di dieci giorni imposto, a pena di decadenza della misura, dal combinato disposto degli artt. 324, comma settimo e 309, commi nono e decimo, cod.proc.pen. per la decisione del tribunale del riesame, decorre dal giorno della ricezione degli atti processuali e non dalla ricezione dell'istanza di riesame.

Cass. pen. n. 20248/2016

In caso di ordinanza cautelare emessa a seguito di annullamento con rinvio, su istanza dell'imputato, di un provvedimento confermativo della misura coercitiva, il mancato rispetto del termine di trenta giorni per il deposito dell'ordinanza ne comporta la perdita di efficacia, non essendo prevista la possibilità di un termine più lungo, non eccedente i quarantacinque giorni, che il tribunale può disporre per la sola ordinanza emessa ex art. 309 cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 18954/2016

Nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma nono dell'art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili - in virtù del rinvio operato dall'art. 324, comma settimo dello stesso codice - in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa.

Cass. pen. n. 5774/2016

In tema di riesame di misure cautelari personali, la nuova disciplina di cui all'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen. - così come modificato dall'art. 11 della legge 16 aprile 2015, n. 47 che prevede un termine perentorio di giorni 30 per il deposito della motivazione dell'ordinanza conclusiva del procedimento a pena di inefficacia del titolo - non è applicabile alle decisioni il cui dispositivo sia depositato precedentemente alla entrata in vigore della legge medesima, rilevando, a tal fine, il solo atto della decisione.

Cass. pen. n. 3581/2016

In tema di misure cautelari, le modifiche introdotte negli artt. 292 e 309 cod. proc. pen. a seguito della legge 16 aprile 2015, n. 47 non hanno carattere innovativo, essendovi solo esplicitata la necessità che dall'ordinanza emerga l'effettiva valutazione della vicenda da parte del giudicante; ne consegue che, anche alla luce della nuova succitata disciplina, sussiste il potere- dovere del tribunale del riesame di integrazione delle insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato, salvo che ricorra il caso di motivazione mancante sotto il profilo grafico o inesistente per inadeguatezza argomentativa.

Cass. pen. n. 50061/2015

L'interrogatorio reso all'udienza di convalida dell'arresto, in esito alla quale è disposta una misura cautelare coercitiva nei confronti dell'indagato, non rientra tra gli atti da trasmettere al tribunale della libertà a pena della perdita di efficacia dell'ordinanza applicativa, in quanto esso ha natura di mezzo di difesa assunto dal G.I.P. alla presenza del difensore, il quale pertanto ha la concreta possibilità di produrlo nella fase di riesame. (In motivazione, la Corte ha precisato che la previsione di cui all'art. 309, comma quinto, cod. proc. pen. riguarda gli atti compiuti d'iniziativa dal pubblico ministero nell'ambito della sua attività investigativa, in quanto normalmente non conoscibili dalla difesa).

Cass. pen. n. 26726/2015

Nel procedimento di riesame, la nullità derivante dall'omesso avviso dell'udienza all'imputato è da qualificare come assoluta ed insanabile, ai sensi degli artt. 178, comma primo, lett. c) e 179, comma primo, c.p.p.; ne deriva che tale nullità rimane rilevabile e deducibile anche quando il difensore, presente all'udienza, nulla abbia eccepito.

Cass. pen. n. 24602/2015

Il giudice del riesame cautelare reale, pur avendo il potere di confermare il provvedimento applicativo della misura anche per ragioni diverse da quelle ivi indicate, trova un limite alla sua cognizione e conseguente decisione nella necessaria correlazione ai fatti posti a fondamento della misura cautelare, che non possono essere sostituiti o integrati da ipotesi accusatorie autonomamente formulate in base a dati di fatto diversi, spettando, invece, al P.M. il potere di procedere nella fase delle indagini preliminari, in qualsiasi momento ed anche nel corso dell'udienza per il riesame delle misure cautelari, alle modificazioni fattuali della contestazione. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva confermato il sequestro di un manufatto originariamente disposto in ragione dell'addebito di realizzazione dell'opera senza permesso di costruire, pur ravvisando che ricorresse la diversa ipotesi della mancata rimozione di opere precarie a conclusione della stagione estiva).

Cass. pen. n. 7917/2015

In tema di impugnazioni, l'interesse del ricorrente ad ottenere un provvedimento "de libertate" non è ravvisabile in caso di avvenuta cessazione della misura cautelare, anche se l'impugnazione tenda esclusivamente ad evitare conseguenze extrapenali sfavorevoli. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'interesse al riesame di misura cautelare, successivamente revocata dal Gip, a seguito della quale l'imputato era stato sottoposto a procedimento disciplinare).

Cass. pen. n. 943/2015

In tema di misure cautelari, l'effetto preclusivo "endoprocessuale" per ulteriori iniziative sul medesimo addebito si produce solo all'esito dell'esaurimento di eventuali procedimenti incidentali di impugnazione, ma non opera qualora sia intervenuto un provvedimento di archiviazione relativamente ad un precedente procedimento nel corso del quale è stata rigettata una richiesta di adozione di provvedimento coercitivo o interdittivo.

Cass. pen. n. 28161/2014

Il tribunale della libertà, investito dell'istanza di riesame di un provvedimento impositivo di misura cautelare, può sindacare la competenza territoriale del
giudice che ha emesso la misura stessa solo se l'azione penale non è stata ancora esercitata, essendo ogni valutazione sulla competenza riservata - dopo tale esercizio - al giudizio di merito.

Cass. pen. n. 22345/2014

Sussiste l'interesse del P.M. ad impugnare l'ordinanza del giudice che, pur accogliendo la richiesta di applicazione della misura cautelare, abbia escluso la sussistenza di un'aggravante da cui consegue l'applicazione della presunzione relativa di adeguatezza della misura custodiale prevista dall'art. 275, comma terzo, c.p.p.. (Fattispecie relativa all'aggravante dell'art. 7 D.L. n. 152 del 1991 in relazione al reato di cui agli artt. 73 e 80 del d.p.r. n. 309 del 1990).

Cass. pen. n. 21831/2014

In tema di riesame di misure cautelari personali e/o reali, il dovere di notificare al difensore di fiducia l'avviso di fissazione dell'udienza camerale deve ritenersi assolto, stante la ristrettezza e perentorietà dei termini stabiliti dalla legge, quando siano tempestivamente compiuti gli atti idonei alla notificazione e tuttavia questa non si sia perfezionata a causa della condotta negligente o incurante del difensore di fiducia, sul quale incombe l'onere di rendere attuabile la ricezione degli avvisi urgenti inerenti al procedimento incidentale da lui proposto. (Fattispecie, nella quale il difensore aveva indicato nell'intestazione dell'istanza di riesame da esso proposto avverso ordinanza di sequestro preventivo, un numero di fax incompleto e successivamente, dopo che la cancelleria aveva individuato l'esatto numero, la notificazione non si era perfezionata per la condotta incurante del difensore medesimo, che aveva lasciato il fax senza connessione).

Cass. pen. n. 17654/2014

L'omessa trasmissione al tribunale del riesame di atti, pur espressamente valutati dal giudice delle indagini preliminari ai fini dell'applicazione della misura, ma riguardanti esclusivamente un elemento di natura circostanziale e, pertanto, non incidenti sulle valutazioni di gravità indiziaria relative al fatto di reato, comporta l'inefficacia parziale del titolo cautelare limitatamente alla ricorrenza della suddetta aggravante. (Fattispecie in cui la suprema Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del Tribunale del riesame, limitatamente alla ricorrenza della circostanza aggravante di cui all'art. 7 D.L. n. 152 del 1991).

Cass. pen. n. 4746/2014

In tema di riesame avverso ordinanze applicative di misure cautelari, il mancato rispetto del termine di tre giorni "liberi" per la notifica al difensore dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale determina la nullità dell'ordinanza, emessa all'esito dell'udienza, anche se quest'ultima si limiti a dichiarare l'inammissibilità della richiesta di riesame in quanto tardiva. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che qualora il tribunale fissi l'udienza di trattazione, senza dichiarare "de plano" l'inammissibilità del gravame, la decisione sulla tardività di quest'ultimo deve necessariamente essere adottata con il pieno rispetto del principio del contraddittorio).

Cass. pen. n. 92/2014

Il giudice del riesame cautelare, pur avendo il potere di dare una diversa qualificazione giuridica al fatto, non può ampliare l'oggetto del proprio giudizio sino a ricomprendere la contestazione alternativa inizialmente prospettata dal pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari e da questi non accolta nel proprio provvedimento; sicché, una volta esclusa la sussistenza dei gravi indizi per l'ipotesi di reato per la quale era stata adottata misura cautelare, il giudice del riesame non deve pronunciarsi sulla alternativa configurazione inizialmente proposta. (Fattispecie relativa ad una contestazione alternativa del P.M. riferita ai reati di detenzione di arma ovvero di favoreggiamento personale del detentore della stessa).

Cass. pen. n. 44415/2013

Nel procedimento camerale di riesame o di appello avverso le misure cautelari personali, la mancata traduzione in udienza dell'imputato o dell'indagato - detenuto o internato in luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice - che abbia fatto richiesta di presenziare alla sua celebrazione, determina la nullità assoluta ed insanabile dell'udienza e del provvedimento conclusivo ai sensi degli artt. 178 e 179 c.p.p., senza che ne consegua tuttavia l'inefficacia della misura cautelare adottata.

Cass. pen. n. 30701/2013

La parte che eccepisce la mancata trasmissione al Tribunale del riesame di tutti gli atti posti a fondamento dell'ordinanza applicativa di misura cautelare non può limitarsi ad una dichiarazione di mera incompletezza degli stessi, ma deve documentare, concretamente, di quali atti si lamenti la mancata trasmissione. (Fattispecie in cui il P.M. si era limitato a trasmettere il solo indice degli atti, evidenziando come gli stessi fossero stati già inviati a seguito di precedente richiesta di riesame avanzata dai coimputati e gli atti, quindi, erano tutti a disposizione del difensore nella cancelleria del riesame).

Cass. pen. n. 30344/2013

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 309, comma decimo, c.p.p. in relazione agli artt. 3,13 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la perdita di efficacia della misura coercitiva nel caso in cui, dopo la decisione di annullamento da parte della Cassazione, il Tribunale del riesame in sede di rinvio non decida nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti.

Cass. pen. n. 27928/2013

In tema di misure cautelari personali, l'obbligo di motivare l'ordinanza applicativa di misure coercitive nonché quella di conferma in sede di riesame non può ritenersi assolto dalla semplice riedizione del compendio investigativo, facendo leva sull'autoevidenza dello stesso. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva confermato una misura cautelare, limitandosi ad affermare la sovrapponibilità delle dichiarazioni accusatorie, senza alcuna analisi del loro contenuto, e l'autoevidenza dei dati documentali, omettendo di fornire qualunque spiegazione sulle ragioni della loro significatività in relazione alle conclusioni dedotte).

Cass. pen. n. 26268/2013

Nel procedimento di riesame del provvedimento di sequestro non è applicabile il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale, previsto dall'art. 309, comma quinto, c.p.p., con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare impugnata in caso di trasmissione tardiva, ma il diverso termine indicato dall'art. 324, comma terzo, c.p.p., che ha natura meramente ordinatoria.

Cass. pen. n. 25163/2013

In tema di misure cautelari personali, l'appello proposto dal P.M. può essere presentato presso la cancelleria del Tribunale del luogo ove ha sede la Corte d'appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza, senza la necessità di presentare l'atto di impugnazione presso la cancelleria della sezione del riesame dello stesso Tribunale, in quanto la ripartizione interna dell'ufficio giudiziario non può dare luogo all'attribuzione di distinte competenze. (Fattispecie in cui l'appello del P.M. è stato presentato presso la cancelleria dell'ufficio del G.i.p., anziché presso la cancelleria della sezione del riesame dello stesso Tribunale).

Cass. pen. n. 17717/2013

In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, in base alla disciplina generale prevista dall'art. 99, comma secondo, c.p.p., l'indagato può revocare la rinuncia alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale formulata dal difensore prima che sia intervenuto un provvedimento del giudice.

Cass. pen. n. 8460/2013

L'ambito conoscitivo del giudice del riesame è circoscritto alla valutazione delle acquisizioni coeve all'emissione dell'ordinanza coercitiva, delle sopravvenienze favorevoli all'indagato (art. 309, comma quinto, c.p.p.) e degli ulteriori elementi "addotti dalle parti nel corso dell'udienza" (art. 309, comma nono, c.p.p.), anche se non presentati al giudice che emise la misura, mentre eventuali acquisizioni successive rispetto al momento della chiusura della discussione dinanzi al collegio non assumono alcun rilievo nell'ambito del successivo giudizio di legittimità, potendo essere fatte valere soltanto con la richiesta di revoca o modifica della misura al giudice competente.

Cass. pen. n. 4817/2013

Nel procedimento di riesame non è deducibile, né rilevabile d'ufficio, la questione inerente all'inefficacia della misura coercitiva per asserita mancanza, tardività o comunque invalidità dell'interrogatorio previsto dall'art. 294 c.p.p., a nulla rilevando che essa sia proposta unitamente ad altre questioni inerenti a vizi genetici del provvedimento impugnato, sicché la stessa non può costituire oggetto di ricorso per cassazione ex art. 311 c.p.p.

Cass. pen. n. 4301/2013

In materia di procedimento di riesame, il termine di dieci giorni entro il quale deve intervenire la decisione inizia a decorrere dalla trasmissione degli atti, anche se effettuata dopo il quinto giorno dalla richiesta a causa del maturare di quest'ultimo in data festiva.

Cass. pen. n. 4294/2013

Il riesame di una misura cautelare personale è un mezzo di impugnazione con effetto interamente devolutivo e l'interessato, pertanto, non può limitare il potere di cognizione del Tribunale ad uno solo dei presupposti della misura (nel caso di specie, le esigenze cautelari), precludendo con una rinunzia ai motivi l'esame dei gravi indizi.

Cass. pen. n. 19046/2012

Nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali, l'estensione degli effetti favorevoli della decisione si verifica a condizione che questa non sia fondata su motivi personali dell'impugnante e che il procedimento stesso sia sorto e si sia svolto in modo unitario e cumulativo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato senza rinvio l'ordinanza impugnata e dichiarato la perdita di efficacia del decreto di sequestro preventivo, ritenendo il carattere dell'unitarietà del procedimento, sul rilievo che l'impugnazione autonomamente proposta da uno dei coindagati avverso un provvedimento interlocutorio non ne ha determinato la frammentazione, essendo lo stesso proseguito unitariamente nei confronti di tutti e quattro i ricorrenti, ma ne ha comportato un'anticipazione di decisione su uno degli aspetti procedurali, che anche gli altri coindagati avevano coltivato con un diverso ricorso assegnato ad altra Sezione della Corte).

Cass. pen. n. 13401/2012

Il mancato rispetto dei termini per comparire previsti dall'art. 309, comma ottavo, c.p.p., integra una nullità c.d. a regime intermedio, validamente eccepita dall'interessato anche in difetto di una formale richiesta di rinvio. (Fattispecie nella quale, a seguito dell'omessa citazione di uno dei due difensori di fiducia per l'udienza camerale, ritualmente eccepita dal difensore avvisato, il Tribunale aveva fissato nuova udienza per il giorno successivo, nella quale il difensore sin dall'inizio avvisato aveva concluso nel merito, e l'altro era comparso limitandosi ad eccepire la violazione del termine per comparire, senza formulare ulteriori richieste).

Cass. pen. n. 6529/2012

L'inosservanza del termine dilatorio di tre giorni tra la data di udienza del riesame e la notifica del relativo avviso al difensore da luogo ad una nullità di ordine generale, dalla quale, tuttavia, non discende l'inefficacia della misura se il tribunale si sia pronunciato entro il termine di cui all'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 6459/2012

Il giudice della misura cautelare, nell'emettere una nuova misura per gli stessi fatti che fondavano la misura precedente, deve indicare specificamente i nuovi elementi indizianti, mentre quello del riesame deve motivatamente spiegare perché non opera la preclusione costituita dal precedente provvedimento. (Fattispecie riguardante nuova misura custodiale, relativa al reato previsto dall'art. 416 bis cod. pen., emessa sulla base di conversazioni tenute in epoca antecedente all'emissione della prima misura ma versate in atti successivamente e giudicate idonee ad irrobustire il quadro indiziario già delineato).

Cass. pen. n. 27677/2011

Rientra nelle attribuzioni del tribunale del riesame, ai fini della caducazione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare, per mancato invio degli elementi sopravvenuti favorevoli all'indagato, l'accertamento se gli elementi in questione siano entrati nella disponibilità del P.M. in tempo utile per la loro trasmissione.

Cass. pen. n. 13691/2011

Il sindacato di legittimità dell'ordinanza del tribunale del riesame non può avvalersi della sopravvenienza intervenuta successivamente alla decisione che costituisce oggetto del ricorso per cassazione. (Nella specie, il fatto sopravvenuto era consistito nella declaratoria di incostituzionalità dell'art. 275, comma terzo, c.p.p., per effetto della sentenza n. 265 del 2010 della Corte cost., quanto alla presunzione relativa di adeguatezza della custodia carceraria per i reati sessuali. La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha precisato che il ricorrente può far valere il mutato quadro normativo con richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare davanti al G.i.p.).

Cass. pen. n. 4993/2010

In tema di giudicato cautelare, non costituisce fatto nuovo, idoneo a modificare il quadro indiziario già valutato in sede di riesame ed a legittimare la revoca della misura, il mero fatto dell'adozione, sempre in sede cautelare, di una decisione di segno favorevole nei confronti del coindagato, potendo al più assumere rilevanza gli elementi per la prima volta eventualmente acquisiti e valutati in quel contesto rispetto al quadro indiziario già posto alla base della confermata misura a carico dell'istante.

Cass. pen. n. 41256/2009

Il mancato rilascio al difensore dell'indagato delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate utilizzate ai fini dell'adozione di ordinanza di custodia cautelare, anche se non depositate, non rientra tra le cause di inefficacia dell'ordinanza ex art. 309, commi quinto e decimo, c.p.p. (La Corte ha specificato in motivazione che tale mancato rilascio non pregiudica i diritti della difesa potendo la stessa, una volta ottenuta la copia del supporto magnetico, proporre eventuale domanda di revoca della misura).

Cass. pen. n. 10319/2008

Nel procedimento camerale di riesame o di appello avverso le misure cautelari personali, la mancata traduzione in udienza dell'imputato o dell'indagato che abbia fatto richiesta di presenziare alla sua celebrazione, determina la nullità assoluta ed insanabile dell'udienza e del provvedimento conclusivo ai sensi degli artt. 178 e 179 c.p.p., senza che ne consegua tuttavia l'inefficacia della misura cautelare adottata.

Cass. pen. n. 3032/2008

Ai fini della decorrenza del termine per presentare richiesta di riesame avverso un'ordinanza cautelare, l'arresto ai fini estradizionali eseguito su ordine del giudice estero non è assimilabile all'esecuzione della misura disposta dal giudice italiano. Pertanto nell'ipotesi del latitante arrestato all'estero, il suddetto termine inizia a decorrere dal momento in cui allo stesso, una volta estradato, viene notificata nel territorio nazionale l'ordinanza applicativa della misura cautelare.

Cass. pen. n. 1581/2008

L'interrogatorio reso nell'udienza di convalida dall'arrestato non rientra tra gli atti di cui deve essere disposta la trasmissione al Tribunale del Riesame, pena la perdita di efficacia della misura cautelare emessa all'esito della procedura di convalida.

Cass. pen. n. 230/2008

In tema di riesame delle misure cautelari reali, la richiesta di riesame del provvedimento che dispone o convalida un sequestro è validamente proposta, ai sensi dell'art. 583 c.p.p., anche con telegramma o con trasmissione dell'atto a mezzo di raccomandata alla cancelleria del tribunale competente, a norma dell'art. 324 comma quinto c.p.p.

Cass. pen. n. 26317/2007

In sede di riesame è possibile confermare una misura cautelare per esigenze cautelari diverse da quelle poste a base della sua applicazione, in quanto l'art. 309, comma nono, c.p.p. consente al tribunale di annullare o riformare in senso favorevole all'imputato il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati nell'atto di impugnazione, ovvero di confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento.

Cass. pen. n. 15077/2007

L'omessa o tardiva trasmissione al tribunale del riesame di atti cogniti dal Gip richiesto di applicare la misura cautelare non determina ex se automaticamente la perdita di efficacia del provvedimento coercitivo a norma dell'articolo 309, commi 5 e 10, del c.p.p. La caducazione della misura non è infatti legata a un mero formalismo, ovvero a generiche deduzioni riguardo all'omessa trasmissione di atti, bensì alla denuncia di specifiche omissioni di dati «sostanziali» decisivi che abbiano alterato l'equilibrio tra le posizioni delle parti in danno dell'indagato, impedendo al tribunale de libertate un efficace controllo sulla valutazione degli indizi operata dal giudice cautelare, sulle esigenze cautelari e sull'adeguatezza della misura prescelta. Con la conseguenza che assume in proposito pregnante rilievo la «prova di resistenza» del provvedimento restrittivo in riferimento all'irrilevanza, ai fini della correttezza e della legittimità della decisione cautelare, di elementi non trasmessi ininfluenti sulla decisione ovvero di elementi già noti alla difesa (conosciuti o conoscibili; che quindi la difesa era in grado di produrre per la decisione in sede di riesame fino all'udienza camerale e nel corso della stessa). (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 7614/2006

L'omessa o tardiva trasmissione al Tribunale del riesame dei verbali di sommarie informazioni testimoniali, espressamente menzionati nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.i.p., determina la perdita di efficacia del provvedimento coercitivo a norma dell'art. 309, commi quinto e decimo, c.p.p., in quanto trattasi di atti di natura sostanziale, essenziali per delineare il quadro indiziario risultante dagli elementi presentati a sostegno di essa.

Cass. pen. n. 7610/2006

In tema di misure cautelari, pur dopo le modifiche introdotte con la L. 8 agosto 1995 n. 332, l'espressione usata dall'art. 291 c.p.p., richiamato dall'art. 309 quinto comma stesso codice, esclude che il P.M. abbia l'obbligo di porre a disposizione, prima del G.i.p. e poi del Tribunale del riesame, tutti gli atti d'indagine compiuti o, comunque, atti quali le dichiarazioni accusatorie dei collaboranti nella loro integralità. Il termine « elementi» comprende, infatti, non solo atti integrali, ma anche stralci di essi ed è perfettamente compatibile con l'oscuramento di parte dei verbali con « omissis» al fine di garantire il segreto che permane in questa fase processuale, nella prospettiva di evitare la compromissione delle indagini « in itinere» Questo sistema, che caratterizza la fase delle indagini preliminari, non impedisce il contraddittorio, che comunque può concretamente svilupparsi sulla valutazione dell'entità e della rilevanza degli elementi indiziari posti a base dell'ordinanza impugnata.

Cass. pen. n. 31402/2005

Tra gli elementi a favore della persona sottoposta alle indagini, di cui all'art. 309, comma 5, impone la trasmissione al giudice del riesame, sotto comminatoria di perdita di efficacia della misura cautelare, ai sensi del successivo comma 10 dello stesso articolo, mentre debbono ritenersi ricompresi quelli costituiti da dichiarazioni di coindagati che, in ipotesi, indipendentemente dall'attendibilità o meno che possa essere loro riconosciuta, si assumano l'intera ed esclusiva responsabilità del reato per cui si procede, non possono invece ricomprendersi dichiarazioni le quali non modifichino, se non su aspetti marginali, gli elementi di fatto posti a base della contestazione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso che, trattandosi di soggetto sottoposto a custodia in carcere per vari gravi delitti costituiti da violazione della legge sugli stupefacenti, violazione della legge sulle armi ed altro, desse luogo ad inosservanza dell'art. 309, comma 5, c.p.p., la mancata trasmissione del verbale di interrogatorio di un coindagato dal quale emergeva che un'arma abusivamente detenuta dal summenzionato soggetto non era da guerra ma comune da sparo ed un quantitativo di stupefacente da lui trattato era inferiore a quello indicato nella contestazione. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 41170/2004

In tema di atti da trasmettere al tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p. (norma da interpretare sulla base di criteri sostanziali, evitando quindi di privilegiare viete soluzioni formalistiche), deve ritenersi che non rientri necessariamente tra gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta a indagini il verbale delle dichiarazioni rese dal coindagato in sede di convalida dell'arresto o del fermo, dovendo darsi luogo alla trasmissione di tale atto solo qualora esso contenga in concreto elementi di favore che poi vengano apprezzati come tali dal tribunale del riesame. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto insussistente la denunciata violazione dell'art. 309, comma 5, c.p.p., in un caso in cui, in sede di convalida dell'arresto, il coindagato, nel cui bagaglio erano stati rinvenuti oggetti di contrabbando e sostanze stupefacenti, aveva escluso ogni coinvolgimento del ricorrente, del quale si era trovato in compagnia a bordo della medesima autovettura su cui era trasportato anche il suddetto bagaglio).

Cass. pen. n. 4061/2004

L'obbligo, previsto dall'art. 309, comma quinto, c.p.p. di trasmettere al tribunale del riesame gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini non si estende a quegli atti o documenti che siano già nella disponibilità della difesa, con possibilità, quindi, per quest'ultima, di utilizzarli e produrli con la richiesta di riesame o nel corso della successiva udienza.

Cass. pen. n. 599/2004

In tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, l'art. 309, secondo comma, c.p.p. pone a carico dell'imputato latitante, ai fini della decorrenza del termine per proporre istanza di riesame in caso di sopravvenuta esecuzione della misura cautelare, la prova in positivo di fatti concreti dai quali possa desumersi con certezza la mancanza di tempestiva ed involontaria conoscenza del provvedimento. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso nel quale l'imputato sosteneva che dagli atti non si evinceva alcun elemento indicativo della sua consapevolezza dell'ordinanza custodiale e la conseguente volontà di sottrarsi alla sua esecuzione).

Cass. pen. n. 49195/2003

Nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali ai fini dell'osservanza del termine di tre giorni liberi che devono intercorrere tra la data di comunicazione o notificazione dell'avviso di udienza e quella dell'udienza stessa non è consentito integrare quello originario insufficiente, non rispettando la sommatoria dei due termini la norma di cui all'art. 324, sesto comma, c.p.p., in quanto i tre giorni liberi devono essere, per la loro stessa natura e finalità, consecutivi. (Fattispecie in tema di riesame di sequestro probatorio).

Cass. pen. n. 45246/2003

La facoltà, riconosciuta al tribunale del riesame dall'art. 309, nono comma, c.p.p., di utilizzare ulteriori elementi per la decisione è subordinata alla duplice condizione che tali elementi, i quali se documentati, assumono la qualità di atti del procedimento, gli siano offerti dalle parti, e che ciò avvenga nel corso dell'udienza, e quindi anche in sede di discussione orale, quando è ancora possibile l'instaurarsi tra le parti di un contraddittorio anche sul loro contenuto (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto illegittima l'acquisizione ex officio agli atti del procedimento di dichiarazioni di una parte, in quanto espressione di una facoltà istruttoria da parte del tribunale del riesame non riconosciutagli dalla legge ex art. 191 c.p.p.).

Cass. pen. n. 36315/2003

È illegittimo il provvedimento del Tribunale della libertà con il quale siano decise contestualmente questioni attinenti alla libertà dell'indagato nell'ambito della stessa vicenda processuale, introdotte, per la diversità dei provvedimenti censurati, con gli strumenti dell'appello e del riesame.

Cass. pen. n. 22421/2003

In presenza di un'ordinanza che applica la custodia cautelare a carico di un parlamentare, quest'ultimo può chiedere il riesame fin dal momento in cui ha conoscenza del provvedimento — anche attraverso la richiesta di autorizzazione all'arresto rivolta alla Camera di appartenenza — tuttavia il termine per impugnare non decorre se non dall'esecuzione o dalla notificazione (art. 309, comma 1 c.p.p.) in quanto la predetta richiesta di autorizzazione non è atto equipollente, tenuto conto del deposito di atti previsto dall'art. 293, comma 3 c.p.p.

Cass. pen. n. 20530/2003

La richiesta di riesame della misura cautelare, a differenza dell'appello, è interamente devolutiva dei presupposti della misura ed il richiedente non può limitare tale potere ad uno solo degli aspetti quali ad esempio le esigenze cautelari, precludendo con una rinunzia ai motivi d'esame dei gravi indizi.

Cass. pen. n. 18751/2003

La richiesta del difensore di riesame del provvedimento di custodia non può essere dichiarata inammissibile, in deroga all'art. 173 c.p.p., facendo decorrere il termine per proporla, invece che dalla notificazione dell'avviso di deposito di cui all'art. 309 comma 3, dalla sua partecipazione all'interrogatorio previsto dall'art. 294, o da fatto consistente in atto previsto a diverso fine, seppure se ne desuma la sua conoscenza altrimenti conseguita del provvedimento.

