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Articolo 617 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Forma dell'opposizione

Dispositivo dell'art. 617 Codice di procedura civile

Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto [disp. att. 187] (1).

Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione (2) e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice della esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti (3).

Note

(1) Con l'opposizione agli atti esecutivi si contesta la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto ovvero dei singoli atti successivi. Pertanto, tale opposizione è diretta a contestare la legittimità dello svolgimento dell'azione esecutiva, deducendo la mancanza o l'irregolarità formale di un presupposto o di un atto del processo, trattandosi di una questione di forma e richiedendosi un controllo limitato all'osservanza delle norme processuali disciplinanti la forma degli atti. Come nel caso dell'opposizione all'esecuzione, quella agli atti esecutivi che viene promossa prima dell'inizio dell'esecuzione assuma la forma dell'atto di citazione, mentre se l'esecuzione è già iniziata, assume la forma del ricorso. Il termine perentorio è quello di venti giorni, o dalla notifica del titolo esecutivo o del precetto, quale primo atto di esecuzione, o dal compimento dell'atto contro cui l'opposizione è proposta.
(2) Si pensi ad esempio all'ipotesi dell'opposizione al precetto per far valere l'irregolarità formale consistente nel fatto di aver autorizzato l'esecuzione immediata, omettendo il rispetto del termine dilatorio dei dieci giorni (482).
(3) La mancata osservanza del termine di venti giorni entro cui proporre l'opposizione, determina la conseguente decadenza processuale che può essere rilevata, anche d'ufficio, dal giudice in ogni stato e grado del giudizio. Il giudizio di opposizione si conclude con una sentenza non impugnabile, se non con il regolamento di competenza nell'eventualità in cui ci sia stata una pronuncia in materia (43) ed il ricorso in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost..

Spiegazione dell'art. 617 Codice di procedura civile

L'opposizione agli atti esecutivi rappresenta la più utilizzata delle opposizioni promosse nel processo esecutivo, alla quale è possibile fare ricorso per far valere vizi attinenti:
1) alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto;
2) alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto;
3) ai singoli atti esecutivi.

Costituisce un rimedio attinente alle modalità di svolgimento del processo esecutivo, in cui la contestazione attiene alla regolarità formale degli atti, dunque al quomodo dell'esecuzione; in particolare, con tale forma di opposizione si mira a far valere l'invalidità, l'inopportunità oltre che l'incongruenza degli atti esecutivi.
Si tratta, dunque, di uno strumento di chiusura, utilizzabile ogni qualvolta l'ordinamento non prevede un diverso mezzo di reazione nell'ambito del processo esecutivo.

La Legge n. 80/2005 ha fissato in venti giorni il termine per proporre l’opposizione agli atti, in luogo del più ristretto termine previsto in precedenza di cinque giorni.
Si tratta di un termine perentorio, che come tale non può essere prorogato (non è neppure sospeso durante le ferie giudiziali), con l'ulteriore conseguenza che la tardività dell'opposizione è rilevabile d'ufficio.
Il dies a quo di decorrenza del termine va individuato non con riferimento al compimento dell'atto viziato, ma dal momento della conoscenza che il soggetto interessato abbia dell'atto stesso.

Un problema che spesso ci si pone è quello di riuscire ad individuare i criteri sulla base dei quali poter operare la distinzione tra una opposizione all’esecuzione ed una opposizione agli atti esecutivi.
In termini sintetici può dirsi che nell'opposizione all'esecuzione l'oggetto dalla domanda è costituito dall'accertamento negativo del diritto dell'intimante di promuovere un giudizio di esecuzione; nell'opposizione agli atti esecutivi, invece, l'oggetto del giudizio è dato dalla richiesta di dichiarare la nullità formale dell'atto preliminare all'azione esecutiva.
Occorre, tuttavia, segnalare che se è vero che oggetto dell'opposizione all'esecuzione non può mai essere la contestazione circa le modalità di svolgimento del processo esecutivo, non mancano casi in cui in sede di opposizione agli atti esecutivi si possa discutere dell'esistenza delle condizioni dell'azione esecutiva (ciò accade, in particolare, allorquando il G.E. rilevi d'ufficio la mancanza delle condizioni per la prosecuzione dell'esecuzione in corso).

Discusso è il rapporto tra la norma in esame e l’art. 487 del c.p.c., rapporto che secondo la tesi prevalente va risolto nel senso che contro l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione è possibile proporre sia un’istanza di revoca del precedente provvedimento sia un'opposizione agli atti esecutivi; una volta eseguita l'ordinanza, invece, la revoca non è più possibile, mentre l'opposizione è proponibile solo se nel frattempo non è decorso il termine di cui all'art. 617.
In ogni caso, contro la decisione del G.E. di non revocare il proprio provvedimento, non è ammissibile l'opposizione, ove sia scaduto il termine di 20 giorni.
La richiesta di revoca non può, infatti, essere utilizzata come strumento per rimettere in termini la parte che non ha tempestivamente opposto l'atto esecutivo.

L'art. 617 contempla la possibilità che prima dell'inizio dell'esecuzione il debitore proponga opposizione agli atti esecutivi per far valere l'irregolarità del titolo esecutivo e del precetto. L'irregolarità del titolo esecutivo (che va ovviamente distinta dall'inesistenza, la quale può costituire motivo di opposizione all'esecuzione) si ha, per es., nel caso di rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso ovvero nella mancata spedizione del titolo in forma esecutiva.
In dottrina è stato affrontato il problema di individuare i confini tra irregolarità e nullità. Secondo un'autorevole opinione, la prima sarebbe una figura più ampia della seconda, in quanto comprende ogni discrepanza dell'atto dal suo modello formale, anche quando una tale discrepanza non è sanzionata dalla legge a pena di nullità.

Il secondo comma si occupa dell’opposizione ai singoli atti di esecuzione, dovendosi intendere come tali quelli con cui la parte promuove l'inizio, lo svolgimento e la conclusione della procedura esecutiva e quelli con cui gli organi giurisdizionali attuano l'instaurazione, la prosecuzione e la definizione del relativo rapporto processuale (sono tali, dunque, sia i provvedimenti del giudice o dei suoi ausiliari sia gli atti di parte).
L'opposizione agli atti esecutivi deve essere dichiarata inammissibile quando si intenda contestare l'ordinanza con la quale il G.E. abbia disposto la sospensione del processo esecutivo, in quanto tale ordinanza è impugnabile unicamente nelle forme del reclamo innanzi al collegio ex 624 n. 2 c.p.c.

Qualora a seguito di opposizione ex art. 617 il giudice dell'esecuzione non abbia sospeso il processo esecutivo e si sia giunti alla vendita del bene, trova applicazione l'art. 2929 del c.c., a norma del quale la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente.
L’ampia lettera dell’art. 2929 c.c. ha indotto parte della dottrina a ritenere che quanto da essa disposto si applichi anche ai vizi che pregiudichino un soggetto diverso dal debitore, come nel caso del creditore ipotecario che non sia stato avvisato.

A differenza di quanto accade nel caso di opposizione all'esecuzione, l'oggetto dell'opposizione agli atti esecutivi vede un maggior numero di soggetti legittimati ad agire; infatti, a norma dell'articolo in esame possono agire non solo il debitore ed il terzo assoggettato all'esecuzione, ma anche i singoli creditori (procedente ed intervenuti) e i destinatari degli atti esecutivi interessati all'accertamento della loro invalidità.
Indubbiamente è da escludere che colui il quale ha acquistato il bene dopo il pignoramento sia legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi per far valere la nullità del pignoramento.

In generale, va tenuto presente che l'interesse ad agire che permette l'esperimento dell'opposizione agli atti consiste nel danno che all'opponente può derivare dal compimento dell'atto irregolare o inopportuno.

A seguito dell'opposizione agli atti esecutivi si instaura un giudizio contenzioso ordinario che si conclude con un provvedimento che presenta i caratteri della sentenza sia sotto il profilo formale che sostanziale.

L'opposizione prevista al primo comma si propone con atto di citazione; tuttavia, l'adozione della forma del ricorso (in luogo di quella della citazione) non determina l’inammissibilità dell'opposizione, a condizione che il ricorso e il pedissequo decreto di convocazione delle parti siano notificati all'opposto nel termine perentorio previsto dall'art. 617 e decorrente dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto.

L'opposizione di cui al secondo comma, invece, si propone con ricorso da depositare nella cancelleria del G.E. nominato ex art. 484 del c.p.c.; questo va redatto secondo le prescrizioni dettate dall’art. 125 del c.p.c. e non secondo quelle previste dall'art. 184 delle disp. att. c.p.c., in quanto tale norma non richiama anche l'atto introduttivo del giudizio di cui al secondo comma della norma in esame.
Laddove l'opponente si avvalga della forma della citazione in luogo di quella del ricorso, è ammessa la sanatoria per raggiungimento dello scopo, giacché la forma non è prevista a pena di nullità; inoltre, al pari di quanto previsto per l'opposizione all'esecuzione, è anche ammessa la proposizione orale della domanda in udienza, mediante dichiarazione orale all'udienza innanzi al G.E. ovvero mediante deposito, in tale udienza, di una memoria o di una comparsa di risposta..

Giudice competente è sempre l'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge l'esecuzione; la competenza per materia (che assorbe quella per valore) spetta sempre al tribunale, anche se l'opposizione viene proposta prima della notifica dell'atto di precetto o se proposta prima dell'inizio dell'esecuzione.

Per quanto riguarda la competenza per territorio, occorre così distinguere:
A) Opposizione preventiva: la competenza territoriale spetta al giudice del foro del domicilio del creditore se si agisce prima della notificazione del precetto, mentre andrà proposta al giudice competente per l'esecuzione laddove il precetto notificato contenga l'elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza (a condizioni che vi siano beni del debitore da sottoporre all'esecuzione); in mancanza di siffatta dichiarazione, la competenza è del giudice del luogo di notifica del [[480]] comma 3.
B) per l'esecuzione successiva, la competenza spetta al G.E.
C) se si tratta di esecuzione in forma specifica, la competenza si individua in base al luogo dove si trovano i beni da consegnare o rilasciare o nel luogo dove deve essere eseguito l'obbligo.

L'estinzione del processo esecutivo determina la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo rispetto alle opposizioni proposte in forza della norma in esame ed aventi ad oggetto censure relative alla legittimità degli atti esecutivi; l'interesse alla decisione permane solo rispetto alle opposizioni aventi ad oggetto il diritto di procedere ad esecuzione forzata.

Il giudizio di opposizione agli atti può concludersi:
a) con il rigetto dell'opposizione per motivi di rito, attinenti soprattutto (ma non solo) alla mancata proposizione dell'opposizione nel termine previsto dalla legge
b)con il rigetto per motivi di merito;
c)con l'accoglimento nel merito.
In questo caso occorre distinguere a seconda che dall'accoglimento derivi la fine del processo esecutivo in corso, ovvero non ne impedisca la prosecuzione, derivandone diverse conseguenze in ordine alla necessità che il G.E. pronunci un'ordinanza di rinnovazione dell'atto opposto
d)con la dichiarazione di cessazione della materia del contendere


La struttura unitaria del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, data dal collegamento tra la fase sommaria e l'eventuale fase di merito, presuppone che la procura conferita al difensore per la fase sommaria deve intendersi rilasciata anche per la fase di merito, a meno che non vi sia un'espressa volontà della parte di limitare il mandato soltanto alla prima fase processuale.

Massime relative all'art. 617 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 14604/2020

In tema di esecuzione di obblighi di fare e di non fare, l'impugnazione, da parte del creditore procedente, dell'ordinanza di liquidazione delle spese a carico del debitore esecutato, pronunciata in caso di estinzione atipica del procedimento esecutivo, va proposta non già nelle forme dell'opposizione al decreto ingiuntivo, bensì con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., che costituisce il rimedio tipico per contestare i provvedimenti del giudice dell'esecuzione regolanti l'andamento del relativo processo. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE ALESSANDRIA, 25/08/2017).

Cass. civ. n. 33466/2019

Qualora l'esecutato denunci con opposizione ex art. 617 c.p.c. la nullità della notificazione dell'atto di pignoramento, la proposizione di tale opposizione, in quanto indice della conoscenza dell'esecuzione, dimostra l'avvenuto raggiungimento dello scopo cui era preordinata la detta notificazione e comporta, quindi, la sanatoria della sua nullità, in applicazione dell'art. 156, ultimo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 29804/2019

In tema di spedizione in forma esecutiva della copia del titolo rilasciata al creditore, il debitore che proponga opposizione ex art. 617 c.p.c. non può limitarsi, in base ai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e dell'interesse ad agire, a dedurre l'irregolarità formale in sé considerata del titolo medesimo perché lo stesso conterrebbe l'erronea, ma facilmente riconoscibile, indicazione del difensore richiedente, dovendo egli allegare il concreto pregiudizio cagionato da tale irregolarità ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo. (Nella specie, il procuratore del richiedente era stato per errore menzionato come avvocato del debitore e non del creditore).

Cass. civ. n. 3967/2019

L'omessa spedizione in forma esecutiva della copia del titolo esecutivo rilasciata al creditore e da questi notificata al debitore determina una irregolarità formale del titolo medesimo, che deve essere denunciata nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, comma 1, c.p.c., senza che la proposizione dell'opposizione determini l'automatica sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c.; tuttavia, in base ai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e dell'interesse ad agire, il debitore opponente non può limitarsi, a pena di inammissibilità dell'opposizione, a dedurre l'irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato.

Cass. civ. n. 26703/2018

Nel giudizio di cassazione la tardività dell'opposizione agli atti esecutivi può essere rilevata d'ufficio senza necessità di stimolare il contraddittorio, atteso che l'art. 382, comma 3, c.p.c. - non modificato dalla legge n. 69 del 2009 - nel disciplinare la statuizione conseguente a tale rilievo, non impone di sottoporre la questione alle parti in quanto costituisce norma speciale sia rispetto all'art. 101, comma 2, c.p.c., sia rispetto all'art. 384, comma 3, c.p.c., il quale si applica nella diversa ipotesi in cui la Corte di cassazione, dopo aver cassato la sentenza, pronuncia nel merito assumendo i poteri del giudice della sentenza cassata.

Cass. civ. n. 15193/2018

In base al principio generale della sanatoria della nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo, la comunicazione di cancelleria del provvedimento del giudice dell'esecuzione è idonea a determinare il decorso del termine per proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. anche qualora sia avvenuta in non esatta ottemperanza del disposto di cui all'art. 45, comma 2, disp. att. c.p.c. (come nel caso in cui abbia avuto ad oggetto il testo non integrale del provvedimento), purché abbia determinato in capo al destinatario la conoscenza di fatto della giuridica esistenza di un provvedimento potenzialmente pregiudizievole; in tal caso, è onere del destinatario, nonostante l'incompletezza della comunicazione, attivarsi per prendere piena conoscenza dell'atto, senza che ciò impedisca il decorso del termine complessivo di venti giorni dalla comunicazione incompleta, ed incombe all'opponente dimostrare, se del caso, l'inidoneità in concreto della ricevuta comunicazione ai fini dell'estrinsecazione, in detti termini, del suo diritto di difesa.

Cass. civ. n. 21379/2017

La deduzione della nullità del pignoramento immobiliare per mancata o incompleta identificazione del bene staggito, concernendo la validità formale dell'atto e non già il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, configura motivo di opposizione agli atti esecutivi ed è pertanto soggetto alla relativa disciplina, fatta eccezione per la preclusione derivante dalla decorrenza del termine di cui all’art. 617 c.p.c., trattandosi di una nullità che non ammette sanatoria, in quanto impedisce al processo esecutivo di pervenire al suo scopo con l'espropriazione del bene.

Cass. civ. n. 18723/2017

In tema di opposizione agli atti esecutivi, colui il quale propone tale opposizione oltre il termine di cui all’art. 617, comma 2, c.p.c. dall’ultimo atto del procedimento, invocando la nullità degli atti in virtù del vizio derivato dall'omessa notifica di un atto presupposto (nella specie, l'ordinanza dispositiva della vendita immobiliare emessa fuori udienza), è tenuto ad allegare e dimostrare quando, di fatto, ha avuto conoscenza di detto atto e di quelli conseguenti, in quanto l’opposizione deve ritenersi tempestiva solo se proposta nel termine di venti giorni da tale sopravvenuta conoscenza di fatto.

Cass. civ. n. 15605/2017

Nei casi in cui il giudice dell’esecuzione, esercitando il potere officioso, dichiari l’improcedibilità (o l’estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione) della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via né sommaria né provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, è impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.; diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta perciò pendente, è impugnabile con reclamo ai sensi dell’art. 624 c.p.c. Al fine di distinguere tra le due ipotesi, deve ritenersi decisivo indice della natura definitiva del provvedimento la circostanza che, con esso, sia disposta (espressamente o, quanto meno, implicitamente, ma inequivocabilmente) la liberazione dei beni pignorati.

Cass. civ. n. 13108/2017

In tema di esecuzione forzata, può essere impugnato esclusivamente con opposizione agli atti esecutivi il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, anche a seguito di contestazione del debitore, definisca il procedimento esecutivo per riscontrata estinzione del credito azionato, qualora abbia contestualmente disposto la liberazione dei beni pignorati.

Cass. civ. n. 12612/2017

In tema di esecuzione cd. esattoriale, quando l'opposizione proposta dal debitore è accolta in relazione a vizi del procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all'ente creditore, il diritto del concessionario del servizio di riscossione di essere manlevato dall'ente medesimo dal pagamento dei compensi professionali dei propri difensori può essere esercitato nell'ambito del medesimo giudizio ovvero in separata sede; nel primo caso, qualora il giudice non accolga la domanda di manleva o non provveda sulla stessa, il concessionario dovrà coltivare gli ordinari rimedi impugnatori, nell'altra ipotesi, invece, la disposta compensazione delle spese processuali fra l'opponente e gli opposti non determina alcun giudicato nei rapporti interni fra il concessionario e l'ente creditore.

Cass. civ. n. 11729/2017

Nella vendita forzata, l’ipotesi del cd. "aliud pro alio" può essere fatta valere, soprattutto da chi assume la qualità di soggetto del processo esecutivo, quale è certamente il debitore esecutato, solo nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi, ma il termine previsto dall’art. 617 c.p.c. decorre dalla conoscenza del vizio o delle difformità integranti la diversità del bene aggiudicato rispetto a quello offerto, occorrendo, conseguentemente, anche fornire la prova della tempestività della relativa opposizione all’interno del processo esecutivo.

Cass. civ. n. 5785/2017

In tema di esecuzione forzata per rilascio, il terzo possessore o detentore, che sia coinvolto nelle attività di esecuzione di un titolo formatosi nei confronti di altro soggetto, può proporre opposizione ex art. 617 c.p.c., per vizi inerenti la notifica del detto titolo esecutivo e del precetto, unicamente se il titolare della pretesa esecutiva agisca direttamente nei suoi confronti, sostenendo la sua soggezione all’efficacia del titolo giacché, ove sia invece coinvolto, meramente in via di fatto e per la sua posizione, nell’attività esecutiva formalmente rivolta nei confronti del soggetto contemplato dal titolo, è solo quest’ultimo che può dolersi dell’inosservanza delle formalità preliminari predette.

Cass. civ. n. 25900/2016

La disciplina dell’opposizione agli atti esecutivi deve essere coordinata con le regole generali in tema di sanatoria degli atti nulli, sicché con l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. non possono farsi valere vizi, quali la nullità della notificazione del titolo esecutivo e del precetto, quando sanati per raggiungimento dello scopo ex art. 156, ultimo comma, c.p.c., in virtù della proposizione dell’opposizione da parte del debitore, quella al precetto in particolare costituendo prova evidente del conseguimento della finalità di invitare il medesimo ad adempiere, rendendolo edotto del proposito del creditore di procedere ad esecuzione forzata in suo danno. Né, in contrario, vale invocare il disposto dell’art. 617, comma 2, c.p.c., attinente alla diversa ipotesi in cui il vizio della notificazione, per la sua gravità, si traduce nella inesistenza della medesima, così come la circostanza che, per effetto della nullità della notificazione, possa al debitore attribuirsi un termine inferiore a quello minimo di dieci giorni previsto dall’art. 480 c.p.c..

Cass. civ. n. 19051/2016

A seguito della soppressione dell'ufficio del pretore, il tribunale è competente per materia sull'opposizione agli atti esecutivi, sia se proposta prima sia se proposta dopo l'esecuzione.

Cass. civ. n. 16281/2016

Prima della notificazione del precetto, non può sussistere in chi riceva la notifica della sentenza, ancorché erroneamente munita di formula esecutiva, il timore di essere assoggettato ad esecuzione forzata, sicché non è esperibile l'opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 14449/2016

L'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) si risolve in una contestazione relativa a singoli atti che la legge considera indipendenti, alla quale, pertanto, è estranea la regola della propagazione delle nullità processuali indicata dall'art. 159 c.p.c., operando tale principio anche per le cd. nullità insanabili - quali quelle attinenti al difetto dello "ius postulandi" ovvero della rappresentanza o della capacità di agire - che debbono essere fatte valere nel termine di decadenza per l'opposizione, atteso che la finalità del processo esecutivo di giungere ad una sollecita chiusura della fase espropriativa non tollera che esso possa trovarsi in una situazione di perenne incertezza.

Cass. civ. n. 21081/2015

L'opposizione agli atti esecutivi del terzo pignorato avverso l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., quale atto conclusivo del relativo procedimento, va proposta ai sensi dell'art. 617, comma 2, c.p.c., con ricorso al giudice dell'esecuzione e va notificato al difensore della parte opposta, costituito nella fase esecutiva, nel termine perentorio di venti giorni, decorrenti dalla pronuncia dell'ordinanza in udienza alla presenza del terzo pignorato, ovvero dal momento in cui il terzo ne abbia avuto legale conoscenza.

Cass. civ. n. 19573/2015

L'opposizione agli atti esecutivi, di cui all'art. 617 c.p.c., è esperibile esclusivamente nei confronti di atti riferibili al giudice dell'esecuzione, che è l'unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo, sicché, ove l'atto (anche eventualmente omissivo) che si assume contrario a diritto sia riferibile solo ad un ausiliario del giudice, ivi compreso l'ufficiale giudiziario, esso è sottoponibile al controllo del giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 60 c.p.c. o nelle forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato, e solamente dopo che questi si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato diviene possibile impugnare il relativo provvedimento giudiziale con le modalità di cui all'art. 617 c.p.c..

Cass. civ. n. 16780/2015

L'eccezione di tardività dell'opposizione proposta ex art. 617 c.p.c. per omessa allegazione, da parte dell'opponente, del momento in cui ha avuto effettiva conoscenza della procedura esecutiva, ove non decisa dal giudice del merito e dunque non coperta da giudicato interno, può e deve essere delibata in sede di legittimità, ancorché non dedotta come motivo di ricorso, trattandosi di eccezione relativa ad un termine di decadenza processuale la cui inosservanza è rilevabile d'ufficio e che comporta la cassazione senza rinvio della sentenza ex art. 382, comma 3, c.p.c., in quanto l'azione non poteva proporsi.

Cass. civ. n. 13212/2015

Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso dal debitore esecutato per denunciare che il precetto non è stato preceduto o accompagnato dalla notifica del titolo esecutivo, è onere dell'opponente stesso, ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., fornire la prova del dedotto fatto impeditivo dell'ulteriore svolgimento della azione esecutiva, senza che la negatività del fatto escluda od inverta l'onere della prova.

Cass. civ. n. 9246/2015

In materia di riscossione coattiva di crediti tributari, l'ammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 57, primo comma, lett. b), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dipende dall'atto impugnato e non dal vizio dedotto, sicché, mentre il contribuente non può impugnare dinanzi al giudice ordinario la cartella di pagamento o l'avviso di mora, la cui cognizione è riservata al giudice tributario, può proporre opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. avverso il pignoramento, oltre che per vizi suoi propri, anche per far valere la nullità derivata, conseguente all'omessa notificazione degli atti presupposti e, cioè, della cartella di pagamento o dell'intimazione ad adempiere.

L'opposizione agli atti esecutivi, pur essendo distinta, dopo le modifiche introdotte dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52, in due fasi, la prima sommaria e la seconda a cognizione piena, costituisce un unico procedimento, sicché ai fini dell'applicazione del termine d'impugnazione di sei mesi, previsto dall'art. 327 cod. proc. civ., nella nuova formulazione, ed applicabile ai giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, rileva il momento in cui è stata introdotta la fase sommaria, con il deposito del ricorso dinanzi al giudice dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 27533/2014

In tema di espropriazione forzata presso terzi, il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione pronunciata fuori udienza decorre, per il debitore esecutata, dal momento in cui questi ne abbia conoscenza, legale o di fatto, e non già dalla data del deposito in cancelleria di detta ordinanza.

