Cass. pen. n. 14675/2018
Il legittimo impedimento del difensore, quale causa di rinvio dell'udienza, non rileva nei procedimenti in camera di consiglio, per i quali è previsto che i difensori, il pubblico ministero e le altre parti interessate, siano sentiti solo se compaiono, sicché, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio, é sufficiente che vi sia stata la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza. (Nella specie la Corte ha ritenuto che la richiesta di differimento dell'udienza fissata dinanzi al Tribunale della Libertà per concomitanti impegni professionali del difensore non imponga il rinvio ad altra udienza).
Cass. pen. n. 27074/2017
Nel procedimento di sorveglianza, in sede di udienza camerale partecipata ai sensi dell'art. 127 cod. proc. pen, è rilevante l'impedimento del difensore tempestivamente comunicato e determinato da serie ragioni di salute debitamente provate, sicchè esso costituisce una causa di rinvio dell'udienza che, se disattesa, dà luogo a nullità di quest'ultima. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza che, decidendo in assenza del difensore legittimamente impedito, aveva revocato la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale nei confronti del ricorrente, non tenendo conto dell'impedimento stesso).
Cass. pen. n. 3954/2017
Il procedimento camerale, per la sua struttura scarsamente formale, consente al giudicante di acquisire informazioni e prove, anche di ufficio, senza l'osservanza dei principi sull'ammissione della prova di cui all'art. 190 cod. proc. pen., essendo essenziale l'accertamento dei fatti, nel semplice rispetto della libertà morale delle persone e con le garanzie del contradditorio. (Nella fattispecie, la S.C. non ha ravvisato alcuna lesione del principio del contraddittorio nel fatto che, nell'ambito di procedimento per l'applicazione della confisca di prevenzione, regolato dall'art. 666 cod. proc. pen. in virtù del rinvio di cui all'art. 7, comma nono, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nel corso della prima udienza in appello erano state disposte, su istanza del procuratore generale, ulteriori indagini su operazioni immobiliari mediante delega alla Guardia di Finanza, senza concedere alcun termine a difesa per l'esame del rapporto integrativo dopo il suo deposito o per richiedere prove a discarico, e senza dare avviso al difensore del deposito stesso).
Cass. pen. n. 50730/2016
In materia di procedimenti in camera di consiglio, l'espressione "sono sentiti se compaiono", contenuta nel comma terzo dell'art. 127 cod. proc. pen., non postula una specifica iniziativa del giudice, ma vincola quest'ultimo solo a raccogliere le dichiarazioni che le parti intendano fare, sicchè, ove la parte non eserciti tale diritto, nè manifesti l'intenzione di esercitarlo, nessuna violazione processuale può ravvisarsi nel comportamento del giudice che pervenga alla decisione senza alcuna audizione della parte stessa.
Cass. pen. n. 41432/2016
L'impedimento del difensore a comparire in udienza dovuto a serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate, non comporta l'obbligo di nominare un sostituto processuale o di indicare le ragioni della mancata nomina. (Fattispecie in cui la S.C. ha censurato il provvedimento con cui il giudice di merito ha rigettato l'istanza di rinvio dell'udienza motivandola esclusivamente sulla mancata designazione, da parte del difensore impedito, del sostituto processuale).
Cass. pen. n. 44413/2015
Nel giudizio di appello in camera di consiglio si applica il più breve termine di comparizione (non inferiore a dieci giorni) previsto in via generale dall'art. 127 cod. proc. pen. e non quello di cui all'art. 601, comma terzo, dello stesso codice, essendo la camera di consiglio riservata ai giudizi di appello che non coinvolgono complesse questioni di fatto o di diritto.
Cass. pen. n. 32251/2015
L'avviso di fissazione dell'udienza camerale nel giudizio di appello non deve obbligatoriamente essere tradotto nella lingua del destinatario quando questi sia uno straniero che non conosce la lingua italiana, non contenendo il suddetto avviso alcun elemento di accusa, ma solo la data dell'udienza fissata per l'esame del gravame proposto dallo stesso imputato o dal suo difensore.
Cass. pen. n. 5935/2015
Nel procedimento conseguente all'appello avverso provvedimenti in materia di sequestro preventivo, l'acquisizione di atti da parte del giudice al di fuori dell'udienza camerale di cui all'art. 127 cod. proc. pen. (applicabile in forza del richiamo dell'art. 322 bis cod. proc. pen. all'art. 310 dello stesso codice) viola il principio del contraddittorio, determinando una nullità ai sensi degli artt. 178 lett. c) e 181 cod. proc. pen., in quanto il difensore deve poter interloquire su tutta la documentazione utilizzabile ai fini della decisione.
Cass. pen. n. 5930/2015
Nel procedimento per la restituzione in termini, il giudice competente a provvedere sulla relativa istanza decide "de plano", a meno che non sia in corso un procedimento principale con rito camerale, nel qual caso la decisione deve avvenire nelle medesime forme, perché l'art. 175, comma quarto, cod. proc. pen. non opera alcun espresso richiamo alle formalità di cui all'art. 127 cod. proc. pen.
Cass. pen. n. 4257/2015
È inammissibile per mancanza di interesse ad impugnare il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso il provvedimento con cui il G.u.p. corregge con procedura "de plano" il decreto che dispone il giudizio immediato (nella specie, sostituendo il Tribunale, quale organo competente per la celebrazione del giudizio, con la indicazione della Corte di Assise), in difetto di allegazione della deduzione difensiva che non è stato possibile proporre nell'omessa udienza camerale.
Cass. pen. n. 3547/2015
La sentenza pronunciata in appello all'esito di giudizio abbreviato deve essere pubblicata mediante lettura del dispositivo in udienza camerale dopo la deliberazione, e non mediante deposito in cancelleria. Tuttavia, in caso di omessa lettura, la sentenza non è abnorme o nulla, verificandosi una mera irregolarità, che produce però effetti giuridici, impedendo il decorso dei termini per l'impugnazione.
Cass. pen. n. 3113/2015
L'astensione del difensore dalle udienze non è riconducibile nell'ambito dell'istituto del legittimo impedimento, costituendo espressione di un diritto di libertà, il quale, se esercitato nel rispetto e nei limiti indicati dalla legge e dal codice di autoregolamentazione, impone il rinvio anche dell'udienza camerale, in tutti i casi in cui il procedimento preveda la partecipazione necessaria del difensore. (Fattispecie in tema di procedimento di sorveglianza che segue il rito camerale ai sensi degli artt. 666 e 678 c.p.p.).
Cass. pen. n. 317/2015
Nel procedimento per la restituzione in termini, il giudice competente provvede "de plano" sull'istanza, atteso che l'art. 175, comma quarto, c.p.p. non opera alcun richiamo alla disciplina prevista dall'art. 127 c.p.p., salvo che sia in corso un procedimento principale celebrato con rito camerale, nel qual caso la decisione sull'istanza deve avvenire con le medesime forme.
Cass. pen. n. 53024/2014
In tema di procedimento di esecuzione, è affetto da nullità il decreto di fissazione dell'udienza camerale che contenga un'indicazione dell'oggetto della trattazione assolutamente generico, inidoneo a consentire al destinatario dell'avviso di cui all'art. 666, terzo comma, c.p.p. di predisporre un'effettiva difesa. (Fattispecie nella quale il decreto di fissazione recava l'indicazione "revoca dei benefici" che non poneva l'interessato nella condizione di comprendere a quale beneficio si facesse riferimento).
Cass. pen. n. 48423/2014
In tema di appello avverso i provvedimenti "de libertate", l'inosservanza del termine di dieci giorni liberi per l'avviso alle parti ed ai difensori del giorno dell'udienza, stabilito dall'art. 127 c.p.p. per il procedimento in camera di consiglio - alle cui forme fa rinvio l'art. 310, comma secondo, c.p.p. - determina una nullità a regime intermedio e non una nullità assoluta ex art. 179 c.p.p., in quanto quest'ultima presuppone l'omessa (e non l'intempestiva) citazione dell'interessato o del suo difensore.
Cass. pen. n. 32904/2014
Nessuna norma fissa i termini perentori entro i quali deve essere notificato il provvedimento del Tribunale di sorveglianza, non potendo tale natura perentoria essere desunta dal disposto dell'art. 127, comma settimo, c.p.p. che impone la comunicazione e notificazione alle parti "senza ritardo" dei procedimenti svoltisi in camera di consiglio, in quanto la genericità della previsione non la rende rapportabile al concetto di termini perentori. (Fattispecie relativa a reclamo proposto da un detenuto avverso il provvedimento avente ad oggetto la limitazione alla ricezione della stampa locale).
