Cass. pen. n. 6617/2008
Ai fini dell'utilizzabilità di dichiarazioni rese da persona che, alla luce degli ulteriori sviluppi delle indagini, venga a trovarsi nella condizione di chi avrebbe potuto esercitare la facoltà di astensione prevista dall'art. 199 cod. proc. pen., si deve avere riguardo non alla posizione formale rivestita dal soggetto al momento dell'atto, bensì a quella sostanziale, da valutarsi con riferimento ai già acquisiti dati indizianti che non abbiano carattere di mero sospetto. (Rigetta, Trib.Mil. Reggio Calabria, 25 giugno 2007).
Cass. pen. n. 34560/2007
Sono utilizzabili le dichiarazioni accusatorie nei confronti del coimputato — fatte in sede di esame dibattimentale dall'imputato del medesimo reato nell'ambito dello stesso procedimento, pure in assenza degli avvertimenti prescritti dall'art. 64, comma terzo, c.p.p., in quanto tali avvertimenti riguardano l'interrogatorio della persona sottoposta ad indagini, garantendone il diritto al silenzio, e non si applicano all'esame dell'imputato nel dibattimento, in cui il contraddittorio tra le parti è pieno e il diritto di difesa può esplicarsi nella massima ampiezza. (La S.C. ha precisato che, nella specie, detti avvertimenti sarebbero stati inoltre superflui in quanto l'imputato non poteva assumere la veste di testimone per l'incompatibilità sancita dall'art. 197, comma primo, lett. a) in virtù della sussistenza della connessione di cui all'art. 12, comma primo, lett. a), e non essendosi verificate le condizioni di cui all'art. 197 bis, comma primo, c.p.p.).
Cass. pen. n. 21832/2007
L'acquirente di modiche quantità di sostanza stupefacente, nei cui confronti non siano emersi elementi indizianti di uso non personale, deve essere sentito nel corso delle indagini preliminari come persona informata dei fatti, essendo irrilevante, a tal fine, che egli possa essere soggetto a sanzione amministrativa per l'uso personale: ne consegue la utilizzabilità delle dichiarazioni rese in tale veste. (Rigetta, App. Trento, 23 Marzo 2005).
Cass. pen. n. 25051/2004
La sanzione delineata all'art. 63, comma secondo, cod. proc. pen., secondo il quale sono inutilizzabili "erga omnes" le dichiarazioni rese senza le garanzie difensive da un soggetto che fin dall'inizio avrebbe dovuto essere sentito in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, opera solo nei casi in cui a carico di costui sussistano indizi in ordine alla sua responsabilità penale per un determinato fatto; con la conseguenza che non è applicabile il disposto di cui all'art. 63 cod. proc. pen. alle dichiarazioni rese da soggetti tossicodipendenti cessionari di sostanze stupefacenti, non essendo prospettabile a loro carico alcun elemento di responsabilità penale, ma solo profili di responsabilità amministrativa ex art. 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Cass. pen. n. 15476/2004
Le dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese, ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi. Pertanto la qualità di teste-parte offesa del reato in relazione al quale si indaga, prevale rispetto a quella di possibile coindagato in reato connesso, sicchè le dichiarazioni rese dalla persona informata sui fatti, che abbia reso dichiarazioni autoindiziante sono pienamente utilizzabili « contra alios» nè se ne può eccepire l'inutilizzabilità « erga omnes» sulla base del fatto che le stesse provengono da un soggetto indagato in reato connesso, non ascoltato con le garanzie previste per la persona sottoposta ad indagini.
Cass. pen. n. 22397/2004
Non commette il reato di false dichiarazioni al pubblico ministero (art. 371 bis c.p.) il giornalista che si astiene dal deporre opponendo il segreto professionale in ordine all'indicazione di informazioni (nella specie, le utenze telefoniche) che possono condurre all'identificazione di coloro che gli hanno fornito fiduciariamente le notizie.
Cass. pen. n. 984/2003
Alle dichiarazioni rese al P.M. durante le indagini preliminari dalla persona offesa non si applica la disciplina di cui all'art. 499 c.p.p. che vieta la formulazione di domande suggestive, in quanto la norma riguarda il dibattimento e non le indagini preliminari, ove il P.M. non escute testimoni ma sente persone informate sui fatti.
Cass. pen. n. 4900/2003
Poiché l'acquirente di modici quantitativi di sostanza stupefacente può in linea di principio assumere la veste di indagato, sono inutilizzabili contro di lui le dichiarazioni rese senza le garanzie difensive ai fini della contestazione del reato di falsa testimonianza.