La verifica dell'osservanza del termine perentorio per proporre opposizione agli atti esecutivi è compiuta di ufficio dal giudice sulla base dei documenti acquisiti al processo.

Cass. civ. n. 24548/2014

Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso non dà luogo a nullità o inefficacia del titolo, ma costituisce una irregolarità che deve essere fatta valere a norma dell'art. 617 cod. proc. civ. Alla medesima irregolarità, da denunciare negli stessi modi, dà luogo la circostanza che il rilascio del titolo in forma esecutiva, per quanto avvenuto nei confronti di uno dei soggetti in cui favore sia stato emesso il titolo, sia poi notificato al debitore, antecedentemente o contestualmente al precetto, da altro soggetto in cui favore pure il titolo sia stato emesso.

Cass. civ. n. 12053/2014

Il provvedimento del giudice dell'esecuzione, una volta eseguito, non è revocabile o modificabile dallo stesso giudice, ai sensi dell'art. 487 cod. proc. civ., ma è impugnabile, con le forme e nei termini di cui all'art. 617 cod. proc. civ., senza che l'avvenuta esecuzione osti all'esame nel merito dei motivi dell'opposizione agli atti esecutivi, la cui fondatezza comporta l'annullamento del provvedimento opposto, ponendo nel nulla retroattivamente gli effetti prodotti in sede esecutiva.

Cass. civ. n. 11534/2014

Al fine di accertare, nell'ambito di un giudizio di opposizione all'esecuzione, la dedotta impignorabilità di un bene in quanto destinato a pubblico servizio, occorre riferirsi esclusivamente alla natura dello stesso, senza che, in senso contrario, rilevi l'esistenza di una precedente iscrizione ipotecaria, rimanendo estranei allo specifico accertamento rimesso al giudice dell'opposizione i profili attinenti alla tutela del creditore ipotecario.

Cass. civ. n. 7708/2014

Nella vendita forzata l'aggiudicatario del bene pignorato, in quanto parte del processo di esecuzione, ha l'onere di far valere l'ipotesi di "aliud pro alio" con il solo rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, che va esperita - nel limite temporale massimo dell'esaurimento della fase satisfattiva dell'espropriazione, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione - comunque entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell'atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo una diligenza ordinaria.

Cass. civ. n. 679/2014

In materia di ricusazione del giudice della esecuzione, poiché i suoi atti sono suscettibili di controllo con lo specifico rimedio dell'opposizione ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ., la mancata impugnabilità in via autonoma dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di ricusazione non esclude che il contenuto di essa possa essere riesaminato nel corso del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, attraverso il controllo del provvedimento reso dal giudice "suspectus", atteso che l'eventuale vizio causato dall'incompatibilità del giudice ricusato si risolve in motivo di nullità dell'attività svolta dal medesimo e quindi di opposizione ex art. 617 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 27851/2013

L'elezione di domicilio effettuata dal debitore nel contratto di mutuo fondiario, con dichiarazione riferita espressamente anche agli effetti giudiziali ed esecutivi, rimane valida ed efficace per tutti gli atti della procedura di esecuzione forzata. Ne consegue che la notificazione dell'atto di pignoramento eseguita, ai sensi dell'art. 141 cod. proc. civ., presso il domicilio eletto, è valida e regolare e da tale momento decorre il termine dell'art. 617 cod. proc. civ. per proporre l'opposizione agli atti esecutivi concernente la regolarità formale della stessa notificazione e dell'atto di pignoramento.

Cass. civ. n. 24662/2013

Il processo esecutivo, che sia iniziato senza essere preceduto dalla notificazione o dalla valida notificazione del titolo esecutivo e/o dell'atto di precetto, è viziato da invalidità formale, che può essere fatta valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, da proporsi, ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ., nel termine, oggi, di venti giorni, decorrente dal primo atto del processo esecutivo del quale si sia avuta legale conoscenza. (Nella specie, i debitori esecutati avevano denunciato l'omessa notificazione, nei loro confronti, del titolo esecutivo, costituito da un decreto di trasferimento con cui si ordinava il rilascio dell'immobile dagli stessi detenuto; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha confermato la decisione della corte territoriale che, negando che l'iniziativa dei debitori integrasse un'opposizione all'esecuzione, aveva ritenuto inammissibile l'appello, motivato sull'erroneo presupposto dell'operatività dell'art. 616 cod. proc. civ., nel testo - anteriore alle modifiche apportate dall'art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52 - astrattamente applicabile "ratione temporis" alla presente fattispecie).

Cass. civ. n. 21838/2013

Nell'espropriazione presso terzi intrapresa contro un'amministrazione dello Stato o un ente pubblico non economico, in violazione del disposto di cui all'art. 14 del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30, e successivamente modificato dall'art. 44 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326) e proseguita sino a pervenire alla pronuncia dell'ordinanza di assegnazione, il debitore esecutato può proporre opposizione agli atti esecutivi avverso tale ordinanza, nel termine previsto dall'art. 617 c.p.c., decorrente dalla sua pronuncia, al fine di far valere la violazione predetta.

Cass. civ. n. 14528/2013

In materia di riscossione mediante ruolo delle spese processuali e delle pene pecuniarie relative a sentenza penale di condanna emessa in procedimenti definiti prima del 1° gennaio 2008, l'omissione della notificazione dell'invito al pagamento, previsto dall'art. 212 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, anteriormente all'iscrizione ruolo, determina un'irregolarità formale dell'attività di riscossione che può essere fatta valere dal debitore con opposizione agli atti esecutivi ai sensi degli art. 617 c.p.c. e 26 del D.P.R. citato, n. 115, nel termine fissato dalla prima norma, decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento.

Cass. civ. n. 13281/2013

Colui che, agendo ex art. 617 c.p.c., mostri di aver avuto conoscenza dell'atto impugnato, ancorché non ritualmente comunicatogli, o prima che gli venga comunicato un atto del procedimento successivo idoneo a fargli acquisire necessariamente conoscenza (o il dovere di conoscenza) degli atti precedenti, fra cui quello non comunicato, deve indicare nell'atto di opposizione quando abbia avuto effettiva conoscenza dell'atto nullo, dandone altresì dimostrazione (sempreché la relativa prova non sia evincibile dai documenti prodotti dalla controparte o, comunque, acquisiti al processo).

Cass. civ. n. 12115/2013

Poiché il giudizio di opposizione agli atti esecutivi non costituisce una fase del processo esecutivo, al giudice della cognizione non spetta il potere di accertare di ufficio l'esistenza di vizi dell'atto, ma solo quello di conoscere dei vizi dedotti dalle parti con l'opposizione. Pertanto, qualora l'opponente non abbia dedotto, con l'opposizione agli atti esecutivi, quale vizio dell'ordinanza relativa alla sospensione dell'esecuzione, che essa non era stata adottata dal giudice dell'esecuzione, non è deducibile in cassazione un vizio di attività processuale da parte del giudice dell'opposizione nel non aver verificato di ufficio se l'ordinanza fosse o no immune da vizi di questo tipo.

Cass. civ. n. 7107/2013

Poiché il ricorso in opposizione agli atti esecutivi deve avere i requisiti indicati nell'art. 125 c.p.c., in quanto ad essa l'ordinamento attribuisce la funzione di nesso tra il testo ed il suo apparente autore, qualora tale scopo di costituire un immediato contatto fra giudice e parte non si realizzi perché l'opposizione, proposta con ricorso spedito con plico raccomandato non si riveli idonea, per il suo contenuto, a tal fine, essa è inesistente, e quella proposta successivamente allo spirare del termine previsto dall'art. 617 c.p.c. va dichiarata inammissibile.

Cass. civ. n. 2968/2013

Può costituire oggetto di opposizione agli atti esecutivi soltanto l'atto del processo esecutivo, viziato nelle forme o nei presupposti, che abbia incidenza dannosa nella sfera degli interessati, tale che sia attualmente configurabile un interesse reale alla rimozione dei suoi effetti. È pertanto, inammissibile l'opposizione ex art. 617 c.p.c. - per carenza di interesse ad impugnare - allorché investa provvedimenti del giudice dell'esecuzione che abbiano finalità di mero governo del processo, come è tipicamente quello di rinvio dell'udienza, salvo che detti provvedimenti non siano abnormi, e cioè rechino statuizioni non coerenti con la funzione riconosciuta ad un determinato atto dall'ordinamento, e pregiudizievoli per le parti. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha escluso la ricorrenza delle condizioni legittimanti l'opposizione, in quanto il rinvio dell'udienza venne contenuto in un breve arco temporale e motivato dal giudice con la necessità di acquisire documentazione rilevante ai fini della definizione del processo esecutivo).

Cass. civ. n. 1012/2013

In tema di giudizio di opposizione agli atti esecutivi, l'atto che introduce il giudizio di merito sull'opposizione, ai sensi dell'art. 618, comma secondo, c.p.c., deve contenere motivi di opposizione coincidenti con quelli proposti col ricorso introduttivo della fase dinanzi al giudice dell'esecuzione, ma è in facoltà dell'opponente - ove abbia, col ricorso davanti al giudice dell'esecuzione, proposto più di un motivo di opposizione - rinunciare ad uno o più degli originari motivi, riproponendo nell'atto introduttivo del giudizio di merito sull'opposizione soltanto uno o taluno di questi. In tale eventualità, il giudizio di merito sarà limitato soltanto ai motivi di opposizione agli atti esecutivi così riproposti.

Cass. civ. n. 23894/2012

Non è sanabile per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156, ult. comma, c.p.c., la nullità del precetto conseguente all'omissione della notificazione del titolo esecutivo: e ciò sia quando venga proposta opposizione ex art. 617 c.p.c. per far valere il vizio della mancata osservanza dell'art. 479, comma primo, c.p.c.; sia quando. unitamente a quest'ultima, vengano proposti motivi di opposizione ex art. 615 c.p.c..

Cass. civ. n. 19264/2012

A norma dell'art. 618, comma secondo, c.p.c. - nel testo sostituito dall'art. 15 della legge 24 febbraio 2006, n. 52 -, l'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'esaurimento della fase sommaria di cui al primo comma della indicata disposizione, deve avvenire, analogamente a quanto previsto dall'art. 616 c.p.c., con la forma dell'atto introduttivo richiesta nel rito con cui l'opposizione deve essere trattata, quanto alla fase di cognizione piena; pertanto, se la causa è soggetta al rito ordinario, il giudizio di merito va introdotto con citazione, da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice.

Cass. civ. n. 12911/2012

Nel giudizio di opposizione all'esecuzione, iniziata in base ad un titolo esecutivo giudiziale, non possono essere sollevate eccezioni anteriori alla formazione del titolo stesso, le quali si sarebbero dovute far valere unicamente nel procedimento conclusosi con il titolo posto in esecuzione.

Cass. civ. n. 10980/2012

Nell'espropriazione presso terzi, quando venga disposta l'assegnazione senza che sia stata precedentemente ordinata la vendita, trova applicazione l'art. 617 c.p.c., nel testo sostituito, con decorrenza dal 1° marzo 2006, per effetto dell'art. 39 quater d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, che ha elevato a venti giorni il termine per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi anche per le procedure esecutive pendenti a tale data, ma non anche la previsione di cui al secondo periodo del medesimo art. 39-quater, secondo il quale "quando tuttavia è già stata ordinata la vendita la stessa ha luogo con l'osservanza delle norme precedentemente in vigore", atteso che questa disposizione si riferisce alle modalità della vendita e presuppone che la stessa sia stata effettivamente fissata.

Cass. civ. n. 7051/2012

Colui il quale propone opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., ha l'onere di indicare e provare il momento in cui abbia avuto la conoscenza, legale o di fatto, dell'atto esecutivo che assume viziato, non potendosi altrimenti verificare il rispetto da parte sua del termine di decadenza per la proposizione dell'opposizione.

Cass. civ. n. 5994/2012

L'opposizione ex art. 617 cod. proc. civ,. diretta a far valere vizi della cartella di pagamento emessa in esito ad iscrizione a ruolo del contributo unificato previsto dall'art. 9 del d.P.R. n. 115 del 2002, rientra nella giurisdizione del giudice tributario, atteso che il contributo unificato ha natura di entrata tributaria e che il controllo delle cartelle esattoriali, configurabili come atti di riscossione e non di esecuzione forzata, spetta a quel giudice quando le cartelle riguardino tributi.

Cass. civ. n. 1609/2012

Nell'opposizione agli atti esecutivi, le ragioni per le quali la lesione del contraddittorio abbia comportato l'ingiustizia dell'atto dell'esecuzione contestato, causata dall'impossibilità di difendersi a tutela di un proprio diritto, devono essere poste a fondamento dell'impugnazione e vanno, pertanto, tempestivamente dedotte in sede di opposizione. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha riconosciuto la correttezza della statuizione del giudice del merito, che aveva reputato tardiva la deduzione, da parte degli opponenti, dell'omessa comunicazione di un provvedimento di revoca della sospensione dell'esecuzione, in quanto svolta soltanto nella memoria di replica depositata dopo la precisazione delle conclusioni).

Cass. civ. n. 22451/2011

La proposizione di un'opposizione agli atti esecutivi - anche, e a maggior ragione, nel regime successivo alla novella recata dalla legge 24 febbraio 2006, n. 52 - apre un procedimento che deve essere necessariamente svolto in forma contenziosa e deve altresì concludersi con sentenza, sicché l'interprete non può mai discostarsi dal modello così delineato, adottando forme ritenute più idonee e convenienti. Ne consegue che, in mancanza dei requisiti formali e strutturali richiesti per le sentenze (quali il rispetto del principio del contraddittorio, e i requisiti formali dell'indicazione della concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi di fatto e di diritto della decisione), nonché in caso di provenienza da un giudice al quale la legge non conferisce il potere di emettere provvedimenti definitivi di chiusura del procedimento, il provvedimento adottato non può avere portata maggiore di quella propria dell'atto esecutivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di cessazione della materia del contendere assunta con il provvedimento impugnato, qualificandolo come sentenza - e, dunque, ricorribile per cassazione - in quanto emesso, nel rispetto del contraddittorio e in base ai requisiti formali della sentenza, da giudice che non pronunciava più in sede esecutiva, ma come giudice monocratico di primo grado, avendo disposto, all'esito della fase cautelare del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, che si provvedesse all'iscrizione della causa al ruolo contenzioso prima dello svolgimento dell'udienza fissata per la trattazione dinanzi a sé della causa di merito).

Cass. civ. n. 17524/2011

Nell'espropriazione forzata presso terzi, è inquadrabile come opposizione agli atti esecutivi l'opposizione proposta da un comune avverso l'ordinanza di assegnazione del credito, con la quale si deduca l'esistenza di un vincolo d'impignorabilità per la destinazione delle somme a pubbliche finalità. Qualora, invece, nel processo esecutivo si ponga la questione se, rispetto alle somme sottoposte a pignoramento da parte del creditore, ricorrano o no le condizioni stabilite dalla legge perché le somme di competenza del comune restino sottratte alla esecuzione, ed il giudice dell'esecuzione non abbia, d'ufficio o su istanza di parte, dichiarato nullo il pignoramento, né si sia ancora addivenuti alla chiusura del processo con l'ordinanza di assegnazione, il debitore può proporre l'opposizione all'esecuzione per far valere l'impignorabilità.

Cass. civ. n. 15062/2011

Ai fini della verifica della tempestività della proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione emessa dal giudice dell'esecuzione, l'opponente non può limitarsi ad allegare la data nel quale si è perfezionata la comunicazione dell'ordinanza opposta, essendo tenuto, a fronte di un'eccezione ancorché generica di tardività, a fornire la prova del ricevimento della notificazione dell'atto che intenda impugnare nel "dies a quo" allegato, salvo che la dimostrazione della tempestività non emerga documentalmente dagli atti del procedimento.

Cass. civ. n. 4896/2011

La mancanza, in un atto di precetto notificato da un condominio, delle generalità dell'amministratore è vizio che attiene alla regolarità formale del precetto, e non riguarda i presupposti dell'azione esecutiva. Pertanto tale vizio dev'essere fatto valere dal debitore esecutato con l'opposizione agli atti esecutivi, nel termine per questa previsto, e non con l'opposizione all'esecuzione.

Cass. civ. n. 2674/2011

In tema di espropriazione forzata, il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione dichiara l'estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle tipiche (ed implicanti, piuttosto, la sua improseguibilità, come, nella specie, per avvenuta caducazione del titolo esecutivo) ha natura sostanziale di atto viziato del processo esecutivo ed è, pertanto, impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., che costituisce il rimedio proprio previsto per tali atti, e non con il ricorso per cassazione.

Cass. civ. n. 22279/2010

Nel processo esecutivo il contraddittorio tra le parti non si atteggia in modo analogo a quello che si instaura nel processo di cognizione, perché, da un lato, le attività che si compiono nel processo esecutivo non sono dirette all'accertamento in senso proprio di diritti, ma alla loro realizzazione pratica sulla base di un preesistente titolo esecutivo e dall'altro proprio l'esistenza di un titolo esecutivo impedisce al debitore esecutato di contestare l'azione esecutiva in via di eccezione, come avviene per il convenuto nel giudizio di cognizione, ma gli consente soltanto di avvalersi del rimedio dell'opposizione. Ne consegue che è inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi fondata sulla mera violazione del principio del contraddittorio, ove l'opponente non indichi sotto quale concreto profilo quella violazione abbia pregiudicato il suo diritto di difesa.

Cass. civ. n. 17029/2010

In tema di esecuzione forzata per espropriazione di crediti, il mezzo di tutela del creditore pignorante a fronte della mancata riunione del suo pignoramento ad altro successivo è costituito dall'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c., la quale, ove nella procedura determinata dal pignoramento successivo sia già intervenuta l'assegnazione del credito, può esperirsi proprio nei confronti dell'ordinanza di assegnazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito nella parte in cui aveva qualificato la domanda di accertamento della nullità o illegittimità dell'ordinanza di assegnazione come opposizione ai sensi dell'art. 619 c.p.c. e non già come opposizione agli atti esecutivi con la conseguenza erronea di dichiarare inefficace detta ordinanza di assegnazione, là dove, invece, avrebbe dovuto - alla stregua di quanto poi deciso nel merito dalla stessa S.C., ex art. 384 c.p.c. - pervenire ad una declaratoria di preclusione dell'impugnazione dell'ordinanza medesima, per la scadenza del termine stabilito dal secondo comma del citato art. 617 c.p.c.).

Cass. civ. n. 11338/2010

In tema di sanzioni amministrative in materia previdenziale, l'opposizione avverso l'avviso di pagamento (contenente l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni, ex art. 50, comma 2, del d.p.r. n. 602 del 1973) fondata sul mancato rispetto dei termini di notifica della cartella di pagamento, costituente estratto del ruolo, ex art. 25 del d.p.r. n. 602 cit., configura un'opposizione agli atti esecutivi, da proporre, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., nelle forme ordinarie e nel termine perentorio di cinque giorni dalla notifica della cartella, a pena di inammissibilità dell'opposizione, il cui vizio, se non riscontrato dal giudice di merito, deve essere rilevato, in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 382, terzo comma, c.p.c..

Cass. civ. n. 10599/2010

In tema di espropriazione immobiliare, la contestazione afferente all'inesistenza del credito astrattamente vantato dall'interveniente non è riconducibile nell'ambito delle doglianze formali inerenti al titolo giustificativo del credito e, pertanto, non configura un motivo di opposizione agli atti esecutivi, con la conseguenza che non è soggetta al termine di decadenza previsto dall'art. 617 c.p.c..

Cass. civ. n. 7991/2010

Va dichiarata inammissibile l'opposizione agli atti esecutivi con cui il debitore denunzi un vizio formale verificatosi prima della vendita, qualora sia proposta dopo che la vendita è già stata compiuta, atteso che la disposizione di cui all'art. 2929 c.c. dispone che la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di loro collusione con il creditore procedente, dando, quindi, la predetta norma risalto solo a tale collusione, che presuppone una dolosa preordinazione della condotta dell'acquirente in danno dell'esecutato, e a nulla rilevando, invece, il difetto di diligenza del terzo acquirente.

Cass. civ. n. 6487/2010

In tema di opposizione agli atti esecutivi, qualora il soggetto coinvolto nella procedura esecutiva proponga tale opposizione invocando la nullità di atti del procedimento, assumendo che uno di essi, presupposto degli altri (nella specie, l'ordinanza dispositiva della vendita immobiliare emessa fuori udienza), non gli sia stato debitamente notificato, l'opposizione, ove formulata oltre il termine di cui all'art. 617, secondo comma, c.p.c. dall'ultimo atto del procedimento stesso, è da ritenersi tempestiva soltanto se l'opponente alleghi e dimostri quando è venuto a conoscenza dell'atto presupposto nullo (cioè della sua mancata comunicazione e, quindi, della relativa nullità) e di quelli conseguenti, ivi compreso l'ultimo, e l'opposizione risulti avanzata nel termine (ora) di venti giorni da tale sopravvenuta conoscenza di fatto.

Cass. civ. n. 25208/2009

In tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, ai sensi del D.L.vo n. 46 del 1999, la contestazione dell'assoluta indeterminatezza della cartella di pagamento integra un'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 29, secondo comma, del D.L.vo n. 46 cit., che per la relativa regolamentazione rinvia alle forme ordinarie, con la conseguenza che prima dell'inizio dell'esecuzione l'opposizione va proposta nei termine di cinque giorni dalla notifica della cartella, non potendo trovare applicazione il termine di quaranta giorni previsto dall'art. 24, comma quinto, del medesimo D.L.vo, riferibile all'opposizione sul merito della pretesa di riscossione, neppure ove si assuma che la cartella non contiene alcun riferimento al credito, non essendo possibile in tal caso proporre con un unico atto l'opposizione di merito e quella per vizi di forma della cartella, giacché la prima è materialmente preclusa dalla mancanza dei dati necessari ad approntare qualsiasi difesa.

Cass. civ. n. 24047/2009

Posto che la differenza fra opposizione all'esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi deve essere individuata nel fatto che la prima investe l'"an" dell'azione esecutiva, cioè il diritto della parte istante a promuovere l'esecuzione sia in via assoluta che relativa, mentre la seconda attiene al "quomodo" dell'azione stessa e concerne, quindi, la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto ovvero dei singoli atti di esecuzione senza riguardare il potere dell'istante ad agire "in executivis", l'opposizione al precetto di rilascio basata su vizi formali del titolo esecutivo notificato e sulla nullità del precetto per omessa descrizione degli immobili di cui si chiede il rilascio, si configura come opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 21683/2009

La parte esecutata che deduca la nullità del pignoramento, in conseguenza della cessata efficacia del precetto per l'inutile decorso del termine di novanta giorni dalla sua notifica, non contesta il diritto della controparte di procedere in via esecutiva o la legittimità dell'azione intentata, bensì la validità di un singolo atto del procedimento, considerata dall'art. 481 c.p.c. come condizione di validità di tutti i susseguenti atti; ne consegue che tale impugnazione integra una opposizione agli atti esecutivi e la relativa sentenza non è impugnabile nei modi ordinari, ma mediante il ricorso per cassazione.

Cass. civ. n. 10099/2009

In tema di opposizione agli atti esecutivi, ai fini del decorso del termine perentorio di cinque giorni (elevato a venti dall'art. 2, comma 3, lett. e), n. 41, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni, nella legge 14 maggio 2005, n. 80) previsto dall'art. 617 c.p.c. per la proposizione dell'opposizione, valgono sia il principio per cui il tempo del compimento dell'atto coincide con quello in cui l'esistenza di esso è resa palese alle parti del processo esecutivo, e quindi con il momento in cui l'interessato ha avuto legale conoscenza dell'atto medesimo ovvero di un atto successivo che necessariamente lo presupponga, sia il principio della piena validità della conoscenza di fatto dell'atto stesso in capo all'interessato. (Nella specie, relativa all'impugnazione di un decreto di trasferimento di beni immobili emesso dal giudice dell'esecuzione a seguito di ordinanza di aggiudicazione, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva fatto decorrere il termine per proporre opposizione dal momento in cui il delegato del debitore aveva preso visione degli atti del procedimento esecutivo).