Cass. pen. n. 16169/2014
Nell'udienza camerale tenuta a seguito dell'opposizione proposta dalla persona offesa avverso la richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., il giudice deve provvedere all'audizione dell'opponente qualora questi ne abbia fatto domanda e l'eventuale omissione di tale adempimento produce - per il combinato disposto degli artt. 127, commi terzo e quinto e 409, comma secondo, c.p.p. - una nullità a regime intermedio, la quale deve essere eccepita immediatamente dopo il mancato compimento dell'atto.
Cass. pen. n. 49793/2013
In tema di ricorso per cassazione avverso un'ordinanza cautelare del tribunale del riesame, devono trovare applicazione le forme previste dall'art. 127 cod. proc. pen., norma speciale rispetto a quella dell'art. 121 cod. proc. pen., in ragione del richiamo espresso contenuto nell'art. 311, comma quinto, cod. proc. pen., sicchè le eventuali memorie delle parti devono essere presentate in cancelleria "fino a cinque giorni prima dell'udienza" a pena di inammissibilità.
Cass. pen. n. 45190/2013
In tema di archiviazione, il combinato disposto dei commi primo e terzo dell'art. 127 cod. proc. pen. - applicabili all'udienza fissata a seguito di opposizione all'archiviazione della persona offesa, in virtù del rinvio di cui al comma secondo dell'art. 409 cod. proc. pen. - garantiscono alla persona offesa e al suo difensore la piena esplicazione del diritto di difesa e, quindi, tutelano la concreta possibilità di partecipazione all'udienza. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l'ordinanza del Gip per violazione del diritto al contraddittorio in un caso in cui il difensore della parte offesa, tre quarti d'ora prima dell'inizio dell'udienza, aveva inviato un fax alla cancelleria con cui comunicava un breve ritardo non superiore a 40 minuti per un imprevisto ed il Gip aveva, invece, ritenuto di non attendere e aveva nominato un difensore di ufficio, pronunciando all'esito dell'udienza ordinanza di archiviazione).
Cass. pen. n. 24832/2013
È abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, richiesto dall'indagato di provvedere alla distruzione della documentazione relativa alle intercettazioni telefoniche e ambientali ritenute inutili, rigetti "de plano" l'istanza omettendo di fissare la prescritta udienza camerale. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto necessario il contraddittorio per contemperare il diritto del richiedente a tutelare la sua riservatezza con l'interesse pubblico alla conservazione degli atti del procedimento, in ragione del fatto che, essendo solo archiviato, esso è sempre suscettibile di riapertura).
Cass. pen. n. 4992/2012
Una volta disposto dalla Corte di Cassazione l'annullamento della sentenza di patteggiamento in relazione al calcolo riguardante l'ammontare del prezzo oggetto di confisca per equivalente, il giudizio di rinvio deve proseguire davanti al giudice delle indagini preliminari nelle forme di cui all'art. 127 c.p.p. con lo scopo di integrare la sentenza di patteggiamento mediante nuova decisione sulla confisca. (Nella specie la S.C. ha annullato la decisione assunta dal giudice di rinvio nelle forme dell'incidente di esecuzione, osservando che non vi fosse alcun provvedimento da eseguire).
Cass. pen. n. 4793/2012
Nel procedimento di appello cautelare, il deposito delle memorie difensive è regolato non già dalla norma generale di cui all'art. 121 c.p.p., bensì da quella speciale di cui al comma secondo dell'art. 127 c.p.p., espressamente richiamata dall'art. 310 c.p.p., con la conseguenza che deve essere rispettato, a pena di inammissibilità, il termine dilatorio di cinque giorni prima dell'udienza.
Cass. pen. n. 17068/2011
In tema di procedimenti in camera di consiglio, la richiesta di partecipazione all'udienza da parte dell'imputato deve essere presentata, a pena di decadenza, entro il termine di cinque giorni antecedenti l'udienza di cui all'art. 127, comma secondo, c.p.p.
Cass. pen. n. 13590/2011
È ricorribile per cassazione l'ordinanza che decide sull'istanza di correzione dell'errore materiale.
Cass. pen. n. 12482/2011
La disciplina prevista per lo svolgimento della discussione in dibattimento dall'art. 523 c.p.p., secondo il quale è possibile la replica ed in ogni caso l'imputato e il difensore devono avere la parola per ultimi se la domandano non trova applicazione nei procedimenti in camera di consiglio. (Fattispecie nella quale il ricorrente lamentava che i difensori degli indagati non avevano concluso per ultimi, e che una espressa richiesta di replica, dopo le conclusioni del P.M., era stata respinta).
Cass. pen. n. 7081/2010
Il rinvio dell'udienza camerale per l'opposizione alla richiesta di archiviazione non comporta la necessità di alcun avviso alla persona offesa che, sebbene regolarmente avvisata della fissazione dell'udienza, non sia comparsa.
Cass. pen. n. 16228/2007
La mancata partecipazione all'udienza camerale, fissata per l'opposizione alla richiesta di archiviazione, della persona offesa e del suo difensore, i quali hanno atteso di essere chiamati nell'aula d'udienza, non è causa di nullità, dal momento che la legge non prescrive la necessità della chiamata, nemmeno per l'udienza pubblica, facendo onere alle parti di segnalare la propria presenza.
Cass. pen. n. 35866/2006
In tema di procedimento in camera di consiglio, qualora l'interessato sia detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e debba procedersi alla sua audizione da parte del locale magistrato di sorveglianza, ai sensi dell'art. 127, comma terzo, c.p.p., non è necessaria, per l'avviso al difensore, l'osservanza del termine di dieci giorni previsto dal comma primo dello stesso articolo (e neppure, ove si tratti di appello de libertate di quello di tre giorni, previsto dal comma ottavo dell'art. 309 c.p.p., non facente parte di quelli richiamati dal comma secondo dell'art. 310 c.p.p.), dovendosi ritenere necessario e sufficiente, in difetto di specifica previsione, che l'avviso sia dato con anticipo tale da consentire comunque al difensore la possibilità di intervenire. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato ritenuto sufficiente un anticipo di poco meno di 24 ore).
Cass. pen. n. 7589/2006
È affetta da nullità assoluta per violazione dell'art. 127, commi primo e quinto, richiamato dall'art. 409 comma sesto c.p.p., in quanto equiparabile ad una situazione di omessa citazione dell'interessata, l'ordinanza di archiviazione emessa dal G.i.p. a seguito di opposizione senza che alla parte offesa, regolarmente citata e presente nella cancelleria del giudice, sia stata data la concreta possibilità di partecipare all'udienza per un disguido imputabile esclusivamente all'ufficio. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la circostanza relativa all'omessa chiamata della parte offesa regolarmente presente in cancelleria per la partecipazione all'udienza, come attestato nello stesso verbale, concretizzi una situazione equiparabile all'ipotesi di omessa citazione).
Cass. pen. n. 46207/2005
Avuto riguardo alla valorizzazione del principio del contraddittorio operata dal riformulato art. 111 Cost., deve ritenersi che la procedura camerale partecipata, quale prevista dall'art. 127 c.p.p., costituisca, rispetto a quella de plano, non l'eccezione ma la regola, derogabile solo in presenza di espressioni normative quali «senza formalità di procedura», «senza ritardo», «d'ufficio», e simili. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza pronunciata de plano con la quale, in sede di meritò, era stato provveduto su di una richiesta di restituzione in termini, ex art. 175 c.p.p., per l'impugnazione di una sentenza contumaciale).
Cass. pen. n. 29175/2005
Deve ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso l'ordinanza di revoca della sentenza di non luogo a procedere adottata con procedura de plano anziché con l'osservanza delle forme di cui all'art. 127 c.p.p., richiamato dall'art. 435, comma 3, stesso codice. (
Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 275/2005
Dal combinato disposto degli artt. 309, comma 8, e 127, comma 3, c.p.p., e tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale 17 gennaio 1991 n. 45, non può desumersi che, qualora l'interessato, detenuto in località esterna all'ambito territoriale di competenza del tribunale del riesame, abbia avanzato richiesta di essere sentito all'udienza camerale, tale richiesta debba essere necessariamente accolta, dovendosi al contrario ritenere che spetti al tribunale del riesame valutare l'utilità della diretta audizione, per la ritenuta insufficienza, ai fini di un completo esercizio del diritto di difesa, dell'audizione da parte del magistrato di sorveglianza; ipotesi, questa, che può, in particolare, verificarsi nel caso (al quale si riferiva la citata sentenza della Corte costituzionale) in cui l'interessato intenda contestare nuovi elementi di prova portati a suo carico dal pubblico ministero. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la dedotta nullità del procedimento per mancata traduzione dell'interessato, il quale non aveva indicato, neppure nel ricorso per cassazione, alcuna specifica esigenza difensiva che legittimasse la sua presenza all'udienza camerale). (
Mass. redaz.).
