(massima n. 2)
La pregiudiziale costituzionale, per espressa previsione normativa (L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, secondo comma), determina la sospensione obbligatoria del procedimento che priva il giudice della potestas decidendi fino alla definizione della pregiudiziale medesima, né alle parti è attribuito alcun potere di rimuovere tale stasi processuale, essendo immodificabili ed insindacabili sia l'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale sia il pedissequo provvedimento di sospensione; tuttavia, nell'ipotesi in cui venga obbligatoriamente sospeso un procedimento in cui sia in corso di applicazione una misura cautelare, il soggetto ad essa sottoposto che ritenga di aver maturato il diritto a riacquistare lo status libertatis per il verificarsi di una delle cause estintive del provvedimento coercitivo di cui all'art. 306 c.p.p., non incontra alcun ostacolo a far valere la sua pretesa in giudizio e può quindi promuovere davanti al giudice per le indagini preliminari, o ad uno dei giudici competenti per i vari gradi ai sensi dell'art. 279 c.p.p., un'azione di accertamento finalizzata alla declaratoria della sopravvenuta caducazione della misura ed all'ottenimento dell'ordinanza di immediata liberazione o di cessazione della misura estinta, secondo quanto dispongono, rispettivamente, il primo e il secondo comma del predetto articolo 306 c.p.p.; trattasi, invero, di azione di natura dichiarativa, rivolta alla tutela di un diritto assoluto ed inviolabile, esperibile in ogni tempo salvo il limite della preclusione ove la questione abbia già formato oggetto di giudicato cautelare nelle sedi proprie.