Cass. pen. n. 9079/2003
Il divieto di utilizzabilità nei confronti di terzi di dichiarazioni raccolte da persona che avrebbe dovuto essere sentita in qualità di indagata, anche se prescinde da una già intervenuta imputazione formale (dovendosi considerare la posizione sostanziale del soggetto al momento dell'atto), non può comunque colpire le dichiarazioni rese al giudice da soggetto che mai abbia assunto la qualità di imputato o quella, equiparata, di persona sottoposta a indagini, dal momento che il giudice, a differenza del pubblico ministero, non può attribuire ad alcuno, di propria iniziativa, la suddetta qualità, ma può, e deve, soltanto verificare che essa non sia già stata formalmente assunta, sì che sussista incompatibilità con l'ufficio di testimone, ai sensi dell'art. 197, comma 1, lett. a) e b) c.p.p. Ne consegue che il riferimento alla “posizione sostanziale” del dichiarante non esaurisce la verifica dei presupposti di applicabilità dell'art. 63 c.p.p., la quale si estende anche all'accertamento della successiva formale instaurazione del procedimento a suo carico.
Cass. pen. n. 17104/2001
In tema di stupefacenti, poiché la destinazione ad uso di terzi costituisce elemento essenziale del reato, la persona trovata in possesso di sostanza stupefacente va considerata, almeno fino a che nei suoi confronti non siano emersi concreti elementi indicativi della finalità di spaccio o non sia stata effettuata l'iscrizione nel registro degli indagati, persona informata sui fatti, le cui dichiarazioni pertanto possono essere utilizzate contro i terzi ai sensi dell'art. 63, comma 1, c.p.p.
Cass. pen. n. 16146/2001
Ai fini dell'utilizzabilità di dichiarazioni autoindizianti rese da persona che successivamente acquisti la veste formale di indagato o imputato, ovvero da persona che, alla luce degli ulteriori sviluppi delle indagini, venga a trovarsi nella condizione di chi avrebbe potuto esercitare la facoltà di astensione prevista dall'art. 199 c.p.p., deve aversi riguardo non alla posizione formalmente rivestita dal soggetto al momento dell'atto, bensì a quella sostanziale, da valutarsi con riferimento ai già acquisiti dati indizianti che non abbiano carattere di mero sospetto. (Fattispecie relativa a procedimento incidentale "de libertate").
Cass. pen. n. 705/1999
È illegittima l'utilizzazione (nella specie ai fini dell'emissione di provvedimento coercitivo) di dichiarazioni rese da confidente rifiutatosi di essere sentito ai sensi dell'art. 362 c.p.p., che siano state acquisite sub specie di intercettazione ambientale ritualmente richiesta dal P.M. e autorizzata dal giudice per le indagini preliminari, a nulla rilevando che il dichiarante sia identificato al termine dell'audizione e che le sue generalità vengano registrate, quantunque tenute segrete; e ciò in quanto, risultando tali dichiarazioni sostanzialmente anonime, è preclusa la possibilità di qualificarle come sommarie informazioni assunte da persona informata dei fatti, per le quali la disciplina applicabile è quella prevista per l'acquisizione della testimonianza. (Nella specie l'intercettazione ambientale era stata eseguita nella segreteria dell'ufficio del P.M.).
Cass. pen. n. 554/1998
Al pubblico ministero non è consentito assumere le informazioni di cui all'art. 362 c.p.p. dal coindagato o dall'indagato di reato connesso ovvero probatoriamente collegato a quello per il quale si indaga, ostandovi il disposto dell'art. 197, lettere a) e b), c.p.p.; ne consegue che le dichiarazioni rese dalla persona che avrebbe dovuto essere sentita come indagata (con le relative forme) sono inutilizzabili, ai sensi del secondo comma dell'art. 63 c.p.p., oltre che contro chi le ha rilasciate, anche nei confronti del terzo chiamato in correità o reità ove attengano al medesimo reato ascritto al terzo o a reato connesso o collegato.
Cass. pen. n. 5404/1996
La nullità prevista dall'art. 199 c.p.p., conseguente all'omissione dell'avvertimento riguardante la facoltà di astensione dal deporre (o rendere sommarie informazioni al p.m., ex art. 362 c.p.p., o alla polizia giudiziaria, ex art. 351 comma 1 u.p. c.p.p.) per i prossimi congiunti dell'imputato e dell'indagato, è una nullità relativa che, quindi ai sensi dell'art. 182 c.p.p. deve essere eccepita dalla parte che assiste (e a maggior ragione, partecipa) all'atto prima del compimento dello stesso.
