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Articolo 292 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Ordinanza del giudice

Dispositivo dell'art. 292 Codice di procedura penale

1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza(1).

2. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità [177-186] rilevabile anche d'ufficio(2):

  1. a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo ;
  2. b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;
  3. c) l'esposizione e l'autonoma valutazione(3) delle specifiche esigenze cautelari [274] e degli indizi [273] che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato (4);
  4. c-bis) l'esposizione e l'autonoma valutazione(3) dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure [275 3](5);
  5. d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 274;
  6. e) la data e la sottoscrizione del giudice.

2-bis. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato(6)(7).

2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 327 bis e, nel caso di cui all'articolo 291, comma 1-quater, una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell'interrogatorio(8)(12).

2-quater. Quando è necessario per l'esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi, delle comunicazioni e conversazioni intercettate sono riprodotti soltanto i brani essenziali, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione degli elementi rilevanti(9)(12).

3. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione(10)(11).

3-bis. L'ordinanza è nulla se non è preceduta dall'interrogatorio nei casi previsti dall'articolo 291, comma 1-quater, nonché quando l'interrogatorio è nullo per violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies del medesimo articolo(12).

Note

(1) L'ordinanza che dispone la misura cautelare è immediatamente trasmessa, in duplice copia, a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, all'organo che deve provvedere all'esecuzione ovvero, nel corso delle indagini preliminari, al pubblico ministero che ne ha fatto richiesta, il quale ne cura l'esecuzione ex art. 92 disp. att. del presente codice.
(2) Si considerano applicabili le regole generali in materia di deducibilità e sanatoria ex artt. 181-183.
(3) Lettera così modificata dall’art. 8 L. 16 aprile 2015, n. 47.
(4) Il provvedimento deve essere motivato ovvero deve dare conto dei presupposti indicati dagli artt. [[n 273cpp]] e 274: fumus commissi delicti e periculum libertatis.
(5) Trattasi di due ulteriori adempimenti che integrano l'obbligo di motivazione di cui al numero precedente.
(6) Tali requisiti non sono stabiliti, a differenza di quelli di cui al comma secondo, a pena di nullità.
(7) Tale comma è stato aggiunto dall'art. 5 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152 convertito dalla l. 12 luglio 1991, n. 203.
(8) L'ultimo comma aggiunto dall'art. 9, della l. 8 agosto 1995, n. 332.
(9) Comma inserito dall'art. 3, D.Lgs. 29/12/2017, n. 216 con decorrenza dal 26/01/2018 ed applicazione alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 marzo 2019.
Il D. Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto (con l'art. 9, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 luglio 2019".
(10) Il D. Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto (con l'art. 9, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 luglio 2019".
(11) Il D. Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dal D.L. 30 aprile 2020, n. 28 ha disposto (con l'art. 9, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020".
(12) L'art. 2, comma 1, lettera f) della L. 9 agosto 2024, n. 114 ha disposto la modifica dei commi 2-ter e 2-quater e l'introduzione del comma 3-bis.

Ratio Legis

La norma in esame precisa il contenuto che l'ordinanza applicativa di una misura cautelare deve presentare a pena di nullità. La ratio di questa previsione si ritrova nella volontà di porre le condizioni necessarie per una piena e completa esplicazione del diritto di difesa da parte dell'indagato in sede di interrogatorio e di impugnazione del provvedimento cautelare.

Spiegazione dell'art. 292 Codice di procedura penale

L’art. 292 c.p.p. definisce i requisiti contenutistici dell’ordinanza applicativa di una misura cautelare. Si tratta di una previsione che riveste una funzione di garanzia, in grado di garantire il diritto di difesa all'indagato.

Ai sensi del comma 1, la competenza a disporre l’applicazione della misura spetta al giudice che procede, il quale provvede su richiesta del pubblico ministero. Nello specifico, il giudice decide con ordinanza sulla richiesta avanzata dal pubblico ministero.

Come precisato dal comma 2, l’ordinanza applicativa di una misura cautelare deve contenerea pena di nullità, rilevabile anche d’ufficio – i seguenti elementi:
  • le generalità dell’imputato;
  • la descrizione sommaria del fatto con l’indicazione delle norme violate;
  • la motivazione. L’ordinanza deve contenere l’esposizione e l’autonoma valutazione circa la sussistenza dei presupposti per l’adozione delle misure restrittive della libertà personale (ossia, esigenze cautelari e gravi indizi), nonché l’esposizione delle ragioni per cui gli elementi forniti dalla difesa sono stati ritenuti irrilevanti. A tal riguardo, è richiesta un’autonoma valutazione del giudice: ossia, il giudice non deve decidere per relationem, seguendo solamente le indicazioni e le supposizioni investigative del pubblico ministero;
  • la fissazione della durata della misura, se la misura cautelare è stata disposta per esigenze di natura probatoria (lett. a, comma 1 dell’art. 274 del c.p.p.). In tal caso, il termine di durata della cautela deve essere stabilito in relazione alle indagini da compiere;
  • data e sottoscrizione del giudice, nonché sottoscrizione dell’ausiliario del giudice, il sigillo dell’ufficio e, ove possibile, l’indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l’imputato.

Il comma 2-ter (come modificato dalla Riforma Nordio, L. n. 114 del 2024) prevede la nullità dell’ordinanza che non contenga la specifica valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato che risultino acquisiti nell’ambito dell’attività di indagine del pubblico ministero (ai sensi dell’art. 358 del c.p.p.) e nell’ambito delle investigazioni difensive (a norma dell’art. 327 bis del c.p.p.).

A tal riguardo, a norma del comma 2-quater (anch’esso modificato dalla Legge Nordio), quando è necessario per spiegare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura, nell’ordinanza applicativa della misura, il giudice per le indagini preliminari deve riprodurre solo i brani essenziali delle comunicazioni, comunque senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti. È una garanzia da ricomprendere nell’ambito delle previsioni stabilite per rafforzare la tutela della riservatezza dei soggetti terzi coinvolti nell’intercettazione. Tuttavia, tale divieto conosce un’eccezione: il giudice può indicare tali informazioni quando ciò appare indispensabile per spiegare compiutamente il ragionamento che ha portato a ritenere la sussistenza delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza.

Ancora, sempre il comma 2-ter (modificato dalla Riforma Nordio) stabilisce che l’ordinanza è nulla se, nell’ipotesi di interrogatorio preventivo dell’indagato ex art. 291 del c.p.p., essa non contiene una specifica valutazione degli elementi esposti dall’indagato nell’interrogatorio. Quindi, il giudice ha l’obbligo di confrontarsi con le argomentazioni utilizzate dall’indagato in propria difesa. In modo specifico, il giudice deve spiegare le ragioni per cui queste dichiarazioni non siano decisive o, comunque, irrilevanti ai fini dell’esclusione della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura richiesta.

Peraltro, sempre con riferimento all’istituto ex art. 291 c.p.p., il comma 3-bis (introdotto dalla Riforma Nordio, L. n. 114 del 2024) stabilisce che l’ordinanza cautelare è nulla anche nel caso in cui l’interrogatorio preventivo non sia stato svolto nelle ipotesi in cui questo è previsto come obbligatorio. Inoltre, l’ordinanza è altresì nulla nel caso in cui l’interrogatorio preventivo debba essere considerato nullo per mancata illustrazione adeguata del contenuto dell’accusa o in caso di mancata registrazione (commi 1-septies e 1-octies dell’art. 291 c.p.p.).

Infine, il comma 3 precisa che gli organi incaricati di dare esecuzione alla misura sono esonerati dal farlo nel caso di incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento o circa l’indagato nei cui confronti è disposta la misura stessa.

Massime relative all'art. 292 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 32444/2018

In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, ai fini dell'accertamento dell'osservanza della prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, prevista dall'art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del 16 aprile 2015, non è sufficiente il dato del parziale accoglimento della richiesta del pubblico ministero dovendosi, invece, verificare che il giudice, anche mediante un richiamo, in tutto o in parte, ad altri atti del procedimento, abbia svolto, per ciascun addebito e per ciascun destinatario del provvedimento, un distinto ed effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, fermo restando che, in presenza di posizioni analoghe o di imputazione descrittive di fatti commessi con modalità "seriali" non è necessario che il giudice ribadisca ogni volta le regole di giudizio alle quali si è ispirato potendo, in tal caso, ricorrere ad una trattazione unitaria.

Cass. pen. n. 31646/2018

In tema di misure cautelari personali, la necessità di un'autonoma valutazione da parte del giudice delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, richiesta dall'art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., così come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, deve ritenersi assolta quando l'ordinanza, benché redatta con la tecnica del c.d. copia-incolla, accolga la richiesta del P.M. solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice o la diversa graduazione delle misure costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta cautelare, nell'intero complesso delle sue articolazioni interne, atteso che la modifica normativa vuole evitare una acritica trasposizione della richiesta del P.M. con riferimento alla totalità della stessa e non alla singola imputazione.

Cass. pen. n. 31370/2018

In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell'art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di effettuare uno specifico vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi in relazione alle singole posizioni e contestazioni, spiegandone la rilevanza ai fini dell'affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari; ne consegue che tale prescrizione non può ritenersi assolta per il solo fatto che l'ordinanza, redatta con la tecnica del c.d. copia-incolla, accolga la richiesta del pubblico ministero solo per talune imputazioni cautelari ovvero solo per alcuni indagati, in quanto il parziale diniego opposto dal giudice, così come la diversa gradazione delle misure cautelari, non costituiscono, di per sé, indice di una valutazione critica, e non meramente adesiva, della richiesta cautelare.

Cass. pen. n. 30744/2018

In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell'art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del 16 aprile 2015, è osservata anche quando l'ordinanza cautelare operi un richiamo, in tutto o in parte, ad altri atti del procedimento, a condizione che il giudice, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell'affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto; tuttavia, in presenza di posizioni analoghe o di imputazioni descrittive di fatti commessi con modalità "seriali", non è necessario che il giudice ribadisca ogni volta le regole di giudizio alle quali si è ispirato, potendo ricorrere ad una valutazione cumulativa purchè, dal contesto del provvedimento, risulti evidente la ragione giustificativa della misura in relazione ai soggetti attinti ed agli addebiti, di volta in volta, considerati per essi sussistenti.

Cass. pen. n. 3067/2018

In tema di riesame di misure cautelari personali, il controllo da parte del tribunale sulla sussistenza del requisito dell'autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, prescritto dall'art. 292, comma 1, lett.c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, deve essere svolto analizzando l'ordinanza cautelare nel suo complesso, prescindendo dalla sua struttura formale e dalla sua eventuale suddivisione in paragrafi dedicati all'analisi di singoli reati, in quanto la valutazione in ordine ad un singolo reato, pur mancando un paragrafo specifico allo stesso dedicato, può essere contenuta in altre parti del provvedimento, anche riferibili ad altre fattispecie criminose.

