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Articolo 483 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Cumulo dei mezzi di espropriazione

Dispositivo dell'art. 483 Codice di procedura civile

Il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge (1), ma, su opposizione del debitore, il giudice dell'esecuzione(2), con ordinanza non impugnabile, può limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina (3).

Se è iniziata anche l'esecuzione immobiliare, l'ordinanza è pronunciata dal giudice di quest'ultima.

Note

(1) La norma prevede la possibilità per il creditore di promuovere contemporaneamente l'espropriazione mobiliare e quella immobiliare; oppure l'espropriazione mobiliare presso il debitore e quella presso terzi; o, ancora, l'espropriazione immobiliare e quella presso terzi al fine di ottenere piena soddisfazione della sua pretesa.
(2) Il d.lgs. 19-2-1998, n. 51 ha modificato la norma sostituendo il pretore con il giudice dell'esecuzione, quale organo deputato a decidere sull'eccezione in tal senso proposta dal debitore e lasciando sostanzialmente immutata la disciplina prevista dalla norma in esame. Rimane pertanto la preferenza in passato accordata al giudice dell'esecuzione immobiliare (e cioè al tribunale con prevalenza sul pretore, competente per le ipotesi di cumulo di espropriazioni devolute tutte alla sua cognizione). Invero, anche se oggi tutte le procedure esecutive spettano al tribunale, il giudice che è chiamato ad occuparsi dell'esecuzione immobiliare è altresì chiamato a decidere sul cumulo, con preferenza rispetto agli altri giudici delle varie esecuzioni cumulate.
(3) E' opportuno indicare che il valore dei beni complessivamente pignorati con i diversi mezzi di espropriazione non può eccedere la somma dei crediti del creditore procedente e dei creditori eventualmente intervenuti, analogamente al caso previsto dall'art. 496. Nel caso in cui venisse superato tale valore, la legge prevede la possibilità di limitare l'espropriazione al mezzo scelto dal creditore o, in mancanza, dal giudice. La limitazione dei mezzi di espropriazione deve essere richiesta mediante un'apposita istanza di parte e non può essere attuata d'ufficio dal giudice. L'istanza de quo deve rivestire la forma dell'opposizione, che deve essere distinta dalle opposizioni ex artt. 615 e 617, e deve essere presentata con ricorso in cancelleria o con semplice dichiarazione in udienza.

Ratio Legis

La ratio dell'articolo in commento è quello di attribuire al creditore la possibilità di avvalersi di diverse forme si espropriazione, ad esempio mobiliare o immobiliare, al fine di offrire piena tutela al creditore. Invero, nel caso in cui con un singolo mezzo di espropriazione non si riesca ad ottenere la piena soddisfazione del creditore, a quest'ultimo è data la possibilità di valersi degli altri mezzi di espropriazione (ad es. dall'espropriazione mobiliare presso il debitore all'espropriazione presso terzi). E' bene precisare che questa possibilità per il creditore è prevista non senza una garanzia per il debitore, il quale può proporre opposizione, qualora l'escussione intentata risulti eccessiva rispetto all'entità del credito dovuto.

Brocardi

Sero venientibus, ossa

Spiegazione dell'art. 483 Codice di procedura civile

Questa norma riconosce al creditore il diritto di valersi contemporaneamente delle diverse forme di espropriazione previste dalla legge (mobiliare, immobiliare e presso terzi) al fine di soddisfare il suo diritto, senza rispettare alcun ordine di priorità, se non per quanto concerne i beni su cui il creditore già fruisce di una garanzia reale ex art. 2911 del c.c..

Il debitore, da parte sua, ha diritto ad opporsi ed il giudice dell’esecuzione, a seguito di tale opposizione, con ordinanza non impugnabile (ma ricorribile in cassazione ex art. 111 Cost. comma 7), può limitare l’espropriazione al mezzo che il creditore sceglie ovvero, in assenza di scelta, a quello che lui stesso vorrà determinare (si tratta di una delle misure speciali di salvaguardia poste a tutela del debitore, volte ad evitare eccessi nell'uso del procedimento di esecuzione forzata).