Cass. pen. n. 12390/2003

In tema di misure cautelari personali, la valutazione circa la permanenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato che abbia proposto appello avverso l'ordinanza di rigetto di una istanza di revoca della misura in atto non è preclusa dalla sopravvenienza del rinvio a giudizio per il reato in ordine al quale detta misura è stata applicata, atteso che le modificazioni alla disciplina dell'udienza preliminare introdotte dalla legge 16 dicembre 1999 n. 479 non hanno alterato la portata della dichiarazione di incostituzionalità degli artt. 309 e 310 c.p.p., intervenuta con sentenza 15 marzo 1996 n. 71 della Corte costituzionale.

Cass. pen. n. 6458/2003

Il tribunale del riesame può pronunciarsi sulla propria competenza — in sede di giudizio de libertate — solo entro i limiti dei fatti sottoposti alla sua valutazione e, pertanto, non può accertare la connessione con altri reati sottoposti alla cognizione di un giudice territorialmente diverso.

Cass. pen. n. 2276/2003

L'art. 309, comma 5, c.p.p., nell'imporre l'obbligo della trasmissione al tribunale del riesame anche di «tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta a indagini», si riferisce a tutti quegli atti o elementi oggettivi che servano in concreto a discolpare l'indagato e che resterebbero invece ignoti se non vi fosse l'obbligo della discovery da parte dell'accusa; pertanto non può dirsi obbligatoria la trasmissione di quegli atti, documenti o risultanze che si trovano già pacificamente nella disponibilità della difesa e che da questa possono essere utilizzati e prodotti con la stessa richiesta di riesame o nel corso dell'udienza.

Tra gli atti che, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p., l'autorità procedente deve trasmettere al tribunale del riesame non rientra il verbale dell'udienza di convalida dell'arresto contenente l'interrogatorio dell'arrestato, nei cui confronti sia stata quindi disposta l'applicazione della misura cautelare, atteso che tale documentazione non è stata presentata a corredo della relativa richiesta del pubblico ministero ma è il risultato di un'attività svolta al cospetto del giudice in una sede caratterizzata dalla piena esplicazione del contraddittorio.

Cass. pen. n. 1276/2003

Il P.M. può produrre al tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 309, comma 9, c.p.p., anche gli elementi e documenti a carico dell'indagato, acquisiti precedentemente alla richiesta di misura cautelare e non presentati con la stessa. (Nell'occasione la Corte ha rilevato, in ordine all'esercizio della facoltà del P.M. di modificare, in sede di riesame, l'iniziale piattaforma conoscitiva con la produzione di cui all'art. 309, comma 9, c.p.p., che la stessa potrà riguardare tanto elementi nuovi che preesistenti, ovvero elementi diversi rispetto a quelli in precedenza depositati e, in quanto tali, nella disponibilità della difesa).

Cass. pen. n. 27/2003

In tema di provvedimenti di sequestro, dal combinato disposto degli artt. 324, settimo comma, e 309, nono comma, c.p.p., deriva la possibilità del tribunale del riesame di integrare la motivazione del provvedimento oggetto del gravame, ancorché quest'ultima sia succinta e ricavabile nella sua estensione dall'adesione alle indicazioni e alla descrizione del fatto effettuata dalla polizia giudiziaria; per contro, il tribunale del riesame deve rilevare la nullità del decreto, quando esso sia del tutto carente del requisito della motivazione.

Cass. pen. n. 40979/2002

In tema di riesame, la nullità dell'ordinanza di riesame dovuta all'omesso avviso della data dell'udienza camerale ad uno dei due difensori non comporta l'inefficacia dell'ordinanza cautelare, che si verifica soltanto quando il tribunale del riesame non provveda entro il termine stabilito dall'art. 309, comma 9, c.p.p.

In tema di riesame, qualora l'imputato sia assistito da due difensori, l'avviso della data dell'udienza camerale deve essere dato ad entrambi e non solo al difensore che abbia sottoscritto la relativa richiesta, con la conseguenza che l'omesso avviso ad uno solo dei due difensori dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio.

Cass. pen. n. 40750/2002

È ammissibile, sotto il profilo dell'interesse, la richiesta di riesame anche qualora sia nel frattempo intervenuta sentenza di condanna non definitiva, potendo detta richiesta investire non solo il requisito delle esigenze cautelari (a meno che sul punto non vi sia stata espressa valutazione da parte del giudice che ha pronunciato la suddetta sentenza, con conseguente esperibilità dell'appello ex art. 310 c.p.p.), ma anche, in ogni caso, il requisito dei gravi indizi di colpevolezza, riferito al momento della emissione dell'ordinanza custodiale, per i suoi possibili riflessi in ordine al diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, qualora risulti accertata l'originaria insussistenza dei suddetti gravi indizi, mersi solo all'esito del giudizio.

L'interesse al riesame di una misura cautelare personale sussiste anche se nel frattempo è intervenuta una sentenza di condanna non definitiva, potendo la richiesta di riesame investire non solo il requisito delle esigenze cautelari (salvo che sul punto non vi sia una espressa valutazione da parte del giudice che ha pronunciato la sentenza), ma anche con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza al momento della emissione della misura, per i possibili riflessi in ordine al diritto alla eventuale riparazione per ingiusta detenzione nel caso in cui risulti accertata l'originaria insussistenza dei gravi indizi, emersi solo all'esito del giudizio.

Cass. pen. n. 39915/2002

Anche dopo le modificazioni alla disciplina dell'udienza preliminare introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, al giudice investito della richiesta di riesame di una misura cautelare personale la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza non è preclusa dalla sopravvenienza del rinvio a giudizio dell'imputato per il reato in ordine al quale tale misura è stata applicata, non risultando alterata la portata della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 309 c.p.p. intervenuta con sentenza 15 marzo 1996, n. 71 della Corte costituzionale.

Nel giudizio di rinvio conseguente ad annullamento di decisione del tribunale del riesame per vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, non costituisce violazione dell'obbligo di uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza della Corte di cassazione la rilevazione del sopravvenuto decreto dispositivo del giudizio e della sua eventuale incidenza sul quadro indiziario.

Cass. pen. n. 38775/2002

L'omessa trasmissione al tribunale del riesame di elementi espressamente valutati dal giudice delle indagini preliminari e dallo stesso posti a fondamento dell'ordinanza cautelare determina l'inefficacia di quest'ultima limitatamente alle imputazioni per le quali quegli elementi siano stati utilizzati.

La mancata trasmissione al tribunale del riesame, in violazione di quanto previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p., di taluno fra gli atti a suo tempo presentati dal pubblico ministero al giudice, ai sensi dell'art. 291 c.p.p. comporta, quando trattisi di atti a contenuto sostanziale — con esclusione, quindi, di quelli che, come la richiesta di applicazione della misura cautelare, abbiano una mera funzione di impulso procedimentale — la perdita di efficacia della misura anzidetta, ai sensi del comma 10 del citato art. 309, senza che, onde evitare tale conseguenza, possa operarsi alcuna distinzione in base al contenuto favorevole, sfavorevole o neutro degli atti in questione, ovvero farsi ricorso al c.d. criterio di «resistenza», basato sulla valutazione dei soli elementi di cui il tribunale ha acquisito la disponibilità.

Cass. pen. n. 38653/2002

Non dà luogo a perdita di efficacia della misura cautelare, ai sensi dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., la mancata trasmissione al tribunale del riesame, da parte del pubblico ministero, del fascicolo degli atti investigativi compiuti dalla difesa ai sensi dell'art. 38 att. c.p.p.

Cass. pen. n. 37695/2002

In tema di riesame delle misure cautelari, l'obbligo di trasmettere tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta a indagini deriva dalla loro rilevanza ai fini difensivi, evidenziata da chi vi abbia interesse; in mancanza di tale evidenziazione, l'omessa trasmissione degli elementi sopravvenuti non comporta di per sé la violazione del combinato disposto degli artt. 309 comma 5 e 291 comma 1 c.p.p. e, quindi, la perdita di efficacia della misura cautelare, ma può dar luogo alla censura della decisione adottata dal tribunale del riesame - che non abbia richiesto ed acquisito gli atti mancanti - per non aver preso in considerazione tali elementi.

Cass. civ. n. 37695/2002

In tema di riesame delle misure cautelari, l'obbligo di trasmettere tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta a indagini deriva dalla loro rilevanza ai fini difensivi, evidenziata da chi vi abbia interesse; in mancanza di tale evidenziazione, l'omessa trasmissione degli elementi sopravvenuti non comporta di per sè la violazione del combinato disposto degli artt. 309 comma 5 e 291 comma 1 c.p.p. e, quindi, la perdita di efficacia della misura cautelare, ma può dar luogo alla censura della decisione adottata dal tribunale del riesame — che non abbia richiesto ed acquisito gli atti mancanti — per non aver preso in considerazione tali elementi.

Cass. pen. n. 34860/2002

In tema di riesame, è valida ed efficace la notificazione dell'avviso dell'udienza camerale (ex art. 309, comma 8, c.p.p.) al difensore dell'imputato effettuata nelle forme previste dall'art. 150 c.p.p. a mezzo fax, quando la trasmissione del messaggio inviato al numero di utenza fornito dallo stesso difensore risulti confermata dall'apparecchio trasmittente; in tal caso compete al destinatario del messaggio, nella specie al difensore, addurre le ragioni della mancata ricezione, le quali comunque non possono validamente consistere nell'inosservanza delle regole idonee a garantire l'efficienza dell'apparecchio.

Cass. pen. n. 1589/2002

La richiesta di riesame, per il profilo delle esigenze cautelari, dei provvedimenti che dispongono una misura cautelare personale deve essere dichiarata inammissibile allorché sia già intervenuta sentenza di condanna, atteso che il giudice della libertà, in difetto di elementi sopravvenuti, non è legittimato a vagliare nuovamente la relativa questione (come pure quella riguardante la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza) divenuta di esclusiva competenza del giudice di appello del procedimento principale di merito.

Cass. pen. n. 30207/2002

Il termine di cinque giorni entro il quale, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p., deve provvedersi alla trasmissione degli atti al tribunale del riesame da parte dell'autorità giudiziaria procedente è da ritenere soggetto alla regola generale di cui all'art. 172, comma 4, c.p.p., secondo cui il dies a quo non viene computato.

Cass. pen. n. 20122/2002

Il tribunale del riesame, qualora, ritenendo che l'ordinanza cautelare sia stata emessa da giudice incompetente, provveda ai sensi dell'art. 27 c.p.p., non può comunque esimersi dal prendere in esame le eccezioni procedurali (nella specie, attinenti alla utilizzabilità di intercettazioni telefoniche) le quali abbiano incidenza sulla validità della suddetta ordinanza.

Cass. pen. n. 19853/2002

L'omessa o tardiva trasmissione al tribunale del riesame della richiesta di misura cautelare personale non determina la perdita di efficacia del provvedimento coercitivo a norma dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., in quanto si riferisce ad un atto di natura meramente processuale, funzionale all'attivazione del procedimento cautelare, che nulla aggiunge al quadro indiziario risultante dagli elementi presentati a sostegno di essa. (In motivazione la Corte ha operato una distinzione tra atti di natura processuale che, quando siano poste specifiche questioni di validità del provvedimento impugnato, possono essere prodotti o acquisiti indipendentemente dall'osservanza del termine perentorio indicato dall'art. 309, comma 5 c.p.p., e atti a contenuto sostanziale con valore probatorio, che hanno diretto rilievo ai fini del merito della questione cautelare, ricollegando la sanzione prevista dal comma 10 del citato articolo alla omessa trasmissione dei soli atti appartenenti alla seconda categoria che siano stati effettivamente utilizzati dal giudice a fondamento del provvedimento coercitivo).

Cass. pen. n. 12554/2002

Il termine previsto dall'art. 309, commi 5 e 9, per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame e per la decisione sulla richiesta di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva decorre dalla presentazione ovvero dalla ricezione (nell'ipotesi, come nella specie, di utilizzo di forme alternative di proposizione ex art. 583, comma 2 c.p.p.) della richiesta nella cancelleria del Tribunale (che designa l'Ufficio giudiziario nella sua unitaria organizzazione), senza che spieghi influenza sul suo decorso e, quindi, sulla conseguente perdita di efficacia della misura cautelare il fatto che detta richiesta sia stata - per evidenti disguidi in ordine ai criteri organizzativi che presiedono all'attività di smistamento degli atti giudiziari - concretamente consegnata alla cancelleria del giudice competente a decidere in ritardo rispetto alle rigide scansioni temporali previste dal succitato art. 309.

Cass. pen. n. 9532/2002

In sede di riesame delle misure cautelari personali, il tribunale ha la stessa piena cognizione del giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo e può, quindi, considerare non solo ragioni diverse da quelle poste a fondamento della misura, ma anche elementi emersi successivamente all'applicazione della misura medesima. (Nella specie, gli elementi sopraggiunti erano rappresentati da sentenze relative ad alcuni coimputati ed utilizzate dal tribunale per un più approfondito esame degli elementi a carico del ricorrente).

Cass. pen. n. 8895/2002

Non è impugnabile con richiesta di riesame ai sensi dell'art. 309 c.p.p. l'esecuzione di rilievi dattiloscopici e fotografici eseguiti dalla polizia giudiziaria sulla persona dell'indagato, in seguito all'applicazione di misura cautelare, in quanto essi costituiscono mera attività di polizia amministrativa e/o penitenziaria, prevista dagli artt. 23 e 26 del D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, e non provvedimenti restrittivi della libertà personale. (In applicazione di tale principio la Corte ha confermato il provvedimento che aveva ritenuto inammissibile la istanza di cancellazione e distruzione di rilievi dattiloscopici e fotografici eseguiti su persona sottoposta a misura restrittiva degli arresti domiciliari).

Cass. pen. n. 8881/2002

Nel procedimento di riesame l'inosservanza del termine di tre giorni liberi che devono intercorrere tra la data di comunicazione o notificazione dell'avviso di udienza e quella dell'udienza stessa è causa di nullità generale (a regime intermedio) dell'atto che, se tempestivamente eccepita, ne impone la rinnovazione, non essendo sufficiente la concessione di un ulteriore termine ad integrazione di quello originario. (Fattispecie relativa a procedimento di riesame di sequestro probatorio).

Cass. pen. n. 4315/2002

Ai fini della notifica degli avvisi ai difensori nel corso delle indagini preliminari, in mancanza degli adempimenti previsti dal secondo comma dell'art. 65 att. c.p.p. (elezione di domicilio nel circondario), l'avviso dell'udienza camerale fissata per il procedimento relativo all'impugnazione di un'ordinanza de libertate deve essere notificato presso il presidente del Consiglio dell'Ordine, essendo irrilevante che dagli atti del procedimento risulti l'effettivo domicilio di svolgimento dell'attività forense da parte del difensore, in quanto il comma primo del suddetto articolo si applica solo in ambito processuale e non in sede di indagini preliminari).

Cass. pen. n. 44150/2001

In tema di atti da trasmettere al tribunale del riesame, non rientra necessariamente tra gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini il verbale delle dichiarazioni rese dal coindagato in sede di convalida dell'arresto o del fermo, che va trasmesso solo se in concreto contenga elementi di favore; il relativo apprezzamento del tribunale del riesame, se esclusivo della valenza favorevole dell'atto, comporta l'irrilevanza della sua mancata tempestiva trasmissione.

Cass. pen. n. 43763/2001

In materia di termini per l'impugnazione, il principio stabilito all'art. 585, comma 3, c.p.p., secondo cui, quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi quello che scade per ultimo, trova applicazione anche con riguardo ai termini previsti dall'art. 309 c.p.p. per la proposizione della richiesta di riesame, in applicazione del principio del c.d. favor impugnationis e in funzione dell'esigenza di certezza e di funzionalità delle procedure (nel caso di specie, il giudice del riesame aveva dichiarato inammissibile la richiesta di riesame presentata dal difensore di fiducia dell'imputato, già latitante, in seguito alla sopravvenuta esecuzione della misura, ritenendo non utilizzabile dal difensore la data di decorrenza del termine stabilita per l'imputato, in considerazione del fatto che in precedenza l'avviso di deposito dell'ordinanza cautelare era già stato notificato ai sensi dell'art. 165 c.p.p. al difensore d'ufficio).

Cass. pen. n. 40473/2001

L'avviso al difensore dell'udienza camerale fissata per la discussione della richiesta di riesame avanzata direttamente dall'interessato, il quale vi abbia poi rinunciato, è idoneo a determinare nel destinatario l'effettiva conoscenza del provvedimento cautelare ed a dare luogo, quindi, al decorso del termine di dieci giorni entro il quale lo stesso difensore, ai sensi dell'art. 309, comma 3, c.p.p., può autonomamente avanzare altra richiesta di riesame.

Nel caso in cui l'avviso al difensore della data di fissazione dell'udienza davanti al tribunale del riesame (art. 309 comma 8 c.p.p.) abbia preceduto quello del deposito dell'ordinanza che dispone la custodia cautelare previsto dall'art. 293 comma 3 c.p.p., il termine per la proposizione della richiesta di riesame, da parte del difensore, decorre dalla notifica del primo avviso, trattandosi di atto che determina l'effettiva conoscenza del provvedimento cautelare, del tutto coincidente con l'avviso di deposito di cui al citato art. 293 comma 3 e produttivo dei medesimi effetti, tra cui il diritto di esaminare gli atti depositati in cancelleria e di estrarne copia (nel caso di specie, l'avviso al difensore di fissazione dell'udienza ex art. 309 comma 8 c.p.p. aveva preceduto quello di deposito dell'ordinanza, in quanto l'imputato aveva personalmente proposto richiesta di riesame).

Cass. pen. n. 40072/2001

Nel procedimento di riesame non possono essere dedotte cause di estinzione della misura cautelare estranee al procedimento medesimo, la competenza a dichiarare le quali appartiene al giudice del procedimento principale. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso con il quale si censurava la decisione del tribunale del riesame che aveva disatteso l'eccezione di perenzione della cautela per l'omesso interrogatorio di garanzia).

Cass. pen. n. 33540/2001

In tema di riesame, la nullità dell'ordinanza di riesame dovuta all'omesso avviso della data dell'udienza camerale ad uno dei due difensori non comporta l'inefficacia dell'ordinanza cautelare che si verifica soltanto quando il tribunale del riesame non provveda entro il termine stabilito dall'art. 309, comma 9, c.p.p. (La Corte, in motivazione, ha precisato che nel caso concreto la decisione sulla richiesta di riesame, pur se annullabile, era intervenuta nel prescritto termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti da parte del tribunale).

In tema di riesame, qualora l'imputato sia assistito da due difensori, l'avviso della data dell'udienza camerale deve essere dato ad entrambi e non solo al difensore che abbia sottoscritto la relativa richiesta, con la conseguenza che l'omesso avviso ad uno solo dei due difensori dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio. (In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale, pronunciata nonostante l'altro difensore, presente all'udienza, avesse dedotto la relativa eccezione entro i termini fissati dall'art. 182, comma 2, c.p.p.).

Cass. pen. n. 33474/2001

In tema di riesame di misura cautelare disposta dal giudice incompetente (art. 27 c.p.p.), non determina la inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni telefoniche la circostanza che non siano stati di nuovo trasmessi al tribunale del riesame investito a seguito di rinnovazione della misura da parte del giudice competente i relativi decreti autorizzativi, qualora risulti che gli stessi erano stati ritualmente inviati al tribunale precedentemente investito del riesame avverso la misura originariamente disposta dal giudice incompetente.

Cass. pen. n. 28978/2001

In tema di procedimento per il riesame, non comporta inefficacia della misura cautelare la circostanza che il tribunale, non rinvenendo alcuni degli atti posti a fondamento della misura e indicati nella missiva di trasmissione del pubblico ministero, abbia provveduto a richiederne all'ufficio requirente un nuovo invio, tempestivamente avvenuto. (Nell'affermare tale principio, la Corte ha osservato che per la perdita di efficacia della misura cautelare occorre la certezza che gli atti, sebbene elencati nella missiva del pubblico ministero, non siano poi trasmessi, non essendo sufficiente che essi non vengano reperiti nel fascicolo in quanto ben può ipotizzarsi che gli stessi siano stati dalla cancelleria fortuitamente smarriti o erroneamente destinati ad altro incartamento).

Cass. pen. n. 28228/2001

In tema di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, tra gli atti che devono essere trasmessi al tribunale entro il termine perentorio di cui all'art. 309 quinto comma c.p.p. non rientrano le memorie difensive, le quali non sono atti presentati a sostegno della richiesta della misura, né sono elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini, ma consistono in mere argomentazioni o prospettazioni che la difesa è libera di presentare in ogni tempo all'organo decidente. (Nella fattispecie, la memoria era stata presentata al Gip, ma non preventivamente depositata presso il P.M.).

Cass. pen. n. 27961/2001

In tema di riesame della misura coercitiva, i decreti che autorizzano l'intercettazione telefonica non rientrano fra gli atti su cui il Gip fonda il provvedimento cautelare, e pertanto la mancata trasmissione dei medesimi al tribunale non comporta la perdita di efficacia della misura; qualora poi il tribunale ritenga opportuno acquisire i decreti stessi, nessun vizio discende dal fatto che i documenti non siano messi a disposizione delle parti entro i tre giorni dalla data di udienza, posto che il comma 8 dell'art. 309 c.p.p. stabilisce il termine a comparire ma non fissa alcun termine iniziale specifico per il deposito degli atti e dei documenti acquisiti.

Cass. pen. n. 20692/2001

In tema di misure cautelari personali, compete al tribunale della libertà la valutazione definitiva del carattere favorevole degli elementi sopravvenuti, ovverosia della loro rilevanza difensiva in relazione agli indizi di colpevolezza ed alle esigenze cautelari che hanno giustificato la misura restrittiva, atteso che compete allo stesso tribunale il giudizio di merito sulla decisione della misura come sanzione per la mancata o tardiva trasmissione degli elementi concretamente favorevoli all'indagato.

In tema di misure cautelari personali, per elementi favorevoli all'indagato devono intendersi quegli elementi fattuali di natura oggettiva che sono idonei a contrastare concretamente, cioè a vanificare o ad attenuare, gli indizi di colpevolezza o le esigenze cautelari poste a base della misura restrittiva.

Cass. pen. n. 20362/2001

In tema di procedimento di riesame delle riesame delle misure cautelari personali la formazione del giudicato cautelare, conseguente all'ordinanza di inammissibilità per rinuncia proposta dall'avente diritto e non impugnata per cassazione, priva di ogni rilevanza il vizio del procedimento di riesame determinato dall'intempestiva trasmissione degli atti, atteso che tale trasmissione non è fine a se stessa, ma ha funzione strumentale rispetto alla decisione.

La richiesta di riesame, attesa la sua natura di mezzo di impugnazione, è soggetta alla possibilità di rinuncia da parte dell'avente diritto mediante dichiarazione resa anche all'udienza prima dell'inizio della discussione, con la conseguenza che la dichiarazione di inammissibilità del gravame per intervenuta rinuncia produce l'effetto di giudicato cautelare sulla misura applicata.

Cass. pen. n. 18568/2001

In tema di riesame, la facoltà del difensore di esaminare gli atti depositati in cancelleria e di estrarne copia deve necessariamente coniugarsi con esigenze di rapidità e snellezza della procedura, derivanti dalla brevità del termine (fissato in tre giorni) previsto per la notifica degli avvisi e dalla natura perentoria di quello (fissato in dieci giorni) stabilito per la decisione, termine, per altro, insuscettibile di sospensione o di interruzione; ne consegue che, quando le operazioni di formazione e rilascio delle copie possono determinare ritardo, comportando il probabile mancato rispetto dei termini predetti, il difensore non può pretendere, né l'autorità giudiziaria può concedere, dilazioni, qualora risulti impossibile procedere per tempo alla copia di tutti gli atti richiesti.

Cass. pen. n. 17268/2001

Qualora, nell'ambito del procedimento di riesame, in cui trovano applicazione le disposizioni dettate dall'art. 127 c.p.p. per i procedimenti in camera di consiglio, l'imputato, detenuto in luogo posto fuori della circoscrizione del tribunale, abbia fatto richiesta di essere sentito direttamente o tramite videoconferenza e tale richiesta sia stata — legittimamente — respinta per genericità e per indisponibilità delle necessarie attrezzature tecniche, essa va comunque considerata come valida manifestazione della volontà del richiedente di essere, quanto meno, ascoltato dal magistrato di sorveglianza del luogo di detenzione, senza che occorra, a tal fine, la proposizione di una nuova, specifica istanza corredata da apposita motivazione; requisito, quest'ultimo, occorrente soltanto quando si voglia ottenere l'audizione diretta, in deroga alla regola generale secondo cui si ha soltanto diritto all'audizione da parte del magistrato di sorveglianza.

Cass. pen. n. 14712/2001

La legge, con il consentire all'imputato o indagato l'assistenza di due difensori, conferisce all'istituto della difesa un carattere di inscindibilità, in presenza del quale non può distinguersi, ai fini dell'obbligatorietà dell'avviso che sia dovuto per il compimento di un determinato atto, fra l'uno o l'altro dei due difensori, per limitare detto avviso solo a quello fra essi che si sia reso parte attiva in una determinata fase processuale. Conseguentemente, qualora la richiesta di riesame sia stata sottoscritta da un solo difensore, deve escludersi che solo a quest'ultimo e non anche all'altro sia dovuto l'avviso di udienza previsto dall'art. 309, comma 8, c.p.p.

Cass. pen. n. 14555/2001

Il verbale dell'interrogatorio reso in sede di udienza di convalida, al quale nel provvedimento di applicazione di una misura cautelare è stato fatto riferimento coma ad elemento indiziario contro l'indagato, deve essere trasmesso al tribunale del riesame unitamente agli atti di cui all'art. 309, comma 5, ultima parte, c.p.p. (La Corte ha altresì affermato che mentre è possibile escludere che abbiano un contenuto favorevole all'indagato le mere proteste di innocenza non accompagnate da elementi fattuali, ovvero il rifiuto di rispondere, non altrettanto può dirsi, con assolutezza, nel caso in cui l'indagato abbia fornito a sua difesa una versione dei fatti diversa da quella, accusatoria, resa da un coindagato e che in tal caso, essendovi incertezza circa circa la valenza degli elementi difensivi addotti, la valutazione non può essere rimessa esclusivamente al P.M. ma l'atto va trasmesso al tribunale).

Cass. pen. n. 11313/2001

In mancanza di una specifica e tempestiva richiesta di parte, l'eventuale mancata trasmissione al tribunale del riesame dei decreti autorizzativi all'effettuazione di intercettazioni di comunicazioni, non determina, di per sè, la inutilizzabilità dei risultati di dette intercettazioni, quando dagli atti emergano elementi certi dai quali sia comunque possibile desumere la sicura esistenza dei provvedimenti in questione.

Per il combinato disposto dei commi 5 e 10 dell'art. 309 c.p.p. la perdita di efficacia della misura cautelare si verifica solo nel caso di mancata trasmissione al tribunale del riesame di tutti gli atti a suo tempo presentati al giudice per le indagini preliminari ai sensi dell'art. 291 c.p.p., la cui utilizzabilità, d'altra parte, quando trattisi di dichiarazioni rese da «collaboranti», non può essere esclusa sol perché, in luogo dei verbali che le contenevano, erano state presentate le trascrizioni riportate nell'informativa della polizia giudiziaria.

Cass. pen. n. 11260/2001

Qualora nella richiesta di riesame presentata, ai sensi dell'art. 123 c.p.p., alla direzione dell'istituto nel quale l'interessato trovasi detenuto sia indicato, come organo destinatario, un tribunale diverso da quello competente, i termini di cui all'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p. decorrono dalla data in cui la richiesta perviene alla cancelleria del tribunale competente. In siffatta ipotesi, infatti, non può trovare applicazione la regola secondo cui la presentazione ex art. 123 c.p.p. equivale, fin dal primo momento, a presentazione diretta all'autorità giudiziaria cui l'atto è diretto, ma devesi invece richiamare l'altra regola secondo cui per data di presentazione della richiesta di riesame deve intendersi quella in cui la medesima richiesta venga depositata nella cancelleria del tribunale competente ovvero quella in cui, essendosi utilizzate altre forme di trasmissione del gravame, essa sia stata effettivamente ricevuta da detta cancelleria.