Cass. pen. n. 46792/2017

In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la necessità di una "autonoma valutazione" delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, introdotta all'art. 292, comma 1, lett.c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di esplicitare le valutazioni sottese all'adozione della misura, mentre invece gli elementi fattuali possono essere trascritti così come indicati nella richiesta del pubblico ministero e senza alcuna aggiunta, costituendo il dato oggettivo posto alla base della richiesta. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che non vi sono schemi rigidi l'osservanza dei quali consente di ritenere soddisfatto il requisito dell'autonoma valutazione, essendo il giudice libero di adottare le formule più opportune a giustificare la decisione).

Cass. pen. n. 13864/2017

In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la previsione di "autonoma valutazione" delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, introdotta all'art. 292, comma primo, lett.c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di esplicitare, indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte di altri atti del procedimento, i criteri adottati a fondamento della decisione e non implica, invece, la necessità di una riscrittura "originale" degli elementi o circostanze rilevanti ai fini della disposizione della misura.

Cass. pen. n. 13838/2017

In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell'art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di trarre dagli atti di indagine e dai mezzi di ricerca della prova le proprie valutazioni che esplicitino il concreto esame della fattispecie oggetto della richiesta di misura cautelare; ne consegue, che tale obbligo è osservato anche quando il giudice riporti - pure in maniera pedissequa - atti del fascicolo per come riferiti o riassunti nella richiesta del PM (nella specie, il contenuto delle dichiarazioni rese, gli esiti dei tabulati telefonici, delle intercettazioni e delle operazioni di appostamento e controllo), riguardando tali elementi esclusivamente i profili espositivi del fatto.

Cass. pen. n. 6285/2017

In caso di declaratoria di nullità dell'ordinanza genetica di una misura cautelare per difetto di autonoma valutazione degli elementi indiziari da parte del giudice, la rinnovazione della misura tramite altra ordinanza non richiede, quale presupposto necessario, la ricorrenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

Cass. pen. n. 39523/2016

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso un provvedimento di correzione di errore materiale emesso dal giudice con procedura "de plano", invece che ritualmente, previa celebrazione di camera di consiglio, se il ricorrente non deduce un concreto interesse a partecipare alla camera di consiglio per allegare fatti o situazioni decisive, direttamente incidenti sul provvedimento impugnato.

Cass. pen. n. 5787/2016

In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la previsione dell'autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza (ad opera dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 che ha novellato l'art.292 co.1 lett.c cod.proc.pen.) non ha carattere innovativo, trattandosi della sottolineatura di un obbligo già sussistente per il giudice di manifestare all'esterno in modo percepibile il proprio convincimento, obbligo correlato ai principi di terzietà ed imparzialità che sovrintendono alla funzione giudicante. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la necessità di un'autonoma valutazione è compatibile con una tecnica redazionale "per relationem", sempre che dal contenuto complessivo del provvedimento emerga in modo chiaro che si sia presa cognizione dei contenuti dimostrativi dell'atto richiamato o incorporato e li si abbia autonomamente rapportati ai parametri normativi di riferimento).

Cass. pen. n. 4618/2016

In materia di misure cautelari personali, non può essere rilevata per la prima volta in sede di legittimità la nullità derivante dalla mancanza degli elementi di identificazione dell'ordinanza che dispone la custodia in carcere, previsti dall'art. 292, comma secondo lett. b) cod. proc. pen. (come modificato dall'art. 9 della l. n. 332 del 1995 e più recentemente dall'art. 8 della l. n. 47 del 2015), trattandosi di nullità relativa, disciplinata dalle regole generali in tema di deducibilità e segnatamente dall'art. 181, u.c., cod. proc. pen., con la conseguenza che essa deve essere eccepita con l'impugnazione dell'ordinanza applicativa dinanzi al Tribunale del riesame, restando altrimenti preclusa la sua deducibilità e la sua rilevabilità. (Fattispecie in cui la nullità in questione non era stata né rilevata né dedotta in sede di riesame).

Cass. pen. n. 49175/2015

Anche a seguito delle modifiche apportate agli artt. 292 e 309 cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, l'ordinanza che decide sulla richiesta di riesame può integrare l'eventuale carenza o insufficienza della motivazione di quella adottata dal primo giudice, salve le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva dell'autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, in quanto, ricorrendo tali ipotesi, il tribunale del riesame è tenuto ad annullare il provvedimento impositivo della misura.

Cass. pen. n. 40978/2015

In tema di motivazione dell'ordinanza cautelare, le modifiche introdotte negli artt. 292 e 309 cod. proc. pen. dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, non hanno carattere innovativo, essendo stata solo esplicitata la necessità che, dall'ordinanza, emerga l'effettiva valutazione della vicenda da parte del giudicante; ne consegue che deve ritenersi nulla, ai sensi dell'art. 292 cod. proc. pen., l'ordinanza priva di motivazione o con motivazione meramente apparente e non indicativa di uno specifico apprezzamento del materiale indiziario.

Cass. pen. n. 5566/2014

Non è viziata l'ordinanza del giudice che, nel respingere la richiesta presentata da più imputati di sostituzione della misura della custodia cautelare con quella degli arresti domiciliari, dia una motivazione "collettiva" delle ragioni della decisione, in quanto tale tipo di motivazione non viola l'obbligo di individualizzazione delle decisioni nei casi in cui la sovrapponibilità delle situazioni consenta anche una sovrapponibilità delle argomentazioni.

Cass. pen. n. 25631/2012

Il potere dovere del tribunale del riesame di integrazione delle insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera, oltre che nel caso di carenza grafica, anche quando l'apparato argomentativo, nel recepire integralmente il contenuto di altro atto del procedimento, o nel rinviare a questo, si sia limitato all'impiego di mere clausole di stile o all'uso di frasi apodittiche, senza dare contezza alcuna delle ragioni per cui abbia fatto proprio il contenuto dell'atto recepito o richiamato o comunque lo abbia considerato coerente rispetto alle sue decisioni. (Fattispecie in cui l'ordinanza applicativa di misura coercitiva personale era costituita dalla copia di parti di motivazioni di ordinanze emesse nell'ambito di differenti vicende giudiziarie e dell'integrale contenuto della richiesta del pubblico ministero, senza che si fosse neppure provveduto alle modifiche formali rese necessarie dal mutamento del tipo di atto e dell'autorità procedente).

Cass. pen. n. 7967/2012

Il tribunale del riesame non può annullare il provvedimento cautelare impugnato ravvisando difetto di motivazione, potendo il solo giudice di legittimità pronunciare il relativo annullamento per tale vizio, ma deve provvedere integrativamente ad un'autonoma valutazione del quadro indiziario già conosciuto dal giudice delle indagini preliminari. (Fattispecie relativa ad ordinanza del Tribunale del riesame che aveva annullato l'ordinanza applicativa di custodia cautelare emessa dal Gip asserendo che questa fosse priva di autonoma valutazione rispetto alla richiesta del P.M.).

Cass. pen. n. 4777/2012

In materia di misure cautelari personali, l'obbligo previsto dal secondo comma dell'art. 292, lett. c bis) c.p.p., di esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa, è imposto sia al giudice che emette l'ordinanza sia al tribunale della libertà che rigetta la richiesta di riesame, allorchè tali elementi siano prospettati dinanzi a quest'ultimo.

Cass. pen. n. 4356/2012

In tema di misure cautelari personali, la sentenza dichiarativa della incompetenza
territoriale, pronunciata nel giudizio di merito, preclude la possibilità che
l'ordinanza applicativa di una misura cautelare, non ancora divenuta definitiva,
emessa dal tribunale della libertà in accoglimento dell'appello del pubblico
ministero, possa diventare esecutiva.

Cass. pen. n. 6966/2011

L'ordinanza applicativa di una misura cautelare è legittimamente motivata con la integrale riproduzione della richiesta del P.M., purché sia consentito al giudice del riesame ed a quello di legittimità, nell'ambito delle rispettive competenze, di controllare il quadro indiziario e la correttezza dell' "iter" logico seguito dal giudice di prime cure.

Cass. pen. n. 3634/2010

In tema di misure cautelari personali, l'omissione del riferimento al tempo trascorso dalla commissione del reato non determina la nullità dell'ordinanza allorchè risulti l'incidenza complessiva degli elementi di giudizio a carico dell'indagato, atteso che il riferimento al decorso del tempo, introdotto nel testo dell'art. 292, comma secondo lett. c), c.p.p. dall'art. 1 della L. 8 agosto 1995 n. 332, non ha valenza semantica autonoma ed indipendente dalla disposizione nella quale è inserito, ma ne specifica il contenuto con riferimento alla dimensione indiziaria degli elementi acquisiti ed alla configurazione delle esigenze cautelari, ed è integrabile dal giudice del riesame che può esplicitarne i contenuti.

Cass. pen. n. 10481/2008

La mancata traduzione dell'ordinanza che applica ad un cittadino straniero, che non comprende la lingua italiana, una misura cautelare configura una nullità a regime intermedio, che tuttavia risulta sanata qualora l'interessato abbia successivamente esercitato il proprio diritto di difesa in modo tale da far presupporre la piena e completa comprensione del provvedimento cautelare. (Fattispecie in cui nel ricorso al Tribunale del riesame l'indagato non si era limitato a rilevare l'omessa traduzione dell'ordinanza, ma aveva altresì eccepito l'incompetenza territoriale del giudice che l'aveva emessa, dimostrando così, secondo la Corte, di essere stato reso edotto delle ragioni che avevano determinato l'emissione del provvedimento impugnato).

Cass. pen. n. 7452/2008

Non è viziata da nullità l'ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere priva dell'indicazione delle norme di legge violate e della descrizione sommaria del fatto, qualora la carenza di detti elementi sia compensata dal giudice nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto, con la precisazione dei motivi di quest'ultimo e la contestazione all'indagato dei reati ravvisati a suo carico, nonché con la lettura della richiesta di misura formulata dal P.M.

Cass. pen. n. 4549/2008

Il giudice, sia in sede di applicazione della misura cautelare ai sensi dell'art. 292 c.p.p., che in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., può modificare la definizione giuridica del reato rispetto a quella adottata dal P.M., senza con ciò incidere sull'autonomo potere di iniziativa di quest'ultimo.

Cass. pen. n. 4181/2008

La motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerarsi legittima quando: a) faccia riferimento ad altro atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; b) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto delle ragioni del provvedimento di riferimento ritenendole coerenti con la sua decisione; c) l'atto di riferimento sia conosciuto dall'interessato o almeno a lui ostensibile. (Fattispecie relativa all'integrale recepimento da parte del G.i.p. della richiesta del P.M. circa l'applicazione della misura cautelare).

Cass. pen. n. 266/2008

In tema di misure cautelari personali, all'insufficienza della motivazione del provvedimento applicativo della misura può supplire, integrandola, il giudice del riesame.