Cass. civ. n. 9018/2009

In tema di opposizione agli atti esecutivi, laddove il debitore denunzi un vizio formale verificatosi prima della vendita e proponga tale opposizione soltanto dopo il compimento di quest'ultima, va dichiarata l'inammissibilità dell'opposizione stessa, atteso che ai sensi dell'art. 2929 c.c. la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita non ha effetto relativamente all'acquirente o all'assegnatario, a meno che non si sia palesata una qualche collusione fra gli stessi ed il creditore procedente. (Nella specie il vizio consisteva nell'avvenuta rifissazione dell'incanto con ribasso del quinto senza previa audizione dei debitori esecutati, contrariamente alle prescrizioni di cui all'art. 590 c.p.c.).

Cass. civ. n. 5342/2009

In tema di espropriazione presso terzi, il terzo è interessato alle vicende processuali che riguardano la legittimità o validità del pignoramento nei limiti in cui possono comportare o meno la liberazione dal relativo vincolo e, perciò, è parte necessaria nei processi di opposizione agli atti esecutivi in cui si contesti la validità di tale primo atto di esecuzione, proprio in quanto può comportare la suddetta liberazione, con la conseguenza che egli deve essere necessariamente chiamato in causa dall'opponente e, in mancanza, il giudice è tenuto ad ordinare l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti.

Cass. civ. n. 2461/2009

Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso avverso le ordinanze di vendita ed aggiudicazione, la presenza dell'aggiudicatario, in quanto litisconsorte necessario "ex" art. 102, primo comma, cod. proc. civ., è di regola indispensabile ai fini della integrità del contraddittorio; è tuttavia inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione della parte soccombente (nella specie, i debitori esecutati opponenti) avverso la sentenza resa nel giudizio in cui non sia stato dato, ad opera del giudice, l'ordine di integrazione verso gli aggiudicatari pretermessi, se dalla conseguente partecipazione la parte ricorrente non avrebbe tratto alcun vantaggio, essendo risultate infondate tutte le altre censure mosse alla sentenza impugnata, e non sia nemmeno astrattamente ipotizzabile che la predetta partecipazione si sarebbe risolta in una decisione di contenuto diverso e favorevole alla stessa parte soccombente.

Cass. civ. n. 972/2009

Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi sono legittimati a contraddirvi tutti i soggetti entrati nel processo esecutivo che abbiano interesse a che l'atto impugnato non sia annullato e, quindi, anche i creditori intervenuti, seppure non siano muniti di titolo esecutivo. Ne consegue che, ove non venga eseguita, né prima né dopo la scadenza del termine perentorio assegnato, l'integrazione del contraddittorio disposta dal giudice nei confronti di un creditore intervenuto non munito di titolo esecutivo, non si produce la sanatoria della nullità dell'atto introduttivo del giudizio ed il giudice è tenuto a dichiarare d'ufficio la mancanza di tale sanatoria, non potendo, in assenza delle parti necessarie, giudicare del merito della domanda.

Cass. civ. n. 24809/2008

Il giudizio di opposizione agli atti esecutivi si incardina mediante deposito del ricorso al giudice dell'esecuzione nella cancelleria del tribunale; ne consegue che, una volta perfezionatasi, con tale deposito, la proposizione della domanda, sulla validità di quest'ultima non possono riverberarsi, ostandovi il contenuto dell'art. 159 cod. proc. civ., i vizi incidenti sulla successiva fase della "vocatio in ius", attuata mediante la notificazione del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, dopo aver accertato la tempestività del deposito del ricorso, aveva poi dichiarato inammissibile l'opposizione, per tardività, sul rilievo che il ricorso con il relativo decreto era stato notificato alla controparte in modo incompleto, pur avendo l'opponente provveduto in un secondo tempo alla rinnovazione della notifica in ottemperanza al provvedimento del giudice).

Cass. civ. n. 24527/2008

Alla tempestiva opposizione agli atti esecutivi con cui il debitore deduca la nullità della notifica dell'atto di pignoramento presso terzi, consegue la sanatoria del vizio dedotto, applicandosi anche a tale ipotesi l'ultimo comma dell'art. 156 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 18691/2008

Nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al d.lgs. n. 46 del 1999, l'opposizione agli atti esecutivi - con la quale si fanno valere i vizi di forma del titolo esecutivo, ivi compresa la carenza di motivazione dell'atto - è prevista dall'art. 29, secondo comma, che per la relativa regolamentazione rinvia alle "forme ordinarie", e non dall'art. 24 dello stesso d.lgs., che si riferisce, invece, all'opposizione sul merito della pretesa di riscossione. Ne consegue che l'opposizione agli atti esecutivi prima dell'inizio dell'esecuzione deve proporsi entro cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, che, ai sensi dell'art. 49 del d.P.R. n. 602 del 1973, si identifica nella cartella esattoriale, non assumendo alcuna rilevanza, invece, l'assenza di accertamenti e delle relative contestazioni, trattandosi di adempimenti previsti per l'irrogazione delle sanzioni amministrative e non per l'esazione di contributi e somme aggiuntive.

Cass. civ. n. 15996/2008

Il decreto con cui il giudice dell'esecuzione, in calce al ricorso proposto per l'opposizione agli atti esecutivi, dichiari improcedibile l'opposizione, ancor prima che venga instaurato il contraddittorio e che la causa sia debitamente istruita, è radicalmente nullo, non essendo riconducibile alla tipologia del giudizio di opposizione di cui all'art. 617 c.p.c. che, nel sistema delineato dal codice di rito, deve svolgersi con un procedimento contenzioso e concludersi con un provvedimento che deve presentare i caratteri della sentenza, non solo sotto il profilo formale (art. 132 c.p.c. ), ma anche sotto quello strutturale, perché emessa a conclusione di un procedimento introdotto e svoltosi con le forme del processo contenzioso ordinario. (Fattispecie in cui il giudice dell'esecuzione aveva, con provvedimento in calce al ricorso, dichiarato illegittimamente inammissibile l'opposizione, perché proposta dopo l'emissione del decreto di trasferimento all'aggiudicatario ).

Cass. civ. n. 12430/2008

In materia di esecuzione forzata, tutte le questioni che possono dar luogo ad invalidità della vendita per erronea indicazione di taluni dati catastali relativi ai beni sottoposti ad esecuzione, devono essere fatte tempestivamente valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. nei confronti dell'ordinanza di vendita, mentre è da qualificarsi tardiva l'opposizione avverso il decreto di trasferimento, atteso che il debitore esecutato, nel ricevere la notifica di tutti gli atti relativi alla procedura, ha l'onere di rilevare immediatamente l'erronea indicazione dei dati catastali e chiederne la rettifica.

Cass. civ. n. 8306/2008

Ai sensi dell'art. 479 c.p.c. presupposto processuale specifico dello svolgimento del processo esecutivo (da distinguersi dalla condizione dell'azione esecutiva consistente nell'esistenza del titolo esecutivo, come previsto dall'art. 474 c.p.c.) è che il titolo esecutivo (o copia autorizzata di questo, secondo quanto consentito dal secondo comma dell'art. 488 c.p.c.) sia esibito all'organo esecutivo. La violazione relativa all'adempimento di tale presupposto processuale non può essere rilevata d'ufficio dal giudice dell'esecuzione e, in quanto atto esecutivo, deve essere fatta valere con il rimedio di cui all'art. 617 del codice di rito.

Cass. civ. n. 7674/2008

Il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, di cui all'art. 617 c.p.c., è esperibile soltanto contro atti riferibili al giudice dell'esecuzione, il quale è l'unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo. Quando, invece, l'atto (anche eventualmente omissivo) che si assume contrario a diritto sia riferibile non al giudice, ma ad un suo ausiliario, ivi compreso l'ufficiale giudiziario, esso è sottoponibile al controllo del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 c.p.c. o nelle forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato e solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato sarà possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all'art. 617 c.p.c. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile l'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il rifiuto dell'ufficiale giudiziario di procedere ad un secondo accesso al domicilio del debitore, al fine di individuare ulteriori beni mobili da pignorare).

Cass. civ. n. 4652/2008

In tema di espropriazione forzata, poiché la parte istante si deve avvalere di difensore per dare inizio al processo (artt. 555 e 125 c.p.c. e 170 disp. att. c.p.c.) e per proseguirlo una volta che lo abbia iniziato con il pignoramento (art. 82, comma secondo, prima parte, c.p.c.), la perdurante mancanza di un difensore munito di procura, come può essere rilevata e dichiarata di ufficio dal giudice dell'esecuzione, lo può essere su istanza del debitore, e dare luogo a provvedimento che dichiara l'improcedibilità del processo. In tal caso, la richiesta rivolta dal debitore al giudice dell'esecuzione non ha natura di opposizione esecutiva, perché non è volta a far rilevare la nullità di un singolo atto del processo, né è necessaria per impedire che tale nullità resti sanata, sicché il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione dichiara improcedibile il processo esecutivo non ha natura di sentenza resa su opposizione, ma ha natura di atto del processo esecutivo, contro il quale il creditore procedente deve proporre opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 17460/2007

In tema di esecuzione forzata immobiliare, in mancanza di limiti normativi, il potere del giudice dell'esecuzione di revoca dei propri provvedimenti concorre con la possibilità di opposizione agli atti esecutivi, con la precisazione che, mentre il potere di revoca può essere esercitato anche dopo la scadenza del termine previsto dalla legge per l'opposizione agli atti esecutivi e sempre che il provvedimento non abbia avuto definitiva esecuzione, per potersi avvalere del rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi la parte deve rispettare il termine perentorio di decadenza ex art. 617 c.p.c., che decorre dal momento in cui l'interessato ha avuto legale conoscenza del decreto di trasferimento ovvero di un atto successivo che lo presuppone. (Nella specie, in applicazione del riportato principio, la S.C. ha ritenuto non censurabile la statuizione del giudice di merito circa la conoscenza – da parte del creditore procedente – del decreto di trasferimento, di cui non è prevista la comunicazione al predetto creditore, in conseguenza dell'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione aveva dato atto che – nonostante una contraria precedente attestazione della cancelleria – nessun deposito del prezzo era stato effettuato dall'aggiudicatario, sicché non poteva procedersi alla formalità successiva dell'assegnazione del ricavato).

Cass. civ. n. 16155/2007

La contestazione sulla regolarità formale dell'atto di aggiudicazione di un bene immobile deve essere fatta tempestivamente valere, come previsto dall'art. 617 c.p.c., entro cinque giorni dal «compimento dell'atto» che coincide con il momento in cui l'esistenza dell'atto è resa palese alle parti del processo esecutivo; ne consegue che la tardività dell'opposizione proposta avverso l'aggiudicazione rende inammissibile anche quella proposta contro il decreto di trasferimento della proprietà dell'immobile, qualora venga dedotta una nullità riflessa o derivata da precedenti vizi del procedimento, che non siano stati tempestivamente denunciati con la detta opposizione.

Cass. civ. n. 9490/2007

In tema di forma del ricorso per opposizione agli atti esecutivi, in ordine alla quale l'art. 617 c.p.c. prescrive che l'atto contenga i requisiti indicati nell'art. 125 c.p.c. (e, quindi, che esso sia sottoscritto dalla parte, se costituita in giudizio personalmente, oppure dal difensore), soltanto il totale difetto di sottoscrizione comporta l'inesistenza dell'atto. Quando invece l'elemento formale, al quale l'ordinamento attribuisce la funzione di nesso tra il testo ed il suo apparente autore, sia desumibile da altri elementi indicati nell'atto stesso, non ricorre alcuna invalidità. (Nella specie, la S.C. ha confermato sul punto la sentenza di merito, che aveva escluso la nullità del ricorso, in quanto il difensore, pur non avendo sottoscritto l'atto, aveva compiuto atti quali il deposito della nota di iscrizione a ruolo, la richiesta di copie del ricorso con il provvedimento di sospensione, la richiesta di notificazione del ricorso, la partecipazione alle udienze davanti al giudice dell'esecuzione in presenza dell'opponente).

Cass. civ. n. 837/2007

L'autonomia di ciascuna fase del processo esecutivo, rispetto a quella che precede, comporta che le situazioni invalidanti che si producano in una determinata fase, comprese quelle costituenti nullità insanabili, sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo – mediante opposizione agli atti esecutivi anche oltre il termine dei cinque giorni previsti a pena di decadenza, o d'ufficio dal giudice dell'esecuzione – solo in quanto impediscano che il processo consegua il suo fine naturale, e cioè l'espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori, mentre, quando non siano di per sé preclusive del raggiungimento dello scopo del processo, vanno eccepite con l'opposizione ex articolo 617 c.p.c. da proporre nel relativo termine di decadenza dei cinque giorni decorrente dalla conoscenza legale da parte dell'interessato dell'irregolarità. (Nella fattispecie, è stata ritenuta la non idoneità del vizio del mandato, consistente nella mancata specificazione dei poteri di rappresentanza legale della società in capo ai due firmatari, a impedire il raggiungimento dello scopo del processo esecutivo, consistente nella espropriazione e vendita del bene pignorato, ed è stato identificato il momento di decorrenza del termine di cinque giorni, previsto dall'articolo 617 secondo comma c.p.c., con la data dell'intervento del creditore cui si riferiva il vizio del mandato).

Cass. civ. n. 371/2007

Il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, a seguito di un precedente decreto di trasferimento immobiliare, su istanza di parte provveda allo svincolo e alla restituzione delle somme depositate da chi aveva formulato le offerte non accolte, non è impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento pronunciato in sede non contenziosa da un organo istituzionalmente carente del potere di emettere sentenze, privo del carattere della decisorietà e, pertanto, suscettibile, quale atto dell'esecuzione, soltanto di opposizione a termini dell'art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 24205/2006

In tema di opposizione agli atti esecutivi, la perentorietà del termine di cui all'articolo 617, secondo comma, c.p.c., che è previsto per assicurare ai provvedimenti di vendita, assegnazione e distribuzione adottati nell'ambito del processo esecutivo un accentuato grado di stabilità, comporta, da un lato, che detto termine non è prorogabile (articolo 153 c.p.c.), dall'altro che la sua consumazione implica decadenza dell'impugnazione, rilevabile di ufficio, dal giudice; sicché la nullità degli atti esecutivi impugnati non incide sull'ammissibilità della opposizione medesima.(Nella specie, il tribunale aveva dichiarato improcedibile la opposizione, perché esperita contro una ordinanza di assegnazione, a seguito di pignoramento presso terzi, oltre il termine suddetto, come formulato prima della modifica dell'articolo 2, comma terzo, D.L. 14 marzo 2005 n. 35 conv. nella legge 14 maggio 2005 n. 80).

Cass. civ. n. 20667/2006

In tema di esecuzione per consegna o rilascio, qualora l'accesso non abbia avuto luogo nel giorno e nell'ora fissati, difetta del requisito dell'interesse ad agire l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal destinatario di un preavviso di sloggio che, avendo ricevuto la sua notificazione successivamente a quel giorno, deduca la nullità della procedura esecutiva, restando, in particolare, escluso che un interesse all'opposizione possa configurarsi sotto il profilo della mancata conoscenza, da parte dell'esecutato, del mancato accesso, atteso che, se egli è nel godimento materiale dell'immobile, non può non conoscere che l'accesso non è avvenuto, mentre, se non lo è, prima di proporre l'opposizione egli è tenuto previamente ad accertarsi se l'accesso abbia avuto luogo o meno, essendo, d'altronde, esclusa la possibilità che se l'accesso sia avvenuto, da esso decorra il termine per l'opposizione, stante la nullità della notifica del preavviso e, quindi, dello stesso accesso.

Cass. civ. n. 15268/2006

L'esecuzione per consegna o rilascio ha inizio soltanto con l'accesso dell'ufficiale giudiziario nel luogo in cui debbono compiersi gli atti esecutivi e, pertanto, segna il dies a quo del termine di cinque giorni previsto dall'art. 617 c.p.c. per l'opposizione diretta a dedurre il difetto di notifica del titolo esecutivo e del precetto o a contestarne la validità. Tuttavia, a tal fine, non rileva il momento in cui è compiuto l'atto, ma quello in cui l'esecutato, che nel caso di persona giuridica è il rappresentante per legge, ne ha avuto conoscenza legale e non anche di fatto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito secondo la quale andava escluso che, ai fini della legale conoscenza, fosse sufficiente la presenza di un semplice dipendente in occasione dell'accesso dell'ufficiale giudiziario).

Cass. civ. n. 5906/2006

La disciplina dell'opposizione agli atti esecutivi deve essere coordinata con le regole generali in tema di sanatoria degli atti nulli, sicché con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. non possono farsi valere vizi – quale la nullità della notificazione del titolo esecutivo e del precetto – che devono considerarsi sanati per raggiungimento dello scopo ex art. 156, ult. co., cod proc. civ., in virtù della proposizione dell'opposizione da parte del debitore, quella al precetto in particolare costituendo la prova evidente del conseguimento della finalità di invitare il medesimo ad adempiere, rendendolo edotto del proposito del creditore di procedere ad esecuzione forzata in suo danno. Né in contrario vale invocare il disposto dell'art. 617, secondo comma, c.p.c., attinente alla diversa ipotesi in cui il vizio della notificazione per la sua gravità si traduce nell'inesistenza della medesima, così come la circostanza che per effetto della nullità della notificazione possa al debitore attribuirvi un termine per adempiere inferiore a quello minimo di dieci giorni previsto dall'art. 480 c.p.c.

Cass. civ. n. 3655/2006

Nell'espropriazione forzata presso terzi, l'eccezione che il credito verso il terzo non è assoggettabile ad esecuzione forzata costituisce motivo di opposizione agli atti esecutivi e non di opposizione all'esecuzione, trattandosi di contestazione attinente non al diritto di procedere ad esecuzione forzata, ma alla procedibilità di questa, ed alla stessa qualificazione occorre pervenire quando l'eccezione riguardi il fatto che la dichiarazione resa dal terzo sia inficiata da errori, o che la somma da assegnare non sia stata determinata correttamente. Tali principi valgono anche quando il debitore (come nella fattispecie) sia un ente locale che si sia avvalso del potere di destinare a finalità specifiche le somme di sua competenza nei limiti indicati dall'art. 113 del D.L.vo n. 77 del 1995 (modificato dall'art. 39 del D.L.vo n. 336 del 1996 e riprodotto nell'art. 159, secondo comma, del D.L.vo n. 267 del 2000), con la conseguenza che le contestazioni con le quali, sotto profili diversi, l'ente locale fa valere ragioni concernenti il rispetto delle procedure di imposizione del vincolo di indisponibilità sulle predette somme, comportante l'impignorabilità delle stesse ad opera di terzi creditori, configurano motivi di opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 12326/2005

L'interesse ad agire costituisce condizione dell'azione anche per l'opposizione agli atti esecutivi e sussiste solo quando è astrattamente configurabile per l'opponente un'utilità dipendente dall'accertamento della nullità dell'atto. (Nella specie, l'opponente aveva eccepito la nullità di un primo pignoramento, mentre l'assegnazione delle somme al creditore — oggetto della opposizione — era avvenuta nell'ambito di processo esecutivo instaurato con un secondo pignoramento).

Cass. civ. n. 10180/2005

L'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, nell'espropriazione forzata presso terzi, su istanza di assegnazione del creditore procedente qualifica la dichiarazione resa dal terzo come positiva ed emette il relativo provvedimento (di assegnazione) rappresenta un atto del processo esecutivo poiché è assunta nell'ambito dell'attività esecutiva e non di quella di accertamento del credito. Pertanto detto provvedimento deve essere contestato con l'opposizione agli atti esecutivi, allegando che la dichiarazione era in realtà negativa e che dunque mancava il presupposto per l'assegnazione. (Nella specie l'AIMA aveva dichiarato che l'azienda agricola esecutata era titolare di due quantitativi di quote latte e che l'attribuzione della quota latte non comportava alcuna erogazione di aiuti da parte del dichiarante; il giudice dell'esecuzione aveva disposto consulenza tecnica sul valore delle quote assegnate all'azienda e determinato la somma assegnata al creditore procedente; la Corte di cassazione, nel confermare la sentenza che aveva dichiarato inammissibile l'appello avverso il provvedimento del giudice dell'esecuzione, ha precisato che anche la lamentata nomina del C.T.U., non costituendo accertamento di un credito in contestazione tra le parti, ma soltanto calcolo del valore della quota, costituiva atto esecutivo contro il quale il rimedio da esperire era quello dell'opposizione agli atti esecutivi).

Cass. civ. n. 22876/2004

L'opposizione con la quale il debitore fa valere l'irregolarità del pignoramento di un credito, incorporato in un titolo di credito emesso da un terzo, perché eseguito nelle forme del pignoramento presso terzi (art. 543 c.p.c.) anziché con quelle del pignoramento presso il debitore (e cioè mediante la materiale apprensione del titolo), ha natura di opposizione agli atti esecutivi e deve, pertanto, essere proposta nel termine di cinque giorni dall'ingiunzione al debitore di astenersi dal compimento di atti diretti a sottrarre alla garanzia i beni che si assoggettano all'espropriazione, dalla quale dipende il pregiudizio del debitore e l'interesse dello stesso all'opposizione.

Cass. civ. n. 13348/2004

Le opposizioni relative alla regolarità formale del precetto, attenendo al controllo dello svolgimento del processo esecutivo, si propongono ai sensi dell'art. 617 c.p.c. prima che sia iniziata l'esecuzione, nel termine di cinque giorni dalla notificazione del precetto medesimo, a pena d'inammissibilità denunciabile e dichiarabile – trattandosi di presupposto processuale – anche in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 7610/2004

Il giudizio di opposizione agli atti esecutivi è un ordinario giudizio di cognizione che si conclude con sentenza, che ha per oggetto la valutazione se un segmento del processo esecutivo si sia svolto o meno in modo conforme alle norme che lo regolano, e per poter compiere tale valutazione il giudice ha il potere-dovere di acquisire il fascicolo del processo esecutivo, per prendere diretta conoscenza dello svolgimento di esso e degli atti compiuti dal giudice dell'esecuzione; non è legittimo quindi il rigetto della domanda di opposizione sulla base della mancata produzione in giudizio da parte dell'opponente dell'atto contro cui si oppone.

Cass. civ. n. 6391/2004

Nell'espropriazione presso terzi, il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione dichiari l'estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle tipiche (e cioè diverse dalla rinuncia agli atti del processo ex art. 629 c.p.c., dall'inattività delle parti ex art. 630 c.p.c., dalla mancata comparizione delle parti a due udienze successive ex art. 631 c.p.c., dalle cause espressamente previste dalla legge, anche speciale), avendo carattere atipico, contenuto di pronuncia di mera improseguibilità dell'azione esecutiva, natura sostanziale di atto del processo esecutivo, è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., che è il rimedio proprio previsto per tali atti, e non con il reclamo ex art. 630 c.p.c., che è il rimedio stabilito per la dichiarazione di estinzione tipica. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio il provvedimento di inammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi del giudice di merito, pronunciato con riferimento ad una dichiarazione di estinzione nei confronti del creditore procedente intervenuto, emessa dal giudice dell'esecuzione — dopo l'assegnazione del bene pignorato al creditore procedente — per sopravvenuta inesistenza dell'oggetto).

Cass. civ. n. 1167/2004

L'opposizione agli atti esecutivi va proposta nel termine di decadenza di cinque giorni dal compimento della attività di cui si assume la nullità; ne consegue che, ove si denunci di nullità l'attività di patrocinio svolta dal difensore comparso in sostituzione del collega senza adeguata delega scritta nel corso del processo esecutivo, tale nullità va fatta valere con opposizione agli atti esecutivi da proporsi – a pena di inammissibilità – nei cinque giorni dallo svolgimento delle singole udienze all'interno delle quali l'attività del sostituto del difensore si era esplicata.

Cass. civ. n. 10693/2003

In tema di espropriazione immobiliare, l'offerta di acquisto con aumento del sesto dopo l'incanto non determina da sola la caducazione dell'aggiudicazione provvisoria di cui all'art. 581, terzo comma c.p.c., poiché è solo con l'apertura della gara disposta dal giudice dell'esecuzione che assume giuridico significato l'offerta stessa, in modo che eventuali interessati possano rilanciare su di essa, nella prospettiva del miglioramento del prezzo precedente ed in sintonia con la finalità dell'espropriazione forzata, preordinata a ricavare dalla vendita il massimo risultato possibile, sia per il debitore, che si libera della maggiore consistenza del debito, sia nell'interesse dei creditori, che sono più largamente soddisfatti. Ne consegue che è opponibile ai sensi dell'art. 617 c.p.c. l'ordinanza di aggiudicazione emessa in favore dell'offerente e divenuta definitiva nel caso in cui la gara, già fissata dal giudice dell'esecuzione, non sia stata aperta.