Cass. pen. n. 9793/2001

In tema di notificazioni all'imputato, il domicilio eletto si distingue dal domicilio dichiarato perché, mentre in questo è indicato solo il luogo in cui gli atti debbono essere notificati, nel domicilio eletto, fondato su un rapporto fiduciario fra il domiciliatario medesimo e l'imputato, deve essere indicata anche la persona (cosiddetto domiciliatario) presso la quale la notificazione va eseguita, con la conseguenza che, indipendentemente dalla parola usata, l'elezione di domicilio è tale solo ove sia indicato il nome della persona presso cui la notificazione va eseguita, avendo altrimenti mera natura di dichiarazione.

Cass. pen. n. 9474/2001

La dichiarazione di rinuncia alla sospensione feriale dei termini formulata dall'imputato nel procedimento principale non si estende automaticamente al procedimento incidentale di riesame, con la conseguenza che il termine stabilito dall'art. 309, comma 9, c.p.p. inizia a decorrere dal momento in cui tale rinuncia sia portata a conoscenza del giudice del riesame.

Cass. pen. n. 9383/2001

La regola della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, dettata dall'art. 2, comma primo, della legge 7 ottobre 1969, n. 742, trova applicazione anche nei procedimenti di riesame, e il ricorrente che intende avvalersi della facoltà di rinunziare alla sospensione dei termini deve dichiararlo espressamente. (In applicazione di questo principio la Corte ha annullato l'ordinanza del tribunale che aveva dichiarato inammissibile l'istanza di riesame, proposta ai sensi dell'art. 309 c.p.p., perché tardiva, essendo stata proposta il tredicesimo giorno dopo l'adozione del provvedimento restrittivo, e ha affermato che, nel periodo feriale, se la richiesta contiene la rinuncia alla sospensione dei termini, è da considerarsi, solo relativamente a questo periodo temporale, sempre tempestiva).

Cass. pen. n. 8499/2001

In caso di misura cautelare disposta su richiesta avanzata dopo la pronuncia di sentenza di condanna, così come non vi è obbligo, da parte del pubblico ministero richiedente, di allegare gli atti posti a sostegno della richiesta medesima, essendo già acquisiti alla conoscenza del giudice, dell'imputato e della difesa gli elementi d'accusa venuti in rilievo nel dibattimento ed offerti in valutazione con la sentenza di condanna, allo stesso modo non vi è obbligo di trasmissione al tribunale del riesame di atti diversi dalla medesima sentenza.

Cass. pen. n. 6104/2001

La mancata trasmissione al tribunale del riesame, da parte del P.M. quale autorità procedente, dei decreti autorizzativi all'effettuazione di intercettazioni di comunicazioni, non può essere sanata mediante la produzione di detti decreti, a seguito di doglianze difensive, all'udienza camerale.

Cass. pen. n. 6023/2001

Dà luogo a violazione dell'art. 309, comma 5, c.p.p. e, conseguentemente, a perdita di efficacia della misura cautelare, la mancata trasmissione al tribunale del riesame, da parte del pubblico ministero, quale autorità procedente, di atti investigativi effettuati, ai sensi dell'art. 38 att. c.p.p., dal difensore dell'imputato e da lui ritualmente depositati, sia pure nell'ultimo giorno utile, presso l'ufficio dello stesso pubblico ministero.

Cass. pen. n. 4150/2001

In tema di riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, compete al pubblico ministero la valutazione in ordine alla natura di dato favorevole all'indagato degli elementi eventualmente sopravvenuti che, ai sensi del quinto comma dell'art. 309 c.p.p., vanno trasmessi al tribunale del riesame (unitamente a quelli presentati al giudice a sostegno della richiesta di emissione di misura cautelare), rimanendo comunque all'interessato il potere di segnalare l'elemento a suo avviso pretermesso, per consentirne l'eventuale acquisizione.

Cass. pen. n. 25/2001

Tra gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini non rientra necessariamente il verbale dell'interrogatorio di garanzia, che, pertanto, va trasmesso al tribunale del riesame, a norma dell'art. 309, comma 5, ultima parte, c.p.p., solo se in concreto li contenga.

Cass. pen. n. 4429/2001

Gli atti giudiziari divenuti pubblici, relativi a procedimenti diversi da quello nell'ambito del quale sia stata disposta una misura cautelare con provvedimento avverso il quale sia stata proposta richiesta di riesame, non fanno parte, anche nel caso in cui siano stati a suo tempo presentati al giudice per le indagini preliminari unitamente alla richiesta di applicazione della misura, degli atti dei quali dev'essere disposta, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p., la trasmissione al tribunale del riesame, atteso che anche la parte privata può, comunque, procacciarsene la disponibilità, esibendoli quindi all'udienza camerale, e lo stesso tribunale può, ove lo ritenga necessario, acquisirli d'ufficio, esulando una tale attività dagli «atti d'istruzione» al cui espletamento il suddetto organo giudiziario non è abilitato.

Cass. pen. n. 3598/2000

In tema di riesame delle misure cautelari personali, nel caso in cui l'ordinanza applicativa della misura sia adottata dal giudice del dibattimento è fatto comunque obbligo all'autorità procedente di trasmettere al tribunale del riesame, nei termini previsti, gli atti posti a sostegno della richiesta di misura cautelare, come previsto dall'art. 309, quinto comma, c.p.p.

Cass. pen. n. 4783/2000

La caducazione di un atto giurisdizionale per vizio di forma non comporta l'impossibilità di utilizzare il contenuto del suddetto atto in altro provvedimento, onde deve ritenersi legittima l'utilizzazione, in un'ordinanza applicativa di misura cautelare, di elementi tratti da altra precedente ordinanza (caducata, nella specie, per inosservanza dei termini di cui all'art. 309 comma 5 c.p.p.), sempre che non venga specificamente eccepita l'eventuale divergenza dei suddetti elementi rispetto alle risultanze dell'atto dal quale sono stati desunti.

Cass. pen. n. 26/2000

Il termine di dieci giorni, previsto dall'art. 309, nono comma, c.p.p., entro il quale il Tribunale del riesame deve decidere sulla relativa istanza a pena di inefficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva, decorre dalla data di ricezione degli atti e non da quella di emissione del decreto che fissa l'udienza in camera di consiglio per la sua trattazione

Cass. pen. n. 2604/2000

In tema di istanza di revoca di una misura cautelare, il giudice competente a pronunciarsi non incontra, nell'accertamento della carenza originaria (oltre che persistente) di indizi o di esigenze cautelari, alcuna preclusione nel fatto della mancata impugnazione dell'ordinanza impositiva ai sensi degli artt. 309, comma 1, e 311, comma 2, c.p.p. Quanto poi al tipo di preclusione suscettibile di formarsi a seguito delle pronunce che intervengano — ad opera della Corte Suprema, ovvero del tribunale in sede di riesame o di appello — all'esito del procedimento incidentale avente ad oggetto la misura cautelare, esso ha una portata più modesta rispetto a quello determinato dalla «cosa giudicata», sia perché esso è limitato allo stato degli atti, sia perché esso copre solo le questioni dedotte (implicitamente o esplicitamente), e non anche quelle deducibili. Ne consegue che un'istanza di revoca di una misura cautelare non possa essere giammai rigettata sulla base del solo fatto che l'originaria ordinanza impositiva non sia stata impugnata, incombendo, invece, in tal caso, sui giudici successivamente aditi, l'obbligo di delibare approfonditamente gli elementi invocati a sostegno della richiesta di revoca. Ne consegue altresì che, nel caso in cui si sia formata invece una preclusione del tipo di quella specificata innanzi, il giudice adito successivamente debba pur sempre motivare in ordine alla insussistenza di elementi nuovi, indipendentemente dallo spazio affidato ad essi dall'istante.

Cass. pen. n. 1415/2000

In materia di misure cautelari, nell'ipotesi in cui, a seguito di appello del pubblico ministero avverso il diniego di adozione della misura da parte del giudice per le indagini preliminari, il provvedimento restrittivo venga adottato dal tribunale del riesame, il provvedimento medesimo deve contenere tutti gli elementi la cui mancanza determina la nullità dell'ordinanza del Gip, posto che di essa fa le veci, riveste la stessa natura giuridica e produce gli stessi effetti, essendo in ogni caso indispensabile, benché al provvedimento del tribunale non si richieda la stessa struttura, sotto il profilo formale, di quello del giudice di prime cure, potendo non essere necessaria l'indicazione delle generalità dell'imputato o degli elementi che servano ad identificarlo, se ciò emerge aliunde, la precisazione dell'imputazione — quanto a modalità del fatto storico e circostanze di tempo e di luogo, nonché a qualificazione giuridica e individuazione di eventuali aggravanti — ai fini della delimitazione del thema decidendum e della tutela dell'esercizio del diritto di difesa.

Cass. pen. n. 4321/2000

Ogni documento scritto per assumere rilevanza e produrre effetti giuridici deve recare in calce la firma del suo autore, sicché è inammissibile la richiesta di riesame di una misura cautelare proposta con atto non sottoscritto dal difensore il cui nome figura impresso in calce allo stesso atto.

Cass. pen. n. 4286/2000

La mancata trasmissione al tribunale del riesame di uno o più atti tra quelli a suo tempo trasmessi al giudice con la richiesta di emissione dell'ordinanza applicativa di misura cautelare non determina automaticamente alcuna nullità processuale e resta priva di rilevanza quando la decisione del tribunale prescinda dal contenuto degli atti non trasmessi.

Cass. pen. n. 2829/2000

Il c.d. giudicato cautelare si forma sul materiale probatorio esaminato originariamente dal giudice che ha emesso il provvedimento coercitivo e trasmesso al tribunale del riesame a norma dell'art. 309, comma quinto, c.p.p., ma non sugli atti prodotti in udienza a norma del comma nono del medesimo articolo qualora l'organo del riesame non li abbia presi in alcuna considerazione. È pertanto legittima la nuova applicazione del provvedimento coercitivo sulla base di tali ulteriori elementi, restando rimesso alla strategia del pubblico ministero se procedere allavia della impugnazione della ordinanza del tribunale del riesame per omessa motivazione sulla documentazione prodotta o presentare una nuova richiesta di applicazione di misura cautelare allegando fonti indiziarie in precedenza non valutate.

Cass. pen. n. 4615/2000

Atteso il disposto di cui all'art. 123, comma 1, c.p.p., secondo cui le impugnazioni, le dichiarazioni e le richieste dei detenuti o internati «hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria», deve ritenersi che il termine prescritto dal combinato disposto dei commi 5, 9 e 10 dell'art. 309 c.p.p. decorre dalla data di presentazione della richiesta di riesame alla direzione dell'istituto in cui il richiedente è ristretto o internato, e non dalla data in cui detta richiesta perviene al tribunale competente.

Cass. pen. n. 1753/2000

La rinuncia alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale non deve essere necessariamente “espressa”, essendo sufficiente che l'interessato o il suo difensore abbiano assunto condotte o iniziative implicitamente significative della volontà di rinuncia. Pertanto, la volontà di detta rinuncia può essere desunta dalla richiesta di riesame di un provvedimento restrittivo della libertà personale, che, implicando per sua natura una immediata verificazione della sussistenza dei presupposti e delle condizioni di legge idonei per l'emissione del provvedimento coercitivo, esprime chiaramente l'intenzione di vedere esaminata tale richiesta con la massima sollecitudine, evidenziando, quindi, la volontà di rinunciare alla sospensione dei termini processuali.

Cass. pen. n. 2459/2000

In tema di difetto di motivazione, il giudice di merito non ha l'obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato, risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Sotto tale profilo, dunque, la censura di non aver preso in esame tutti i singoli elementi risultanti in atti, costituisce una censura del merito della decisione, in quanto tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri. (Fattispecie in cui il P.M., ricorrente contro un provvedimento del riesame, aveva dedotto che il Tribunale aveva omesso di valutare numerosi elementi probatori posti a base del provvedimento del Gip ed, in particolare, le intercettazioni ambientali nella loro interezza. La Suprema Corte, nell'affermare il principio sopra riportato, ha osservato che, nel provvedimento impugnato, il giudice del riesame aveva sottoposto a verifica gli elementi emersi dalla attività di indagine, elementi in base ai quali l'accusa aveva ritenuto che l'indagato fosse da identificare con la persona indicata, con un nomignolo, nelle conversazioni intercettate).

Cass. pen. n. 376/2000

In materia di misure cautelari personali, la disposizione dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., la quale prescrive che in seguito alla presentazione dell'istanza di riesame siano trasmessi al tribunale competente, a pena di inefficacia della misura cautelare applicata, gli atti presentati a norma dell'art. 291, comma 1, c.p.p., non va intesa formalisticamente, nel senso che la mancata trasmissione al tribunale di uno qualsiasi degli atti presentati dal P.M. al Gip in occasione della richiesta della misura determini automaticamente l'inefficacia di quest'ultima, dovendosi escludere tale effetto quando siano stati trasmessi al giudice del riesame gli atti posti a base del provvedimento impugnato, ovvero il contenuto di essi sia integralmente ricostruibile sulla base degli atti trasmessi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che non comporti l'inefficacia della misura la mancata trasmissione del decreto di autorizzazione alle intercettazioni telefoniche e ambientali, ove risulti trasmesso il successivo decreto che, estendendo l'autorizzazione, riporti integralmente la motivazione del precedente decreto autorizzativo).

Cass. pen. n. 4591/2000

In tema di impugnazioni de libertate, poiché nel giudizio di appello - stante il mancato rinvio da parte dell'art. 310 al comma 6 dell'art. 309 c.p.p. - non trova applicazione la regola, vigente per il procedimento di riesame, della proponibilità di motivi, anche nuovi, fino all'udienza, le memorie difensive devono essere presentate almeno cinque giorni prima dell'udienza camerale, secondo quanto disposto in via generale dal comma 2 dell'art. 127 c.p.p. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che correttamente il giudice dell'appello cautelare non avesse tenuto conto di una memoria difensiva depositata tre giorni prima dell'udienza camerale).

Cass. pen. n. 1011/2000

In virtù del principio tempus regit actum, ai procedimenti di riesame svoltisi prima dell'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 332, non si applicano le disposizioni da questa introdotte modificative dei commi 5 e 10 dell'art. 309 c.p.p. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato manifestamente infondato il ricorso con il quale si deduceva la perdita di efficacia della misura per avere il pubblico ministero trasmesso gli atti al tribunale del riesame — in un procedimento di impugnazione svoltosi nel giugno del 1994 — oltre cinque giorni dal deposito della richiesta).

Cass. pen. n. 802/2000

Nel procedimento di riesame delle misure cautelari personali, poiché l'obbligo di trasmissione al tribunale del riesame anche degli elementi sopravvenuti a favore dell'indagato va assolto nei cinque giorni dalla richiesta, l'autorità procedente non è tenuta a comunicare atti pervenuti dopo la scadenza di tale termine e, pertanto, la loro mancata trasmissione non determina la perdita di efficacia della misura, salva la facoltà di indicare nuovi elementi all'udienza di discussione e la possibilità di far valere le sopravvenienze ritenute favorevoli mediante istanza di revoca della misura stessa. (Fattispecie nella quale si era lamentata la mancata trasmissione di un verbale contenente dichiarazioni di un teste, assunte successivamente a precedenti dichiarazioni accusatorie e di asserita ritrattazione di queste, ma ritenute dalla S.C. di valore neutro, poiché limitatesi a formalizzare il rifiuto di testimoniare attraverso la ripetuta affermazione della totale ignoranza dei fatti).

Cass. pen. n. 768/2000

Poiché il procedimento incidentale de libertate ha, organicamente e funzionalmente, così spiccate caratteristiche di autonomia da costituire un sistema in sè concluso, non assorbito dalla funzione — parallela, ma distinta — del giudice investito della cognizione sul merito, spetta al tribunale della libertà adottare il provvedimento di liquidazione dei compensi dovuti al difensore della persona ammessa al gratuito patrocinio per l'attività svolta dinanzi ad esso, in sede di riesame o di appello.

Cass. pen. n. 5843/2000

Il giudice richiesto dal pubblico ministero di emettere una nuova misura cautelare a seguito della declaratoria di inefficacia della precedente, deve nuovamente procedere al vaglio della sussistenza, al momento della decisione, del grave quadro indiziario e delle esigenze cautelari, motivando adeguatamente al riguardo nei termini prescritti dall'art. 292 c.p.p., e ciò specie nell'ipotesi in cui sia trascorso dal primo provvedimento un notevole lasso di tempo durante il quale, nel corso delle indagini preliminari ovvero nel dibattimento, si siano acquisiti nuovi elementi che in nessun caso possono essere ignorati nella sede di cui si tratta.

Cass. pen. n. 2221/2000

Nel procedimento di riesame delle misure di cautela personale, una volta perfezionatasi la ricezione degli atti da parte del tribunale nel termine di cinque giorni stabilito dall'art. 309, comma quinto, c.p.p., la decisione deve intervenire comunque entro il decimo giorno, non essendo consentita, al di fuori dei casi tassativamente indicati dall'art. 101 att. c.p.p., dilazione del termine per la sua assunzione, neanche al fine di soddisfare l'esigenza di acquisire copia del provvedimento impugnato, non compreso tra gli atti trasmessi dall'autorità procedente.

Cass. pen. n. 2120/2000

In tema di procedimento di riesame, l'avviso orale al difensore del rinvio dell'udienza — conseguente ad accolta eccezione di nullità per omesso avviso — risultante da verbale, ritualmente sottoscritto dal difensore stesso a riprova della ricezione dell'avviso, costituisce mezzo legittimamente sostitutivo della notificazione prescritta dall'art. 309, comma ottavo, c.p.p.

Cass. pen. n. 1907/2000

In tema di misure cautelari personali, la caducazione della misura causata da vizi del procedimento applicativo o di controllo della medesima ne consente sempre la reiterazione, in quanto l'invalidità del provvedimento applicativo o del procedimento di riesame non esclude di per sè l'esistenza dei presupposti applicativi della misura. Ed invero, la garanzia per la libertà personale è in tal caso assicurata dalla necessità che il giudice accerti comunque l'esistenza dei presupposti della misura che intende applicare, anche quando si tratta della reiterazione di una misura in precedenza caducata per vizi del procedimento applicativo o di riesame.

Cass. pen. n. 784/2000

Fra gli atti che l'autorità procedente deve trasmettere al tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p., non rientra la richiesta di applicazione della misura cautelare a suo tempo avanzata dal pubblico ministero al giudice competente, atteso che tale richiesta rappresenta un semplice atto di impulso processuale, la cui funzione si esaurisce con l'adozione del provvedimento applicativo della misura; né, trattandosi di atto di parte, è comunque possibile trarre da essa elementi a favore o contro gli indagati.

Cass. pen. n. 454/2000

Qualora, in sede di procedimento de libertate non sia stata dedotta dall'interessato la questione relativa all'inosservanza del termine di cui all'art. 309, comma quinto, c.p.p., sul punto non si forma il giudicato cautelare, di guisa che la stessa è deducibile dinanzi al giudice del procedimento principale. (Nella specie, in precedente ricorso per cassazione, proposto avverso la decisione del tribunale del riesame, era stata dedotta la violazione dell'art. 309, comma quinto, c.p.p. sotto il profilo dell'incompleta trasmissione degli atti al tribunale del riesame da parte del pubblico ministero; e la S.C. ha ritenuto che tale deduzione non possa ritenersi equivalente a quella dell'inosservanza del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti allo stesso tribunale).

Cass. pen. n. 14/2000

L'omissione, da parte del giudice del riesame, della pronuncia, anche d'ufficio, della sopravvenuta perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell'art. 309, comma 10, c.p.p., costituisce un vizio della decisione che, come tale, può essere fatto valere esclusivamente con il ricorso per cassazione nell'ambito del procedimento de libertate e non anche con la richiesta di declaratoria dell'inefficacia della misura rivolta al giudice del procedimento principale. (Nell'occasione la Corte ha altresì precisato che nel giudizio di legittimità la predetta omissione, in quanto vizio della decisione, non può essere rilevata d'ufficio ma solo se denunciata con uno specifico, ancorché unico, motivo di impugnazione).

Cass. pen. n. 130/2000

Nel caso di istanza di riesame contro una misura cautelare presentata al giudice incompetente (giudice a quo), la stessa, per il principio di conservazione dell'impugnazione, deve essere trasmessa al giudice competente (giudice ad quem), sempre che siano state rispettate le forme generali prescritte per la presentazione o la trasmissione, compreso l'invio a mezzo posta.

Cass. pen. n. 633/2000

Nei casi di perdita di efficacia della custodia cautelare in carcere a norma dell'art. 309, comma decimo, c.p.p., quale effetto automatico della mancata trasmissione degli atti nel termine prescritto dal comma quinto della medesima disposizione, è irrilevante che la questione non sia stata dedotta nel procedimento incidentale de libertate ovvero che il giudice non abbia rilevato d'ufficio l'intervenuta decadenza, atteso che la domanda dell'imputato volta a far valere l'inefficacia è diretta alla tutela di un diritto assoluto ed inviolabile, costituzionalmente garantito dall'art. 13 Cost., ed ha natura di mera azione di accertamento della sopravvenuta caducazione della misura cautelare, proponibile in qualsiasi tempo, con l'unico limite della preclusione costituita dal giudicato endoprocessuale nel caso in cui la questione abbia già formato oggetto di decisione. (Fattispecie in cui gli atti erano pervenuti al tribunale del riesame oltre il quinto giorno dalla presentazione dell'istanza, ma l'inefficacia non era stata né dedotta nel procedimento incidentale de libertate né rilevata dal giudice; la Corte di cassazione, in base ai principi enunciati, ha annullato senza rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame dichiarando l'inefficacia delle misura cautelare).

Cass. pen. n. 190/2000

L'interrogatorio «di garanzia» previsto dall'art. 294 c.p.p., non è di per sé annoverabile fra gli elementi favorevoli sopravvenuti per i quali l'art. 309, comma 5, c.p.p., impone l'obbligo di trasmissione, da parte dell'autorità procedente, al tribunale del riesame. Detta valenza può essergli riconosciuta solo quando esso abbia contenuto che, andando oltre alla mera contestazione dell'accusa, sia oggettivamente favorevole all'indagato; condizione, questa, che deve essere specificamente indicata al tribunale del riesame quando si voglia sostenere che dalla mancata trasmissione dell'atto in questione sia derivata la caducazione della misura cautelare.

Cass. pen. n. 4372/2000

Gli atti da trasmettersi al tribunale del riesame, a norma dell'art. 309 c.p.p., sono quelli presentati al g.i.p. con la richiesta di applicazione della misura, dai quali siano ricavabili gli elementi di valutazione circa gli indizi di colpevolezza, le esigenze cautelari e l'adeguatezza della misura. Non può, quindi, dichiararsi l'inefficacia della misura cautelare se non sia trasmessa anche la richiesta di applicazione della misura cautelare del P.M., se non sia neppure prospettata, in modo realistico, l'eventualità che detta misura sia stata applicata “ex officio” o in difformità da quanto richiesto dal P.M.

Cass. pen. n. 820/2000

Non è censurabile per vizio di motivazione l'ordinanza del tribunale del riesame per omessa valutazione degli “elementi allegati a favore dell'imputato” se costui non adempia l'onere di prospettare specificamente detti elementi nella richiesta di riesame o anche nel corso dell'udienza camerale davanti al tribunale. (La Cassazione ha ritenuto corretta la motivazione del collegio del riesame che aveva disatteso la doglianza avverso l'ordinanza impositiva “per la genericità della relativa censura mossa dalla difesa, che non indica quali siano gli elementi di natura oggettiva o di fatto aventi rilievo concludente in senso favorevole all'indagato che il g.i.p. avrebbe omesso di valutare”).

Cass. pen. n. 511/2000

Il termine di “almeno tre giorni prima” di cui all'art. 309, comma ottavo, c.p.p. — nel quale deve essere notificato all'imputato e al suo difensore l'avviso della data fissata per l'udienza del procedimento di riesame — si deve intendere di “tre giorni liberi e interi” e comprende anche il “dies ad quem”, trattandosi di un termine dilatorio che segue la regola generale dettata dal quinto comma dell'art. 172 c.p.p. Il mancato rispetto del termine così computato comporta la nullità dell'ordinanza impugnata, dalla quale, però, non discende la perdita di efficacia della misura cautelare.

Cass. pen. n. 292/2000

In materia di misure cautelari, la richiesta di riesame e l'appello hanno natura di mezzi di impugnazione. Ne consegue che ove i predetti mezzi vengano proposti eventualmente sia dall'imputato sia dal suo difensore è applicabile il principio generale di cui all'art. 583, terzo comma, secondo cui, quando la decorrenza del termine per l'impugnazione è diversa per l'imputato e per il difensore opera per entrambi il termine che scade per ultimo.

Cass. pen. n. 287/2000

Qualora, a seguito di richiesta del P.M. di misura cautelare nei confronti di più indagati, il g.i.p. accolga la domanda per alcuni e la respinga per altri, la comunicazione al P.M. dell'ordinanza del g.i.p., comprensiva sia del provvedimento cautelare adottato per alcuni sia del provvedimento di rigetto per gli altri, ai fini della esecuzione delle misure nei confronti degli indagati ad esse assoggettati, non equivale a notizia legale anche dei provvedimenti di rigetto, essendo la comunicazione finalizzata esclusivamente allo scopo anzidetto e non anche a quello di portare a conoscenza del P.M. le statuizioni di rigetto. Ne consegue che non decorre da tale data il termine per la proposizione dell'appello del P.M. avverso i provvedimenti di reiezione, bensì dalla data di comunicazione degli stessi.

Cass. pen. n. 59/2000

Per conoscenza del provvedimento, che può rilevare ai fini della decorrenza del termine per proporre istanza di riesame a norma dell'art. 309, secondo comma, c.p.p., non può intendersi la conoscenza legale, che può conseguirsi solo a seguito della ricezione di copia integrale del provvedimento medesimo, non configurabile per un imputato latitante, ma deve intendersi la notizia, anche sommaria, dell'emissione dell'ordinanza coercitiva che sia sufficiente a consentire all'interessato diligente di venire in possesso del provvedimento medesimo, eventualmente a mezzo del proprio difensore.

Cass. pen. n. 51/2000

In sede di riesame è possibile confermare una misura cautelare per esigenze diverse da quelle poste a base della sua applicazione, in quanto le esigenze cautelari rappresentano un tutto unico che rientra nella previsione dell'art. 309, nono comma, c.p.p. laddove consente al tribunale di annullare o riformare in senso favorevole all'imputato il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati nell'atto di impugnazione ovvero di confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento. (Nella specie, il tribunale del riesame aveva ritenuto sussistenti anche le esigenze cautelari di cui all'art. 274, lett. c) c.p.p., diverse da quelle — previste dalla lett. b) dello stesso articolo — ritenute nell'ordinanza applicativa della misura e prospettate dal pubblico ministero al giudice).

Cass. pen. n. 6273/2000

L'estensione degli effetti favorevoli della decisione emessa nel procedimento cautelare dal tribunale del riesame nei confronti dei coindagati non impugnanti, presuppone che il procedimento incidentale si svolga in modo unitario e cumulativo e riguardi la posizione di coloro che non abbiano preso parte al procedimento per non aver neppure proposto l'impugnazione o perché il loro gravame sia stato dichiarato inammissibile. Ne consegue che, nel caso in cui, invece, siano introdotti autonomamente più procedimenti incidentali, la frammentazione e la loro autonomia permettono, per il margine di discrezionalità del giudice nella valutazione delle singole posizioni, una diversità di valutazioni e decisioni che, avendo natura provvisoria e strumentale, impedisce l'applicabilità dell'articolo 587 c.p.p.

Cass. pen. n. 4638/2000

Anche in materia de libertate vige il principio della immutabilità del fatto contestato, inteso come accadimento della realtà, sul quale l'indagato è stato chiamato a difendersi, non già il principio dell'immutabilità della definizione giuridica data al fatto stesso dal pubblico ministero. Ne consegue che è sempre consentito al giudice dell'applicazione della misura, o a quello del riesame o d'appello, attribuire la corretta qualificazione giuridica al fatto descritto nel capo d'imputazione; così come l'esercizio di tale potere da parte del giudice della cognizione piena non produce, ex se, effetti sul procedimento incidentale, se non quelli derivanti dal mutamento stesso della qualificazione giuridica.

Cass. pen. n. 669/2000

In tema di procedimento di riesame, tra gli atti che il pubblico ministero è tenuto a trasmettere al tribunale della libertà, ai sensi del comma 5 dell'art. 309 c.p.p., non è compresa la richiesta della misura cautelare presentata al giudice per le indagini preliminari; ed invero, secondo il chiaro tenore letterale di tale disposizione, gli «atti presentati a norma dell'art. 291, comma 1» sono soltanto quelli contenenti gli elementi a carico o a favore dell'imputato, e cioè quelli necessari a rendere effettiva la garanzia di un nuovo esame della questione cautelare, senza che ad essi nulla possa aggiungere la richiesta predetta, semplicemente espositiva del quadro indiziario oggettivamente emergente.