Cass. pen. n. 29999/2006

In tema di misure cautelari, nella nozione di «elementi a favore», che devono essere valutati dal giudice a pena di nullità dell'ordinanza, rientrano soltanto gli elementi di natura oggettiva e, di fatto, aventi natura concludente, mentre restano escluse le mere posizioni difensive negatorie, le semplici prospettazioni di tesi alternative e gli assunti chiaramente defatigatori, così come non rientrano in tale nozione le interpretazioni alternative degli elementi indiziari, che restano assorbite nell'apprezzamento complessivo operato dal giudice della libertà.

Cass. pen. n. 26798/2005

L'interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare, prescritto dall'art. 294 c.p.p., è viziato da nullità quando non sia stato preceduto dal deposito nella cancelleria del giudice, a norma del comma terzo dell'art. 293 stesso codice, dell'ordinanza applicativa, della richiesta del P.M. e degli atti con essa presentati. La nullità, a carattere intermedio e dunque deducibile solo fino al compimento dell'atto, comporta la perdita di efficacia della misura ai sensi dell'art. 302 c.p.p. (In motivazione la Corte ha precisato che la notifica dell'avviso al difensore circa l'intervenuto deposito degli atti non condiziona la validità dell'interrogatorio, ma la sola decorrenza del termine per l'eventuale impugnazione del provvedimento cautelare).

Cass. pen. n. 11518/2005

In relazione al contenuto che deve assumere «a pena di nullità», l'ordinanza che dispone una misura cautelare, deve ritenersi che il riferimento al tempo trascorso dalla commissione del reato (articolo 292, comma 2, lettera c, del c.p.p.), non ha una valenza semantica autonoma e concettualmente indipendente dalla disposizione in cui è inserito, ma ne specifica il contenuto, globalmente afferente alla dimensione indiziaria degli elementi acquisiti e alla configurazione delle esigenze cautelari. In altri termini, il dato cronologico costituisce solo uno dei parametri di riferimento che deve essere valutato all'interno dell'apprezzamento del quadro indiziario e cautelare al fine di verificarne l'attualità e la concretezza. Ne deriva, da un lato, che la sanzione della nullità dell'ordinanza cautelare non può discendere ex se dalla mera omissione materiale di un riferimento testuale al decorso del tempo, allorché risulti evidente, dall'intero contesto motivazionale, l'incidenza assoluta e prevalente che hanno assunti taluni elementi di giudizio a carico dell'indagato, come la gravità del fatto, le sue modalità e la causale, la personalità dell'accusato. Ne discende, dall'altro, che, in tal caso, la mancata menzione testuale del denegato valore del tempo trascorso è carenza legittimamente rimediabile dal giudice del riesame, il quale ben può integrare la motivazione, esplicitandone i contenuti.

Cass. pen. n. 5052/2004

Qualora sia applicata una misura cautelare personale nei confronti di un cittadino straniero, del quale si ignori (nella specie, a causa dello stato di latitanza) che non è in grado di comprendere la lingua italiana, non è dovuta l'immediata traduzione dell'ordinanza che la dispone e il diritto alla conoscenza del relativo contenuto è soddisfatto — una volta eseguito il provvedimento — o dalla traduzione in lingua italiana a lui nota (anche in applicazione dell'art. 94, comma 1 bis, att. c.p.p.), ovvero dalla nomina, in sede di interrogatorio di garanzia, di un interprete che traduca le contestazioni mossegli, rendendolo edotto delle ragioni che hanno determinato l'emissione del provvedimento nei suoi confronti. In tal caso la decorrenza del termine per impugnare il provvedimento è differita al momento in cui il destinatario ne abbia compreso il contenuto. (Nell'occasione, la Corte ha precisato che, qualora non sia stata portata a conoscenza dello straniero, in una lingua a lui nota, l'ordinanza cautelare, quest'ultima è viziata da nullità a regime c.d. intermedio solo quando risulti inequivocabilmente, dagli atti in possesso del giudice al momento della sua adozione, che lo straniero non era in grado di comprendere la lingua italiana).

Cass. pen. n. 29653/2003

Ai fini dell'osservanza del disposto di cui all'art. 292, comma 1, lett. b), c.p.p., secondo cui tra i requisiti dell'ordinanza applicativa di misura cautelare dev'esservi quello costituito dalla «descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate», deve ritenersi sufficiente che tali elementi siano ricavabili dalla richiesta del pubblico ministero, cui nell'ordinanza sia stato fatto espresso riferimento, ovvero anche dal contesto motivazionale dell'ordinanza medesima, sempre che, in detta seconda ipotesi, la loro indicazione risulti funzionale all'adozione della misura cautelare e non trattisi, invece, di affermazioni discorsive o di obiter dicta.

Cass. pen. n. 6583/2003

È nulla l'ordinanza di custodia cautelare motivata, quanto ai gravi indizi di colpevolezza, per relationem ad altra ordinanza dello stesso giudice la quale non sia stata trascritta, né allegata all'ordinanza applicativa della misura in questione, in quanto, trattandosi di provvedimento limitativo della libertà personale, debbono sussistere i requisiti di cui all'art. 292 c.p.p. contestualmente alla sua esecuzione o notificazione, dato che è da tale momento che decorre il termine per la proposizione della richiesta di riesame, ex art. 309, comma 1, c.p.p. e diviene, quindi, attuale l'esigenza della piena conoscenza dell'atto richiamato al fine di garantire l'esercizio del diritto di difesa.

Cass. pen. n. 30257/2002

È illegittimo, per omesso esame dei motivi e motivazione apparente, il provvedimento con il quale il tribunale, nell'esaminare la richiesta di revoca di una ordinanza di custodia cautelare, la respinga motivando la propria decisione mediante la mera elencazione descrittiva di elementi di fatto, apoditticamente affermati come indizianti, senza alcuna argomentazione valutativa di essi, né singolarmente assunti né complessivamente considerati. (Nella specie, la Corte ha ritenuto inidonea una siffatta motivazione del provvedimento di riesame di una ordinanza cautelare già di per sè eccessivamente sintetica e priva di riferimento agli elementi essenziali indicati nell'art. 292 c.p.p., tanto più quando ognuno di tali elementi aveva costituito oggetto di censura da parte del ricorrente).

Cass. pen. n. 33648/2001

La motivazione per relationem è ammissibile allorché rinvii ad altri provvedimenti dello stesso procedimento, atteso che in tal caso è possibile per il giudice dell'impugnazione controllare l'iter logico e giuridico che sorregge la decisione impugnata attraverso l'esame degli atti del fascicolo, diversamente da quanto accade in caso di rinvio a provvedimenti di altri procedimenti che non possono essere attinti dal giudice dell'impugnazione.

Cass. pen. n. 33300/2001

L'ordinanza applicativa di misure cautelari personali, pur se formalmente viziata da inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, in tanto va annullata in quanto si accerti che la fonte di prova illegittimamente indicata e utilizzata ha avuto una determinante efficacia nella formazione del convincimento del giudice del merito, nel senso che la scelta della soluzione adottata, nella struttura argomentativa della motivazione, non sarebbe stata la stessa senza l'utilizzazione di una dichiarazione non avesse incidenza decisiva sul complessivo apprezzamento circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza).

Cass. pen. n. 28733/2001

In tema di ordinanza cautelare, non sussiste alcuna nullità allorquando sia indicato come luogo di adozione del provvedimento, rientrante nel concetto di data ai sensi dell'art. 111 c.p.p., una città diversa dalla sede del giudice ma pur sempre rientrante nella circoscrizione giudiziaria cui il magistrato sia addetto. (Applicando il principio la Corte ha ritenuto perfettamente integrato il requisito della data con l'indicazione di Treviso quale luogo di emissione del provvedimento, trattandosi di ordinanza del Gip del Tribunale di Venezia che aveva agito con competenza distrettuale ai sensi dell'art. 328 comma 1 bis c.p.p.).

Cass. pen. n. 872/2000

In tema di misure cautelari, l'ordinanza con la quale viene rinnovata la misura a seguito di caducazione di un precedente provvedimento per ragioni esclusivamente formali, deve contenere a pena di nullità, i requisiti di cui all'art. 292 c.p.p., atteso che la precedente ordinanza, priva di efficacia, seppure per ragioni di carattere formale, non costituisce — ai fini della motivazione — giudicato cautelare endoprocessuale.

Cass. pen. n. 11/2000

In tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. (In motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell'art. 292 c.p.p. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all'art. 546 c.p.p., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza)

Cass. pen. n. 796/2000

Nel caso in cui sia stata dichiarata l'inefficacia di un'ordinanza applicativa di una misura coercitiva — nella specie per incompleta trasmissione degli atti al Tribunale del riesame entro il termine di cinque giorni di cui all'art. 309, quinto comma, c.p.p. — è consentita l'immediata reiterazione del provvedimento applicativo, anche prima che sia divenuto esecutivo il precedente provvedimento di liberazione. La detta reiterazione è, infatti, legittima perché la regola della preclusione processuale in forza del principio del “ne bis in idem” opera soltanto quando il provvedimento sia stato annullato in conseguenza di riesame nel merito effettuato con decisione giurisdizionale non più soggetta a gravame in cui sia stata esclusa la ricorrenza dei presupposti per l'emissione della misura.

Cass. pen. n. 4638/2000

Anche in materia de libertate vige il principio della immutabilità del fatto contestato, inteso come accadimento della realtà, sul quale l'indagato è stato chiamato a difendersi, non già il principio dell'immutabilità della definizione giuridica data al fatto stesso dal pubblico ministero. Ne consegue che è sempre consentito al giudice dell'applicazione della misura, o a quello del riesame o d'appello, attribuire la corretta qualificazione giuridica al fatto descritto nel capo d'imputazione; così come l'esercizio di tale potere da parte del giudice della cognizione piena non produce, ex se, effetti sul procedimento incidentale, se non quelli derivanti dal mutamento stesso della qualificazione giuridica.

Cass. pen. n. 6234/2000

L'ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari che, per quanto concerne l'esposizione degli indici di colpevolezza, recepisca integralmente la richiesta del pubblico ministero, non può ritenersi mancante di motivazione.

Cass. pen. n. 7266/2000

La mancanza assoluta di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è annoverabile fra le ragioni meramente formali di annullamento dell'ordinanza applicativa di misura cautelare, la cui riscontrata sussistenza non impedisce la reiterazione della suddetta ordinanza.

Cass. pen. n. 6489/1999

Una volta ritenuta, in sede di riesame, la carenza del quadro indiziario, il tribunale non può sottoporre a termine l'efficacia della misura cautelare, imponendo all'inquirente il compimento di ulteriori atti di indagine, in quanto tale procedura non è prevista da alcuna norma del codice, ma deve annullare l'ordinanza coercitiva. (Nella specie, il P.M. ricorrente aveva lamentato che non gli fosse stato dato un termine per esaminare le persone che avevano rilasciato al difensore dichiarazioni liberatorie nei confronti dell'indagato, ritenute rilevanti dal tribunale).