Cass. pen. n. 14866/2004
L'istituto dell'impedimento a comparire del difensore, previsto dall'art. 420 ter c.p.p. in relazione all'udienza preliminare, non è applicabile al giudizio camerale di appello che sul punto resta disciplinato dall'art. 127 stesso codice, espressamente richiamato dal successivo art. 599, commi primo e secondo, secondo i quali il rinvio dell'udienza camerale è possibile solo se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato che abbia chiesto di essere sentito personalmente ovvero abbia manifestato la volontà di comparire.
Cass. pen. n. 36780/2003
Il termine di comparizione di dieci giorni, previsto dal primo comma dell'art. 127 c.p.p., deve essere osservato a pena di nullità quando si tratta della prima udienza, mentre per i successivi rinvii, anche se motivati da legittimo impedimento della parte o del difensore, l'avviso dato non deve tenere conto del predetto termine, in quanto il legislatore ha ritenuto congrua a garantire la pienezza della difesa la sola dilazione iniziale, ed indifferente, a tali fini, la successiva cadenza delle udienze camerali, a prescindere dalle attività acquisitive e conoscitive compiute nel frattempo.
Cass. pen. n. 26156/2003
Il procedimento in camera di consiglio davanti alla Corte d'appello chiamata a deliberare sulla richiesta di revoca o sostituzione della misura coercitiva disposta nei confronti dell'estradando deve svolgersi nelle forme “partecipate” previste dall'art. 127 c.p.p. e non secondo la procedura de plano stabilita in via ordinaria dall'art. 299 dello stesso codice.
Cass. pen. n. 18070/2003
In tema di procedimento di esecuzione, l'avviso di fissazione dell'udienza camerale, pur in assenza di un'esplicita previsione, deve contenere l'oggetto del procedimento, anche in forma succinta o con riferimento ad atti già a conoscenza delle parti, al fine di assicurare i diritti del contraddittorio. Tale principio non viene meno nell'ipotesi di confisca obbligatoria disposta ex art. 12 sexies della legge n. 356 del 1992, in quanto la decisione del giudice dell'esecuzione, pur essendo sottratta all'istanza di parte, caratterizzandosi come obbligatoria o d'ufficio, è comunque subordinata alla condizione che la parte sia messa in grado di superare la presunzione legale di illecita accumulazione patrimoniale provando la legittima provenienza della cosa sequestrata; ne consegue che tale provvedimento non può essere adottato senza che l'interessato sia specificamente informato sull'oggetto della decisione.
Cass. pen. n. 4083/2003
In tema di procedure incidentali
de libertate nell'ipotesi di appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento reiettivo della richiesta di applicazione della misura cautelare nei confronti di indagato residente all'estero ad un indirizzo noto, non è sufficiente a garantire i diritti di difesa la notifica dell'avviso dell'udienza camerale al solo difensore, ma occorre procedere alla notifica anche all'indagato nelle forme di cui all'art. 169 c.p.p.
Cass. pen. n. 1806/2003
Nel procedimento d'appello avverso le ordinanze emesse dal Gip in materia di misure cautelari personali, il termine per l'avviso alle parti e ai difensori del giorno dell'udienza è quello generale di dieci giorni stabilito dall'art. 127 c.p.p. per il procedimento in camera di consiglio — alle cui forme fa rinvio l'art. 310, comma 2, c.p.p. — e non già quello di tre giorni, specificamente ed eccezionalmente previsto, per la sola udienza di riesame, dall'art. 309, comma 8, c.p.p., peraltro non richiamato dall'art. 310, comma 2, c.p.p.: l'inosservanza di detto termine comporta la nullità dell'udienza ex artt. 127 comma 5 e 179 comma 1 c.p.p.
Cass. pen. n. 1713/2003
Il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, secondo comma c.p.p., pur essendo espressamente riferito alla sentenza pronunciata a seguito di dibattimento, è applicabile anche all'ordinanza emessa all'esito della procedura svolta in camera di consiglio ai sensi dell'art. 127 c.p.p., con conseguente nullità del provvedimento pronunziato da un collegio non composto dalle medesime persone fisiche che hanno partecipato alla trattazione dell'udienza.
Cass. pen. n. 37725/2002
In tema di archiviazione, qualora il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero e provveda a fissare la data dell'udienza in camera di consiglio ex art. 409, comma 2, c.p.p. omettendo di darne avviso al procuratore generale, in violazione dell'art. 409, comma 3, c.p.p., detta omissione determina la nullità della successiva ordinanza di archiviazione ex art. 178, comma 1, lett. b), in quanto viene impedita l'iniziativa del procuratore generale nell'esercizio dell'azione penale con riferimento allo specifico potere di avocazione previsto dall'art. 412, comma 2, c.p.p. e in tale ipotesi il provvedimento di archiviazione è ricorribile per cassazione dal P.G., il quale è «parte interessata» all'udienza camerale, a norma dell'art. 127, comma 1, c.p.p., con la conseguenza che l'omessa comunicazione integra anche la specifica nullità contemplata dall'art. 127, comma 5, c.p.p., a sua volta richiamato dall'art. 409, comma 6.
Cass. pen. n. 2911/2002
Una volta proposto ricorso straordinario per errore di fatto a norma dell'art. 625 bis c.p.p., la Corte di cassazione deve compierne una delibazione preliminare di ammissibilità, il cui eventuale esito negativo comporta la declaratoria di ufficio dell'inammissibilità dell'impugnazione senza ritardo e senza alcun adempimento, in quanto la fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 127 stesso codice è esplicitamente subordinata dal citato art. 625 bis al superamento del controllo di ammissibilità del ricorso. Ne consegue che, qualora il relativo vaglio preliminare conduca al riconoscimento della sua inammissibilità, la Corte non solo non deve provvedere alla fissazione dell'udienza a norma dello stesso art. 127, ma non deve neppure procedere nelle forme di cui all'art. 611 c.p.p., né deve acquisire la requisitoria del Procuratore Generale, in quanto l'art. 76 ord. giud., nel delineare le attribuzioni di quest'ultimo, prevede che esso interviene, conclude e redige requisitorie scritte nei casi stabiliti dalla legge, tra cui non può essere compresa la declaratoria di inammissibilità ai sensi del menzionato art. 625 bis, comma 4. (Fattispecie nella quale con il ricorso si era lamentato che fosse stato omesso, per errore, l'avviso di udienza in un procedimento di ricusazione dei giudici di un collegio della Corte di cassazione e la stessa Corte ne ha dichiarato l'inammissibilità per carenza di legittimazione attiva, trattandosi di procedimento incidentale).
Cass. pen. n. 7297/2002
In tema di ricusazione, pur dovendosi ammettere che la relativa dichiarazione possa essere dichiarata inammissibile, oltre che in via preliminare, anche all'esito della procedura camerale fissata ai sensi dell'art. 127 c.p.p. (richiamato dall'art. 41, comma 3, c.p.p.), è tuttavia da escludere, in detta seconda ipotesi, che la relativa pronuncia possa essere assimilata a quella adottata de plano e possa quindi prescindere dall'osservanza delle regole stabilite a garanzia del contraddittorio nella suddetta procedura camerale.
Cass. pen. n. 44387/2001
La norma dell'art. 45 bis disp. att. c.p.p., che disciplina la partecipazione a distanza dell'imputato o del condannato all'udienza nel procedimento camerale, non attribuisce all'interessato detenuto fuori della circoscrizione del giudice competente, pur in presenza delle condizioni richieste dalla legge, il diritto di partecipare sempre e in ogni caso, mediante il sistema della videoconferenza, alle udienze di qualsiasi procedimento che si debba svolgere in camera di consiglio, giacché essa va interpretata alla luce di quanto dispongono l'art. 127, comma 3, c.p.p. e, in termini analoghi, l'art. 666, comma 4, stesso codice, i quali prevedono la facoltà di chi è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne abbia fatto richiesta, di essere sentito, prima del giorno fissato per l'udienza, dal competente magistrato di sorveglianza. Ne consegue che, mentre nel procedimento di riesame — stante la disposizione dell'art. 309, comma 6, c.p.p. che attribuisce all'istante la facoltà di enunciare motivi nuovi davanti al giudice del riesame — si deve ordinare la traduzione o l'audizione diretta a distanza dell'indagato, detenuto in luogo posto al di fuori della circoscrizione del tribunale competente che ne abbia fatto espressa richiesta, proprio per consentirgli l'esercizio di quella facoltà, nel procedimento conseguente ad appello cautelare tale diritto non è salvaguardato dalla legge, in quanto, per il principio devolutivo dell'appello e stante il mancato richiamo, nell'art. 310 c.p.p., del citato comma 6 dell'art. 309, una volta precisati i motivi dell'impugnazione nell'atto introduttivo, non è consentito all'indagato enunciare in udienza motivi diversi o prospettare nuovi elementi probatori per contrastare le risultanze di accusa, fermo restando che il giudice, ove lo ritenga opportuno, può disporre di ufficio la traduzione o l'audizione diretta dell'interessato.
