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Articolo 2922 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Vizi della cosa. Lesione

Dispositivo dell'art. 2922 Codice Civile

Nella vendita forzata non ha luogo la garanzia per i vizi della cosa [1490](1).

Essa non può essere impugnata per causa di lesione(2).

Note

(1) L'opinione giurisprudenziale prevalente ritiene che il divieto di applicazione dettato dalla presente norma si allarghi anche all'ipotesi ex art. 1497 inerente alla responsabilità per mancanza di qualità della cosa venduta, consistente nella circostanza in cui la res alienata non abbia le qualità specificamente promesse dal venditore, ovvero quelle essenziali per l'utilizzo verso cui è destinata.
(2) Il presente comma è abbastanza superfluo in quanto, in tale ipotesi, non vi sono gli adeguati presupposti affinché si faccia luogo all'azione di rescissione per lesione ex art. 1448, ossia da una parte lo stato di bisogno in capo ad un soggetto e dall'altra l'abuso dello stesso esercitato da un altro.

Ratio Legis

La disposizione in commento si occupa di stabilire la disciplina applicabile alle ipotesi in cui la cosa sottoposta a espropriazione forzata presenti dei vizi o si produca una lesione, al fine di impedire la configurazione di un'eccessiva responsabilità in capo al creditore procedente.

Spiegazione dell'art. 2922 Codice Civile

Garanzia per vizi della cosa e impugnativa per causa di lesione

Riunendo in un'apposita norma le disposizioni già contenute negli articoli 1506 e 1536 codice del 1865, si è dato opportuno rilievo alla circostanza che, data la sua natura, è opportuno conferire alla vendita giudiziale la massima stabilità, proibendo cosi rispetto ad essa l'azione redibitoria e la quanti minoris. Sotto questo profilo pertanto il trasfe­rimento posto in essere dal provvedimento esecutivo, e quindi l'acquisto, si differenziano dai rispettivi momenti del trasferimento e del resto nella vendita volontaria, differenza che deve essere riportata al carattere coattivo del trasferimento stesso.

Lo stesso è da dirsi rispetto alla impugnativa della vendita per causa di lesione: anche qui si è preferito tener fermo l'atto, funzionalmente diretto al soddisfacimento dei creditori del debitore, non essendo pos­sibile riferire al compratore la volontà di sorprendere o di approfittare del venditore, dato che nella specie il venditore è l'organo giurisdizionale, onde chi offre può ritenere che il prezzo per cui il bene gli è aggiudicato costituisca il giusto prezzo, senza incorrere nell'alea di una impugnazione per lesione (art. 2448).


Ambito di applicabilità della disposizione

L'articolo annotato fa cenno della sola vendita forzata, mentre nel vecchio codice vi era riferimento alla vendita giudiziale ed alla ven­dita ai pubblici incanti. Se ne può dedurre che l'esclusione della garanzia per vizi della cosa e della impugnabilità per lesione sia limitata alla vera e propria espropriazione forzata, mentre essa non deve estendersi a quelle vendite per opera del giudice, quale quella prevista all'art. 733 cod. proc. civ. (vendita dei beni del minore), che costituiscono vendite giudiziali ma volontarie.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2922 Codice Civile

Cass. civ. n. 2064/2023

Nella vendita forzata l'esclusione della garanzia per vizi della cosa, prevista dall'art. 2922 c.c., è limitata ai casi in cui la cosa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, ovvero appartenga per caratteristiche strutturali ad un tipo o ad una specie diversa da quella pattuita, e non riguarda, quindi, l'ipotesi di consegna di "aliud pro alio" che è configurabile sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nella ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto.

Cass. civ. n. 8881/2020

La vendita al pubblico incanto di cosa ricevuta in pegno, ai sensi dell'art. 2797 c.c., configura una forma di autotutela privata esecutiva, diversa e distinta dall'espropriazione forzata, sicché alla stessa non si applica la disciplina prescritta per la vendita forzata e, in particolare, l'art. 2922 c.c., che nega alla parte acquirente la possibilità di fare valere i vizi della cosa venduta, in quanto le cose ottenute in pegno non sono liberamente negoziabili dal creditore garantito, comunque tenuto al rispetto delle leggi speciali inerenti alle forme specifiche di costituzione del pegno. Deve, tuttavia, considerarsi lecita e meritevole di tutela, in ossequio al principio di autonomia privata ex art. 1322 c.c., la previsione regolamentare e convenzionale (desumibile anche in via implicita dal regolamento d'asta) di esclusione del diritto del partecipante all'asta di contestare i vizi redibitori e la mancanza di qualità della cosa venduta in base agli artt. 1490 e 1497 c.c., fatta salva la tutela riconosciuta in caso di vendita di "aliud pro alio".