Cass. pen. n. 2218/1999

In tema di provvedimenti cautelari, la motivazione può essere fatta anche per relationem, ma perché essa possa in tal caso essere considerata legittima è necessario che non faccia riferimento ad un precedente, lontano, altro provvedimento — (in quanto, in tal caso, mancherebbe una aggiornata valutazione delle risultanze probatorie e delle esigenze cautelari) — ma faccia bensì rinvio ad altro, analogo e recente provvedimento (sempre che, nelle more, non siano intervenuti mutamenti nella situazione di fatto e processuale). È necessario, altresì, che l'ordinanza richiamata sia conosciuta o conoscibile dall'interessato per modo che questi sia posto in grado di controllarne (esaminando il precedente provvedimento) la congruenza, la logicità e, quindi, la legittimità.

Cass. pen. n. 4019/1999

In tema di ordinanza cautelare, la disposizione che sancisce la nullità del provvedimento per la mancata valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato (o indagato), va interpretata nel senso che tali elementi devono intendersi circoscritti ai dati fattuali di carattere probatorio o indiziario e non anche a quelli che comunque possano incidere sulle esigenze cautelari e sulla scelta della misura (tra i quali le condizioni di salute del soggetto, rilevanti nei termini indicati dall'art. 275 quarto comma). (Ha peraltro precisato la Corte che non è comunque prevista alcuna sanzione processuale in caso di carenza motivazionale in ordine a tutti gli elementi non attinenti ai gravi indizi di colpevolezza).

Cass. pen. n. 5214/1999

In tema di indagini difensive, poiché nel vigente sistema processuale penale, l'accusa e la difesa (pur nel rispetto delle differenti funzioni e dei diversi poteri di cui sono titolari) sono poste sullo stesso piano, il difensore dell'indagato e quello della persona offesa possono presentare al giudice elementi da essi raccolti a favore del proprio assistito, senza necessità di autorizzazione preventiva o di vaglio da parte del P.M. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del giudice del riesame che, escludendo la possibilità di ricevere ed esaminare gli atti proposti dalla difesa, relativi ad indagini svolte nell'interesse dell'indagato, aveva confermato il provvedimento cautelare emesso dal Gip ed impugnato dal predetto indagato).

Cass. pen. n. 4428/1999

In tema di impugnazione di misure cautelari, non sussiste interesse dell'indagato all'osservanza della norma che impone la indicazione del termine nell'ordinanza impositiva della suddetta misura (quando essa è finalizzata a garantire l'acquisizione e la genuinità della prova), nel caso in cui il provvedimento restrittivo sia giustificato anche dalla necessità di dare risposta alle esigenze cautelari relative al pericolo di fuga ed alla reiterazione del comportamento criminoso.

Cass. pen. n. 16/1999

Il requisito della descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate, imposto a pena di nullità dall'art. 292, comma secondo, lett. b) c.p.p., come contenuto minimo dell'ordinanza che dispone la misura cautelare, ha la funzione di informare l'indagato o l'imputato circa il tenore delle accuse che gli vengono mosse, al fine di consentirgli l'esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che esso può dirsi soddisfatto quando i fatti addebitati siano indicati in modo tale che l'interessato ne abbia immediata e compiuta conoscenza, a nulla rilevando che risultino richiamati esclusivamente gli articoli di legge relativi all'oggetto della contestazione. (Nella specie procedendosi, tra l'altro, per associazione mafiosa, l'indicazione, nel capo di imputazione della circostanza aggravante di cui all'art. 629, comma secondo, c.p., correlata alla aggravante di cui all'art. 7 D.L. n. 152 del 1991, è stata ritenuta un chiaro rinvio alla circostanza soggettiva, cosiddetta di posizione, espressamente prevista dall'art. 628, comma terzo, n. 3, stesso codice).

Cass. pen. n. 3473/1999

In materia di misure cautelari personali, l'obbligo imposto dal secondo comma dell'art. 292, lett. c bis) c.p.p. di esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa è imposto sia al giudice che emette l'ordinanza impositiva della misura, sia al tribunale della libertà che rigetta la richiesta di riesame quando tali elementi siano prospettati in questa sede.

Cass. pen. n. 2888/1999

Il ricorso diretto per cassazione avverso l'ordinanza applicativa di una misura coercitiva è consentito solo per violazione di legge e non anche per vizio della motivazione. Tra le ipotesi di violazione di legge rientrano la mancanza assoluta di motivazione, il cui obbligo è prescritto a pena di nullità dall'art. 125 comma terzo c.p.p. e la mancanza di uno degli elementi previsti, sempre a pena di nullità, dall'art. 292, comma secondo, stesso codice. Ne consegue che, qualora il Gip abbia esposto in modo specifico le esigenze cautelari, nonché gli indizi che giustificano in concreto la misura coercitiva disposta, indicando la loro genesi, il loro contenuto e la loro rilevanza, è improponibile in sede di legittimità ogni censura diretta a rilevare eventuali illogicità o contraddizioni del provvedimento impugnato, sia con riferimento alla gravità dei fatti, sia con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari.

Cass. pen. n. 2503/1999

La motivazione per relationem dell'ordinanza impositiva di misura cautelare, la quale recepisca, per economia processuale, la richiesta del pubblico ministero, deve ritenersi legittima, in quanto comunque idonea a consentire una precisa delimitazione del quadro indiziario ed a dar luogo, quindi, all'instaurazione, nel procedimento incidentale, di un effettivo e trasparente contraddittorio che assicuri all'indagato il diritto di difesa ed al giudice del riesame la possibilità di controllare la rilevanza degli elementi posti a base del giudizio di probabile reità e la correttezza dell'iter logico attraverso il quale il giudice che ha emesso l'ordinanza è pervenuto alla propria decisione.

Cass. pen. n. 1872/1999

Una dichiarazione accusatoria dal contenuto frammentario, perché documentata in un verbale coperto da vari omissis, e anonima in ordine alla identità della persona che l'ha resa, può essere valutata quale fonte di prova, agli effetti della applicazione di una misura cautelare, soltanto nella ipotesi in cui le omissioni, sia relative alla identità del dichiarante che al relativo contenuto, siano state giustificate da obiettive e dichiarate esigenze di cautela processuale, tali da poter essere positivamente valutate dal giudice che deve controllarne la valenza processuale, e che il contenuto residuo della dichiarazione possa essere proficuamente utilizzato per un giudizio da parte del giudice in ordine alla sua credibilità oggettiva. In mancanza di tali caratteristiche, la dichiarazione è equiparabile ad un documento anonimo, la cui utilizzazione processuale è espressamente vietata dall'art. 240 c.p.p.

Cass. pen. n. 2867/1999

La mancata trasmissione al giudice competente del verbale dell'interrogatorio di garanzia dell'imputato effettuato dal giudice incompetente non costituisce di per sè causa di nullità dell'ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal giudice competente per violazione dell'art. 292, comma 2 ter, c.p.p. in quanto non il verbale di interrogatorio come tale costituisce elemento da valutare, ma bensì i fatti e le circostanze obiettive eventualmente sussistenti a discarico dell'indagato. (Fattispecie in cui è stata esclusa la dedotta nullità in quanto il Gip competente aveva valutato la linea difensiva dell'indagato, che, peraltro, non lamentava la mancata considerazione di specifici elementi fattuali, di natura oggettiva, risultanti dall'interrogatorio).

Cass. pen. n. 292/1999

La fissazione della durata di una misura cautelare personale disposta al fine di garantire l'acquisizione e la genuinità della prova, ai sensi dell'art. 292, secondo comma, lett. d), c.p.p., è necessaria solo quando la misura sia applicata per tutelare la suddetta esigenza, e non occorre se la misura sia disposta anche a tutela delle altre esigenze cautelari indicate nell'art. 274 c.p.p., essendo inutile fissare un termine di durata quando la misura cautelare deve continuare ad essere applicata per la salvaguardia delle altre esigenze cautelari.

Cass. pen. n. 672/1999

In tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione del tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata dal giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo, quest'ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l'unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della misura cautelare.

Cass. pen. n. 2951/1998

Non è vietato disporre a carico dell'incolpato, con più ordinanze emesse in tempi diversi, la medesima misura cautelare per lo stesso fatto; l'unica conseguenza che ne deriva è la decorrenza dei termini di durata dall'esecuzione o dalla notifica della prima ordinanza. Tale regola incontra un limite quando la misura sia disposta unicamente per esigenze probatorie, e quindi sottoposta a un termine per il compimento delle indagini a norma dell'art. 292, comma secondo, lett. d) c.p.p.: in tal caso la scadenza del termine estingue automaticamente la misura, a meno che, prima di essa, non venga richiesta e disposta la rinnovazione, previa audizione del difensore. Disciplina, quest'ultima, applicabile solo in caso di esistenza o di persistenza delle esigenze investigative, e quindi non estensibile a casi di riemissione della misura per ragioni diverse.

Cass. pen. n. 1889/1998

Solo la mancanza della motivazione nell'ordinanza applicativa di misura cautelare, cui va equiparata la mera apparenza della medesima, può rientrare nella nozione di violazione di legge, a sostegno del ricorso per saltum previsto dall'art. 311, comma secondo, c.p.p. L'eventuale illogicità di essa implica l'esistenza di una motivazione, e quindi l'assenza della violazione di legge con riferimento all'art. 292, comma secondo, lett. c), secondo cui l'ordinanza deve contenere, a pena di nullità, anche l'esposizione degli indizi che giutificano in concreto la misura disposta.

Cass. pen. n. 1823/1998

Quando il fatto per il quale è stata applicata una misura cautelare rimane identico nei suoi elementi caratterizzanti, costituiti da condotta, evento e nesso di causalità, la diversa e più grave qualificazione giuridica del medesimo, anche per l'avvenuta contestazione di circostanze aggravanti, legittima l'emanazione di un nuovo provvedimento applicativo della misura con la conseguenza che a tale diversa e più grave qualificazione va commisurato il computo dei termini di durata della custodia, pur rimanendo ancorato il termine iniziale al momento della notificazione o dell'esecuzione del primo provvedimento. (Fattispecie in tema di rapina e rapina aggravata dal numero delle persone).

Cass. pen. n. 1700/1998

Nei provvedimenti cautelari personali, in tema di contestazione dell'accusa, si deve aver riguardo alla specificazione del fatto che non può considerarsi insufficiente o inidonea quando l'indagato sia stato posto in grado di comprendere i termini, in linea di fatto, dell'accusa, senza alcuna compromissione del suo diritto di predisporre un'adeguata e congrua difesa. (Fattispecie relativa a censura di genericità e incompletezza della data del commesso reato nell'enunciazione del fatto, che la S.C. ha ritenuto inidonee a determinare nullità del provvedimento coercitivo, costituendo la data solo un elemento accessorio del fatto, che non incide sul requisito della enunciazione del medesimo).