Cass. pen. n. 133/2000

In materia di intercettazioni di comunicazione, così come i decreti, con i quali il giudice per le indagini preliminari autorizza l'effettuazione di intercettazioni di comunicazioni telefoniche o ambientali, debbono contenere adeguata motivazione, allo stesso modo, il motivo con il quale l'indagato (ovvero il suo difensore) censuri la mancata trasmissione di tali decreti o di quelli di proroga deve essere accompagnato dall'indicazione delle attività processuali che si assumono viziate ovvero degli atti inerenti a tali attività. In tal senso, in sede di riesame, deve considerarsi generica la semplice deduzione di inutilizzabilità di intercettazioni per mancanza dei relativi decreti autorizzativi, senza specificare a quali decreti ci si riferisca, siano essi di autorizzazione, di proroga o di convalida. In tal modo, si impedisce al giudice, chiamato ad esaminare la censura, di prendere compiuta conoscenza della stessa e di verificare — di conseguenza — il rispetto delle norme dettate in materia.

Cass. pen. n. 6231/2000

In tema di riesame delle misure cautelari personali, l'inefficacia del provvedimento custodiale consegue solo al caso di mancato invio al tribunale di tutti gli atti a suo tempo trasmessi al Gip al momento della richiesta della misura. Tale sanzione non opera, invece, quando il Gip ha ricevuto gli atti solo in maniera parziale, in quanto il giudice è tenuto ad esaminare gli atti che ha ricevuto. Inoltre il mancato invio di atti deve riguardare, per determinare l'inefficacia del provvedimento cautelare, atti assunti prima della richiesta della misura e non atti assunti in un momento successivo.

Cass. pen. n. 5010/2000

Costituiscono “elementi favorevoli” all'indagato, aventi natura oggettiva, e di cui è obbligatoria la trasmissione al Tribunale del riesame, le dichiarazioni rese (in sede di convalida dell'arresto) da coindagati che si assumano l'intera responsabilità della vicenda (escludendo quella del primo), con la conseguenza che, a seguito della modifica del comma 5 dell'art. 309 c.p.p. avvenuta con L. 8 agosto 1955, n. 332, la mancata trasmissione è causa di inefficacia della misura.

Cass. pen. n. 4152/2000

In tema di richiesta di riesame da parte del difensore, che abbia assistito all'interrogatorio dell'imputato, è da tale data che decorre il termine per la presentazione dell'istanza, non essendo necessario attendere la notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura.

Cass. pen. n. 6232/2000

In materia di riesame delle misure cautelari, l'inosservanza della disposizione dell'art. 309 quinto comma c.p.p. ha i previsti effetti invalidanti e caducatori solo quando gli elementi di prova di cui sia stata omessa la trasmissione al giudice del riesame siano idonei ad assumere in concreto una specifica rilevanza probatoria in favore del destinatario della misura. Ne consegue che, per dedurre validamente la violazione dell'art. 309 comma 5 c.p.p., non è sufficiente indicare gli atti di cui sia stata omessa o ritardata la trasmissione al giudice del riesame, ma occorre anche prospettare la possibilità di una loro utilizzazione probatoria a sostegno di una tesi difensiva.

Cass. pen. n. 5954/2000

Il Tribunale di riesame può integrare la motivazione dell'ordinanza impositiva di misura cautelare, perché, con la garanzia del contraddittorio, può rimediare ai vizi della motivazione, sino a confermare la misura per ragioni diverse. Deve per contro rilevare la nullità dell'ordinanza, quando essa sia priva del requisito della motivazione (intesa mancanza fisica o mera apparenza), in relazione alle condizioni generali o alle esigenze cautelari. Tuttavia, la motivazione dell'ordinanza impositiva non è assente, e non può dirsi apparente in punto di esigenze cautelari, quando riferisca a più indagati per reato associativo, o in concorso, gli stessi indici di pericolosità, alla stregua delle rappresentate emergenze di condotta di ciascuno, ed in assenza di elementi che ne differenzino la posizione. In tal caso, il giudice di riesame può integrare la motivazione specifica, tenendo conto delle singole deduzioni difensive.

Cass. pen. n. 3492/2000

Se la questione della decorrenza dei termini di cui al quinto comma dell'art. 309 c.p.p. non sia stata dedotta o sollevata d'ufficio nel procedimento di riesame, la stessa non può essere dedotta davanti al giudice del procedimento principale, essendosi su di essa formato il giudicato cautelare. Infatti, il principio introdotto dalla giurisprudenza secondo cui il giudicato cautelare copre il dedotto ma non il deducibile, si riferisce alle questioni di merito e non già alle questioni di carattere processuale relative al procedimento incidentale de libertate, che devono ritenersi definitivamente precluse — e quindi non deducibili né rilevabili d'ufficio — a seguito dell'avvenuta conclusione del procedimento che ha accertato definitivamente la legittimità della custodia cautelare.

Cass. pen. n. 52/2000

Il coordinamento fra il disposto dell'art. 292, secondo comma, lett. c e c bis e quello dell'art. 309, nono comma, c.p.p., va stabilito nel senso che al tribunale del riesame deve essere riconosciuto il ruolo di giudice collegiale e di merito sulla vicenda de libertate, onde allo stesso non è demandata tanto la valutazione della legittimità dell'atto, quanto la cognizione della vicenda sottostante, e quindi primariamente la soluzione del contrasto sostanziale tra la libertà del singolo e la necessità coercitiva, con la conseguenza che la dichiarazione di nullità dell'ordinanza impositiva deve essere relegata a ultima ratio delle determinazioni adottabili. Tale nullità, invero, può essere dichiarata solo ove il provvedimento custodiale sia mancante di motivazione in senso grafico ovvero ove, pur esistendo una motivazione, essa si risolva in clausola di stile, onde non sia possibile, interpretando e valutando l'intero contesto, individuare le esigenze cautelari il cui soddisfacimento si persegue.

Cass. pen. n. 3910/2000

Nel caso in cui non sia dato avviso dell'udienza dinanzi al Tribunale del riesame al secondo dei difensori nominati si verifica una nullità a regime intermedio, la quale è sanata se non dedotta tempestivamente all'udienza di discussione dinanzi al Tribunale.

Cass. pen. n. 3864/2000

In materia di riesame occorre dare avviso dell'udienza camerale ad entrambi i difensori eventualmente nominati. Ove venga omesso l'avviso ad uno dei due difensori si verifica una nullità a regime intermedio, che deve essere dedotta nei termini previsti dall'art. 182, comma 2, c.p.p

Cass. pen. n. 5651/2000

In tema di riesame di misure cautelari, la sanzione dell'inefficacia non si determina in ogni caso di mancata trasmissione degli atti, ma quando al Tribunale pervenga solo parte degli atti già trasmessi al GIP. Invero, l'Organo del riesame deve avere a disposizione gli stessi elementi dei quali ha potuto disporre il giudice della cautela per accogliere o rigettare la richiesta del P.M. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza del Tribunale del Riesame, che aveva confermato l'ordinanza custodiale, nonostante la mancanza tra gli atti trasmessi di una informativa di reato, di alcuni verbali di intercettazione e di un verbale di dichiarazioni di persona informata sui fatti, affermando che, comunque, la misura trovava sostegno nel residuo, cospicuo assetto probatorio).

Cass. pen. n. 4636/2000

Qualora la richiesta di riesame venga presentata, ai sensi dell'art. 582, comma 2, c.p.p., nella cancelleria della pretura (ora tribunale) del luogo in cui il richiedente o il suo difensore si trovano, il termine di cinque giorni previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p. per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame da parte dell'autorità procedente decorre dalla data di detta presentazione e non da quella successiva in cui la richiesta perviene al suddetto tribunale. Ciò a differenza di quanto si verifica nel caso in cui la richiesta venga trasmessa a mezzo del servizio postale, comportando una tale scelta l'assunzione dell'alea di eventuali disguidi non addebitabili all'amministrazione giudiziaria, mentre nell'altra ipotesi la parte privata si affida comunque, ab initio, al sistema organizzativo giudiziario il quale deve farsi carico del rispetto dei tempi prescritti.

Cass. pen. n. 6489/1999

Una volta ritenuta, in sede di riesame, la carenza del quadro indiziario, il tribunale non può sottoporre a termine l'efficacia della misura cautelare, imponendo all'inquirente il compimento di ulteriori atti di indagine, in quanto tale procedura non è prevista da alcuna norma del codice, ma deve annullare l'ordinanza coercitiva. (Nella specie, il P.M. ricorrente aveva lamentato che non gli fosse stato dato un termine per esaminare le persone che avevano rilasciato al difensore dichiarazioni liberatorie nei confronti dell'indagato, ritenute rilevanti dal tribunale).

Cass. pen. n. 3861/1999

Poiché non può essere disposta una misura restrittiva nei confronti di una persona già in stato di custodia cautelare per lo stesso fatto, la possibilità di applicare nuovamente detta misura divenuta inefficace per motivi di forma (ex art. 309, quinto e decimo comma) non può non essere subordinata all'effettiva liberazione dell'indagato. (Nella specie la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva confermato il provvedimento del Gip col quale erano state disposte la convalida del fermo chiesto dal P.M. e la reiterazione del provvedimento custodiale a carico di soggetto ancora detenuto, che doveva essere scarcerato per sopravvenuta inefficacia della misura precedentemente applicata).

Cass. pen. n. 25/1999

Le cause che determinano l'inefficacia della custodia cautelare, non agendo sul piano della legittimità dell'ordinanza applicativa della misura cautelare, debbono esser fatte valere attraverso l'istanza di revoca di cui all'art. 306 c.p.p. ed i successivi rimedi dell'appello e del ricorso per cassazione; qualora tuttavia con il ricorso avverso la decisione di riesame la perdita di efficcia del provvedimento coercitivo sia prospettata insieme alle censure sulla legittimità originaria dello stesso, opera la vis attrattiva del proposto gravame e si radica la competenza del giudice di legittimità, con la conseguenza che se l'eccezione di inefficacia sopravvenuta è fondata si evita il ritardo nella decisione de libertate.

Cass. pen. n. 4000/1999

La mancata conferma telegrafica della notificazione telefonica dell'avviso di fissazione della data dell'udienza di riesame integra — concernendo la partecipazione non obbligatoria del difensore — una nullità generale a regime intermedio che può essere dedotta nei limiti indicati dall'art. 182 c.p.p. e che rimane sanata nei casi previsti dagli artt. 183 e 184 c.p.p. (Nella specie la Corte ha ritenuto che la nullità de qua fosse stata sanata dalla partecipazione del difensore all'udienza).

Cass. pen. n. 2756/1999

In tema di procedimento di riesame, il termine di cinque giorni entro il quale l'autorità giudiziaria procedente deve trasmettere, a pena di inefficacia della misura, gli atti previsti dal quinto comma dell'art. 309 c.p.p. al tribunale della libertà, decorre dal giorno della presentazione della richiesta di riesame.

Cass. pen. n. 3910/1999

In tema di misure cautelari personali, nel caso in cui l'indagato, internato o detenuto fuori dalla circoscrizione del giudice, abbia fatto richiesta di esser sentito, si verifica sospensione dei termini previsti dal comma decimo dell'art. 309 c.p.p. fin quando il tribunale del riesame non abbia ricevuto gli atti assunti dal magistrato di sorveglianza. Poiché, per altro, tale previsione è posta dall'ordinamento a tutela dell'indagato, se l'atto assunto dal predetto magistrato non è, per qualsiasi ragione, valido, esso deve necessariamente essere rinnovato ed il conseguente rinvio dell'udienza camerale comporta il prolungamento del termine di sospensione, sino al momento in cui non giungano all'organo giudicante gli atti nuovamente e validamente assunti dal magistrato di sorveglianza.

In tema di riesame di provvedimenti restrittivi della libertà personale, non è consentito al giudice procedere alla modificazione della qualificazione giuridica del fatto, a meno che la esigenza di tale modifica possa essere soddisfatta senza bisogno di ulteriori indagini. (Nella fattispecie, la Corte ha rigettato il ricorso dell'imputato che aveva dedotto violazione di legge in quanto il tribunale del riesame aveva deciso senza operare, come pure richiesto, distinzione tra partecipazione a reato associativo e concorso eventuale nello stesso, né aveva rilevato che, in luogo della truffa, ricorreva l'ipotesi delittuosa della appropriazione indebita).

Cass. pen. n. 1530/1999

Anche nel procedimento de libertate il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato. Pertanto, nel rispetto del principio di diritto statuito (e quindi con il limite di non ripetere i vizi già censurati e di non fondare la decisione su argomentazioni già ritenute illogiche o incomplete), egli mantiene piena autonomia di giudizio nella ricostruzione del fatto e nella individuazione e valutazione dei dati emersi e può trarre il suo convincimento anche da elementi prima trascurati o successivamente acquisiti, ponendo, anche per tale via, rimedio alle incongruenze indicate nella fase rescindente e colmando i vuoti di motivazione censurati. (Fattispecie in tema di riesame a seguito di giudizio di rinvio dalla Cassazione in cui, per la decisione del nuovo giudizio incidentale de libertate, sono stati utilizzati anche elementi di valutazione ulteriori rispetto a quelli contenuti negli atti trasmessi dal P.M. al Gip).

Cass. pen. n. 4974/1999

Non è causa di nullità del provvedimento del giudice (nella specie, ordinanza del tribunale della libertà) la mancanza, nel dispositivo, della dichiarazione di manifesta infondatezza dell'eccezione di illegittimità costituzionale di una norma, pur esaminata in motivazione, con esposizione delle ragioni giustificative della mancata rimessione degli atti alla Corte costituzionale. (Fattispecie relativa alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 304, secondo comma, c.p.p. in relazione agli artt. 3, 13, 24 e 27 Cost.).

Cass. pen. n. 4724/1999

L'inefficacia dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere determinata dall'inosservanza, da parte del tribunale del riesame, dei termini di cui ai quinto e decimo comma dell'art. 309 c.p.p. non costituisce preclusione alla reiterazione del provvedimento coercitivo, potendo essere legittimamente emesso nuovo provvedimento cautelare per i medesimi fatti e sulla base degli stessi elementi indiziari. E invero la preclusione processuale opera soltanto quando la misura custodiale sia stata annullata in conseguenza di un riesame nel merito o per la mancanza delle condizioni generali di legittimità, e non nell'ipotesi di una sua caducazione per perdita di efficacia determinata da violazioni di carattere formale, come quelle previste dall'art. 309, quinto e decimo comma, non essendo ricavabile dal vigente sistema processuale un generale divieto di reiterazione dei provvedimenti cautelari al di fuori del principio del ne bis in idem, per sua natura inerente al merito e non alla forma del provvedimento giurisdizionale.

Cass. pen. n. 4689/1999

Nel procedimento di riesame è legittima l'acquisizione di dichiarazioni sfavorevoli all'indagato, raccolte dopo l'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare, il cui verbale, pervenuto al tribunale prima dell'udienza, sia rimasto a disposizione della difesa. E invero dal disposto dell'art. 309, quinto comma, c.p.p., secondo il quale incombe al P.M. l'obbligo di trasmettere al tribunale tutti gli elementi sopravvenuti a favore dell'indagato, non è consentito desumere il principio per cui gli sarebbe interdetta la facoltà di fare altrettanto con quelli di segno contrario.

Cass. pen. n. 2070/1999

L'istanza di riesame può essere validamente presentata, oltre che presso la cancelleria del tribunale competente a delibarla, anche presso la cancelleria della Pretura del luogo in cui si trovano i soggetti legittimati (imputato e/o difensore), nell'ipotesi in cui tale luogo, diverso da quello ove ha sede il Tribunale del riesame, coincida con quello in cui ha sede la cancelleria del Giudice che ha emesso il provvedimento.

Cass. pen. n. 4857/1999

A differenza della sentenza, il cui dispositivo letto in udienza costituisce l'atto con il quale il giudice estrinseca la volontà della legge nel caso concreto, di modo che le affermazioni contenute nella relativa motivazione, qualora non trovino rispondenza nel dispositivo, non sono, di per sé sole, suscettibili di conseguenze giuridiche, l'ordinanza emessa a seguito di rito camerale presenta il carattere unitario del complesso procedimento logico nel quale si compendia la decisione adottata, sicché, non essendovi momento distintivo tra dispositivo e motivazione, ma costituendo dette parti del provvedimento nel loro insieme la decisione, all'eventuale discrepanza esistente nel primo può ovviarsi con la lettura del provvedimento nel suo complesso (Fattispecie relativa a ordinanza conclusiva di procedimento di riesame, nel cui dispositivo figuravano, per macroscopico e riconoscibile errore di fatto, le generalità di persona diversa da quella, correttamente indicata nella motivazione della decisione, alla quale questa si riferiva).

Cass. pen. n. 1720/1999

L'inosservanza dei termini stabiliti per lo svolgimento e la conclusione del procedimento di riesame, se non dedotta o rilevata prima che la decisione adottata all'esito di detto procedimento sia divenuta definitiva, non può essere più dedotta o rilevata in epoca successiva. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che legittimamente il giudice procedente, al quale era stato chiesto di dichiarare l'inefficacia di un'ordinanza di custodia cautelare per mancata osservanza, a suo tempo, nel procedimento di riesame, del termine di cinque giorni previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p. per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame — secondo l'interpretazione che di detta disposizione aveva successivamente dato la Corte costituzionale con la sentenza n. 232/98 — avesse respinto detta richiesta sulla base dell'osservazione che, all'atto della citata pronuncia della Corte costituzionale, il procedimento di riesame si era già esaurito con decisione definitiva).

L'interpretazione data dalla Corte costituzionale con la sentenza 232 del 1998 (che ha chiarito che il termine di cinque giorni, entro il quale gli atti devono pervenire al giudice del riesame, decorre dal momento di presentazione della richiesta al tribunale e non da quello in cui l'autorità procedente riceve avviso) non esplica effetti in quei procedimenti nei quali, al momento di emanazione della predetta sentenza, la fase incidentale de libertate risultava già conclusa con decisione definitiva. Infatti, la sanzione processuale di cui al comma 10 dell'art. 309 c.p.p. è finalizzata ad assicurare rapidità e certezza al procedimento di controllo di legittimità della custodia cautelare; a tanto consegue che, una volta che detto procedimento si sia esaurito con la verifica della sussistenza dei presupposti probatori e cautelari della detenzione, si esaurisce, del pari, la posizione giuridica processuale legata al rispetto dei termini temporali del procedimento. Non vi sarebbe infatti, in tal caso, ragione di invocare il mancato rispetto dei termini posti a presidio della celerità e certezza del procedimento, perché tale esigenza appare ormai superata dalla intervenuta decisione sul punto. (Fattispecie in cui, nel procedimento di riesame — conclusosi prima della emanazione della sentenza della Corte costituzionale 232/98 — non era stata dedotta né rilevata di ufficio l'inosservanza del termine di cui al comma quinto dell'art. 309 c.p.p.. La cassazione ha ritenuto che, essendosi in tal caso il procedimento concluso, con l'accertamento della legittimità sostanziale della misura restrittiva, si era, di conseguenza, verificata una preclusione endoprocessuale, che poteva essere superata solo con la deduzione di questioni di merito attinenti alla legittimità della misura, ma non anche con la deduzione della violazione dei termini da calcolarsi, secondo la interpretazione della Corte costituzionale, successivamente intervenuta).

Cass. pen. n. 2103/1999

Una volta che il tribunale della libertà ha adottata nel termine stabilito dall'art. 309, comma 9, c.p.p. la decisione, depositanto il dispositivo, il procedimento è chiuso e definito, ancorché non sia stata depositata la motivazione nel termine di cui all'art. 128, e le parti non possono più articolare nuove richieste o modificare quelle proposte nè il giudice può modificare la decisione adottata. (Fattispecie in tema di conflitto tra Gip e Tribunale del riesame in ordine alla competenza a provvedere circa la inefficacia della custodia cautelare sopravvenuta al predetto deposito, risolto dalla Suprema Corte con l'attribuzione della competenza al Gip).

Cass. pen. n. 1875/1999

In tema di riesame ex art. 309 c.p.p. e di appello ex art. 310 c.p.p., le parti private ed i loro difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella cancelleria della pretura del luogo nel quale si trovano, ma solo se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento: con la conseguenza che qualora il provvedimento impugnato sia stato emesso dal giudice presso il tribunale, devono considerarsi inammissibili la richiesta di riesame ovvero l'atto di appello presentati nella cancelleria della pretura della medesima sede giudiziaria.

Cass. pen. n. 2056/1999

In sede di riesame è possibile confermare una misura cautelare per esigenze diverse da quelle poste alla base della sua applicazione, in quanto le esigenze cautelari rappresentano un tutto unico che rientra nella previsione dell'art. 309, comma 9 c.p.p. laddove consente al Tribunale di annullare o riformare in senso favorevole all'imputato il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati nell'atto di impugnazione ovvero di confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento. (Fattispecie in cui il Tribunale aveva confermato la misura cautelare per esigenze di tutela della collettività anziché per il pericolo di fuga cui faceva riferimento l'ordinanza applicativa).

Cass. pen. n. 3473/1999

In materia di misure cautelari personali, l'obbligo imposto dal secondo comma dell'art. 292, lett. c bis) c.p.p. di esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa è imposto sia al giudice che emette l'ordinanza impositiva della misura, sia al tribunale della libertà che rigetta la richiesta di riesame quando tali elementi siano prospettati in questa sede.

Cass. pen. n. 3430/1999

Ai fini del computo del termine di cinque giorni previsto dall'art. 309, comma quinto, c.p.p. per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame, come dies a quo vale quello in cui la richiesta perviene alla cancelleria del tribunale medesimo, a nulla rilevando il diverso termine in cui l'indagato detenuto abbia presentato l'istanza al direttore dell'istituto di pena. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto del tutto irreprensibile la procedura, che si era svolta secondo le seguenti cadenze temporali: l'istanza, presentata al direttore dell'istituto di pena il 6 aprile 1998, era pervenuta il successivo 14 aprile nella cancelleria del tribunale del riesame, che, ricevuti gli atti il 18 aprile, aveva deliberato il 24 aprile 1998).

Cass. pen. n. 3531/1999

Il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame, a norma dell'art. 309, comma 5, c.p.p., decorre dal giorno in cui la richiesta di riesame è pervenuta alla cancelleria del tribunale anche quando la presentazione sia stata effettuata, ai sensi dell'art. 582, comma 2, c.p.p., presso la cancelleria della pretura del luogo in cui si trova il richiedente. In tale ipotesi, infatti, le conseguenze della scelta operata dall'interessato non possono ricadere sul sistema giudiziario con la perdita di efficacia della misura coercitiva, collegata dal legislatore esclusivamente alla inerzia del presidente del tribunale o della autorità procedente, ovvero a difetti dei sistemi organizzativi che ai due organi fanno capo, ma non certo ad opzioni processuali della parte che alla caducazione stessa ha interesse.

Cass. pen. n. 1905/1999

L'art. 309, ottavo comma, c.p.p., nello stabilire che l'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato all'imputato e al suo difensore almeno tre giorni prima, prevede un termine dilatorio entro il quale una determinata attività non può essere compiuta. Di conseguenza, il fatto che l'ultimo giorno di detto termine coincida con un giorno festivo non comporta nessuna proroga e non ha alcuna rilevanza processuale, non dovendo le parti compiere attività alla quale sia di ostacolo la normale chiusura al pubblico degli uffici giudiziari nei giorni festivi.

Cass. pen. n. 2257/1999

In tema di atti che devono essere trasmessi al tribunale del riesame entro cinque giorni dalla proposizione della richiesta, a pena della perdita di efficacia della misura cautelare, il verbale dell'interrogatorio può contenere, come può non contenere, elementi a favore dell'indagato, con la conseguenza che deve essere rimesso al tribunale medesimo solo nel primo caso. Tanto si desume dalla ratio e dalla lettera della legge, la quale presuppone e implica una valutazione caso per caso circa la sussistenza del requisito di che trattasi di ogni singolo atto o documento, quali «elementi sopravvenuti». È, quindi, la stessa parte interessata a dover dedurre la rilevanza del verbale ai fini anzidetti, e, in mancanza di siffatta deduzione, l'indagato non può dolersi, comunque e in ogni caso, della mancata trasmissione di detto verbale.

Cass. pen. n. 2136/1999

In tema di giudizio di appello, appartiene al giudice di secondo grado (ed anche al giudice di rinvio che debba decidere su di un appello in materia di provvedimenti restrittivi della libertà) il potere di sostituire, integrare e modificare la motivazione del provvedimento impugnato; invero, la sua cognizione, anche se circoscritta, quanto all'estensione, ai punti in contestazione, è piena e gli consente di esprimere compiutamente il suo convincimento. (Nella fattispecie, la Corte ha rigettato il ricorso dell'indagato che aveva sostenuto la manifesta illogicità della motivazione del tribunale, il quale aveva valorizzato le dichiarazioni di un soggetto, dichiarazioni che il Gip non aveva posto a base del provvedimento coercitivo impugnato).

Cass. pen. n. 922/1999

In tema di presentazione della richiesta di riesame, la previsione dell'art. 582, comma secondo, c.p.p. (applicabile in forza del rinvio operato dall'art. 309, comma quarto, c.p.p.), va interpretata nel senso che l'atto può essere validamente presentato presso la pretura insediata in luogo diverso da quello del tribunale distrettuale, ove la richiesta dovrebbe essere normalmente presentata in deroga a quanto generalmente previsto, per le impugnazioni, dall'art. 582, comma primo, c.p.p. (Fattispecie in cui la richiesta di riesame di una ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Benevento, di competenza del Tribunale di Napoli, era stata presentata presso la cancelleria della Pretura di Benevento).

Cass. pen. n. 1412/1999

Nel caso di ordinanza applicativa di misura cautelare emessa in sostituzione di altra identica ordinanza la cui efficacia sia venuta meno per mancata osservanza, in sede di riesame, dei termini richiamati nell'art. 309, comma 10, c.p.p., non vi è necessità di rinnovazione dell'interrogatorio di garanzia previsto dall'art. 294 c.p.p., trattandosi di adempimento da riguardarsi come sostanzialmente inutile e non potendo trovare applicazione, d'altra parte, la disposizione — da ritenere di carattere speciale — dettata dall'art. 302 c.p.p. per la diversa ipotesi in cui la perdita di efficacia della misura cautelare sia derivata proprio dalla mancata effettuazione del suddetto interrogatorio.

Cass. pen. n. 1217/1999

Gli «elementi favorevoli», menzionati dall'art. 309, comma quinto, c.p.p., non possono consistere in mere asserzioni difensive, documentate nel verbale di interrogatorio, dovendo, invece, concretarsi in specifici elementi fattuali, di natura oggettiva e sopravvenuti alla richiesta del P.M., che servano, in concreto, a discolpare l'indagato. Pertanto, l'interrogatorio di garanzia non può rappresentare, di per sè, elemento favorevole all'indagato, onde l'omessa trasmissione all'organo del riesame del verbale relativo nel termine di cinque giorni non può automaticamente dar luogo alla perdita di efficacia della misura cautelare, non potendo ritenersi atto che, per sua natura, rechi necessariamente elementi a supporto della difesa, specialmente nel caso in cui non vengano indicati specificamente dall'interessato gli eventuali «elementi favorevoli» desumibili da detto verbale.

Cass. pen. n. 1455/1999

Non è inefficace l'ordinanza che dispone la misura coercitiva, per mancata trasmissione — al tribunale della libertà — degli atti, sui quali essa si fonda e di quelli sopravvenuti a favore dell'indagato, entro cinque giorni dalla richiesta avanzata dal presidente all'autorità procedente, qualora quest'ultima nel suddetto termine comunichi che gli atti stessi sono già presso il medesimo giudice del riesame, anche se in un diverso procedimento, indicandone gli estremi e, così, consentendo alle parti la piena disponibilità. A tale fine non è indispensabile che gli atti stessi siano inseriti nel fascicolo, essendo sufficiente che sia possibile il loro reperimento in locali individuati.

È da escludere l'inosservanza del disposto di cui all'art. 309, comma 5, c.p.p. qualora, entro il termine ivi indicato, l'autorità procedente comunichi al tribunale del riesame la già avvenuta trasmissione degli atti al medesimo tribunale, sia pure nell'ambito di un diverso procedimento del quale vengano comunque indicati gli estremi, sì da consentire alla difesa di prenderne visione, pur quando gli stessi, attesa la loro mole, non siano inseriti nel fascicolo di detto procedimento, ma siano reperibili in locali individuati.