Cass. pen. n. 2917/2000
In tema di interrogatorio di garanzia, l'impedimento del difensore non implica la necessità del differimento dell'interrogatorio, in quanto il disposto dell'art. 486, comma quinto, c.p.p., non si applica ai procedimenti in camera di consiglio che si svolgono con le forme dell'art. 127 c.p.p. (Fattispecie nella quale il difensore aveva allegato il proprio impedimento a presenziare all'interrogatorio nell'ora fissata dal giudice in quanto quello stesso giorno erano stati fissati gli interrogatori degli altri indagati, ristretti in carceri diversi, attinti dalla medesima ordinanza cautelare).
Cass. pen. n. 5619/2000
Nel giudizio camerale di appello, le ragioni di speditezza e di concentrazione, coessenziali alla natura del procedimento, impongono di non prevedere la partecipazione necessaria del pubblico ministero, del difensore e dell'imputato che, ai sensi dell'art. 127, commi terzo e quarto, c.p.p. (le cui forme procedurali sono richiamate dall'art. 599, comma primo), sono sentiti soltanto se compaiano; ne consegue che, l'eventuale impedimento del difensore non costituisce motivo di rinvio necessario, sempre che non debba procedersi a rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, ed il contraddittorio è assicurato dalla semplice tempestiva notificazione degli avvisi.
Cass. pen. n. 2985/1999
In tema di patteggiamento, qualora all'udienza fissata il procedimento venga rinviato ad altra udienza in accoglimento della istanza fatta pervenire dal difensore, la nuova data deve essere comunicata alle parti in precedenza non comparse; la mancanza del nuovo avviso determina nullità assoluta, insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento.
Cass. pen. n. 5052/1999
L'ordinanza di archiviazione, resa previa fissazione dell'udienza camerale, è ricorribile solo nei casi di mancato avviso alle parti ed ai difensori dell'udienza camerale ex articolo 127, quinto comma, c.p.p. Ne consegue che non è mai consentito il ricorso per motivi diversi, cioè attinenti al merito della notitia criminis, ma anche relativi ai presupposti di procedibilità che, pur integrando un motivo di violazione di legge, non rientrano tra le ipotesi contemplate di violazione del contraddittorio. (Nella specie il motivo addotto dalla persona offesa si riferiva alla violazione delle norme riguardanti la presentazione della querela).
Cass. pen. n. 2443/1999
In materia di procedimenti in camera di consiglio, l'espressione «sono sentiti se compaiono», contenuta nel comma terzo dell'art. 127 c.p.p., non postula una specifica iniziativa del giudice, ma vincola solo quest'ultimo a raccogliere le dichiarazioni che le parti intendano fare. Ne consegue che, ove la parte autonomamente non eserciti tale diritto né manifesti l'intenzione di esercitarlo, nessuna violazione procedurale può ravvisarsi nel comportamento del giudice che pervenga all'atto decisionale senza alcuna audizione della parte stessa.
Cass. pen. n. 2792/1999
In tema di procedimenti in camera di consiglio, deve escludersi la esistenza di un principio generale in base al quale tutti i provvedimenti terminativi sarebbero sempre ricorribili per cassazione ai sensi del comma settimo dell'art. 127 c.p.p. Ed invero la ricezione del modulo procedimentale di cui al predetto articolo non comporta la applicabilità di tutte le norme che lo caratterizzano, tanto che, in alcuni casi, il legislatore ha avvertito la necessità di prevedere espressamente la ricorribilità per cassazione del provvedimento camerale decisorio. (Fattispecie in cui il Gip, dopo aver disposto la imputazione coatta ai sensi del comma 5 dell'art. 409 c.p.p., ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per omesso interrogatorio dell'indagato. Il ricorso del P.M. avverso la ordinanza del Gip è stato ritenuto inammissibile dalla Suprema Corte per i motivi sopra esposti).
Cass. pen. n. 1730/1999
Nel procedimento di esecuzione, in quanto procedimento in camera di consiglio, non è prevista possibilità di sospensione o di rinvio in caso di legittimo impedimento del difensore; tale istituto si applica, infatti, in via esclusiva, nel procedimento di cognizione. Né possono ravvisarsi, nella diversità della disciplina, profili di illegittimità costituzionale; invero, in considerazione della esigenze di semplificazione del rito e di tempestivo esercizio della giurisdizione, tipiche del procedimento di esecuzione, il diverso configurarsi del diritto di difesa è comunque garantito dal contraddittorio, che è regolato, in base alle differenti espressioni della discrezionalità legislativa, secondo le speciali caratteristiche della struttura dei singoli provvedimenti.
Cass. pen. n. 2417/1999
Nel procedimento camerale de libertate l'audizione ex articolo 127 c.p.p. da parte del magistrato di sorveglianza dell'interessato che si trovi detenuto in un luogo posto fuori del circondario del tribunale competente è sostitutiva dell'intervento diretto in udienza e dunque parte integrante della stessa, per cui è regolata dalla medesima disciplina. Ne consegue che la mancata audizione dell'imputato che ne abbia fatto richiesta comporta, al pari della mancata trasmissione, una lesione dell'inviolabile diritto di difesa e determina la nullità assoluta, a norma dell'articolo 179 c.p.p., dell'udienza camerale e della successiva pronuncia del tribunale sull'istanza di riesame.
Cass. pen. n. 5358/1999
In tema di procedimenti in camera di consiglio la richiesta di partecipazione all'udienza da parte dell'imputato deve precedere il momento di allegazione dell'impedimento, sicché la contemporaneità delle richieste contraddice alla disposizione di legge. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che nessun diritto poteva vantare l'imputato ad ottenere il rinvio dell'udienza deducendo l'impedimento a comparirvi — con l'invio di un certificato medico — non avendo tempestivamente rappresentato la propria volontà partecipativa, la quale non può ritenersi risultare implicitamente dal certificato medesimo).
Cass. pen. n. 2646/1999
La restituzione dei beni assoggettati a sequestro probatorio e non più necessari a fini di prova deve essere disposta su richiesta dell'interessato, oltre che d'ufficio, dal pubblico ministero durante le indagini preliminari con decreto che è soggetto ad opposizione nelle forme dell'articolo 127 c.p.p. e, successivamente, con ordinanza emessa de plano, ma passibile di incidente di esecuzione, da parte del giudice di merito che procede.
Cass. pen. n. 3319/1999
In tema di riesame delle misure cautelari, la nullità dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale al difensore non comparso, in quanto non definita assoluta dall'art. 127 comma 5 c.p.p. e non attinente ad una ipotesi in cui è obbligatoria la presenza del difensore, soggiace alla disciplina di cui agli artt. 180-182 stesso codice, per cui, se l'imputato compare in udienza senza nulla eccepire al riguardo, ne consegue la non deducibilità dell'eccezione medesima dinanzi alla Cassazione.
Cass. pen. n. 3501/1999
All'udienza camerale fissata dal Gip a seguito di istanza di archiviazione del pubblico ministero e di opposizione della persona offesa, quest'ultima deve essere sentita solo quando ne abbia fatto specifica istanza. Gli artt. 409, comma 2, e 127 comma 3, c.p.p., non impongono il dovere di interpello da parte del Gip, ma l'onere in capo alla parte offesa di richiedere la propria audizione ove il Gip non vi provveda di ufficio. Deve infatti valere il medesimo trattamento per tutti gli interessati a tanto, poiché l'imputato detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice è sentito solo su sua richiesta, alla stessa stregua deve ritenersi necessaria la richiesta dell'interessato, compresa la persona offesa, quando è presente.
Cass. pen. n. 45037/1999
In tema di ricusazione del giudice, la omessa traduzione in udienza dell'imputato detenuto non impedisce l'esercizio di tale facoltà, ben potendo lo stesso richiedere di essere ascoltato ai sensi del comma terzo dell'art. 127 c.p.p., e potendo, d'altra parte, il difensore manifestare, quantomeno nella veste di nuncius, la volontà del suo assistito.
