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Articolo 368 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/10/2024]

Calunnia

Dispositivo dell'art. 368 Codice Penale

Chiunque, con denuncia [c.p.p. 333], querela [c.p.p. 336], richiesta [c.p.p. 342] o istanza [c.p.p. 341], anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale(1), incolpa di un reato taluno che egli sa innocente(2), ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato(3), è punito con la reclusione da due a sei anni.

La pena è aumentata [64] se s'incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.

La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo; [e si applica la pena dell'ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte](4)(5)(6).

Note

(1) L’art. 10, comma 3 della l. 20 dicembre 2012, n. 237 ha inserito il riferimento alla Corte penale internazionale.
(2) Si tratta di calunnia formale, attuata mediante denuncia, qui intesa in senso ampio, quindi comprensiva di ogni tipo di notitia criminis, anche non qualificata o anonima, ma idonea a far sorgere un procedimento penale. Viene quindi esclusa tale fattispecie nei casi in cui il reato oggetto della denuncia sia sottoposto a condizione di procedibilità e questa manchi e nei casi in cui i fatti denunciati siano grotteschi o assurdi, tali quindi da escludere l'avvio di un procedimento penale.
(3) La calunnia materiale invece dipende dalla simulazione delle tracce di reato, che non devono riguardare un reato veramente accaduto e che possono consistere sia in segni e indizi materiali che in segni sulla persona del denunciante o su altri. In ogni caso dovranno essere in modo inequivocabile dirette ad indicare il soggetto incolpato quale responsabile del reato.
(4) La pena di morte è stata abrogata e quindi sostituita con quella dell'ergastolo (art. 17).
(5) L'art. 384 bis, inserito dall'art. 17 della l. 5 ottobre 2001, n. 367 estende la punibilità della fattispecie in esame ai fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero.
(6) Secondo quanto previsto dall'art. 22 L. 11 gennaio 2018, n. 6 con decorrenza dal 21 febbraio 2018, le pene previste per il reato di calunnia di cui al presente articolo sono aumentate da un terzo alla metà quando il colpevole ha commesso il fatto allo scopo di usufruire o di continuare ad usufruire delle speciali misure di protezione previste dalla citata legge. L'aumento è dalla metà ai due terzi se uno dei benefici è stato conseguito

Ratio Legis

Tradizionalmente la dottrina ritiene che la norma in esame sia diretta a garantire che non siano instaurati processi penali contro soggetti innocenti. Alcuni ritengono che debba aggiungersi anche l'interesse del soggetto falsamente incolpato.

Spiegazione dell'art. 368 Codice Penale

La disposizione configura un reato plurioffensivo, dato che bene giuridico tutelato, oltre che la corretta amministrazione della giustizia, risulta anche essere l'onore ed eventualmente la libertà personale della persona ingiustamente e falsamente incolpata.

Reato di pericolo, esso risulta configurato anche in assenza di una condanna o della instaurazione del processo penale nei confronti dell'incolpato, essendo invece sufficiente la mera possibilità che l'autorità giudiziaria si attivi per reprimere il reato falsamente addebitato.

La condotta di rilevanza penale può realizzarsi in due modi:

  • la calunnia formale, quando la falsa affermazione che sia stato commesso un reato da parte del soggetto passivo è contenuta in una denuncia, querela, richiesta o istanza indirizzata all'autorità giudiziaria;

  • la calunnia reale, che si ha quando si simulino le tracce di un reato, creando indizi materiali circa la commissione di un reato mai avvenuto, indirizzando l'autorità giudiziaria verso un soggetto determinato.

Anche se il fatto deve chiaramente essere inesistente, o comunque non commesso dal soggetto incolpato, va esclusa la rilevanza penale della condotta qualora il fatto denunciato o simulato sia privo di tipicità (non integrando gli estremi di alcun reato) o vi sia una causa di giustificazione o di esclusione della punibilità.

Tuttavia, data la natura di reato di pericolo, il delitto in oggetto è configurabile ogni volta che l'autorità giudiziaria debba comunque procedere ad una anche minima attività di indagine per appurarne l'esistenza o meno.

Va comunque esclusa la punibilità allorché il reato incolpato sia perseguibile a querela di parte e questa non sia stata presentata, salvo che la perseguibilità a querela non appaia icto oculi ma sia necessario un approfondimento dei fatti con l'attivazione delle indagini.

Va inoltre precisato che il reato è configurabile anche qualora venga attribuito un fatto diverso e più grave da quello effettivamente commesso dall'incolpato, e, specularmente, anche in caso di maliziosa omissione narrativa.

Il soggetto agente deve comunque accusare una persona che egli sa essere innocente, non bastando il mero dolo eventuale (v. art. 43).

Distinguendosi dalla simulazione di reato, la denuncia di reato deve essere connotata dall'indicazione dell'autore della condotta.

Il tentativo (art. 56) è astrattamente ammissibile in considerazione della frazionabilità della condotta.

Il reato si consuma nel momento in cui l'autorità riceve l'informazione di reato (nell'ipotesi formale); nel momento in cui l'autorità acquisisce le tracce simulate nell'ipotesi reale.

Massime relative all'art. 368 Codice Penale

Cass. pen. n. 7573/2023

La falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in adempimento di un'obbligazione, integra il delitto di calunnia in quanto, sebbene non contenga un'accusa diretta concernente uno specifico reato, è idonea a determinare ragionevolmente l'apertura di un procedimento penale, per un fatto procedibile d'ufficio, a carico di persona determinata.

Cass. pen. n. 1616/2022

La spontanea "ritrattazione" della denuncia non esclude la punibilità del delitto di calunnia, integrando un "post factum" irrilevante rispetto all'avvenuto perfezionamento del reato, eventualmente valutabile quale circostanza attenuante ai sensi dell'art. 62, n. 6, cod. pen.

Cass. pen. n. 34894/2022

Non integra il delitto di calunnia la simulazione di tracce di reato a carico di persona già deceduta al momento della condotta, non essendovi la possibilità di inizio di un procedimento penale nei confronti di un innocente.

Cass. pen. n. 17705/2022

In tema di rapporto tra calunnia e diritto di difesa, l'esclusione di tale delitto dal novero di quelli rispetto ai quali si applica la causa di esclusione della colpevolezza di cui all'art. 384, comma primo, cod. pen. comporta che nessuno spazio di operatività deve riconoscersi all'esercizio del diritto scriminante di difesa ex art. 51, comma primo, prima parte, cod. pen. - altrimenti incidendosi sull'antigiuridicità della condotta - nei casi in cui l'imputato, lungi dal limitarsi a una generica negazione della fondatezza degli addebiti mossigli e/o della veridicità degli elementi di accusa, si difenda accusando specificamente terzi, che sa essere innocenti, di aver commesso reati.

Cass. pen. n. 46692/2021

Integra il delitto di calunnia la condotta dell'indagato o dell'imputato che, nel corso dell'interrogatorio, pur se affetto da nullità per violazione del diritto di difesa, renda dichiarazioni idonee a costituire una falsa incolpazione nei confronti di un terzo.

Cass. pen. n. 40274/2021

Non è configurabile il delitto di calunnia quando la falsa accusa abbia ad oggetto fatti per i quali l'esercizio dell'azione penale è paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità ed, in particolare, dall'effetto preclusivo derivante dalla decisione irrevocabile (nella specie, di condanna) di un precedente giudizio sui medesimi fatti, risultando la condotta inidonea a determinare la possibilità dell'inizio di un procedimento penale.

Cass. pen. n. 17883/2021

In tema di calunnia, non esorbita dai limiti del diritto di difesa l'imputato che attribuisce un determinato fatto di reato ad altra persona, che pure sa innocente, soltanto per negare la propria responsabilità e ciò faccia nell'immediatezza dell'accertamento o nella sede processuale propria.

Cass. pen. n. 45821/2018

Integra il delitto di calunnia la condotta dell'appartenente alle forze dell'ordine che redige un'annotazione di servizio con la quale riferisce la commissione di più episodi delittuosi, pur essendo consapevole della falsità di alcuni di essi. (Fattispecie in cui venivano segnalati una pluralità di episodi di cessione di stupefacenti, uno solo dei quali non veritiero).

Cass. pen. n. 22309/2018

Configura il delitto di calunnia la falsa incolpazione di reati procedibili a querela e questa sia stata presentata tardivamente, qualora per l'accertamento dell'insussistenza della causa di procedibilità si renda comunque necessario l'avvio del procedimento penale e lo svolgimento di accertamenti che richiedano apposite indagini.

Cass. pen. n. 32673/2015

Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia diverso e più grave di quello effettivamente commesso dalla persona incolpata, dovendo invece escludersi il reato quando il fatto sia diverso da quello accertato soltanto per modalità secondarie della sua realizzazione, che non ne modificano l'aspetto strutturale e non incidono sulla sua maggiore gravità ovvero sulla sua identificazione. (Fattispecie relativa ad una denuncia per detenzione di stupefacenti a carico di un solo soggetto, che dinanzi al giudice aveva ammesso le proprie responsabilità a titolo di concorso; in applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza di condanna).

Cass. pen. n. 53614/2014

Il giudizio nel procedimento per reato di calunnia è del tutto autonomo rispetto a quello concernente il reato ascritto al calunniato e, pertanto, la sentenza di proscioglimento, anche se irrevocabile, pronunciata nel processo eventualmente instaurato nei confronti dell'incolpato, non fa stato in quello contro il calunniatore, nel quale è consentito al giudice di rivalutare, ai fini dell'accertamento della falsità o meno della "notitia criminis", i fatti che hanno già formato oggetto di esame nel giudizio contro l'incolpato.

Cass. pen. n. 39822/2014

Non sussiste il concorso apparente di norme tra il reato di calunnia e il reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico e non è, pertanto, applicabile il principio di specialità di cui all'art. 15 cod. pen., stante la diversità del fatto tipico - avuto riguardo al confronto strutturale tra le fattispecie astratte dei due reati delineate rispettivamente dall'art. 368 cod. pen. e 479 cod. pen. - costituito quanto alla calunnia dall'incolpazione di un reato e quanto al falso dall'attestazione in atto pubblico, con la conseguenza che le due fattispecie incriminatrici si pongono in rapporto di mera interferenza, essendo il falso solo uno dei possibili strumenti di calunnia.

Cass. pen. n. 37654/2014

In tema di calunnia, non sussiste il dolo quando la falsa incolpazione consegue ad un convincimento dell'agente in ordine a profili essenzialmente valutativi o interpretativi della condotta denunciata, sempre che tale valutazione soggettiva non risulti fraudolenta o consapevolmente forzata. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato con riferimento a denuncia, sporta dal sindaco e dai componenti di una giunta comunale mediante delibera inviata alla Procura della Repubblica nella quale i medesimi avevano accusato il responsabile dell'ufficio tecnico del reato di omissione di atti d'ufficio in relazione agli obblighi nascenti da una ordinanza dello stesso sindaco, sulla base di un convincimento di cui era data ampia giustificazione nell'atto collegiale).

Cass. pen. n. 10289/2014

In tema di calunnia, la prova dell'elemento soggettivo può desumersi dalle concrete circostanze e modalità esecutive dell'azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà di un'accusa mendace nell'ambito di una piena rappresentazione del fatto attribuito all'incolpato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità dell'imputato per aver presentato la denuncia di smarrimento di un assegno, da lui precedentemente affidato ad altro soggetto affinché, in sua vece, lo consegnasse ad un terzo).

Cass. pen. n. 1255/2014

Integra il delitto di calunnia la denuncia con la quale si rappresentino circostanze vere, astrattamente riconducibili ad una determinata figura criminosa, celando, però, consapevolmente la concorrenza di una causa di giustificazione. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile il reato nella denuncia contenente un'accusa verso persone intervistate da un'emittente televisiva di aver mentito con intenzioni diffamatorie, essendo il denunciante, invece, consapevole della verità dei fatti dichiarati).

Cass. pen. n. 22928/2013

Ai fini della configurabilità del reato di calunnia, la falsa accusa può anche realizzarsi tacendo artatamente alcuni elementi della fattispecie, così da fornire una rappresentazione del fatto fuori del suo contesto e far apparire quindi come illeciti i comportamenti realmente tenuti dall'accusato. (Fattispecie in cui l'imputato aveva denunciato un avvocato per avere incassato un assegno relativo ad un credito della sua ditta, omettendo di riferire, però, di essere stato preventivamente informato dall'avvocato che l'assegno sarebbe stato trattenuto a compensazione di crediti professionali).

Cass. pen. n. 15928/2013

In tema di calunnia, non esorbita dai limiti del diritto di difesa l'imputato che attribuisce un determinato fatto di reato ad altra persona, che pure sa innocente, soltanto per negare la propria responsabilità e ciò faccia nell'immediatezza dell'accertamento o nella sede processuale propria. (Nella specie, la Corte ha ritenuto integrato il delitto di calunnia nei confronti di un soggetto che, dopo aver ricevuto una contestazione di guida senza patente, il giorno successivo si era recato presso l'ufficio dei verbalizzanti, asserendo falsamente non essere stato lui alla guida dell'auto e, quindi, accusando di falso ideologico l'estensore del verbale).

Cass. pen. n. 6150/2013

Configura il delitto di calunnia l'indicazione, nel momento di acquisizione della notizia di reato e da parte del suo autore, delle generalità di altra persona effettivamente esistente, sempreché la reale identità fisica del reo non sia contestualmente ed insuperabilmente acquisita al procedimento attraverso altre modalità quali, ad esempio, rilievi dattiloscopici. (Nella specie, la Corte ha ritenuto integrato il delitto di concorso in calunnia sia nei confronti dell'autore del reato di guida in stato di ebbrezza, privo di documenti, che aveva fornito ai verbalizzanti le generalità del fratello, sia del soggetto presente nell'auto che aveva confermato le false generalità).

Cass. pen. n. 32944/2012

Integra il delitto di calunnia la condotta oggettivamente idonea a determinare l'avvio di un procedimento penale nei confronti di una persona che si sa innocente, non essendo necessario che i fatti siano esposti secondo lo schema tipico di una determinata fattispecie delittuosa, né che siano corredati dalla qualificazione giuridica appropriata. (Fattispecie relativa ad una denuncia presentata nei confronti di alcuni collaboratori di giustizia accusati di essersi accordati tra loro per rendere false dichiarazioni nei confronti di un parlamentare e di altro soggetto, in cui la S.C., nonostante il tenore letterale della denuncia avesse prospettato solo un mero accordo tra i collaboratori, ha ritenuto sussistente la calunnia, perché l'agente, al momento della presentazione della denuncia, era consapevole del fatto che i collaboratori ingiustamente accusati avevano già reso le loro dichiarazioni all'A.G.).

Cass. pen. n. 26819/2012

In tema di calunnia, l'erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude il dolo del denunciante, laddove vi siano state un'effettiva verifica o una corretta rappresentazione dei fatti storici su cui l'errore si è fondato, in quanto l'ingiustificata attribuzione come vero di un fatto di cui non si è accertata la realtà presuppone la certezza della sua non attribuibilità "sic et simpliciter" all'incolpato.

Cass. pen. n. 12810/2012

Integra il reato di calunnia la condotta del privato che denunci lo smarrimento di assegni bancari dopo averli consegnati in pagamento ad altro soggetto, simulando, così, ai danni del prenditore del titolo le tracce del reato di furto o di ricettazione.

Cass. pen. n. 31378/2011

Si configura un unico reato di calunnia nel caso in cui con un'unica denuncia taluno venga falsamente incolpato di una pluralità di reati.

Cass. pen. n. 29579/2011

Per la configurabilità del reato di calunnia è necessario che la falsa accusa possa dare adito ad un procedimento penale per un reato che non sia stato in precedenza portato a conoscenza della autorità.

Cass. pen. n. 16161/2011

Integra il delitto di calunnia colui che predisponga maliziosamente quanto occorre perché taluno possa essere incriminato di un determinato reato, qualora a seguito di tale comportamento venga sporta denunzia all'autorità giudiziaria da un altro soggetto tenuto a farlo.

Cass. pen. n. 15583/2011

Integra la fattispecie del concorso esterno in associazione di tipo mafioso, e non quella di favoreggiamento continuato, la condotta reiterata e continuativa di rivelazione a membri del sodalizio criminale di notizie relative ad indagini svolte nei loro confronti dall'autorità.

Cass. pen. n. 37795/2010

Non integra il delitto di calunnia l'esposizione di circostanze di fatto inidonee ad indicare taluno come colpevole di fatti costituenti reato, anche quando il soggetto attivo, sulla base dei dati prospettati all'autorità giudiziaria, manifesti l'erronea convinzione di denunciare un reato, sia pure in forma dubitativa e generica.(Fattispecie in cui un avvocato, nel patrocinare gli interessi del proprio cliente nell'ambito di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, aveva aspramente contestato la legittimità di tale provvedimento, lamentando il "comportamento anomalo" del giudice e le "possibili illegittime connivenze" del difensore della controparte).

Cass. pen. n. 34696/2010

Non integra il delitto di calunnia colui che al momento dell'arresto fornisce agli operanti false generalità, attribuendosi l'identità di altra persona realmente esistente.