La limitazione dei mezzi di espropriazione va richiesta con un’apposita istanza di parte (avente appunto la forma dell’opposizione) e non può essere disposta dal giudice ex officio; si tratta di una forma di opposizione che va distinta dalle opposizioni di cui all’art. 615 del c.p.c. ed all’art. 617 del c.p.c. e va presentata in cancelleria ovvero a mezzo di una semplice dichiarazione in udienza.
Questa consiste in un mero reclamo motivato da ragioni di opportunità, non soggetto a limiti di tempo e diretto a correggere l'attività della parte o dell'ufficiale giudiziario, non essendovi un precedente provvedimento del giudice da eliminare.

Per quanto concerne il procedimento, si ritiene che il giudice chiamato a decidere debba disporre l'audizione degli interessati ex art. 485 del c.p.c..

Nel caso in cui sia stato eseguito anche un pignoramento immobiliare, competente a pronunciare l’ordinanza è il giudice dell’esecuzione immobiliare, ossia il Tribunale.

La valutazione dell'eccessività deve essere effettuata dal giudice caso per caso, tenendo conto:
  1. degli interessi del creditore pignorante e degli intervenuti,
  2. del valore dei beni esecutati,
  3. dell'ammontare del credito dell'istante, dei crediti degli intervenienti e di coloro che vantino cause legittime di prelazione.

Massime relative all'art. 483 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 10668/2019

In materia di esecuzione forzata tributaria, la disciplina sul cumulo dei mezzi di espropriazione di cui all'art. 483 c.p.c. opera, in virtù della clausola generale di buona fede e dei principi in tema di abuso del processo, anche nella fase anteriore all'inizio dell'esecuzione, nella quale il contribuente può pertanto far valere, impugnando la cartella di pagamento (o gli altri atti prodromici alla riscossione coattiva), le condotte abusive dell'agente di riscossione, che manifesti l'intenzione di avviare ulteriori processi esecutivi, pur avendo già impiegato fruttuosamente gli strumenti processuali volti alla soddisfazione coattiva del credito.

Cass. civ. n. 7078/2015

In materia di espropriazione forzata, la necessità di coordinare il principio della cumulabilità dei mezzi di esecuzione con il divieto di abuso degli strumenti processuali - ricavabile dalla previsione dell'art. 111, primo comma, Cost., nonché dall'operatività degli obblighi di correttezza e buona fede anche nell'eventuale fase patologica di una relazione contrattuale - comporta che l'emissione di un'ordinanza di assegnazione, sebbene di regola non precluda la possibilità di ottenerne altre in relazione allo stesso titolo e fino alla soddisfazione effettiva del credito, renda illegittima la scelta del creditore di intraprendere una nuova esecuzione, allorché egli sia stato integralmente soddisfatto in forza di detto provvedimento, né deduca la mancata ottemperanza all'ordine di assegnazione da parte del suo destinatario.

Cass. civ. n. 18533/2007

In materia esecutiva, nell'ipotesi di pignoramento eseguito in modo da sottoporvi beni di valore eccedente il credito per cui si procede, non si ha un caso di esercizio dell'azione esecutiva per un credito inesistente e, quindi, il mezzo per dolersi di tale eccesso non è una domanda di opposizione all'esecuzione, da proporsi al giudice della cognizione, ma una domanda da presentare al giudice dell'esecuzione, in base agli artt. 483 e 496 c.p.c., per ottenere la liberazione dei beni dal pignoramento o la sua riduzione. Conseguentemente, non essendosi in presenza di un esercizio di azione esecutiva in assenza di credito, non è configurabile una responsabilità processuale aggravata per colpa in base all'art. 96, secondo comma, c.p.c. Tuttavia, in presenza di un eccesso nell'impiego del mezzo esecutivo connotato da dolo o colpa grave, è giustificata non solo l'esclusione dall'esecuzione dei beni sottopostivi in eccesso, ma anche la condanna del creditore procedente per responsabilità processuale aggravata, la quale può essere pronunciata dallo stesso giudice con il provvedimento che, riguardo ai beni liberati dal pignoramento, chiude il processo esecutivo, restando la difesa del creditore affidata all'opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 3423/1997