Cass. pen. n. 3100/1998
Non si verifica la nullità, prevista dal combinato disposto degli artt. 127 e 409, c.p.p., per violazione delle disposizioni che disciplinano il contraddittorio nel procedimento incidentale di archiviazione, se non sia stato sentito personalmente l'opponente, presente in udienza, se questi sia stato, comunque, assistito, nell'udienza stessa, dal difensore nominato, che sia comparso e abbia avuto l'opportunità di far valere le ragioni dell'opponente. Il difensore, infatti, dotato della specifica competenza, può compiere tutte le attività defensionali previste dalla legge, necessarie nell'interesse della parte opponente, ponendosi quale tramite fra quest'ultima e l'organo giudiziario davanti al quale il procedimento si svolge.
Cass. pen. n. 3820/1998
Il richiamo all'art. 127 c.p.p. contenuto nell'ottavo comma dell'art. 309 stesso codice implica che il procedimento del riesame si conformi al principio del contraddittorio, in forza del quale il giudice può pronunciarsi solo su atti che abbiano costituito, o che potrebbero aver costituito, oggetto delle osservazioni delle parti in grado di esaminarli. (Fattispecie nella quale il tribunale, a seguito dell'udienza di riesame e delle osservazioni in essa svolte dalla difesa dell'indagato, aveva richiesto, dopo la chiusura dell'udienza, i decreti di autorizzazione alle intercettazioni telefoniche e ambientali e, una volta ottenutili, aveva deciso senza che la difesa avesse avuto modo di controllare la legittimità delle intercettazioni eseguite).
Cass. pen. n. 776/1998
Il decreto presidenziale che decide senza formalità sulla dichiarazione di astensione è sottratto ad ogni mezzo di impugnazione sia in virtù del principio di tassatività delle impugnazioni sia perché si tratta di provvedimento meramente ordinatorio di natura amministrativa e non giurisdizionale, i cui effetti restano limitati all'ambito dell'ufficio e assolvono alla funzione di conservare il prestigio dell'amministrazione della giustizia e la fiducia dell'opinione pubblica nella imparzialità dei giudizi. Tale regime non menoma i diritti della difesa, potendo la parte proporre tempestivamente dichiarazione di ricusazione, la cui decisione è emessa all'esito di una procedura in contraddittorio ed è impugnabile mediante ricorso per cassazione ex art. 127 c.p.p.
Cass. pen. n. 1675/1998
In tema di ricusazione deve essere seguita la procedura prevista dall'art. 127 c.p.p. solo quando la dichiarazione di ricusazione sia assistita da un
fumus boni iuris che ne giustifichi il passaggio all'esame del merito, non quando sia ritenuta prima facie infondata, così da potere essere dichiarata inammissibile con la procedura
de plano.
Cass. pen. n. 9/1998
In materia di riesame di misure cautelari personali l'indagato, detenuto in luogo esterno al circondario ove ha sede il tribunale competente a decidere, ha diritto alla traduzione per essere sentito davanti al magistrato di sorveglianza o a quello del riesame, a condizione che vi sia stata una sua esplicita richiesta in questo senso. L'indicazione di tale diritto nell'avviso di udienza non è prevista da alcuna disposizione, né la sua omissione può integrare una nullità, stante il principio di tassatività delle stesse che devono, peraltro, concernere l'inosservanza di disposizioni espressamente stabilite per gli atti del procedimento a norma dell'art. 177 c.p.p.
Cass. pen. n. 7551/1998
È manifestamente infondata, in riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 486, comma quinto, c.p.p., nella parte in cui non si applica ai procedimenti in camera di consiglio che si svolgono a norma dell'art. 127 stesso codice, in quanto il diritto di difesa, garantito dal contraddittorio, risulta regolato secondo le speciali caratteristiche della struttura dei singoli procedimenti, senza che le modalità stesse ne menomino l'esistenza, allorché di esso vengano assicurati lo scopo e la funzione; e la sua disciplina, in relazione alle varie fasi processuali e alle caratteristiche dei singoli procedimenti, è espressione della discrezionalità legislativa.
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Il disposto dell'art. 486, comma quinto, c.p.p., a norma del quale il giudice provvede alla sospensione o al rinvio del dibattimento in caso di legittimo impedimento del difensore, non si applica ai procedimenti in camera di consiglio che si svolgono con le forme previste dall'art. 127 c.p.p. (Fattispecie relativa ad adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze, in relazione a giudizio abbreviato in grado di appello).
Cass. pen. n. 1379/1998
In tema di ricusazione, qualora il giudice di merito abbia ritenuto la manifesta infondatezza dell'istanza ed abbia, conseguentemente, dichiarato l'inammissibilità con provvedimento adottato de plano, non sussiste l'interesse a proporre ricorso per cassazione lamentando la mancata applicazione dell'art. 127 c.p.p., previsto per il caso in cui debba rigettarsi la richiesta di ricusazione nel merito, non potendosi conseguire alcun vantaggio da una decisione di rigetto in luogo di quella di inammissibilità.
Cass. pen. n. 703/1998
Il procedimento per la restituzione nel termine di cui all'art. 175 c.p.p. non deve svolgersi secondo il rito camerale previsto dall'art. 127 c.p.p., ed il relativo provvedimento deve essere adottato
de plano. Infatti il rito camerale previsto dall'art. 127 c.p.p. costituisce uno schema generale a cui è consentito fare riferimento in quei procedimenti camerali che ad esso si richiamano, anche implicitamente, sicché in difetto di tale richiamo il provvedimento del giudice deve essere adottato
de plano. Conseguentemente nel procedimento di restituzione nel termine di cui all'art. 175 c.p.p., che non ha alcun richiamo alle forme dell'art. 127 c.p.p., il provvedimento deve essere adottato
de plano.
Cass. pen. n. 4214/1998
Nella fase di appello del giudizio abbreviato — che si svolge in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 443, comma quarto, e 599 c.p.p. — l'udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato che ha manifestato la volontà di comparire (art. 599, comma secondo, c.p.p.): si tratta, quindi, di una manifestazione di volontà che deve essere fatta dall'imputato. (Nella fattispecie, all'udienza camerale del giudizio di appello, il difensore dell'imputato aveva formulato richiesta che il suo assistito, che era agli arresti domiciliari, partecipasse di persona, possibilmente con l'autorizzazione a recarsi in aula senza scorta: tale richiesta era stata rigettata perché «tardiva». Nel ricorso per cassazione, proposto avverso la sentenza di condanna, il difensore stesso aveva eccepito la nullità della sentenza pronunciata dalla corte di merito, non essendo stata data, all'imputato, la possibilità di presenziare al giudizio di appello, in violazione dell'art. 127 del codice di procedura penale. La Suprema Corte ha ritenuto manifestamente infondata la doglianza relativa alla mancata traduzione in udienza dell'imputato detenuto agli arresti domiciliari, enunciando il principio di cui in massima. In motivazione la Corte di cassazione ha osservato che l'imputato non aveva manifestato alcuna volontà di comparire all'udienza, dato che l'istanza era stata formulata, senza alcuno specifico mandato al riguardo, dal difensore, il quale si era limitato a chiedere che il giudice autorizzasse l'imputato «a recarsi, senza scorta, all'udienza fissata. . .», senza chiedere l'eventuale traduzione del medesimo, nel caso che il giudice non avesse ritenuto di autorizzare l'imputato a recarsi in udienza senza scorta).
Cass. pen. n. 2950/1998
Poiché la partecipazione delle parti e dei loro difensori al giudizio di appello che si svolge in camera di consiglio nelle forme di cui all'art. 599 c.p.p. è solo eventuale, l'imputato, una volta regolarmente avvisato, non ha diritto ad un rinvio giustificando il legittimo impedimento a comparire, a meno che non abbia preventivamente ed espressamente manifestato l'intenzione di essere presente all'udienza camerale con istanza presentata, a pena di decadenza, nel termine di cui al secondo comma dell'art. 127 c.p.p., e cioè fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata per il giudizio di secondo grado.