Cass. pen. n. 1430/1999

In tema di impugnazioni avverso i provvedimenti limitativi della libertà personale, non sono deducibili, né rilevabili di ufficio, questioni relative all'inefficacia della misura cautelare diverse da quelle concernenti l'inosservanza dei termini stabiliti dai commi 5 e 9 dell'art. 309 c.p.p. (Nella specie si trattava di asserita inefficacia della misura per il mancato interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p.: questione da sollevare secondo la S.C. dinanzi al giudice del procedimento principale).

Cass. pen. n. 2925/1999

L'inosservanza del termine di cinque giorni previsto dall'art. 309, comma quinto, c.p.p., e decorrente dal giorno di presentazione dell'istanza di riesame al tribunale, comporta la perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva e l'immediato riacquisto dello status libertatis da parte dell'interessato, a nulla rilevando né che il successivo termine decadale previsto dal comma nono del medesimo articolo sia stato rispettato, né che quello complessivo di quindici giorni dalla presentazione della richiesta non sia stato superato, né, infine, che la rilevazione dell'evento caducatorio nel corso del procedimento incidentale di impugnazione dell'ordinanza coercitiva sia mancata. (In motivazione la S.C. ha, peraltro, osservato, che l'autonomo rilievo attribuito alla violazione del primo termine decadenziale di cinque giorni, ai fini della perdita di efficacia dell'ordinanza coercitiva, pur quando la pronuncia del giudice intervenga tempestivamente entro il termine massimo di quindici giorni dalla presentazione della richiesta di riesame, appare disarmonico in riferimento all'effetto di garanzia di habeas corpus che la legge ha voluto assegnare alla disciplina complessiva del riesame, che sembra indicare con chiarezza la strumentalità del primo termine perentorio rispetto alla funzione essenziale di garanzia che ai termini e alle correlate sanzioni processuali ricollega il sistema vigente).

Cass. pen. n. 3058/1999

L'ufficio destinatario della raccomandata con ricevuta di ritorno con la quale può essere proposta la richiesta di riesame ai sensi degli artt. 309, comma 4, seconda parte e 583 c.p.p., è quello individuato dalle norme che disciplinano gli speciali procedimenti di impugnazione in materia cautelare, e dunque la cancelleria del tribunale della libertà; l'art. 309, commi 4 e 7, c.p.p. (applicabile anche per l'appello) costituisce infatti una deroga — espressamente contemplata dall'art. 582, comma 1, c.p.p. («salvo che la legge disponga altrimenti») — al principio generale secondo cui l'atto di impugnazione deve essere depositato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, salva la possibilità di presentazione in uno dei luoghi indicati nel comma 2 del medesimo articolo 582.

Cass. pen. n. 1471/1999

In tema di c.d. giudicato cautelare, il limite del dedotto per la parte non coincide in alcun modo con il rilevato d'ufficio da parte del giudice. Ed invero, mentre l'arco concettuale di dedotto-deducibile riguarda i poteri dispositivi della parte interessata e non influisce sulla validità del provvedimento del giudice, quello costituito dal rilevato-rilevabile d'ufficio concerne il potere del giudice, il cui mancato esercizio può provocare un vizio del provvedimento. Ne consegue che mentre la parte può riservarsi di dedurre in altra sede quanto non immediatamente dedotto, il mancato rilievo d'ufficio di un vizio, che si sarebbe dovuto rilevare, provoca a sua volta un vizio della decisione finale; tale vizio, tuttavia, è suscettivo di essere sanato dall'acquisita definitività del provvedimento. Sicché sarà onere della parte far valere immediatamente con i mezzi di impugnazione a sua disposizione gli errores derivanti dal mancato rilievo d'ufficio di determinate circostanze, incorrendo diversamente nella preclusione endoprocessuale ossia nella formazione di un giudicato sul punto. (Fattispecie in cui la parte non aveva impugnato nei termini prescritti il mancato rispetto dei termini di cui al comma 5 dell'art. 309 c.p.p., con la conseguenza che la questione del vizio del procedimento di riesame doveva ritenersi definitivamente preclusa).

Cass. pen. n. 2093/1999

La preclusione di natura endoprocessuale suscettibile di formarsi a seguito delle pronunzie emesse, all'esito del procedimento incidentale di impugnazione, dalla Corte di cassazione ovvero dal tribunale in sede di riesame o di appello avverso le ordinanze in tema di misure cautelari ha una portata più modesta rispetto a quella propria della res iudicata, sia perché è operante soltanto allo stato degli atti, sia perché non copre anche le questioni deducibili, ma unicamente le questioni dedotte, implicitamente e esplicitamente, nei pregressi procedimenti di impugnazione, intendendosi queste ultime come le questioni che, quantunque non enunciate in modo specifico, integrano il presupposto logico di quelle espressamente dedotte.

Cass. pen. n. 843/1999

Qualora la richiesta di riesame non venga presentata direttamente presso la cancelleria del competente tribunale, ma venga presentata presso la pretura del luogo in cui si trova il richiedente ovvero venga spedita per posta, il termine di cinque giorni entro il quale deve essere effettuata la trasmissione degli atti da parte dell'autorità procedente al giudice del riesame, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p. (quale interpretato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 232 del 1998), non può che decorrere dal momento in cui la summenzionata richiesta perviene a quel giudice.

Cass. pen. n. 842/1999

In caso di riconosciuta inefficacia di ordinanza applicativa di misura cautelare, quest'ultima va considerata come mai esistita, per cui, qualora venga seguita da altra ordinanza che ripristini quella misura, tale provvedimento va qualificato come «ordinanza che dispone» la misura stessa, con conseguente sua assoggettabilità al rimedio del riesame e non a quello dell'appello.

In tema di impugnazione di misure coercitive, avverso l'ordinanza che costituisce reiterazione di precedenti provvedimenti per qualsiasi ragione caducati è proponibile il riesame e non l'appello, non ricavandosi alcuna distinzione al riguardo dall'art. 309 c.p.p., che si riferisce indistintamente a tutte le ordinanze applicative di misure coercitive (fattispecie nella quale la misura della custodia cautelare era stata ripristinata con la sentenza di condanna in primo grado, dopo che la precedente misura era stata annullata a seguito di ricorso per cassazione).

Cass. pen. n. 1100/1999

Nei procedimenti con più imputati, la disposizione di cui al quinto comma dell'art. 309, comma quinto, c.p.p. in tema di trasmissione degli atti al tribunale del riesame deve ritenersi osservata allorché gli atti siano stati trasmessi allo stesso tribunale a seguito di altra precedente richiesta di riesame avanzata da coimputati.

Cass. pen. n. 807/1999

In tema di gravi indizi di colpevolezza necessari per l'adozione di misura cautelare, deve ritenersi viziata la motivazione del provvedimento che, nell'apprezzamento della attendibilità intrinseca di chiamante in correità, ritenga la credibilità del dichiarante perché sulla base delle sue propalazioni e dei relativi riscontri estrinseci siano state emesse altre ordinanze di custodia cautelare confermate agli esiti di procedimenti di cui agli artt. 309 e 311 c.p.p. quando la valutazione concerna fatti diversi, non potendo l'attendibilità in ordine a determinati fatti necessariamente estendersi ad altri.

Cass. pen. n. 252/1999

I termini di cui all'art. 309, commi quinto e decimo, c.p.p. rispettivamente fissati per l'inoltro degli atti al tribunale del riesame e per la decisione sulla relativa istanza, sono autonomi, ed essendo entrambi perentori devono essere osservati l'uno indipendentemente dall'altro: non ha alcun rilievo, pertanto, in caso di mancato rispetto dell'uno o dell'altro, il fatto che la decisione de libertate sia comunque intervenuta entro il quindicesimo giorno dalla richiesta di riesame.

Cass. pen. n. 3428/1999

Qualora la richiesta di riesame venga presentata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 309, comma 4, e 582, comma 2, c.p.p., presso la cancelleria della pretura del luogo in cui si trova il richiedente, il termine di cinque giorni entro il quale gli atti debbono pervenire al tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p., quale interpretato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 232 del 1998, decorre non dalla data in cui è avvenuta la presentazione della richiesta ma da quella in cui quest'ultima è pervenuta al suddetto tribunale; ciò in armonia con quanto affermato anche nella citata sentenza della Corte costituzionale, secondo cui «ferma la disciplina delle modalità e dei termini per la proposizione della richiesta di riesame, di cui agli artt. 309, commi 1 e 4, 582 e 583 c.p.p., ai fini della decorrenza di detto termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti vale, come dies a quo, il giorno in cui la richiesta stessa perviene alla cancelleria del tribunale del riesame».

Cass. pen. n. 2/1999

Nei casi in cui la custodia cautelare perde efficacia per inosservanza dei termini richiamati dall'art. 309, comma decimo, c.p.p., l'immediata liberazione della persona sottoposta alla misura, quale effetto automatico di detta inosservanza, può essere chiesta anche al giudice del procedimento principale a norma dell'art. 306 stesso codice, salvo che la relativa richiesta sia già stata respinta nel procedimento incidentale di impugnazione (riesame o ricorso per cassazione), dal momento che in quest'ultima eventualità si determina la preclusione endoprocessuale derivante dalla formazione del cosiddetto “giudicato cautelare”. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato l'inefficacia dell'ordinanza dispositiva della custodia cautelare relativamente a due ricorrenti, per inosservanza del termine di cui all'art. 309, comma quinto, c.p.p., ritenendo contestualmente inammissibili i ricorsi degli altri tre, che si erano già visti rigettare in precedenza ricorsi per cassazione avverso il medesimo provvedimento, senza che, frattanto la loro posizione si fosse modificata).

Cass. pen. n. 6496/1999

Una volta che l'imputato raggiunto da provvedimento coercitivo sia stato tempestivamente interrogato dal giudice, non è necessario procedere a nuovo interrogatorio a seguito di nuovo provvedimento coercitivo emesso dopo la declaratoria di inefficacia del primo per motivi procedurali (nella specie a causa dell'inosservanza del termine per l'avviso al difensore a norma dell'art. 309, comma ottavo, c.p.p.).

Cass. pen. n. 698/1999

In tema di riesame di misure cautelari reali, la mancata tempestiva trasmissione degli atti non determina la inefficacia del provvedimento, in quanto il richiamo al comma 10 dell'art. 309 c.p.p., contenuto nel comma 7 dell'art. 324 stesso codice, è da ritenersi effettuato con riferimento al testo precedente alla modifica introdotta con legge 8 agosto 1995 n. 332. Invero, il previgente testo dell'art. 309 non contemplava la sanzione della perdita di efficacia del provvedimento; la modifica della disciplina, pertanto, attiene alle sole misure cautelari personali e non anche a quelle reali.

Cass. pen. n. 198/1999

L'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde immediatamente efficacia se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il prescritto termine di dieci giorni dalla trasmissione degli atti al tribunale. Il principio deve essere inteso nel senso che è necessario e sufficiente perché non si produca l'effetto caducatorio che, entro il termine predetto, il tribunale del riesame abbia deliberato in merito alla richiesta ed abbia depositato il dispositivo, attraverso il quale viene reso noto agli interessati che la decisione è intervenuta in termini e che essa rende possibili la assunzione di altri, eventuali e conseguenti, provvedimenti. Viceversa, la motivazione del provvedimento, in applicazione della norma generale sul procedimento camerale, potrà essere depositata nel previsto termine ordinatorio, senza che ciò abbia influenza sulla efficacia del provvedimento e salve eventuali conseguenze, a carico del responsabile del ritardo, sul piano civile, amministrativo ed anche penale, da riconnettere al mancato rispetto del predetto termine ordinatorio.

Cass. pen. n. 4007/1999

La riforma introdotta con la L. 8 agosto 1995, n. 332 (art. 9, comma primo), avendo lasciato inalterati i commi sesto e nono dell'art. 309 c.p.p., non ha arrecato mutamenti per quel che concerne i poteri del «tribunale della libertà» investito della richiesta di riesame, il quale, anche anteriormente, poteva rilevare la nullità dell'ordinanza cautelare impositiva a prescindere dalle censure fatte valere con la richiesta, come poteva confermare il provvedimento per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. L'innovazione legislativa non può rilevare se non relativamente ai gravami di tipo devolutivo, rispetto ai quali soltanto può porsi l'esigenza di un potere demolitorio da esercitarsi di ufficio. Più in particolare, con riferimento ai gravami nei confronti del provvedimento impositivo, esclusivamente con riguardo all'unico mezzo di impugnazione alternativo al riesame, cioè al ricorso per cassazione per saltum (a differenza di quanto deve ritenersi per l'ordinario ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa dal tribunale in sede di riesame), qualora il vizio non abbia formato oggetto di censura, potendo la cassazione — ex officio — annullare senza rinvio il provvedimento impugnato, per violazione dell'art. 292, comma secondo, c.p.p.

Cass. pen. n. 7399/1999

In tema di riesame di provvedimento di sequestro, poiché il Tribunale ha il potere di procedere ad una diversa qualificazione giuridica del fatto sottoposto alla sua cognizione (anche attribuendogli, se del caso, diverso nomen iuris), esso può confermare il provvedimento ablativo anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione redatta dall'organo procedente, del quale ha — in sostanza — lo stesso potere di cognizione. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che il tribunale del riesame, richiesto di annullare un provvedimento di perquisizione e sequestro emesso con riferimento ad una ipotesi di appropriazione indebita — reato che si assumeva, da parte dell'indagato, insussistente — ebbe ad operare correttamente, riqualificando come bancarotta documentale e patrimoniale il fatto e confermando, con riferimento a tale ultimo reato, il provvedimento del P.M.).

Cass. pen. n. 6521/1999

La formulazione dell'art. 309, comma 8, c.p.p., nella parte in cui prevede che l'avviso dell'udienza del tribunale del riesame debba essere comunicato o notificato «almeno tre giorni prima» dell'udienza stessa, non implica che debba trattarsi di tre giorni interi e liberi (nella specie, in applicazione di tale principio, è stato ritenuto che fosse tempestivo l'avviso notificato il 3 giugno per l'udienza del 6 giugno successivo).

Cass. pen. n. 1/1999

Nei casi di perdita di efficacia del provvedimento cautelare a norma dell'art. 309, comma decimo, c.p.p., il soggetto che ha diritto a riacquistare la libertà può, in ogni tempo, salvo il limite della preclusione derivante dal giudicato cautelare, non solo chiedere al giudice del procedimento principale la dichiarazione di sopravvenuta caducazione automatica dell'ordinanza dispositiva della misura coercitiva per l'inosservanza dei termini indicati nella citata norma, ma anche agire dinanzi al giudice della procedura incidentale di impugnazione per farla valere. (In motivazione, la S.C. ha osservato che l'assenza di un obbligo di devoluzione della questione al giudice del procedimento principale risponde alla logica complessiva del sistema, secondo cui il giudice della procedura incidentale di impugnazione è giudice della propria competenza, della regolare instaurazione del contraddittorio e della validità di ogni suo atto, nonché, a maggior ragione, del rispetto dei termini della procedura, dalla cui inosservanza discenda la perdita di efficacia dell'ordinanza coercitiva, logicamente pregiudiziale rispetto a ogni altra questione di legittimità o di merito).

Cass. pen. n. 5748/1999

Al tribunale del riesame devono essere trasmessi tutti gli atti presentati al giudice a norma dell'art. 291, comma 1, c.p.p. La omessa trasmissione di parte di essi vale a configurare inottemperanza all'obbligo sancito dall'art. 309, comma 5, c.p.p., alla quale il decimo comma dello stesso articolo ricollega la perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva. (Nella specie la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del tribunale del riesame che ha dichiarato la perdita di efficacia della misura, in quanto tra gli atti trasmessi dal pubblico ministero non ne risultavano alcuni menzionati nel provvedimento sottoposto al riesame).

Cass. pen. n. 3443/1998

La mancata trasmissione al tribunale del riesame dei decreti di autorizzazione all'effettuazione di intercettazione di comunicazioni, pur non dando luogo a perdita di efficacia della misura cautelare, ai sensi dell'art. 309, commi 5 e 10,c.p.p., quando detti decreti non siano stati a suo tempo neppure trasmessi al giudice cui era stata richiesta l'applicazione della medesima misura, va tuttavia considerata, verificandosi tale ultima ipotesi, come causa di inutilizzabilità dei risultati conseguiti mediante l'intercettazione, posto che l'allegazione dei decreti agli atti che il pubblico ministero deve trasmettere al giudice ai sensi dell'art. 291 c.p.p. costituisce un obbligo finalizzato a far sì che possa essere vagliata la legittimità e l'ammissibilità delle disposte operazioni; finalità, questa, non realizzabile con la semplice indicazione degli estremi dei decreti stessi, dovendosi escludere una presunzione di legittimità di questi ultimi in difetto di eccezioni contrarie.

Cass. pen. n. 3132/1998

In tema di riesame delle misure cautelari, ove l'istante si avvalga della facoltà prevista dall'art. 583 c.p.p. di trasmettere la richiesta a mezzo posta, il termine di cessazione dell'efficacia della misura stabilito dall'art. 309, comma decimo, c.p.p. decorre non dalla data di spedizione della raccomandata ma — anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale 1-22 giugno 1998, n. 232 — dalla data in cui la raccomandata perviene alla cancelleria del giudice competente per il riesame.

Cass. pen. n. 6636/1998

La misura cautelare perde efficacia, ai sensi dell'art. 309, commi 5 e 10, c.p.p., ove la decisione del tribunale della libertà non intervenga entro quindici giorni (di cui cinque per la trasmissione degli atti e dieci per il giudizio) dalla presentazione della richiesta di riesame.

Cass. pen. n. 5211/1998

È illegittimo il provvedimento con il quale viene rigettata nel merito un'istanza di riesame, pur in presenza di una tempestiva rinuncia ad essa da parte dell'interessato, che ne comporta immediata declaratoria di inammissibilità; e ciò perché è configurabile un suo interesse a non consentire il formarsi, attraverso il riesame, di un giudicato cautelare, per poter presentare successivamente domanda di revoca della misura e, se del caso, appello a norma dell'art. 310 c.p.p. avverso l'eventuale provvedimento di rigetto.

Cass. pen. n. 3678/1998

In tema di misure cautelari personali, l'ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l'ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell'altro.

Cass. pen. n. 4986/1998

In sede di impugnazione della ordinanza cautelare, la sanzione della inefficacia della misura non scaturisce in ogni caso di incompleta trasmissione degli atti al tribunale del riesame (o dell'appello), ma solo quando i detti atti, comprensivi dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche, rimessi al Gip nella loro interezza, pervengano al tribunale solo in parte. Dal coordinato disposto dei commi 5 e 10 dell'art. 309 c.p.p., deriva, infatti, che la perdita di efficacia del provvedimento custodiale consegue solo al caso di mancato invio al tribunale di tutti gli atti a suo tempo trasmessi al Gip.

Cass. pen. n. 6963/1998

Stante l'autonomia esistente tra l'ordinanza applicativa di una misura cautelare emessa dal giudice dichiaratosi incompetente e quella, successiva, adottata nel termine di venti giorni dal giudice competente, deve ritenersi che l'interesse all'impugnazione del primo provvedimento (nella specie con la richiesta di riesame) persista nonostante l'emissione del secondo, e ciò anche sotto il profilo dell'utilità conseguibile con l'accertamento dei presupposti della riparazione per l'ingiusta detenzione.

Cass. pen. n. 5543/1998

L'eventuale caducazione della misura cautelare derivante, in caso di richiesta di riesame, ai sensi dell'art. 309, comma 10, c.p.p., dall'inosservanza dei termini ivi richiamati (nella specie, del termine di cinque giorni previsto dal comma 5 per la trasmissione degli atti, di cui è stata ritenuta la decorrenza dalla data di presentazione della richiesta anzidetta), si differenzia dalle altre ipotesi di caducazione per la sua ricollegabilità ad invalidità proprie del procedimento di impugnazione. Essa è pertanto deducibile mediante ricorso per cassazione avverso l'ordinanza decisoria del tribunale del riesame anche indipendentemente dalla deduzione di altri motivi a sostegno del ricorso medesimo.

Cass. pen. n. 3676/1998

In tema di procedimento di riesame delle misure cautelari personali, il termine libero di tre giorni, previsto dall'art. 309, ottavo comma, c.p.p., per la notificazione dell'avviso della data fissata per l'udienza all'imputato e al suo difensore può, al pari di tutti i termini stabiliti in favore di una parte, costituire oggetto di rinuncia, la quale è formalmente intervenuta quando il difensore ha rinunciato a sollevare qualunque eccezione sul punto.

Cass. pen. n. 4715/1998

In tema di misure cautelari personali il dispositivo deve riportare tutte le statuizioni che decidono le questioni devolute alla cognizione del giudice, con la conseguenza che il tribunale, in sede di riesame o di appello, affrontato, in motivazione, il thema decidendum ed esclusa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ad alcuni reati, non può confermare in vinculis per altri reati, in ordine ai quali il gravame viene respinto. Ciò in quanto l'inquisito ha interesse ad una pronuncia favorevole anche se parziale e, quindi, a veder riconosciuto il vizio di legittimità o di merito del provvedimento applicativo e, quindi, lo status libertatis, pur con riferimento ad alcuni soltanto dei reati.

Nel caso in cui più coindagati, raggiunti da provvedimenti applicativi di misure coercitive, abbiano avanzato richieste di riesame in tempi diversi, l'arrivo in cancelleria degli atti relativi ai primi richiedenti, ancorché comprensivi di quelli concernenti gli altri, non vale a far decorrere anche nei riguardi di questi ultimi il termine fissato dall'art. 309, comma 9 c.p.p. per la decisione, essendo necessario, a tal fine, che il tribunale riceva o gli atti specificamente riguardanti costoro o notizia che sono già pervenuti tutti gli atti indispensabili al riesame. Per l'instaurazione del contraddittorio, inoltre, non è necessario che gli atti siano materialmente acquisiti al fascicolo, ma è sufficiente che siano posti nella disponibilità giuridica delle parti che debbono attivarsi per prenderne visione.

Cass. pen. n. 2119/1998

L'art. 302 c.p.p. fissa la regola secondo cui in tutti i casi di sopravvenuta inefficacia della misura cautelare per motivi formali (come nelle ipotesi di mancato interrogatorio di cui all'art. 294 c.p.p., o di mancata adozione della decisione sulla richiesta di riesame ai sensi dell'art. 309 comma decimo, ovvero di adozione del provvedimento da parte di giudice incompetente non seguito da altro provvedimento impositivo, nel termine di venti giorni, da parte del giudice competente, a norma dell'art. 27 c.p.p.) l'adozione di una nuova misura è legittima. Ai casi ora menzionati ben può aggiungersi quello previsto dalla prima parte dell'art. 309, comma decimo, in quanto rispondente alla stessa logica secondo la quale il mancato rispetto del termine di cui al precedente comma quinto ha impedito l'esame nel merito della misura. L'unica condizione posta dall'art. 302 c.p.p. per la reiterazione del provvedimento custodiale è data dalla intervenuta sottoposizione dell'indagato all'interrogatorio.

Cass. pen. n. 3820/1998

Il richiamo all'art. 127 c.p.p. contenuto nell'ottavo comma dell'art. 309 stesso codice implica che il procedimento del riesame si conformi al principio del contraddittorio, in forza del quale il giudice può pronunciarsi solo su atti che abbiano costituito, o che potrebbero aver costituito, oggetto delle osservazioni delle parti in grado di esaminarli. (Fattispecie nella quale il tribunale, a seguito dell'udienza di riesame e delle osservazioni in essa svolte dalla difesa dell'indagato, aveva richiesto, dopo la chiusura dell'udienza, i decreti di autorizzazione alle intercettazioni telefoniche e ambientali e, una volta ottenutili, aveva deciso senza che la difesa avesse avuto modo di controllare la legittimità delle intercettazioni eseguite).

Cass. pen. n. 3568/1998

In tema di riesame dei provvedimenti cautelari personali, non si ha perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva allorché l'arrivo degli atti al tribunale del riesame avvenga entro il quinto giorno da quello di ricevimento dell'avviso da parte dell'autorità procedente, da assumersi come dies a quo non computabile per il calcolo del termine in esame, a nulla rilevando che gli atti siano stati inviati (e siano pervenuti) in due distinte soluzioni. (Fattispecie nella quale l'istanza era stata presentata il 19 novembre, l'avviso di essa era pervenuto il 21 novembre all'autorità procedente e gli atti erano pervenuti, in parte il 24 e in parte il 26 novembre al tribunale del riesame).

Cass. pen. n. 3706/1998

Non può ritenersi violata la disposizione dell'art. 143 c.p.p. nel caso di omessa traduzione dell'avviso di udienza camerale all'indagato, sia perché detto avviso non contiene ex lege l'enunciazione del fatto contestato e l'indicazione delle norme che si assumono violate, di guisa che non può ritenersi violato il diritto dell'indagato di poter comprendere l'accusa, sia perché la mancata traduzione dell'avviso non impedisce all'indagato di seguire il compimento degli atti ai quali intende partecipare. Inoltre, il diritto dell'indagato di presenziare all'udienza e rendere dichiarazioni al magistrato di sorveglianza non può ritenersi leso dalla mancata traduzione dell'avviso di udienza, trattandosi di diritto che discende direttamente dall'applicazione degli artt. 127, comma terzo, e 309, comma ottavo, c.p.p.

Cass. pen. n. 1496/1998

Avverso l'ordinanza con cui il Gip modificata l'imputazione, integrandola con la contestazione di una circostanza aggravante (nella specie, art. 80 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 sugli stupefacenti), è esperibile solo l'appello ex art. 309 c.p.p., e non la richiesta di riesame, atteso che tale ultimo rimedio è esperibile solo nei confronti dei provvedimenti dai quali scaturisce la limitazione della libertà personale, mentre tutti gli altri provvedimenti confermativi o modificativi rientrano tra le «ordinanze in materia di misure cautelari» cui si riferisce l'art. 310.

Cass. pen. n. 3600/1998

In tema di procedimento di riesame, nel termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p., non si computa il giorno iniziale, non avendo il legislatore previsto espressamente una deroga alla regola generale di cui all'art. 172 c.p.p., secondo cui nel termine non si computa il giorno in cui ne è iniziata la decorrenza.

Cass. pen. n. 3047/1998

La sanzione di inefficacia del provvedimento coercitivo, a causa dell'omessa trasmissione degli atti — ivi compresi quelli sopravvenuti a favore dell'indagato — da parte dell'autorità giudiziaria procedente non oltre il quinto giorno dall'avviso del presidente del tribunale, ha ad oggetto le sole attività investigative originariamente presentate dal pubblico ministero per gli atti assunti prima della richiesta, ma non rimessi alla valutazione del giudice per le indagini preliminari poste a fondamento dell'ordinanza applicativa, ovvero — se favorevoli all'indagato — espletate dopo l'adozione della misura e prima della scadenza del termine perentorio di cui all'art. 309, comma quinto, c.p.p.; mentre il comportamento omissivo del P.M. per gli atti assunti prima della richiesta, ma non rimessi alla valutazione del Gip, né tanto meno al tribunale del riesame, non determina la perdita di efficacia dell'ordinanza cautelare, esclusivamente correlata dall'ordinamento all'inutile decorso del termine all'uopo prescritto.

Cass. pen. n. 3019/1998

Il fatto che il pubblico ministero debba trasmettere prima al Gip e poi al tribunale del riesame i decreti autorizzativi che legittimano le intercettazioni, pena l'inutilizzabilità di esse, non comporta che il tribunale del riesame, dinanzi al quale nulla sia eccepito dalla parte, debba motivare sulla presunta carenza di motivazione dell'ordinanza autorizzatoria delle intercettazioni stesse. Ed invero, il procedimento penale è caratterizzato da una serie di situazioni potenzialmente causa di inutilizzabilità di atti, rispetto alle quali il giudice che nulla di irregolare rilevi ed avanti al quale nessuna eccezione sia sollevata, non è tenuto a motivare in negativo al fine di dar conto dell'accertamento della regolarità degli atti stessi. Ne consegue che non può per la prima volta essere proposta dinanzi alla Corte di cassazione la questione relativa alla valutazione della motivazione con la quale il Gip abbia accolto la richiesta di intercettazione del P.M.

Cass. pen. n. 2589/1998

Il tribunale del riesame è competente a conoscere, oltre alle questioni di legittimità e di merito dell'ordinanza cautelare, anche le cause sopravvenute di inefficacia dell'ordinanza medesima, in quanto sussiste l'esigenza di un'immediata pronuncia sullo status libertatis conseguente alla suddetta perdita di efficacia, sicché il giudice investito del riesame contro la misura cautelare ha il potere, oltre che di annullare o riformare l'ordinanza ai sensi dell'art. 309, comma nono, c.p.p., anche di dichiarare immediatamente l'inefficacia della misura a norma dell'art. 306 stesso codice. (Fattispecie in tema di conflitto tra Gip e tribunale del riesame in ordine alla competenza a dichiarare la perdita di efficacia dell'ordinanza dispositiva della misura coercitiva a seguito della intempestiva trasmissione degli atti ai sensi dell'art. 309, comma quinto, c.p.p.).