Cass. pen. n. 895/1998

La mancata trasmissione, da parte del pubblico ministero, in violazione del disposto di cui all'art. 291, comma 1, ultima parte, c.p.p., delle eventuali memorie difensive già depositate (anche se riferibili, come nella specie, a precedenti richieste di misure cautelari, successivamente divenute inefficaci e relative sempre agli stessi fatti), si traduce in una causa di nullità dell'ordinanza applicativa della misura, per violazione dell'art. 292, comma 2, lett. c bis) c.p.p., nella parte in cui esso impone al giudice l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa; nullità, quella anzidetta, da qualificare come «intermedia» e quindi destinata ad essere sanata se non rilevata o dedotta, nel caso in cui venga proposta richiesta di riesame, prima che su tale richiesta intervenga il provvedimento del tribunale.

Cass. pen. n. 6757/1998

In tema di riesame delle misure cautelari, se l'ordinanza del tribunale della libertà può fare riferimento a quanto indicato in altri provvedimenti al fine di evitare la ripetizione di elementi già conosciuti dalle parti, tuttavia il mero appiattimento del giudice su valutazioni emergenti da altro provvedimento, senza alcun apporto critico e senza la presa in considerazione delle specifiche doglianze rivolte dagli interessati al provvedimento oggetto dell'impugnazione, concreta il vizio di mancanza della motivazione di cui all'art. 606, lett. e), c.p.p.; e ciò perché zem>in subiecta materia vige il principio secondo cui l'obbligo di esporre i motivi per i quali non sono stati ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa, previsto dall'art. 292, secondo comma, lett. c) bis c.p.p., è imposto sia al giudice che emette l'ordinanza applicativa della misura cautelare sia al tribunale del riesame, quando in tal sede detti elementi siano stati prospettati.

Cass. pen. n. 4779/1998

Non costituisce violazione dell'art. 292, commi secondo e terzo, c.p.p., la mancata indicazione delle generalità dell'imputato nella epigrafe della ordinanza applicativa di misura cautelare quando il nome e cognome del medesimo sono contenuti all'interno del provvedimento, con espressa indicazione che si tratta di un soggetto che, a conclusione del processo che lo vedeva imputato, aveva riportato condanna in relazione al delitto per cui la misura era stata richiesta, sicché non può dirsi sussistere alcuna incertezza circa il destinatario del provvedimento.

Cass. pen. n. 1616/1997

In tema di decisioni del tribunale del riesame cautelare, la omessa menzione nella ordinanza pronunciata da detto organo del nome dell'indagato non produce nullità, non essendo tale sanzione prevista né in via generale dall'art. 125 c.p.p. (che prevede la nullità dei provvedimenti del giudice solo in caso di difetto di motivazione) né in via particolare ex artt. 309 e 310 c.p.p. per le decisioni del tribunale della libertà, alle quali non è applicabile la previsione di nullità contemplata, per tale omissione, dall'art. 292, comma secondo, lett. a), c.p.p. con riferimento all'ordinanza applicativa della misura cautelare. È invece applicabile la previsione dell'art. 547 c.p.p., secondo cui deve procedersi, ex art. 130 dello stesso codice, alla correzione della sentenza qualora manchi o è incompleto taluno dei requisiti prescritti, tra i quali, appunto, rientrano le generalità dell'imputato.

Cass. pen. n. 1734/1997

L'indicazione del termine di scadenza nell'ordinanza che dispone la misura cautelare personale si impone solo se la misura sia giustificata dall'esigenza di garantire l'acquisizione e la genuinità della prova e non negli altri casi, e cioè quando soddisfi ad altre esigenze cautelari. (Nella specie la Suprema Corte ha dichiarato manifestamente infondata, oltre che inammissibile, l'eccezione di incostituzionalità della norma di cui all'art. 292, comma 2, lett. d, per contrasto con gli artt. 13 e 27 della Costituzione, poiché la scelta normativa non appare irragionevole, ma anzi la più logica, tenuto conto - ad esempio - che in genere non è possibile determinare quando venga a cessare il pericolo di fuga di un indagato o la sua pericolosità in relazione alla probabile commissione di altri reati).

Cass. pen. n. 3713/1997

Qualora venga disposta una misura cautelare dopo la pronuncia della sentenza di condanna, è sufficiente ad integrare il requisito dell'ordinanza applicativa richiesto dall'art. 292, comma secondo, lett. b), c.p.p., l'indicazione del titolo giuridico delle imputazioni per le quali la condanna è intervenuta, in considerazione della possibilità di completa identificazione da parte degli imputati dei fatti cui tali imputazioni si riferiscono, di cui sono a piena conoscenza a seguito del contraddittorio dibattimentale e della decisione adottata all'esito di esso; e che parimenti l'obbligo motivazionale in ordine agli indizi di colpevolezza, anche con riferimento agli elementi favorevoli, può dirsi esaudito con la semplice esposizione degli elementi di prova a carico e pur in assenza di una loro novella valutazione critica, la quale, successivamente all'emanazione della sentenza e per effetto di essa, deve anzi ritenersi preclusa fin dal momento in cui è stata data pubblica lettura del dispositivo e prima ancora del deposito della motivazione, discendendo direttamente il predetto effetto preclusivo dall'intervenuta decisione sulla notitia criminis.

Cass. pen. n. 2147/1997

In materia di misure cautelari l'obbligo di una motivazione organica, anche se sintetica ed essenziale, non è adempiuto con la cosiddetta motivazione per relationem - generalmente legittima - qualora essa si traduca nel riferimento ad atti non conosciuti e non conoscibili dalle parti, che non sono in grado conseguentemente di esercitare in concreto il diritto di difesa, e dal giudice sovraordinato, che non avendo contezza dell'atto, frequentemente neppure inserito nel fascicolo processuale, non è posto nelle condizioni di svolgere il sindacato di legittimità. (Fattispecie in cui la motivazione della misura si basava su un generico riferimento alla «comunicazione di notizia di reato» e ad una «annotazione», non allegate agli atti e ritenute perciò dalla Corte prive di contenuto concreto).

Cass. pen. n. 292/1997

La disposizione di cui all'art. 292, comma secondo ter, c.p.p., in base alla quale l'ordinanza cautelare deve contenere, a pena di nullità, anche la valutazione degli elementi a favore dell'imputato, non impone al giudice — in sede di applicazione della misura — la indicazione di qualsiasi elemento che sia ritenuto favorevole dal difensore, né tantomeno gli prescrive — in sede di riesame — la confutazione, punto per punto, di qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l'irrilevanza o la non pertinenza, restando circoscritto l'obbligo motivazionale alla disamina delle specifiche allegazioni difensive contrastanti obiettivamente con gli elementi accusatori.

Cass. pen. n. 6868/1997

La nullità prevista dall'art. 292, comma secondo, lett. c) e c bis), c.p.p. per il caso di mancata esposizione, nel provvedimento applicativo di una misura cautelare personale, delle specifiche esigenze cautelari, degli indizi e dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, è configurabile soltanto quando, sotto il profilo formale, si verifichi l'omissione di tali indicazioni, e non anche quando sotto un profilo sostanziale e di merito, si faccia questione della sufficienza, congruità ed esattezza delle indicazioni medesime. Pertanto, in tale seconda ipotesi, il giudice del riesame potrà e dovrà, se del caso, avvalersi del potere di integrazione della motivazione dell'ordinanza impugnata conferitogli dall'art. 309, comma nono, c.p.p., confermando, quindi, l'ordinanza suddetta anche per ragioni diverse da quelle contenute in detta originaria motivazione.

Cass. pen. n. 4840/1997

La disposizione dell'art. 292 comma secondo lett. c) c.p.p., come modificato dall'art. 9 legge 8 agosto 1995 n. 332, impone l'obbligo di motivazione, a tutela del fondamentale diritto di difesa, che non può essere assolto con il semplice riferimento ad altra ordinanza emessa in precedenza, nell'ambito di un procedimento cui l'attuale indagato non abbia partecipato. La motivazione per relationem è consentita, in materia di misure cautelari, qualora il giudice del riesame faccia riferimento al provvedimento impositivo — presupposto come conosciuto — che abbia dato luogo all'impugnazione, cioè all'interno del procedimento de libertate. Per contro, qualora l'indagato sia rimasto estraneo al procedimento, neppure basterebbe la notifica del provvedimento per supplire alla carenza della legale presunzione di conoscenza.

Cass. pen. n. 4144/1996

In materia di misure cautelari la motivazione deve investire, a norma dell'art. 292 c.p.p. non le fonti di prova in sè, ma i contenuti concreti e specifici dell'accusa, le circostanze ed i fatti significativi dell'ipotesi delittuosa formulata, enucleati dalle fonti ad opera del pubblico ministero, prima, e del giudice delle indagini preliminari, dopo. Soltanto con una precisa delimitazione del quadro indiziario è possibile, infatti, instaurare, nel procedimento incidentale, un effettivo e trasparente contraddittorio tra le parti, assicurare concretamente all'indagato il diritto di difesa e permettere al giudice sovraordinato di controllare la rilevanza, la pertinenza e la concludenza degli elementi posti a base del giudizio di probabile reità e l'iter logico attraverso il quale si perviene alla decisione. Ne consegue che è legittima la motivazione per relationem dell'ordinanza impositiva che recepisce, per economia processuale, la richiesta del pubblico ministero. (La Corte ha tuttavia precisato che quando tale richiesta si limita ad affastellare fotocopie di rapporti di polizia giudiziaria e dichiarazioni rese da soggetti collaboratori o informati sui fatti, la motivazione per relationem non è più legittima in quanto impone al giudice di merito prima, ed a quello di legittimità poi, un criterio soggettivo ed arbitrario nella valutazione degli atti proposti).

Cass. pen. n. 4325/1996

All'effetto interamente devolutivo che caratterizza l'impugnazione per riesame consegue che il giudice, al quale è conferito il potere di annullare, riformare o confermare il provvedimento impugnato anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso, può sanare, con la propria motivazione, le carenze argomentative dell'ordinanza oggetto del riesame, e ciò ancorché esse siano tali da integrare le nullità — rilevabili d'ufficio — previste dal secondo comma, lett. c) e c-bis), dell'art. 292 c.p.p. (come modificato dall'art. 9 legge 8 agosto 1995, n. 332).

Cass. pen. n. 2203/1996

L'ordinanza di custodia cautelare è integrabile per relationem, con altri provvedimenti, come quello di fermo adottato dal pubblico ministero, al fine di assolvere gli obblighi di motivazione e di descrizione sommaria del fatto, di cui all'art. 292 c.p.p.

Cass. pen. n. 3354/1996

È nulla l'ordinanza del tribunale del riesame nell'ipotesi in cui, avendo sostituito la misura cautelare della custodia in carcere con gli arresti domiciliari in riferimento all'esigenza cautelare d'impedire l'inquinamento delle prove, manchi l'indicazione della data di cessazione e quest'ultima non possa essere desunta neppure per implicito dal provvedimento predetto. La suddetta nullità è rilevabile d'ufficio fino al formarsi del cosiddetto giudicato endoprocessuale e, cioè, non si sia determinata la preclusione derivante dalla mancata impugnazione del provvedimento o dalla definitività della pronuncia.