Poiché nel processo esecutivo la configurabilità della stessa causa, ai sensi dell'art. 39, primo comma, c.p.c., postula non solo l'identità dei soggetti e della causa petendi (titolo esecutivo), ma anche dei beni sottoposti ad esecuzione; poiché l'art. 483 c.p.c., nel prevedere il cumulo dei mezzi di espropriazione non lo limita a quello su beni di natura eterogenea, ossia mobili, crediti e immobili; poiché l'art. 527 c.p.c., primo comma, prevede la possibilità di pignorare, in base allo stesso titolo esecutivo, «altri beni» senza distinguere tra quelli dello stesso tipo e non, il creditore può procedere esecutivamente, in tempi successivi, anche su beni omogenei, con l'unico limite, sottoposto al controllo del giudice (art. 496 c.p.c., di cui l'art. 504 c.p.c. costituisce applicazione) della congruità dei mezzi di esecuzione.

Cass. civ. n. 5492/1984

In ipotesi di cumulo dell'espropriazione mobiliare con quella immobiliare, compete al giudice dell'esecuzione di decidere sulle richieste del debitore rivolte a limitare l'espropriazione ad un solo mezzo, nonché, effettuata tale limitazione, a ridurre il pignoramento rimasto efficace (artt. 483 e 496 c.p.c.), ed il provvedimento che respinga in tutto od in parte dette istanze configura un atto esecutivo, come tale impugnabile con opposizione ai sensi dell'art. 617 c.p.c. (sia per vizi formali, sia per questioni inerenti all'opportunità).

Cass. civ. n. 1639/1977

La domanda volta ad ottenere in via principale la limitazione del cumulo dell'espropriazione mobiliare con l'espropriazione immobiliare ai sensi dell'art. 483 c.p.c. ed, in subordine, la riduzione del pignoramento ai sensi dell'art. 496 c.p.c., non integrando gli estremi dell'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, va inquadrata fra le misure speciali, contemplate dagli artt. 483, 496, 504 e 508 c.p.c., intese ad evitare eccessi nell'uso del procedimento di esecuzione forzata, e perciò non soggette ad alcun termine di decadenza.

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Alberto G. chiede
martedì 09/03/2021 - Puglia
“La procedura di conversione del pignoramento immobiliare prevede la cauzione, pari ad almeno 1/6 dell'ammontare dei crediti vantati dal procedente, previa deduzione dei versamenti già effettuati per cui sia fornita prova scritta. Nel mio caso il creditore ha già riscosso seppur dopo l'avvenuta notifica del pignoramento immobiliare una parte del credito (circa il 40%) attraverso un'altra procedura di pignoramento c/o terzi (un credito presso un ente pubblico per il quale il magistrato competente ha disposto il prelievo forzoso a 2 creditori). A riguardo ho emesso regolare fattura con quietanza e citazione in fattura dei 2 nominativi beneficiari di cui 1 è il procedente. A giorni depositerò istanza di conversione allegando la cauzione e la copia della fattura e la quietanzata ricevuta dall'ente pubblico. Posso versare in cancelleria l'assegno bancario per la cauzione con l'importo pari ad 1/6 sull'importo residuo precettato dedotto quanto gia' incassato dal procedente? Oppure devo comunque predisporre la cauzione sull'importo totale del precetto?”
Consulenza legale i 15/03/2021
Anche se su questa particolare fattispecie non si riesce a rinvenire alcun precedente giurisprudenziale (almeno nelle banche dati di cui si avvale questa Redazione), il testo dell’art. 495 c.p.c. sembra essere abbastanza chiaro nel disporre che, ai fini della determinazione del sesto da versare a titolo di cauzione, occorre dedurre i versamenti già effettuati e di cui si sia in grado di fornire prova documentale.
In particolare, nel parlare di “versamenti già effettuati” nulla è stato specificato dal legislatore circa le modalità attraverso cui tali versamenti devono essere stati eseguiti, se in modo coatto (come è avvenuto qui) o in modo spontaneo (come di norma avviene).
Ciò di cui, invece, lo stesso legislatore si è preoccupato, specificandolo espressamente, è che dei versamenti già effettuati deve essere data prova documentale.