Cass. pen. n. 352/1997
La disposizione contenuta nell'art. 409, comma sesto, c.p.p., che riconosce espressamente alla parte offesa la legittimazione a ricorrere per cassazione avverso l'ordinanza di archiviazione pronunciata all'esito della camera di consiglio, senza che di tale udienza sia stato dato avviso alla medesima persona offesa, non può ragionevolmente essere interpretata nel senso di non riconoscerle tale rimedio allorché, quantunque essa abbia ritualmente chiesto di essere preavvertita dell'eventuale richiesta di archiviazione da parte del P.M., non le sia stato notificato il relativo avviso, previsto dal comma secondo dell'art. 408 c.p.p. E, invero, si tratta di un vizio ancora più grave di quello conseguente all'omesso avviso dell'udienza dinanzi al Gip all'offeso dal reato che abbia proposto opposizione, in quanto colpisce la stessa potenziale instaurazione del contraddittorio prevista dalla legge. Ne consegue che tale omissione dà luogo a nullità del decreto di archiviazione emesso de plano, deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 127, comma quinto, c.p.p., anche se si tratta di procedimento contro ignoti. (Fattispecie relativa a procedimento per incendio di un edificio, in ordine al quale — in forza del principio di cui sopra — è stata riconosciuta alla società assicuratrice, querelante e istante per l'avviso di eventuale richiesta di archiviazione del P.M., la facoltà di ricorrere per cassazione avverso provvedimento di archiviazione disposto senza preventiva comunicazione ad essa di detta richiesta).
Cass. pen. n. 23/1997
L'avviso dell'udienza di riesame dei provvedimenti cautelari reali deve essere notificato alla persona interessata soltanto quando ha sottoscritto la relativa istanza. (Fattispecie nella quale la S.C. ha escluso che, in tema di riesame del sequestro di beni archeologici, sia dovuto l'avviso al Ministero dei beni culturali e ambientali per la semplice circostanza che i reperti archeologici appartengono allo Stato, e ha altresì escluso che possa trovare applicazione l'art. 127 c.p.p., richiamato dall'art. 324 stesso codice solo in relazione alle modalità di espletamento del procedimento, e non anche in relazione al termine - di giorni tre e non dieci - e ai destinatari).
Cass. pen. n. 22/1997
L'avviso dell'udienza di riesame dei provvedimenti cautelari reali deve essere notificato al difensore in ogni caso e all'indagato soltanto quando abbia sottoscritto la relativa istanza. (In motivazione, la S.C. ha affermato che nella specie non trova applicazione l'art. 127 c.p.p., richiamato dall'art. 324 stesso codice solo in relazione alle modalità di espletamento del procedimento e non anche in relazione al termine - di giorni tre e non dieci - e ai destinatari, aggiungendo che l'esclusione, dal novero di questi ultimi, dell'indagato «non istante» e la mancata coincidenza, in tal caso, tra legittimazione a ricevere l'avviso e legittimazione al ricorso - a lui riconosciuta dal successivo art. 325 - non sono contraddittorie o irragionevoli, in quanto dettate dall'esigenza di contemperare celerità della procedura ed effettivo esercizio del diritto di difesa, garantito dall'intervento del difensore, al quale l'interessato si è completamente affidato, riservandogli la redazione e la presentazione dell'istanza).
Cass. pen. n. 6/1997
L'omessa notifica a uno dei due difensori dell'indagato della data di deliberazione in camera di consiglio sulla richiesta del P.M. di proroga della custodia cautelare dà luogo alla nullità del procedimento camerale dinanzi al giudice per le indagini preliminari e, conseguentemente, del provvedimento di proroga, nullità che è a cosiddetto regime intermedio, sia che si proceda con il rito di cui all'art. 127 c.p.p., sia che si proceda con la massima libertà di forme. (In motivazione, la Suprema Corte ha dato ragione del suo assunto sul rilievo che, allorché l'avviso sia stato dato a uno dei difensori, questi, quantunque non comparso, è da ritenere formalmente presente, onde non potrebbe parlarsi di «assenza» della difesa che, sola, potrebbe dar luogo a nullità insanabile ai sensi degli artt. 178, lett. c) e 179 c.p.p.).
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La nullità del provvedimento di proroga della custodia cautelare per omesso avviso a uno dei due difensori dell'indagato, poiché inerisce alla lesione del diritto di difesa, priva la protrazione della custiodia del necessario titolo legittimante, e comporta, quindi, la perdita di efficacia della misura cautelare prorogata e la liberazione dell'indagato stesso, sempre che il precedente titolo di privazione della libertà personale non sia ancora tempestivamente valido ed efficace alla data della proroga.
Cass. pen. n. 2865/1996
Nel codice di procedura penale del 1988 la distinzione che l'art. 127 (Procedimento in camera di consiglio) compie, ai fini dell'avviso, fra «parti» e «persone interessate» — categoria questa seconda da intendere in una accezione più ristretta rispetto a quella generica di cui all'art. 630 del codice di rito del 1930 proprio per la distinzione fatta — sta a significare che quando vi sono persone con un interesse autonomo e in qualche misura distinguibile in concreto da quello delle parti, costoro hanno diritto a interloquire e, quindi, devono essere avvisate. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso con il quale si denunciava la violazione dell'art. 127 comma quinto c.p.p., perché l'avviso di udienza non era stato notificato alle due società, destinatarie di fatto del sequestro e, quindi, soggetti interessati, la S.C. ha osservato che l'imputato in tanto era indagato per frode in commercio in quanto era legale rappresentante delle società che si ipotizza l'abbiano commessa, società che non possono far valere alcun interesse diverso da quello dell'indagato, il quale peraltro aveva avuto l'avviso nella qualità).
Cass. pen. n. 40/1996
La mancata traduzione, perché non disposta o non eseguita, dell'imputato, indagato o condannato che ne abbia fatto richiesta, all'udienza di riesame determina la nullità assoluta e insanabile, a norma dell'art. 179 c.p.p., dell'udienza camerale e della successiva pronuncia del tribunale sull'istanza di riesame.
Cass. pen. n. 117/1996
Nel procedimento disciplinato dall'art. 127 c.p.p., richiamato, per quanto riguarda il riesame, dell'art. 309, comma 8, stesso codice, l'interessato che sia detenuto in località compresa nella circoscrizione del giudice competente, qualora abbia fatto richiesta di essere sentito, ha diritto di comparire non solo alla prima udienza ma anche a quelle eventualmente successive, (come nel caso di rinvio determinato da qualsiasi motivo), dovendosi detta richiesta riguardare come riferita all'intero procedimento e non specificamente alla sola prima udienza.
Cass. pen. n. 2853/1996
In tema di impugnazione di misure cautelari reali, l'art. 127, primo comma c.p.p., che prescrive l'avviso dell'udienza in camera di consiglio alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori, risulta specificato dal disposto dall'art. 324, sesto comma c.p.p., che prevede che l'avviso stesso sia comunicato al P.M. e notificato al difensore ed a chi ha proposto la richiesta. Conseguentemente, la persona offesa dal reato ove non rientri nel novero delle persone cui le cose sono state sequestrate e di quelle che avrebbero diritto alla loro restituzione non ha diritto di partecipare all'udienza camerale, non essendo legittimata al riesame, né al ricorso per cassazione previsto dall'art. 325 c.p.p. (Fattispecie relativa al sequestro preventivo dell'azienda alberghiera «Grand Hotel» di Rimini, disposto in riferimento al delitto ex artt. 48 e 479 c.p.).
Cass. pen. n. 579/1996
Il mancato rinvio del procedimento di appello, svolto con il rito della camera di consiglio ai sensi dell'art. 599 c.p.p., pur in presenza di un impedimento assoluto del difensore, non costituisce motivo di «nullità» in quanto tale procedimento è disciplinato, per espresso rinvio, dall'art. 127 stesso codice, secondo cui, pur dovendo darsi avviso ai difensori, non è obbligatoriamente richiesta la loro presenza, essendo prescritto che essi vengano sentiti se compaiono, e prevedendo come motivo di nullità il mancato rinvio dell'udienza solo «se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato».
Cass. pen. n. 8059/1995
Nel giudizio d'appello, la manifestazione della volontà di non comparire nella udienza camerale (art. 599, comma 2, c.p.p.) è revocabile. Tale revoca — così come la richiesta di essere sentito personalmente — deve essere tempestiva, cioè fatta conoscere in tempo utile per consentire all'autorità giudiziaria competente di disporre ed eseguire la traduzione, al fine di non pregiudicare la sollecita celebrazione del procedimento. L'onere di manifestare tempestivamente la volontà di comparire in udienza è tanto più rigoroso, infatti quando vi sia stata una precedente manifestazione di volontà di segno opposto, in forza della quale l'autorità procedente si sia astenuta dall'adottare qualsiasi provvedimento diretto ad assicurare la presenza del giudicabile in udienza.