Cass. civ. n. 9700/2003

Deve qualificarsi come opposizione agli atti esecutivi la domanda con cui l'esecutato deduca l'illegittimità del precetto, per avere l'esecutante vanificato una facoltà di scelta accordata dal titolo esecutivo al debitore. (Nella specie la doglianza contenuta nell'opposizione si sostanziava nella circostanza che con il precetto era stata intimata la rimozione dei cancelli frapposti al godimento del possesso, laddove nel titolo esecutivo era previsto che l'esecutato potesse, in alternativa, installare, a sua cura e spese, a favore del fondo dominante, un impianto citofonico e un dispositivo di apertura automatica a distanza).

Cass. civ. n. 9372/2003

In caso di reiterazione, ad opera di diverso ufficiale giudiziario, della notificazione di un medesimo atto del processo esecutivo, il termine di decadenza per proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. decorre dal momento della conoscenza legale dell'atto in questione all'esito della prima notifica, nessuna rilevanza potendo essere al riguardo attribuita alla seconda, eseguita in pendenza del detto termine.

Cass. civ. n. 7710/2003

In materia di esecuzione forzata, deve ritenersi giuridicamente inesistente l'atto esecutivo che sia carente dei requisiti indispensabili per il raggiungimento del suo scopo e siffatto vizio, rilevabile d'ufficio dal giudice, può essere fatto valere dalla parte interessata mediante l'opposizione agli atti esecutivi, proponibile oltre il termine di cinque giorni dal compimento dell'atto, ma non oltre il termine di cinque giorni dalla conoscenza dell'atto che chiude il processo.

Cass. civ. n. 6432/2003

In tema di esecuzione forzata con espropriazione presso terzi, il terzo pignorato che ha reso la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. rimane estraneo al processo esecutivo, sicché la sua partecipazione al giudizio di opposizione agli atti esecutivi non è di massima necessaria, restando limitata al debitore e al creditore procedente, oltre che agli eventuali intervenuti; è fatta peraltro salva l'ipotesi in cui il giudizio di opposizione abbia ad oggetto la validità o l'efficacia del pignoramento, e che possa quindi comportare la liberazione del terzo dal relativo vincolo d'indisponibilità.

Cass. civ. n. 5583/2003

In tema di esecuzione forzata, gli atti di esecuzione compiuti dall'aiutante ufficiale giudiziario inserito nell'ordine giudiziario (tra i cui compiti rientra la notificazione degli atti, attività che condivide con l'ufficiale giudiziario, ma non il compimento degli atti di esecuzione, a quest'ultimo riservato dall'art. 165 D.P.R. n. 1229 del 1959), sono nulli e non già inesistenti, dovendo l'ipotesi dell'inesistenza ravvisarsi solamente nel caso in cui l'atto esecutivo sia compiuto da soggetto che non condivide in alcun modo – e non già con attribuzioni limitate, come appunto gli aiutanti ufficiali giudiziari – le funzioni proprie dell'ufficiale giudiziario (come accade, ad es., per i commessi addetti all'UNEP) ovvero da soggetto addirittura del tutto estraneo all'UNEP. Ne consegue che siffatta nullità del pignoramento, rilevabile dall'esecutato in base all'esame del verbale di pignoramento, deve essere denunciata con l'opposizione agli atti esecutivi entro il termine, a pena di preclusione, di cinque giorni dal compimento dell'atto.

Cass. civ. n. 3168/2003

In tema di esecuzione forzata mobiliare, i vizi della vendita (nella specie, per l'asserita collusione tra creditore procedente ed aggiudicatario) devono essere eccepiti con l'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) e, quindi, non possono costituire oggetto di un'azione autonoma di accertamento dell'invalidità della vendita.

Cass. civ. n. 15703/2002

In materia di giudizio di esecuzione, nel procedimento di opposizione agli atti esecutivi, il terzo pignorato è litisconsorte necessario, peraltro, ricorrendo un'ipotesi di causa inscindibile. Per la tempestività dell'impugnazione è sufficiente che questa venga notificata nei termini anche ad una sola delle parti, in quanto la notifica eseguita tardivamente nei confronti delle altre assume il carattere di atto integrativo del contraddittorio.

Cass. civ. n. 2502/2002

Il sistema di controllo di legittimità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione (realizzato attraverso i rimedi alternativi della opposizione agli atti esecutivi, di cui all'art. 617 c.p.c., e del reclamo, di cui al successivo art. 630) esclude che detti provvedimenti possano ritenersi sottoposti al (diverso) regime delle impugnazioni previsto, per le sentenze, dall'art. 323 del codice di rito, ed esclude, altresì, che, in relazione agli stessi, possa legittimamente parlarsi di definitività dell'atto giurisdizionale (di assenza, cioè, di ogni rimedio nell'ambito dell'ordinamento processuale), condizione necessaria affinché un provvedimento decisorio possa essere impugnato con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (Nella fattispecie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 111 Cost. proposto dal debitore esecutato avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che aveva respinto la sua richiesta di non far comparire — in ossequio alla legge 31 dicembre 1996, n. 675 sul trattamento dei dati personali — il nome di esso debitore nella pubblicità dell'incanto immobiliare).

Cass. civ. n. 2090/2002

In tema di esecuzione esattoriale, l'art. 54 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (nel testo anteriore alla sostituzione operata con l'art. 16 del D.L.vo 26 febbraio 1999, n. 46), nell'escludere l'ammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c., configura un'ipotesi di improponibilità assoluta della domanda per carenza, nell'ordinamento, di una norma che riconosca e tuteli la posizione giuridica dedotta in giudizio, improponibilità attinente al fondamento della domanda stessa, e non alla giurisdizione; è pertanto inammissibile la censura attinente alla giurisdizione avverso la sentenza del giudice di merito che non abbia dato ingresso alla domanda del contribuente intesa a contestare la legittimità dell'avviso di mora dell'esattore.

Cass. civ. n. 1308/2002

Il debitore può contestare la validità del precetto sottoscritto da procuratore, di cui si assume il difetto di rappresentanza, solo mediante l'opposizione agli atti esecutivi nel termine di cinque giorni dalla notifica del precetto stesso (art. 617 c.p.c.). Tale vizio attiene alla validità processuale dell'atto, e non è in grado, in mancanza di detta opposizione, di riflettersi sugli atti successivi che da esso dipendono, quali il pignoramento, risultando, in tal caso, sanato dal mancato esperimento dell'opposizione.

Cass. civ. n. 16143/2001

L'opposizione proposta dalla pubblica amministrazione avverso il pignoramento presso terzi eseguito prima del decorso del termine, previsto dall'art. 14 D.L. 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30), di sessanta giorni dalla notificazione del titolo esecutivo deve qualificarsi come opposizione agli atti esecutivi e non come opposizione all'esecuzione, concernendo solo le modalità temporali dell'esecuzione forzata e non l'esistenza del diritto del creditore istante di procedere alla medesima esecuzione.

Cass. civ. n. 15036/2001

... costituisce opposizione agli atti esecutivi la denuncia di inesistenza-nullità della notificazione del pignoramento perché è un vizio dello svolgimento dell'azione esecutiva, ed il termine per impugnare è pertanto di cinque giorni, decorrenti da quando l'interessato ha avuto conoscenza legale dell'atto nell'ambito del processo esecutivo.

Cass. civ. n. 14725/2001

Il giudice di pace, incompetente nella materia della esecuzione forzata, non può decidere le questioni che involgono la regolarità degli atti del processo esecutivo e cioè le opposizioni proposte ai sensi dell'art. 617 c.p.c. e per le quali, prima dell'istituzione del giudice unico di primo grado, attuata con DGS 51/1998, erano competenti per materia, valore e luogo, rispettivamente il Pretore e il Tribunale. Si rivela peraltro inammissibile l'appello proposto dinanzi al Tribunale avverso la sentenza con la quale il giudice di pace ha deciso un'opposizione agli atti esecutivi, non essendo le sentenze rese in sede di opposizione agli atti esecutivi, impugnabili con i mezzi ordinari, ma solo con il ricorso ex art. 111 Costituzione. Ed una tale inammissibilità attenendo ai presupposti dell'impugnazione, è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 382 c.p.c., anche in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 10841/2001

Il momento del compimento dell'atto, dal quale decorre il termine perentorio di cinque giorni di cui all'art. 617 c.p.c. per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi, coincide con il momento in cui l'esistenza dell'atto stesso è resa palese alle parti del processo esecutivo, e quindi con il momento in cui l'interessato ha avuto legale conoscenza dell'atto stesso, ovvero di un atto successivo che necessariamente lo presuppone; non è richiesto che quest'ultimo sia un atto esecutivo in senso stretto, valendo unicamente a dare conoscenza dell'esistenza di un procedimento esecutivo a carico di un determinato soggetto, al quale è fatto carico di prendere visione degli atti che sono stati compiuti in suo danno e verificarne la legittimità ai fini dell'esperimento del rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito secondo cui l'opposizione agli atti esecutivi contro il precetto e il pignoramento invalidamente notificati doveva essere proposta nei cinque giorni dalla comunicazione dell'istanza di sostituzione del custode dei beni pignorati).

Cass. civ. n. 9912/2001

L'opposizione alla cartella esattoriale emessa per la riscossione di una sanzione amministrativa, fondata sul difetto di elementi idonei ad identificare il titolo di pagamento e per mancato rispetto delle modalità della notifica, ai sensi degli artt. 25 e 26 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, costituisce impugnazione per vizi formali, e perciò configura opposizione agli atti esecutivi, da proporre perentoriamente nel termine di cinque giorni dalla notifica della cartella, a pena di inammissibilità, da controllare pregiudizialmente d'ufficio, anche in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 382, terzo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 7659/2001

La vendita forzata, attuando un trasferimento coattivo che prescinde dalla volontà del debitore proprietario del bene, non è equiparabile alla vendita volontaria, onde deve ritenersi il carattere eccezionale delle norme codicistiche che, per taluni aspetti, quanto alla disciplina, equiparano i due tipi di vendita; ne consegue che, non essendo applicabile la normativa relativa alla nullità delle clausole contrattuali contrarie a norme imperative ed alla loro sostituzione ex lege, il debitore proprietario non può esperire un'azione di accertamento volta a far valere tale nullità, ma, essendo la vendita forzata un atto negoziale di natura processuale, deve far valere la nullità formale della detta vendita (ossia la nullità degli atti del relativo procedimento) attraverso il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 4787/2001

In tema di atti esecutivi la figura dell'inesistenza giuridica, risponde ad una forma di invalidità contrassegnata dalla mancanza di elementi indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto. L'indicata forma di invalidità è sottratta alla regola della sanatoria per difetto di opposizione ed a prescindere dal rilievo d'ufficio, è denunciabile dalla parte a mezzo di opposizione ai successivi atti esecutivi che presuppongono l'atto invalido, in virtù del principio della propagazione delle nullità degli atti processuali.

Cass. civ. n. 3571/2001

Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, la presenza del debitore esecutato è richiesta anche con riferimento al giudizio in ordine alle irregolarità riguardanti la fase dell'assegnazione dei beni pignorati, sussistendo, in detta fase, un evidente interesse del debitore stesso alla determinazione dell'offerta di pagamento al più alto valore possibile.

Cass. civ. n. 2159/2001

Per il disposto dell'art. 2 della legge n. 61 del 1989, il pretore è competente a pronunciare in materia di sospensione legale degli sfratti quale giudice dell'esecuzione ex art. 26 c.p.c., davanti al quale deve proporsi l'opposizione agli atti esecutivi disciplinata dagli artt. 617 e 618 c.p.c.

Cass. civ. n. 190/2001

Il processo esecutivo si presenta strutturato non già come una sequenza continua di atti ordinati ad un unico provvedimento finale, bensì come una successione di una serie autonoma di atti successivi. Ciò comporta che le situazioni invalidanti devono essere fatte valere con l'opposizione agli atti esecutivi nei termini indicati per ciascuna forma di espropriazione, con la conseguenza che la mancata opposizione di un atto ne sana il vizio, senza che la questione possa essere rimessa in discussione attraverso l'opposizione di un qualsiasi atto successivo. Tuttavia le situazioni invalidanti che riguardano singoli atti sono comunque suscettibili d'impugnazione nel corso ulteriore del processo quando impediscono che il processo consegna il risultato che ne costituisce lo scopo, cioè l'espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori (con riferimento al caso di specie, la Corte ha affermato che la nullità della notificazione dell'atto di precetto dev'essere fatta valere con l'impugnazione del pignoramento immediatamente successivo; quella della notificazione dell'atto di pignoramento presso terzi dev'essere fatta valere nell'udienza fissata per raccogliere la dichiarazione del terzo nella quale il debitore sia comparso).

Cass. civ. n. 1122/2000

La parte contro cui sia minacciata (ovvero iniziata) l'esecuzione esattoriale è legittimata all'esperimento del rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi tutte le volte in cui intenda far valere vizi dell'esecuzione onde ottenere una pronuncia che ne dichiari la nullità, ma non valga a negare una volta per tutte il diritto di procedere ad esecuzione forzata.

Cass. civ. n. 4923/2000

Nell'esecuzione forzata, il creditore procedente ha interesse, onde prevenire una propria responsabilità risarcitoria a norma dell'art. 96 c.p.c., a proporre opposizione agli atti esecutivi se, dopo la sua rinuncia agli atti del processo esecutivo per l'intervenuta integrale soddisfazione del credito, si è proceduto, invece che alla dichiarazione di estinzione del processo, alla vendita del bene pignorato, sollecitata da soggetto intervenuto non legittimato.

Cass. civ. n. 9297/1999

Il rilascio della copia del titolo in forma esecutiva a persona diversa da quella in cui favore il titolo sia stato emesso non dà luogo a nullità o inefficacia del titolo, ma costituisce una irregolarità che deve essere fatta valere a norma dell'art. 617 c.p.c. Alla medesima irregolarità, da denunciare negli stessi modi, dà luogo la circostanza che il rilascio del titolo in forma esecutiva, per quanto avvenuto nei confronti di uno dei soggetti in cui favore sia stato emesso il titolo, sia poi notificato al debitore, antecedentemente o contestualmente al precetto, da altro soggetto in cui favore pure il titolo sia stato emesso.

Cass. civ. n. 6228/1999

In tema di espropriazione di crediti presso terzi, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione dichiari inefficace l'atto di pignoramento presso terzi nei confronti dell'ICIAP in applicazione dell'art. 14 del D.L. n. 669 del 1996, convertito nella legge n. 30 del 1997, che vieta l'inizio di azioni esecutive nei confronti dello Stato e degli enti pubblici prima del decorso di sessanta giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, non possiede nessuno dei caratteri la cui presenza costituisce imprescindibile condizione per l'esercizio del ricorso straordinario per Cassazione avverso provvedimenti giurisdizionali aventi forma giuridica diversa da quella della sentenza. Essa, infatti, non ha contenuto decisorio, risolvendosi in una pronuncia di (temporanea) improseguibilità dell'azione esecutiva, come tale suscettibile di apposizione ex art. 617 c.p.c. Ne consegui la non impugnabilità di tale ordinanza con ricorso per Cassazione ex art. 111, secondo comma, Cost.

Cass. civ. n. 3663/1999

... l'opposizione con cui il soggetto, assoggettato ad un'esecuzione forzata relativa ad un obbligo di fare o di non fare, deduca che l'esecuzione è iniziata senza la preventiva richiesta al pretore, da parte dell'esecutante, della determinazione delle modalità dell'esecuzione forzata, ai sensi dell'art. 612 c.p.c., involgendo soltanto una critica della legittimità dello svolgimento dell'azione esecutiva, deve qualificarsi come opposizione, agli atti esecutivi, sottoposta come tale al relativo termine di decadenza. (Che nella specie la Suprema Corte ha ritenuto decorso – condividendo l'avviso del giudice di merito – dalla comunicazione con cui l'ufficiale giudiziario, su istanza di un condomino che aveva ottenuto una sentenza che ordinava l'esecuzione di determinati lavori, aveva avvisato il condomino contro il quale l'esecuzione doveva aver luogo del giorno e dell'ora in cui l'amministratore si sarebbe recato sul posto per completare i lavori stessi).

Cass. civ. n. 796/1999

L'ordinanza di assegnazione di crediti, costituendo l'atto conclusivo dell'esecuzione forzata per espropriazione di crediti e, quindi, essa stessa atto esecutivo, deve essere impugnata con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, quando si tratta di far valere vizi che si riferiscono ai singoli atti esecutivi o ad essa stessa, mentre può essere impugnata con l'appello, quando la sua pronuncia abbia assunto natura decisoria, per avere inciso sulle posizioni sostanziali del creditore o del debitore. Il suddetto provvedimento non è, invece, mai soggetto al ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., che se proposto dev'essere dichiarato inammissibile.

Cass. civ. n. 485/1999

In tema di opposizioni in seno al processo esecutivo, posto che, mentre l'opposizione all'esecuzione investe l'an dell'azione esecutiva, consistendo nella contestazione del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni, l'opposizione agli atti esecutivi attiene al quomodo del procedimento, consistendo nella contestazione dello svolgimento dell'azione esecutiva attraverso il processo, ne consegue che configura opposizione agli atti esecutivi quella con cui l'esecutato deduca vizi attinenti al modus procedendi della vendita, in particolare sostenendone la illegittimità in quanto effettuata in assenza dell'unico soggetto legittimato dalla qualità di creditore, ed altresì conclusa oltre i limiti della cautela del credito.

Cass. civ. n. 10424/1998

Nel caso che il creditore procedente non abbia indicato nel precetto se intenda avvalersi dell'esecuzione mobiliare o di quella immobiliare e qualora nel luogo della residenza dichiarata o del domicilio eletto dal creditore medesimo abbiano sede tanto la pretura che il tribunale il debitore che, anteriormente all'inizio dell'esecuzione, proponga opposizione agli atti esecutivi, deve, ai fini dell'identificazione del giudice competente per valore, far ricorso per analogia al criterio stabilito dall'art. 17 c.p.c., ossia il criterio del riferimento al valore del credito per cui si procede.

Cass. civ. n. 5213/1998

Quando il debitore nell'opporsi all'esecuzione deduca la nullità della notificazione del titolo esecutivo o del precetto, tale opposizione, configurando l'ipotesi di cui l'art. 617, secondo comma, c.p.c., è tempestivamente proposta entro i cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione, termine la cui decorrenza contro il debitore opponente è esclusa quando l'esecuzione non sia stata ancora iniziata. Alla proposizione di siffatta opposizione consegue peraltro la sanatoria del dedotto vizio di notificazione applicandosi anche alla detta ipotesi l'ultimo comma dell'art. 156 c.p.c.

Cass. civ. n. 2122/1998

Nell'esecuzione per espropriazione immobiliare, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione a norma dell'art. 584 c.p.c., a seguito di offerte pervenute dopo il primo incanto, abbia disposto la gara di cui all'art. 573 senza aver stabilito che essa sia preceduta dall'avviso pubblico dell'offerta più alta non si presenta come atto esecutivo potenzialmente lesivo dell'interesse di coloro che abbiano presentato offerta prima della gara. La lesione dell'interesse di costoro può essere concretizzata solo dal fatto che la loro offerta non sia ammessa dal giudice dell'esecuzione. È dunque contro questo provvedimento che dev'essere indirizzata l'opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 1354/1998

Il provvedimento con il quale il giudice, adito per l'esecuzione di un obbligo di fare contenuto in una sentenza di condanna, fissa le modalità di esecuzione, implicitamente respingendo l'istanza di sospensione di essa, ha natura ordinatoria, revocabile dallo stesso giudice emittente, ed impugnabile dagli interessati ai sensi dell'art. 617 c.p.c., ma non con il regolamento di competenza.

Cass. civ. n. 669/1998

Nel pignoramento presso terzi, l'udienza indicata dall'art. 547 c.p.c. svolge, rispetto agli atti esecutivi compiuti anteriormente all'udienza stessa, la funzione preclusiva che le udienze di cui agli artt. 530 e 569 svolgono, rispettivamente, per l'espropriazione mobiliare e per quella immobiliare. Consegue che il vizio dell'atto di pignoramento consistente nella mancanza in esso dell'intimazione del debitore indicata dall'art. 492 c.p.c. dev'essere fatto valere con l'opposizione agli atti esecutivi non oltre il termine di cinque giorni dall'udienza fissata, a norma dell'art. 547, per la citazione del terzo e del debitore. (Nella specie la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza del pretore che, nel decidere sull'opposizione agli atti esecutivi, non aveva rilevato l'inammissibilità dell'opposizione).

Cass. civ. n. 9549/1997

... il provvedimento del giudice dell'esecuzione dichiarativo della nullità di un atto di pignoramento perché affetto da un vizio di violazione di norma processuale rilevabile di ufficio, in quanto incidente sull'idoneità stessa dell'atto al conseguimento del suo scopo (nella specie, pignoramento di titoli azionari eseguito nella forma del pignoramento presso terzi e non presso il debitore, benché la società, in sede di dichiarazione ex art. 547 c.p.c., avesse negato di possedere tali titoli) deve ritenersi suscettibile del rimedio della opposizione agli atti esecutivi, e non anche del ricorso straordinario per Cassazione, diversamente dal caso in cui la questione di nullità del pignoramento non sia stata rilevata di ufficio, bensì sollevata dal debitore in sede di opposizione, con conseguente decisione pretorile avente natura di sentenza, essendosi quell'organo giudicante trovato, nella sostanza, a decidere egli stesso su di una opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 6451/1997

Il termine di cinque giorni per proporre opposizione ex art. 617 primo comma c.p.c. decorre dalla data di notifica del precetto, anche quando sia fondata sull'assunto della mancata notificazione del titolo esecutivo, in quanto anche in questa ipotesi la data della notifica del precetto rappresenta il momento in cui insorge l'interesse del debitore a reagire alla minacciata esecuzione.

Cass. civ. n. 4561/1997

L'opposizione proposta per difetto di jus postulandi del procuratore dell'intimante un precetto è soggetta al termine di decadenza di cinque giorni, ai sensi del primo comma dell'art. 617 c.p.c., dalla notifica di tale atto, perché – essendo questo stesso atto un presupposto del successivo processo di esecuzione e configurazione (Recte: configurandosi - N.d.R.), rispetto ad esso, il potere rappresentativo come rapporto di natura sostanziale, – esso è suscettibile di ratifica (con effetto ex tunc e con il solo limite delle salvezze delle preclusioni o decadenze anteriormente verificatesi), con qualsiasi altro successivo atto o fatto che manifesti la volontà di avvalersene, di guisa che, nel predetto difetto, non è ravvisabile una causa di inesistenza, ma un vizio sanabile se non tempestivamente dedotto.

Cass. civ. n. 3785/1997

Il termine previsto dall'art. 617 secondo comma c.p.c. per opporsi ad un atto esecutivo decorre dalla conoscenza legale di esso; pertanto, se la notifica di un atto, normativamente prevista (art. 555 c.p.c.), è invalida, la conoscenza, ai fini di detta decorrenza, non può desumersi da quella di altri atti o fatti, eventuali o estranei al processo esecutivo. (Nella specie, in cui la notifica del pignoramento immobiliare era stata invalidamente eseguita per alcuni debitori, la Suprema Corte ha cassato la decisione di merito secondo la quale il termine per opporsi a tale atto doveva decorrere o dall'accesso dell'esperto per la stima dei beni o dalla pubblicazione dell'avviso d'asta sul giornale).

Cass. civ. n. 1568/1997

L'ordinanza di assegnazione del credito pignorato, costituente l'atto finale dell'espropriazione presso terzi, può essere impugnata, anche per quanto attiene ai vizi che inficiano la dichiarazione del terzo, soltanto con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 11251/1996

L'opposizione agli atti esecutivi può essere proposta, se l'esecuzione è già iniziata, anche oralmente, con dichiarazione raccolta nel processo verbale di udienza del giudice dell'esecuzione, ovvero mediante deposito di una comparsa di risposta all'udienza di comparizione delle parti (nella specie per la dichiarazione del terzo) dinanzi al giudice dell'esecuzione. Tali forme infatti sono idonee ad investire l'ufficio giudiziario della domanda e a lasciarne traccia nel fascicolo e quindi raggiungono lo scopo del predetto atto di opposizione.

Cass. civ. n. 10785/1996

Ove il pretore quale giudice dell'esecuzione, disposta in favore del creditore l'assegnazione di un credito dell'esecutato a seguito di dichiarazione positiva del terzo ex art. 547 c.p.c., emetta nella successiva esecuzione promossa direttamente dall'assegnatario nei confronti del terzo debitore, un provvedimento di «svincolo» della somma dovuta dal terzo in favore del curatore del fallimento del debitore, intervenuto in tale ulteriore procedimento esecutivo, (così pronunziando sostanzialmente un'ordinanza di assegnazione del ricavato dell'esecuzione non al singolo creditore ma alla massa fallimentare) il suddetto provvedimento, per mancanza di definitività, non è suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., trattandosi di un atto del procedimento esecutivo che rientra nell'ambito di quelli previsti dall'art. 617, secondo comma, c.p.c. ed è suscettibile di opposizione ai sensi della stessa norma.