Cass. pen. n. 32325/2010

Ai fini della configurabilità del reato di calunnia - che è di pericolo - non è richiesto l'inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile; cosicché soltanto nel caso di addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare - perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso - la concreta ipotizzabilità del reato denunciato, è da ritenere insussistente l'elemento materiale del delitto di calunnia. (Nella specie si è ritenuta configurabile la calunnia nell'esposto presentato da un avvocato nei confronti di un magistrato, accusato di palese e sistematico ostracismo verso le sue tesi difensive, e perciò implicitamente del reato di abuso di ufficio, in ordine al quale, peraltro, non era stata iniziata l'azione penale).

Cass. pen. n. 21789/2010

Il delitto di calunnia ha natura plurioffensiva, nel senso che oltre a ledere l'interesse dello Stato alla corretta amministrazione della giustizia, offende anche l'onore dell'incolpato, il quale è conseguentemente legittimato all'opposizione alla richiesta di archiviazione del relativo procedimento.

Cass. pen. n. 7643/2010

Integra l'elemento materiale del delitto di calunnia, quale "denunzia", anche il disconoscimento di scrittura privata nel procedimento civile, ai sensi dell'art. 214 c.p.p., quando la parte non si limiti ad esercitare tale potere in termini espliciti e formali, al fine di sottrarsi agli effetti pregiudizievoli derivanti dal riconoscimento anche tacito della scrittura prodotta, ma aggiunge incolpazioni esplicite o implicite di un reato contro la fede pubblica, tali da essere idonee ad attivare un procedimento penale nei confronti di un soggetto individuabile in base al contesto dell'atto.

Cass. pen. n. 3964/2010

In tema di calunnia, perché possa escludersi la consapevolezza dell'innocenza del denunciato, occorre accertare che il denunciante abbia agito basandosi su circostanze di fatto non solo veritiere, ma la cui forza rappresentativa sia tale da indurre una persona di normale cultura e capacità di discernimento a ritenere la colpevolezza dell'accusato.

Cass. pen. n. 2417/2010

In tema di calunnia, la scriminante della legittima difesa non è invocabile quando la falsa denuncia di smarrimento di titoli di credito sia avvenuta per la paventata necessità di non subire gli effetti negativi di un'azione delittuosa (nel caso di specie, una truffa) di cui il denunciante sarebbe rimasto vittima.

Cass. pen. n. 32841/2009

Ai fini della prova del delitto di calunnia è necessario che sia accertata non già la mera non verosimiglianza delle dichiarazioni con le quali altri sia incolpato di un reato, ma la sicura falsità delle stesse.

Cass. pen. n. 16645/2009

Non sussiste il dolo del delitto di calunnia se non si ha intenzione di accusare una persona che si sa innocente, e ci si limita alla formulazione di addebiti temerari.

Cass. pen. n. 3910/2009

La falsa denuncia di smarrimento di un assegno, presentata dopo la consegna del titolo da parte del denunciante ad altro soggetto, integra il delitto di calunnia cosiddetta formale o diretta, mentre, ove la denuncia di smarrimento venga presentata prima della suddetta consegna, integra il delitto di calunnia cosiddetta reale o indiretta, a condizione, tuttavia, che risulti dimostrata la sussistenza di uno stretto e funzionale collegamento, oggettivo e soggettivo, tra la falsa denuncia e la successiva negoziazione, diversamente integrandosi il meno grave illecito di simulazione di reato.

Cass. pen. n. 35339/2008

Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia diverso e più grave di quello effettivamente commesso dalla persona incolpata. Questa condizione non si verifica allorché la diversità, non incidendo sull'essenza del fatto, riguardi soltanto modalità secondarie di realizzazione del fatto, che non ne modifichino l'aspetto strutturale e non incidano sulla sua maggiore gravità ovvero sulla sua identificazione. (In applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato di calunnia in relazione ad una denuncia che, pur avendo enfatizzato la dinamica dei fatti, descrivendoli nelle loro modalità esecutive in maniera particolarmente allarmante, non aveva inciso sull'essenza degli illeciti denunciati, ed in particolare sulla loro identificazione e qualificazione giuridica ).

Cass. pen. n. 34881/2007

In tema di calunnia, ai fini dell'integrazione dell'elemento psicologico non assume alcun rilievo la forma del dolo eventuale, in quanto la formula normativa «taluno che egli sa innocente» risulta particolarmente pregnante e indicativa della consapevolezza certa dell'innocenza dell'incolpato. (Fattispecie nella quale gli imputati, nel formulare una dichiarazione di ricusazione, avevano delineato una falsa accusa a carico di un magistrato, nella soggettiva, anche se oggettivamente infondata, convinzione di avere subito gli effetti negativi di una irregolare gestione della procedura esecutiva di cui erano parti).

Cass. pen. n. 21343/2007

Non è configurabile il delitto di calunnia nella condotta del titolare della potestà genitoriale su un minore, che ne denunci l'illecita sottrazione ad opera della madre naturale (che al momento del parto abbia chiesto di non comparire nella dichiarazione di nascita), in quanto l'azione della madre integra gli estremi del reato di cui all'art. 574 c.p. (Nell'affermare tale principio, la Corte ha ritenuto irrilevante, ai fini della sussistenza del reato di calunnia, che il denunciante abbia acquisito la potestà genitoriale a seguito di una procedura illecita di riconoscimento).

Cass. pen. n. 17992/2007

In tema di calunnia, perché si realizzi il dolo, è necessario che colui che falsamente accusa un'altra persona di un reato abbia la certezza dell'innocenza dell'incolpato, in quanto l'erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude l'elemento soggettivo, da ritenere integrato solo nel caso in cui sussista una esatta corrispondenza tra momento rappresentativo (sicura conoscenza della non colpevolezza dell'accusato) e momento volitivo (intenzionalità dell'incolpazione).

Cass. pen. n. 12847/2007

Il reato di calunnia concorre con quello di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale nella propria identità (art. 495 comma terzo n. 2 c.p.), qualora il soggetto, nell'ambito di un procedimento penale a suo carico, dichiari all'autorità giudiziaria false generalità corrispondenti a quelle di una persona effettivamente esistente e tale dichiarazione abbia creato il pericolo dello svolgimento di indagini nei confronti di quest'ultima.

Cass. pen. n. 2805/2007

Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia essenzialmente diverso da quello realmente accaduto, ovvero quando al denunciato sia attribuito un reato diverso per titolo e più grave. Questa condizione non si realizza allorché la diversità, non incidendo sull'essenza del fatto, comporti soltanto la configurazione di circostanze aggravanti che non ne alterino la gravità oggettiva. (Fattispecie nella quale l'agente aveva falsamente riferito, nel denunciare un oltraggio effettivamente subito, di essere stato minacciato e la Corte ha stabilito che i profili di falsità accertati non costituivano un'effettiva, diversa gravità del fatto realmente accaduto e denunciato).

Cass. pen. n. 757/2007

È configurabile il delitto di calunnia nella condotta di chi incolpi taluno di avere indebitamente posto all'incasso un assegno o una cambiale in spregio del patto di non farne tale uso, qualora l'accusa non risulti corrispondente alla realtà, in quanto la violazione dell'accordo di non negoziare il titolo di credito consegnato a fini di garanzia dà luogo a un'interversione del possesso della cosa che determina l'appropriazione indebita della stessa e del danaro in cui essa si converte.

Cass. pen. n. 15559/2006

Il delitto di calunnia, che è reato di pericolo per la cui integrazione è sufficiente anche la possibilità dell'inizio di un procedimento penale, non si configura quando la falsa accusa ha ad oggetto fatti per i quali l'esercizio dell'azione penale è paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità, ed in particolare dall'effetto preclusivo derivante dalla decisione irrevocabile di un precedente giudizio sugli stessi fatti.

Cass. pen. n. 24572/2005

Non è idonea a rendere configurabile il delitto di calunnia ma solo quello di false generalità (eventualmente aggravato ove si realizzi la condizione di cui al terzo comma, n. 2, dell'art. 495 c.p.), la condotta di chi, nell'ambito di un procedimento penale a proprio carico, si attribuisca le generalità di altra persona, pur se effettivamente esistente.

Cass. pen. n. 696/2005

In tema di calunnia, è irrilevante, ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia presentata non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell'accusa sia implicitamente ma agevolmente individuabile. (Nella specie l'imputato aveva denunciato lo smarrimento o la sottrazione, a opera di ignoti, di un assegno bancario posto all'incasso, in tal modo incolpando di furto o ricettazione il beneficiario cui l'assegno era stato effettivamente consegnato dal denunciante).

Cass. pen. n. 41960/2004

Integra il delitto di calunnia la falsa denuncia di smarrimento di cambiali già sottoscritte, successiva alla loro consegna a terzi in adempimento di una obbligazione, anche in assenza di querela per i reati che eventualmente la richiedano, posto che con tale denuncia viene comunque prospettata la consumazione di delitti perseguibili di ufficio, quali il furto o la ricettazione.

Cass. pen. n. 39232/2004

Per la sussistenza del delitto di calunnia occorre che la falsa incolpazione sia portata a conoscenza della autorità giudiziaria o di altra autorità che ad essa ha l'obbligo di riferire. Ne consegue che non è configurabile il predetto reato in relazione a dichiarazioni rese da un confidente ad un ufficiale di P.G., che, in violazione dell'art. 203 c.p.p., sia stato poi costretto a rivelarne la fonte.

Cass. pen. n. 13309/2004

Ricorrono gli estremi del reato di calunnia quando l'imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra la sua condotta e la confutazione dell'imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere altri, di cui conosce l'innocenza, nella incolpazione, specifica e circostanziata, di un fatto concreto e da ciò derivi la possibilità di inizio di un'indagine penale da parte dell'autorità. (Nella specie, l'indagato, sospettato per il reato di omicidio, aveva affermato, in un interrogatorio reso al P.M., di avere restituito, la sera prima dell'uccisione, a persona che sapeva innocente, il possesso di un'automobile che recava tracce di un conflitto a fuoco, formulando indirettamente, in tal modo, a suo carico, la falsa accusa di omicidio. La Corte ha rigettato il ricorso dell'imputato diretto ad ottenere l'applicazione dell'esimente prevista dall'art. 51 c.p. confermando che le dichiarazioni dell'imputato non avevano alcuna rilevanza ai fini del diritto di difesa).

Cass. pen. n. 7722/2004

Ai fini della configurabilità del reato di calunnia, la falsa accusa può anche realizzarsi sottacendo artatamente alcuni elementi della fattispecie, così da fornire una rappresentazione del fatto fuori del suo contesto e far apparire quindi come fatti illeciti o maggiormente lesivi di quanto essi effettivamente siano i comportamenti realmente tenuti dall'accusato. Deve quindi trattarsi di una omissione narrativa tale da influire sul reato addebitato nel senso che, in sua mancanza, il reato sarebbe escluso ovvero sarebbe di specie diversa (e meno grave) di quello che appare nel racconto. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che detta condizione non fosse riconoscibile nel solo fatto che l'imputato — al quale si addebitava di aver calunniosamente accusato alcuni appartenenti all'Arma dei Carabinieri di averlo sottoposto ad un «pestaggio», dopo averlo condotto, a seguito di un controllo, presso il loro comando — avesse taciuto di essersi trovato, nell'occasione, in stato di ubriachezza e di aver dato, all'atto del suddetto controllo, in escandescenze, colpendo uno dei militari con un pugno).

Cass. pen. n. 48525/2003

Il delitto di calunnia si configura come reato di pericolo e, quindi, è sufficiente ad integrare l'elemento oggettivo una falsa accusa che, essendo astrattamente configurabile come notitia criminis in quanto a prima vista non manifestamente inverosimile, sia pertanto idonea all'apertura delle indagini preliminari, risultando del tutto irrilevante il fatto che le stesse si siano successivamente concluse con un decreto di archiviazione.

Cass. pen. n. 43018/2003

La presentazione di successivi atti di incolpazione, aventi ad oggetto lo stesso reato e lo stesso incolpato, integra la commissione di più reati di calunnia quando il successivo atto contenga una prospettazione che si risolva in una specificazione ed in un approfondimento della vicenda tale da costituire un apprezzabile novum rispetto alla originaria accusa.

Cass. pen. n. 37017/2003

Integra il reato di calunnia la condotta del privato che denunci lo smarrimento di assegni bancari dopo averli consegnati in pagamento ad altro soggetto, simulando, ai danni del prenditore del titolo il reato di furto o di ricettazione.

Cass. pen. n. 36364/2003

Integra il reato di calunnia l'indicazione delle circostanze di fatto diverse e più gravi di quelle realmente verificatesi. (Fattispecie in cui la moglie aveva accusato il marito di non aver mai in alcun modo contribuito al mantenimento dei figli minori a partire dal 1985, epoca del divorzio, mentre invece si era accertato che i coniugi, pur formalmente divorziati, avevano continuato a vivere nella stessa abitazione, messa a disposizione dal marito, fino al 1994).

Cass. pen. n. 34481/2003

L'ipotesi criminosa prevista dall'art. 368 c.p. (calunnia) si realizza anche quando il reato attribuito all'innocente è estinto per prescrizione al momento della denuncia.

Cass. pen. n. 26994/2003

In tema di reato di calunnia, la prospettazione di false accuse in sede di informazioni assunte dal pubblico ministero alla presenza di terzi (appartenenti alla polizia giudiziaria), quando si risolva nella mera reiterazione di precedenti dichiarazioni già rilevanti come fatti di calunnia, non determina una nuova ed autonoma violazione dell'art. 368 c.p., e neppure integra il delitto di false informazioni (art. 371 bis c.p.) o quello di diffamazione (art. 595 c.p.), posto che rispetto a tali fattispecie l'ipotesi della calunnia si pone in rapporto di specialità.

Cass. pen. n. 26114/2003

Quando la simulazione oggettiva di un reato sia diretta a prospettare una falsa incolpazione dello stesso in danno di una persona determinata, si realizza un reato progressivo, ove il disvalore della simulazione è assorbito da quello della calunnia, e resta dunque escluso il concorso tra i due delitti.

Cass. pen. n. 26110/2003

Risponde del reato di calunnia, e non di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico, colui il quale dichiari falsamente al pubblico ufficiale lo smarrimento di un assegno, atteso che, in questo modo, accusa implicitamente il portatore del titolo di credito di essersene impossessato fraudolentemente.

Cass. pen. n. 25901/2003

Non ricorre il delitto di calunnia se i profili di falsità della denuncia sporta dal soggetto attivo non incidono sul giudizio di sussistenza del fatto e sulla relativa qualificazione giuridica, anche se da essi possa derivare l'indebita contestazione di circostanze aggravanti. (Fattispecie nella quale l'agente aveva falsamente riferito, nel denunciare lesioni effettivamente subite, che le stesse erano state provocate mediante un coltello, del quale in realtà il denunciato non aveva fatto uso).

Cass. pen. n. 20955/2003

Il dolo nel delitto di calunnia va escluso nel caso in cui un soggetto si limiti a riferire obiettivamente e fedelmente notizie apprese dalla voce pubblica o di pubblico dominio, tra cui vanno certamente comprese le risultanze di indagini eventualmente conosciute, purché non si aggiungano altre circostanze ed elementi personali che immutino i fatti riferiti in modo consapevolmente difforme dal vero.

Cass. pen. n. 18364/2003

Nel caso di arresto in flagranza di reato, non integra il delitto di calunnia rendere false generalità, atteso che tale condotta della persona arrestata non è idonea a determinare l'avvio di indagini o il promuovimento dell'azione penale nei confronti di detta persona.

Cass. pen. n. 18359/2003

La calunnia è reato di pericolo e pur essendo sufficiente ad integrarne gli estremi anche la astratta possibilità dell'inizio di un procedimento penale, tale possibilità è esclusa quando la falsa accusa abbia ad oggetto un reato per il quale difetti con immediata evidenza la condizione di procedibilità prevista per l'esercizio dell'azione penale.

Cass. pen. n. 14352/2003

In tema di calunnia (art. 368 c.p.), la falsa attribuzione di un fatto costituente reato integra l'elemento materiale della fattispecie criminosa, e come tale deve essere apprezzata con riferimento al momento consumativo, non influendo in ordine alla sussistenza della fattispecie modifiche legislative incidenti sulla definizione del reato presupposto, che nulla hanno a che vedere con il principio stabilito dall'art. 2 c.p. (Fattispecie in cui i reati presupposto del delitto di calunnia configuravano un abuso d'ufficio e un interesse privato in atti d'ufficio, delitti entrambi modificati dalla L. 234/1997).

Cass. pen. n. 9929/2003

Integra il delitto di calunnia la condotta dell'imputato che non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico ma rivolga all'accusatore, di cui conosce l'innocenza, accuse specifiche e idonee a determinare la possibilità dell'inizio di un'indagine penale nei suoi confronti, in quanto non ricorrono le condizioni richieste perché si configuri il legittimo esercizio del diritto di difesa e quindi la causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p.

Cass. pen. n. 1638/2003

In tema di calunnia, va esclusa la ricorrenza dell'elemento materiale del reato quando venga denunciato un fatto accaduto realmente ma non riconducibile ad alcuna previsione criminosa, nonostante l'eventuale qualificazione propostane dal denunciante con riguardo ad una fattispecie di reato, posto che manca in tali casi un'alterazione della realtà suscettibile di determinare l'indebita incolpazione dell'accusato. (Fattispecie nella quale era stata denunciata, con corredo di documentazione fotografica, la commercializzazione di prodotti con segni mendaci; in motivazione la Corte ha posto in luce la produzione da parte dello stesso denunciante degli elementi di fatto utilizzabili dal giudice per escludere nel procedimento a carico del preteso calunniato la effettiva somiglianza dei marchi quale presupposto della frode sulla provenienza del prodotto).