Cass. pen. n. 10/1998

Il termine di cinque giorni entro il quale l'autorità procedente deve trasmettere gli atti di cui all'art. 291 c.p.p. al tribunale del riesame a pena di inefficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva impugnata, decorre dal giorno in cui l'avviso del tribunale perviene a detta autorità procedente e non già dal giorno di trasmissione dell'avviso stesso. Invero l'espressione «dare avviso» ha l'inequivoco significato di portare a conoscenza del soggetto destinatario l'atto trasmesso, gli effetti del quale non possono prodursi se non dal momento dell'avvenuta ricezione del medesimo.

Cass. pen. n. 9/1998

È manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 309, comma ottavo, c.p.p., nella parte in cui non prevede, come obbligatoria, a pena di nullità, la comunicazione o informazione all'indagato, detenuto fuori della circoscrizione nella quale ha sede il tribunale del riesame, della facoltà di essere sentito dal magistrato di sorveglianza del luogo o di essere tradotto dinanzi al giudice del riesame, non sussistendo alcuna disparità di trattamento tra soggetti «ignoranti e non ignoranti» della disposizione in esame, in quanto di fronte alla norma tutti i consociati si trovano nella medesima condizione di conoscibilità di essa, né lo stato di ignoranza o di conoscenza, da parte del singolo, è situazione della quale l'ordinamento debba farsi carico con l'onere di indicazioni suppletive

In materia di riesame di misure cautelari personali l'indagato, detenuto in luogo esterno al circondario ove ha sede il tribunale competente a decidere, ha diritto alla traduzione per essere sentito davanti al magistrato di sorveglianza o a quello del riesame, a condizione che vi sia stata una sua esplicita richiesta in questo senso. L'indicazione di tale diritto nell'avviso di udienza non è prevista da alcuna disposizione, né la sua omissione può integrare una nullità, stante il principio di tassatività delle stesse che devono, peraltro, concernere l'inosservanza di disposizioni espressamente stabilite per gli atti del procedimento a norma dell'art. 177 c.p.p.

Cass. pen. n. 3392/1998

In tema di riesame di misure cautelari reali, la sanzione della perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva consegue solo alla mancata decisione nel termine di dieci giorni, e non anche alla mancata trasmissione degli atti da parte dell'autorità procedente al tribunale del riesame nel termine di cinque giorni, come accade in materia di misure cautelari personali, in quanto, per un difetto di coordinamento, dopo la novella introdotta con legge n. 332 del 1995, il richiamo, contenuto nel comma settimo dell'art. 324 c.p.p. ai commi nono e decimo dell'art. 309 stesso codice, deve intendersi fatto al testo previgente di detti due commi.

Cass. pen. n. 1795/1998

In tema di procedimento di riesame, la natura perentoria del termine di dieci giorni entro il quale il tribunale deve emettere la propria decisione, ai sensi dell'art. 309, comma decimo, c.p.p., non ha alcuna influenza sul metodo di calcolo del termine stesso, secondo il quale il dies a quo non si computa nel conteggio e la scadenza del termine in giorno festivo deve essere prorogata al giorno seguente non festivo.

Cass. pen. n. 2652/1998

Ai fini della perdita di efficacia del provvedimento che dispone la misura coercitiva per omessa decisione del tribunale sulla richiesta di riesame entro il decimo giorno dalla ricezione degli atti, deve farsi riferimento alla data di deliberazione, il cui dispositivo sia stato depositato in cancelleria, e non alla data di deposito dell'ordinanza, comprendente anche la motivazione.

Cass. pen. n. 2076/1998

In tema di trasmissione degli atti al tribunale del riesame, il dovere di comunicazione degli elementi su cui è fondata la misura può ritenersi soddisfatto nel caso in cui l'autorità procedente abbia tempestivamente segnalato che tutti gli atti relativi alla posizione del ricorrente sono già stati trasmessi a seguito di altra richiesta di riesame proposta da un diverso indagato. La trasmissione degli atti, infatti, non risponde all'esigenza di assicurare la conoscenza degli elementi di accusa da parte della difesa — conoscenza pienamente assicurata dal distinto istituto del deposito degli atti a seguito della esecuzione della ordinanza coercitiva, a norma dell'art. 293, comma secondo, c.p.p., come integrato dalla sentenza Corte cost. n. 192 del 1997 — ma a rendere effettiva la garanzia di un nuovo esame della questione cautelare, in tutti i suoi aspetti, dal tribunale del riesame.

Cass. pen. n. 11/1998

Ai fini della perdita di efficacia del provvedimento che dispone la misura coercitiva personale per omessa decisione del tribunale sulla richiesta di riesame entro il decimo giorno dalla ricezione degli atti, deve farsi riferimento alla data di deliberazione, il cui documento sia stato depositato in cancelleria, e non alla data di deposito dell'ordinanza, completa di tutti i suoi elementi, e quindi anche della motivazione che deve essere depositata entro cinque giorni dalla deliberazione, a norma dell'art. 128 c.p.p. L'eventuale inosservanza di tale ultimo termine, quantunque sfornita di sanzione processuale, espone i magistrati a responsabilità civile e disciplinare, oltre che, all'occorrenza, penale.

È manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 13, comma secondo e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 309, comma decimo, c.p.p., interpretato nel senso che è sufficiente ad evitare l'effetto caducatorio ivi previsto il deposito tempestivo del solo dispositivo dell'ordinanza di riesame; e ciò perché: 1) quanto al principio di eguaglianza, la norma citata non è caratterizzata da incertezza alcuna circa il termine di deposito dell'ordinanza (la cui eventuale elusione rappresenta una patologia giudiziaria sanzionabile civilmente, disciplinarmente e, all'occorrenza, anche penalmente), sicché non è ravvisabile in essa alcuna ingiustificata disparità di trattamento; 2) quanto al diritto alla libertà personale, non è ravvisabile alcuna violazione di esso, in quanto il legislatore, con una scelta discrezionale incensurabile, ha optato, nel procedimento di riesame, per una garanzia sostanziale del diritto di libertà, da ritenersi realizzata mediante il controllo giurisdizionale nel contraddittorio delle parti, da eseguire in un termine caducatorio correlato alla decisione del tribunale conclusiva del procedimento con carattere di assoluta certezza, così com'è certo anche il termine legale di deposito del provvedimento; 3) quanto al diritto di difesa, non solo non risulta dalla norma in discussione incertezza alcuna sul termine di deposito, fissato in cinque giorni, ma risulta anche ragionevolmente garantito il tempestivo esercizio del diritto di impugnazione dell'ordinanza del tribunale del riesame, con il predetto dies ad quem.

Cass. pen. n. 2130/1998

La mancata trasmissione al tribunale del riesame, nel termine previsto dall'art. 309, comma quinto, c.p.p., di atti che non siano stati prodotti dal P.M. all'atto della presentazione della richiesta del provvedimento cautelare al giudice per le indagini preliminari, ovvero di atti successivi che non contengano elementi favorevoli all'indagato, non determina l'inefficacia dell'ordinanza dispositiva della misura cautelare. E invero anche dopo la riforma concernente la disciplina delle formalità relative all'applicazione e alle impugnazioni delle misure cautelari personali, effettuata dalla legge 8 agosto 1995 n. 332, è rimasta immutata la facoltà riconosciuta alla pubblica accusa di non procedere a totale discovery delle fonti probatorie acquisite, fatto salvo l'obbligo di portare a conoscenza del giudice ogni elemento favorevole all'indagato, e qualsivoglia memoria o deduzione a sua difesa, in qualsiasi momento della procedura camerale acquisito, per tale dovendosi intendere ogni circostanza atta a contrastare in maniera assolutamente oggettiva l'ipotesi accusatoria e non qualsiasi elemento soggetto a opinabile valutazione.

Cass. pen. n. 335/1998

Ai fini della qualificazione di un atto giuridico processuale deve aversi riguardo alla volontà che risulta espressa dall'atto e alla caratterizzazione sia formale che sostanziale del medesimo. (Nell'affermare il principio la Corte di cassazione ha qualificato l'atto come istanza di revoca della misura della custodia cautelare in carcere e non già come richiesta di riesame per il fatto che l'istanza era diretta al giudice che procedeva ed era volta a stimolare un ulteriore apprezzamento delle esigenze cautelari e della adeguatezza della misura alla luce di norme di legge sopravvenute).

Cass. pen. n. 917/1998

Il termine di cinque giorni entro il quale, ai sensi dell'art. 309 comma 5 c.p.p., l'autorità giudiziaria procedente deve trasmettere, a pena di inefficacia della misura coercitiva impugnata, gli atti richiestigli al tribunale del riesame decorre dal momento in cui è pervenuta al suo ufficio la relativa richiesta e, in mancanza della prova specifica sulla data in cui la richiesta del giudice del riesame è pervenuta al P.M., la trasmissione deve ritenersi tempestiva, in quanto avvenuta dalla data in cui la richiesta presumibilmente pervenne al P.M. procedente, dal momento che l'attività amministrativa è assistita, in difetto di prova contraria, da una presunzione relativa di regolarità.

Cass. pen. n. 5473/1998

Nel giudizio di rinvio conseguente all'annullamento di un provvedimento del tribunale del riesame da parte della Corte di cassazione, non sono applicabili i termini perentori di cinque giorni per la trasmissione degli atti e di dieci giorni dalla trasmissione per la decisione, di cui all'art. 309, commi quinto e nono, c.p.p., atteso che tale articolo disciplina il procedimento nella fase del riesame immediatamente successiva all'emissione dell'ordinanza cautelare e non regola invece la fase del giudizio di rinvio. Pertanto il mancato rispetto dei detti termini non comporta la sanzione dell'inefficacia sopravvenuta del provvedimento cautelare prevista dal comma decimo del medesimo articolo.

Cass. pen. n. 883/1998

Le norme riguardanti la presentazione o spedizione dell'impugnazione prevedono, a pena di inammissibilità, forme particolari, atte a garantire non solo la ricezione, ma anche e soprattutto l'autenticità e la provenienza, per cui è inammissibile il gravame proposto a mezzo di telefax, poiché tale strumento tecnico, la cui utilizzazione non è prevista dalle norme in tema di impugnazione, non è comunque idoneo a garantirne la provenienza. (Fattispecie in tema di istanza di riesame ex art. 309, comma 4, c.p.p.).

Cass. pen. n. 453/1998

In tema di riesame delle misure cautelari, l'obbligo, previsto dal quinto comma dell'art. 309 c.p.p., di trasmettere tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini deriva dalla loro rilevanza a fini difensivi, evidenziata da chi vi abbia interesse; tale obbligo non sussiste qualora l'interessato abbia scelto di utilizzare gli elementi sopravvenuti in altra, autonoma, procedura. (Nella specie la documentazione medica relativa al ricovero dell'imputato era stata prodotta a sostegno della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare).

Cass. pen. n. 4498/1998

In tema di riesame di misure coercitive, la perdita di efficacia della misura, di cui al comma decimo dell'art. 309 c.p.p., consegue solo in caso di mancata trasmissione, in violazione del comma quinto dell'art. 309 del medesimo codice, di «tutti gli atti» presentati al giudice con la richiesta di applicazione della misura, mentre, quando al tribunale del riesame perviene solo parte degli atti, tale organo ha il dovere di valutare quelli tramessi e, se li ritiene insufficienti ai fini della giustificazione dell'adozione della misura, deve annullare l'ordinanza impugnata, con conseguente liberazione dell'imputato.

Cass. pen. n. 1575/1998

In tema di riesame, l'art. 309, comma quinto, c.p.p., così come sostituito dalla legge 8 agosto 1995 n. 332, dispone che l'autorità procedente, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'art. 291, comma primo, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini. Questi ultimi vanno ravvisati in elementi di natura oggettiva e, pertanto, non consistenti in posizioni difensive che si risolvano nella mera negazione delle tesi accusatorie o nella prospettazione di tesi alternative. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto elementi favorevoli, illegittimamente reputati inutili dal giudice di merito, i verbali di dichiarazioni rese dalla parte lesa e da altra persona informata dei fatti che avrebbero potuto incidere sulla valutazione sia degli indizi di colpevolezza, sia delle esigenze cautelari).

Cass. pen. n. 5737/1998

L'art. 309, comma 10, c.p.p., nel prevedere gli effetti della mancata “decisione” del tribunale del riesame entro il termine ivi richiamato, non si sovrappone all'art. 128, stesso codice, che contiene l'indicazione, in generale, del termine entro il quale ogni giudice deve far conoscere la motivazione del provvedimento adottato in camera di consiglio. È pertanto legittimo ritenere che l'osservanza della prima di dette disposizioni sia assicurata anche dalla sola pubblicazione, entro il termine predetto, del dispositivo decisorio, senza che ciò comporti alcun contrasto con i principi costituzionali e, segnatamente, con quello affermato nell'art. 13, comma 2, Cost., giacché esso si limita soltanto a subordinare la privazione della libertà personale ad un atto motivato dell'autorità giudiziaria, da adottarsi “nei casi e modi previsti dalla legge”.

Cass. pen. n. 4192/1998

L'inosservanza dell'art. 309, comma 4, c.p.p., nella parte in cui prescrive che la richiesta di riesame va presentata nella cancelleria del tribunale del riesame (disposizione richiamata anche per l'appello in materia cautelare dall'art. 310, comma 2, c.p.p.), non dà luogo a inammissibilità del gravame, non essendo questa espressamente prevista e non potendosi applicare il disposto dell'art. 591, comma 1, lett. c), nella parte in cui indica come causa di inammissibilità l'inosservanza dell'art. 582 c.p.p., proprio giacché la disciplina contenuta in detto ultimo articolo, per quanto riguarda il luogo di presentazione dell'impugnazione (cancelleria del giudice a quo), è derogata da quella dettata dal citato art. 309, comma 4.

Cass. pen. n. 4501/1998

In tema di riesame di misure coercitive, la perdita di efficacia della misura, di cui al comma decimo dell'art. 309 c.p.p., consegue solo in caso di mancata trasmissione, in violazione del comma quinto dell'art. 309 del medesimo codice, di «tutti gli atti» presentati al giudice con la richiesta di applicazione della misura, mentre, quando al tribunale del riesame perviene solo parte degli atti, tale organo ha il dovere di valutare quelli trasmessi e, se li ritiene insufficienti ai fini della giustificazione dell'adozione della misura, deve annullare l'ordinanza impugnata, con conseguente liberazione dell'imputato.

Cass. pen. n. 6235/1998

È illegittima la decisione del Tribunale del riesame che escluda la sussistenza di una circostanza aggravante (nella specie, dei motivi abietti) non rilevante ai fini della custodia cautelare.

Cass. pen. n. 5615/1998

Anche nel procedimento de libertate è legittima la motivazione per relationem che faccia riferimento alle ragioni esposte in altri provvedimenti, purché noti all'interessato, definitivi o ancora soggetti a impugnazione.

Cass. pen. n. 2393/1997

La mancata trasmissione al tribunale del riesame, da parte dell'autorità giudiziaria procedente, nel termine di cui al comma quinto dell'art. 309 c.p.p., dell'ordinanza applicativa della custodia cautelare non comporta la perdita di efficacia della misura.

Cass. pen. n. 4545/1997

In materia di riesame delle misure cautelari, per “autorità giudiziaria procedente”, deve intendersi quella che, attualmente procede, e, cioè, quella che al momento della richiesta, non solo è in possesso degli atti processuali di cui all'art. 291 primo comma c.p.p., ma anche di quegli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta ad indagini e che, parimenti, debbono essere trasmessi al Tribunale del riesame. Pertanto, il termine di cui all'art. 309 quinto comma c.p.p. decorre dalla data in cui la richiesta perviene all'autorità giudiziaria, come sopra intesa.

Cass. pen. n. 13/1997

Ai fini della caducazione automatica dell'ordinanza applicativa della misura cautelare prevista dall'art. 309, comma decimo, c.p.p., in riferimento al precedente comma quinto, e cioè allorché la trasmissione degli atti non avviene nel termine ivi previsto, si ha inosservanza del termine quando gli atti non pervengono nel termine medesimo al tribunale del riesame, a nulla rilevando che il loro invio sia avvenuto nei cinque giorni dall'avviso.

Cass. pen. n. 4065/1997

Nel procedimento camerale di cui agli artt. 309 e 310 c.p.p., l'audizione ex art. 127, terzo comma, dello stesso codice da parte del magistrato di sorveglianza dell'interessato che si trovi detenuto in un luogo posto fuori del circondario del tribunale competente è sostitutiva dell'intervento diretto in udienza e dunque parte integrante della stessa, per cui è regolata dalla medesima disciplina; ne deriva che l'omissione dell'avviso al difensore realizza una nullità generale ai sensi dell'art. 178 lett. c) c.p.p., da classificarsi tuttavia non fra quelle assolute bensì fra quelle a regime intermedio, perchè la presenza del difensore nel procedimento incidentale de libertate non è obbligatoria.

Cass. pen. n. 3419/1997

In materia di riesame delle misure cautelari, pure dopo le modifiche introdotte con la legge 8 agosto 1995, n. 332, spetta al pubblico ministero la scelta degli atti (o di alcune parti di essi) da presentare al giudice per le indagini preliminari ai sensi dell'art. 291 c.p.p. e la sanzione di nullità prevista dall'ultimo comma dell'art. 309 riguarda l'omessa trasmissione di tali atti e non di quelli (o delle parti non trasmesse) che il pubblico ministero abbia ritenuto di tenere «coperti» ai fini delle ulteriori indagini.

Cass. pen. n. 5670/1997

La perdita di efficacia della misura cautelare, prevista dall'art. 309, comma decimo, c.p.p. per il caso, fra gli altri, in cui non abbia avuto luogo nei termini prescritti la trasmissione al tribunale del riesame degli atti a suo tempo presentati dal pubblico ministero al giudice, ai sensi dell'art. 291, comma primo, c.p.p., non si verifica per il solo fatto che si sia dato luogo ad una trasmissione soltanto parziale degli atti summenzionati. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che l'effetto caducatorio potesse farsi derivare dalla mancata trasmissione delle dichiarazioni delle persone offese e dei referti medici, posto che il contenuto di tali atti era ricavabile dall'informativa di reato della polizia giudiziaria, regolarmente trasmessa).

Cass. pen. n. 4338/1997

In tema di procedimento in camera di consiglio, qualora l'interessato abbia richiesto di essere sentito prima dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo ove trovasi detenuto, sussiste l'obbligo di tale organo giudiziario di provvedere direttamente all'incombente, non potendo tale adempimento, che costituisce espletamento di attività giurisdizionale, essere delegato alla polizia penitenziaria. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva deciso — confermando la misura cautelare impugnata — nonostante l'indagato, detenuto in luogo diverso, fosse stato sentito dalla polizia penitenziaria alla quale il magistrato di sorveglianza «stante l'urgenza» aveva delegato l'audizione richiesta dall'interessato ai sensi dell'art. 127, terzo comma, c.p.p.).

Cass. pen. n. 3304/1997

In tema di riesame dei provvedimenti cautelari, la mancata trasmissione degli atti sui quali si fonda il provvedimento impugnato, è idonea a determinare nullità del procedimento di riesame e del provvedimento che lo conclude. Tuttavia tale effetto non si produce quanto tale omissione riguardi atti contenenti elementi di accusa che, pur citati nel provvedimento cautelare, risultino superflui ai fini della conferma della misura in ragione della presenza di altri elementi sui quali essa trova pieno fondamento. Nello stesso modo può essere irrilevante la omessa trasmissione di atti contenenti elementi a discarico, quando questi sarebbero comunque ininfluenti a fronte del quadro indiziario emergente da quelli trasmessi.

Cass. pen. n. 3497/1997

La proroga di diritto del termine, stabilito a giorni, che scada in giorno festivo non si applica ai termini dilatori computabili a giorni liberi come quello stabilito dall'art. 309 comma 8 c.p.p. per la notifica dell'avviso della data dell'udienza fissata per il riesame. Solo se anche il primo giorno della serie di tre unità minime previste fosse in ipotesi festivo bisognerebbe spostarne la decorrenza iniziale.

Cass. pen. n. 241/1997

In tema di procedimento di riesame, l'omessa trasmissione al tribunale della libertà, nel termine perentorio di cui al quinto comma dell'art. 309 c.p.p., dei decreti autorizzativi e degli altri atti relativi alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni comporta l'inefficacia del provvedimento cautelare solamente qualora il giudice per le indagini preliminari, in sede di adozione della misura, ovvero il tribunale, in sede di riesame, abbiano tenuto conto dei loro esiti quali elementi — soli o accompagnati da altri — da cui scaturiva la valutazione di gravità indiziaria richiesta dall'art. 273 c.p.p.; e ciò in base al principio generale secondo il quale ciò che non ha rilevanza processuale non può avere conseguenze processuali, restando comunque al di fuori del procedimento. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto legittima l'ordinanza del tribunale del riesame il quale, rilevata la mancata trasmissione del decreto autorizzativo e dei decreti di proroga delle intercettazioni telefoniche e ritenuta, pertanto, l'inutilizzabilità delle stesse, aveva comunque confermato nel merito, con motivazione diversa dall'ordinanza genetica, la misura cautelare che sui loro esiti si era basata).

Cass. pen. n. 4878/1997

Nei procedimenti camerali disciplinati dall'art. 127 c.p.p. (fra i quali rientra, per il richiamo contenuto nell'art. 310, comma primo, c.p.p., quello avente ad oggetto l'appello avverso ordinanze in materia cautelare), il mancato avviso, al difensore dell'interessato, dell'udienza fissata dal magistrato di sorveglianza per l'audizione dell'interessato stesso (quando costui sia detenuto o internato in luogo non compreso nella circoscrizione del giudice procedente), può dar luogo soltanto a nullità non assoluta, soggetta, come tale, fra l'altro, alla disciplina dettata dall'art. 182 c.p.p. Detta nullità, pertanto, in quanto afferente ad atto cui la parte ha (necessariamente) assistito, va eccepita, a pena di decadenza, prima del compimento dell'atto medesimo o, al più tardi, immediatamente dopo.

Cass. pen. n. 2025/1997

La perdita di efficacia della misura conseguente all'omessa trasmissione nel termine di cinque giorni degli atti al tribunale del riesame secondo quanto previsto dal quinto comma dell'art. 309 c.p.p., è riferibile esclusivamente agli atti inviati a suo tempo al Gip con la richiesta di emissione della misura. La omessa trasmissione, unitamente a tali atti, di atti successivi o diversi, atterrà eventualmente alla regolarità della procedura e alla utilizzabilità delle prove, ma non innesta il meccanismo di perdita di efficacia del provvedimento restrittivo sancito dall'art. 309 c.p.p. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha ritenuto ininfluente la trasmissione tardiva della documentazione relativa alle notifiche e agli avvisi di deposito al difensore, non essendo peraltro in discussione la mancata conoscenza da parte dell'indagato del provvedimento restrittivo e la relativa prova).

Cass. pen. n. 1990/1997

La proroga del termine stabilito a giorni, che scada il giorno festivo, di cui all'art. 172 comma terzo c.p.p., si applica anche al termine dilatorio di tre giorni stabilito per la notifica dell'avviso della data dell'udienza fissata per il riesame dall'art. 309 comma ottavo c.p.p.: tale termine, infatti, è stabilito essenzialmente a garanzia dell'esercizio dei diritti della difesa, ed in particolar modo della facoltà del difensore di esaminare gli atti depositati in cancelleria e di estrarne copia.

Cass. pen. n. 4228/1997

Qualora l'indagato abbia lamentato, dinanzi al tribunale del riesame, l'inadeguatezza, ai fini di una compiuta valutazione giudiziale, della trasmissione in forma riassuntiva, e non nella loro integrità, di verbale di interrogatorio formato dal P.M., è illegittima la decisione del tribunale medesimo che, anziché disporre l'acquisizione dell'atto nella sua versione integrale, ne giustifichi quella avvenuta in forma riassuntiva con le difficoltà tecniche della trascrizione integrale, incompatibile con la ristrettezza dei termini caratterizzanti il procedimento di riesame. (In motivazione, la S.C. ha osservato che in ogni caso tale omissione non comporta l'automatica perdita di efficacia della misura, in quanto integra un difetto di motivazione che comporta l'annullamento in parte qua dell'ordinanza impugnata, con rinvio al medesimo giudice e obbligo per quest'ultimo di formulare una nuova valutazione dopo aver acquisito l'atto nella sua integrità).

Cass. pen. n. 2237/1997

Ai fini dell'osservanza del termine di cinque giorni entro il quale, ai sensi dell'art. 309, comma 5, c.p.p., deve aver luogo la «trasmissione degli atti» da parte dell'autorità giudiziaria procedente al tribunale del riesame, è sufficiente che prima della scadenza del detto termine si provveda all'invio degli atti medesimi, nulla rilevando che questi pervengano poi al tribunale a termine già scaduto.

Cass. pen. n. 1419/1997

In materia di riesame delle misure cautelari, la qualificazione di «sopravvenuti» (quinto comma dell'art. 309 c.p.p.), si riferisce ad elementi non conosciuti al momento dell'istanza ex art. 291 primo comma c.p.p., e ricomprende anche gli elementi venuti a conoscenza del P.M. dopo la scadenza del termine di cinque giorni, di cui al citato art. 309 quinto comma c.p.p.

Cass. pen. n. 1006/1997

In materia di riesame delle misure cautelari, per il combinato disposto di cui agli artt. 127 comma terzo, 309 c.p.p. e 101 comma secondo att., la sospensione della decorrenza del termine di cui all'art. 309 comma decimo è disposta nell'esclusivo interesse dell'imputato - detenuto o internato in un luogo posto fuori della circoscrizione del giudice -, ad essere sentito, e che ne abbia fatta richiesta; la sospensione stessa non viene caducata ex tunc, dalla sopravvenuta impossibilità di sentire l'imputato fuori della circoscrizione del tribunale; e il termine, nel caso in cui ciò si verifica, incomincia a decorrere dal momento in cui perviene tale notizia al giudice del riesame.

Cass. pen. n. 950/1997

In materia di riesame delle misure cautelari personali qualora il provvedimento coercitivo venga impugnato dal solo indagato, l'avviso dell'udienza va notificato ad entrambi i difensori di fiducia cui l'indagato ha diritto; qualora invece il riesame sia richiesto dal difensore — avente personale diritto all'impugnativa — l'avviso dell'udienza in camera di consiglio va notificato (in caso di assistenza da parte di due difensori), solo a quello che abbia sottoscritto la richiesta, quale «parte» nel procedimento. L'altro difensore, tuttavia, pur senza aver diritto all'avviso, può comparire, ed in tal caso la sua mancata audizione comporta una nullità ex art. 178 lett. c) c.p.p.

Cass. pen. n. 1551/1997

Nel caso in cui l'impugnazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari sia stata presentata in data anteriore alla entrata in vigore della legge modificatrice della competenza, ma il giudice investitone non abbia, prima di tale data, iniziato la trattazione, si rendono applicabili le norme della nuova legge.

Cass. pen. n. 1281/1997

In materia di riesame delle misure cautelari, con riferimento all'obbligo di trasmissione degli atti (art. 309 quinto comma), deve ritenersi che al P.M. o al Gip non spetti nessun potere di selezione degli atti al fine di giustificare tagli arbitrari che pregiudicano, dal punto di vista materiale, la pienezza del contenuto della documentazione e, sotto il profilo del giudizio, la sua globale valenza espressiva e rappresentativa. Ed a tale valenza deve essere informato il giudizio del tribunale del riesame sicché esso è precluso laddove la manchevole trasmissione degli atti non consenta l'informazione completa in ordine a quegli atti depositati ai sensi dell'art. 291 e valutati dal Gip al fine dell'emissione della misura. La mancata trasmissione nei termini degli atti preclude in radice ogni potere del giudice del riesame e non consente il permanere in vita della stessa misura.

Cass. pen. n. 463/1997

La decisione emessa in sede di riesame con la quale si prendano in considerazione nello sviluppo della motivazione le posizioni processuali di più indagati che hanno proposto autonomi ricorsi, sotto nessun profilo può ritenersi equivalente ad un provvedimento formale di riunione e perciò regolato dall'art. 19 c.p.p.