Cass. civ. n. 9879/1996

L'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. è diretta a far valere vizi formali degli atti del processo esecutivo e degli atti preliminari all'esecuzione forzata fra i quali rientra anche il preavviso di rilascio ex art. 608 c.p.c. Conseguentemente è inammissibile una azione autonoma della parte interessata per far valere dette nullità in separato giudizio.

Cass. civ. n. 8153/1996

Tutti i partecipanti al processo esecutivo possono avere interesse a che questo si svolga nel rispetto delle formalità di legge, sicché legittimati alla domanda di accertamento dei vizi che inficiano il procedimento, con l'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c., sono anche coloro che siano intervenuti nell'esecuzione, oltre al debitore esecutato ed al creditore procedente. Ne consegue, in relazione al creditore intervenuto, che l'interesse ad agire in opposizione va determinato in relazione alla sua situazione giuridica ed al pregiudizio arrecato a tale situazione giuridica dall'atto esecutivo oggetto dell'opposizione.

Cass. civ. n. 3728/1996

La mancata notificazione del titolo esecutivo si traduce in una irregolarità formale del precetto, che può essere fatta valere con l'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617 comma primo c.p.c., con atto di citazione davanti al giudice indicato nell'art. 480, comma terzo e non con ricorso al giudice dell'esecuzione. Tuttavia, l'adozione della forma del ricorso, anziché quella della citazione, non determina l'inammissibilità dell'opposizione, purché il ricorso con il pedissequo decreto di convocazione delle parti venga notificato all'opposto nel termine di cinque giorni dalla notificazione del precetto.

Cass. civ. n. 2512/1996

In tema di espropriazione immobiliare il debitore esecutato è carente di interesse a proporre opposizione agli atti esecutivi, per violazione delle disposizioni che disciplinano le modalità dell'incanto, se non deduce contestualmente che dalla violazione di esse gli è derivata la lesione del diritto a conseguire dalla vendita il maggior prezzo possibile, avendo impedito ulteriori e più convenienti offerte.

Cass. civ. n. 256/1996

L'atto con il quale il debitore esecutato lamenti che con l'ordinanza di vendita siano stati posti all'asta anche beni non inclusi fra quelli sottoposti al pignoramento, va qualificato come opposizione agli atti esecutivi, proponibile nel termine di decadenza di cinque giorni dalla notificazione di detto provvedimento.

Cass. civ. n. 47/1996

L'opposizione agli atti esecutivi dà luogo ad una causa inscindibile, di cui sono legittimi contraddittori tutti i soggetti indicati nell'art. 485 c.p.c. e, perciò, oltre al creditore procedente, ai creditori intervenuti ed al debitore, anche il soggetto che, in quanto destinatario dell'atto di cui l'opponente chiede sia dichiarata la nullità, ha interesse alla sua stabilità. Ne consegue che, nel caso di opposizione diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità dell'aggiudicazione, essa deve essere proposta anche contro l'aggiudicatario e a questi notificata.

Cass. civ. n. 5624/1995

Allorquando l'inesistenza giuridica dell'atto esecutivo non è dichiarata d'ufficio del giudice dell'esecuzione, è necessario, perché possa avvenire tale dichiarazione, che sia proposta un'opposizione, la quale, poiché non investe il diritto a procedere all'esecuzione, ma pur sempre la legittimità di un atto del processo, va qualificata come opposizione agli atti esecutivi e resta soggetta alle regole che quest'ultima disciplinano. (Nella specie, la corte d'appello aveva dichiarato l'inesistenza giuridica dell'aggiudicazione, in quanto l'incanto, relativamente alla quota proprietà di un immobile dell'opponente, si era svolto in udienza alla quale non era presente il creditore precedente, né alcun altro creditore munito, riguardo al medesimo opponente, di titolo esecutivo).

Cass. civ. n. 1958/1995

Il decreto del pretore che dichiara, ai sensi dell'art. 2 del D.L. 30 dicembre 1988, n. 551 (convertito con la legge 21 febbraio 1989, n. 61), l'inapplicabilità della sospensione dell'esecuzione delle sentenze di condanna al rilascio di immobili urbani locati per uso abitativo ha solo la funzione di rimuovere un ostacolo all'attuale efficacia del titolo esecutivo fungendo da condizione estrinseca di tale efficacia ed attiene, conseguentemente, non alla sostanza del comando contenuto nel titolo esecutivo ma ai tempi della sua esecuzione per finalità estrinseche rispetto alla disciplina sostanziale del diritto alla riconsegna dell'immobile. Conseguentemente, l'opposizione che, ai sensi dell'art. 2 del D.L. n. 551/1988, può essere proposta contro il predetto decreto secondo le disposizioni degli artt. 617, 618 c.p.c. deve essere equiparata non alla opposizione al titolo esecutivo ed al precetto ma alla opposizione ai singoli atti del processo esecutivo regolata dal secondo comma dell'art. 617 c.p.c., che prevede la forma del ricorso e fa decorrere il termine di decadenza dalla data del provvedimento opposto, se emesso in udienza e nel contraddittorio delle parti, dalla data della sua comunicazione a cura della cancelleria, se emesso fuori udienza e dalla data della notifica, se emesso inaudita altera parte.

Cass. civ. n. 1954/1995

Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, che è il mezzo processuale con il quale, in un termine perentorio, è domandato l'annullamento di un atto del processo esecutivo sulla base della allegazione di un suo vizio, la prospettazione di un vizio diverso da quelli indicati nell'atto di opposizione introduce una domanda nuova che è inammissibile se intempestiva e sulla quale il giudice può, quindi, astenersi da pronunciare senza incorrere nel vizio di omessa pronuncia.

Cass. civ. n. 7889/1994

La deduzione, in sede di esecuzione forzata degli obblighi di fare, relativa all'assenza di un progetto esecutivo di demolizioni e scavi e della relativa autorizzazione-concessione, traducendosi nella negazione della possibilità di eseguire l'obbligo derivante dal titolo esecutivo, e così nella contestazione della idoneità di tale titolo a fondare la pretesa esecutiva, integra una opposizione all'esecuzione e non agli atti esecutivi, con la conseguenza che la relativa controversia appartiene al giudice competente ratione valoris e non al giudice dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 7213/1994

Poiché nelle cause di opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) sono passivamente legittimati e «litisconsorti» necessari tutti i soggetti del processo esecutivo indicati dall'art. 485, comma 1, c.p.c., il debitore esecutato è parte necessaria del giudizio nel quale si discute della validità di atti del processo che incideranno sulla distribuzione del ricavato dell'esecuzione, con la conseguenza che la questione della non integrità del contraddittorio, per la mancata evocazione del debitore (e la conseguente nullità della sentenza), può essere rilevata d'ufficio anche in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 5721/1994

Il debitore esecutato è legittimato alla proposizione di opposizione agli atti esecutivi nei soli casi in cui la denunciata deviazione dal suo modello dell'atto di cui trattasi si traduca in potenziale pregiudizio per il suo specifico interesse e non anche per il solo fatto della sussistenza della detta carenza formale. Ne consegue che il debitore, mentre può denunciare col mezzo suddetto il difetto della propria audizione nei casi in cui questa è prevista dalla legge, non è facultato, per difetto di interesse, a denunciare con lo stesso mezzo l'emissione dei provvedimenti contestati in assenza dei creditori, dei quali pure sia prevista la preventiva audizione.

Cass. civ. n. 5259/1994

In tema di espropriazione di crediti presso terzi, l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione rigetta l'istanza di assegnazione del credito sottoposto ad espropriazione, perché l'esecuzione forzata non poteva essere attuata nei confronti di un comune ai sensi dell'art. 24 D.L. 2 marzo 1989, n. 64, convertito con modifiche nella L. 24 aprile 1989, n. 144, avendo il contenuto di atto esecutivo, è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) e pertanto non è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 4483/1994

La sottoscrizione dell'atto di precetto da parte di persona priva di mandato ad litem può essere fatta valere come motivo di opposizione agli atti esecutivi, sia in riferimento specifico allo stesso precetto, sia in riferimento ai singoli atti successivi del procedimento esecutivo che sia stato iniziato e proseguito dalla medesima persona in persistente difetto di rappresentanza. Pertanto, di fronte alla deduzione, in sede di opposizione, della suddetta carenza di mandato, il giudice ha il potere-dovere di verificare se la doglianza sia stata proposta al fine di conseguire la declaratoria di nullità del precetto oppure dei successivi atti dell'esecuzione, dovendosi escludere, in questo secondo caso, che l'azione intrapresa possa risultare preclusa dal decorso del termine di cinque giorni per la proposizione dell'opposizione ex art. 617 avverso il solo precetto.

Cass. civ. n. 4282/1994

Il soggetto cui sia stato notificato il pignoramento immobiliare, ancorché non sia proprietario dell'immobile sul quale è caduto il pignoramento, non è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi, per far valere l'irregolarità del procedimento esecutivo, atteso che, a norma dell'art. 617 c.p.c., solo il debitore ed il terzo assoggettato all'esecuzione, in quanto proprietari dei beni staggiti (art. 2910 c.c.), hanno interesse al corretto svolgimento del processo di esecuzione che si svolge nei loro confronti, mentre né il generico interesse a non essere esposto alla pubblicità di un procedimento esecutivo, né l'interesse a segnalare l'instaurazione di procedimenti esecutivi anomali configurano l'interesse ad agire, quale si ricava dall'art. 100 del codice di rito.

Cass. civ. n. 1928/1994

L'irregolarità del precetto, con riguardo alla sua notificazione ad opera di ufficiale giudiziario incompetente, non può essere dedotta con opposizione agli atti esecutivi atteso che non rientra tra i vizi del precetto che nel sistema delineato in via tassativa dal secondo comma dell'art. 617 c.p.c. possono dare luogo ad opposizione agli atti esecutivi e che sono solo quelli che configurano la nullità dell'atto, o per la mancanza dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo di mettere in mora il debitore (art. 156, secondo comma, c.p.c.), o per la inosservanza delle disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata copia dell'atto, ovvero per incertezza della stessa persona o della data (art. 160 c.p.c.), o per la ricorrenza di una delle situazioni previste dall'art. 480 stesso codice.

Cass. civ. n. 1884/1994

L'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione rigetti l'istanza di assegnazione di un credito pignorato integra un atto del procedimento esecutivo contro il quale è reperibile l'opposizione agli atti esecutivi a norma dell'art. 617 c.p.c. mentre avverso la sentenza pronunziata all'esito di detta opposizione è proponibile ricorso per cassazione a norma degli artt. 618, ultimo comma, c.p.c. e 111 Cost. Pertanto, è inammissibile l'azione proposta contro lo Stato, per ottenere il risarcimento dei danni che si assumono subiti a causa dell'indicata ordinanza, a norma dell'art. 2 legge n. 117 del 1988 sul risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati, in quanto l'art. 4, secondo comma, legge citata, prevede che detta azione può essere esercitata soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione e gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari e, comunque, quando non sia più possibile la modifica o la revoca del provvedimento.

Cass. civ. n. 1627/1994

Ha natura di opposizione agli atti esecutivi quella diretta all'accertamento della nullità dell'atto di immissione della parte istante nel possesso dell'immobile oggetto di esecuzione per consegna o rilascio perché non preceduto dall'avviso di rilascio, che, ai sensi dell'art. 608 c.p.c., della predetta esecuzione costituisce necessario presupposto. Tale opposizione è ammissibile ancorché il procedimento esecutivo sia già concluso, riguardando la nullità dell'atto finale dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 386/1994

L'ordinanza con la quale, in sede di conversione del pignoramento, il giudice dell'esecuzione determina, con le modalità di cui all'art. 495 c.p.c., l'entità della somma da versare in sostituzione delle cose pignorate è provvedimento che, implicando una sommaria valutazione, a questo solo fine, delle pretese dei creditori nonché dell'importo delle spese dai medesimi già anticipate e di quelle che presumibilmente saranno anticipate, talché, non esplica alcuna funzione risolutiva di contestazioni sull'esistenza e l'ammontare dei singoli crediti, né ha contenuto decisorio rispetto al diritto di agire in executivis, con la conseguenza che l'opposizione contro di esso proposta può inquadrarsi soltanto nel modello dell'opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c. e deve essere proposta nei relativi termini, mentre le contestazioni rilevano esclusivamente ai fini della distribuzione del ricavato e vanno esaminate e decise in tale sede.

Cass. civ. n. 11085/1993

Nell'esecuzione per espropriazione forzata immobiliare, l'offerta di acquisto con aumento di sesto (art. 584 c.p.c.), dando luogo alla necessità di una nuova gara, di per sé pregiudizievole per gli interessi dell'aggiudicatario provvisorio, può essere da quest'ultimo impugnata con l'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) nel termine di cinque giorni dalla data della formale conoscenza della presentazione dell'offerta, a seguito di pubblico avviso a norma dell'art. 570 c.p.c. o della convocazione delle parti prescritta dall'art. 573 stesso codice.

Cass. civ. n. 7394/1993

L'opposizione con la quale il debitore fa valere l'irregolarità del pignoramento di un credito, incorporato in un titolo di credito emesso da un terzo, perché eseguito con le forme del pignoramento presso terzi (art. 543 c.p.c.) anziché con quelle del pignoramento presso il debitore (mediante, cioè, la materiale apprensione del titolo), ha natura di opposizione agli atti esecutivi e deve essere, pertanto, proposta nel termine di cinque giorni dalla ingiunzione al debitore di astenersi dal compimento di atti diretti a sottrarre alla garanzia i beni che si assoggettano alla espropriazione, dalla quale dipende il pregiudizio del debitore e l'interesse, quindi, dello stesso alla opposizione.

Cass. civ. n. 6845/1993

Posto che la differenza fra opposizione all'esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi va colta nel fatto che la prima investe l'an dell'azione esecutiva, cioè il diritto della parte istante a promuovere l'esecuzione sia in via assoluta che relativa, mentre la seconda attiene al quomodo dell'azione stessa ed investe la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto ovvero dei singoli atti di esecuzione senza riguardare il potere dell'istante ad agire in executivis, l'opposizione al precetto basata sulla mancata specificazione della somma dovuta, senza alcuna contestazione del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo e per altra ragione di merito ostativa alla minacciata esecuzione, attiene alle modalità di redazione del precetto e quindi alla regolarità formale dell'atto, configurandosi pertanto come opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 6221/1993

L'opposizione, con la quale il debitore contesta la validità del pignoramento eseguito in base ad un titolo esecutivo spedito con firma irregolare del cancelliere in calce alla formula esecutiva apposta dopo il provvedimento giudiziale, ha la natura di una opposizione agli atti esecutivi, e non alla esecuzione, perché investe non il diritto della parte istante di procedere alla esecuzione ma la regolarità formale dei singoli atti di esecuzione, ed, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., non può essere, pertanto, proposta dopo cinque giorni dalla notifica del titolo esecutivo (e del precetto) per far valere gli effetti della dedotta nullità (sanabile) sul successivo pignoramento.

Cass. civ. n. 3379/1993

L'omissione dell'avviso dell'espropriazione ai creditori che vantano sul bene espropriato un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri (art. 498 c.p.c.) è causa di una pregiudizievole irregolarità denunciabile con l'opposizione agli atti esecutivi, nel termine previsto dall'art. 617 c.p.c., mentre, ove l'opposizione sia proposta dal debitore, questi deve spiegarla non oltre l'udienza fissata per l'autorizzazione alla vendita.

Cass. civ. n. 2542/1993

L'art. 351 della L. 20 marzo 1865, n. 2248 all. F, che subordina il sequestro del prezzo di appalto delle opere pubbliche, durante la loro esecuzione, all'autorizzazione dell'autorità amministrativa da cui l'impresa dipende, deve ritenersi applicabile, anche per effetto dell'art. 545 ultimo comma c.p.c., che fa salve tutte le limitazioni di legge, alla esecuzione forzata per espropriazione, in relazione alla quale ricorrono le medesime esigenze di tutela dell'interesse dell'amministrazione al regolare compimento dell'opera, che sono alla base della predetta disposizione dell'art. 351. Pertanto, l'amministrazione appaltante che, quale terzo debitore pignorato, nel rendere la dichiarazione sull'esistenza del credito dell'appaltatore – e debitore esecutato – per il prezzo dell'appalto, ne abbia altresì eccepito l'impignorabilità per difetto dell'autorizzazione suddetta, è legittimata – in caso di avvenuta assegnazione del credito nonostante tale eccezione – a far valere il suddetto interesse avvalendosi di rimedi apprestati dal processo esecutivo, con la conseguenza che, qualora proponga opposizione all'ordinanza di assegnazione, il susseguente giudizio, se qualificato, come di opposizione agli atti esecutivi, deve svolgersi nel contraddittorio necessario del debitore esecutato.

Cass. civ. n. 2072/1993

Con l'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) possono farsi valere non solo i vizi del procedimento di formazione dell'atto ma anche quelli dipendenti dalla violazione delle norme che ne disciplinano il contenuto sia in relazione alla sfera dei poteri esercitabili dal giudice dell'esecuzione nell'adottare il provvedimento impugnato sia in relazione al modo in cui il potere è stato esercitato; pertanto, in presenza di un'opposizione all'esecuzione proposta dal debitore, che non abbia importato la sospensione del procedimento esecutivo, contro l'ordinanza con la quale il giudice della esecuzione, in sede di distribuzione della somma ricavata dalla espropriazione (art. 510 c.c.), assegna al creditore procedente una somma inferiore di quella da questo pretesa, riconoscendo che il debito è stato in parte pagato precedentemente, è esperibile il rimedio della opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), perché tale provvedimento costituisce solo un atto esecutivo, non essendo idoneo, per il carattere sommario dell'accertamento sul quale si basa, a produrre gli effetti del giudicato e ad impedire, quindi, la reiterazione dell'azione esecutiva nei limiti del credito rimasto insoddisfatto.

Cass. civ. n. 7971/1991

L'atto con il quale il debitore chiede che sia dichiarata la nullità dell'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione, nell'udienza di comparizione delle parti fissata ai sensi dell'art. 498 c.p.c., dispone, ai sensi del terzo comma del successivo art. 569, la vendita dei beni immobili pignorati deve essere qualificato come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 17 c.p.c.

Cass. civ. n. 7940/1991

Nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione ha dichiarato l'inefficacia dell'offerta di aumento di sesto riveste la qualità di litisconsorte necessario il debitore nei confronti del quale è stato eseguito il pignoramento, in quanto titolare una posizione giuridica sostanziale che si concreta nel diritto alla vendita del bene al prezzo più alto possibile e comunque ad un prezzo maggiore di quello offerto dall'aggiudicatario provvisorio.

Cass. civ. n. 3346/1991

Qualora il creditore istante con l'atto di precetto abbia eletto domicilio in un comune in cui il debitore non possieda beni assoggettabili ad esecuzione, l'opposizione a precetto è di competenza del giudice del luogo in cui il precetto è stato notificato.

Cass. civ. n. 3286/1991

In tema di esecuzione forzata di obbligo di demolizione di un fabbricato, la deduzione della necessità dell'autorizzazione amministrativa, poiché investe le sole modalità dell'esecuzione e non la possibilità stessa dell'esecuzione, costituisce opposizione agli atti esecutivi e non alla esecuzione.

Cass. civ. n. 11806/1990

Con riguardo alla procedura di rilascio di immobili, le contestazioni circa la validità dell'avviso di rilascio, in quanto dirette a far valere un vizio formale del procedimento esecutivo, concretano un'opposizione agli atti esecutivi e non un'opposizione all'esecuzione.

Cass. civ. n. 6543/1990

Poiché nelle esecuzioni per consegna e rilascio, disciplinate dagli artt. 605-611 c.p.c., il procedimento esecutivo deve considerarsi iniziato con un atto dell'ufficio esecutivo avente natura giurisdizionale e non con un atto di parte qual è la comunicazione del preavviso di rilascio di cui all'art. 608 c.p.c., le opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi ed il correlativo potere di sospensione dell'esecuzione sono ammissibili non dopo la notificazione del preavviso di rilascio bensì solo dopo l'accesso dell'ufficiale giudiziario sul luogo del rilascio oppure prima di tale atto sempre che vi è stato un atto dell'ufficio esecutivo, indipendentemente dalla circostanza che esso possa tradursi in una situazione processuale qualificata da un certo grado di stabilità.

Cass. civ. n. 4609/1990

L'intervento del creditore nell'esecuzione mobiliare da altri promossa ex artt. 525 e 551 c.p.c. è condizionato alla certezza, liquidità ed esigibilità del credito azionato, con la conseguenza che l'opposizione del debitore, volta a contestare l'ammissibilità dell'intervento del creditore per mancanza dei predetti requisiti del credito deve qualificarsi come opposizione agli atti esecutivi, appartenente, come tale, alla competenza per materia del pretore, ex artt. 27 e 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 2899/1990

Costituisce opposizione agli atti esecutivi e non opposizione alla esecuzione quella con cui si denunzi la violazione delle norme che regolano la spedizione in forma esecutiva del provvedimento giurisdizionale fatto valere come titolo esecutivo, giacché in questo caso l'opposizione non investe l'esistenza del diritto a procedere ad esecuzione forzata, ma la regolarità formale degli atti posti in essere per attuare l'esecuzione. (Nel caso, l'esecutato aveva lamentato che la copia in forma esecutiva della ordinanza di convalida di sfratto fosse stata rilasciata da un segretario giudiziario anziché dal cancelliere).

Cass. civ. n. 5094/1987

L'opposizione a precetto di rilascio con la quale non si contesta il diritto del locatore e procedere ad esecuzione forzata, in forza di sentenza esecutiva ex lege (pur essendo pendente il ricorso per cassazione), bensì il diritto di avvalersi della procedura di rilascio disciplinata dagli artt. 608 e seguenti del codice di procedura civile invece della speciale procedura di graduazione degli sfratti prevista dall'art. 4 della L. n. 833 del 1960, deve essere qualificata come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., proponibile davanti al giudice competente per l'esecuzione (nella specie, di pretore del luogo ove è sito l'immobile locato), con atto di citazione da notificare entro cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto.

Cass. civ. n. 6903/1986

L'opposizione a precetto per essere stato intimato sulla base di una sentenza di primo grado, e non del titolo esecutivo costituito dalla sentenza d'appello, attenendo ad un difetto nella struttura formale di esso, comportante la sua nullità, integra una opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 cod. proc. civ., che resta inammissibile se proposta oltre i cinque giorni dalla notificazione dell'atto, a nulla rilevando che non sia ancora iniziata l'esecuzione (nella specie, per rilascio di immobile).

Cass. civ. n. 5930/1986

La parte esecutata che deduca la nullità del pignoramento, in conseguenza della cessata efficacia del precetto per inutile decorso del termine di novanta giorni dalla sua notifica, non contesta il diritto della controparte di procedere in via esecutiva o la legittimità dell'azione intentata, bensì la validità di un singolo atto del procedimento, considerata dall'art. 481 c.p.c. come condizione di validità di tutti i susseguenti atti. Consegue che tale impugnazione integra una opposizione agli atti esecutivi che resta devoluta alla competenza del giudice della esecuzione.

Cass. civ. n. 5536/1986

Notificato l'atto di precetto per il pagamento di un credito pecuniario, senza che il precettante abbia indicato se intende procedere ad espropriazione mobiliare (di competenza del pretore) od immobiliare (di competenza del tribunale), se nel precetto è contenuta elezione di domicilio in un luogo che sia sede di pretura e di tribunale, ovvero, qualora manchi elezione di domicilio, se il precetto è notificato in un luogo che sia sede di pretura e di tribunale, l'opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il precetto, prima che sia stata iniziata l'esecuzione, può essere proposta dal precettato davanti al pretore ovvero al tribunale.

Cass. civ. n. 3970/1986

L'opposizione con la quale l'esecutato deduca la nullità del pignoramento perché eseguito prima del decorso del termine di trenta giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, essendo stata illegittimamente richiesta dal creditore procedente l'autorizzazione di cui all'art. 482 c.p.c., nonché per la mancata certificazione di conformità del decreto di concessione di tale autorizzazione trascritto in calce alla copia notificata, attenendo al quo modo e non all'an dell'esecuzione, integra una opposizione agli atti esecutivi in ordine alla quale la competenza spetta al pretore, ai sensi degli artt. 617 e 618 c.p.c.