Cass. pen. n. 38814/2002

Il privato che presenti una falsa denuncia di smarrimento di un assegno firmato in bianco e negoziato a favore di una ben individuata persona non risponde del delitto di simulazione di reato, ma bensì del delitto di calunnia in danno del soggetto negoziatore del titolo di credito.

Cass. pen. n. 33556/2002

In tema di calunnia, essendo irrilevante, ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell'accusa sia implicitamente, ma agevolmente individuabile, integra il delitto una falsa denuncia di smarrimento di un assegno, la quale, sebbene non contenga una notizia di reato, preavverte l'autorità che la riceve su possibili reati commessi da chi verrà scoperto a detenerlo. La falsa denuncia costituisce, in tal caso, l'espediente per bloccare la circolazione del titolo e il denunziante è consapevole di simulare una circostanza idonea a far sì che il soggetto, al quale ha trasmesso l'assegno e che in buona fede lo girerà o lo porrà all'incasso, potrà essere perseguito d'ufficio per furto aggravato o per ricettazione e che la simulazione posta in essere non si esaurisce in tracce del reato di appropriazione di cosa smarrita.

Cass. pen. n. 30968/2002

La falsa denuncia di smarrimento di un assegno del quale si sia invece fatto uso dandolo a taluno in pagamento costituisce calunnia indiretta in danno del prenditore del titolo nei confronti del quale, per effetto di detta denuncia, vengono ad essere automaticamente configurabili i reati di ricettazione o di furto e non invece quello, perseguibile soltanto a querela (la cui mancanza potrebbe escludere la calunnia), di appropriazione indebita di cosa smarrita, atteso che tale ultimo illecito presuppone che la cosa oggetto di appropriazione sia definitivamente ed irreversibilmente uscita dalla sfera di disponibilità del legittimo possessore; il che non può dirsi nel caso dell'assegno, le cui caratteristiche sono tali da rendere in ogni caso agevole l'identificazione del titolare del conto da cui il titolo è tratto. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 30297/2002

In tema di calunnia, l'accusa della commissione di un reato può essere formulata in qualunque atto rivolto ad una pubblica autorità che sia tenuta, ai sensi dell'art. 331 c.p.p., a denunciare all'autorità giudiziaria la notizia di reati perseguibili d'ufficio, e non soltanto attraverso una denuncia al giudice penale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto configurabile l'elemento oggettivo della calunnia nel contenuto di una istanza di ricusazione di alcuni giudici di procedure esecutive presso il tribunale di Torino, accusati di plurime condotte di favoreggiamento della controparte, istanza che era stata ritualmente trasmessa al pubblico ministero per l'esercizio dell'azione penale).

Cass. pen. n. 40355/2001

Il reato di calunnia continua ad essere configurabile anche nel caso, espressamente previsto dall'art. 368 c.p., in cui la falsa incolpazione sia contenuta in una denuncia anonima, non potendosi in contrario trarre argomento dal fatto che l'art. 333 c.p.p. dispone che della denuncia anonima non possa essere fatto «alcun uso» (e non più soltanto «alcun uso processuale», come invece disponeva l'art. 141 del codice previgente), dal momento che anche nella vigente disciplina la denuncia anonima può dare luogo ad attività investigativa e, d'altra parte, l'eliminazione dell'aggettivo «processuale» trova la sua ragion d'essere nella distinzione, introdotta dal nuovo codice di rito, tra «procedimento» (comprensivo della fase delle indagini preliminari), e «processo» (il cui inizio è determinato dall'esercizio dell'azione penale), per cui si è ritenuto opportuno adottare una formula atta a chiarire che la denuncia anonima è da considerare priva di qualsiasi rilievo indiziario e probatorio tanto nella fase delle indagini preliminari quanto nelle successive fasi processuali, fermo restando che essa non priva comunque il pubblico ministero e la polizia giudiziaria del potere-dovere di svolgere, sulla sua base, i necessari atti di preliminare verifica conoscitiva degli elementi utili all'acquisizione di una valida notizia di reato. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 33855/2001

Non integra il delitto di calunnia (art. 368 c.p.) la condotta di colui il quale denunci un fatto realmente accaduto, qualificato con un preciso nomen iuris, ma non corrispondente ad alcuna fattispecie astratta di reato, atteso che nell'azione indicata difetta l'alterazione, in tutto o in parte, della verità, dalla quale possa derivare l'incolpazione per il denunciato, non avendo rilievo che il denunciante si sia proposto di provocare l'apertura di un procedimento penale.

Cass. pen. n. 22636/2001

Premesso che nel delitto di calunnia l'incolpazione del soggetto può essere anche di tipo indiretto, può cioè riguardare una persona che, pur non espressamente indicata, sia tuttavia individuabile in modo implicito ma inequivoco, sussiste il reato de quo qualora taluno, dopo aver legittimamente consegnato un assegno ad estinzione di un debito, sporga, successivamente, una falsa denunzia di smarrimento dello stesso titolo di credito, in quanto tale comportamento simula a carico del prenditore, facilmente individuabile ed unico soggetto in grado di commetterli, reati quali il furto (all'epoca dei fatti perseguibile d'ufficio) o la ricettazione.

Cass. pen. n. 10150/2000

Nel delitto di calunnia il dolo non è integrato dalla mera coscienza e volontà della denuncia, ma richiede, da parte dell'agente, l'immanente consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato, non ravvisabile nei casi di dubbio o di errore ragionevole. Ne deriva che, escluso il dolo nell'autore della calunnia, il fatto non può ritenersi offensivo dell'interesse tutelato dalla norma penale, atteso che il nocumento di tale interesse, attinente al pericolo di deviazioni nell'amministrazione della giustizia, è correlato dalla norma non già a qualsiasi denuncia che risulti in prosieguo infondata, ma ad una incolpazione orientata a procurare siffatta deviazione in forza della consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato.

Cass. pen. n. 9853/2000

In tema di calunnia, perché sia integrato il dolo occorre che colui che formula la falsa accusa abbia la certezza della innocenza dell'incolpato. Ne deriva che la erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude l'elemento soggettivo del reato.

Cass. pen. n. 8769/2000

L'assunzione da parte del colpevole di un reato delle generalità di altra persona effettivamente esistente, dopo che egli sia stato arrestato, non integra il delitto di calunnia, di cui all'art. 369 c.p., perché in tal caso non si verifica alcun pericolo di avvio delle indagini e di promovimento dell'azione penale nei confronti dell'altra persona.

Cass. pen. n. 6574/2000

Per la configurabilità del reato di calunnia non è indispensabile un'espressa attribuzione di fatti costituenti reato a carico di una persona attraverso una formale denuncia, essendo sufficiente che l'agente porti a conoscenza dell'autorità giudiziaria o di altra autorità che ad essa ha l'obbligo di riferire, con malizia, notizie, assertivamente apprese da altri o di pubblico dominio, su circostanze di fatto idonee a fare individuare taluno come colpevole di un reato che non ha commesso. (Nella specie, è stata ritenuta configurabile la calunnia nel comportamento di un magistrato che, invitato da ispettori ministeriali a esporre fatti a sua conoscenza sul conto di colleghi, si era riferito a «voci» correnti nella cittadina, confermandone l'attendibilità con significativi commenti sul tenore di vita di detti colleghi, sulla consistenza dei loro patrimoni e sulla contiguità ad ambienti politici, circa il compimento da parte di costoro di fatti costituenti reato, rivelatisi inesistenti alla stregua delle risultanze dell'ispezione).

Cass. pen. n. 3489/2000

Il reato di calunnia è integrato anche qualora la responsabilità penale di un terzo sia maliziosamente prospettata in forma dubitativa e anche riferendo informazioni apprese da altri, sempre che il denunciante sia consapevole della innocenza di chi viene indicato come possibile reo.

Cass. pen. n. 9961/1999

La calunnia è reato istantaneo, la cui consumazione si esaurisce con la comunicazione all'autorità di una falsa incolpazione a carico di persona che si sa essere innocente. Le eventuali, successive dichiarazioni di conferma — senza sostanziali aggiunte o variazioni che comportino nuove o diverse incriminazioni — non possono considerarsi ulteriori violazioni della stessa norma.

Cass. pen. n. 8827/1999

In tema di calunnia, la falsa attribuzione di un fatto costituente reato è un elemento materiale della fattispecie e come tale va apprezzato al momento consumativo, senza che sulla configurabilità del reato possano influire modifiche legislative incidenti sulla definizione del reato presupposto, che nulla hanno a che vedere con il principio stabilito dall'art. 2 c.p. (Fattispecie in cui il reato falsamente attribuito configurava un abuso di ufficio ex art. 323 c.p., per il quale dal ricorrente era stata invocata la modifica introdotta dalla legge n. 234 del 1997 e, in relazione a tale evento, il sopravvenuto venir meno della punibilità della contestata calunnia).

Nel caso di calunnia indiretta o reale, di cui alla seconda ipotesi del comma primo dell'art. 368 c.p., che si consuma con la simulazione delle tracce di un reato a carico del soggetto passivo, è ipotizzabile il tentativo, come quando l'agente sia sorpreso nell'atto della simulazione o comunque quando questa non sia portata a compimento per fatto indipendente dalla volontà dell'agente, trattandosi di condotta diretta alla commissione del reato di calunnia e connotata dei requisiti della idoneità e univocità.

Cass. pen. n. 8183/1999

In tema di calunnia, la semplice conferma, da parte di taluno, della denuncia calunniosa già sporta da un altro non dà luogo a responsabilità penale per il medesimo reato, né in via autonoma né a titolo di concorso. Tale principio, tuttavia, non opera allorquando la successiva denuncia abbia per oggetto un fatto specifico, ben inquadrato nei suoi particolari oggettivi e soggettivi e non rapportabile, ictu oculi, al fatto o ai fatti di cui alla denuncia precedente (nella specie, è stato quindi ritenuto configurabile il reato di calunnia a carico di soggetto il quale, in presenza di precedente denuncia presentata dal di lui padre per l'asserito «furto di numerosi assegni», ne aveva presentata un'altra per furto o appropriazione indebita di un assegno ben individuato, fra quelli in precedenza solo genericamente indicati).

Cass. pen. n. 4068/1999

In tema di calunnia, è irrilevante, ai fini della consumazione del reato, la circostanza che nella denuncia presentata non sia stato accusato alcun soggetto determinato quando il destinatario dell'accusa sia implicitamente ma agevolmente individuabile (nella specie l'imputato aveva denunciato lo smarrimento o la sottrazione a opera di ignoti di un assegno bancario posto all'incasso, in tal modo incolpando di furto o ricettazione il beneficiario cui l'assegno era stato effettivamente consegnato dal denunciante in pagamento di merci).

Cass. pen. n. 3507/1998

Nel delitto di calunnia lo Stato assume la posizione di soggetto passivo primario ma non esclusivo, giacché l'offesa colpisce anche l'onore dell'incolpato, bene proprio del privato, tutelato dalla stessa norma. E poiché nel caso del delitto in questione vi è immedesimazione nella stessa persona delle due posizioni di «danneggiato» e di «offeso dal reato», consegue che il calunniato denunciante ha diritto di ottenere, quale persona offesa, la notificazione dell'avviso della richiesta di archiviazione da parte del P.M. al Gip, se ne abbia fatto richiesta.

Cass. pen. n. 5574/1998

Ricorrono gli estremi del reato di calunnia quando l'imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra la sua condotta e la confutazione dell'imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere altri, di cui conosce l'innocenza, nella incolpazione, specifica e circostanziata, di un fatto concreto e da ciò derivi la possibilità di inizio di un'indagine penale da parte dell'autorità. (Nella specie, l'indagato, sospettato per il reato di omicidio, aveva affermato, in un interrogatorio reso al P.M., di avere restituito, la sera prima dell'uccisione, a persona che sapeva innocente, il possesso di un'automobile che recava tracce di un conflitto a fuoco, formulando indirettamente, in tal modo, a suo carico, la falsa accusa di omicidio. La Cassazione, ha riformato la sentenza dei giudici di merito, che avevano ritenuto le dichiarazioni non esorbitanti dal diritto di difesa, affermando, invece, la sussistenza del reato di calunnia).

Cass. pen. n. 1333/1998

In tema di rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose, nel corso del procedimento instaurato a suo carico l'imputato può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli ed in tal caso l'accusa di calunnia, implicita in tale condotta, integra legittimo esercizio del diritto di difesa e si sottrae perciò alla sfera di punibilità penale in applicazione della causa di giustificazione prevista dall'art. 51 c.p. Quando però l'imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra tale sua condotta e la confutazione dell'imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore — di cui pure conosce l'innocenza — nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto, sicché da ciò derivi la possibilità dell'inizio di una indagine penale da parte dell'autorità, si è al di fuori del mero esercizio del diritto di difesa e si realizzano, a carico dell'agente, tutti gli elementi costitutivi del delitto di calunnia.

Cass. pen. n. 10125/1997

Ai fini della configurazione del delitto di calunnia non è richiesta una denunzia in senso formale contenente l'addebito specifico di una determinata fattispecie criminosa ma è sufficiente anche una semplice insinuazione a carico di persona, che si sa innocente, di fatti dai quali si possa desumere l'esistenza di un reato. Peraltro l'elemento materiale del delitto consiste nell'incolpare falsamente taluno di un reato, di un fatto cioè che alla stregua della prospettazione fattane dall'agente corrisponda in ogni suo estremo ad una ben determinata fattispecie legale di delitto o di contravvenzione, di guisa che non si può ravvisare il delitto di calunnia nel fatto di colui che, denunziandola all'autorità giudiziaria o ad altra che a questa abbia obbligo di riferire, attribuisca ad una persona una condotta non corrispondente ad alcuna fattispecie legale di reato e tanto finanche quando il denunziante abbia dato un preciso nomen juris al fatto addebitato all'incolpato e si sia proposto di provocare l'apertura di un procedimento penale nei suoi confronti.

Cass. pen. n. 2715/1997

La calunnia (art. 368 c.p.) è reato di pericolo, e ad integrarne gli estremi è sufficiente la anche astratta possibilità dell'inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata. Una possibilità del genere è esclusa soltanto nella ipotesi in cui la falsa accusa abbia ad oggetto fatti manifestamente e a prima vista inverosimili, sì che l'accertamento della sua infondatezza non abbisogni di alcuna indagine; ovvero quando l'esercizio dell'azione penale sia paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità, purché tale difetto sia a sua volta evidente ed escluda immediatamente la possibilità di un seguito alla notizia di reato. Ciò non avviene quando la causa di improcedibilità emerga da un accertamento che postuli più o meno complesse indagini.

Cass. pen. n. 1126/1997

In tema di calunnia, anche il dubbio nella responsabilità della persona nei confronti della quale vengono rivolte le false accuse vale ad escludere il dolo, ma tale situazione comporta l'assoluzione dell'imputato con la formula «il fatto non costituisce reato».

Stante il carattere istantaneo del delitto di calunnia, che si consuma nel momento in cui la falsa incolpazione viene comunicata all'autorità, determinando così la possibilità di inizio dell'esame penale a carico di persona innocente, le eventuali successive dichiarazioni di conferma da parte dell'agente non possono considerarsi come nuova violazione della stessa disposizione di legge ai fini dell'applicabilità della continuazione.

Cass. pen. n. 10683/1996

Il privato che dichiari falsamente al pubblico ufficiale lo smarrimento di un assegno non risponde del delitto di falsità ideologica commessa da privati in atto pubblico, ma, in quanto accusa implicitamente il portatore di essersi fraudolentemente procurato il titolo, risponde di calunnia.

Cass. pen. n. 5513/1996

Non è consentito dedurre in modo automatico la sussistenza della calunnia a carico dell'accusatore dall'intervenuto proscioglimento nel merito per il reato di cui un soggetto era stato coscientemente incolpato e il giudicato, sia pure definitivo, rispetto al reato oggetto di incolpazione deve essere valutato autonomamente e liberamente nel giudizio per la calunnia. Non esiste infatti nell'ordinamento processuale nessuna disciplina in ordine alla efficacia del giudicato nell'ambito di un altro procedimento penale, a differenza di quanto avviene per i rapporti fra il giudizio civile, amministrativo e disciplinare, mentre l'art. 238 bis c.p.p. consente l'acquisizione in dibattimento di sentenze divenute irrevocabili, ma dispone che siano valutate a norma degli artt. 197 e 192 comma 3.

Cass. pen. n. 5343/1996

La nullità dell'interrogatorio non inficia la sostanza delle dichiarazioni rese e quindi non esclude il delitto di calunnia quando le dichiarazioni stesse, per il loro tenore e l'organo che le abbia ricevute, siano idonee a costituire la falsa incolpazione.

Cass. pen. n. 3983/1996

Requisito necessario per la sussistenza del delitto di calunnia è l'idoneità della falsa denuncia a determinare l'inizio di un procedimento penale o, comunque, di indagini da parte dell'autorità giudiziaria nei confronti del denunciato. Il reato di calunnia, pertanto, non è configurabile allorché l'incolpazione si profili immediatamente con carattere di inverosimiglianza, caratteristica subito verificabile quando è riferibile (come nel caso di specie) a documentazione già in possesso dell'autorità giudiziaria, relativamente alla quale il denunziante si limiti a fornire spunti interrogativi, sia pure infondati, nel quadro di una attività difensiva di indagato. (Nella specie risultava dalla semplice lettura dell'atto di denuncia che l'intento del denunciante era quello di contestare vivacemente le indagini a suo carico, evidenziando la superficialità della condotta dell'ufficiale di polizia giudiziaria, che egli incolpava di aver dato acritica adozione alla tesi della persona che aveva presentato denunce contro l'esponente, ed inoltre alcune lacune nelle indagini, eccesso di zelo nella richiesta di provvedimenti cautelari, incapacità nello svolgimento delle funzioni di polizia).