Cass. pen. n. 1270/1997

Deve essere escluso che possa considerarsi elemento favorevole sopravvenuto, ai sensi dell'art. 309 comma quinto c.p.p., l'interrogatorio di garanzia, nel quale l'indagato si limiti a contrastare il fondamento degli addebiti mossigli e che dunque si produca la perdita di efficacia del provvedimento cautelare (ai sensi dell'art. 309 comma dieci c.p.p. come modificato dalla legge n. 332 del 1995), per effetto della mancata trasmissione del relativo processo verbale. L'interrogatorio, infatti, non è atto che per sua natura porti costantemente elementi a supporto della difesa, potendo in astratto contenere una confessione, o un alibi smentito da altri dati certi che si risolve in danno per l'indagato, o la menzione di circostanze che, alla luce di altre, aggravano il quadro indiziario.

Cass. pen. n. 131/1997

Il tribunale del riesame può confermare il provvedimento restrittivo anche per motivi diversi da quelli addotti dal giudice, ma tale potere confermativo non può essere esercitato nel caso in cui il provvedimento risulti radicalmente nullo. In siffatta ipotesi il tribunale del riesame ha l'obbligo di provvedere esclusivamente alla pronunzia di nullità dell'atto, non essendo configurabile un provvedimento «sostitutivo» in ordine all'emissione di un valido provvedimento (v. ordinanza della Corte costituzionale n. 101 del 1996). La violazione degli obblighi di motivazione previsti dall'art. 292 c.p.p. determina nullità e poiché la legge 8 agosto 1995 n. 332 ha reso più articolati e cogenti tali obblighi, il tribunale della libertà dovrà rilevare la nullità del provvedimento anche con riferimento a carenze motivazionali relative a singoli elementi. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha però escluso, rigettando il ricorso, che costituisse violazione dell'obbligo di motivare in ordine alla inadeguatezza di misure meno afflittive la implicita valutazione di tale inadeguatezza derivante dal ripristino della custodia cautelare in carcere con riferimento al reato di evasione dagli arresti domiciliari).

Cass. pen. n. 603/1997

La sentenza della Corte costituzionale n. 45 del 31 gennaio 1991, nel ritenere che l'ottavo comma art. 309 in relazione al terzo comma dell'art. 127 c.p.p. vada interpretato nel senso che non è vietata la comparizione dell'indagato ove ne sia stata fatta richiesta o anche d'ufficio, non ha inteso riconoscere all'interessato — detenuto fuori della circoscrizione — il pieno diritto ad essere sentito dal giudice del riesame fuori dell'ipotesi in cui siano prese in considerazione questioni di fatto concernenti la condotta dell'indagato nelle quali egli voglia interloquire per contestare le risultanze probatorie o indicare circostanze a lui favorevoli. Resta, infatti, ferma la facoltà del giudice di disattendere istanze di audizione formulate genericamente o defatigatorie senza violazione del diritto alla difesa, riconosciuto dall'art. 24 della Corte costituzionale, ma suscettibile di subire adattamenti ed anche restrizioni qualora giustificati da altre disposizioni o principi di rango costituzionale, quali ragioni di sicurezza o economia processuale.

Cass. pen. n. 278/1997

Deve ritenersi osservato il disposto di cui all'art. 309, comma quinto, c.p.p., nella parte in cui prescrive la trasmissione entro cinque giorni, da parte dell'autorità procedente al tribunale del riesame, degli atti a suo tempo presentati a norma dell'art. 291, comma primo, c.p.p., nel caso in cui, entro il termine anzidetto, il pubblico ministero, quale autorità procedente, senza dar luogo alla trasmissione degli atti in questione, comunichi che i medesimi sono già stati inviati allo stesso tribunale a seguito di altra richiesta di riesame avanzata da un coimputato. Verificandosi detta ipotesi, il termine di dieci giorni entro il quale il tribunale deve poi adottare la propria decisione decorre dalla data della suddetta comunicazione e non da quella del precedente invio degli atti.

Cass. pen. n. 350/1997

In materia di termini per l'impugnazione, la norma contenuta nell'art. 585, comma terzo, c.p.p., secondo cui, quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo, non trova applicazione con riferimento al termine di dieci giorni previsto dall'art. 309 c.p.p. per la proposizione della richiesta di riesame, atteso che la diversa decorrenza, ivi prevista, di detto termine per l'imputato e per il difensore è correlata non ad un fatto univoco ed omogeneo per entrambi i soggetti legittimati, suscettibili peraltro di concretarsi in tempi diversi, ma ad eventi tipologicamente diversi (rispettivamente, esecuzione o notificazione dell'ordinanza che dispone la misura e notificazione dell'avviso di deposito della medesima), il che rivela l'intenzione del legislatore di istituire regimi di impugnabilità differenziati in relazione ai vari soggetti considerati.

Cass. pen. n. 2921/1996

In tema di misure cautelari coercitive la proposizione dell'impugnazione, esattamente qualificata dalla parte come richiesta di riesame, a giudice incompetente, con il conseguente deposito nella cancelleria di quest'ultimo, configura un errore di presentazione dell'impugnazione, che gli artt. 309, comma settimo, 582 e 591 c.p.p. colpiscono con la sanzione della inammissibilità.

Cass. pen. n. 4713/1996

Il giudice competente a pronunciarsi sulla revoca della misura cautelare — e quello adito in sede di appello sulla medesima questione — non incontra alcuna preclusione, quanto all'accertamento della carenza originaria e preesistente di indizi o di esigenze cautelari, nella mancata tempestiva impugnazione dell'ordinanza cautelare con la richiesta di riesame o il ricorso diretto per cassazione; l'efficacia preclusiva (limitata allo stato degli atti ed alle questioni dedotte) del cosiddetto giudicato cautelare, infatti, può conseguire esclusivamente alle decisioni, non impugnate, adottate dal tribunale ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p. in sede di esame o di appello, ovvero alle pronunce della Corte di cassazione rese nel procedimento incidentale de libertate.

Cass. pen. n. 4482/1996

In tema di riesame dei provvedimenti cautelari personali, l'art. 309 comma 5 c.p.p. nel prevedere gli obblighi di trasmissione di atti al tribunale della libertà, fa riferimento agli atti presentati a norma dell'art. 291 comma primo c.p.p., articolo che, oltre agli elementi favorevoli all'imputato, indica esplicitamente le deduzioni e memorie difensive già depositate. Nel caso in cui, dichiarata inefficace una misura di custodia, il Gip prima di disporla nuovamente a norma dell'art. 302 comma secondo, riceva atti difensivi in corso o al termine dell'interrogatorio, questi, se non ne fanno parte integrante, devono intendersi quali deduzioni e memorie difensive e perciò devono essere trasmesse al tribunale del riesame entro il termine indicato dall'art. 309 comma quinto c.p.p. pena la perdita di efficacia della misura.

Cass. pen. n. 2999/1996

Il pubblico ministero nel richiedere l'adozione di una misura coercitiva non è tenuto ex art. 291, comma primo, c.p.p. a trasmettere al giudice determinati specifici atti, ma solo quelli che egli stesso ritiene opportuno porre a fondamento della propria istanza: il giudice pertanto in posizione di terzietà dovrà decidere sulla loro sufficienza. Conseguentemente in sede di riesame (salvo gli elementi sopravvenuti a favore dell'indagato) dovranno essere trasmessi al tribunale esclusivamente quegli atti che il pubblico ministero abbia sottoposto al Gip. (Affermando siffatti principi la Cassazione ha escluso che la mancata trasmissione al Gip ed al tribunale del riesame dell'interrogatorio comportasse l'inefficacia dell'applicata misura della custodia cautelare).

Cass. pen. n. 5536/1996

Sono immediatamente impugnabili, ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., le ordinanze in materia di libertà personale, anche se contestuali alla sentenza o addirittura materialmente in essa contenute; e ciò sia perchè i rimedi del riesame e dell'appello dinanzi al cosiddetto tribunale della libertà sono esperibili contro tutti i provvedimenti adottati da qualsiasi giudice in materia di misure cautelari personali nella fase delle indagini preliminari e in quelle successive, sia in considerazione dell'autonomia concettuale del procedimento incidentale de libertate da quello avente ad oggetto la decisione sul merito dell'impugnazione.

Cass. pen. n. 5497/1996

In tema di procedimento di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva, l'omesso avviso ai difensori di fiducia della data e del luogo in cui l'indagato, detenuto in luogo posto fuori della circoscrizione del tribunale del riesame, doveva essere sentito, su sua richiesta, dal magistrato di sorveglianza del luogo, integra una nullità di ordine generale, ma non assoluta, e cioè a regime intermedio, che deve essere eccepita a norma dell'art. 182 c.p.p., quanto meno immediatamente dopo il compimento dell'atto.

Cass. pen. n. 2704/1996

In tema di riesame delle misure cautelari, l'obbligo di trasmettere tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini deriva dalla loro rilevanza ai fini difensivi, evidenziata da chi vi abbia interesse; in mancanza di tale evidenziazione, l'omessa trasmissione degli elementi sopravvenuti non comporta di per sé la violazione del comb. disp. artt. 309, comma quinto, e 291, comma primo, c.p.p.

Cass. pen. n. 3310/1996

Avendo l'art. 16 della legge 8 agosto 1995, n. 332 trasformato da «meramente ordinatorio» a «perentorio» il termine previsto per la trasmissione degli atti da parte del pubblico ministero (art. 309, commi quinto e decimo c.p.p.) — i decreti autorizzativi delle intercettazioni devono essere allegati non solo agli atti trasmessi al Gip a fondamento della richiesta della misura cautelare, ma anche — successivamente — al tribunale in sede di riesame (o di appello ex art. 310 c.p.p.), a pena di inutilizzabilità rilevabile d'ufficio delle conversazioni intercettate (sempreché il procedimento di riesame di svolga in epoca successiva all'entrata in vigore della novella citata), entro e non oltre il «quinto giorno» indicato dal menzionato comma quinto dell'art. 309 c.p.p.

Cass. pen. n. 5600/1996

Avuto riguardo alla portata generale della regola dettata dall'art. 627, comma secondo, c.p.p., secondo cui «il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le limitazioni stabilite dalla legge», deve ritenersi che, in materia di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari, trovi applicazione, anche in sede di rinvio, il disposto di cui all'art. 309, c.p.p., nella parte in cui prevede che il tribunale addotti la propria decisione «anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza» e, quindi, necessariamente, avendo riguardo alla situazione attuale, quale emergente anche dai detti elementi, sempre che, naturalmente gli stessi, in quanto non incidenti sulla originaria legittimità del provvedimento custodiale, non debbano trovare la loro naturale collocazione nell'ambito di una richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare, da proporsi ai sensi dell'art. 299 c.p.p. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha ritenuto legittimo il provvedimento del tribunale del riesame che, in sede di rinvio a seguito di annullamento per mancata motivazione sulle esigenze cautelari, aveva confermato l'ordinanza custodiale sulla base della situazione attuale, quale emersa dalla nuova udienza di trattazione).

Cass. pen. n. 5104/1996

Le norme che disciplinano la competenza territoriale trovano applicazione nel procedimento, in mancanza di diversa previsione transitoria, secondo il principio del tempus regit actum, ma non determinano lo spostamento della competenza che si sia già radicata. Per tale ragione perciò deve trovare immediata applicazione la previsione contenuta nel D.L. 10 maggio 1996, n. 250, successivamente reiterato, secondo la quale la competenza del tribunale del riesame è attribuita al tribunale del luogo ove ha sede la corte d'appello, ma tale norma non è riferibile alle richieste di riesame presentate prima della sua entrata in vigore e pendenti a tale momento poiché la presentazione della richiesta ha radicato la competenza territoriale secondo i criteri anteriormente vigenti.

Cass. pen. n. 3162/1996

La mancata trasmissione al tribunale del riesame degli «elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta ad indagini», prescritta dal quinto comma dell'art. 309 c.p.p., non determina la perdita di efficacia della misura cautelare, in quanto il successivo decimo comma limita tale conseguenza esclusivamente alla mancata trasmissione degli elementi su cui si è fondata la richiesta del pubblico ministero (art. 291, primo comma, c.p.p.); tuttavia, poiché dalla predetta omissione discende un'evidente lesione del diritto di difesa, ne consegue una nullità che, non rientrando tra quelle assolute, è comunque soggetta alla disciplina delle nullità generali di tipo intermedio. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva deciso nonostante la mancata trasmissione del verbale dell'interrogatorio reso al giudice per le indagini preliminari dalla persona sottoposta alla misura cautelare).

Cass. pen. n. 2950/1996

Poiché, in base all'art. 309, comma nono, c.p.p., il tribunale del riesame può confermare il provvedimento impugnato «per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso», deriva che la motivazione del tribunale è idonea a integrare e completare l'eventuale insufficienza o carenza di motivazione dell'ordinanza applicativa della misura, così da sanare, in tal caso, la nullità derivante dalla mancata osservanza dell'art. 292, comma secondo, lett. c), c.p.p.

Cass. pen. n. 4818/1996

Alla stregua della nuova formulazione dei commi quinto e decimo dell'art. 309 c.p.p., introdotta dall'art. 16 della legge 8 agosto 1995 n. 332, mentre deve tuttora escludersi che debbano essere trasmessi al tribunale del riesame atti a suo tempo non presentati dal pubblico ministero a sostegno della richiesta di misura cautelare, ex art. 391 c.p.p., ovvero atti espletati successivamente, quando non contengano elementi sopravvenuti a favore dell'indagato, deve ritenersi non più consentito posticipare la decorrenza del termine perentorio di dieci giorni, entro il quale deve intervenire la decisione del tribunale, dalla data in cui pervengono gli atti trasmessi a norma del comma quinto a quella di acquisizione di eventuali ulteriori atti di cui il tribunale medesimo abbia ritenuto necessaria l'acquisizione.

Cass. pen. n. 2201/1996

In materia di riesame dei provvedimenti cautelari, l'autorità giudiziaria procedente deve trasmettere al tribunale del riesame tutti gli atti a suo tempo trasmessi con la richiesta di emissione della misura e non gli è consentito fare alcuna selezione o cernita. Tra tali atti rientrano anche i decreti di autorizzazione e proroga delle intercettazioni telefoniche e la stessa richiesta di emissione della misura. La incompleta trasmissione degli atti nel termine tassativo previsto dall'art. 309 comma quinto c.p.p., determina non la nullità del conseguente provvedimento, ma la perdita di efficacia della misura che deve essere fatta valere ex art. 306 e solo avverso l'eventuale diniego può essere proposto appello ai sensi dell'art. 311 e successivo ricorso per cassazione. Quando tuttavia le ragioni della perdita di efficacia della misura vengano fatte valere insieme ad altri motivi di impugnazione per i quali sia esperibile il ricorso per cassazione, il giudice di legittimità deve valutare anche il profilo attinente alla perdita di efficacia della misura.

Cass. pen. n. 3055/1996

In tema di riesame avverso i provvedimenti restrittivi della libertà personale, il termine di tre giorni previsto dall'art. 309 comma ottavo c.p.p., essendo stabilito con riferimento al momento finale, va computato ex art. 172, comma quinto, c.p.p., perciò a giorni liberi e interi. Quando in udienza si faccia rilevare la sua violazione, la parte non ha diritto ad un nuovo termine di tre giorni, ma all'integrazione fino a quello minimo previsto dalla legge.

Cass. pen. n. 2070/1996

zioni Unite, , 22 ottobre 1996, n. 16, , (c.c. 19 giugno 1996), Di Francesco.
Il giudice del riesame, in sede di rinvio, non è vincolato all'esame di quanto ritenuto e valutato dal giudice che ha applicato la misura, essendo giudice di merito senza limiti di devoluzione, a differenza di quello di appello, secondo le previsioni dell'art. 309, comma primo e sesto, c.p.p., ed avendo la possibilità di confermare il provvedimento impugnato anche per ragioni diverse da quelle indicate nella sua motivazione (art. 309, comma nono seconda parte, c.p.p.). Ciò implica che il giudizio di riesame non è limitato dal cosiddetto giudicato cautelare ma, anzi, è idoneo a formularlo. Al giudice del riesame, poi, che può decidere anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza, non è preclusa l'utilizzazione di un atto acquisito dopo il provvedimento di custodia e prodotto dal P.M. per contrastare le ragioni della difesa

Cass. pen. n. 2006/1996

La natura pienamente devolutiva del riesame demandato al tribunale della libertà comporta la completa integrazione del provvedimento originario con quello emesso dal tribunale. Ciò comporta da una parte che la rilevata nullità del provvedimento del tribunale della libertà in sede di ricorso per cassazione non determina la riviviscenza dell'ordinanza impositiva o la necessità di esaminare le argomentazioni della prima non analizzate o recepite dalla seconda, dall'altra parte impone al tribunale della libertà, quando rilevi motivi di nullità derivanti da carenze di motivazione dell'ordinanza, di procedere all'integrazione della motivazione e non di dichiarare, se non in via del tutto incidentale e transitoria, la nullità dell'ordinanza impositiva. Tale regime non è stato modificato dalla L. 8 agosto 1995, n. 332, che pure ha maggiormente definito, sanzionandoli con la nullità, gli obblighi di motivazione che incombono al giudice nell'emettere l'ordinanza e impone di dichiararne la nullità in sede di appello o di ricorso per saltum.

Cass. pen. n. 7/1996

La disposizione di cui al decimo comma dell'art. 309 c.p.p., secondo la quale l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde immediatamente efficacia se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, deve essere intesa nel senso che è necessario e sufficiente, perché non si produca l'automatico effetto caducatorio, che entro il decimo giorno dalla ricezione degli atti il tribunale abbia deliberato in merito alla richiesta medesima ed abbia, inoltre, provveduto al deposito del dispositivo: mediante tale deposito, infatti, si rende certo, per gli interessati, che la decisione - con quel determinato, irreversibile contenuto - è intervenuta nel termine e si rende altresì possibile l'adozione degli eventuali conseguenti provvedimenti; la motivazione dell'ordinanza di riesame, viceversa, in applicazione della norma generale sul procedimento camerale di cui all'art. 128 c.p.p., può essere depositata, senza influenza alcuna sull'efficacia della misura, nel termine ordinatorio - la cui osservanza è tuttavia doverosa per il giudice ai sensi dell'art. 124 c.p.p. - dei cinque giorni successivi alla deliberazione predetta.

Cass. pen. n. 6/1996

L'inosservanza del termine per la notifica dell'avviso dell'udienza di riesame, di cui all'ottavo comma dell'art. 309 c.p.p., integra una nullità di ordine generale a norma dell'art. 178, primo comma, lett. c), c.p.p., che si propaga, ai sensi dell'art. 185 dello stesso codice, all'ordinanza emessa dal tribunale, all'annullamento della quale, tuttavia, non essendo la presente nullità equiparabile in alcun modo all'inesistenza del provvedimento, non consegue la perdita di efficacia della misura coercitiva ai sensi dell'art. 309, decimo comma, c.p.p.

Cass. pen. n. 3532/1996

In tema di riesame avverso ordinanza applicativa di misura cautelare fondata, per quanto riguarda i gravi indizi di colpevolezza, su dichiarazioni accusatorie di coimputati o coindagati, il tribunale del riesame, in presenza di specifiche allegazioni probatorie contrastanti gli elementi valutati nella suddetta ordinanza quali riscontri estrinseci alle dichiarazioni in questione, ha l'onere di motivare puntualmente sulle ragioni che lo hanno portato a disattendere le suindicate allegazioni.

Cass. pen. n. 16/1996

Al giudice per le indagini preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare ai sensi dell'art. 292 c.p.p., ed al tribunale, in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., è consentito modificare la qualificazione giuridica data dal pubblico ministero al fatto per cui si procede. (Nell'occasione la Corte, premesso che, in applicazione del principio di legalità, al giudice è consentito sempre - e quindi anche nell'udienza preliminare - attribuire la corretta qualificazione giuridica al fatto descritto nell'imputazione, senza che ciò incida sull'autonomo potere di iniziativa del pubblico ministero, che rileva esclusivamente sotto il diverso profilo dell'immutabilità della formulazione del fatto inteso come accadimento materiale, ha altresì precisato come la predetta facoltà spetti al tribunale anche in sede di riesame o di appello avverso le misure cautelari adottate, successivamente al rinvio a giudizio, dagli organi competenti a provvedere de libertate ai sensi degli artt. 279 c.p.p. e 91 att. c.p.p., fermo restando che pure in tali ipotesi l'eventuale correzione del nomen iuris non può avere effetti oltre il procedimento incidentale).

I rimedi del riesame e dell'appello dinanzi al «tribunale della libertà» sono esperibili contro tutti i provvedimenti cautelari comunque adottati da qualsiasi giudice, sia nella fase delle indagini preliminari, sia in quelle successive.

Cass. pen. n. 2783/1996

Ai fini della validità di un verbale, ai sensi dell'art. 142 c.p.p., a nulla rileva che le sottoscrizioni del dichiarante e del pubblico ufficiale redigente non risultino anche sulla copia depositata dal competente ufficio in prossimità dell'udienza dinanzi al tribunale del riesame, sia perché è sufficiente che le sottoscrizioni siano presenti nell'originale del verbale, sia perché è lecito eliminare l'indicazione delle sottoscrizioni del dichiarante e del pubblico ufficiale redigente nelle copie degli atti depositate ai sensi dell'art. 309, comma 8, c.p.p. presso la cancelleria del tribunale del riesame.

Cass. pen. n. 2264/1996

Qualora il provvedimento oggetto di riesame non sia stato trasmesso al giudice competente a decidere sulla relativa istanza dalla cancelleria del giudice a quo, il termine previsto per la decisione, a pena di inefficacia dell'ordinanza che dispone la misura, decorre dal giorno in cui, a seguito di istanza del giudice ad quem, il provvedimento stesso sia pervenuto al suo ufficio, a nulla rilevando che fosse stato già allegato in copia dall'interessato, stante il chiaro disposto di cui all'art. 100 att. c.p.p. (Fattispecie in tema di sequestro).

Cass. pen. n. 3/1996

L'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni ha rilievo anche nel procedimento cautelare, poiché la sanzione processuale colpisce i risultati viziati del mezzo di ricerca della prova in quanto tali, in qualunque sede si intenda impiegarli, donde la conseguenza che, in sede di richiesta della misura cautelare il pubblico ministero ha, verso il Gip, l'obbligo di allegare i decreti autorizzativi delle intercettazioni e, nel procedimento di riesame o di appello, il giudice a quo ha lo stesso obbligo verso il tribunale e, in caso di sua inosservanza, il Gip nel primo caso e il tribunale della libertà nel secondo devono disporne l'acquisizione. Ne deriva che, in caso di riesame, il termine perentorio di cui all'art. 309, comma nono, c.p.p., decorre dalla data di arrivo di tali decreti al tribunale. (Fattispecie relativa a procedimento di riesame di misura cautelare conclusosi prima dell'entrata in vigore dell'art. 16 della legge n. 332 del 1995 che ha trasformato in perentorio il termine ordinatorio dell'art. 309, comma quinto, c.p.p.; per essa, la S.C. ha ritenuto l'applicabilità, in forza del principio tempus regit actum, della disciplina anteriore a tale legge).

Cass. pen. n. 2186/1996

Il mancato rispetto del termine entro il quale, ai sensi dell'art. 309 commi 9 e 10, deve intervenire la decisione del tribunale della richiesta di riesame, non determina la nullità dell'ordinanza impositiva della misura cautelare, ma soltanto la immediata perdita di efficacia della medesima, la quale va fatta valere, in fase di indagini preliminari, a norma dell'art. 306 c.p.p. L'impugnazione in sede di legittimità dell'ordinanza del tribunale del riesame con la quale sia stato confermato il provvedimento applicativo della misura non può, quindi, avere direttamente ad oggetto la situazione predetta, essendo la stessa deducibile solo previo esperimento dell'appello, ai sensi dell'art. 310 c.p.p., avverso la decisione eventualmente sfavorevole adottata dal Gip.

Cass. pen. n. 1310/1996

In tema di riesame delle misure coercitive a seguito della modifica introdotta dall'art. 16 della L. 8 agosto 1995 n. 332, il termine di cinque giorni, previsto dall'art. 309, comma 5, c.p.p. e relativo all'obbligo di trasmissione, da parte dell'Autorità giudiziaria procedente al tribunale del riesame degli atti di cui all'art. 291 c.p.p. comma 1, ha natura perentoria. Ne consegue che l'inosservanza di tale termine è sanzionata con la perdita di efficacia della misura impugnata ai sensi dell'art. 309 comma 10 c.p.p.

Cass. pen. n. 1306/1996

In tema di riesame, in mancanza di un'espressa disciplina intertemporale dei procedimenti in corso, l'applicabilità del principio generale tempus regit actum comporta, da un canto, che il presidente del tribunale del riesame non è tenuto a rinnovare all'Autorità giudiziaria procedente l'avviso di cui all'art. 309, comma 5, c.p.p., pervenuto alla stessa prima dell'entrata in vigore della L. 8 agosto 1995, n. 332; dall'altro, che, a fronte di un avviso già inoltrato, in virtù del quale l'Autorità medesima debba trasmettere al tribunale gli atti presentati a norma dell'art. 291, comma 1, c.p.p., nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore dell'indagato, a tale onere dovrà darsi esecuzione nel termine di cinque giorni, decorrenti dalla data di entrata in vigore della disciplina di cui alla L. n. 332/1995, che è di immediata applicazione ai procedimenti suddetti. (Fattispecie nella quale la S.C. ha respinto la tesi del ricorrente P.M., secondo cui il termine di cinque giorni dovrebbe decorrere solo se all'avviso dato all'Autorità procedente prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, altro ne segua, successivo ad essa).

Cass. pen. n. 5/1996

Nel giudizio di rinvio conseguente all'annullamento di un provvedimento del tribunale del riesame da parte della Corte di cassazione, non è applicabile la disposizione di cui all'art. 309, decimo comma, c.p.p., secondo la quale l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde immediatamente efficacia se la decisione sulla richiesta non interviene entro il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti.

Cass. pen. n. 4736/1996

In tema di presentazione della richiesta di riesame, il rinvio «alle forme» previste dall'art. 582 c.p.p., effettuato dal comma 4 dell'art. 309 c.p.p. - applicabile, ai sensi dell'art. 310, comma 2, c.p.p., anche al procedimento d'appello - ricomprende anche la disposizione contenuta nel comma 2 del predetto art. 582, in virtù della quale sia le parti private, sia i difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella cancelleria della pretura del luogo in cui si trovano, se tale luogo, però, è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento; ne deriva che, qualora il provvedimento impugnato sia stato emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale, devono considerarsi inammissibili la richiesta di riesame ovvero l'atto di appello presentati nella cancelleria della pretura della medesima sede giudiziaria.

Cass. pen. n. 2020/1996

L'omesso avviso della data fissata per l'udienza di riesame, costituendo palese violazione del diritto dell'indagato di partecipazione al procedimento, è sanzionato con la nullità assoluta, insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, prevista dagli artt. 178, comma 1, lettera c) e 179, comma 1, c.p.p. per il caso di omessa citazione dell'imputato. Tale nullità non determina, tuttavia, la perdita di efficacia della misura cautelare, che ha luogo nella sola ipotesi di decisione non intervenuta nel termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione degli atti da parte del giudice del riesame. (Fattispecie relativa a riesame di misura cautelare reale).

Cass. pen. n. 1275/1996

L'audizione dell'indagato ristretto fuori della circoscrizione del tribunale del riesame, condotta dal magistrato di sorveglianza del luogo della detenzione ai sensi degli artt. 127, comma 3, 309, comma 8, c.p.p., e 101, comma 2, att. c.p.p., è nulla ai sensi dell'art. 178, lett. c), c.p.p. se sia stato omesso l'avviso al difensore, e da tale nullità deriva, se tempestivamente eccepita (art. 180 c.p.p.), l'invalidità dell'intera procedura camerale.

Cass. pen. n. 5000/1996

Nel caso in cui il tribunale decida sull'istanza di riesame di una misura coercitiva, senza che gli atti siano stati depositati in cancelleria per un tempo non inferiore a tre giorni, sussiste violazione del diritto di difesa e conseguente nullità a regime intermedio. D'altro canto, qualora l'eccezione sia stata espressamente sollevata, la circostanza che la difesa abbia poi concluso anche nel merito non può comportare decadenza né sanatoria rappresentando l'assunzione di tali conclusioni atto meramente prudenziale.

Corte cost. n. 71/1996

Sono illegittimi costituzionalmente, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., gli artt. 309 e 310 c.p.p., nella parte in cui precludono, al giudice delle impugnazioni (tribunale del riesame o di appello) il controllo del requisito dei gravi indizi di colpevolezza dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, secondo l'interpretazione di recente avallata dalle sezioni unite della Cassazione.