Cass. civ. n. 2149/1986

Con riguardo a precetto per il pagamento di una somma di denaro, l'opposizione dell'intimato, rivolta a denunciarne l'irregolarità formale, configura opposizione agli atti esecutivi, ed è funzionalmente devoluta, a norma dell'art. 617 primo comma c.p.c., al giudice che il creditore abbia indicato in detto precetto come competente per l'esecuzione (in conformità di quanto disposto dall'art. 480 terzo comma c.p.c.). Peraltro, in difetto di tale specifica indicazione, può darsi rilievo anche all'intestazione dell'atto, con la conseguenza che, quando in questa intestazione risulti una determinata pretura, il precetto medesimo è qualificabile come atto preliminare di un'espropriazione forzata di cose mobili o di crediti, e la suddetta opposizione, in applicazione del citato art. 617, spetta alla cognizione del pretore di quell'ufficio giudiziario.

Cass. civ. n. 2060/1986

Nelle cause di opposizione agli atti esecutivi sono passivamente legittimati e litisconsorti necessari tutti i soggetti del processo esecutivo indicati dall'art. 485, primo comma, c.p.c. e cioè il creditore procedente, il debitore esecutato, i creditori intervenuti e gli altri eventuali interessati.

Cass. civ. n. 1612/1986

La contestazione del debitore circa la regolarità formale del precetto, per mancata indicazione della notifica del titolo esecutivo, configura opposizione agli atti esecutivi ai sensi del primo comma dell'art. 617 c.p.c. e va proposta – qualora la parte istante abbia provveduto alla dichiarazione di residenza o all'elezione di domicilio nel comune ove ha sede il giudice competente per l'esecuzione – davanti a questi; mentre, qualora il creditore abbia omesso le suddette indicazioni, l'opposizione va proposta davanti al giudice del luogo in cui il precetto è stato notificato, verificandosi lo spostamento di competenza nel foro del debitore.

Cass. civ. n. 384/1986

In tema di esecuzione forzata di un obbligo di rilascio di immobile urbano, la deduzione dell'illegittimità del precetto e del successivo preavviso di rilascio per non essere state osservate le disposizioni vincolistiche sulla graduazione degli sfratti, configura una opposizione agli atti esecutivi e non una opposizione all'esecuzione, non essendo in contestazione il diritto del locatore di procedere all'esecuzione, bensì la sola validità degli atti di esecuzione, siccome posti in essere. Consegue che la decisione di primo grado che abbia pronunciato su tale opposizione è impugnabile soltanto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, restando inammissibile l'appello avverso detta pronuncia.

Cass. civ. n. 6209/1985

L'opposizione del debitore esecutato al pignoramento per la illegittimità della concessa autorizzazione a procedere in executivis con dispensa dal termine di cui all'art. 482 c.p.c., stante l'insussistenza di pericolo nel ritardo, nonché per l'incapacità del creditore a procedere ad una valida azione esecutiva, a causa delle sue menomate condizioni psichiche, mentre integra una opposizione agli atti esecutivi (rimessa ex art. 617 c.p.c. alla competenza del giudice dell'esecuzione) quanto al primo motivo, configura opposizione all'esecuzione (rimessa alla competenza del giudice determinato ex artt. 615 e 616 c.p.c.) quanto al secondo motivo con cui è contestata la capacità processuale del creditore precedente.

Cass. civ. n. 4761/1985

Con riguardo ad esecuzione per il rilascio di immobile adibito ad albergo, l'opposizione proposta per denunciare l'inottemperanza del creditore all'obbligo di preavviso al prefetto, di cui all'art. 4 della L. 24 luglio 1936, n. 1692, integra un'opposizione non all'esecuzione, ma agli atti esecutivi, in quanto investe un adempimento attinente alla regolarità del procedimento esecutivo, non al diritto a procedere ad esecuzione, e, pertanto, spetta ratione materiae alla cognizione del pretore, quale giudice dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 2744/1985

L'ordinanza di assegnazione del credito emanata in presenza della dichiarazione positiva del terzo, rappresenta l'atto giurisdizionale conclusivo del processo esecutivo con l'effetto del trasferimento del credito pignorato dal debitore esecutato al creditore, e di conseguenza non è reclamabile al giudice dell'esecuzione, né revocabile da questo, restando soggetta soltanto all'opposizione agli atti esecutivi a norma dell'art. 617, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 6151/1984

In tema di esecuzione di obbligo di fare ed in ispecie di esecuzione di lavori di demolizione di un edificio, la deduzione relativa all'assenza dell'ufficiale giudiziario – cui incombe l'obbligo di presiedere – ed all'omessa predisposizione delle protezioni prescritte dalla legislazione antinfortunistica, integra una opposizione agli atti esecutivi, contestandosi la regolarità formale di atti della procedura esecutiva, con la conseguenza che la relativa controversia resta devoluta ratione materiae al pretore quale giudice dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 5897/1984

In sede di esecuzione di obbligo di fare, consistente nella demolizione parziale di un fabbricato a distanza inferiore a quella legale, la domanda, con la quale il proprietario di una porzione di detto fabbricato insorga avverso il progetto di demolizione redatto da un tecnico nominato dal pretore, deducendone l'inidoneità a risolvere i problemi connessi all'abbattimento di una struttura in cemento armato, senza incidere sulle parti non oggetto di demolizione, e chiedendo la preparazione di un nuovo progetto, configura un'opposizione non all'esecuzione, ma agli atti esecutivi, e, come tale, è devoluta funzionalmente alla cognizione del pretore in qualità di giudice dell'esecuzione, in quanto investe esclusivamente le modalità attinenti all'esecuzione medesima, senza porre in discussione il titolo, la sua portata precettiva, la sua efficacia soggettiva ed oggettiva.

Cass. civ. n. 5790/1984

L'opposizione agli atti esecutivi, fondata sulla assoluta inidoneità del precetto a funzionare quale atto preliminare dell'esecuzione, per essere stato redatto e sottoscritto dal difensore non munito di procura, è proponibile, fino all'esaurimento del processo esecutivo, indipendentemente dal termine perentorio di cui all'art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 3495/1984

Con riguardo al precetto per il rilascio di bene immobile, l'opposizione rivolta a denunciare la violazione dell'art. 479 c.p.c., per mancata notificazione del titolo esecutivo, nonché l'inidoneità del titolo medesimo a determinare la estensione dell'immobile del quale si chiede il rilascio, spetta alla cognizione del pretore in ordine alla prima questione, la quale, attenendo al quo modo e non all'an dell'esecuzione, configura opposizione agli atti esecutivi, mentre deve essere devoluta al tribunale sulla seconda questione, ove superi i limiti di valore del pretore, avendo essa natura di opposizione all'esecuzione.

Cass. civ. n. 3065/1984

Per effetto della riunione dei pignoramenti eseguiti da più creditori in danno degli stessi debitori, coesistono nell'unico processo esecutivo diverse esecuzioni svolgentisi parallelamente e, pertanto, le opposizioni agli atti esecutivi proposte distintamente dai singoli debitori, pur dando luogo ad un unico processo di cognizione, concretano distinti e paralleli rapporti processuali tra ciascuno dei debitori esecutati ed i rispettivi creditore pignorante e creditori intervenuti. Pertanto, l'integrità o meno del contraddittorio deve essere accertata separatamente per ciascuno di tali rapporti processuali di opposizione, con conseguente illegittimità dell'ordine di integrazione del contraddittorio (e, in caso di sua inosservanza, della declaratoria di estinzione del relativo processo) nei confronti di soggetti che siano estranei al rapporto ad esso afferente, ancorché litisconsorti necessari in altro dei coesistenti rapporti.

Cass. civ. n. 1524/1984

L'opposizione proposta dal debitore esecutato, per sostenere che il pignoramento sia stato effettuato su beni mobili rinvenuti non in luoghi a lui appartenenti, come prescritto dall'art. 513 c.p.c., bensì in immobili di proprietà altrui, integra una opposizione agli atti esecutivi, e, come tale, spetta funzionalmente alla cognizione del pretore in qualità di giudice dell'esecuzione mobiliare, in quanto non è diretta a contestare il diritto del creditore di promuovere l'esecuzione, né la pignorabilità dei beni staggiti, ma si traduce nella denuncia di irregolarità di un atto del processo esecutivo.

Cass. civ. n. 6034/1983

Il provvedimento con il quale il pretore differisce, ai sensi dell'art. 2 quinquies della L. 6 agosto 1981, n. 456 — che concerne i termini di esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili urbani nelle zone colpite dal terremoto del novembre 1980 — la data di esecuzione dello sfratto stabilita, ex art. 56 dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, nella sentenza di rilascio (nella specie passata in giudicato), si inquadra nella categoria degli atti esecutivi nell'ambito di un procedimento di «graduazione» analoga a quella prevista, con riferimento alla normativa vincolistica, dall'art. 4 della L. 26 novembre 1969, n. 833, presentando carattere giurisdizionale e natura ordinatoria. Conseguentemente siffatto provvedimento non è impugnabile per Cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, ma è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 6637/1982

La possibilità di spostamento del dies a quo del termine di cinque giorni dal compimento del singolo atto, entro il quale va proposta l'opposizione agli atti esecutivi, e del suo differimento al momento in cui viene compiuto un atto esecutivo susseguente a quello impugnato, presuppone non solo che quello stesso sia inesistente, ma anche che costituisca la premessa delle attività successive e ad esso collegate in senso tecnico. Detta possibilità, pertanto, non può essere utilmente invocata allorché il provvedimento di cui trattasi presenti tutti i necessari requisiti formali, si inserisca con una propria autonomia nel procedimento esecutivo, senza costituirne parte essenziale e la sua pronunzia (nella specie ordinanza di reiezione dell'istanza di conversione del pignoramento e di rateizzazione del debito) sia avvenuta nell'udienza in cui la presenza della parte ne assicuri alla stessa l'immediata conoscenza.

Cass. civ. n. 3450/1982

Nel pignoramento di credito presso terzi la contestazione da parte del debitore esecutato della validità del pignoramento per la incompetenza del giudice adito per la dichiarazione del terzo configura una opposizione agli atti esecutivi con la conseguenza che la pronuncia del pretore il quale ammette il terzo a rendere la dichiarazione prevista dall'art. 547 c.p.c. ed assegna il credito del debitore al creditore esecutante, contiene un implicito rigetto della sollevata eccezione ed ha, in ragione del suo contenuto sostanziale, natura di sentenza: onde contro la stessa è esperibile esclusivamente il ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, rimanendo, in mancanza, preclusa la riproposizione della questione della competenza ai fini dell'esecuzione nel successivo giudizio (incidentale) per la contestazione della dichiarazione del terzo.

Cass. civ. n. 2069/1982

L'inesistenza giuridica dell'atto di pignoramento immobiliare, per mancata sottoscrizione, quale causa invalidante di tutti gli atti esecutivi successivi e collegati, può essere eccepita dalla parte, a norma dell'art. 617 c.p.c., non solo entro i cinque giorni dal pignoramento viziato, ma anche entro lo stesso termine decorrente dal compimento di uso qualsiasi dei menzionati atti susseguenti e può essere altresì rilevata di ufficio dal giudice nel corso del processo esecutivo. Tale principio, tuttavia, deve essere inteso nel senso che la fase esecutiva del procedimento di espropriazione costituisce pur sempre la sede esclusiva per l'operatività invalidante del vizio in parola il quale, conseguentemente, mentre non potrà essere fatto valere con rimedi diversi dall'opposizione agli atti esecutivi, non potrà né essere rilevata di ufficio dal giudice di cognizione chiamato a pronunziarsi su una opposizione ex art. 615 c.p.c. né, tanto meno, essere denunciato per la prima volta in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 1882/1982

Il pignoramento di un credito incorporato in titolo cambiario, che, anziché nella dovuta forma del pignoramento presso il debitore del creditore procedente, prenditore o giratario del titolo, con materiale acquisizione del medesimo (artt. 1997 c.c. e 513 c.p.c.), venga irritualmente eseguito nella forma del pignoramento presso terzi, ai sensi dell'art. 543 c.p.c., cioè presso l'obbligato cambiario, è affetto da nullità assoluta e non sanabile, la quale può essere dedotta dal debitore, con opposizione agli atti esecutivi, non vincolata al termine perentorio fissato all'art. 617 c.p.c. (nella specie, proposta nella udienza fissata per la dichiarazione del terzo), e può essere rilevata d'ufficio dal giudice dell'esecuzione in qualsiasi momento del processo esecutivo. La pronuncia del giudice dell'esecuzione su detta opposizione ancorché emessa nella forma della ordinanza, ha natura sostanziale di sentenza, impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 5871/1981

L'opposizione con cui il debitore eccepisce che il precetto è stato sottoscritto da persona sprovvista di mandato o da procuratore non abilitato all'esercizio professionale nel distretto, è diretta a contestare non il diritto di procedere all'esecuzione, ma la validità processuale dell'atto di esecuzione (per difetto di legittimazione alla rappresentanza della parte in giudizio) e va pertanto qualificata come opposizione agli atti esecutivi; con la conseguenza che la competenza a decidere sulla stessa spetta al pretore, ai sensi del combinato disposto degli artt. 617, primo comma, e 480, terzo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 1225/1981

La competenza del giudice dell'esecuzione in ordine all'opposizione agli atti esecutivi, avendo carattere funzionale, assoluto ed inderogabile, non può subire spostamenti né essere attratta in quella del giudice superiore, e pertanto, qualora siano proposte, con unico ricorso davanti al pretore, opposizione agli atti esecutivi ed opposizione all'esecuzione, detto giudice, deve comunque giudicare sulla prima, per la quale è esclusivamente competente per materia, e conoscere, invece della seconda soltanto allorché rientri nei limiti della sua competenza per valore.

Cass. civ. n. 6331/1980

La mancata opposizione nel termine di cinque giorni, ex art. 617 c.p.c., avverso il precetto sottoscritto da persona priva del necessario potere di rappresentanza non comporta – ove non sia intervenuta ratifica da parte del dominus – che il precetto stesso acquisti efficacia per la valida costituzione del processo esecutivo, potendo invece esser proposta opposizione, ai sensi e nei termini di cui al richiamato art. 617 c.p.c., avverso ogni successivo atto esecutivo, compresa l'ordinanza con la quale viene disposta la vendita degli oggetti pignorati.

Cass. civ. n. 6245/1980

L'unico rimedio ammissibile contro l'ordinanza con la quale il pretore, ai sensi dell'art. 553 c.p.c., assegna al creditore procedente la somma pignorata presso un terzo è, di regola, l'opposizione, ex art. 617 c.p.c. Tale rimedio può essere esperito solo dalle parti del processo esecutivo, tra le quali non rientra il terzo che renda una dichiarazione negativa, quando questa non venga contestata in base all'art. 548 c.p.c.

Cass. civ. n. 3859/1980

Il provvedimento del giudice dell'esecuzione emesso in violazione del principio del contraddittorio (nella specie, ordinanza in tema di conversione dei pignoramenti pronunciata in un'udienza diversa da quella fissata) non è inficiato da inesistenza — la quale, riflettendosi sugli atti esecutivi ad esso necessariamente e direttamente collegati, può esser fatta valere nel corso dell'intero processo esecutivo, ancorché sia scaduto, rispetto a detto provvedimento, il termine di decadenza fissato dall'art. 617 c.p.c. — bensì da semplice invalidità, che resta limitata all'atto medesimo e, quindi, ove abbia comportato una lesione dell'interesse del debitore, deve essere fatta valere, mediante opposizione agli atti esecutivi, nel termine di decadenza anzidetto, decorrente dal giorno della comunicazione del provvedimento viziato.

Cass. civ. n. 1752/1980

La contestazione dei criteri informatori dell'assegnazione al creditore procedente di una parte delle somme dichiarate dovute dal terzo pignorato al debitore a titolo di retribuzione per lavoro dipendente, relativa alla decorrenza dell'assegnazione stessa ed alla misura della percentuale assegnata in quanto inferiore ad un quinto della retribuzione, dà luogo ad un'opposizione agli atti esecutivi (tra i quali deve essere compresa la predetta ordinanza), con l'obbligo del pretore di procedere a termini dell'art. 618 c.p.c. e di provvedere con sentenza, nonché con la conseguente nullità del provvedimento emesso in forma di ordinanza ed in violazione del principio del contraddittorio, nullità da far valere con il ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 1544/1980

La decadenza processuale conseguente all'inosservanza del termine previsto dall'art. 617 c.p.c. per la proposizione della opposizione agli atti esecutivi dev'essere rilevata di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e, quindi, anche in sede di legittimità, trattandosi di materia riguardante l'ordinato svolgimento del processo, sottratta, come tale, alla disponibilità delle parti.

Cass. civ. n. 3730/1979

Configura opposizione agli atti esecutivi, non all'esecuzione, quella con la quale il debitore insorga avverso l'intervento di un creditore, nel procedimento di esecuzione, sotto il profilo del mancato deposito del titolo giustificativo dell'intervento medesimo, trattandosi di domanda rivolta a porre in discussione esclusivamente la ritualità di un atto di detto procedimento.

Cass. civ. n. 3591/1979

L'opposizione agli atti esecutivi proposta prima dell'inizio della esecuzione appartiene alla competenza del giudice dell'esecuzione indicato nel terzo comma dell'art. 480 c.p.c., cioè al tribunale o al pretore, a seconda che l'esecuzione riguardi beni immobili o mobili, e, nell'ipotesi in cui il creditore procedente non abbia indicato nel precetto se intenda avvalersi dell'esecuzione immobiliare o mobiliare, deve presumersi che abbia inteso procedere a quella immobiliare se abbia eletto domicilio nel luogo ove ha sede il tribunale, e a esecuzione mobiliare se abbia eletto domicilio in luogo sede di pretura.

Cass. civ. n. 5096/1978

L'ordinanza con la quale il pretore, giudice dell'esecuzione, dichiari «non luogo a provvedere» su un'istanza di assegnazione di credito pignorato, integra un atto del procedimento esecutivo, ancorché anomalo importando un rinvio sine die del procedimento. Contro di esso è proponibile dall'interessato l'opposizione prevista dall'art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 1408/1978

L'ambito della legittimazione del creditore intervenuto nel processo esecutivo a proporre l'opposizione ex art. 617 c.p.c., per ottenere la dichiarazione di nullità di atti esecutivi, è delimitato, sotto l'aspetto oggettivo, cioè degli atti esecutivi contro i quali il creditore intervenuto è abilitato a proporre l'opposizione, dall'interesse, che necessariamente deve esistere, che il creditore ha alla dichiarazione di nullità dell'atto esecutivo impugnato. Poiché la dichiarazione di nullità del pignoramento comporta la nullità di tutti gli atti esecutivi successivi, compresi gli interventi di creditori (che sono anch'essi atti esecutivi), travolgendo l'intero processo esecutivo, stante la mancanza di interesse ad agire, in relazione alla tipica situazione giuridica del creditore intervenuto nel processo esecutivo, l'ambito della legittimazione di questo, anche se intervenuto tardivamente, all'opposizione ex art. 617 c.p.c. non si estende al pignoramento.

Cass. civ. n. 3532/1975

Il terzo che in pendenza dell'esecuzione e dopo la trascrizione del pignoramento, abbia acquistato, a titolo particolare, l'immobile pignorato non è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi in qualità di preteso intervento nel processo quale avente causa del debitore esecutato, a norma dell'art. 111, terzo comma c.p.c., non potendo questa disposizione, dettata per il giudizio di cognizione, trovare applicazione nel processo di esecuzione, nel quale non si controverte circa l'esistenza, già accertata dal titolo esecutivo, del diritto del creditore, ma se ne attua la concreta realizzazione.

Cass. civ. n. 1348/1975

Qualora il debitore assoggettato alla esecuzione forzata per rilascio di un immobile deduca la mancanza di uno specifico titolo esecutivo nei suoi confronti e, comunque, eccepisca che l'esecuzione contro di lui promossa avrebbe dovuto seguire la procedura prevista dalla legislazione vincolistica e non quella generale disciplinata dal codice di procedura civile, vengono proposte con un unico atto due distinte opposizioni, e cioè una opposizione all'esecuzione, con la quale si contesta l'esistenza di un titolo esecutivo, ed una opposizione agli atti esecutivi, con la quale si deduce la inosservanza delle forme della procedura esecutiva. In tal caso, se l'opposizione all'esecuzione ecceda per valore la competenza del pretore adito quale giudice dell'esecuzione, funzionalmente competente a decidere sull'opposizione agli atti esecutivi, le due cause debbono essere separate, con la rimessione al tribunale della cognizione della sola opposizione all'esecuzione.

Cass. civ. n. 2521/1969

Nel caso di opposizione agli atti esecutivi basata sul presupposto che nelle specie dovesse essere osservata, anziché la forma dell'espropriazione presso terzi, la forma dell'espropriazione diretta presso il debitore, il terzo pignorato è litisconsorte necessario, perché soltanto dalla validità e congruità della forma di pignoramento adottata sorge la soggezione del terzo all'esecuzione (soggezione che importa l'indisponibilità delle cose e dei crediti pignorati presso il terzo, l'assunzione di qualità di custode, l'obbligo di comparire e di rendere la dichiarazione prevista dalla legge; obblighi dai quali possono sorgere le eventuali parentesi di cognizione ordinaria previste dall'art. 548 c.p.c., in cui per altro riflesso il terzo è litisconsorte necessario).

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relative all'articolo 617 Codice di procedura civile

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Franco C. chiede
martedì 24/11/2020 - Puglia
“Il 24/10/2015 il G.E. indica nell ordinanza le modalità per la pubblicità indicando 4 siti. Il 30/10/2019 il G.E. vista la documentazione presentata dal P.D. relativa alla procedura esecutiva per mancato pagamento della fattura relativa alla pubblicità sospende le operaziòni di vendita e fissa l'udienza al 23/1/2020 per la comparizione delle parti. Nell'udienza gli avvocati della parte creditrice dichiarano, verbalizzando, che la fattura è stata tempestivamente pagata, ribadendo il tutto più volte e infine dichiarando, oralmente, che il sito della fattura non pagata non è tra quelli indicati dal G.E. nell'ordinanza. Era presente il P.D. che nulla eccepisce, al che il G.E. dispone una nuova vendita. In realtà dopo 17 giorni dall udienza interviene la casa editrice di "vendite giudiziarie" che è tra i siti indicati dal G.E. per la pubblicità e dichiara di voler intervenire ex art. 511 cpc nella procedura per la fattura di euro 561 del 23/10/2018 non pagata. Dopo questo intervento tutto tace con il normale susseguirsi delle operazioni di vendita. Da un accesso agli atti ho rilevato che dal 2015, epoca dell ordinanza del giudice, al 2018 non è stata mai fatta la pubblicità nell'albo del tribunale, anche questo rientra tra quelli indicati dal giudice, nonostante nei verbali di asta deserta il PD e l'avvocato della parte creditrice dichiarassero che sarebbe stata fatta nell albo del tribunale. Il 13/11u.s viene effettuata l'asta n. 15 andata deserta dopo 9 anni e con l'immobile periziato per 587000 euro e ora con 80% in meno del suo valore. In quest'ultima asta rilevo la mancata pubblicità su "vendite giudiziarie" (sito del mancato pagamento della fattura) ed è mancante anche la pubblicità su un altro giornale locale indicato dal giudice nell ordinanza. Non ci sto capendo niente. Come mai il giudice nulla dice sulle false dichiarazioni, e l'assoluto silenzio del P.D? Io sono fuori casa da sette anni, mia moglie ha una grave malattia e io percepisco una pensione di invalidità di 520 euro. Il mio avvocato viene pagato con il patrocinio gratuito ma ho la sensazione che neanche lui ha le idee chiare. Che tipo di opposizione posso fare? Opposizione all'esecuzione per cui dovrei versare 1600 euro oppure opposizione agli atti? Vi prego datemi delucidazioni.
grazie distinti saluti”
Consulenza legale i 01/12/2020
I problemi da sottoporre all’attenzione del giudice sembra che siano fondamentalmente due, ossia quello relativo ad un rilevato difetto di pubblicità nella procedura esecutiva e quello relativo ad un intervento ex art. art. 511 del c.p.c. in quella medesima procedura da parte di un creditore, il cui credito in realtà è fondato su una fattura emessa per una prestazione mai eseguita.