Cass. pen. n. 2017/1996

In materia di misure cautelari, coercitive e interdittive, il potere-dovere, espressamente previsto dalla legge, di dichiarare la nullità del provvedimento applicativo, tutte le volte in cui venga rilevato il vizio contemplato dall'art. 292, secondo comma, lett. c), c.p.p., sussiste anche per il giudice di appello, al quale è inibito qualsivoglia intervento di tipo integrativo allorché accerti di ufficio la nullità e a fortiori, allorché il vizio venga dedotto dall'interessato.

Cass. pen. n. 2022/1996

La legge 8 agosto 1995, n. 332, non ha apportato alcuna innovazione in ordine al potere-dovere, già insito nel precetto dell'art. 309, comma sesto e nono, c.p.p., del tribunale del riesame di verificare l'osservanza da parte del provvedimento impositivo della misura cautelare delle prescrizioni dell'art. 292, comma secondo, c.p.p. e, quindi, di rilevare la nullità della detta ordinanza, a prescindere dalle censure fatte valere con la richiesta di riesame, la proposizione delle quali, peraltro, è prevista solo come eventuale. La riforma del 1995 rileva, invece, con riguardo al ricorso per saltum in Cassazione, qualora il vizio non abbia formato oggetto di censura, con conseguente dovere della Corte di cassazione di annullare di ufficio senza rinvio per violazione dell'art. 292, comma secondo, c.p.p. il provvedimento impugnato. I poteri del Supremo Collegio, al contrario, saranno circoscritti all'esame dei soli motivi di ricorso qualora la stessa non sia investita del gravame diretto ma dell'impugnazione avverso l'ordinanza del giudice del riesame, che può integrare quello genetico.

Cass. pen. n. 19820/1996

L'art. 292 c.p.p. non impedisce l'emissione di una ordinanza di custodia cautelare cumulativa, nella quale cioè la stessa motivazione si riferisce a più indagati, purché sia in ogni caso rispettata la condizione che per ciascuno di essi si provveda alla esposizione delle specifiche esigenze che giustificano in concreto la misura disposta. È perciò manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma nei limiti in cui non fa esplicito divieto di emissione di ordinanze cumulative.

Cass. pen. n. 1810/1996

In tema di misure cautelari, per quanto concerne il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, l'elemento «decorso del tempo», cui fa riferimento l'art. 292 c.p.p., può essere utilmente valutato ai fini di superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari solamente se e da quando risulti che l'indagato è receduto dall'associazione o che la stessa si è sciolta: invero essendo il reato in questione permanente non può rilevare la circostanza che i gravi indizi risalgano nel tempo posto che la data di questi ultimi non equivale a quella della cessazione della consumazione del reato associativo.

Cass. pen. n. 16/1996

Al giudice per le indagini preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare ai sensi dell'art. 292 c.p.p., ed al tribunale, in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., è consentito modificare la qualificazione giuridica data dal pubblico ministero al fatto per cui si procede. (Nell'occasione la Corte, premesso che, in applicazione del principio di legalità, al giudice è consentito sempre - e quindi anche nell'udienza preliminare - attribuire la corretta qualificazione giuridica al fatto descritto nell'imputazione, senza che ciò incida sull'autonomo potere di iniziativa del pubblico ministero, che rileva esclusivamente sotto il diverso profilo dell'immutabilità della formulazione del fatto inteso come accadimento materiale, ha altresì precisato come la predetta facoltà spetti al tribunale anche in sede di riesame o di appello avverso le misure cautelari adottate, successivamente al rinvio a giudizio, dagli organi competenti a provvedere de libertate ai sensi degli artt. 279 c.p.p. e 91 att. c.p.p., fermo restando che pure in tali ipotesi l'eventuale correzione del nomen iuris non può avere effetti oltre il procedimento incidentale).

Cass. pen. n. 2613/1996

La mancanza di motivazione costituisce violazione di legge che, come tale, può dar luogo, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., a ricorso immediato per cassazione avverso l'ordinanza applicativa di misura cautelare. Detta mancanza si concretizza non solo quando la motivazione sia graficamente assente, ma anche quando essa sia del tutto apparente; il che, in tema di misure cautelari, si verifica allorché il giudice indichi in modo del tutto generico le fonti dalle quali ha inteso trarre gli indizi di colpevolezza, ovvero si richiami in modo indeterminato al tipo di prova acquisita o, ancora accenni solo vagamente agli elementi di discolpa dell'interessato, apoditticamente ritenendoli superati da quelli a suo carico.

Cass. pen. n. 5502/1996

È consentito omettere, per ragioni di cautela processuale, la indicazione dei nominativi dei collaboranti, fonti di dichiarazioni accusatorie, sia nelle ordinanze cautelari sia nelle copie degli atti che, a seguito di eventuale richiesta di riesame, devono essere trasmessi al tribunale ai sensi dell'art. 309, quinto comma, c.p.p., e che restano depositati in cancelleria, ai sensi del successivo ottavo comma, fino al giorno dell'udienza, giacché altrimenti si toglierebbe di fatto ogni significato alla cautela originariamente osservata.

Cass. pen. n. 1452/1996

In tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, la legge impone al giudice di esporre i motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa e sanziona l'eventuale omissione con la conseguente nullità di regime intermedio (rilevabile d'ufficio, ma sanabile) dell'atto. Detto obbligo presuppone tuttavia da parte della difesa un onere positivo di presentazione degli elementi che questa ritiene rilevanti ai fini della decisione. La difesa non può perciò sotto l'indicato profilo lamentare la carente o omessa considerazione di elementi già a disposizione del giudice e dei quali egli abbia, con motivazione esplicita o implicita, tenuto conto nella decisione adottata.

Cass. pen. n. 1434/1996

In tema di provvedimenti restrittivi della libertà personale, l'art. 292 comma secondo ter c.p.p. impone espressamente di valutare anche gli elementi a favore dell'indagato, tale valutazione tuttavia va fatta solo nel caso in cui la singola circostanza o il singolo fatto storico assuma o possa assumere una sua rilevanza nell'apparato argomentativo della decisione. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha ritenuto irrilevante il fatto che il tribunale della libertà, confermando una ordinanza custodiale relativa al reato di detenzione e spaccio di circa 50 Kg. di cocaina, non avesse tenuto in considerazione il fatto che l'indagato era stato prosciolto in altro procedimento per il reato di appartenenza ad una associazione volta allo spaccio di sostanze stupefacenti, poiché nel procedimento relativo all'ordinanza impugnata non veniva neanche ipotizzata l'esistenza di una associazione finalizzata al narcotraffico).

Cass. pen. n. 2271/1996

La nullità dell'ordinanza cautelare prevista dall'art. 292, comma 2, c.p.p., non è né assoluta, né relativa, ma deve essere qualificata come nullità di terzo genere, che deve essere dichiarata di ufficio, ma che può essere sanata nelle forme previste dall'art. 185 stesso codice. Ne consegue che il tribunale del riesame, investito della cognizione di un'ordinanza cautelare priva delle indicazioni previste dall'art. 292, comma 2, c.p.p., deve dichiararne la nullità, ma al contempo tentare di integrarne adeguatamente il contenuto carente, per sanarla sulla base dei principi fissati dal citato art. 185.

Cass. pen. n. 1876/1996

In materia di misure cautelari personali, in virtù della modifica apportata all'art. 292, comma 2, c.p.p. dall'art. 9, L. 8 agosto 1995, n. 332, il decorso del tempo dalla commissione del reato ha acquisito una rilevanza primaria nella individuazione delle esigenze cautelari che giustificano l'adozione della misura, e dunque anche il mantenimento di essa. (Nella specie la corte ha annullato l'ordinanza del tribunale nella quale non era stato dato alcun rilievo al fatto che l'episodio criminoso — per cui era stata imposta la custodia in carcere — risaliva al 1987).

Cass. pen. n. 367/1996

In tema di applicazione di misure cautelari personali, la custodia in carcere non può essere disposta sulla base del rilievo che la difficoltà del continuo controllo richiesto dalla misura degli arresti domiciliari rende questi ultimi insufficienti. Ciò in quanto tale motivazione non risponde al requisito della specificità imposto dall'art. 272 c.p.p. facendosi in tal modo carico all'indagato di un problema organizzativo e di efficienza estraneo agli elementi da considerare nella valutazione.

Cass. pen. n. 984/1996

In caso di nullità dell'ordinanza impositiva di misura cautelare, per inosservanza dell'art. 292, commi 2 e 2 ter, quali, rispettivamente, modificati ed introdotti dall'art. 9, commi 2 e 2 bis della L. 8 agosto 1995, n. 332, l'eventuale ricorso diretto per cassazione, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., non potrà che dar luogo all'annullamento senza rinvio dell'ordinanza predetta mentre, qualora venga avanzata richiesta di riesame e venga successivamente proposto ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale, il sindacato di legittimità, siccome destinato ad avere per oggetto essenzialmente la detta decisione, dovrà essere diretto a verificare se il tribunale abbia o meno provveduto a colmare le originarie lacune motivazionali dell'ordinanza impugnata, avvalendosi dei poteri di integrazione conferitigli dall'art. 309, comma 9, c.p.p., sì che, ove ciò non risulti, la Corte di cassazione non potrà che pronunciare annullamento con rinvio degli atti al medesimo tribunale, per nuovo esame sui punti viziati.

Cass. pen. n. 4820/1996

A norma dell'art. 292, comma 2, lett. b) c.p.p., l'ordinanza che dispone la misura cautelare richiede soltanto «la descrizione sommaria del fatto». L'aggettivo «sommario» indica soltanto che la descrizione deve essere sintetica e schematica, senza alcuna specificazione di elementi di dettaglio. È cioè sufficiente che siano tratteggiate le linee esterne della contestazione, in modo che l'indagato sia posto in grado di conoscere il fatto per cui gli è applicata la misura cautelare e di poter approntare la propria difesa, riservata poi la contestazione al momento in cui il P.M. esercita l'azione penale. Ne consegue che l'indicazione della data in cui si assume essere stato consumato un determinato reato, non è un elemento necessariamente indispensabile nella «descrizione sommaria del fatto», tanto più nelle ipotesi in cui si tratti di un reato permanente che quindi non si è consumato in uno specifico momento, ma copre un lungo arco di tempo, in quanto in ogni caso l'indagato è messo in grado di conoscere il fatto per cui è stata applicata la misura cautelare e di approntare le proprie difese.

Cass. pen. n. 3576/1995

L'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che dispone l'applicazione di una misura cautelare deve contenere, a pena di nullità, la descrizione sommaria del fatto con le norme di legge che si assumono violate, e l'omissione di tale indicazione non può essere sanata dalla notifica all'indagato, successiva a quella dell'ordinanza, della richiesta del pubblico ministero, ove è specificata l'imputazione ed è descritto il fatto. (Nella specie la notifica della richiesta del pubblico ministero era avvenuta qualche ora dopo la notifica dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari).