Cass. pen. n. 588/1996

In tema di riesame, l'effetto caducatorio della misura cautelare che, in base al combinato disposto del quinto e del decimo comma dell'art. 309 c.p.p., quali novellati dall'art. 16 della L. 8 agosto 1995 n. 332, deriva dalla mancata trasmissione degli atti, da parte dell'autorità giudiziaria procedente, entro il termine di cinque giorni, non si produce quando trattasi di riesame concernente una misura cautelare di carattere reale, atteso che, in tale ipotesi, la trasmissione degli atti è disciplinata dall'autonoma e diversa disposizione di cui all'art. 324, comma 3, c.p.p. (non modificata dalla legge n. 332/95); il richiamo all'art. 309, comma 10, pur contenuto del comma 7 del citato art. 324, deve intendersi limitato all'effetto caducatorio derivante dalla sola mancata decisione entro il termine di dieci giorni.

Cass. pen. n. 40/1996

La nullità dell'ordinanza emessa all'esito del procedimento di riesame determinata dall'omesso avviso dell'udienza all'interessato che abbia proposto la relativa istanza non comporta la cessazione di efficacia della misura coercitiva disposta, che si verifica solo nel caso in cui il tribunale non provveda nel termine stabilito, con esclusione, quindi, dell'ipotesi in cui il provvedimento, emesso tempestivamente, sia per qualche ragione annullabile.

Cass. pen. n. 2226/1996

Qualora nel corso del procedimento di riesame, il tribunale ritenga rilevante e non manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale e rimetta quindi agli atti, per la relativa decisione, alla Corte costituzionale, la conseguente sospensione, ai sensi dell'art. 23 della L. 11 marzo 1953 n. 87, del suddetto procedimento non implica anche quella del termine di dieci giorni entro il quale, a pena di caducazione della misura cautelare, deve intervenire la decisione sulla richiesta di riesame e non impedisce, quindi, che detta caducazione, una volta decorso quel termine, abbia luogo.

Cass. pen. n. 260/1996

In tema di riesame, l'art. 309, quinto comma c.p.p., così come sostituito dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, dispone che l'autorità procedente, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'art. 291, comma primo, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini. Questi ultimi vanno ravvisati in elementi di natura oggettiva e, pertanto, non consistenti in posizioni difensive che si risolvano nella mera negazione delle tesi accusatorie o nella prospettazione di tesi alternative. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha escluso che potesse considerarsi elemento favorevole sopravvenuto l'interrogatorio di garanzia, nel quale l'indagato si era limitato a contrastare il fondamento degli addebiti mossigli e che si fosse prodotta la perdita di efficacia del provvedimento cautelare, ai sensi dell'art. 309, decimo comma c.p.p., novellato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, per effetto della mancata trasmissione del relativo processo verbale).

Cass. pen. n. 6155/1996

In tema di riesame dei provvedimenti applicativi di una misura cautelare, la mancata trasmissione al tribunale della libertà di uno o più atti tra quelli trasmessi al Gip con la richiesta di emissione della misura non determina automaticamente nessuna nullità processuale ed è irrilevante se la decisione del tribunale prescinde dal contenuto di quell'atto. A tale mancanza può darsi rilievo solo quando abbia in concreto influito sulla correttezza e sulla legittimità della decisione, non essendo ipotizzabile la presunzione che, in assenza di tali atti, si sia necessariamente verificato uno dei casi di cui all'art. 606 c.p.p.

Cass. pen. n. 41/1996

Nei procedimenti de libertate, che si instaurano a norma degli artt. 309, 310 e 311 c.p.p., è escluso l'effetto estensivo dell'impugnazione proposta dal coindagato diligente ai coindagati rimasti estranei al procedimento, ferma restando la possibilità, sulla base dei principi propri dell'ordinamento processuale, di estendere, ove ne ricorrano i presupposti, gli effetti favorevoli della decisione, purché non fondata su motivi personali di uno degli impugnanti, ad altro coindagato nello stesso procedimento. (Fattispecie nella quale la S.C. ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti da due coindagati per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, i quali avevano lamentato la loro mancata citazione nel giudizio di rinvio seguito ad annullamento disposto dalla Cassazione sul ricorso, proposto da altri coindagati nel medesimo reato, avverso provvedimento del tribunale della libertà confermativo dell'ordinanza di proroga della custodia cautelare).

Cass. pen. n. 6090/1996

In tema di procedimento di riesame, gli «atti presentati a norma dell'art. 291, comma 1, c.p.p.», cui fa riferimento l'art. 309, comma 5, c.p.p., e dalla cui ricezione da parte del tribunale decorre il termine di dieci giorni entro il quale deve intervenire la decisione, sono soltanto quelli di natura sostanziale, dai quali, cioè, siano ricavabili gli elementi di valutazione circa gli indizi di colpevolezza, le esigenze cautelari e la scelta della misura più adeguata, rimanendo, per converso, esclusi quelli aventi natura meramente processuale. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha escluso che tra gli atti in questione potesse rientrare la documentazione attestante l'avvenuta notifica al difensore dell'imputato latitante dell'avviso di deposito in cancelleria dell'ordinanza di custodia cautelare, ed ha pertanto ritenuto che non potesse farsi decorrere dal giorno della ricezione di detta documentazione, appositamente richiesta dal presidente del tribunale in aggiunta agli atti già trasmessi, il termine di dieci giorni previsto dalla legge).

Cass. pen. n. 147/1996

Nel caso in cui destinatario della misura cautelare della custodia in carcere sia un parlamentare, deve ritenersi che sussista l'interesse dello stesso a proporre istanza di riesame sin dal momento della avvenuta comunicazione (attraverso la richiesta di autorizzazione all'arresto) dell'esistenza del correlativo provvedimento a suo carico.

Cass. pen. n. 8/1996

La pregiudiziale costituzionale, per espressa previsione normativa (L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, secondo comma), determina la sospensione obbligatoria del procedimento che priva il giudice della potestas decidendi fino alla definizione della pregiudiziale medesima, né alle parti è attribuito alcun potere di rimuovere tale stasi processuale, essendo immodificabili ed insindacabili sia l'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale sia il pedissequo provvedimento di sospensione; tuttavia, nell'ipotesi in cui venga obbligatoriamente sospeso un procedimento in cui sia in corso di applicazione una misura cautelare, il soggetto ad essa sottoposto che ritenga di aver maturato il diritto a riacquistare lo status libertatis per il verificarsi di una delle cause estintive del provvedimento coercitivo di cui all'art. 306 c.p.p., non incontra alcun ostacolo a far valere la sua pretesa in giudizio e può quindi promuovere davanti al giudice per le indagini preliminari, o ad uno dei giudici competenti per i vari gradi ai sensi dell'art. 279 c.p.p., un'azione di accertamento finalizzata alla declaratoria della sopravvenuta caducazione della misura ed all'ottenimento dell'ordinanza di immediata liberazione o di cessazione della misura estinta, secondo quanto dispongono, rispettivamente, il primo e il secondo comma del predetto articolo 306 c.p.p.; trattasi, invero, di azione di natura dichiarativa, rivolta alla tutela di un diritto assoluto ed inviolabile, esperibile in ogni tempo salvo il limite della preclusione ove la questione abbia già formato oggetto di giudicato cautelare nelle sedi proprie.

Cass. pen. n. 30/1995

La disposizione di cui all'art. 172, comma 6, c.p.p., secondo cui il termine per il deposito di atti in un ufficio giudiziario «si considera scaduto nel momento in cui, secondo i regolamenti, l'ufficio viene chiuso al pubblico», non opera con riguardo al deposito dei provvedimenti del giudice. (Fattispecie relativa a deposito dell'ordinanza del tribunale del riesame effettuato nell'ultimo giorno utile, dopo la scadenza dell'orario di apertura al pubblico della cancelleria).

Cass. pen. n. 5657/1995

Nel procedimento di riesame, qualora non sia stato osservato il termine di almeno tre giorni liberi prima dell'udienza, entro il quale va notificato l'avviso dell'udienza al difensore, quest'ultimo, ove compaia al solo fine di far rilevare l'inosservanza, ha diritto ad un ulteriore termine nella sola misura sufficiente a far sì che esso, sommato a quello già maturato dalla data della notifica, raggiunga il limite fissato dalla legge.

Cass. pen. n. 1453/1995

In sede di riesame del provvedimento restrittivo, è fatto divieto al tribunale del riesame di sostituire nuove e diverse esigenze cautelari a quelle fatte valere nella richiesta del P.M. e poste a base dell'ordinanza applicativa del Gip. Ciò è conforme alla natura accusatoria del nuovo processo penale e discende dal principio fissato dall'art. 291 c.p.p. che stabilisce la dipendenza della decisione del giudice dalla richiesta del pubblico ministero per quanto riguarda l'applicazione delle misure, principio che trova applicazione anche in sede di revoca e sostituzione delle misure e corrisponde ai criteri generali in tema di appello, alla cui natura la richiesta di riesame è in qualche modo riferibile. Il divieto infine è coerente con il principio generale del favor libertatis che, in attuazione dell'art. 13 della Costituzione, deve ritenersi sotteso all'intera disciplina delle misure cautelari personali coercitive.

Cass. pen. n. 26/1995

Poiché il procedimento di riesame è preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l'adozione del provvedimento cautelare, e non anche di quelli incidenti sulla sua persistenza, non è consentito dedurre con tale mezzo di impugnazione la successiva perdita di efficacia della misura derivante dalla mancanza o invalidità di successivi adempimenti; ne consegue che esulano dall'ambito del riesame le questioni relative a mancanza, tardività o comunque invalidità dell'interrogatorio previsto dall'art. 294 c.p.p., le quali, inerendo a vicende del tutto avulse dall'ordinanza oggetto del gravame, si risolvono in vizi processuali che non ne intaccano l'intrinseca legittimità ma, agendo sul diverso piano della persistenza della misura, ne importano l'estinzione automatica che deve essere disposta, in un distinto procedimento, con l'ordinanza specificamente prevista dall'art. 306 c.p.p., suscettibile di appello ai sensi dell'art. 310 dello stesso codice.

Poiché il riesame ha natura di mezzo di impugnazione, deve trovare applicazione, anche con riguardo ad esso, il principio generale fissato in materia di spese dall'art. 592, primo comma, c.p.p.; pertanto, atteso che l'ordinanza di rigetto o di inammissibilità del gravame, pronunziata dal tribunale, esaurisce in via definitiva il procedimento incidentale e determina la soccombenza dell'istante, legittimamente viene disposta, in tale provvedimento, la condanna al pagamento delle spese processuali.

Cass. pen. n. 2016/1995

È ammissibile il rimedio del riesame avverso il provvedimento con il quale il giudice competente dispone in tema di misure cautelari, ai sensi dell'art. 27 c.p.p., dopo che analogo rimedio è stato esperito, con esito negativo, avverso l'ordinanza genetica della misura emessa da altro giudice, dichiaratosi o dichiarato incompetente.

Cass. pen. n. 978/1995

In applicazione del principio costituzionale di riserva di legge in materia di libertà personale e di quelli di legalità e tassatività che presiedono all'istituto della decadenza in tema di esercizio del diritto di impugnazioni, deve escludersi che il termine di dieci giorni entro il quale il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame, possa decorrere — anziché dalla data di notifica dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura cautelare, come espressamente previsto dall'art. 309, comma terzo, c.p.p. — dalla diversa ed anteriore data in cui il medesimo difensore abbia avuto aliunde conoscenza, ancorché completa, dell'ordinanza summenzionata.

Cass. pen. n. 3/1995

A norma dell'art. 311, comma primo, c.p.p., è soggetta a ricorso per cassazione la decisione sulla richiesta di riesame, mentre non è prevista l'impugnazione separata di eventuali provvedimenti interlocutori emessi prima della decisione conclusiva del procedimento di riesame. Ne consegue, in virtù del principio di tassatività sul quale è basato il sistema delle impugnazioni, che il provvedimento con il quale il tribunale del riesame, in via interlocutoria, rigetti l'eccezione di inammissibilità dell'istanza di riesame - avanzata dal pubblico ministero sul rilievo della sua proposizione prima della notificazione al difensore dell'avviso di deposito dell'ordinanza di custodia cautelare -e richieda, insieme, la trasmissione degli atti occorrenti per la decisione sull'istanza medesima, non è ricorribile per cassazione.

Cass. pen. n. 19/1994

L'incompetenza per territorio del giudice che ha disposto una misura cautelare è sindacabile in sede di impugnazione. (In motivazione, la S.C. ha osservato che il potere di disporre una misura cautelare da parte di giudice incompetente, per qualsiasi causa, è del tutto eccezionale, in quanto legittimo solo se sussiste l'improrogabile necessità di salvaguardare le esigenze cautelari e che il sindacato sul corretto esercizio di tale eccezionale potere non può che essere comprensivo della valutazione dei presupposti che lo hanno attivato, e cioé sia dell'incompetenza del giudice, sia dell'urgenza del provvedimento assunto).

Cass. pen. n. 4012/1994

Nel procedimento d'impugnazione delle misure cautelari custodiali anche l'interesse diretto ad ottenere, dopo la cessazione della custodia, una pronuncia giudiziaria ai fini della riparazione per l'ingiusta detenzione deve essere connotato, ai sensi dell'art. 568, comma quarto, c.p.p., dalla concretezza ed attualità; tale interesse, inoltre, essendo collegato ad un diritto di natura civilistica, deve essere espressamente o comunque inequivocabilmente manifestato e fatto valere, non potendosi sottrarre tale diritto alla ratio dell'onere della domanda ai sensi dell'art. 99 c.p.c.; ne consegue che è escluso un potere del giudice di procedere d'ufficio all'accertamento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ai soli effetti di cui all'art. 314 c.p.p.

Cass. pen. n. 3056/1994

In tema di procedimento in camera di consiglio (nella specie costituito da procedimento di riesame), l'omessa notificazione dell'avviso di udienza ad uno dei due difensori di fiducia dell'imputato dà luogo a nullità a regime intermedio, sanata con la presenza in udienza dell'altro difensore, il quale svolga le sue argomentazioni senza nulla eccepire.

Cass. pen. n. 2682/1994

L'istanza di riesame di un provvedimento di sequestro di documentazione ormai dissequestrata è inammissibile in quanto il risultato tipico dell'impugnazione (dissequestro) è già stato raggiunto. Né può, in base alla circostanza che dalla documentazione sequestrata sarebbero state estratte copie e ne sarebbe stata disposta l'acquisizione, assumersi che l'indagato avrebbe interesse all'accertamento della legittimità di tale acquisizione: il provvedimento di sequestro oggetto del provvedimento incidentale di riesame, va infatti tenuto distinto da ogni altra acquisizione di documenti o di cose al processo la cui illegittimità ed eventuale conseguente inutilizzabilità o nullità dovrà essere valutata dal giudice del processo e non, in via incidentale, da altro giudice.

Cass. pen. n. 2805/1994

Il termine per proporre la richiesta di riesame di una misura coercitiva decorre, per il difensore, dalla data della notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura, con esclusione di ogni altro atto equipollente, ivi compreso l'interrogatorio dell'indagato. Invero le formalità richieste dal codice di procedura rispondono, oltre che a criteri di razionalità, ad esigenze di tutela del diritto di difesa in quanto questa tecnicamente non può fondarsi solo sulla conoscenza del capo di imputazione e degli elementi di prova addotti dall'accusa, anche se contestati in sede di interrogatorio dell'indagato, non potendosi prescindere dall'esame della motivazione del provvedimento che si deve impugnare, il che necessariamente ne implica la piena e integrale conoscenza. Tuttavia, qualora il difensore abbia avuto tale piena conoscenza prima della notifica dell'avviso di deposito, a causa dell'espletamento di altre attività difensionali, il termine di decorrenza dell'impugnativa dell'ordinanza di custodia cautelare è anticipato al momento dell'effettiva conoscenza di essa.

Cass. pen. n. 11/1994

La richiesta di revoca di una misura cautelare, a differenza di quella di riesame dell'ordinanza applicativa della medesima misura, non ha natura di mezzo di impugnazione. Essa, inoltre, può essere avanzata in ogni fase del procedimento sulla base (come si evince dal testuale tenore dell'art. 299, comma 1, c.p.p.), non solo di fatti sopravvenuti, ma anche di fatti originari e coevi all'applicazione della misura, i quali dovranno quindi essere sottoposti ad una valutazione che potrà anche essere diversa da quella operata dal giudice che ha disposto la detta applicazione, sempre che essi persistano alla data della decisione da adottare sulla richiesta di revoca e non siano stati già dedotti, esplicitamente o implicitamente, a sostegno di precedenti impugnazioni su cui siano intervenute pronunce non più soggette a gravame.

Cass. pen. n. 5/1994

Anche nei procedimenti incidentali concernenti l'impugnazione di provvedimenti in materia di misure cautelari reali i termini processuali sono sospesi in periodo feriale.

Cass. pen. n. 1184/1994

Il principio del ne bis in idem, qualora non venga invocato nell'ambito suo proprio di tutela del giudicato, per cui vi è divieto di celebrare un nuovo processo per il medesimo fatto che sia già stato oggetto di procedimento definito con un giudicato irrevocabile, ha nei procedimenti incidentali che sfociano in provvedimenti allo stato degli atti, la più modesta portata di rappresentare una preclusione processuale che rende inammissibile la reiterazione di provvedimenti, d'ufficio o su istanza di parte, che possono porsi in contrasto con altri provvedimenti aventi un medesimo oggetto e definitivi, senza che si sia modificata la situazione di fatto o di diritto, posta a base del primo provvedimento, come formatosi anche all'esito di eventuali impugnazioni. (Fattispecie concernente un procedimento incidentale in materia di misure cautelari personali).

L'imputato o l'indagato in stato di custodia cautelare nei cui confronti siano stati adottati vari provvedimenti restrittivi della libertà personale, che assuma la sussistenza di una ipotesi di cosiddetta «contestazione a catena» e, conseguentemente, del diritto alla scarcerazione per decorrenza dei termini, deve presentare istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini al giudice che ha la disponibilità del procedimento e, in caso di rifiuto, può impugnare con appello al tribunale indicato nell'art. 309, settimo comma, c.p.p. il provvedimento, ma non può impugnare direttamente davanti al detto tribunale la ulteriore ordinanza impositiva della misura cautelare, ai sensi dell'art. 309 c.p.p., poiché la cosiddetta contestazione a catena non incide sul provvedimento in sé, ma soltanto sulla decorrenza e sul computo dei termini di custodia cautelare.

Cass. pen. n. 1009/1994

Anche la richiesta di riesame di misure cautelari, sia reali che personali, può essere proposta con telegramma o con atto trasmesso a mezzo di raccomandata ex art. 583 c.p.p.: in tal caso l'impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della predetta raccomandata o del telegramma.

Cass. pen. n. 562/1994

Quando siano in corso indagini con numerosi indagati, raggiunti da provvedimenti applicativi di misure cautelari e da parte degli stessi vengano avanzate richieste di riesame in tempi diversi, l'arrivo degli atti relativi ai primi impugnanti, ancorché questi contengano gli elementi necessari per la decisione anche nei confronti dei successivi richiedenti, non vale a far decorrere il termine di dieci giorni previsto dal combinato disposto del nono e decimo comma dell'art. 309 c.p.p., giacché perché possa ritenersi decorrente il suddetto termine, è necessario che il tribunale riceva o gli atti riguardanti specificamente colui — o coloro — la cui posizione è in discussione, ovvero ottenga espressa notizia che tutti gli elementi di giudizio si trovano negli atti trasmessi in precedenza.

Cass. pen. n. 536/1994

In tema di applicazione di misure cautelari reali il principio del ne bis in idem è operante esclusivamente nel caso in cui la caducazione del precedente provvedimento sia dipesa dalla insussistenza delle condizioni normative richieste per l'adozione della misura; pertanto il suddetto principio è ostativo alla reiterazione della misura medesima solo quando il giudice sia chiamato a riesaminare nel merito quegli stessi elementi che già siano stati ritenuti insussistenti o insufficienti e non anche quando tali elementi non siano stati valutati nel merito dal giudice del riesame. Ne consegue che qualora la perdita di efficacia della misura cautelare reale dipenda solo da una causa processuale, (nella specie, mancata decisione nel termine di dieci giorni previsto dal combinato disposto degli artt. 324 e 309 c.p.p.) non sussiste alcuna preclusione alla reiterazione del provvedimento di sequestro preventivo fondato sugli stessi presupposti del precedente dichiarato inefficace solo per vizio meramente processuale.

Cass. pen. n. 575/1994

Mentre, allorché la misura restrittiva della libertà personale viene revocata nelle more del procedimento di riesame, di appello o di cassazione avente ad oggetto il provvedimento che ne giustifica la persistenza, è configurabile il perdurare di un interesse dell'indagato a ottenere una pronuncia del giudice dell'impugnazione sulla legittimità dell'ordinanza che ha applicato o mantenuto la custodia cautelare, lo stesso interesse viene meno allorché la misura cessi, per la maturazione, nel corso del giudizio di impugnazione, del termine fissato per essa dal giudice ai sensi dell'art. 292, secondo comma, lettera d) c.p.p.

Cass. pen. n. 3407/1994

Nel caso in cui una sentenza penale produca effetti giuridici rilevanti in altri settori dell'ordinamento, con pregiudizio delle situazioni giuridiche soggettive attive facenti capo all'imputato, questi ha interesse ad impugnarla qualora dalla riforma o dall'annullamento della stessa possa derivare, in modo diretto e concreto, l'eliminazione di qualsiasi effetto giuridico extrapenale per lui pregiudizievole. Il problema dell'interesse ad impugnare non si atteggia diversamente per quel che riguarda i provvedimenti con i quali vengono disposte misure cautelari, per i quali può configurarsi un interesse all'impugnazione anche nel caso in cui l'interessato sia stato posto successivamente in libertà. In particolare, ai fini della riparazione per la custodia cautelare subita, prevista dall'art. 314 c.p.p., sussiste l'interesse di chi sia stato colpito da un provvedimento di custodia cautelare, ma sia stato poi rimesso in libertà per causa diversa dall'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ad ottenere una decisione sulla impugnazione proposta con riferimento a detto provvedimento, mentre, d'altro canto, analogo interesse è ravvisabile nel caso in cui l'interessato appartenga alla categoria dei pubblici dipendenti, attesi gli effetti che i provvedimenti di custodia cautelare hanno in materia di sospensione cautelare dal servizio. (Con riferimento ai pubblici dipendenti la Cassazione ha ricordato come la giurisprudenza amministrativa abbia evidenziato che il venir meno della misura cautelare non per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, bensì per mancanza di esigenze cautelari, non determina l'automatica caducazione del provvedimento di sospensione, pur vincolando l'amministrazione a valutare la nuova situazione verificatasi).

Cass. pen. n. 570/1994

Il termine perentorio di dieci giorni entro il quale il tribunale del riesame deve decidere sulla richiesta avanzata dall'interessato secondo il combinato disposto del nono e decimo comma dell'art. 309 c.p.p. inizia a decorrere dal momento in cui si perfeziona l'arrivo in tribunale di tutti gli atti - e non soltanto di parte di essi - a suo tempo presentati dal P.M. al Gip a sostegno della richiesta di applicazione di misura cautelare a norma dell'art. 291, primo comma, c.p.p., sicché da tale ulteriore momento deve essere computato detto termine pure nell'ipotesi che per altra procedura di riesame, concernente altro indagato nel medesimo procedimento e separatamente trattato, il tribunale abbia la disponibilità di atti comuni ai diversi procedimenti, in quanto ciascuno di essi si riferisce ad autonomo indagato, per il quale valgono termini, forme e giudizi sostanziali differenti da quelli interessanti altro soggetto pur se implicato nel medesimo procedimento.

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“Spett.le Brocardi.it

Sono a chiedere il presente quesito di natura cautelare reale; sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p.

Il Tribunale del Riesame ex art. 309 comma 9 ultimo periodo c.p.p. rileva l’assenza dell'autonoma valutazione, a norma dell'articolo 292, delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, quindi la fattispecie non riguarda il diverso fatto della mancanza della motivazione.

La domanda è: nella suddetta fattispecie, il Tribunale del riesame può sulla base delle circostanze di fatto prospettate dalla pubblica accusa, laddove è stato ravvisato il fumus commissi delicti, può confermare il sequestro con motivazione propria e indipendente.

Tale domanda è alla luce del fatto che sembra che la suddetta facoltà sia limitata alla diversa fattispecie di difetto di motivazione, ossia mancanza di motivazione, e non nello specifico diverso caso prospettato, ossia, nell’ipotesi della sola rilevata omessa autonoma valutazione degli elementi forniti dalla difesa in sede di riesame del sequestro.

In sostanza il Giudice del riesame può confermare la misura cautelare con motivazione autonoma nell’ipotesi della sola omessa valutazione degli elementi forniti dalla difesa in sede di riesame ?

A seguito di una informativa non ho trovato sentenze in merito alla facoltà del Giudice del riesame
di confermare il sequestro con motivazione propria e indipendente nell’ipotesi di rilevata omessa valutazione degli elementi forniti dalla difesa le è forse preclusa tale possibilità?

Se tale facoltà non è percorribile da parte del Giudice del riesame, quali rimedi ha per confermare il sequestro preventivo alla luce del fatto che da una pacifica omessa valutazione da parte del G.I.P. degli elementi forniti dalla difesa si contrappone un pacifico fumus commissi delicti ?

Di seguito per l’appunto la massima in merito alla diversa fattispecie ossia mancanza di motivazione.

“La censura di nullità del decreto di sequestro preventivo per difetto di motivazione è irrilevante quando il giudice del riesame abbia confermato la misura cautelare con motivazione autonoma. Infatti, la natura non devolutiva del procedimento di riesame non può non significare che l'eventuale annullamento del decreto di sequestro per mancanza di motivazione non impedisce al giudice del riesame di confermare il sequestro con motivazione propria e indipendente”. (Cass. pen. n. 1467/1994).

In attesa porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 05/11/2021
La risposta non può essere univoca in considerazione della estrema varietà delle modalità attraverso le quali una misura cautelare può essere applicata.

Cerchiamo, tuttavia, di fare un po’ di chiarezza.

In primo luogo, occorre partire da un presupposto: il riesame è, come si dice in gergo, una impugnazione interamente devolutiva.
Ciò vuol dire che, proposta l’istanza, a quel punto il Tribunale è libero di analizzare le modalità applicative della misura cautelare nel modo più libero possibile.
Tanto è vero che l’istanza di riesame è una istanza libera, che non deve contenere i relativi motivi, i quali possono essere estrinsecati, dal difensore, direttamente in udienza.

Il fatto che si tratti di un’impugnazione interamente devolutiva vuol dire che il Tribunale è libero di mutare anche la fisionomia della misura cautelare, purché, naturalmente, i presupposti applicativi vi siano, che siano stato evidenziati dal pubblico ministero e recepiti dal GIP.

Ciò vuol dire che il Tribunale, laddove dovesse constatare un’erronea valutazione da parte del Pubblico Ministero o del GIP degli elementi posti a suffragio della misura cautelare, non per questo è tenuto ad annullare la misura potendo, come anzidetto, rimaneggiarla a proprio piacimento.

Ciò che, al contrario, è interdetto al Tribunale, è la possibilità di sopperire a mancanze del PM e del GIP particolarmente gravi che minano in radice la fondatezza della misura. E’ proprio questo il significato della disposizione del comma 9 dell’art. 309 c.p.p.
L’esigenza sottesa alla norma è, in buona sostanza, quella di evitare che possano essere applicane misure cautelari senza che il PM e il GIP abbiano adeguatamente calato la fattispecie generica al caso concreto.

E questo lo dice in modo chiaro la giurisprudenza, stando alla quale “la modifica introdotta con la L. n. 47 del 2015 all'art. 309, comma 9, c.p.p. non impedisce al Tribunale del riesame di integrare la motivazione resa dal provvedimento innanzi a lui impugnato in ordine ai presupposti della cautela, risultando in capo al Tribunale il potere di confermare l'ordinanza genetica per ragioni diverse da quelle indicate nella prima motivazione del provvedimento stesso, stante la natura interamente devolutiva dell'istanza ex art. 309 c.p.p. E ciò fermo restando il potere/dovere del tribunale del riesame di annullare, invece, l'ordinanza cautelare per il fatto che questa non contenga una autonoma valutazione degli indizi, delle esigenze cautelari e degli elementi forniti dalla difesa” (Cass. pen. Sez. VI, 22/10/2015, n. 44433).

La giurisprudenza, dunque, sostiene che, in casi del genere, l’importante è che una valutazione da parte del PM e del GIP sulle circostanze di cui al comma 9 sia stata fatta; non è importante, al contrario, la fondatezza di tale valutazione che potrà essere riformata dal riesame in modo assolutamente libero.

Si noti, comunque, che si tratta di prescrizioni estremamente generiche la cui concreta portata precettiva deve essere necessariamente valutata caso per caso.