Ora, la norma di cui si discute è certamente una norma che ha da sempre posto problemi applicativi, alcuni dei quali sono stati risolti univocamente nella prassi giurisprudenziale, altri invece continuano ad essere oggetto di differente interpretazione.
Un aspetto, comunque, deve essere ben chiaro e far riflettere nell’adottare ogni tipo di iniziativa: l’obiettivo che con essa ci si è prefissi è quello di realizzare il pagamento dell’intero credito azionato esecutivamente, evitando l’inutile immobilizzo dei beni qualora il debitore sia disposto a versare somme di denaro, preferendo che il pagamento avvenga attraverso il processo previa liquidazione del dovuto e, eventualmente, richiesta di ammissione al beneficio della rateizzazione se le cose pignorate sono costituite da immobili.

Proprio per garantire il creditore e dare un certo carattere di concretezza e serietà all’istanza di conversione (intendendosi così evitare che la stessa possa avere finalità meramente dilatorie) il legislatore ha richiesto, quale espressa condizione di ammissibilità dell’istanza, il versamento di una cauzione, la cui misura va determinata secondo le indicazioni fornite al secondo comma della norma.
In particolare, gli importi da considerare ai fini della richiesta di conversione sono:
  1. il credito per il quale è stato eseguito il pignoramento, non l’eventuale maggior credito originario inadempiuto;
  2. i crediti dei creditori intervenuti fino al momento di presentazione dell’istanza, risultanti dai relativi atti di intervento.

Dalla somma così determinata devono essere detratti gli eventuali acconti versati dal debitore.
Parte della dottrina ha al riguardo precisato che, al fine di non incorrere nella violazione del principio della par condicio creditorum, possano essere defalcati solo gli acconti versati prima dell’inizio del processo esecutivo, dei quali i creditori non abbiano tenuto conto in precetto o negli atti di intervento.
L’adesione a questa tesi, abbastanza rigida, non può avere altra conseguenza che quella di dover escludere nel caso di specie, a rigori, che si possa tener conto delle somme già assegnate al creditore per il medesimo credito, in quanto il soddisfacimento parziale sarebbe avvenuto dopo l’inizio del processo esecutivo.

In contrario si osserva che tale soluzione finisce di fatto per non tener conto di pagamenti in ogni caso idonei ad essere considerati ai fini del riparto finale.
In buona sostanza il debitore, ai fini della procedura esecutiva, finirebbe per pagare inutilmente qualora versasse direttamente degli acconti ai creditori dopo il pignoramento.
Del resto, si osserva anche che non ci si spiega come mai in pendenza della procedura esecutiva sia consentito al debitore estinguere alcune posizioni, così da ottenere la rinuncia del singolo creditore (a prescindere perfino dal privilegio che assiste il credito nella procedura stessa) ed, al contrario, non gli debba essere consentito effettuare, al di fuori di quello specifico processo esecutivo per il quale si intende chiedere la conversione, pagamenti in via stragiudiziale o coatta (come in questo caso), che vanno di fatto ad estinguere parzialmente il credito o uno dei crediti azionati.