In entrambi i casi si tratta di contestare la regolarità formale di singoli atti della procedura esecutiva e per fare ciò lo strumento di cui ci si può avvalere non può che essere quello previsto dall’art. 617 c.p.c., ossia quello dell’opposizione agli atti esecutivi.
Quando la parte debitrice ha intenzione di bloccare la procedura esecutiva, infatti, due sono gli strumenti che ha a disposizione:
  1. l’opposizione all’esecuzione, disciplinata dall’art. 615 del c.p.c.;
  2. l’opposizione agli atti esecutivi, disciplinata dall’art. 617 e ss. c.p.c.

i quali si distinguono a seconda dei motivi che ne vengono posti a fondamento, ed a loro volta diversificati, quanto a modalità di presentazione e di svolgimento del giudizio, a seconda che siano esperiti prima o dopo l’inizio della procedura esecutiva.

Attraverso lo strumento dell’opposizione all’esecuzione il debitore ha possibilità di contestare il diritto della parte istante ad intraprendere la procedura esecutiva, ritenendo che non ne sussistano le condizioni (ad esempio, per mancanza del titolo esecutivo, o per impignorabilità dei beni aggrediti ovvero, ancora, per difetto di legittimazione passiva dell’esecutato).
Il secondo comma dell’art. 615 c.p.c. dispone espressamente che tale forma di opposizione è inammissibile se proposta dopo che sia stata disposta la vendita, a meno che l’opponente non dimostri che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile.
Da ciò ne consegue che il termine ultimo per proporre opposizione all’esecuzione è quello in cui il giudice dell’esecuzione pronuncia l’ordinanza di vendita.

Come si ritiene sia facile intuire, si tratta di una forma di opposizione che nulla ha a che vedere con i vizi e difetti lamentati, i quali non pongono in dubbio il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata.

Diversa è, invece, l’opposizione agli atti esecutivi, mediante la quale il debitore non contesta il diritto dell’istante a procedere all’esecuzione bensì le modalità con cui è stata intrapresa, o meglio viene lamentata l’esistenza di vizi formali di singoli atti del processo esecutivo (quali possono essere vizi di notificazione del titolo o del precetto).
L’art. 617 c.p.c. stabilisce un termine perentorio per avvalersi di tale forma di opposizione, fissandolo in 20 giorni dal compimento del singolo atto o dal momento in cui il soggetto ne ha avuto conoscenza.
Sia nel caso di opposizione all’esecuzione che di opposizione agli atti esecutivi, le modalità di proposizione differiscono a seconda che l’esecuzione sia già iniziata o meno.
In particolare, nell’opposizione agli atti esecutivi, che è indubbiamente quella di cui ci si può avvalere, se la stessa precede la notifica del pignoramento si propone con atto di citazione dinanzi al giudice territorialmente competente indicato nell’atto di precetto.
Se, invece, avviene ad esecuzione iniziata si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione.

Pertanto, lo strumento corretto da utilizzare, sempre che ciò che si lamenta possa indiscutibilmente provarsi, non può che essere quello dell’opposizione agli atti esecutivi, per contestare sia il difetto di pubblicità che l’intervento ex art. 511 del c.p.c. della casa editrice.
In relazione a questo secondo motivo di doglianza, si dovrà fornire prova al giudice della irregolarità dell’intervento in quanto il presunto credito di euro 561, deriverebbe da una fattura che già è stata dichiarata pagata e che, comunque, da accertamenti eseguiti (di cui occorre fornire esatti elementi circostanziati) risulta emessa per una prestazione che non sarebbe stata mai eseguita.

Per quanto concerne il difetto di pubblicità, costituisce opinione pacifica sia in dottrina che in giurisprudenza quella secondo cui, in linea generale, dall’inosservanza delle prescrizioni pubblicitarie di cui all’art. 490 del c.p.c. ne discende una particolare ipotesi di nullità da far valere attraverso lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi previsto dall’art. 617 c.p.c., e più precisamente all’atto esecutivo al quale la pubblicità si riferisce .

In particolare, si afferma in giurisprudenza che nel caso di espropriazione forzata immobiliare, la nullità che deriva dall’omessa pubblicità dell’ordinanza che dispone l’incanto (anche nel caso in cui si tratti di pubblicità straordinaria disposta dal giudice) è idonea a riverberarsi sull’atto di aggiudicazione, producendo effetti anche nei confronti del terzo acquirente, in deroga a quanto disposto dall’ art. 2929 del c.c. (C. 27526/2014; C. 13824/2010; C. 21106/2005; C. 5826/1985).

Circa la legittimazione del debitore a far valere tale difetto di pubblicità, si segnala la sentenza della Corte di Cassazione n. 9255/2015, nella quale si legge tra l’altro che l’interesse che si intende perseguire è essenzialmente quello del debitore, consistente nella realizzazione di una più proficua sollecitazione del pubblico alla vendita giudiziaria onde ricavare dal mercato il miglior prezzo possibile (a fronte di una maggiore somma ricavata dalla vendita, infatti, potranno essere soddisfatti in maggior misura i creditori e perfino si potrebbe riuscire a conseguire un residuo attivo di cui lo stesso debitore potrebbe chiedere la restituzione).

Pertanto, se si è in possesso di prove certe e concrete su quanto lamentato nel quesito, ci si potrà avvalere dello strumento dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., fondato sulle argomentazioni sopra evidenziate.


Anonimo chiede
venerdì 12/06/2020 - Sardegna
“Da una sentenza della corte d'appello civile, con data giugno 2018, si evince la condanna alle spese processuali nella misura di Euro 9535,00. A quale importo complessivo dell'ammontare si potra' pervenire, all'esito del calcolo di tutte le maggiorazioni di legge? Ed ancora, qual'e' la corretta procedura di incasso e le contromisure ipotizzabili, nei confronti di un avvocato che ricorre a precetto, inviandone fraudolentemente solo una parte delle pagine, escludendo proprio quelle che ricomprendono il calcolo analitico, compreso il risultato finale, pretendendo, falsamente di avere proceduto a precetto, solo dopo aver, piu' volte, sollecitato inutimente, il pagamento?
In questo scenario, il difensore di parte soccombente, finge di non avvedersi del vizio materiale che affligge il precetto--pervenuto tramite servizio postale--e subito rimessogli per le verifiche di competenza e, senza nulla eccepire, pretende di suggerire il pagamento, di un conteggio finale che egli riporta nella sua comunicazione dichiarando ambiguamente di aderire al conteggio dell'avversario a cui pretende di ricondursi, ma senza, del pari, esporre il procedimento di calcolo-che dovrebbe prendere avvio, dall'importo liquidato in sentenza, senza sia chiaro se il saldo da liquidare, sia il frutto di sua iniziativa, o la riproposizione del conteggio di controparte?
Avendosene che, in questo caso, avrebbe dovuto farsi parte diligente ed inviare, al cliente, la copia integrale del precetto.
Per concludere, qualora dall'invito a dare conto e chiarire tali condotte dubbie, nulla emergesse, nel senso di un rifiuto chiarire il proprio operato e qualora, all'opposto, emergesse un sensibile scostamento tra il computo di legge e quanto preteso dai due--o, meglio, solo dal secondo, tenuto conto che l'importo finale che si vorrebbe competa all'avversario, questi non lo ha mai reso evidente- confermandosi, per tale via, la malafede dei due soggetti ed una possibile intesa fraudolenta, quali iniziative possono essere assunte a tutela degli interessi lesi e quali fattispecie di illecito sono riconoscibili in questo modus operandi?
Sempre in materia di spese processuali, la parte che incassa, avrebbe l'obbligo di fornire la prova di essere legittimata a riscuotere? E cio' avrebbe dovuto emergere dal precetto? E soprattutto e' tenuta a rilasciare fattura? Qualora non lo facesse, anche su esplicita richiesta, quali le conseguenza fiscali tributarie e deontologiche? Ma anche l'avvocato difensore, in ogni caso, qualora interpellato, a ragion veduta, su temi pertinente ad attivita, da lui, svolte, e' obbligato a prendere posizione? E qualora opponesse un silenzio ingiustificato come tutelarsi?

P.S. Gradirei non fosse pubblicato il quesito”
Consulenza legale i 24/06/2020
Come ha più volte chiarito la giurisprudenza, la eventuale difformità tra originale e copia notificata dell’atto comporta la nullità della notificazione stessa: si veda Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 23420/2014, in tema di notifica di atto di citazione in cui la copia notificata risultava mancante di alcune pagine rispetto all’originale, “così da non consentire al destinatario di difendersi”. Si tratta di un principio conforme a quello successivamente sancito da Cass. Civ., Sez. Unite, sent. n. 18121/2016, in materia di mancanza di una o più pagine nella copia notificata del ricorso per cassazione.
Ora, nel caso in cui non sia valida la notificazione del titolo esecutivo e/o del precetto, il rimedio è stato individuato dalla giurisprudenza nell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 del c.p.c. (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 17308/2015).
Da notare che l’opposizione agli atti esecutivi va proposta, di regola, nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto.
Ciò premesso, va precisato che la notifica di una copia incompleta dell’atto di precetto non necessariamente costituisce prova di un comportamento “fraudolento” del difensore di controparte: si tratta infatti di un’eventualità piuttosto comune, che può essere semplicemente frutto di un errore nel preparare le copie dell’atto.
Inoltre, una volta conosciuto l’importo delle spese legali liquidate in sentenza, è abbastanza semplice pervenire al calcolo della somma dovuta aggiungendo gli accessori (che sono di regola rimborso forfettario spese generali, IVA e Cassa Avvocati; tuttavia bisognerebbe esaminare almeno il dispositivo della sentenza).
In questo caso non è possibile esprimere (né sarebbe questa la sede per farlo) un giudizio circa la correttezza dell’operato dei due legali, quello di parte vittoriosa e quello di parte soccombente, dal momento che non si conoscono nel dettaglio né gli atti né la corrispondenza scambiata tra i due.
Tuttavia è il caso di ricordare che il rapporto tra cliente e avvocato è necessariamente un rapporto basato sulla fiducia; laddove questa fiducia venga meno, il cliente potrà revocare l’incarico al professionista e nominarne un altro da cui ritenga di essere meglio tutelato.
Quanto all’ultima parte del quesito, il pagamento va eseguito, naturalmente, in favore della parte personalmente. Può essere effettuato al difensore solo se quest’ultimo è antistatario e la sentenza contiene la pronuncia di distrazione delle spese (art. 93 del c.p.c.), oppure se la parte vittoriosa ha conferito al proprio difensore espressa procura all’incasso (che può essere contenuta nella procura rilasciata per il giudizio, o in quella eventualmente apposta all’atto di precetto, o - più raramente - in atto separato). Non si hanno elementi sufficienti per affermare se, nel nostro caso, il soggetto destinatario del pagamento debba o meno emettere fattura, essendovi chiaramente tenuto solo in presenza dei presupposti di legge.
Quanto all’ultima questione, l’art. 27, comma 6 del Codice deontologico forense prevede: “l’avvocato, ogni qualvolta ne venga richiesto, deve informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato”. La violazione di tale obbligo può comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari.
Si ribadisce, in ogni caso, che, laddove venga meno la fiducia tra cliente ed avvocato, il primo passo da compiere sarà quello di revocare l’incarico professionale già conferito e rivolgersi ad altro difensore di propria fiducia.
Infine, riguardo alle ulteriori domande formulate nel ticket aggiuntivo, in questa sede non si conoscono gli atti di causa e non è dunque possibile formulare ipotesi e valutazioni sulla quantificazione degli onorari operata dal giudice in sede di liquidazione delle spese. Va ricordato, però, che la legge stabilisce una serie di criteri per la determinazione delle spese legali e che il giudice, anche in merito alle spese, deve motivare la propria decisione.
Inoltre, se si intende contestare la decisione del giudice sulle spese legali, l’unica via è impugnarla, il che di regola avviene con l’appello.

IVAN C. chiede
martedì 16/04/2019 - Lombardia
“Il terzo pignorato ha prodotto tardivamente la prova documentale della cessione, ante pignoramento del creditore procedente, del credito del debitore esecutato verso il debitor debitoris (terzo pignorato) e di qui l’assegnazione al creditore procedente in un procedimento di accertamento dell’obbligo del terzo incardinato prima dell’1 gennaio 2013 (l’incidente cognitivo).

Cercherò di chiarire.
Prima che la procedura esecutiva fosse riassunta, il terzo proponeva opposizione ex art. 619 cpc assumendo di essere titolare dei crediti assoggettati a pignoramento e di averne acquisito la titolarità in forza del Contratto di cessione concluso con il debitore esecutato in data anteriore al pignoramento.
La sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo (pubblicata il 19/1/2016) stabilisce che il debitore esecutato è creditore verso il terzo pignorato, in quanto la prova documentale della cessione del credito al terzo è stata depositata tardivamente e pertanto è inopponibile al creditore procedente.
Nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, il terzo opponente non era parte del giudizio.
Con ordinanza del 3/2/2016 il G.E. dichiarava “il non luogo a provvedere sul ricorso proposto dal terzo opponente, atteso che la procedura esecutiva è sospesa e pendono i giudizi di accertamento del terzo da cui dipende l’accoglimento dell’assegnazione delle somme”. Il G.E. probabilmente non era a conoscenza della sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo pubblicata poco tempo prima.
In data 28/3/2016 il creditore procedente riassumeva il processo esecutivo.
Nel maggio del 2016 si costituivano in giudizio nella procedura esecutiva il terzo pignorato e il debitore esecutato formulando opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc e chiedendo la sospensione del processo esecutivo. Il terzo opponente si associava alla richiesta.
Nel merito contestavano il diritto del creditore procedente di procedere ad esecuzione forzata, in quanto la sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo non era passata in giudicato.
Il G.E., nel frattempo cambiato, con ordinanza del 25/5/2018, “a scioglimento della riserva, letti gli atti ed esaminati i documenti di causa, assegnava al creditore procedente la somma così come accertata nella sentenza dell’obbligo del terzo”.
In tale ordinanza nulla di dice sull’opposizione del terzo ex art. 619 cpc.
Dopo tale sentenza il G.E. ha assegnato il credito al creditore procedente senza tener conto dell’opposizione del terzo e senza pronunciarsi su tale aspetto.
Si chiede se il terzo pignorato ha titolo a proporre opposizione contro l’assegnazione ex art. 617, comma 2, cpc, senza rispetto del termine di decadenza, essendo in presenza di una nullità insanabile (mancata pronuncia del G.E. sull’opposizione del terzo) che impedisce alla procedura esecutiva di raggiungere lo scopo, essendo la cessione del credito perfezionatasi nei confronti del terzo cessionario opponente che, nel frattempo, ha incassato il credito prima della pronuncia del giudice dell’accertamento dell’obbligo del terzo, ma dopo il pignoramento del creditore procedente.
In sintesi, con la predetta cessione, il credito essendo comunque uscito dalla titolarità soggettiva del debitore esecutato, dovrebbe non essere più aggredibile dal creditore procedente. E’ così o il pagamento del terzo pignorato al cessionario post pignoramento inibisce l’estraneità del credito alla procedura esecutiva?
E’ di tutta evidenza che il terzo pignorato si troverebbe, nel caso di specie, a corrispondere due volte lo stesso ammontare.
Avete altri suggerimenti di natura procedimentale per poter ovviare all’assegnazione?


Consulenza legale i 06/05/2019
Un’opposizione promossa ai sensi dell’art. 617 c.p.c. fondata su di una presunta nullità insanabile dell’ultima ordinanza emessa in ordine di tempo (615 c.p.c.) perché non ha tenuto conto e non ha menzionato l’opposizione di terzo precedente, ad avviso di chi scrive non troverebbe accoglimento.

Ciò semplicemente perché non è ravvisabile alcuna nullità sotto il profilo procedurale per il solo fatto che nell’ordinanza in questione non si accenni alla già sollevata opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c non accolta: non esiste norma, né sostanziale né processuale, che preveda tale nullità e quest’ultima non è una sanzione generica ma deve essere sempre prevista da una specifica norma.
E’ senz’altro vero che lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi è quello più corretto per far valere, in generale, qualunque irregolarità dei “singoli atti esecutivi”, dovendo pacificamente ricomprendersi in quest’ultima definizione anche i provvedimenti (come le ordinanze) del G.E. (giudice dell'esecuzione).
Tuttavia, una qualunque opposizione che si fondi sui vizi dell’ordinanza del Giudice difficilmente potrebbe trovare accoglimento dal momento che:
  1. può essere legittimamente eccepito (dalla controparte oppure osservato dal Giudice) che non si può aggirare con un’opposizione “tardiva” il già spirato termine per proporre appello avverso la decisione di non luogo a procedere sull’opposizione di terzo di cui all'art. 619 c.p.c.: in buona sostanza, i provvedimenti del Giudice che siano impugnabili mediante un determinato strumento (appello, reclamo, ricorso in Cassazione, ecc.) e soprattutto entro un determinato termine non possono essere poi invalidati con strumenti diversi ed entro un diverso termine. Nel caso in esame, la decisione del G.E. a seguito di opposizione ai sensi del 615 c.p.c. sull’impugnazione di terzo era appellabile nel termine di 30 gg dalla notifica (o di sei mesi dalla pubblicazione): decorso ora inutilmente questo termine, non sarà più possibile “aggirare l’ostacolo” (quindi la norma che stabilisce il termine di impugnazione, che è perentorio) ricorrendo ad una delle opposizioni che si sollevano davanti al G.E.;
  2. il motivo dell’opposizione – cioè far valere la circostanza che in realtà il credito era stato ceduto prima del pignoramento – è di carattere sostanziale e non formale. Si tratta di un vizio che andrebbe dunque fatto valere con un’opposizione all’esecuzione ai sensi del 615 c.p.c., azione che in effetti è già stata promossa e si è però conclusa con una conferma della sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo (la quale ha stabilito che il credito c’è ed è pignorabile).

Ad avviso di chi scrive è quasi impossibile trovare un modo di “salvare” la situazione ed evitare l’assegnazione delle somme: l’opposizione di terzo, è vero, non è stata esaminata perché pendeva, a giudizio del Giudice, un accertamento (sul quale era già intervenuta invece una decisione: ma allora, come già anticipato, si doveva proporre appello in quel momento ed entro i termini di legge); tuttavia, è altrettanto vero che anche la chance di ottenere il riconoscimento della cessione si è perduta nel momento in cui la produzione della prova in quel processo è stata tardiva.

In conclusione, è senz’altro possibile sotto il profilo strettamente procedurale tentare la ventilata opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., contestando l’errore in cui è incorso il Giudice dell’Esecuzione che non ha esaminato l’opposizione di terzo perché non si è accorto che il giudizio di accertamento era già stato deciso. Si ribadisce ulteriormente, tuttavia, che anche se il G.E. la prima volta fosse stato consapevole della sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo, avrebbe potuto fare ben poco, dal momento che questa ha sancito una intervenuta decadenza dai termini di produzione della prova, termini nei quali non si può più essere rimessi.


Giuseppe P. chiede
venerdì 21/09/2018 - Puglia
“Salve, Ho ottenuto un decreto ingiuntivo per ad una somma di 59.000,00 nei confronti della mia ex ragazza per dei lavori effettuati presso la sua abitazione dalla società di mio fratello. Ovviamente i lavori effettuati sono stati effettuati sotto permesso a costruire sottoscritto dalla mia ex ragazza. Nel corso dei lavori ha voluto effettuare tanti lavori extra, arrivando alla somma del decreto. La mia ex. non ha mia opposto al decreto ingiuntivo, neanche al precetto.. Ottenuto l'esecutività del decreto ho effettuato un pignoramento presso terzi pari a € 3800,00. Il giorno in cui il giudice doveva assegnare le somme, la mia ex si è costituita chiedendo "RICORSO IN OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE EX ART. 615, COMMA 2 C.P.C. ED IN OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI EX ART. 617, 2° COMMA C.P.C.". Accusandomi nell'opposizione di aver sottratto la corrispondenza e per la quale non era venuta a conoscenza della notifica del decreto, e dicendo che la fattura emessa è falsa per i lavori non sono stati effettuati.. Ha anche allegato una perizia di parte giurata di un architetto, il quale descrive i lavori e reputa la somma eccessiva. Può effettuare opposizione sulla fattura e sull'importo della fattura dopo che il decreto è diventato esecutivo? Ovviamente senza uno stralcio di prova e nei prossimi giorni andrò ad effettuare una denuncia per calunnia nei confronti della mia ex. Vorrei un vostro parere in base alla vostra esperienza legale”
Consulenza legale i 26/09/2018
Nel nostro ordinamento, nell’ambito del processo esecutivo esistono due tipi di opposizione esperibili dal debitore: l'opposizione all'esecuzione e l'opposizione agli atti esecutivi.
La circostanza che non sia stata proposta opposizione in sede di giudizio di cognizione, non esclude che il debitore possa far valere le proprie ragioni al momento della messa in esecuzione del titolo.
Ciò, chiaramente, nei limiti previsti dalla legge.
Infatti, con l’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata.
Ciò significa che si può, ad esempio, contestare l’esistenza del titolo o la sua nullità sopravvenuta; oppure negare la sua idoneità a fondare l’esecuzione e via così.
Di contro, con l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) invece si contesta la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto oppure dei singoli atti successivi. Ad esempio, si può contestare che sia stata iniziata l’esecuzione prima di aspettare il decorrere dei dieci giorni indicati nel precetto.

Ciò brevemente premesso, con riguardo al caso in esame si osserva quanto segue.

Riguardo la notifica del decreto ingiuntivo, “la mera nullità della notificazione del decreto ingiuntivo (a differenza di quanto si verifica in caso di sua inesistenza) […] può essere eccepita dall’intimato solo nel giudizio di cognizione instaurato con l’opposizione ai sensi dell’art 645 c.p.c, ovvero, se la nullità ha impedito all’opponente di avere tempestiva conoscenza del decreto stesso, con l’opposizione tardiva, ai sensi dell’art 650 c.p.c e non anche successivamente alla notificazione del precetto con opposizione di cui agli art 615 e 617 c.p.c dinanzi ad un giudice diverso da quello funzionalmente competente a giudicare sull’opposizione a decreto ingiuntivo” (Cass., Sez I, 07 dicembre 2012, n.22261).

Di contro, “nell’ipotesi in cui l’intimato denunci la radicale inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo, deve riconoscersi allo stesso la possibilità di agire direttamente per conseguire la dichiarazione di inefficacia ex art 188 dips. att. c.p.c o di opporsi all’esecuzione intrapresa con i rimedi di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c "(Cass., Sez II, 06 dicembre 2006, n. 2721).

Nel caso in esame, non avendo potuto esaminare l’atto di opposizione ed avendo a disposizione solo quanto indicato nel quesito, con un elevato margine di approssimazione possiamo supporre che si tratti di nullità e non di inesistenza della notifica. Ma per affermarlo con certezza dovremmo, appunto, esaminare l’atto in questione.

Chiaramente, laddove si tratti di nullità ne consegue che non potrebbe essere oggetto di opposizione nemmeno la contestazione inerente la fattura a monte del decreto ingiuntivo.
Infatti, come ha osservato la Suprema Corte, (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. III, 18 aprile 2006, n. 8928) con l’opposizione all’esecuzione “il debitore non può sollevare eccezioni inerenti a fatti estintivi od impeditivi anteriori a quel titolo, i quali sono deducibili esclusivamente nel procedimento preordinato alla formazione del titolo medesimo”.

Quindi, se le cose stessero effettivamente così, possiamo ipotizzare in linea teorica che probabilmente l’opposizione verrà respinta in quanto infondata e meramente dilatoria.

Tra l'altro, il giudice ha disposto la sospensione dell’esecuzione?

Da ultimo, anche se non richiesto espressamente nel quesito, facciamo per inciso presente che per le affermazioni contenute nell’opposizione non riteniamo vi siano gli estremi per sporgere una denuncia per calunnia (art. 368 c.p.), reato che si ha quando taluno “con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente , ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato."


G. B. chiede
mercoledì 02/11/2022 - Sicilia
“Ho partecipato ad una asta immobiliare senza incanto tramite il mio avvocato o procuratore legale con una procura speciale che indicava la possibilità di partecipare ad aste giudiziarie e la mia firma è stata autenticata dallo stesso legale e non da notaio o pubblico ufficiale. Il GE ha ritenuto non valida la mia partecipazione (ero l'unico offerente) perchè la procura non era notarile ed ha indetto una nuova gara confermando però lo stesso importo. Mi chiedo se il GE non doveva considerare deserta la prima gara e quindi abbassare di un ulteriore 25% il prezzo a base d'asta? Ed inoltre prima di indire una nuova asta, non doveva attendere l'esito della mia oppisizione agli atti esecutivi? Attendo vs grazie”
Consulenza legale i 10/11/2022
La decisione adottata dal Giudice dell’esecuzione deve ritenersi del tutto corretta e come tale incensurabile.
La disposizione che rileva nel caso di specie, infatti, è l’art. 571 c.p.c., norma che, inserita nel paragrafo relativo alla vendita senza incanto, prevede che chiunque, tranne il debitore, sia legittimato ad offrire per l’acquisto di un immobile pignorato “personalmente o a mezzo di procuratore legale, anche a norma dell’art. 579, ultimo comma”.