Cass. pen. n. 2110/1996

Il delitto di calunnia può essere commesso non solo nella forma diretta, cioè attraverso una denuncia presentata all'autorità giudiziaria, ma anche in forma indiretta, cioè attraverso una segnalazione del fatto-reato a un'altra autorità che a quella giudiziaria ha l'obbligo di riferire; ed è configurabile non solo quando si riferiscono fatti dei quali si assume di aver avuto una diretta percezione, ma anche allorquando si rappresentano quei fatti come oggetto di altrui conoscenze o addirittura predisponendo maliziosamente quanto sia sufficiente perché possa profilarsi la necessità di avviare determinate indagini nei confronti di soggetti della cui innocenza si è così certi da dover ricorrere all'artificiosa creazione della prova della loro responsabilità. (Fattispecie nella quale il ricorrente, nel quale doveva identificarsi la fonte di una notizia calunniosa fatta pervenire ai servizi di sicurezza, lamentava l'impossibilità di configurare a suo carico il delitto di cui all'art. 368 c.p., sul rilievo — ritenuto, peraltro, corretto dalla S.C. — che, a norma dell'art. 9, comma terzo, della legge 24 ottobre 1977 n. 801, soltanto i direttori dei servizi di sicurezza, e non altri, sono obbligati a fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativi ai fatti configurabili come reato).

Cass. pen. n. 10896/1995

La calunnia è reato formale ed istantaneo che si consuma nel momento in cui viene presentata la denuncia all'autorità giudiziaria ovvero ad autorità che a quella abbia obbligo di riferire. La ritrattazione, pertanto, non impedendo il perfezionamento del reato, è inidonea a farlo degradare all'ipotesi di delitto tentato e, parallelamente a configurare recesso attivo.

Cass. pen. n. 9903/1995

In tema di calunnia, il concorso nel reato non è escluso ove sussistano discrepanze fra le versioni dei concorrenti, trattandosi di eventualità che si verifica frequentemente nei casi di accuse sostenute da correi, specie se non concordate da vicino. (Fattispecie nella quale la ricorrente aveva svolto attività istigatoria nei confronti del coimputato, inducendo quest'ultimo ad inviare falsi memoriali ed approvandone poi l'operato).

Cass. pen. n. 9340/1995

Sussiste un unico reato di calunnia anche quando, con una sola denuncia calunniosa, taluno è incolpato di una pluralità di reati.

Cass. pen. n. 7932/1995

Il delitto di calunnia si può commettere anche riferendo ciò che si è appreso da altri ovvero voci o maldicenze correnti, qualora il denunciante abbia la coscienza che l'incolpato non ha commesso il fatto: in tale ipotesi l'elemento psicologico del delitto ne esce addirittura rafforzato, per l'effetto di maggiore credibilità attribuibile alla falsa accusa da parte di chi riceve la denuncia.

Cass. pen. n. 6990/1995

Nel delitto di calunnia il dolo non è integrato dalla coscienza e volontà della denuncia, ma richiede l'immanente consapevolezza da parte dell'agente dell'innocenza dell'incolpato, consapevolezza non ravvisabile nei casi di dubbio o di errore ragionevole. Pertanto, escluso il dolo nell'autore della calunnia, il fatto stesso non può ritenersi offensivo dell'interesse tutelato dalla norma penale. Difatti, il nocumento di tale interesse, attinente al pericolo di deviazioni nell'amministrazione della giustizia, è correlato alla norma non già a qualsiasi denuncia che risulti in prosieguo infondata, ma ad una incolpazione orientata a procurare siffatta deviazione in forza della consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato. Ove l'autore della pretesa calunnia sia stato assolto proprio a cagione del dubbio sulla consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato e, quindi, in forza di una non risolvibile equivocità relativa alla sussistenza della coscienza e volontà di recare offesa all'interesse tutelato, non può ritenersi, all'opposto, colpevole colui al quale sia riferita la mera partecipazione al delitto ipotizzato, sulla base della ritenuta consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato e, quindi, della volontà di determinare l'inizio a suo carico di indagini e di dar luogo ad eventuali esiti processuali. Tale partecipazione anche soggettiva può risultare apprezzabile penalmente soltanto ove coincidente con analogo stato soggettivo di colui che è stato l'autore del fatto-reato previsto dall'art. 368 c.p. (Nella fattispecie la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna di un avvocato, in qualità di concorrente, partecipe-istigatore, del delitto di calunnia, mentre era stato assolto l'autore materiale della denuncia calunniosa per mancanza di prova sulla sussistenza del dolo).

Cass. pen. n. 9307/1994

La nullità per violazione del diritto di difesa di un interrogatorio in cui un imputato (o indagato) abbia mosso accuse calunniose a carico di un terzo, preclude che dell'interrogatorio si tenga conto in quanto tale e cioè come atto tipico di contestazione del reato per cui si procede a carico dell'imputato stesso, ma non toglie validità ed efficacia all'atto per la parte per cui esso non ha valore di interrogatorio ma di denuncia di reato — se del caso calunniosa — nei confronti del terzo estraneo. La nullità dell'atto come interrogatorio non può, infatti, sopprimere il dato storico della notitia criminis falsamente denunciata che ha una sua autonomia concettuale, essendo ius receptum che il diritto dell'imputato di respingere da sé l'accusa e se del caso di mentire (ius defendendi) non si estende fino a giustificare le false accuse a carico di persone innocenti.

Cass. pen. n. 11013/1993

La sola denuncia di un fatto realmente accaduto, che non contenga gli estremi di un reato, di per sé non costituisce calunnia, essendo necessario, perché questo reato possa configurarsi, l'alterazione in tutto o in parte della verità dalla quale possa derivare incolpazione per il denunciato. Né tale incolpazione deve nascere dalla qualificazione giuridica data ai fatti dal denunciante, ma deve essere contenuta negli elementi portati a conoscenza dell'autorità giudiziaria o di organi che abbiano obbligo di riferire a questa.

Cass. pen. n. 3040/1993

La ratio dell'incriminazione del fatto previsto dall'art. 368 c.p. risiede nella necessità di scongiurare il pericolo, anche se lieve o remoto, che si proceda a carico di un soggetto per un reato che egli non abbia commesso. Di conseguenza integra l'elemento materiale del reato in esame qualunque deposizione calunniosa, che non si manifesti infondata o inverosimile sulla base del suo stesso contenuto.

Cass. pen. n. 1974/1993

In materia di calunnia, il termine «denuncia» di cui all'art. 368 c.p. va inteso nel senso di informazione contenente fatti criminosi, idonea a attivare un procedimento penale. Ne consegue che costituisce «denuncia» anche il disconoscimento di scrittura privata nel procedimento civile, ai sensi dell'art. 214 c.p.c., quando la parte non si limiti ad esercitare tale potere in termini espliciti e formali, al fine di sottrarsi agli effetti pregiudizievoli derivanti dal riconoscimento anche tacito della scrittura prodotta, ma aggiunge incolpazioni esplicite o implicite di un reato contro la fede pubblica, tali da essere idonee ad attivare un procedimento penale contro persona indicata o determinabile dal testo dell'atto.

Cass. pen. n. 10570/1992

In caso di falsa incolpazione di più soggetti innocenti con unica denuncia, si configurano tanti distinti reati di calunnia, unificati ai sensi dell'art. 81 primo comma c.p., quanti sono gli incolpati.

Cass. pen. n. 10361/1992

Poiché il principale bene tutelato dall'art. 368 c.p. è il corretto funzionamento della giustizia, che viene comunque ad essere turbato, anche quando venga attribuito all'incolpato un reato diverso da quello da lui effettivamente commesso, indipendentemente dalla diversa gravità o meno dell'uno rispetto all'altro, deve ritenersi configurabile il delitto di calunnia anche a carico di chi, avendo subito un reato di estorsione, denunzi il responsabile per il diverso reato di rapina. (Nella specie si trattava di estorsione seguita a un rapporto omosessuale, che la vittima aveva inteso, per vergogna, tenere nascosto).

Cass. pen. n. 2389/1992

Per ritenere insussistente l'elemento psicologico del reato di calunnia è necessario che il convincimento della colpevolezza del denunciato, anche se erroneo, sia fondato su elementi seri e concreti e non su mere congetture o supposizioni.

Perché venga integrato l'elemento soggettivo del reato di calunnia nessun rilievo assumono — almeno in linea di massima — i motivi a delinquere. I detti motivi, peraltro, possono acquistare valore sintomatico ai fini della valutazione della prova dell'elemento soggettivo di tale reato. (Nella specie, trattandosi di falsa denuncia proveniente da persona esperta di diritto, la Suprema Corte ha osservato che, ai fini della prova, l'analisi dei motivi a delinquere può assumere rilievo decisivo, per la possibilità che il colpevole si precostituisca una via di uscita allo scopo di sfuggire a responsabilità penale, così da prospettare ragioni diverse da quelle normalmente conseguenti ad una falsa incolpazione).

Perché venga realizzato l'elemento oggettivo del reato di calunnia non è necessario che l'agente delinei i contorni, più o meno precisi, di una fattispecie penalmente rilevante, indicandone anche l'esatto nomen juris, ma è sufficiente che siano portate a conoscenza dell'autorità giudiziaria circostanze di fatto idonee ad integrare un'ipotesi di reato. Spetta, infatti, all'autorità giudiziaria — in primo luogo al pubblico ministero e quindi al giudice — individuare l'esatto inquadramento giuridico dei fatti portati al suo giudizio. Quale possa essere, poi, la qualificazione ad opera del giudice del reato denunciato — anche se in contrasto con la qualificazione adottata dal pubblico ministero — rimane ferma la condotta, essenziale al delitto di calunnia, consistente nell'aver portato a conoscenza dell'autorità giudiziaria o di altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire, circostanze idonee ad indicare taluno come colpevole di un fatto costituente reato in forme tali da rendere possibile (ciò è sufficiente, integrando la calunnia una fattispecie di reato di pericolo) l'espletamento delle indagini.

Cass. pen. n. 8411/1992

In tema di calunnia, e con riguardo all'elemento soggettivo del reato, la certezza dell'innocenza dell'incolpato costituisce l'essenza del dolo e deve essere piena e assoluta nel momento in cui l'incolpazione ha luogo.

Cass. pen. n. 8142/1992

Il delitto di calunnia si configura come reato di pericolo e, quindi, è sufficiente, per la sua integrazione, la possibilità che l'autorità giudiziaria dia inizio al procedimento per accertare il reato incolpato con danno per il normale funzionamento della giustizia. Ne consegue che il delitto deve escludersi soltanto quando il reato incolpato sia perseguibile a querela di parte e questa non sia stata presentata, mentre ne va affermata la sussistenza quando il fatto oggetto dell'incolpazione non costituisca più reato o diventi perseguibile a querela per sopravvenuta innovazione legislativa, ovvero risulti coperto da una causa estintiva, come la prescrizione e l'amnistia.

Cass. pen. n. 7441/1992

In tema di calunnia, qualora risulti dimostrato il convincimento, ancorché erroneo o dubitativo, dell'accusatore, in ordine alla colpevolezza degli accusati, deve pronunziarsi il proscioglimento del predetto con la più ampia formula liberatoria.

Cass. pen. n. 3784/1992

Il delitto di calunnia sussiste anche quando l'incolpazione venga formulata attraverso la simulazione a carico di una persona, non specificamente indicata ma identificabile, delle tracce di un determinato reato — nella forma, cioè, della incolpazione cosiddetta reale o indiretta — purché la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti all'inizio dell'azione penale nei confronti di un soggetto univocamente e agevolmente identificabile. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto sussistente l'elemento materiale del reato previsto dall'art. 368 c.p. nella denuncia di smarrimento di un assegno preordinata a far convergere su una persona identificabile l'accusa del reato di furto o di ricettazione).

Cass. pen. n. 1743/1992

L'incolpazione implicita integra il delitto di calunnia allorché dal suo tenore e dal contesto delle circostanze in cui viene formulata emerga la volontaria attribuzione di un fatto costituente reato a carico di persona che si sa innocente, che sebbene non indicata nella sua precisa individuazione sia peraltro determinabile sulla base degli elementi contenuti nella dichiarazione accusatoria o a questa agevolmente riferibili.

Cass. pen. n. 8722/1991

In tema di calunnia, l'individuazione del richiesto dolo generico — cioè la consapevolezza da parte del denunciante dell'innocenza del calunniato, che è coscienza della lesività concreta del fatto attribuito all'incolpato — è evidenziato, di norma, dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive che definiscono l'azione criminosa, dalle quali, con processo logico deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto. Il problema dell'accertamento del dolo consiste, quindi, nella considerazione e nella valutazione delle circostanze e delle modalità della condotta, che sono espressione dell'atteggiamento psichico dell'agente ed indicative della esistenza di una rappresentazione e di una voluta motivazione del fatto. Ne deriva che la motivazione in ordine alla sussistenza del dolo si immedesima con l'accertamento di quelle circostanze che evidenziano la cosciente volontà della condotta dell'agente.

Cass. pen. n. 13349/1990

Per la sussistenza del delitto di calunnia è necessaria la dimostrazione che l'imputato abbia acquisito la certezza dell'innocenza dell'incolpato. Di conseguenza, non può essere addebitato tale delitto allorché sussistano elementi tali da far sorgere, nell'animo del denunciante, anche soltanto ragionevoli dubbi in ordine alla colpevolezza di colui nei cui confronti la denuncia è diretta.

Cass. pen. n. 3127/1990

Nel reato di calunnia il convincimento della colpevolezza del denunciato esclude l'elemento psicologico del reato se esso, anche se erroneo, si basa su elementi seri e concreti e non su semplici supposizioni.

Cass. pen. n. 3062/1990

Per la sussistenza dell'elemento materiale nel reato di calunnia, è sufficiente che siano portate a conoscenza dell'autorità giudiziaria circostanze di fatto idonee ad indicare taluno come colpevole di fatti costituenti reato da lui non commessi, poiché ciò che ha rilievo è che siano riferiti determinati fatti o comportamenti la cui valutazione — in ordine all'identificazione dei reati eventualmente configurabili e all'idoneità della denuncia a determinare indagini giudiziarie — va effettuata, con criterio oggettivo, dall'autorità giudiziaria.

Cass. pen. n. 3025/1990

Per il delitto di calunnia, non può mai essere concessa l'attenuante di cui all'art. 62, n. 2 del c.p., quale che sia stata la finalità perseguita dal reo, posto che l'ordinamento giuridico non può ammettere o riconoscere alcuna positiva valenza alla falsa incolpazione di un innocente.

Cass. pen. n. 16644/1989

Non sussiste il reato di calunnia se la falsa incolpazione concerne un reato punibile a querela di parte e tale atto non sia stato ritualmente proposto.

Cass. pen. n. 15550/1989

L'elemento psicologico del reato di calunnia è costituito dal dolo generico, e cioè dalla consapevolezza del denunciante della innocenza del calunniato, né vale addurre, per escludere l'elemento psicologico del predetto reato, il fatto che l'agente sia caratterizzato da inettitudine e dabbenaggine. A tali condizioni psico-attitudinali, seppure ad esse possa corrispondere un minore coefficiente psichico in relazione al concreto sviluppo del soggetto, non può riconoscersi alcuna incidenza sulla imputabilità, non realizzando una situazione patologica tale da alterare i processi della intelligenza e della volontà giuridicamente rilevante.

Cass. pen. n. 13719/1989

In tema di sussistenza del reato di calunnia, colui il quale sottoscrive un assegno, conoscendone la provenienza da delitto, con il nome di una persona vivente, simula a carico di essa le tracce di reati. Né il dolo di calunnia può essere escluso dall'intento di scagionarsi, essendo sufficiente ad integrare l'elemento soggettivo del delitto de quo la consapevolezza che l'uso del nome di un terzo (in un delitto di falsità materiale) non può non mettere in moto un meccanismo inquisitorio nei confronti dello stesso.

Cass. pen. n. 2048/1989

L'assunzione da parte del vero colpevole di generalità proprie di altra persona, in relazione ad un procedimento penale svolgentesi a suo carico, integra il delitto di calunnia e non quello di false dichiarazioni sulla propria identità.

Cass. pen. n. 10260/1989

Per la sussistenza del delitto di calunnia non è richiesto che la persona incolpata sia nominativamente indicata, essendo sufficiente che vengano offerti all'autorità giudiziaria elementi che ne consentano l'identificazione. (Nella specie è stato ritenuto che anche il semplice disconoscimento della propria firma, poi accertata autentica, su di un atto può integrare il reato di calunnia quando il soggetto sappia di avere apposto la sottoscrizione che assume falsificata ed è consapevole che la persona indiziabile del reato denunciato è del tutto incolpevole).

Cass. pen. n. 8403/1989

L'animus defendendi esclude il dolo del reato di calunnia solo quando l'imputato si limiti a negare la propria reità e non quando aggiunga accuse contro terzi, incolpandoli di uno specifico reato, pur conoscendone l'innocenza.

