(massima n. 1)
In tema di procedimento di riesame, l'omessa trasmissione al tribunale della libertà, nel termine perentorio di cui al quinto comma dell'art. 309 c.p.p., dei decreti autorizzativi e degli altri atti relativi alle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni comporta l'inefficacia del provvedimento cautelare solamente qualora il giudice per le indagini preliminari, in sede di adozione della misura, ovvero il tribunale, in sede di riesame, abbiano tenuto conto dei loro esiti quali elementi — soli o accompagnati da altri — da cui scaturiva la valutazione di gravità indiziaria richiesta dall'art. 273 c.p.p.; e ciò in base al principio generale secondo il quale ciò che non ha rilevanza processuale non può avere conseguenze processuali, restando comunque al di fuori del procedimento. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto legittima l'ordinanza del tribunale del riesame il quale, rilevata la mancata trasmissione del decreto autorizzativo e dei decreti di proroga delle intercettazioni telefoniche e ritenuta, pertanto, l'inutilizzabilità delle stesse, aveva comunque confermato nel merito, con motivazione diversa dall'ordinanza genetica, la misura cautelare che sui loro esiti si era basata).