Cass. pen. n. 1332/1994
Il divieto di assumere come persona informata sui fatti l'indagato per lo stesso reato o per reato connesso, senza le formalità di cui all'art. 210, commi 2, 3 e 4, c.p.p. presuppone che chi deve rendere la deposizione abbia acquisito la qualità penale e sostanziale d'indagato, non essendo sufficiente l'eventualità astratta ed ipotetica che detto soggetto possa ritenersi coindagato dello stesso reato se egli non abbia mai assunto tale qualità in forza dell'iscrizione prevista dall'art. 335 c.p.p., con la conseguenza che solo quando il soggetto abbia acquisito la veste di indagato per reato connesso o interprobatoriamente collegato o per altro reato relativamente al quale siano in corso indagini, il P.M. non può assumere da lui, a sua discrezione, informazioni a norma dell'art. 362 c.p.p. ostandovi il disposto dell'art. 197, lett. a) e b), dello stesso codice. Peraltro, anche prima dell'assunzione formale della qualità d'indagato, la detta persona non può essere obbligata a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale. Una regola che, per quanto sancita espressamente per il testimone dall'art. 198, comma 2, opera anche nei confronti dell'indagato in applicazione del principio nemo contra se detegere ricavabile pure dall'esimente di cui all'art. 384 c.p. e dal divieto di utilizzazione di dichiarazioni indizianti sancito dall'art. 63 c.p.p. Tutto ciò purché i fatti sui quali verte la deposizione possano oggettivamente, e non per il convincimento dell'interessato, condurre ad una sua incriminazione.
Cass. pen. n. 1679/1993
Una volta che taluno abbia assunto veste di indagato per reato connesso o interprobatoriamente collegato ad altro per il quale siano in corso indagini preliminari, il pubblico ministero non può più, a sua discrezione, assumere ugualmente informazioni dal medesimo soggetto, ai sensi dell'art. 362 c.p.p., ostandovi il disposto di cui all'art. 197, lettera a) o lettera b) dello stesso codice, espressamente richiamato dal citato art. 362. È, pertanto, da considerare illegittimo l'arresto al quale, in detta ipotesi, venga sottoposto il soggetto in questione, nella ritenuta flagranza del reato di cui all'art. 371 bis c.p.
Cass. pen. n. 1868/1993
Durante le indagini preliminari nessuno assume la qualità di testimone: al pubblico ministero sono fornite solo informazioni o dichiarazioni (artt. 362 e 500 c.p.p.; art. 371 bis c.p.). Pertanto, non si applicano le regole stabilite dall'art. 499 c.p.p. (regole per l'esame testimoniale).
Cass. pen. n. 215/1993
La persona che rende dichiarazioni al giudice o al pubblico ministero ha l'obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte, ai sensi degli artt. 198, primo comma e 362 c.p.p. e di quest'obbligo dev'essere avvertita sia inizialmente, sia quando sia sospettata di falsità o reticenza, senza che in seguito a questo sospetto e al conseguente avvertimento mutino le forme dell'assunzione e diventi necessario procedere considerando la persona come sottoposta alle indagini. A tale conclusione induce il dettato dell'art. 207 c.p.p., che al primo comma prevede un nuovo avvertimento sulle «responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti» (art. 497, secondo comma c.p.p.) ed al secondo comma la possibilità, per il giudice, al termine dell'assunzione, di informare il pubblico ministero, ove ravvisi indizi del reato ex art. 372 c.p. (Fattispecie in tema di misura cautelare personale: la Suprema Corte ha ritenuto che legittimamente il giudice del riesame avesse considerato tra gli indizi a carico le dichiarazioni di persona esaminata ai sensi dell'art. 362 c.p.p., il cui esame era proseguito dopo l'ammonimento a riferire il vero).
Cass. pen. n. 23868/209
La sanzione di inutilizzabilità "erga omnes" delle dichiarazioni assunte senza garanzie difensive da un soggetto che avrebbe dovuto fin dall'inizio essere sentito in qualità di imputato o persona soggetta alle indagini, postula che a carico dell'interessato siano già acquisiti, prima dell'escussione, indizi non equivoci di reità, come tali conosciuti dall'autorità procedente, non rilevando a tale proposito eventuali sospetti od intuizioni personali dell'interrogante. (Dichiara inammissibile, Trib. lib. Catanzaro, 24 Giugno 2008).