Cass. pen. n. 8401/1989

Per quanto la sentenza pronunciata nel procedimento a carico dell'incolpato non faccia stato in quello contro il calunniatore, essendovi completa autonomia fra i due giudizi, il giudice della calunnia può riesaminare i fatti oggetto del procedimento a carico dell'incolpato stesso al fine di accertarne la falsità.

Cass. pen. n. 2030/1989

Commette più reati di calunnia chi, sia pure mediante un'unica dichiarazione, attribuisce ad altra persona, sapendola innocente, una pluralità di reati. Ed invero, a ciascuna delle false incolpazioni corrisponde uno specifico evento, consistente nel pericolo dell'esercizio dell'azione penale nei confronti di un innocente per ogni reato ad esso falsamente attribuito.

Cass. pen. n. 12673/1988

La perseguibilità per il delitto di calunnia, già consumato, permane anche se, per intervento legislativo, il fatto oggetto della incolpazione non costituisca più reato o diventi perseguibile a querela e questa non sia stata proposta.

Cass. pen. n. 12655/1988

Ai fini della sussistenza del reato di calunnia non è richiesta una denuncia in senso formale, contenente l'addebito specifico di una determinata fattispecie criminosa, essendo sufficiente la semplice insinuazione, a carico di chi si sa innocente, di fatti dai quali possa desumersi l'esistenza di un reato e che quindi siano oggettivamente idonei a provocare il promovimento di un processo penale a carico dell'incolpato.

Cass. pen. n. 1880/1988

Il delitto di calunnia è a natura plurioffensiva, nel senso che titolari dell'interesse giuridico tutelato dalla norma incriminatrice sono lo Stato e l'incolpato falsamente, onde impedire, in relazione a quest'ultimo, il pericolo dell'offesa al suo onore e della privazione della sua libertà. Ne consegue che persona offesa dal reato è anche il magistrato calunniato, per cui nell'ipotesi di un procedimento instaurato a seguito di questo reato, in danno, per l'appunto, di un magistrato la competenza non si radica nel locus commissi delicti, ma nel diverso foro territoriale stabilito dall'art. 41 bis c.p.p.

Cass. pen. n. 5457/1988

L'imputato di diffamazione può insistere, anche mentendo, nell'affermare la veridicità dei fatti attribuiti alla persona offesa. Egli pertanto non è punibile a titolo di calunnia in danno del soggetto diffamato mediante l'attribuzione di reati, se tale attribuzione avvenga nel corso di interrogatori resi all'autorità giudiziaria, stante la presenza di una causa di esclusione della responsabilità ai sensi dell'art. 51 c.p., purché questo legittimo esercizio del diritto di difesa si svolga, quale necessario strumento di confutazione dell'imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale. Ove, invece, siffatti limiti vengano varcati, come sull'ipotesi in cui, al di fuori di ogni intento difensivo, dopo aver diffamato taluno, l'imputato assuma davanti all'autorità giudiziaria iniziative dirette a far condannare il diffamato per reato di cui egli lo sa essere innocente, si esorbita dall'esercizio del diritto di difesa, e la originaria imputazione per diffamazione concorre con la calunnia in danno del diffamato. (Nella specie, sul rilievo che gli imputati, nel corso degli interrogatori, si erano limitati a difendersi, indicando le fonti cui avevano attinto le notizie riferite, senza neppure asserirne la veridicità, la Suprema Corte, ha ritenuto che esulasse dalla loro condotta qualsiasi intento diverso da quello meramente difensivo a che perciò non potesse essere loro addebitata, oltre alla diffamazione a mezzo stampa, anche la calunnia).

Cass. pen. n. 1737/1988

L'elemento materiale del delitto di calunnia consiste nell'incolpare falsamente taluno di un reato, di un fatto, cioè, che alla stregua della descrizione fattane dall'agente nella denuncia, corrisponda in ogni suo estremo ad una ben determinabile ipotesi astratta delittuosa o contravvenzionale. Ne consegue che difetta tale elemento, e perciò non sussiste il delitto di calunnia, nell'azione di colui che attribuisca ad una persona, nel denunciarla all'autorità, una condotta non corrispondente ad alcuna fattispecie legale di reato, a nulla rilevando che il denunciante abbia indicato un preciso nomen iuris e si sia proposto di provocare l'apertura di un procedimento penale in pregiudizio dell'incolpato.

Cass. pen. n. 11455/1987

Ai fini della sussistenza del delitto di calunnia, l'omessa indicazione di elementi ulteriori, idonei a suffragare la falsa accusa mossa agli incolpati nominativamente indicati, non rende la falsa incolpazione né assurda né inverosimile e non esclude, quindi, la oggettiva idoneità della denuncia a determinare indagini da parte dell'autorità giudiziaria. (Fattispecie relativa a ritenuta irrilevanza di mancato riconoscimento in sede di ricognizione fotografica delle persone falsamente indicate come autori di rapine, trattandosi di fatto successivo alla consumazione del reato, già compiutamente realizzato).

Cass. pen. n. 10866/1987

La sentenza che dichiara estinto un reato per amnistia non ha efficacia vincolante nel successivo giudizio a carico dell'imputato di calunnia in relazione a tale reato.

Cass. pen. n. 6636/1987

In tema di procedimento per reato di calunnia, il giudizio su questo reato è del tutto autonomo da quello concernente il reato ascritto al calunniato, tanto è che la sentenza, anche se irrevocabile, pronunciata nel processo eventualmente instaurato nei confronti dell'incolpato, non fa stato in quello contro il calunniatore, nel quale è consentito al giudice di rivalutare, ai fini dell'accertamento della falsità o meno della notitia criminis i fatti che hanno già formato oggetto di esame nel giudizio contro l'incolpato. (Nella specie, l'imputato deduceva che l'incolpato non era stato sottoposto a procedimento penale e quindi egli imputato era stato illegittimamente condannato).

Cass. pen. n. 13907/1986

La nullità dell'interrogatorio non inficia la sostanza delle dichiarazioni rese, e quindi non esclude il delitto di calunnia, quando le dichiarazioni medesime, per il loro tenore e per l'organo che le abbia ricevute, siano idonee a costituire la falsa incolpazione.

Cass. pen. n. 13881/1986

In tema di calunnia, l'intervenuta abolizione del reato oggetto della falsa incolpazione, a seguito di depenalizzazione, non incide sulla configurabilità del delitto di cui all'art. 368 c.p.

Cass. pen. n. 13868/1986

Poiché l'innocenza del calunniato costituisce un presupposto del delitto di calunnia, l'accertamento di essa è pregiudiziale al giudizio sulla sussistenza della calunnia, ma tale pregiudizialità inerisce principalmente, sul piano logico, al sillogismo della decisione sull'imputazione di calunnia e non richiede necessariamente, sul piano processuale, l'accertamento nell'ambito di un procedimento penale contro il calunniato al fine di accertare l'inconsistenza o l'infondatezza dell'accusa rivoltagli dal calunniatore.

Cass. pen. n. 5469/1986

Il reato di calunnia non è escluso dall'animus defendendi per cui esso è configurabile anche durante l'interrogatorio dell'imputato allorché questi per discolparsi delle contestazioni a suo carico incolpi taluno sapendolo innocente, usando delle espressioni dubitative che, tuttavia, dal complesso delle incolpazioni false, lasciano desumere una precisa denunzia di fatto costituente reato.

Cass. pen. n. 4394/1986

In tema di calunnia, pur sussistendo, di norma, un rapporto di pregiudizialità con il procedimento per il reato denunciato, deve procedersi immediatamente contro il calunniatore allorché la falsità della incolpazione si manifesti ab initio con carattere di evidenza.

Cass. pen. n. 2102/1986

Nel corso di un procedimento instaurato per il reato di calunnia, il giudice che ha la cognizione di questo reato ha pure competenza nel valutare autonomamente e direttamente i fatti oggetto della calunniosa incolpazione, per cui non deve necessariamente attendere un proscioglimento del calunniato, ma può procedere immediatamente contro il calunniatore ed ha anche il potere di valutare in modo del tutto diverso i fatti, qualunque sia stata la decisione passata in giudicato nei confronti dell'incolpato, poiché tale decisione non fa stato nel processo per calunnia, avendo egli piena libertà ed autonomia di giudizio nella valutazione delle risultanze probatorie al fine di determinare l'esistenza o meno di una accusa volontariamente calunniosa.

Cass. pen. n. 990/1985

Il reato di calunnia permane anche se, per innovazione legislativa, il fatto oggetto della falsa incolpazione non costituisca più reato, analogamente all'ipotesi di causa estintiva sopravvenuta applicabile al fatto addebitato. (Fattispecie relativa a contravvenzione depenalizzata ai sensi dell'art. 35, L. 24 novembre 1981, n. 689, sulle modifiche al sistema penale).

Cass. pen. n. 3114/1985

In tema di reato di calunnia, il difensore non può essere chiamato a rispondere della sussistenza dei fatti denunziati solo quando la prestazione professionale si limiti ad espletare il mandato nei limiti consentiti dalla legge, e non, invece, quando, si lasci coinvolgere volontariamente nell'azione criminosa posta in essere dal cliente.

Cass. pen. n. 8253/1984

Non esorbita dai limiti del diritto di difesa l'imputato che, in sede d'interrogatorio di polizia giudiziaria a suo carico, definisca falso il rapporto soltanto per quanto attiene alla veridicità della denunzia in esso contenuta. Egli, pertanto, non è punibile a titolo di calunnia in danno dell'autore di detto rapporto, stante la presenza di una causa di esclusione della pena ex art. 51 c.p., in forza del legittimo esercizio del diritto di difesa, purché questo si svolga quale necessario strumento di confutazione dell'imputazione, secondo un rigoroso rapporto di connessione funzionale tra l'accusa (implicita o esplicita) formulata dall'imputato e l'oggetto della contestazione nei suoi confronti. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto insussistente il delitto di calunnia nel fatto dell'imputato che, alla lettura del rapporto da parte del pubblico ministero, aveva affermato che le cose scritte sul suo conto erano «tutte fesserie» dovute alla volontà di rovinarlo ed aveva concluso col dire: «per me il maresciallo dei carabinieri ha scritto il falso in questo rapporto»).

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Consulenze legali
relative all'articolo 368 Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P. S. chiede
domenica 03/03/2024
“Buonasera, premesso che:

• in data 22-9-2017 sono stato denunciato per truffa (art. 640 c.p.) per asserito abuso dei permessi ex D.Lgs. 151/2001 per assistere la madre disabile;
• il Pubblico Ministero ha chiesto l’archiviazione del procedimento il 15-10-2019 nei cui confronti il datore di lavoro denunciante ha presentato opposizione;
• dopo alcuni rinvii d’udienza il G.I.P. con ordinanza del 29-12-2022 disponeva nuove indagini;
• il P. M. reiterava la richiesta d’archiviazione il 24-11-2023 per infondatezza del reato;
• il G.I.P. disponeva infine archiviazione il 16-01-2024 per insussistenza del reato.

Contestualmente in sede civile per lo stesso fatto si rappresenta che:

• in data 13-10-2017 sono stato licenziato per giusta causa per asserito abuso del congedo straordinario ex D.Lgs. 151/2001;
• con ricorso del 5-6-2018 ho impugnato il licenziamento e il Tribunale del Lavoro si è pronunciato con ordinanza di reintegra del 20-03-2020;
• la Società ha impugnato l’ordinanza di reintegra ma il giudizio si è concluso con sentenza inoppugnabile del 21-07-2021 disponendo nuovamente la reintegra;
• Faccio presente che in entrambi i giudizi del lavoro i giudici si sono espressi solo sulla illegittimità del licenziamento impugnato col rito Fornero, ma non si sono espressi sul risarcimento del danno conseguente al licenziamento dovuto a mobbing, pertanto non si è formato giudicato per il mobbing, inoltre ho interrotto con diffida la prescrizione dei danni subiti.

I quesiti che intendo sottoporre sono:

1. I termini per calunnia sono già decorsi (credo sia già prescritta) ?
2. Se la calunnia è già prescritta, posso agire in sede civile per il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (ho già una consulenza medico legale che attesta il danno) subito?
3. Avendo subito danni patrimoniali e non patrimoniali in conseguenza del procedimento penale e del licenziamento, posso azionare una causa al Tribunale del Lavoro chiedendo i danni patrimoniali e non patrimoniali per il licenziamento e il procedimento penale subiti, oppure devo avviare due azioni distinte, una al Tribunale del Lavoro e una in sede civile solo per il danno conseguente al procedimento penale?”
Consulenza legale i 06/03/2024
Rispondiamo ai quesiti singolarmente.

1 - Innanzi tutto va detto che il reato di calunnia è procedibile d’ufficio, ciò vuol dire che la denuncia può essere presentata in qualsiasi momento dalla persona offesa dal reato. Il problema attiene più che altro alla prova. Trattandosi di un reato che punisce colui che accusa taluno pur sapendolo innocente, è molto difficile da provare in quanto la consapevolezza del soggetto agente è un tema che attiene al foro interno di quest’ultimo ed è oggetto di una prova molto complessa, quasi diabolica a detta di una parte della giurisprudenza.

2 – Per rispondere al secondo quesito va fatta qualche specificazione. Allorché un soggetto denuncia taluno e assume il ruolo di parte offesa, questo soggetto può, mediante la costituzione di parte civile, chiedere in sede penale il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti a seguito della condotta costituente reato. Il rapporto tra reato e danno risarcibile deve dunque essere diretto e effettivo e non può includere altre ipotetiche voci di danno che non costituiscono conseguenza diretta del fatto costituente reato.

Sta di fatto che, laddove non si voglia proseguire l’azione penale, è sicuramente possibile agire in sede civile ex art. 2043 del c.c. per ottenere il risarcimento del danno. Il problema, in questo caso, sta però nel fatto che sarà l’attore (cioè colui che chiede il risarcimento del danno) a dover istruire per primo la causa e a dover fornire la prova della calunnia, cosa non molto semplice in assenza di indagini penali.

3 – Quanto detto al punto 2 si connette in via fisiologica al punto 3. Confondere il danno susseguente al fatto illecito (la calunnia) e il danno da licenziamento è un errore. Ciascun danno, infatti, sussegue a due condotte diverse, tale per cui è impossibile che il soggetto, in sede penale e da persona offesa del reato di calunnia, chieda anche il risarcimento per il licenziamento illegittimo. Tale licenziamento, invero, è un effetto solo indirettamente connesso alla calunnia ma non è un danno diretto risarcibile in sede penale.

Quindi, in via generale, è possibile concludere che:

- In sede penale il soggetto potrà ottenere solo il danno risarcibile a seguito della condotta costituente reato;
- Tale danno, esclusa la possibilità/volontà di agire in sede penale, può anche essere oggetto di una causa civile;
- Quanto, invece, al danno da licenziamento illegittimo, a tal fine si dovrà adire solo il giudice competente e non quello penale ipoteticamente giudicante il reato di calunnia.

Nel parere, poi, si parla anche di mobbing.

Il mobbing è una condotta illecita che solo in alcuni casi può assumere la connotazione di reato.
Se, quindi, l’intento del soggetto è quello di ottenere il risarcimento dei danni susseguenti alle condotte di mobbing, stiamo parlando di un danno ancora diverso per il quale dovrà essere instradata apposita azione penale o da far confluire in altra azione civile.

In ogni caso trattandosi di una vicenda a dir poco articolata, la cosa migliore è fare riferimento a un difensore di fiducia che, raccolti tutti gli elementi fattuali della vicenda, sia in grado di architettare la migliore strategia dal punto di vista giuridico.

Cliente chiede
mercoledì 10/01/2024
“Buongiorno impiegato pubblico amministrativo presso un Ente locale. Poco tempo fa segnalai al mio dirigente (assunto da poco tempo) illeciti penali commessi da un mio collaboratore ai sensi ex art. 54 bis D.Lgs. 165/2001 ora D.L. 24/2023. La segnalazione non ebbe seguito da parte del dirigente e dopo 3 mesi di immobilismo e silenzio (i reati proseguirono) segnalai gli illeciti e la inattività dirigenziale (art. 13 c.8 DPR 62/2013) al Responsabile Prevenzione Corruzione dell’Ente, che inviò tutto in Procura che sta ancora indagando. Il Dirigente dopo un po' venne a sapere del mio esposto al RPC e dopo 4 mesi dalla prima segnalazione, segnalò gli illeciti del dipendente all’Ufficio Provvedimenti disciplinari centrale, facendo riferimento alla mia prima segnalazione di 4 mesi prima e non tutelando la riservatezza del segnalante, indicando il mio nome e cognome e non adottando ogni cautela di legge affinchè sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare (art. 13 c.8 DPR 62/2013).
In sede di valutazione individuale ottengo una votazione medio-bassa giustificata dal dirigente anche dalle passate valutazioni in linea con la valutazione attuale. Il dirigente ha visionato le mie valutazioni personali lavorative, che sono “dati Personali” ai sensi della normativa sulla privacy. Chi lo ha autorizzato e lo stesso hanno violato la norma?
Dopo 6 mesi circa dalla prima segnalazione il dirigente avvia un procedimento disciplinare nei miei confronti accusandomi di non avere svolto alcuni lavori che mi aveva ordinato di fare e di aver avuto un tono poco rispettoso nella corrispondenza tra noi.
Tutte le accuse sui lavori non svolti si sono rivelate false e queste (tutte) sono state archiviate. Solo per il tono delle mail mi hanno inflitto 2 ore di retribuzione come provvedimento, quasi per dare un contentino.
Quindi chiedo:
- Le accuse di aver lavorato poco e male erano false, messe a conoscenza degli uffici centrali dopo 38 anni di lavoro senza mai un richiamo o provvedimento. I tempi per una denuncia per diffamazione sono trascorsi ma io vorrei essere risarcito per il danno d’immagine e per le calunnie nei miei confronti. Tutto il vertice del mio Ente e tutti i miei colleghi hanno saputo della richiesta disciplinare. Posso denunciare il mio superiore:
1) per calunnia e danno d’immagine, Non si può accusare un dipendente di non lavorare e di non svolgere il proprio dovere senza avere le prove,io ho invece provato di aver fatto bene e tutto il lavoro richiesto.
2) denuncia al Garante Privacy per aver visionato le mie valutazioni personali individuali degli anni passati senza la mia autorizzazione.
3) Per non aver tutelato la riservatezza del segnalante, indicando il mio nome e cognome e non adottando ogni cautela di legge affinchè sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare (art. 13 c.8 DPR 62/2013)
4) posso segnalare il provvedimento disciplinare all’ANAC come ritorsivo, visto che era di fatto inconsistente?
Grazie”
Consulenza legale i 31/01/2024
La presente consulenza si svilupperà in relazione agli aspetti penalistici e successivamente con riguardo alla materia della privacy.