Cass. pen. n. 1124/1995
Nel procedimento camerale disciplinato dall'art. 127 c.p.p. l'interessato detenuto o internato il quale abbia fatto pervenire dichiarazione di rinuncia a comparire ben può validamente revocare detta dichiarazione, chiedendo di presenziare all'udienza, ma non può pretendere, adducendo nel contempo un legittimo impedimento, che venga disposto il rinvio dell'udienza stessa, quando non abbia provveduto a manifestare la sua nuova volontà in tempo utile per consentire all'autorità giudiziaria competente di disporre la traduzione.
Cass. pen. n. 2510/1995
Il procedimento camerale, per la sua struttura scarsamente formale, consente al giudicante di acquisire informazioni e prove, anche di ufficio, senza l'osservanza dei principi sull'ammissione della prova di cui all'art. 190 c.p.p., essendo essenziale l'accertamento dei fatti, nel semplice rispetto della libertà morale delle persone e con le garanzie del contraddittorio. (Fattispecie relativa ad udienza camerale fissata a seguito di istanza di restituzione nel termine).
Cass. pen. n. 1626/1995
Non è invocabile nella procedura camerale l'operatività della disciplina prevista, per lo svolgimento della discussione in dibattimento, dall'art. 523 c.p.p., secondo cui è possibile la replica ed, in ogni caso, l'imputato e il difensore devono avere la parola per ultimi. Il richiamo a tale norma non è pertinente, diverse essendo la struttura e la finalità della procedura camerale, che ha natura incidentale, strumentale e provvisoria (vale a dire, allo stato degli atti), da quelle del dibattimento, che rappresenta il momento della piena cognizione ed ha carattere definitivo. (Fattispecie in tema di procedimento di riesame di misura cautelare personale).
Cass. pen. n. 6665/1995
Anche nel giudizio di appello avverso sentenza pronunciata nel giudizio abbreviato ex art. 442 c.p.p., in virtù del richiamo operato dall'art. 443 ultimo comma c.p.p. all'art. 599, il quale a sua volta al primo comma richiama «le forme previste dall'art. 127» per la procedura camerale, l'imputato detenuto, o agli arresti domiciliari, deve essere sentito dal giudice che procede se ristretto nella circoscrizione, dal magistrato di sorveglianza se ristretto altrove, solo se ne faccia richiesta con l'osservanza del termine stabilito dall'art. 127 comma secondo c.p.p. (cioè fino a cinque giorni prima dell'udienza).
Cass. pen. n. 1128/1995
La circostanza che il condannato, il quale abbia presentato regolare e tempestiva istanza di essere sentito dal tribunale di sorveglianza, giunga in ritardo in aula, per fatto a lui non imputabile, non costituisce motivo valido perché il tribunale (che nella specie era, peraltro, ancora in seduta per la trattazione di altri procedimenti) ometta di ascoltarlo, limitandosi ad acquisire la memoria prodotta dal condannato stesso. (Nella specie è stata ritenuta la nullità ex art. 178, lettera c, c.p.p. dell'ordinanza emessa all'esito del procedimento).
Cass. pen. n. 1212/1995
Nel giudizio di appello avverso sentenza pronunciata con il rito abbreviato, che si svolge, ai sensi degli artt. 443 e 599 c.p.p., in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 127 c.p.p., deve essere l'imputato, il quale sia sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di dimora in un determinato luogo, con divieto di allontanarsi dalla propria abitazione in alcune ore della giornata, a fare presente ai giudici che intende presenziare all'udienza e a richiedere l'autorizzazione a lasciare il luogo ove è tenuto a dimorare. Ed infatti, la procedura camerale prevista dagli artt. 599 e 127 c.p.p., una volta che siano state ritualmente effettuate le prescritte comunicazioni e notifiche, non richiede necessariamente la presenza fisica dell'imputato, del difensore e del P.M. e può essere rinviata solo per legittimo impedimento dell'imputato che abbia manifestato la volontà di comparire.
Cass. pen. n. 42/1995
L'art. 263, comma quinto, c.p.p. rinvia all'art. 127 stesso codice per la regolamentazione del procedimento davanti al giudice per le indagini preliminari sull'istanza di restituzione delle cose sequestrate; ne consegue che - a norma del comma settimo dello stesso art. 127 - l'ordinanza decisoria deve essere comunicata o notificata «senza ritardo» ai soggetti che possono proporre ricorso per cassazione. La legge però non prevede che la violazione di tale norma costituisca causa di nullità, né il ritardo nel deposito (e nella comunicazione) della decisione può essere inquadrato nelle nullità di ordine generale.
Cass. pen. n. 244/1995
Pure a seguito della sentenza costituzionale n. 10 del 1993, agli imputati che non conoscono la lingua italiana non va fatto alcun avvertimento della loro facoltà di comparire all'udienza per l'appello in camera di consiglio con atto tradotto nella loro madre lingua. È ciò perché di tale avvertimento non è prevista l'inclusione nel decreto di citazione evincendosi la possibilità di comparire all'udienza camerale dal combinato disposto degli artt. 599, comma 1 e 127 c.p.p. Essendo, dunque, la detta facoltà prevista da disposizioni di legge, queste, prescindendo dalla conoscenza, sono obbligatorie, cosicché lo stesso imputato italiano che riceve la notifica del decreto di citazione, al pari dello straniero che lo riceva nella sua lingua o in un lingua per lui comprensibile, non sarebbe in condizione, per effetto della sola notifica, di essere informato di tale facoltà.
Cass. pen. n. 11116/1994
Nella fase d'appello che si svolga in camera di consiglio, ex art. 599 c.p.p., l'imputato deve essere sentito solo se ne abbia fatto richiesta ma tale richiesta deve essere presentata a pena di decadenza, con l'osservanza del termine di cui al comma 2 dell'art. 127 c.p.p.; non è perciò accoglibile la richiesta presentata il giorno dell'udienza contestualmente alla certificazione attestante l'impedimento a comparire.
Cass. pen. n. 9962/1994
La partecipazione delle parti e dei loro difensori al giudizio di appello che si svolge in camera di consiglio secondo quanto stabilito dall'art. 599 c.p.p., è solo eventuale. L'imputato perciò, una volta regolarmente avvisato, non ha diritto ad un rinvio giustificando il legittimo impedimento a comparire, a meno che non abbia preventivamente ed espressamente manifestato la intenzione di essere presente all'udienza camerale.
Cass. pen. n. 2767/1994
La circoscrizione del tribunale del riesame coincide, ai sensi dell'art. 309, comma 7, c.p.p., con il territorio della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso l'ordinanza impugnata. Ne consegue che a tale circoscrizione occorre far riferimento quando, ai fini di cui all'art. 127, comma 3, c.p.p., si tratti di stabilire se l'interessato che abbia chiesto di essere sentito sia detenuto o internato in luogo compreso o meno della circoscrizione stessa.
Cass. pen. n. 4787/1994
Allorquando un provvedimento giurisdizionale deve, per espressa disposizione legislativa, essere notificato alle parti, l'omessa notifica produce il solo effetto di non far decorrere i termini previsti per l'eventuale impugnazione della parte nei cui confronti risulti omessa la notificazione.
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L'omesso avviso alle parti della data dell'udienza camerale fissata dinanzi al tribunale costituito a norma dell'art. 310 c.p.p. è causa di nullità, che ha carattere assoluto allorché dall'omissione derivi l'impossibilità, per il difensore, di partecipare all'udienza medesima. (In motivazione, la Suprema Corte ha precisato che il vizio in questione sussiste anche se l'indagato o l'imputato sia assistito da altro difensore, ribadendo il principio che, allorquando l'avviso sia dato ad uno solo dei difensori, la nullità è a regime intermedio e, in quanto tale, può essere fatta valere nei termini e alle condizioni di cui agli artt. 180 e 182 c.p.p.).
Cass. pen. n. 1749/1993
La puntuale lettura della sentenza 31 gennaio 1991, n. 45 della Corte costituzionale e il disposto dell'art. 127, terzo comma, in riferimento all'art. 309, ottavo comma, c.p.p., rendono palese che non esiste il diritto dell'interessato detenuto in un luogo esterno al circondario, ad essere sentito nell'udienza camerale fissata per il riesame della misura cautelare, ma, piuttosto, che è stato riconosciuto al giudice di valutare l'opportunità di fare eccezione alla regola generale dell'audizione da parte del giudice di sorveglianza a richiesta (che costituisce, in tal caso, un vero e proprio diritto), per evitare di dare ingresso ad istanze meramente defatigatorie, intese ad ottenere il superamento dei termini per la pronuncia. (Fattispecie nella quale la richiesta è stata ritenuta del tutto generica, essendosi limitato l'istante a chiedere di comparire, senza specificazioni di sorta e senza avvalersi del diritto di essere intanto sentito dal giudice di sorveglianza).