Nessun problema, ovviamente, può sussistere sotto il profilo della prova documentale, in quanto, sebbene anche a tale riguardo il legislatore non specifichi nulla, se trattasi della prova rigorosa di cui all’art. 2699 del c.c. ovvero di quella più elastica di cui all’art. 633 del c.p.c. (ciò che potrebbe dar luogo a contestazioni tra le parti, che il giudice è tenuto a risolvere con l’ordinanza di liquidazione del credito, opponibile ex art. 617 del c.p.c.), in questo specifico caso la prova consisterebbe in una formale fattura con quietanza di pagamento rilasciata da un ente pubblico, terzo debitor debitoris.

A sostegno della tesi che fa propendere per il riconoscimento del diritto di considerare nella somma da dedurre quella parte di credito già riscossa forzatamente, possono valere le seguenti ulteriori argomentazioni.
Quello che il creditore procedente ha giuridicamente realizzato non è altro che un cumulo dei mezzi di espropriazione ex art. 483 del c.p.c., istituto giuridico di cui il creditore può avvalersi, ma dal cui esercizio ne consegue in capo al debitore il diritto di chiedere, sussistendone i presupposti, che l’esecuzione venga limitata ad un solo mezzo di espropriazione (volto a tutelare il debitore da abusi del creditore che intenda cumulare arbitrariamente diversi mezzi espropriativi).

A nulla varrebbe opporre che nel caso in esame il debitore non abbia più diritto di avvalersi dell’istituto giuridico della limitazione, sull’assunto che la relativa istanza presuppone la contestuale pendenza delle diverse esecuzioni, mentre qui la procedura di pignoramento presso terzi è più che conclusa, essendo stata emessa l’ordinanza di assegnazione delle somme ex art. 533 del c.p.c..

In senso contrario può osservarsi che la giurisprudenza pacificamente ammette la possibilità di azionare il rimedio dell’opposizione al cumulo dei mezzi espropriativi successivamente all’ordinanza di assegnazione delle somme di cui all’art. 553 c.p.c. (cfr. Cass. sent. n. 10668/2019; Ordinanza n. 8151/2020).
Infatti, si afferma che l’ordinanza di assegnazione, pur estinguendo la procedura, non faccia venir meno l’interesse del debitore a non vedere abusivamente moltiplicate le esecuzioni nei suoi confronti.
Da ciò se ne deve far conseguire che sarebbe da ritenere ammissibile l’istanza del debitore e che, pertanto, il giudice sarebbe costretto ad entrare nel merito della domanda.

Tali considerazioni dovrebbero essere più che sufficienti per poter indurre il giudice, nel rispetto di indubbie e superiori esigenze di economia processuale, a preferire e ritenere corretto il versamento di una cauzione che tenga già conto di quanto dal medesimo creditore riscosso in forza del cumulo dei mezzi di espropriazione, piuttosto che rischiare, in caso contrario, di costringere il debitore ad instaurare un giudizio di opposizione al cumulo dei mezzi di espropriazione ex art. 483 c.p.c..

Tuttavia, malgrado come si è detto in apertura, non dovrebbero sussistere dubbi interpretativi in ordine a ciò a cui il legislatore si sia voluto riferire con l’espressione “dedotti i versamenti effettuati”. la sussistenza della tesi sopra riportata secondo cui per versamenti effettuati devono intendersi solo quelli versati o, comunque conseguiti, prima del processo esecutivo (e non anche quelli successivi a tale momento), inducono a voler prospettare una soluzione pratica della questione, che potrebbe mettere al riparo da ogni rischio di inammissbilità dell’istanza, aggirando il problema.

Ciò che si suggerisce, infatti, è di versare, come dispone la norma, una somma non inferiore ad un sesto dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti degli eventuali creditori intervenuti e di chiedere al giudice, facendone espressa richiesta nella medesima istanza di conversione, di dedurre la somma già riscossa forzatamente dal creditore in sede di concreta determinazione, con sua successiva ordinanza, della somma da sostituire al bene pignorato.
Del resto, il terzo comma dell’art. 495 c.p.c. dispone espressamente che tale ordinanza debba essere emessa in contraddittorio tra le parti, ossia dopo aver sentito le stesse in udienza.