Dal punto di vista penale valga quanto segue.

Il reato di calunnia è previsto dall’art. 368 del c.p. e punisce la condotta di chi accusa taluno di aver commesso un reato, pur sapendolo innocente.
La fattispecie prevede altresì che il calunniatore ponga in essere una condotta tale da poter determinare l’inizio di un procedimento penale.

Ora, dallo stesso tenore letterale della norma emerge che l’oggetto della calunnia deve essere la commissione (falsa) di un reato, non rientrando nel fuoco punitivo della norma eventuali altri giudizi di disvalore dell’altrui condotta che, difatti, sono puniti dal diverso reato di diffamazione.

Fatta questa sintetica esposizione della norma, non sembra che nel caso di specie ricorrano i presupposti per agire con una denuncia - querela.
Il procedimento disciplinare instaurato dal dirigente, infatti, ha ad oggetto le performance del lavoratore il quale non è mai stato accusato falsamente della commissione di alcun reato. La mancanza di siffatta accusa determina conseguentemente la palese e totale insussistenza del reato di calunnia.

Quanto al danno all’immagine, non si può di certo denunciare qualcuno per tale lesione. Nel diritto penale, infatti, la denuncia si interpone per la commissione di un reato e il danno all’immagine costituisce solo una delle voci eventualmente risarcibili a vantaggio della persona offesa dal reato qualora, a valle del dibattimento, venga affermata la penale responsabilità dell’imputato e vi sia stata la costituzione di parte civile.

A ciò si aggiunge quanto segue.
Il d.lgs. 24/2023 disciplina la materia del fenomeno conosciuto come whistleblowing che consiste nella segnalazione di illeciti di cui un dipendente, collaboratore, professionista sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro.
In relazione a tale normativa il dipendente pubblico che segnala un illecito non può essere, sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione.
La segnalazione può avvenire in forma sia scritta sia orale, dovendo essere garantite entrambe.
Ogni ente deve attivare una specifica procedura di gestione della segnalazione degli illeciti, specificando contenuto della procedura, il canale di segnalazione e il soggetto incaricato per la sua gestione, che sia interno o esterno.
Tali incaricati sono tenuti all’osservanza della normativa in merito, nonché dei principi del Regolamento (UE) 2016/679, oltre che delle disposizioni del d.lgs. n. 51/2018, con la finalità di adottare misure appropriate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati.

Il c.d. whistleblowing, infatti, si intreccia stretto alla normativa in tema tutela dei dati personali e accountability privacy, con particolare riferimento all’obbligo di riservatezza (art. 12 del predetto decreto).
Ciò impone al soggetto che gestisce la segnalazione la garanzia della riservatezza dei dati personali dell’interessato, con specifiche e determinanti limitazioni per la minimizzazione degli stessi, senza prevedere una loro totale anonimizzazione.
Infatti, in modo circoscritto, è previsto comunque un contenuto trattamento del dato, solamente ai fini di sua raccolta e conservazione da parte del soggetto incaricato alla gestione della segnalazione.
Ciò posto, l’identità del colui che è whistleblower non potrà essere rivelata a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni espressamente autorizzate a trattare tali dati, se non con il suo espresso consenso.

Nel caso di specie, è quindi possibile evidenziare differenti profili di responsabilità.
Anzitutto in capo al Responsabile incaricato della gestione della segnalazione (c.d. RPC) per non aver garantito l’obbligo di riservatezza quanto a trattamento e conservazione. I dati del segnalante non sarebbe dovuti in alcun modo finire nelle mani del Dirigente menzionato in quanto soggetto inizialmente estraneo e poi direttamente coinvolto rispetto alla segnalazione in virtù della sua inattività.

Quanto alla condotta del Dirigente pubblico si osserva che:
a) l’utilizzo del Suo nome e cognome potrebbe astrattamente qualificarsi una violazione della privacy ma tale condotta risulta difficile valutare in termini di risarcimento del danno. Ciò avrebbe più rilievo quanto ai profili disciplinari.

b) non si ravvisa alcuna violazione e si dubita che lo stesso - e su questo non è stata fornita alcuna prova da parte sua - non possa avere accesso alle precedenti valutazioni dei dipendenti afferenti al proprio ufficio.
Si sconsiglia una segnalazione all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali.

Venendo, infine, al terzo quesito, per mero spirito di cultura, si evidenzia l’art. 21 d.lgs 24/2023 che stabilisce specifiche sanzioni amministrative pecuniarie da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
La segnalazione all’ANAC appare una scelta astrattamente possibile ma solo con riguardo alla condotta del Responsabile per la prevenzione della corruzione in virtù di quanto sopra.
Tuttavia questa redazione sconsiglia fortemente tale ipotesi attesa, tra i vari fattori, l’assenza di documentazione - da fornire come prova rispetto alle proprie istanze - prodotta nel quesito.
Sul punto, si consiglia pertanto la massima prudenza e una consulenza legale più approfondita anche alla luce delle dinamiche indirettamente coinvolte e ciò soprattutto per gli effetti che essa può produrre all’interno dell’Ente.


D.B. chiede
venerdì 14/10/2022 - Puglia
“Di recente ho subìto un esposto a mio carico presentato dalla figlia della esponente tramite PEC alla Questura. In esso sono contenute una serie di accuse/incolpazioni del tutto inesistenti e fantasiose. (basta notare che io ho 75 anni e l'esponente 72). Invitato negli Uffici di P.S. e presentatomi, ho chiesto copia dell'esposto - ex legge 241/90 - ma mi è stata rifiutata; non sono stato sentito e sono stato messo alla porta. Ho presentato con PEC un mio esposto al Questore - chiedendo anche di essere sentito - e mi è stata consegnata la copia richiesta, ma sempre senza essere sentito e dicendomi che il caso per loro era già chiuso. Ho preparato le mie deduzioni in sette pagine con altre 25 pagine di allegati dimostrando con foto, SMS e documenti sottoscritti dalla esponente la falsità di tutte le sue accuse. Ho consegnato anche una copia di tutto quanto con la richiesta di consegnarla alla parte esponente, al fine di un equo e dovuto contraddittorio come previsto dagli artt. 5 e 6 del Regolamento per l'esecuzione del TULPS per il tentativo di conciliazione. Non ho avuto alcun invito o riscontro, Dubito che il mio scritto e allegati siano stati letti e valutati, in quanto, dopo circa un mese senza preavviso mi è stato fatto il "Ritiro cautelare" delle mie armi regolarmente detenute (quale ex cacciatore) ai sensi dell'art. 39 TULPS come modificato dal D. Lgs 121 del 2013. Armi che potrebbero non tornare più in mio possesso in quanto le dovrei cedere a terzi. Tramite PEC ho chiesto e sollecitato per sapere se le mie memorie erano state lette e valutate, ma non ho avuto alcuna risposta.
Il tutto mi ha provocato notevole fastidio sia per il comportamento dell'esponente e sia per quello della P.S.. La mia domanda è questa: posso procedere a querela per calunnia in funzione delle accuse attribuitemi tramite l'esposto, entro i 90 giorni dalla ricezione dello stesso ?e che stanno per scadere. Se occorre inviare la documentazione descritta, sono disponibile, con la difficoltà ad inviare i 25 fogli di allegati, dei quali dovrei fare con difficoltà varie scansioni per poterli inviare. Il resto posso farlo inoltrandolo ad un Vs. indirizzo di Pec che dovreste fornirmi, mentre le mie deduzioni posso trasmetterle con normale mail. Grazie di tutto. Saluti.
PS. SE POSSIBILE VORRE ANCHE SAPERE COME FARE RICORSO CONTRO IL "RITIRO CAUTELARE" PER RIAVERE LE MIE ARMI (ART. 6 TULPS).”
Consulenza legale i 19/10/2022
Nel caso di specie non sembrano sussistere i presupposti del reato di calunnia.

L’art. 368 del c.p., infatti, presuppone che il soggetto incolpi taluno di aver commesso un reato e che il soggetto incolpante sia a conoscenza dell’innocenza altrui.

Ora, nel caso che ci occupa:
- non risulta che l’esponente abbia incolpato taluno della commissione di un reato. Sembra, piuttosto, che l’esponente predetto abbia depositato un esposto funzionale al ritiro delle autorizzazioni di polizia sulla detenzione delle armi. Tale attività non è equiparabile all’accusare taluno di aver commesso un reato;
- ancora, va detto che a seguito dell’esposto il Questore effettivamente procedeva al ritiro, in via cautelare, delle armi detenute dal soggetto contro cui si procede. Ciò vuol dire, dunque, che le “accuse” dell’esponente sono state ritenute fondate e tale circostanza esclude ancor di più la sussistenza del reato di calunnia, che impone necessariamente la falsità delle accuse poste in essere e la consapevolezza di tali falsità dal soggetto agente.

Stante quanto detto, si sconsiglia caldamente di procedere con una denuncia - querela per il reato di calunnia (di cui, si ripete, non sembrano sussistere i presupposti) e di procedere, piuttosto, all’impugnazione in via amministrativa del provvedimento del questore.

In riferimento a quest’ultimo aspetto, si consiglia di consultare un amministrativista che, studiato il fatto in modo preciso e puntuale, sia in grado di suggerire la strategia migliore.

R. S. chiede
giovedì 11/08/2022 - Lazio
“Nell'ambito di una separazione burrascosa, io e la mia ex-compagna siamo riusciti a definire le modalità di ritiro dei suoi effetti personali ed aziendali ancora presenti nella mia abitazione. In particolare, dietro mia indicazione, il mio legale aveva indicato alla controparte due date e per l'esattezza il 24 ed il 31 maggio (questa seconda da confermare entro il giorno precedente). Il 24 maggio la mia ex si è regolarmente recata nella mia abitazione insieme al suo legale ed ha ritirato alcuni dei suoi beni. Il 30 maggio, l'avvocato di controparte ha inviato conferma tramite email anche per il secondo appuntamento ma il mio legale, il giorno 31, ha risposto che per motivi personali non aveva avuto modo di leggere in tempo il suo messaggio di conferma invitandolo a concordare una nuova data. A valle di questo contrattempo di carattere personale del mio legale, io non sono stato avvisato in tempo né dell'accettazione dell'avvocato di controparte né tantomeno del fatto che una ditta di traslochi si sarebbe recata presso la mia abitazione, come poi è accaduto; in quel momento si trovava in casa solamente mia madre la quale non ha fatto entrare gli incaricati della ditta anche perché gli scatoloni non erano stati preparati e riempiti sempre a causa del contrattempo indicato. Trascorsi appena DUE giorni, senza aver neanche fissato un nuovo appuntamento, la mia ex-compagna mi ha denunciato per appropriazione indebita. Posso denunciarla per calunnia?”
Consulenza legale i 29/08/2022
Solitamente, qualora vengano concordate una o più date per il ritiro degli effetti personali, è consigliabile ricevere un’unica conferma ed entro la prima scadenza prefissata, salvo necessità di modifiche posteriori.

Sulla base della narrativa del quesito, non si ravvisano gli estremi della fattispecie di appropriazione indebita di cui all’art. art. 646 del c.p. ed apparirebbe quindi legittimo, ai fini della propria tutela, riportare i fatti descritti all’Autorità Giudiziaria (rectius Procura della Repubblica), ad esempio attraverso un atto di denuncia-querela.

In ogni caso, qualora Voi non siate ancora legalmente separati, opera a Suo favore la causa di non punibilità di cui all’art. art. 649 del c.p. n. 1.

Si consiglia ad ogni buon conto un confronto con il proprio legale di fiducia in relazione ai fatti descritti.


A. F. chiede
giovedì 07/04/2022 - Friuli-Venezia
“Buongiorno, vorrei sapere relativamente ad un capo di accusa di Calunnia sei il fatto risulta secondo voi consistente ed eventualmente come poterlo contestare. Attualmente sono già decorsi 20 giorni dalla ricezione dell’avviso di conclusione delle indagini ma non è stata formulata ancora dal PM la richiesta di rinvio a Giudizio.”
Consulenza legale i 23/04/2022
Prima di rispondere al quesito è opportuno svolgere una breve disamina riguardo il reato di calunnia.
Disciplinato dall’art. 368 c.p., trattasi di un reato di pericolo per la cui configurabilità, come chiarito sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza, è sufficiente la possibilità dell'inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata (sul punto v. Cass. pen., sez. VI, 22.1-4.3.2014, n. 10282; Cass. pen., sez. VI, 4.5.2010).

La fattispecie in esame non postula l'inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo solo che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di un soggetto agevolmente individuabile.
In tal senso la fattispecie penale in questione non si configura qualora abbia ad oggetto un addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma riguardi circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare la concreta ipotizzabilità del reato denunciato (Cass. pen., sez. VI, 22.5.1992).

Si è inoltre ritenuto che il delitto di calunnia si configuri anche nel caso di successiva abrogazione del reato oggetto della falsa incolpazione (Cass. pen., Sez. VI, 17.5-5.9.2018, n. 39981).

Da quanto esposto si deduce quindi che la possibilità di inizio di un procedimento penale, pur non espressamente prevista (a differenza dell' art. 367 c.p.), viene considerata un requisito implicito sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza di legittimità.

Per quanto concerne l’elemento soggettivo il delitto di calunnia è punito esclusivamente a titolo di dolo.
Viene esclusa la configurabilità del c.d. dolo eventuale.
Si è inoltre affermato che la certezza dell'innocenza dell'incolpato costituisce l'essenza del dolo e deve essere piena e assoluta nel momento in cui l'incolpazione ha luogo (V. Cass. pen., sez. II, 12.9-14.11.2019, n. 46258).

In tema di calunnia merita una breve disamina la c.d. ritrattazione.
a) Se immediata, la ritrattazione può escludere il delitto di calunnia;
b) Se effettuata successivamente, ma prima che l'autorità procedente acquisisca la prova della falsità della denuncia, essa integra gli estremi dell'attenuante di cui all' art. 62 n. 6 c.p.

Tuttavia la giurisprudenza nega che la ritrattazione della falsa incolpazione, sebbene sia spontanea ed anteriore al giudizio, escluda la punibilità del reato. Questa si perfeziona con la presentazione della denuncia, essendo tale ritrattazione un post-factum che non esclude il reato già compiutamente realizzato (V. Cass. pen., sez. VI, 10.2.1989).

In tema di calunnia si è affermata l'applicabilità dell'attenuante di cui all' art. 62 n. 6 c.p., a condizione che il ravvedimento operoso, consistente nella ritrattazione dell'accusa, intervenga prima che l'Autorità procedente acquisisca la prova della falsità dell'incolpazione.

Venendo al merito del quesito, Questa Redazione ritiene che la fattispecie di calunnia sussista nel caso in esame.
Sul punto si possono svolgere le seguenti considerazioni.
Occorre anzitutto:
1) verificare se la calunnia possa essere posta in essere anche con una semplice dichiarazione orale.
Premesso che le modalità della condotta descritta nell'art. 368 ricalcano sostanzialmente quelle contenute nell'art. 367, l’art. 368 c.p. punisce chi, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima (Cass. pen., sez. VI, 2.7.2001) o sotto falso nome, diretta all'autorità giudiziaria o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente.
Trattasi della c.d. calunnia formale o verbale o diretta per la quale, affinché la fattispecie penale possa dirsi integrata, non occorre una denuncia in senso formale (in tal senso v. Cass. pen., sez. VI, 19.2-14.4.2020, n. 12076).