Cass. pen. n. 1278/1993
La delega rogatoria prevista dall'art. 127, terzo comma c.p.p. (richiamato dagli artt. 309 e 310 c.p.p.), per ragioni di sicurezza e di economia processuale, al giudice di sorveglianza, quando l'interessato sia detenuto in luogo esterno al circondario, non esclude che — ove costui ne abbia fatto richiesta o il giudice del procedimento incidentale de libertate lo ritenga opportuno e necessario — questi possa o debba ordinarne la traduzione davanti a sé, alla stregua della sentenza 31 gennaio 1991, n. 45 della Corte costituzionale. Siffatta conclusione vale, a maggior ragione, quando l'inquisito sia detenuto o internato in luogo non sito fuori della circoscrizione del giudice suindicato, con il conseguente obbligo di disporre il rinvio dell'udienza se sussiste un legittimo impedimento a comparire, secondo quanto prescritto dall'art. 127, quarto comma, c.p.p. Tale norma ben può, infatti, applicarsi al procedimento che si svolge dinanzi al tribunale, ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p. La violazione del terzo e quarto comma dell'art. 127 comporta, per espressa disposizione del quinto comma del medesimo articolo, una nullità riconducibile a quelle relative all'intervento dell'imputato (art. 178, primo comma, lett. c, c.p.p.) con l'omissione della traduzione e dell'audizione, ovvero col mancato rinvio per legittimo impedimento dell'imputato.
Cass. pen. n. 14/1993
Il procedimento in camera di consiglio innanzi alla Cassazione relativamente ai ricorsi in materia di sequestri deve svolgersi nelle forme di cui all'art. 127 c.p.p. e non in quelle di cui all'art. 611 dello stesso codice. (A sostegno del principio di cui in massima la Cassazione ha, tra l'altro rilevato che a favore dell'applicazione della trattazione orale del ricorso secondo la generale previsione di cui al succitato art. 127, milita il rinvio operato dall'art. 325, comma terzo, c.p.p., al precedente art. 311, comma quarto in quanto tale ultima norma, prevedendo una discussione necessariamente orale e la possibilità di enunciare motivi nuovi prima del suo inizio, delinea un modulo procedimentale incompatibile con quello dell'art. 611 c.p.p. che è basato unicamente su atti scritti).
Cass. pen. n. 1352/1993
La mancata partecipazione del P.M. presso il tribunale al procedimento di riesame non costituisce motivo di nullità del procedimento stesso, in quanto essa, per l'art. 127 c.p.p. a cui l'art. 324, sesto comma, stesso codice, fa rinvio, è soltanto facoltativa.
Cass. pen. n. 127/1992
Il rinvio all'art. 127 c.p.p. operato in altre norme dello stesso codice con la formula «secondo le forme previste» o con altre equivalenti riguarda le regole di svolgimento dell'udienza camerale, ma non implica, di per sé, la ricezione completa del modello procedimentale descritto in questa norma, ivi compreso il ricorso in sede di legittimità, tanto che per diverse disposizioni contenenti tale rinvio il legislatore ha previsto espressamente quel rimedio. (Sulla scorta del principio di cui in massima la cassazione ha escluso l'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con la quale il Gip decide sulla richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari a seguito di procedimento in camera di consiglio ai sensi del quinto comma dell'art. 406 c.p.p.).
Cass. pen. n. 4014/1992
L'ordinanza emessa in esito all'udienza camerale svoltasi secondo il rito previsto dall'art. 127 c.p.p. va comunicata al P.M. e notificata alle parti solo nel caso in cui non sussiste specifica disposizione che stabilisca altrimenti. Pertanto il provvedimento emesso dal tribunale in sede di riesame a norma degli artt. 309 e 310 c.p.p., avverso il quale è proponibile ricorso per cassazione, a norma dell'art. 311, primo comma, c.p.p. non deve essere notificato per intero bensì attraverso avviso di deposito del provvedimento stesso e da tale notifica decorrono i termini per l'impugnazione.
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Nessuna norma fissa i termini perentori entro i quali deve essere notificato l'avviso di deposito dell'ordinanza di riesame. Neppure tale natura perentoria è desumibile dal disposto del settimo comma dell'art. 127 c.p.p. che impone comunicazioni o notificazioni «senza ritardo» alle parti dei provvedimenti svoltisi in camera di consiglio, in quanto la sua genericità non la rende rapportabile al concetto di termini perentori.
Cass. pen. n. 17/1992
L'ordinanza del Gip che decide sulla richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari è inoppugnabile, non essendo esperibile avverso di essa neppure il ricorso per cassazione. (La Cassazione ha peraltro evidenziato che l'enunciato principio, da un lato, non pregiudica il diritto dell'indagato di far valere gli eventuali vizi verificatisi nel procedimento relativo alla proroga potendo gli stessi essere comunque eccepiti nell'udienza preliminare al fine di far dichiarare l'inutilizzabilità degli atti di indagine effettuati nel termine prorogato, e, dall'altro, non implica che rimanga senza tutela l'interesse pubblico al promovimento dell'azione penale potendo tale interesse essere perseguito o a norma dell'art. 409, comma quarto, c.p.p., attraverso l'indicazione da parte del Gip, investito dalla richiesta di archiviazione, di un termine indispensabile per lo svolgimento di ulteriori indagini, o a norma dell'art. 414 stesso codice, attraverso la riapertura delle indagini).
Cass. pen. n. 10/1992
Pur dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 445/1990, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 554, comma 2, c.p.p., nella parte in cui questo non prevedeva che, a fronte di una richiesta di archiviazione per ritenuta infondatezza della notizia di reato, il giudice per le indagini preliminari presso la pretura potesse (come invece poteva il suo omologo presso il tribunale), indicare con ordinanza al pubblico ministero le nuove indagini eventualmente ritenute necessarie, non è richiesto, ai fini dell'emanazione di detta ordinanza, che venga osservata la procedura di cui all'art. 127 c.p.p., non essendo detta procedura richiamata (a differenza di quanto si verifica nell'art. 409 c.p.p.), dal citato art. 554 e trovando tale differenza di rito valida ragione nei criteri di «massima semplificazione» cui, ai sensi della direttiva n. 103 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, deve ispirarsi il procedimento pretorile.
Cass. pen. n. 7007/1991
Nei procedimenti che proseguono con il vecchio rito, trattati in appello o in sede di rinvio in Camera di consiglio a norma dell'art. 599 c.p.p. il ricorso per cassazione è regolato per quanto riguarda la forma, i termini e la trattazione dalle nuove norme processuali e deve svolgersi con il rito camerale e con l'osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 610, quinto comma, e 611 c.p.p., e non con le forme dell'art. 127 dello stesso codice.
Cass. pen. n. 1441/1990
Secondo il disposto dell'art. 409 nuovo c.p.p., nel caso in cui non ritenga di accogliere la richiesta di archiviazione formulata dal P.M., il Gip è tenuto a fissare l'udienza in camera di consiglio - che va celebrata secondo le forme di cui all'art. 127 stesso codice - all'esito della quale si prospettano tre alternative, poiché il giudice può accogliere la richiesta di archiviazione, o chiedere al P.M. di svolgere nuove indagini, ovvero, infine, disporre che lo stesso P.M. formuli l'imputazione nel termine di dieci giorni. L'inosservanza delle forme prescritte dal ricordato art. 127 comporta la nullità del provvedimento emesso al termine dell'udienza a mente del comma quinto di tale articolo; nullità deducibile con ricorso per cassazione ai sensi del successivo comma settimo e dell'art. 606, comma primo, lett. c), benché il comma sesto del predetto art. 409 preveda espressamente la ricorribilità per cassazione della sola ordinanza di archiviazione nei casi di nullità previsti dall'art. 127, comma quinto, tale norma non ha certo inteso escludere il ricorso per cassazione avverso gli altri due tipi di provvedimenti adottabili nell'udienza camerale. Ne consegue che anche l'ordinanza con la quale è stata disposta la formulazione dell'imputazione è ricorribile per cassazione nelle ipotesi di inosservanza delle regole del contraddittorio.
Cass. pen. n. 5394/1990
Il giudice di appello che, in regime transitorio, applichi la pena nella misura concordata dalle parti ai sensi dell'art. 444 c.p.p., correttamente pronuncia sentenza e non ordinanza, in quanto il richiamo all'art. 127 del codice contenuto nell'art. 599 riguarda esclusivamente la disciplina del procedimento, non la forma del provvedimento decisorio, tassativamente indicata nell'art. 605.