Cass. civ. n. 14165/2016

L'esclusione della garanzia per i vizi della cosa, sancita dall'art. 2922 c.c. per la vendita forzata compiuta nell'ambito dei procedimenti esecutivi - applicabile anche a quella disposta in sede di liquidazione dell'attivo fallimentare - riguarda le fattispecie prefigurate dagli artt. da 1490 a 1497 c.c. (vizi e mancanza di qualità della cosa), ma non l'ipotesi di consegna di "aliud pro alio", configurabile, invece, se il bene aggiudicato appartenga ad un genere affatto diverso da quello indicato nell'ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico sociale, oppure quando ne sia del tutto compromessa la destinazione all'uso, ivi considerato, che abbia costituito elemento dominante per l'offerta di acquisto. Tale speciale disciplina si giustifica, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., in ragione delle peculiarità della vendita forzata che, partecipando alla natura pubblicistica del procedimento, realizza congiuntamente l'interesse pubblico, connesso ad ogni processo giurisdizionale, e quello privato, dei creditori concorrenti e dell'aggiudicatario, sicché il loro contemperamento, in sede di regolamentazione degli effetti di tale atto, è frutto di una legittima scelta del legislatore.

Cass. civ. n. 7708/2014

Nella vendita forzata l'aggiudicatario del bene pignorato, in quanto parte del processo di esecuzione, ha l'onere di far valere l'ipotesi di "aliud pro alio" con il solo rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, che va esperita - nel limite temporale massimo dell'esaurimento della fase satisfattiva dell'espropriazione, costituito dalla definitiva approvazione del progetto di distribuzione - comunque entro il termine perentorio di venti giorni dalla legale conoscenza dell'atto viziato, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo una diligenza ordinaria.

Cass. civ. n. 4085/2005

L'esclusione della garanzia per i vizi della cosa, prevista dall'art. 2922 c.c., in riferimento alla vendita forzata compiuta nell'ambito dei procedimenti esecutivi, applicabile anche alla vendita disposta in sede di liquidazione dell'attivo fallimentare, opera per le fattispecie previste dagli articoli da 1490 a 1497 c.c., cioè nel caso di vizi della cosa e di mancanza di qualità, ma non riguarda l'ipotesi di vendita di aliud pro alio configurabile quando il bene aggiudicato appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nell'ordinanza di vendita, ovvero manchi delle qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale, ovvero risulti compromessa la destinazione del bene all'uso che, preso in considerazione dalla succitata ordinanza, abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto. (Nella specie, la Corte di cassazione ha cassato, per difetto di motivazione, il decreto del Tribunale che non aveva congruamente indicato le ragioni in virtù delle quali il vincolo idrogeologico gravante sull'immobile venduto, non menzionato negli atti della procedura, non comprometteva la naturale funzione economico-sociale del bene ).

Cass. civ. n. 7294/2003

In tema di esecuzione per espropriazione forzata, qualora l'immobile aggiudicato risulti gravato da diritti reali non apparenti né indicati negli atti della procedura, senza che l'aggiudicatario sia a conoscenza della situazione reale, deve riconoscersi a questo non il diritto a far valere la garanzia per evizione, limitata al solo diritto di proprietà, ma a far valere le garanzie di cui all'art. 1489 c.c. secondo le regole comuni, tenuto conto che tali regole incontrano una deroga nella vendita forzata solo con riguardo alla garanzia per vizi, esclusa dall'art. 2922, primo comma, c.c.

Cass. civ. n. 10015/1998

L'esclusione della garanzia per i vizi della cosa, prevista dall'art. 2922 c.c. in riferimento alla vendita forzata compiuta nell'ambito dei procedimenti esecutivi, si riferisce alle fattispecie previste dagli articoli da 1490 a 1497 c.c., e cioè ai vizi della cosa e alla mancanza di qualità, e non riguarda l'ipotesi di aliud pro alio tra il bene oggetto dell'ordinanza e quello oggetto dell'aggiudicazione, deducibile anche rispetto alla vendita forzata, con conseguente annullamento della vendita. Tuttavia, nell'ipotesi in cui il bene trasferito sia solo quantitativamente diverso da quello descritto nell'ordinanza di vendita, e la domanda dell'interessato sia diretta semplicemente alla restituzione di parte del prezzo, è escluso il ricorso al rimedio regolato dall'art. 1497 c.c. ed il conseguente annullamento della vendita. La parziale inesecuzione del contratto fa sorgere, invero, il diritto dell'acquirente alla ripetizione di parte del prezzo (obbligazione, questa, che si configura come debito di valuta e non di valore), rimedio ammissibile anche in caso di esecuzione forzata. Ed infatti, l'art. 2921, secondo comma, c.c., consentendo all'aggiudicatario che non riesca a conseguire una parte del bene il diritto a ripetere una parte proporzionale del prezzo di aggiudicazione, impedisce che si verifichi un indebito arricchimento di coloro che dovranno ripartirsi il prezzo ricavato dalla vendita, in applicazione del principio generale della ripetizione dell'indebito.