Ora, dato per presupposto che l’espressione “procuratore legale” deve ormai intendersi sostituita con quella di “avvocato”, va osservato che il legislatore ha voluto prevedere per la vendita senza incanto una disciplina diversa rispetto a quella della vendita con incanto.
Infatti, nel caso di vendita senza incanto, colui il quale decide di partecipare all’asta lo può fare:
a) personalmente;
b) a mezzo di un avvocato munito di procura speciale notarile e in qualità di procuratore speciale
c) a mezzo di avvocato per persona da nominare

Nel caso di vendita con incanto, invece, trova applicazione l’art. 579 c.p.c., dal quale è dato desumere che le offerte possono essere avanzate:
a) personalmente
b) a mezzo di mandatario munito di procura speciale notarile
c) a mezzo di avvocato per persona da nominare.

Come può notarsi, in questo secondo caso non occorre che il mandatario sia anche “procuratore legale” (adesso “avvocato”), e la ragione di tale differente disciplina si rinviene nel fatto che esiste tra i due tipi di vendita una differenza strutturale, posto che con l'incanto non si manifesta la volontà irrevocabile di acquistare, ma si dichiara soltanto di voler partecipare al relativo procedimento (senza essere neppure vincolati a tale manifestazione di volontà), mentre l'offerta di vendita senza incanto è irrevocabile (al pari di una vera e propria proposta di acquisto), almeno fino a quando il G.E. o il suo delegato l'abbiano esaminata e comunque per centoventi giorni.
La delicatezza delle scelte che l'offerente è chiamato ad assumere nella vendita senza incanto rendono non irrazionale l'opzione legislativa adottata per la relativa disciplina, richiedendo la figura tecnica di un legale, ove l'offerta non sia presentata personalmente.

Nel caso di specie, l’offerta sembra essere stata fatta correttamente a mezzo della figura tecnica dell’avvocato, ma senza il rispetto della particolare forma dell’atto pubblico notarile, quale richiesta per effetto del combinato disposto degli artt. 571 e 579 c.p.c.
Come tale, corretta è stata la soluzione adottata dal giudice di non ritenere validamente manifestata la volontà dell’offerente per il mancato rispetto delle forme prescritte dalla legge, il che ha determinato l’impossibilità di dare corso alla vendita trattandosi dell’unica offerta pervenuta.
La ragione per la quale il giudice dell’esecuzione ha deciso di non prendere in considerazione l’offerta, si ritiene che non lasci spazio alcuno per consentire all’offerente escluso di avvalersi del rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, difettando in capo a costui ogni legittimazione attiva.
E’ pure vero che legittimato ad agire possa essere chiunque abbia un interesse giuridicamente apprezzabile a che il processo esecutivo si svolga correttamente, ma a tale riguardo la giurisprudenza ha ritenuto legittimati a proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. l’aggiudicatario (dichiarato decaduto o definitivo) (cfr., in tal senso Cass. 22.4.2014, n. 7708 ), l’aggiudicatario provvisorio (Cass. 26.10.1992, n. 11615), l’offerente non aggiudicatario (Cass. ord.18.11.2014, n. 24550), il comproprietario non debitore del bene indiviso pignorato.
Come può notarsi, nessuna legittimazione va riconosciuta in capo a colui la cui offerta non può ritenersi validamente manifestata, per mancato rispetto dei requisiti minimi formali richiesti perché la stessa possa dirsi venuta ad esistenza.

Quanto fin qui detto, consente di poter così rispondere alle domande che vengono poste:
a) l’invalidità dell’offerta presentata ha, di fatto, determinato un rinvio di quella che sarebbe stata la precedente gara, ed in ogni caso, anche a voler configurare la successiva gara come ulteriore rispetto alla prima infruttuosa, rientra pur sempre nella mera facoltà del giudice di modificare le condizioni di vendita ed il prezzo fissato a base d’asta.
A ciò si aggiunga che occorrerebbe tenere presente quanto stabilito al riguardo dall’ordinanza di vendita, costituendo quest’ultima lex specialis della procedura esecutiva;
b) il giudice, prima di indire la nuova gara, non può considerarsi minimamente obbligato ad attendere l’esito dell’opposizione agli atti esecutivi, trattandosi di opposizione il cui esito si ritiene scontato, in quanto avanzata da soggetto privo di legittimazione attiva.

Luigi O. chiede
giovedì 10/03/2022 - Sardegna
“Buongiorno, qualche mese fa abbiamo visto nel sito del Tribunale la pubblicità di un immobile all'asta.
Abbiamo scaricato l'ordinanza di vendita e la perizia.
Su entrambe era dichiarato che l'immobile aveva una superficie di mq 201.
Preciso che l'immobile non era visitabile in quanto occupato da terzi.
Abbiamo fatto una valutazione del prezzo al mq e abbiamo deciso di partecipare. Quindi abbiamo fatto istanza di partecipazione alla vendita con incanto presso il Tribunale, allegando l'assegno pari al 10% del prezzo base d'asta.
Pochi giorni fa abbiamo partecipato all'asta e, dopo vari rialzi motivati dalla generosa superficie di 201 mq, ci siamo aggiudicati l'immobile.
Ieri abbiamo fatto fare una visura catastale aggiornata e ci siamo accorti di aver preso una bella fregatura.
Infatti nella visura risulta che l'immobile ha una superficie catastale di soli 87 merti quadri anzichè 201!!
A questo punto ci troviamo ad aver pagato un prezzo fuori mercato tanto che anche volendolo rivendere non incasseremo mai quello che stiamo spendendo anche perchè l'immobile ha delle parti abusive non sanabili e altre parti ancora da terminare.
La procedura invece sta ingiustamente incassando un prezzo che è al di sopra della valutazione di mercato.
Siamo convinti di essere vittime di una pubblicità ingannevole e vorremmo che l'asta fosse annullata.
In mancanza di ciò saremmo anche disponibili a perdere la caparra versata a condizione di non dover subire la norma che prevede che in caso di successiva aggiudicazione a un prezzo inferiore saremmo tenuti a pagare la differenza di prezzo.
Vi chiedo quindi se abbiamo la possibilità di contestare questa vendita di un bene diverso da quello rappresentato. In tal caso Vi chiedo anche se potreste occuparvene per nostro conto.
Ringrazio anticipatamente, cordiali saluti”
Consulenza legale i 16/03/2022
Purtroppo sia nel caso di vendita fallimentare che nel caso di vendita conseguente a procedura esecutiva individuale, per ciò che concerne gli effetti della vendita forzata e dell’assegnazione trovano applicazione le norme dettate dall’art. 2901 e ss. c.c.
Tra queste, in particolare, quella che più interessa il caso di specie è l’art. 2922 c.c., il quale dispone che nel caso di vendita forzata non soltanto non ha luogo la garanzia per vizi, ma la stessa vendita non può neppure essere impugnata per causa di lesione.
E’ proprio nel concetto di “lesione”, da intendere più propriamente come “sproporzione”, che si deve far rientrare ciò che viene lamentato nel quesito, il che comporta che, in linea generale, colui il quale si aggiudica un immobile all’asta non ha alcun diritto di far valere le normali garanzie che sono previste in favore dell’acquirente, quali risultanti dagli artt. 14601497 c.c., né può dolersi del fatto che il bene acquistato ad un determinato prezzo si rivela, nei fatti, di prezzo notevolmente inferiore.

La ragione essenziale di tale esclusione delle garanzie deve individuarsi nella stessa natura coattiva di queste forme di vendita, le quali si caratterizzano per l’assenza di qualunque consenso da parte del debitore esecutato, il cui bene vene alienato.
A ciò si aggiunga che occorre tenere conto anche della particolare funzione del prezzo ricavato dall’asta, che è quella di soddisfare i creditori procedenti, tra i quali andrà successivamente ripartito.
L’esclusione delle garanzie per i vizi della cosa, nonché dell’impugnativa della vendita per causa di lesione è, quindi, una conseguenza necessaria delle particolari condizioni in cui avviene il trasferimento della proprietà dell’immobile.

In realtà, il problema che qui viene sollevato si pone con molta frequenza nella prassi giudiziaria, tant’è che sia in dottrina che in giurisprudenza, al fine di salvaguardare in qualche modo la posizione dell’acquirente, si è ritenuto opportuno distinguere tra tre particolari tipologie di vizi, ovvero il c.d. vizio redibitorio, la mancanza di qualità promesse o essenziali e la vendita di aliud pro alio.
Le prime due tipologie di vizi presuppongono pur sempre che la cosa venduta appartenga al genere a cui si fa riferimento (ciò significa che se viene venduto un appartamento non può trattarsi di un garage o di un locale commerciale).
In particolare si ha vizio redibitorio quando il bene venduto presenta difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa (può farsi l’esempio degli infissi divelti o che si presentino in condizioni fatiscenti, o anche quello di tutti i sanitari dell’abitazione asportati).
Ricorre, invece, un’ipotesi di mancanza di qualità promesse quando viene in considerazione un difetto riferito a quelle particolari caratteristiche del bene che ne esprimono la funzionalità, l’utilità o il pregio e che influiscono sulla classificazione della cosa come appartenente ad una specie piuttosto che ad un’altra. Si fanno rientrare in questo tipo di vizi il caso di una superficie più piccola di quella risultante dalla perizia, di un terrazzo impraticabile perché munito di parapetti troppo bassi, ovvero quello di una costruzione in cemento armato anziché in pietra.
Di questa particolare tipologia di difetti si occupa l’art. 1497 c.c. e gli stessi assumono rilevanza soltanto se risultino essenziali all’uso del bene ovvero se abbiano costituito oggetto di uno specifico impegno tra le parti.

Ricorre la consegna di aliud pro alio, infine, quando la cosa trasferita appartiene ad un genere del tutto diverso ovvero presenta dei difetti talmente gravi da impedire al bene di assolvere alla sua naturale funzione, facendolo degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella presa in considerazione nel contratto (gli esempi più ricorrenti sono quelli della mancanza di certificato di abitabilità o del terreno offerto in vendita come edificabile mentre in realtà ha destinazione agricola).

Ebbene, della suddetta distinzione la dottrina si è avvalsa per giungere a sostenere che nel campo di applicazione dell’art. 2922 c.c. possano farsi rientrare sia i vizi redibitori che la mancanza delle qualità promesse, dovendosi invece riconoscere anche a colui che acquista all’asta il diritto di contestare la consegna di un bene affetta da mancanza di qualità essenziali tali da dar luogo alla consegna di aliud pro alio.
In tale ultima circostanza, infatti, si viene a configurare un’ipotesi di nullità assoluta della vendita forzata, sia dal punto di vista sostanziale che processuale; lo stesso sistema processuale italiano non consente che si possa vendere un bene che non corrisponda esattamente a quello individuato nell’atto di pignoramento e negli altri atti preparatori della vendita.

Ora, seppure da un punto di vista prettamente teorico il difetto di cui in questo caso ci si duole deve farsi rientrare, come si è sopra detto, nella fattispecie della mancanza delle qualità promesse, si ritiene opportuno tuttavia evidenziare che, sotto un profilo pratico, non è così facile individuare le ipotesi di consegna di aliud pro alio distinguendole dai vizi per i quali nelle aste giudiziarie l’art. 2922 esclude la garanzia.
Ciò induce a suggerire di avvalersi, anche per casi come quello di specie, del rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, al fine di far valere la nullità della vendita forzata, adducendo a giustificazione di tale invocata nullità la notevole sproporzione tra la superficie indicata in atti e quella che di fatto l’immobile presenta, tale da poter configurare la vendita di un immobile al posto di un altro.
Peraltro, tenuto conto che la nullità può essere fatta valere in ogni tempo, tale forma di opposizione non sarebbe soggetta al termine perentorio di cinque giorni previsto dall’art. 617 c.p.c.
Il risultato che, in caso di accoglimento di tale opposizione, se ne dovrebbe conseguire, sarebbe l’esonero dell’acquirente dal rispetto del termine per il versamento del saldo del prezzo ovvero, qualora la decisione arrivasse dopo la scadenza di tale termine (e dunque il prezzo fosse stato già versato), la restituzione dell’intera somma versata da parte dell’ufficio dell’esecuzione.
Infine, qualora il ricavato della vendita fosse già stato distribuito trai creditori, l’eventuale dichiarazione di nullità di quella vendita legittimerebbe l’aggiudicatario ad agire pro quota nei confronti di ciascuno dei creditori per il recupero della somma versata.

Per ciò che concerne il problema della presenza di abusi, occorre avere massima certezza del fatto che degli stessi non sia stata data adeguata pubblicità e informazione agli offerenti e, in particolare, all’aggiudicatario (si tenga presente che, secondo quanto disposto dall’art. 173 bis delle disp. att. c.p.c., l’elaborato dello stimatore deve necessariamente contenere specifiche informazioni relative alla conformità o difformità dell’immobile alla concessione edilizia, alla possibilità di ottenere la sanatoria degli eventuali abusi e i relativi costi, ad eventuali istanze di condono, ecc.).
Infatti, se degli stessi vi è traccia negli atti di vendita, allora nulla potrà opporsi, in quanto l’irregolarità edilizio urbanistica dell’immobile pignorato, edificato in assenza o in difformità dal provvedimento amministrativo abilitativo, non impedisce la sua commerciabilità nella procedura esecutiva, individuale o concorsuale.
Ciò perché l’art. 46 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), riproduttivo dell’art. 40, comma 6, Legge 28 febbraio 1985 n.47, che sanziona con la nullità la circolazione di immobili abusivi non sanati o non in corso di sanatoria, trova applicazione unicamente per i trasferimenti su base negoziale o volontaria, ma non già per i trasferimenti coattivamente eseguiti.
Qualora, invece, dell’abuso edilizio non sia stata data adeguata pubblicità e informazione, anche in questo caso potrà farsi valere la nullità della vendita per consegna di aliud pro alio, avvalendosi dello strumento giuridico di cui si è detto prima, ossia l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., svincolata anche in questo caso dal termine di 5 giorni richiesto per la sua proposizione.

E. R. chiede
lunedì 17/01/2022 - Lazio
“Quando è esecutiva una ordinanza di estinzione di un processo esecutivo c/o terzi emessa per mutazione, con sentenza di appello, di sentenza che ha costituito titolo esecutivo della procedura? solo dopo il trascorrere del tempo (20 gg.) per eventuale opposizione agli atti esecutivi?
Quando il custode(una banca) deve restituire il deposito pignorato?”
Consulenza legale i 23/01/2022
Riguardo ai rimedi esperibili contro l’ordinanza che dichiari l’estinzione della procedura esecutiva, Cass. Civ., Sez. VI - 3, ordinanza 20/02/2019, n. 4961 ha chiarito che “nei casi in cui il giudice dell'esecuzione dichiari l'improcedibilità (o l'estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione) della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via né sommaria né provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, è impugnabile esclusivamente con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c.; diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta perciò pendente, è impugnabile con il reclamo ai sensi dell'art. 624 c.p.c.”.
Nel nostro caso, dunque, l’eventuale opposizione - come prospettato nel quesito - dovrebbe essere proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c.
Ora, secondo l’art. 618, comma 2 c.p.c. il giudice dell’esecuzione, all'udienza, dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili, come, nel nostro caso, la sospensione del provvedimento opposto. Dal che può desumersi, ad avviso di chi scrive, che l’ordinanza emessa sia esecutiva, salvo essere sospesa, ricorrendone i presupposti, in caso di proposizione dell’opposizione citata.
Del resto, ai sensi del secondo comma dell’art. 632 c.p.c., se l'estinzione del processo esecutivo si verifica prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione, essa rende inefficaci gli atti compiuti; in proposito, come ha chiarito Cass. Civ., Sez. III, 17/07/2009, n. 16714, “gli effetti del pignoramento presso terzi non sopravvivono all'estinzione della procedura esecutiva, atteso che, ai sensi dell'art. 632 cod. proc. civ., l'estinzione del processo esecutivo rende inefficaci tutti gli atti compiuti in precedenza e tra questi, quindi, anche l'atto di pignoramento che segna l'inizio del processo esecutivo. Ne consegue che l'ordine del giudice, indispensabile perché il terzo possa disporre delle somme dovute ai sensi dell'art. 543, secondo comma, n. 2), cod. proc. civ., è necessario solo fino a quando esista un valido pignoramento e, pertanto, divenuto inefficace quest'ultimo, a causa della sopravvenuta estinzione del processo, da tale ordine può prescindere il terzo che intenda estinguere la sua posizione debitoria”.

Anonimo chiede
venerdì 02/07/2021 - Puglia
“Mi aggancio a quanto chiesto da Fabio C.
giovedì 27/08/2020 - Campania

Nel dettaglio:
1. la banca creditrice ha ipoteca sui beni della de cuius.
2. la banca non pignora i suddetti beni ipotecati, ma pignora l'abitazione principale dell'erede fideiussore (con beneficio d'inventario) (mutui del 2000 e del 2002) e procede col pignoramento.
3. i beni ipotecati soddisfano la pretesa creditizia, anche se la banca-unica ipoteca- sostiene siano di scarso valore (falso).
4. Il debitore esecutato ha depositato istanza di estinzione per violazione art. 2911 cc, (la vendita non è stata ancora disposta), il Ge si deve pronunciare.
5. Il creditore sostiene che i beni ipotecati oggetto di eredità beneficiata sia impignorabili.
Chiedo
1. Sussiste la violazione ex art.2911 cc?
2. E' corretta l'istanza come formulata senza stigmatizzarla in un opposizione ex 615, 2 o 617, 2 c.?
3. Di talchè, si è incorsi in delle decadenze?
4.E' legittima la procedura esecutiva avverso il fideiussore o v'è violazione del 2911cc?
Attendo fiduciosa un vostro parere quanto prima. Grazie

Consulenza legale i 08/07/2021
Il quesito a cui ci si intende riagganciare fa riferimento ad una fattispecie un po’ diversa da quella qui descritta, in quanto in quel caso non era presenta la figura del fideiussore.
Com’è noto e come si può agevolmente ricavare dalla lettura degli artt. 1936 e 1944 c.c., l’obbligazione assunta dal fideiussore ha natura accessoria e la posizione dello stesso si assimila, per precisa esplicazione dell'art. 1944 c.c., a quella del coobbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito.
Tuttavia, qualora non sia stato pattuito il beneficium excussionis, l'obbligazione del fideiussore, pur avendo carattere accessorio e pur essendo subordinata all'inadempimento del debitore principale, è solidale con quella di quest'ultimo e non può essere considerata né sussidiaria né eventuale.

A ciò si aggiunga che il fideiussore, in applicazione del successivo art. 1945 c.c., può opporre al creditore tutte le eccezioni, anche riconvenzionali, che spettano al debitore principale, salvo quelle derivanti da incapacità.
Con ciò si intende innanzitutto chiarire che:
  1. l’azione esecutiva posta in essere dalla Banca non può essere censurata per il fatto che la stessa ha scelto di aggredire un bene di proprietà dell’erede accettante con beneficio di inventario, in quanto la posizione giuridica di quest’ultimo viene in rilievo non quale erede del debitore principale, ma quale fideiussore di quest’ultimo, avente come tale responsabilità solidale;
  2. il fideiussore può opporre tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore principale, compresa quella che si andrà qui di seguito a suggerire.

Precisato ciò, va detto che la regola dettata dall’art. 2911 c.c., in effetti, è abbastanza chiara nel vietare al creditore pignoratizio o ipotecario di pignorare altri beni del medesimo debitore se contestualmente non sottopone ad esecuzione “anche” i beni gravati da pegno o ipoteca.
Con tale norma, dunque, il legislatore non ha inteso escludere la generale garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 del c.c. né il correlativo diritto di agire in via esecutiva di cui all’art. 2910 del c.c., ma si è soltanto limitato ad imporre delle particolari modalità operative ai creditori assistiti da una garanzia specifica, impedendo a questi ultimi di assoggettare ad esecuzione esclusivamente beni non vincolati alla garanzia.

Ciò va inteso nel senso che il creditore assistito da garanzia specifica può indubbiamente pignorare beni non vincolati, ma a condizione che siano stati pignorati “anche” quelli vincolati ed a condizione ancora che questi ultimi beni siano insufficienti a soddisfare l’importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti.
La valutazione in ordine alla eventuale insufficienza dei beni assoggettati a garanzia specifica non può, però, mai essere compiuta in via preventiva (come vorrebbe sostenere la banca nel caso di specie), ma soltanto dopo che sia stato compiuto il pignoramento ulteriore: solo in questo momento sarà possibile far luogo ad un controllo giurisdizionale sulla violazione dell’art. 2911 c.c.

Per quanto concerne le conseguenze della mancata osservanza dell’art. 2911 c.c., due sono gli orientamenti al riguardo sviluppatisi.
Secondo una prima tesi sarebbe sempre consentita l’estensione dell’azione esecutiva ad altri beni, salvo l’intervento del giudice dell’esecuzione, su istanza del debitore esecutato, volto ad evitare eccessi nell’uso del mezzi esecutivi, in conformità anche alle norme processuali di cui agli artt. 483 c.p.c. (che limita il cumulo dei diversi mezzi di espropriazione) ed all’art. 496 c.p.c. (relativo alla riduzione dell’unico pignoramento eseguito).
Conforme a tale tesi è anche parte della giurisprudenza di legittimità (in particolare si veda Cass. n. 2604/1995), secondo cui le speciali misure previste dall’art. 2911 c.c. e dagli artt. 483, 496, 504 e 588 c.p.c. si risolvono in istanze con cui il debitore esecutato, senza contestare il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata né dedurre vizi formali della procedura, lamenta che il creditore abbia ecceduto nell'uso del procedimento di espropriazione forzata, con la conseguenza, da una parte, che tali istanze appartengono alla competenza del giudice dell'esecuzione, e, dall'altra, che il provvedimento, negativo o positivo, al riguardo emanato dal giudice dell'esecuzione, in quanto atto esecutivo, è impugnabile con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. con riferimento sia ad eventuali irregolarità formali che alla sua inopportunità, in quanto con essa non viene denunciato un limite legale all'esecuzione (in tal senso si è espressa anche Cass. n. 1033/2007).

Secondo un’altra tesi, invece, la norma di cui si discute (ossia l’art. 2911 c.c.) introduce un’ipotesi di impignorabilità relativa, da far valere con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., con la conseguenza che la violazione del divieto di cui all’art. 2911 importa la nullità del pignoramento, salva la possibile sanatoria conseguente al successivo assolvimento successivo dell'onere di cui all'art. 2911.
A differenza della prima, questa seconda tesi trova conforto nella giurisprudenza di merito (Tribunale di Camerino 02.04.1971 e Tribunale di Torino 04.11.2003), la quale precisa che il ricorso con cui il debitore lamenta la violazione dell'art. 2911, costituisce un'opposizione all'esecuzione per impignorabilità dei beni ex art. 615 c.p.c., sicché può essere legittimamente proposta oltre il termine di decadenza di cui all'art. 615.

Ora, ritornando al caso in esame, ciò che dovrebbe costituire oggetto di contestazione non è l’estensione dell’azione esecutiva a beni ulteriori e diversi da quelli ipotecati, con conseguente diritto a chiedere la riduzione a questi ultimi ex art. 617 c.p.c., come afferma la prima delle tesi sopra riportata.
Ciò che va contestato e fatto valere è piuttosto l’impignorabilità relativa del bene che la banca ha deciso di aggredire, ed a tal fine lo strumento che si ritiene più corretto utilizzare è quello di cui all’art. 615 c.p.c.

Questo non esclude che possa egualmente considerarsi corretta l’istanza già depositata, dovendosi tuttavia tenere presente che occorrerà avvalersi del rimedio di cui all’art. 617 c.p.c. per impugnare l’eventuale provvedimento di diniego che il Giudice dell’esecuzione potrebbe emettere, e ciò in conformità a quanto statuito da Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 1033 del 17.01.2007, sopra citata.
Qualora, poi, la procedura esecutiva dovesse nel frattempo andare avanti, si consiglia di proporre opposizione ex art. 615 c.p.c., attraverso cui far valere l’impignorabilità relativa dell’immobile sottoposto ad esecuzione forzata per mancato rispetto del disposto di cui all’art. 2911 c.c.
Sotto quest’ultimo profilo può dirsi che non si è ancora incorsi in alcuna decadenza, non essendo tra l’altro ancora stata disposta la vendita del bene.


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