2) verificare se il personale del 118 sia tenuto all’obbligo di referto ai sensi dell’art. 334 c.p.p., rientrando nella locuzione “ad un’Altra autorità che a quella abbia l’obbligo di riferirne”.
In questo senso il codice di procedura penale non fornisce alcuna definizione dei soggetti obbligati al referto. Un possibile riferimento è dato dall'art. 365 c.p. dal quale si ricava come i destinatari della prescrizione in oggetto (art. 334 c.p.p.) siano gli esercenti una professione sanitaria.
In particolare, l'art. 99 del Testo Unico sulle Leggi Sanitarie fornisce un'indicazione utile riguardo la figura degli esercenti una professione principale (ambito medico-chirurgico, veterinaria, farmacia) ovvero una ausiliaria (levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata, figura professionale prevista anche dal D.M. 14.9.1994, n. 739).
Svolgono una professione sanitaria principale anche l'odontoiatra (D.P.R. 28.2.1980, n. 135) ed il biologo (D.P.R. 28.10.1982, n. 980), mentre svolgono una professione ausiliaria la vigilatrice d'infanzia (art. 7, L. 19.7.1940, n. 1098), il tecnico ortopedico (D.M. 14.9.1994, n. 665), il podologo (D.M. 14.9.1994, n. 666), il tecnico audiometrista (D.M. 14.9.1994, n. 667), il tecnico audioprotesista (D.M. 14.9.1994, n. 668), l'igienista dentale (D.M. 14.9.1994, n. 669), l'ostetrica (D.M. 14.9.1994, n. 740), il fisioterapista (D.M. 14.9.1994, n. 741), il logopedista (D.M. 14.9.1994, n. 742), l'ortottista-assistente di oftalmologia (D.M. 14.9.1994, n. 743), il dietista (D.M. 14.9.1994, n. 744), il tecnico sanitario di laboratorio biomedico (D.M. 26.9.1994, n. 745), il tecnico sanitario di radiologia medica (D.M. 26.9.1994, n. 746).
Secondo una lettura specifica data da una parte della dottrina sono invece esclusi dal novero dei soggetti obbligati, l'odontotecnico, l'ottico, l'ernista, il capo-bagno negli stabilimenti idroterapici, il massaggiatore, la puericultrice, il castrino ed il maniscalco, in quanto esercenti un'arte sanitaria.

Sulla base di quanto sopra è verosimile che gli operatori del 118 siano o medici o infermieri diplomati e pertanto essi rientrano nel novero dei soggetti obbligati di cui all’art. 334 c.p.p. e, conseguentemente, all’interno del disposto dell’art. 368 c.p.

Dal punto di vista della strategia difensiva si consiglia di valutare una definizione alternativa del procedimento penale (c.d. riti speciali) che, tuttavia, deve essere attentamente ponderata e concordata con il proprio difensore.


Antonio B. chiede
mercoledì 02/06/2021 - Emilia-Romagna
“Due mie amiche di comune accordo mi avrebbero diffamato con un'altra persona in relazione a un reato che loro affermano io aver commesso quando questa accusa oltre a essere totalmente infondata in quanto non si è mai verificato il fatto, lede la mia immagine in pubblico.
Volevo dunque chiedere se un tale comportamento lesivo della mia immagine fosse passabile come diffamazione non essendo presente una denuncia a mio carico per il suddetto reato che mi viene contestato. Nel caso invece in cui la controparte decidesse di intraprendere azione legale contro di me per il reato di cui sono stato diffamato ma successivamente alla mia denuncia di diffamazione, in qualche modo quest'ultima ne verrebbe inficiata?”
Consulenza legale i 07/06/2021
Prima di rispondere al quesito, vanno fatte alcune precisazioni in merito al reato di calunnia, previsto e punito dall’art. 368 del codice penale e quello di diffamazione, censurato dall’art. 595 del medesimo codice.

La calunnia presuppone che taluno accusi qualcun altro di aver commesso una fattispecie di reato pur sapendolo innocente. Si badi bene, tuttavia, che la giurisprudenza, ai fini della sussistenza del reato in parola, esige che il soggetto agente ponga in essere un’attività che sia anche soltanto idonea a determinare la nascita di un procedimento penale ai danni del calunniato. Nonostante la lettera della norma, dunque, il reato in parola può essere posto in essere anche a prescindere dalla presentazione formale di una denuncia - querela a carico del calunniato.

La diffamazione, invece, mira a punire chiunque offenda l’onore e il decoro mediante la diffusione di notizie potenzialmente lesive dell’altrui sfera reputazionale. Peraltro, stando ai precedenti giurisprudenziali in merito, la sussistenza del reato prescinde da esternazioni oggettivamente offensive potendo, il reato in parola, essere posto in essere anche attraverso allusioni etc.

Ciò detto, è sicuramente sussumibile nell’alveo del reato di diffamazione la condotta di colui il quale accusi taluno di aver commesso un reato e diffonda l’informazione in questione.

In tali casi, è assolutamente auspicabile, a prescindere dalla fattispecie astrattamente configurabile, la presentazione di una denuncia querela contro il soggetto diffamante/calunniante. Si noti, infatti, che nel momento in cui si presenta un atto di denuncia – querela, il denunciante/querelante non è affatto tenuto a individuare una sola fattispecie di reato per la quale si agisce potendo esporsi in termini dubitativi e chiedere che si proceda per il reato che il pubblico ministero dovesse ritenere sussistente a valle delle indagini espletate e “per ogni altra fattispecie che l’autorità giudiziaria dovesse individuare”.

A quel punto, l’eventuale querela del calunniatore non avrebbe alcun effetto su quella presentata dal callunniato/diffamato che, anzi, potrebbe individuare, in quella da lui presentata, un efficace strumento difensivo: in un caso del genere, invero, il calunniato/diffamato potrebbe affermare che il fatto narrato nella querela di controparte è assolutamente infondato tanto da averlo determinato, appena conosciuta la condotta altrui e prima ancora che questi adisse le vie giudiziali, a presentare un autonomo atto di denuncia - querela dinanzi all’autorità giudiziaria.


Pierfranco chiede
venerdì 06/12/2019 - Puglia
“Sono parte convenuta in un procedimento civile promosso dal mio germano per rendicontare sulla mia attività gestoria degli affari della famiglia avita. L'Organo Giudicate con sentenza parziale mi ha ordinato di presentare i conti,cosa che ho eseguito puntualmente. Orbene,tralasciando alcuni dettagli da approfondire eventualmente in seguito, nell'udienza successiva al deposito in cancelleria degli atti contabili, il mio germano ha lanciato gravi e pesanti accuse contro di me affermando che " tutti i CONTEGGI relativi a spese,incassi ,ricavi,guadagni,perdite in quanto ERRATI, FALSI e non corrispondenti al VERO", pieni di "Falsità madornali" ecc.. Vengo per ben 10 volte incolpato del delitto di falso, pur sapendo il mio germano,della autenticità e legittimità dei documenti allegati, essendo stato anche lui attore in alcune operazioni. Le accuse sono riportate in fogli dattiloscritti, stilati quindi antecedentemente all'udienza e quindi opportunamente ponderati. Detti fogli, costituendo il verbale dell'udienza, portano la firma dell'O.G. La mia difesa ha replicato punto per punto alle accuse. Tanto succintamente premesso, le accuse rivoltemi integrano il reato di calunnia indipendentemente dalle determinazioni che l'O.G. vorrà assumere circa la trasmissione degli atti alla Procura? Posso quindi sporgere denunzia-querela nei confronti del mio germano e/o dei suoi avvocati che con leggerezza professionale hanno agito? In alternativa come posso difendere il mio onore così gravemente e ingiustamente attaccato? Posso io chiedere all'O.G. di trasmettere tutto in Procura? Nella risposta desidero essere menzionato con il nome di Pierfranco.”
Consulenza legale i 10/12/2019
Il reato di calunnia, previsto e punito dall’art. 368 del codice penale, presuppone tre elementi:
  • che taluno venga accusato di un reato;
  • che tale accusa sia quantomeno idonea a determinare l’insorgenza di un procedimento penale;
  • che l’accusante sia consapevole che il reato in questione non sia stato affatto commesso.
Occorre, dunque, analizzare ciascun profilo sopra indicato, correttamente calato nel caso di specie.

Quanto all’accusa di aver commesso un reato, dal tenore del parere sembra che la stessa abbia avuto ad oggetto l’alterazione delle scritture contabili riguardanti la rendicontazione dell’attività gestoria del presunto calunniato.
Ebbene, sul punto è doveroso affermare che, almeno sulla base di quanto noto, nessun reato di falso potrebbe in concreto sussistere, dal momento che la pretesa falsità non sembra sia stata commessa né da un pubblico ufficiale né su atti o documenti idonei ad acquisire una dignità pubblicistica (ed è solo in questi casi che potrebbe sussistere un’ipotesi di reato di falso tra quelle punite dagli artt. 476 e seguenti del codice penale).
Stando così le cose, sebbene le affermazioni di controparte siano sgradevoli, non possono essere considerate come "calunniose", atteso che l’accusa in esame non è abbastanza circostanziata da individuare una fattispecie di falso punita secondo normativa.
Diverso sarebbe laddove il calunniato fosse stato accusato di avere, attraverso queste falsità, conseguito un vantaggio patrimoniale. In tal caso, invero, le affermazioni di controparte sarebbero specifiche rispetto al reato di truffa, punito dall’art. 640 del codice penale.

Quanto, invece, al secondo elemento, ai fini della sussistenza del reato di calunnia occorre che l’accusa in questione sia idonea a determinare, anche se solo in astratto, l’inizio di un procedimento penale.
Ciò con la precisazione che non è necessario l'inizio effettivo di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile; cosicché soltanto nel caso di addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare - perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso - la concreta ipotizzabilità del reato denunciato, è da ritenere insussistente l'elemento materiale del delitto di calunnia (C., Sez. VI, 22.1.2014, n. 10282).
Tale elemento sembra sussistere nel caso di specie tenuto conto del fatto che le accuse reiterate e specifiche di fronte all’Autorità Giudiziaria sembrano assolutamente idonee a causare l’insorgenza di un procedimento penale a carico del calunniato.

Altro elemento particolare del reato in questione è che il calunniatore deve sapere che il calunniato è innocente. Si tratta, invero, di una prova molto difficile da raggiungere in quanto la consapevolezza da parte dell’accusante dell’innocenza dell’accusato è elemento quasi impossibile da sondare.
Nel caso di specie, tale elemento potrebbe sussistere se si possedessero prove tali (come sembra emergere dal parere) da dimostrare che il calunniatore sapesse con certezza dell’autenticità dei documenti.

Dunque, sulla base di quanto sopra esposto, è possibile concludere che:
  • il reato di calunnia può essere integrato anche qualora non vengano trasmessi gli atti al pubblico ministero in quanto, ai fini della sussistenza del reato, è appena sufficiente l’astratta possibilità che insorga un procedimento penale;
  • quanto alla denuncia, si rimarca che il reato di calunnia è molto difficile nella sua configurabilità e, dunque, prima di agire per vie penali, è doveroso consultarsi con un avvocato esperto che abbia una conoscenza approfondita dei fatti accaduti;
  • non è possibile che sia il calunniato stesso a chiedere la trasmissione degli atti in Procura. La trasmissione predetta, invero, può avvenire solo in relazione a quei fatti che emergono nel giudizio pendente. Nel caso di specie, dunque, non essendo emersa la calunnia ma solo l’accusa di “falso”, nessuna trasmissione può essere chiesta in relazione al primo reato;
  • qualora non sia opportuno depositare la denuncia per calunnia, sarebbe in astratto possibile denunciare per il reato di diffamazione di cui all’art. 595 del codice penale. Anche in questo caso, comunque, si consiglia una preventiva interlocuzione con un avvocato penalista che conosca i fatti, stante la particolare complessità della sussistenza del reato da ultimo nominato allorché la condotta sia posta in essere nell’ambito di un contenzioso giudiziale e, dunque, nell’esercizio del diritto di difesa.

Adolfo L. chiede
giovedì 08/11/2018 - Calabria
“Buonasera,
sono consigliere comunale di minoranza. Non avendo potuto essere presente alla seduta del Consiglio per l'approvazione del bilancio consuntivo 2017, ho inviato, via posta elettronica, una dichiarazione ad un collega consigliere, pregandolo di darne lettura in Consiglio. Il presidente del Consiglio, dopo aver autorizzato la lettura della dichiarazione ha rifiutato di metterla a verbale. Ecco alcuni estratti della mia dichiarazione: " (omisis) con decreto delle Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 4892 è stata autorizzata l'emissione di un ordine di pagamento di € 498.000,00 in favore del Comune per il proggetto di messa in sicurezza di aree interessate da rischio idrogeologico. (omisis) I lavori per i quali è stato concesso il contributo non sono stati realizzati, mentre i fondi versati sarebbero stati integralmente utilizzati per pagare le spese correnti senza alcuna successiva reintegrazione con fondi propri entro l'anno solare. Cio' rende i bilanci degli anni passati e quello di oggi se verrà approvato non veritieri, ossia falsi,ossia si tratta di falso ideologico in atto pubblico in capo al responsabile dell'Area Finanziaria, al segretario comunale e a tutti i consiglieri che li hanno approvati in consiglio comunale. inoltre vi è danno erariale, stante il mancato rispetto della destinazione del finanziamento".
Il sindaco, non avendo sopportato il termine di "falso ideologico" ha fatto sapere che aveva sporto querela nei miei confronti.
Domanda: dai termini da me utilizzati nella dichiarazione, sono ravvisabili dei reati?
Cordialmente e grazie.”
Consulenza legale i 13/11/2018
Astrattamente la condotta posta in essere potrebbe integrare gli estremi della calunnia di cui all’articolo 368 del codice penale che punisce la condotta di chi accusa taluno di aver commesso un reato pur sapendolo innocente.

Ragionando infatti nell’ottica del sindaco – fermamente convinto della legittimità del suo operato - la calunnia consisterebbe proprio nell’accusa del consigliere il quale avrebbe accusato il primo cittadino di falso ideologico pur non essendo vero.

La calunnia tuttavia ha bisogno di due elementi molto pregnanti per sussistere:
  1. si deve necessariamente procedere tramite una denuncia o una querela ;
  2. il soggetto agente deve essere fermamente consapevole dell’innocenza del soggetto accusato.
Nel caso di specie non sussiste nessuno dei due elementi.

Quanto al primo infatti la semplice missiva non è idonea a mettere in moto l’autorità giudiziaria e, dunque, non può in alcun modo affermarsi che la stessa sia equiparabile ad una denuncia o a una querela.

Quanto al dolo (diritto penale),ovvero la consapevolezza in capo all’accusante dell’innocenza dell’accusato, lo stesso non è assolutamente sussistente atteso che nel caso di specie sembra che l’accusante avesse tutte le “carte” e i documenti per essere fermamente convinto della colpevolezza dell’accusato.

Per questi due motivi la condotta sopra emarginata non sembra integrare alcun reato.

In caso di interventi futuri si consiglia in ogni caso di moderate i toni, magari utilizzando sempre i verbi al condizionale (sembrerebbe, potrebbe) che contribuiscono a instillare il dubbio legittimo nello scritto e/o nelle parole che spesso può salvare da contestazioni panali come ad esempio la diffamazione di cui all’art. 595 c.p.

Virgilio M. chiede
lunedì 24/10/2016 - Lazio
“Sono stato denunciato penalmente il 20.04.2012 di aver sottratto alcuni beni da un locale tra cui un motociclo Vespa ; nell’udienza del 17.06.2016 un testimone ha dichiarato che invece tale Vespa, nel 1990 gli fu regalata dal mio denunciante, ed ha fornito i numeri di targa e di telaio, quindi sono stato diffamato e calunniato.
Inoltre nella precedente udienza del 17.09.2015 colui che mi ha denunciato, ha mentito di nuovo, con falsa testimonianza davanti al Giudice, che mi ero appropriato di tale Vespa.
Vorrei denunciare a mia volta costui, ma, quanto tempo ho per farlo e lo posso fare senza l’ausilio di un Avvocato ?”
Consulenza legale i 28/10/2016
Per quanto concerne il delitto di falsa testimonianza, l’art. 372 c.p. ne prescrive la procedibilità d’ufficio: vale a dire, è il Giudice che deve trasmettere gli atti alla Procura competente affinché proceda con le indagini ed eventualmente ad instaurare un processo penale nei confronti del reo.

Nel caso di specie si parla dei delitti di calunnia (art. 368 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.).
È bene però sottolineare alcune differenze fra i due delitti in questione: infatti, perché sia configurabile la calunnia è necessaria una denuncia-querela dinanzi a Pubblici Ufficiali, quindi una accusa formale di aver compiuto un determinato reato, mentre, per aversi diffamazione, è sufficiente una “maldicenza” detta alle spalle. Diversi sono anche i beni giuridici protetti dalle due norme: l’art. 595 c.p. protegge infatti la sola reputazione, mentre l’art. 368 c.p. protegge tanto la reputazione quanto anche la “macchina-giustizia” che è stata fatta mettere in moto dal calunniatore, che ha falsamente incolpato taluno credendolo innocente.

Orbene, fatta questa necessaria premessa appare palese come il caso di specie configuri una calunnia: Lei non dovrà procedere a querela, posto che tale reato è procedibile d’ufficio.

Come visto sopra, in altre parole, è il Giudice a dover prendere i necessari provvedimenti. Così viene scongiurato il pericolo di incorrere nella decadenza del termine di presentazione della querela che è pari a tre mesi dalla notizia del reato (art. 124 c.p.).

Infine, per quanto concerne la presunta diffamazione, questa è procedibile a querela di parte e, sempre ai sensi dell’art. 124 c.p., risultano ormai decorsi i tre mesi dall’avvenuta notizia del reato.

In conclusione, tanto per la falsa testimonianza quanto per la calunnia dovrà essere direttamente il Giudice a procedere, anche in sede di sentenza di definizione del processo penale che La vede imputato.