Cass. pen. n. 3477/1995

In tema di ordinanza applicativa di misura cautelare l'art. 9 della L. 8 agosto 1995, n. 332 ha dettato una norma sostitutiva dell'art. 292 c.p.p., ponendo elementi integrativi dell'ordinanza cautelare, tra cui anche la valutazione degli elementi a favore dell'indagato, forniti dalla difesa, sanzionando la mancanza di tale valutazione con la nullità. Pertanto l'omessa valutazione in ordine a detti elementi comporta l'annullamento dell'ordinanza, con rinvio al giudice del riesame, anche se la legge in vigore al momento dell'emissione di detta ordinanza non richiedeva sul punto alcuna motivazione.

Cass. pen. n. 3109/1995

Ai sensi dell'art. 292 comma 2 lett. c), quale modificato dalla L. 8 agosto 1995 n. 332, l'esposizione nell'ordinanza impositiva di una misura cautelare personale dei motivi per i quali gli elementi di fatto «assumono rilevanza» non può non «tenere conto anche del tempo intercorso dalla commissione del reato»: e ciò non solo relativamente alle esigenze cautelari - ove il parametro temporale per saggiare il periculum libertatis assume evidente rilievo prognostico - ma anche con riferimento al quadro indiziario rispetto al quale il suddetto parametro costituisce criterio per apprezzare le relative fonti in termini di credibilità.

La nullità comminata dal comma 2 dell'art. 292 c.p.p. modificato dall'art. 9 della L. 8 agosto 1995 n. 332 per l'ipotesi di mancanza degli elementi descrittivi del contenuto tassativo dell'ordinanza impositiva di una misura cautelare personale, ha natura di sanzione processuale deducibile non solo dalla parte, ma rilevabile anche di ufficio fino a che non si sia formato il cosiddetto giudicato endoprocessuale, ovvero non si sia determinata la preclusione derivante dalla mancata impugnazione del provvedimento cautelare o conseguente alla definitività della pronuncia del tribunale in caso di proposto gravame.

Cass. pen. n. 4038/1995

Il comma 1 dell'art. 291 c.p.p. espressamente prevede che le misure cautelari personali siano disposte dal giudice competente «su richiesta del P.M.» che presenta gli elementi su cui essa si fonda. Non occorre che detta richiesta e, corrispondentemente, la conseguente ordinanza impositiva del giudice siano, rispettivamente, formulata e recepita nel provvedimento con l'indicazione delle ipotesi di reato formalmente trasfuse in autonomi, specifici capi d'imputazione, potendo invece risultare una o più di esse (anche) dal contesto motivazionale. Quel che è indispensabile è che non solo le ipotesi di reato non esplicitamente formulate in capi di imputazione siano contenute nel contesto motivazionale del provvedimento, ma che queste risultino non inserite in maniera soltanto discorsiva, ovvero obiter tantum o comunque in un contesto non legato funzionalmente all'emissione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare verso la quale la richiesta del P.M. è stata diretta. (Fattispecie relativa a richiesta formulata in relazione ai reati di omicidio e illegale detenzione di arma comune da sparo, ma non anche in relazione alla detenzione illegale di ordigni esplosivi, menzionata nella motivazione dell'ordinanza impositiva di custodia cautelare unicamente a fini di indicazione degli indizi di colpevolezza per il reato di omicidio. Con riferimento ad essa, la Suprema Corte ha ritenuto che i termini massimi di custodia cautelare - una volta intervenuta l'assoluzione dal delitto di omicidio — dovessero computarsi esclusivamente con riguardo alla residua imputazione di detenzione illegale di arma comune da sparo, e non anche in relazione all'ipotesi di detenzione illegale di ordigni esplosivi).

Cass. pen. n. 3656/1994

L'art. 292, comma 2, lettera d), c.p.p., in base al quale è fatto obbligo al giudice di fissare la durata della misura cautelare, quando questa è disposta al fine di garantire l'acquisizione o la genuinità della prova, non impone al giudice di esporre anche le ragioni che giustificano l'entità del termine apposto, in quanto la relativa determinazione si trova in rapporto di logica dipendenza con la natura delle esigenze custodiali poste alla base del provvedimento restrittivo, rispetto alle quali il calcolo va effettuato con una valutazione che, tenuto conto della fluidità della situazione procedimentale nella fase delle indagini preliminari, non può che essere espressa se non in termini di generica congruità.

Cass. pen. n. 2883/1994

In caso di totale mancanza, nell'ordinanza applicativa di misura cautelare, dell'indicazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano, in concreto, la misura disposta, costituendo detta mancanza, ai sensi dell'art. 292, comma 2, c.p.p., causa di nullità dell'ordinanza medesima, il tribunale chiamato a pronunciarsi sull'eventuale richiesta di riesame e davanti al quale la relativa eccezione sia stata formulata, deve annullare il provvedimento impugnato, essendogli inibito integrarlo nella parte che presenta la mancanza summenzionata.

Cass. pen. n. 2378/1994

Il persistente stato di detenzione, cautelare o esecutivo, di soggetto sottoposto a indagini, o comunque, la preesistenza di vincoli alla sua libertà non sono impeditivi all'emissione di un ulteriore titolo cautelare allorquando il giudice di merito ritenga che, nonostante la detenzione per espiazione di pena, restino ancora attuali le esigenze cautelari.

Cass. pen. n. 2111/1994

La mancata specifica indicazione nel provvedimento, che dispone una misura a tempo predefinito per cautele istruttorie, del termine di durata non ne comporta la nullità se la durata medesima possa, comunque, essere desunta dal testo del provvedimento stesso sì da non far sorgere incertezze circa l'esatta individuazione della scadenza prescritta; in ogni altro caso in cui non sia possibile individuare la precisa predeterminazione del termine finale, anche per relationem a dati oggettivi e non eventuali altrimenti precisati, il tenore letterale dell'art. 292, comma 2, lett. d), c.p.p. e la sua ratio inducono la inequivoca nullità del provvedimento, dato che circa la certezza del termine non possono sussistere dubbi. (Fattispecie nella quale il giudice di merito ebbe a fissare la durata della custodia cautelare con riferimento alle esigenze probatorie «sino alla chiusura delle indagini preliminari»; affermando il principio di cui sopra la Cassazione ha annullato senza rinvio la relativa ordinanza osservando altresì che detto termine appare imprecisato ed indefinibile potendo, per un verso il tempo delle indagini non esaurire il periodo massimo consentito dalla legge e, d'altro conto potendo esso subire un allungamento in virtù di proroghe di incerta preventiva determinazione).

Cass. pen. n. 1696/1994

Ai fini della validità dell'ordinanza emessa da un giudice collegiale - anche per il nuovo codice di rito - è sufficiente che il provvedimento sia sottoscritto dal presidente e dall'estensore, ponendo l'art. 546, comma 2, c.p.p. un principio di ordine generale.

Cass. pen. n. 2495/1994

Non sussiste la nullità del provvedimento applicativo della custodia cautelare in carcere per la violazione dell'art. 292, comma 1, lett. b), c.p.p. (che impone «la descrizione sommaria del fatto, con l'indicazione delle norme che si assumono violate») allorquando la mancata consegna all'indagato della richiesta del P.M. contenente gli estremi dei fatti in relazione ai quali la misura cautelare viene disposta e qualificata nell'ordinanza stessa come parte integrante di questa, sia da attribuire alla mera omissione, di carattere materiale, dell'ufficiale incaricato dell'esecuzione. (Fattispecie nella quale, secondo la Suprema Corte, correttamente l'organo giudiziario ovviò all'omissione suddetta mediante l'ordine volto alla notificazione del documento all'indagato).

Cass. pen. n. 1876/1994

Il principio della immodificabilità delle ordinanze definitive rebus sic stantibus è principio generale; conseguentemente, anche se il cosiddetto giudicato appare attenuato per i provvedimenti cautelari, esecutivi e di sorveglianza, rispetto all'irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali, tuttavia i limiti del riesame di tali provvedimenti devono ritenersi rigorosi e subordinati alla sopravvenienza di fatti nuovi ovvero non considerati che incidono sulla situazione cautelare o esecutiva in atto: né può considerarsi fatto nuovo una evoluzione giurisprudenziale di norma giuridica già diversamente applicata o una prospettazione diversa dei medesimi fatti, costituendo entrambe le ipotesi censure giuridiche, ormai precluse, ad una decisione definitiva. (Affermando siffatti principi la Cassazione ha ritenuto che correttamente la corte d'appello, quale giudice dell'esecuzione, avesse dichiarato inammissibile un'istanza diretta ad ottenere applicazione della continuazione, costituente riproposizione di altra precedentemente già respinta, non essendosi dedotti fatti nuovi, ma semplicemente erronea applicazione dell'istituto).

Cass. pen. n. 955/1994

In tema di provvedimenti concernenti la libertà personale dell'indagato, deve ritenersi legittima la motivazione per relationem del provvedimento, sempre che quella richiamata sia conosciuta o conoscibile dall'interessato in modo che questi sia in grado di controllarne — sia pure esaminando un provvedimento diverso — la congruenza, la logicità e la legittimità.

Cass. pen. n. 4574/1994

I requisiti della descrizione sommaria del fatto e dell'esposizione degli indizi, previsti dall'art. 292 c.p.p. per le ordinanze che impongono misure cautelari, possono ritenersi sussistere quando la motivazione del provvedimento coercitivo, premesso che «sussistono senza remora di dubbio gravissimi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di particolare gravità ascritti all'indagato», sia correlata con la successiva indicazione delle norme di legge violate (che specificamente consentono d'individuare i vari titolo di reato oggetto della misura, oltre che le date ed i luoghi in cui sono stati accertati) e con l'espresso riferimento all'arresto in flagranza, per il quale vi sia stata convalida contestuale all'applicazione della misura coercitiva; in tal modo scatta il collegamento anche con le ammissioni fatte dall'indagato in sede di giudizio di convalida ed in generale con le dichiarazioni da lui rese in ordine alle circostanze cui si riferiscono le richieste del pubblico ministero. L'implicito riferimento che si opera con la logica e cronologica correlazione alle richieste del P.M., nonché l'immediatezza del collegamento con la convalida dell'arresto e le ammissioni dell'indagato, costituiscono elementi idonei ad integrare, in funzione vicaria, i contenuti in parte espressamente enunciati cui deve fare riferimento l'ordinanza del Gip.

Cass. pen. n. 2667/1993

L'ordinanza custodiale adottata in violazione delle regole sulla competenza per materia, è nulla soltanto quando la detta violazione evidenzi una difformità tra fattispecie legale e fattispecie reale rilevabile ictu oculi.

Cass. pen. n. 4522/1993

Ai fini della corretta motivazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari personali in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, non può considerarsi sufficiente la mera enunciazione delle fonti di prova, essendo, al contrario, compito indeclinabile del giudice di merito quello di interpretare gli elementi indiziari a disposizione, di valutarne il contenuto con prudente apprezzamento e, quindi, di esternare le ragioni logiche che rendono attendibile una conclusione anziché un'altra. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la corte ha annullato con rinvio un'ordinanza del tribunale del riesame nella quale la motivazione relativa agli indizi di colpevolezza, non integrabile neppure mediante riferimento a quella dell'ordinanza applicativa della misura cautelare, consisteva unicamente nella apodittica affermazione secondo cui gli indizi anzidetti erano forniti dalle «convergenti dichiarazioni», non meglio illustrate, di alcuni «collaboranti», di cui si indicavano soltanto i nominativi).