Alessandro C. chiede
domenica 03/04/2016 - Puglia
“A seguito di un sequestro,procedetti alla richiesta di riesame. Il riesame rigettò il dissequestro trasmettendo gli atti al procuratore della repubblica x calunnia a mio carico.Durante il sequestro, furono installate delle microspie nei locali ove lo stesso venne eseguito.Lo stesso p.m.,invece di accorpare anche il presunto reato di calunnia da me commesso, aprì un fascicolo a parte, pertanto creando due processi,uno per fatti scaturendo il sequestro ed altro,quello scaturito dal riesame.Del processo relativo al sequestro,chiesi dei DVD delle ambientali che furono eseguite durante il sequestro e la procura mi consegnò i relativi DVD.A distanza di tempo,nell'ascolto,accertai che io non avevo calunniato nessuno ma che il presunto calunniato e suoi compari,avevano,in udienza,posto in essere una falsa testimonianza.Nonostante la scoperta importante,il Tribunale rigettava l'acquisizione dirimente della mia innocenza,in quanto proveniente da altro processo che poi trattasi del processo principe da dove tutto ha avuto inizio.Questo processo per calunnia è solo in attesa della discussione.Dal processo principe,il Tribunale,ha disposto la trascrizione di alcuni RIT. da cui in modo ufficiale,in quel processo è emersa la mia totale innocenza nel processo per calunnia,ma la falsa testimonianza di 5 testimoni con relativa calunnia,d'altronde da me già denunciati per detti reati con richiesta di essere informato in caso di richiesta di archiviazione,ma pare che il tutto è avvenuto senza che io ne venissi a conoscenza.Ora il quesito è:il Tribunale che mi sta giudicando da innocente per il delitto di calunnia,può nuovamente rifiutarsi di assumere la prova della mia innocenza,solo perché a suo dire proveniente da un altro processo,anche se è una costola di quello?.Quali sono gli strumenti giudici per imporre l'acquisizione,in quanto tutto l'andamento del processo è stato monotematico,solo ed esclusivamente per far condannare un'innocente e far risarcire la parte civile costituitasi sebbene a conoscenza della mia estraneità a delitto contestato.Gradirei eventualmente sentenze di Cassazione che impongono al giudice,nella fattispecie delittuosa, di acquisire la prova della mia innocenza,scaturita in modo inequivocabile dall'altro processo.Grazie.”
Consulenza legale i 11/04/2016
Con il presente quesito viene richiesto se esista un obbligo, in capo al giudice che deve accertare la responsabilità penale per il reato di calunnia, di acquisire le prove acquisite nel processo "parallelo" volto ad accertare la veridicità delle dichiarazioni rilasciate dai pubblici ufficiali.
Si ritiene di dovere rispondere negativamente poiché, la Giurisprudenza è pacifica nel chiarire che i due giudizi in questione (volti, rispettivamente, l'uno all'accertamento del reato di calunnia e, l'altro, del reato di falsa testimonianza) sono autonomi e separati.
Infatti, l'eventuale sentenza, anche se definitiva, che accertasse la falsa testimonianza dei quattro ufficiali, non produrrebbe effetti nel giudizio relativo al reato di calunnia, poiché il giudice, in questo secondo giudizio, potrebbe comunque rivalutare i fatti che hanno già formato oggetto di esame nel giudizio contro gli incolpati.
La giurisprudenza della Cassazione, sin da pronunce più risalenti, è consolidata nel ribadire tale principio di diritto: "non è automaticamente configurabile il delitto di calunnia a carico dell'accusatore per effetto dell'intervenuta sentenza irrevocabile di proscioglimento nel merito della persona ingiustamente incolpata, che va valutata autonomamente e liberamente nel giudizio per la calunnia, in quanto non esiste nell'ordinamento processuale alcuna disciplina in ordine alla efficacia del giudicato penale nell'ambito di un altro procedimento penale, a differenza di quanto avviene nei rapporti tra processo penale e giudizio civile, amministrativo e disciplinare, mentre l'art. 238 bis cod. proc. pen. consente l'acquisizione in dibattimento di sentenze divenute irrevocabili, ma dispone che siano valutate a norma degli artt. 187 e 192, comma terzo, stesso codice" (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 16 gennaio 2007, n. 14096).
La Suprema Corte ha ribadito che "non è revocabile in dubbio che l'innocenza del calunniato costituisce un presupposto del delitto di calunnia, di tal che l'accertamento di essa è pregiudiziale al giudizio sulla sussistenza della calunnia. Ma tale pregiudizialità afferisce soprattutto, sul piano logico, al sillogismo della decisione sull'imputazione di calunnia e non richiede necessariamente, sul piano processuale, l'accertamento in un separato procedimento contro il calunniato per verificare l'inconsistenza o infondatezza dell'accusa indirizzatagli dal calunniatore. Il giudizio sul reato di calunnia è, infatti, del tutto autonomo da quello concernente il reato ascritto al calunniato.
Di guisa che la sentenza, pur se definitiva, pronunciata nel processo instaurato nei confronti dell'incolpato non fa stato nel processo contro il calunniatore, in cui è consentito al giudice di rivalutare - ai fini della constatazione della falsità o meno della notizia di reato proveniente dal calunniatore- i fatti che hanno già formato oggetto di esame nel giudizio contro l'incolpato" (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 3 dicembre 2014, n. 53614).
In senso conforme, la Corte di Cassazione ha statuito che "In tema di procedimento per reato di calunnia, il giudizio su questo reato è del tutto autonomo da quello concernente il reato ascritto al calunniato, tanto è che la sentenza, anche se irrevocabile, pronunciata nel processo eventualmente instaurato nei confronti dell'incolpato, non fa stato in quello contro il calunniatore, nel quale è consentito al giudice di rivalutare, ai fini dell'accertamento della falsità o meno della notitia criminis i fatti che hanno già formato oggetto di esame nel giudizio contro l'incolpato" (cfr. si veda anche, Cass. Pen., Sez. VI, 15 ottobre 2013, n. 45907).
E' stato chiarito altresì che ai fini della configurabilità del reato di calunnia, reato a consumazione istantanea, non è necessaria l'instaurazione di un procedimento penale a carico del calunniato "dovendosi avere riguardo al momento in cui la falsa incolpazione perviene all'Autorità giudiziaria se sia corredata da elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile, con la conseguenza che solo in caso di addebiti privi di serietà in quanto fondati su circostanze assurde, grottesche o inverosimili, in contrasto con gli elementari principi della logica e del buon senso, è da ritenere non sussistente l'elemento materiale del delitto in questione" (cfr. Tribunale Campobasso, 19 gennaio 2015, n. 8).
Pertanto, si ritiene di escludere che il Giudice che deve accertare la sussistenza del reato di calunnia debba acquisire obbligatoriamente le prove relative al processo penale "parallelo" relativo alla falsa testimonianza, poiché, si ribadisce che il primo Giudice non è affatto vincolato a quanto emerso in questo secondo giudizio.
Rimane fermo che, al fine di riconoscere l'eventuale sussistenza della responsabilità penale ai sensi dell'art. 368 del c.p. occorre provare la sussistenza degli elementi propri del reato di calunnia.

Giuseppe C. chiede
mercoledì 25/02/2015 - Abruzzo
“Seguito quesito nr. 10058/2014.
Ho venduto, con atto notarile, un frustolo di terreno ai miei figli. Ciò al fine di risolvere - ai fini catastali - una controversia capziosa col vicino che, pur calpestando quanto acquistato ed avendo, nella causa di usucapione, verbalizzato essere vero che il confine esiste immutato dal 1975 e che non si opponeva alla dichiarazione di avvenuta usucapione da parte dell'AGO, contesta nei fatti la correzione catastale del confine determinato nel 1975.
Tale atto di vendita è stato impugnato presso il Giudice Civile e, contestualmente, è stata prodotta "querela per falso in atto pubblico" in quanto non esisteva pronuncia giurisprudenziale di avvenuta usucapione di detto frustolo, anzi la domanda era stata rigettata per motivi di rito.
Tale sentenza (da noi poi impugnata) è stata prontamente depositata agli atti comunali al solo scopo di non farmi rilasciare la nostra richiesta di concessione edilizia.
Così con altrettanta sollecitudine è stata depositata presso gli stessi uffici la "querela per falso in atto pubblico" talché la licenza è stata bloccata.
Successivamente, la querela di parte per falso in atto pubblico è stata derubricata dal PM e dal GIP, quindi archiviata perché non sussiste gravame.
Domanda: sussiste in tale comportamento una qualche specie di reato (diffamazione, calunnia, etc.).? C'è, infine, il rischio che l'autorità giudiziaria - se controquerelo - possa non condividere la mia tesi e possa addebitarmi spese di giudizio ?
Grazie.”
Consulenza legale i 02/03/2015
Nella vicenda esposta si è avuta l'archiviazione di una querela per falso in atto pubblico, presentata dal vicino di casa del proprietario di un fondo su cui esiste da anni una diatriba riguardante i confini catastali dell'immobile.
Quando una querela viene archiviata per infondatezza, ci si chiede quali strade possa percorrere colui che abbia subito ingiustamente un danno.
Vi sono due soluzioni principali:
- quella penale, se nei fatti si possa configurare una ipotesi di reato;
- quella civile, di risarcimento del danno.

Entrambe le strade presentano numerose difficoltà e controindicazioni.
Per quanto riguarda il reato di calunnia (art. art. 368 del c.p.: "Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni"), la difficoltà principale consiste nella dimostrazione del dolo del querelante.
Difatti, come enuncia la norma stessa e come ha sottolineato la giurisprudenza di legittimità in numerose occasioni, "il mero fatto di avere sollecitato l'iniziativa del pubblico ministero denunziandogli gravi irregolarità rivelatesi poi insussistenti non costituisce, di per sé, fonte di responsabilità per danni, ove non ricorrano gli estremi dell'addebito calunnioso, estremi che presuppongono il dolo, non essendo sufficiente la colpa" (Cass. civ., sez. III, 12.1.2012, n. 26).
Quindi, prima di valutare una denuncia per calunnia (che è reato perseguibile d'ufficio), dovrà capirsi se sia possibile dare la prova che il vicino abbia incolpato il confinante con coscienza e volontà, sapendolo innocente: si ritiene che si possa escludere il dolo se l’agente sia convinto della colpevolezza dell’incolpato.

Nel nostro caso, il vicino sembra aver agito sulla base della convinzione che la vendita fosse "falsata" dalla mancanza di una sentenza di usucapione del terreno compravenduto". Si tratta, all'evidenza, di un'accusa che ha rilievo solo civilistico, atteso che dal punto di vista penale nell'atto di vendita non è stata inserita alcuna falsità, se ivi è stato detto che non esiste una sentenza che accerti l'acquisto per usucapione. La validità della vendita e l'eventuale rischio di evizione che grava sul compratore hanno riflessi, a nostro giudizio, esclusivamente civilistici.
E' ipotizzabile, quindi, che potendo dimostrare che il querelante era perfettamente a conoscenza di queste circostanze e che ha agito con l'unico scopo di disturbare e danneggiare il vicino (ricordiamo che non vale il mero dolo eventuale, considerato che la formula normativa - che ravvisa il delitto in chi incolpa 'taluno che egli sa innocente' - risulta particolarmente pregnante e indicativa della consapevolezza certa dell'innocenza dell'incolpato, cfr. Cass. pen., sez. VI, 10.7.2000, n. 9853), il dolo sia provabile.

Tuttavia, è opinione della giurisprudenza che per i reati perseguibili d'ufficio (in relazione ai quali, quindi, la querela di parte costituisce solo una "denuncia") si debba escludere la responsabilità sia civile che penale del denunciante, in quanto "la perseguibilità di ufficio interrompe il nesso causale fra la denuncia medesima e l'apertura del procedimento penale, che segue ad iniziativa autonoma dell'ufficio" (tra le altre, v. Cass., sez. III, 20.10.2003, n. 15646).

Tutto dipende, quindi, dal tipo di reato che il querelante ha denunciato: ad esempio, il falso ideologico di cui all'art. 479 del c.c. è perseguibile d'ufficio, quindi la calunnia è esclusa; lo stesso vale per il falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 del c.p.).

E' consigliabile rivolgersi ad un legale per analizzare ogni profilo della vicenda, evitando così di incorrere in errori nonché di crearsi false illusioni sulle probabilità di successo di una controquerela.

La diffamazione è un reato meno grave della calunnia e lo commette chiunque, fuori dei casi di ingiuria, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione. Per poterne valutare la sussistenza si dovrebbe analizzare quantomeno la querela, quindi in questa sede non è possibile dare una risposta precisa. Ci si deve chiedere, però, se sussista il reato laddove le affermazioni diffamatorie siano contenute solo in una querela diretta alla pubblica autorità (potrebbe valere la causa di giustificazione di cui all'art. 51 del c.p., esercizio di un diritto) e quale sia il reale potere diffamatorio di tale atto, posto che lo stesso è un atto che rimane di norma riservato alle parti (pubbliche e private) del giudizio.

Dal punto di vista civilistico, sussiste la possibilità di dimostrare che il vicino ha agito in danno al querelato, ma anche qui la prova del dolo è tutta a carico del danneggiato: la dottrina ha sostenuto che la minaccia di una responsabilità fondata sulla colpa, avrebbe la conseguenza di svuotare di efficacia lo strumento della denuncia, che sarebbe meno utilizzato per la paura di incorrere in eventuali responsabilità, atteso che è normale prevedere che tra il denunciate e gli organi istituzionalmente deputati al vaglio della fondatezza o meno della notitia criminis vi sia una disparità di valutazioni giuridiche.

In conclusione, non è semplice ottenere "giustizia" quando si subisce una querela infondata. E' consigliabile non agire mai da soli, spinti dall'onda emotiva, ma rivolgersi ad un legale che possa accertare la sussistenza eventuale di reati.
L'azione civile è consigliabile solo potendo provare l'intento lesivo del querelante: se si hanno lettere, o esistono testimoni, che attestino con certezza la volontà del vicino, si può tentare di chiedere un risarcimento del danno per l'interruzione dei lavori edilizi sul fondo, con la consapevolezza che non solo il dolo del vicino andrà provato, ma anche l'esistenza e l'entità dei danni subiti, che non sono in re ipsa (cioè esistenti semplicemente per il fatto che la querela era infondata).

A. V. chiede
mercoledì 03/05/2023
“Siamo tre fratelli, io sono il più giovane.
Per vari motivi di lavoro e salute ho capito, dopo tanti anni, che il conto corrente di famiglia (gestito dalla sorella maggiore fin dal 1995 per assistere nostra madre deceduta nel 2005) è stato da lei utilizzato per scopi personali distraendo continuativamente piccole somme che hanno però danneggiato la nostra liquidità. Stupidamente fidandomi non ho mai ricevuto un resoconto della gestione degli immobili di famiglia, tantomeno conteggi relativi al conto corrente comune. Da qualche tempo ho fatto richiesta alla Banca X di estratti conto annuali e sono in possesso ora di estratti conto per un totale - non contiguo- di circa 18 anni . Inoltre ho le prove del fatto che la vecchia casa di famiglia in YYY sia stata affittata a turisti in tutti questi anni da mia sorella senza mai fornirci notizia e tantomeno dividere gli introiti .
Ora, essendo residente in altra regione ed afflitto da mallatttia grave, sono seguito da un avvaocato in quanto da oltre un anno voglio vendere ai miei fratelli la mia quota ereditaria, ma il mio avvocato è estremamente prudente e la faccenda viene portata per le lunghe dagli avvocati delle controparti. Vorrei sapere se commetto reato pubblicando tutti i documenti in mio possesso e che accuserebbero innanzitutto mia sorella di sottrazione di denaro e mio fratello di complicità o meno nel fatto.”
Consulenza legale i 08/05/2023
Per rispondere al parere bisogna anzitutto comprendere cosa si intende per “pubblicare”.

Se si intende la diffusione di illazioni e/o anche documenti che hanno il fine ultimo di evidenziare le scorrettezze comportamentali della controparte e l’eventuale e ipotetica commissione di alcuni reati, allora il rischio di incorrere in reati come la diffamazione e la calunnia è estremamente alta.
La pubblicazione fine a se stessa, infatti, è chiaramente intrisa di un intento diffamatorio che lascerebbe ben pochi dubbi sulla sussistenza di una delle fattispecie richiamate in precedenza.

Se, invece, per pubblicazione si intende il convogliamento della documentazione presso la Procura della Repubblica competente per denunciare la commissione di fatti costituenti reato, allora:

- sicuramente non si corre il rischio della diffamazione in quanto si tratta di un’operazione che non coinvolge più soggetti, come previsto dall’ art. 595 del c.p.. Si consiglia comunque di procedere, nell’ipotetica denuncia - querela, con toni miti e con una narrazione quanto più asettica possibile;

- il rischio della calunnia è, poi, estremamente basso. Se la querela è fatta bene e se dunque nella stessa si evidenziano bene gli elementi di sospetto relativi alla commissione del fatto, è difficile ritenere sussistente il reato di cui all’ art. 368 del c.p. per il quale è necessario che il soggetto agente sia certo che la controparte non abbia commesso il fatto. Circostanza, questa, esclusa in modo netto laddove il sospetto sulla reità altrui è netto, complice anche un substrato indiziario di rilievo (che, come anzidetto, andrebbe ben evidenziato nella denuncia-querela).

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