Cass. pen. n. 1923/1993

La motivazione dei provvedimenti che impongono la misura cautelare della custodia in carcere, necessariamente sommaria, non può trasformarsi in una pronuncia anticipatoria del conclusivo giudizio finale, anche se deve, comunque, sempre fondarsi su fatti e circostanze concrete e ragionevolmente significative nella prospettiva dell'ipotesi criminosa formulata nei confronti dell'indagato onde consentire la ricostruzione dell'iter argomentativo attraverso cui il giudice è pervenuto alla decisione adottata.

Cass. pen. n. 2164/1993

La mancanza di motivazione dell'ordinanza con cui è disposta una misura coercitiva costituisce violazione di legge e può dar luogo al ricorso immediato per cassazione a norma dell'art. 311, secondo comma, c.p.p. ma è deducibile unicamente a norma dell'art. 606, primo comma, lettera e) c.p.p.

Cass. pen. n. 2749/1993

L'obbligo di motivare il provvedimento impositivo di misura cautelare, posto al giudice dall'art. 292, comma secondo, c.p.p., può ritenersi adempiuto anche quando la previsione sfavorevole all'indagato sia fondata su circostanze che singolarmente considerate appaiono scarsamente significative, ma che valutate globalmente e coordinate razionalmente tra loro assumano una valenza probatoria di grado sufficiente. È tuttavia indispensabile che gli elementi di fatto da cui gli indizi sono desunti, quale che ne sia la natura, risultino legati da un chiaro ed univoco nesso logico se non storico, con lo specifico reato per il quale si procede e con l'autore dello stesso, nel senso che essi devono rivelarsi idonei a dimostrare non solo la probabile natura della condotta criminosa ipotizzata, ma anche la sua riferibilità ad una o più persone determinate.

Cass. pen. n. 1868/1993

Nelle ordinanze che dispongono misure cautelari il requisito della descrizione sommaria del fatto di cui all'art. 292, lettera b), c.p.p. può risultare per relationem dall'espresso riferimento fatto nell'ordinanza alla richiesta del P.M. E invero, tale riferimento determina una cosiddetta incorporazione, nel provvedimento del giudice, dei dati e degli elementi (oltreché delle considerazioni) risultanti dalla richiesta del pubblico ministero.

Cass. pen. n. 1489/1993

La mancata, specifica indicazione, nell'ordinanza applicativa di custodia cautelare, della identità dei soggetti dai quali provengano dichiarazioni accusatorie assunte come indizi di colpevolezza, in quanto giustificata da plausibili ragioni di cautela processuale, non può costituire causa alcuna di nullità, posto che l'art. 292, secondo comma, lettera c), c.p.p., nel prevedere l'obbligo dell'indicazione, nella suddetta ordinanza, «degli elementi di fatto da cui (gli indizi) sono desunti e dei motivi della loro rilevanza», non fa alcun riferimento anche alle fonti da cui i detti elementi sono ricavati e, d'altra parte, dal combinato disposto degli artt. 294, quarto comma e 65, primo comma, c.p.p., risulta anche la possibilità di omettere, in sede di interrogatorio, la comunicazione all'interrogato delle fonti degli elementi di prova a suo carico, quando da tale comunicazione possa derivare pregiudizio per le indagini.

Cass. pen. n. 1164/1993

In tema di misure cautelari, l'obbligo di motivare il convincimento circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può ritenersi adempiuto dal giudice, che si limiti a un generico rinvio alle fonti di prova, senza la precisazione del loro contenuto o, quanto meno, degli elementi idonei a consentire la individuazione degli specifici riferimenti, la cui forza probante abbia reputato tale da indurlo ad adottare la misura cuatelare. Diversamente, invero, si precluderebbe, di fatto, agli interessati di esercitare appieno il loro diritto di difesa per l'impossibilità di individuare gli elementi d'accusa presi in considerazione per ciascuno e al giudice dell'impugnazione di esercitare il suo sindacato, specie in sede di legittimità, dati i limiti imposti dall'art. 606, lettera e), c.p.p., al sindacato della Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 1197/1993

Il principio per cui i provvedimenti soggetti ad impugnazione divengono definitivi allorquando sia infruttuosamente decorso il termine per impugnare o siano stati esauriti i gravami previsti dalla legge, coprendo il dedotto ed il deducibile, vale anche per i provvedimenti concernenti la libertà personale i quali, tuttavia, sono caratterizzati da una definitività particolare in quanto riconducibili alla categoria dei provvedimenti sottoposti alla clausola rebus sic stantibus nel senso che è consentito un costante adeguamento del diritto alla libertà alla evoluzione della situazione di diritto sostanziale e processuale, le cui modifiche, pertanto, consentono di rivedere lo status detentionis. (La Cassazione ha osservato che il principio di cui in massima è ricavabile anche dall'art. 299 commi primo, secondo e quarto c.p.p. ove sono considerate e regolate le ipotesi di revoca o di sostituzione sia delle misure coercitive personali che di quelle interdittive appunto in dipendenza dei mutamenti che intervengono e che possono influire sulle condizioni di legittimità per l'applicazione delle misure od in ordine alle esigenze cautelari).

Cass. pen. n. 1755/1993

In un procedimento incidentale, di qualsivoglia specie o natura, non è consentita la ripetizione di istanze proponenti lo stesso thema decidendi e così pure nei successivi gradi di impugnazione; in tale situazione processuale il giudice, sia nella prima sede che in quelle successive, una volta accertata la ripetitività dell'atto e la non sussistenza di elementi nuovi (isolatamente considerati, come pure in congiunzione a quelli già esaminati nelle sedi precedenti), tali da proporre altri profili di cognizione e quindi di decisione, ha il solo potere processuale di dichiarare l'inammissibilità, senza procedere ad una rinnovata valutazione. (Fattispecie in tema di misure cautelari personali).

Cass. pen. n. 4285/1993

È legittima e sufficiente la motivazione del provvedimento relativo a richiesta concernente la libertà personale che faccia rinvio ad altro analogo e recente provvedimento se, nelle more, non sono intervenuti mutamenti nella situazione di fatto e processuale. (Fattispecie relativa a non accolta richiesta di revoca di ordinanza di custodia cautelare già oggetto di riesame confermata in quella sede).

Cass. pen. n. 4610/1993

Nel caso in cui il Gip, richiesto della revoca o della sostituzione della misura cautelare applicata, ritenga di doverla invece mantenere per esigenze cautelari diverse da quelle individuate con la prima ordinanza, deve, nell'emanare il nuovo provvedimento, attenersi alle disposizioni di legge e quindi, nel caso in cui ponga a base di tale provvedimento il fine di garantire l'acquisizione o la genuinità della prova, deve osservare il disposto dell'art. 292, secondo comma, lett. d), c.p.p., che impone la fissazione della durata della misura. (La Cassazione ha altresì evidenziato che l'art. 292 c.p.p. è applicabile a tutti i provvedimenti riguardanti le misure cautelari emessi sia dal Gip che dal tribunale del riesame).

Cass. pen. n. 3344/1992

Il P.M. che abbia richiesto una misura per plurime esigenze cautelari ha interesse ad impugnare l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che abbia adottato la richiesta misura soltanto per ragioni concernenti la prova, con fissazione del termine di cui all'art. 292, secondo comma, lett. d), c.p.p.; e ciò considerate le differenti conseguenze, anche di ordine pratico, sul successivo sviluppo processuale.

Cass. pen. n. 554/1992

Alla stregua del principio fissato dall'art. 309 comma nono c.p.p., secondo cui il tribunale del riesame può confermare l'ordinanza applicativa di misura cautelare anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione di detta ordinanza, deve riconoscersi la possibilità, per il summenzionato tribunale, di eliminare esso stesso, fissando direttamente la durata della misura, il vizio costituito dalla mancata indicazione di detta durata, in violazione del disposto di cui all'art. 292 comma primo lett. d) c.p.p., nel provvedimento oggetto di riesame.

Cass. pen. n. 789/1992

Sussiste nullità dell'ordinanza applicativa di misura cautelare, per violazione dell'art. 292, comma secondo, lett. c) c.p.p., quando detta ordinanza non contenga l'esposizione delle ragioni sulla base delle quali gli indizi (che devono essere specificamente enunciati nel loro contenuto, anche quando si taccia la fonte da cui promanano), sono stati ritenuti di rilevanza e concludenza tali da far apparire probabile, allo stato degli atti, la colpevolezza dell'indagato.

Cass. pen. n. 357/1992

Sussiste nullità dell'ordinanza applicativa di misura cautelare, per violazione dell'art. 292 comma primo, lett. d) e c) c.p.p. quando dal testo di detta ordinanza non sia possibile desumere con sufficiente chiarezza quali siano i fatti specifici per cui si procede e, conseguentemente, quali siano, con riguardo a ciascuno di essi, gli elementi assunti come indizianti. (Nella specie la S.C. ha rilevato un disordinato affastellamento di fatti sommariamente richiamati, accompagnato da riferimenti soltanto generici a informazioni provenienti da fonti non precisate, senza neppure l'enunciazione di quelle esigenze di cautela processuale, la cui presenza avrebbe potuto legittimare la mancata indicazione nominativa di dette fonti).

Cass. pen. n. 1748/1992

Il giudicato che si forma in relazione ad un procedimento incidentale riguardante l'applicazione di una misura cautelare copre il dedotto, ma non il deducibile. Diversamente, si introdurrebbe un limite preclusivo di ammissibilità ignoto allo stesso giudizio principale, nel quale è consentito alle parti devolvere al giudice d'appello questioni non prospettate a quello di prima istanza. (La S.C., ha annullato l'ordinanza del Tribunale della libertà che rigettava l'appello contro il provvedimento con cui il G.I.P. aveva respinto l'istanza di revoca della misura cautelare personale, rilevando che la doglianza sulla legittimità delle intercettazioni telefoniche eseguite, formulata per la prima volta, era preclusa dal giudicato implicito, formatosi a seguito di due precedenti istanze di revoca, disattese dal G.I.P. e non impugnate dall'interessato).

Cass. pen. n. 5/1991

La mancanza di motivazione dell'ordinanza che dispone una misura coercitiva costituisce una violazione di legge, può dar luogo al ricorso immediato per cassazione a norma dell'art. 311, comma secondo, c.p.p. ed è deducibile unicamente a norma dell'art. 606, comma primo lett. e), c.p.p.

La motivazione dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva, come quella degli altri provvedimenti che il giudice è chiamato a emettere su richiesta del pubblico ministero, senza sentire l'altra parte, può essere di adesione alle argomentazioni del richiedente.

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