Cass. civ. n. 11018/1994

L'esclusione della garanzia per i vizi della cosa, prevista dall'art. 2922. comma 2, c.c. con riferimento alla vendita forzata compiuta nell'ambito dei procedimenti esecutivi, si riferisce alle fattispecie previste dagli artt. da 1490 a 1497 c.c. (vizi della cosa e mancanza di qualità) e non riguarda quindi l'ipotesi di aliud pro alio tra bene oggetto dell'ordinanza di vendita e quello oggetto dell'aggiudicazione, con figurabile sia quando la cosa appartenga a un genere del tutto diverso da quello indicato nell'ordinanza (ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale), sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita. abbia costituito elemento determinante per l'offerta d'acquisto. (Nella specie era stato impugnato un provvedimento del tribunale fallimentare relativo alla comminazione della decadenza dell'aggiudicatario ex art. 587 c.p.c. e la S.C., sulla base dell'esposto principio, ha annullato tale provvedimento, fondato sull'affermazione che la non edificabilità di un terreno — in ipotesi qualificato come edificabile nell'ordinanza di vendita — si traduce in un vizio della cosa non deducibile rispetto ad una vendita forzata).

Cass. civ. n. 10320/1991

Qualora l'immobile aggiudicato, in esito ad esecuzione per espropriazione forzata, risulti difforme o privo delle qualità indicate negli atti della procedura, senza che l'aggiudicatario sia a conoscenza della situazione reale, deve riconoscersi a questi il diritto di denunciare la mancanza di quelle qualità, ovvero la consegna di aliud pro alio, secondo le regole comuni, tenuto conto che tali regole trovano deroga nella vendita forzata, inclusa quella promossa da istituto di credito in base alla disciplina sul credito fondiario, solo con riguardo alla garanzia per vizi, esclusa dall'art. 2922 primo comma c.c., e che, inoltre, non è onere dell'aggiudicatario medesimo di controllare l'esattezza delle menzionate indicazioni.

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Luigi O. chiede
giovedì 10/03/2022 - Sardegna
“Buongiorno, qualche mese fa abbiamo visto nel sito del Tribunale la pubblicità di un immobile all'asta.
Abbiamo scaricato l'ordinanza di vendita e la perizia.
Su entrambe era dichiarato che l'immobile aveva una superficie di mq 201.
Preciso che l'immobile non era visitabile in quanto occupato da terzi.
Abbiamo fatto una valutazione del prezzo al mq e abbiamo deciso di partecipare. Quindi abbiamo fatto istanza di partecipazione alla vendita con incanto presso il Tribunale, allegando l'assegno pari al 10% del prezzo base d'asta.
Pochi giorni fa abbiamo partecipato all'asta e, dopo vari rialzi motivati dalla generosa superficie di 201 mq, ci siamo aggiudicati l'immobile.
Ieri abbiamo fatto fare una visura catastale aggiornata e ci siamo accorti di aver preso una bella fregatura.
Infatti nella visura risulta che l'immobile ha una superficie catastale di soli 87 merti quadri anzichè 201!!
A questo punto ci troviamo ad aver pagato un prezzo fuori mercato tanto che anche volendolo rivendere non incasseremo mai quello che stiamo spendendo anche perchè l'immobile ha delle parti abusive non sanabili e altre parti ancora da terminare.
La procedura invece sta ingiustamente incassando un prezzo che è al di sopra della valutazione di mercato.
Siamo convinti di essere vittime di una pubblicità ingannevole e vorremmo che l'asta fosse annullata.
In mancanza di ciò saremmo anche disponibili a perdere la caparra versata a condizione di non dover subire la norma che prevede che in caso di successiva aggiudicazione a un prezzo inferiore saremmo tenuti a pagare la differenza di prezzo.
Vi chiedo quindi se abbiamo la possibilità di contestare questa vendita di un bene diverso da quello rappresentato. In tal caso Vi chiedo anche se potreste occuparvene per nostro conto.
Ringrazio anticipatamente, cordiali saluti”
Consulenza legale i 16/03/2022
Purtroppo sia nel caso di vendita fallimentare che nel caso di vendita conseguente a procedura esecutiva individuale, per ciò che concerne gli effetti della vendita forzata e dell’assegnazione trovano applicazione le norme dettate dall’art. 2901 e ss. c.c.
Tra queste, in particolare, quella che più interessa il caso di specie è l’art. 2922 c.c., il quale dispone che nel caso di vendita forzata non soltanto non ha luogo la garanzia per vizi, ma la stessa vendita non può neppure essere impugnata per causa di lesione.
E’ proprio nel concetto di “lesione”, da intendere più propriamente come “sproporzione”, che si deve far rientrare ciò che viene lamentato nel quesito, il che comporta che, in linea generale, colui il quale si aggiudica un immobile all’asta non ha alcun diritto di far valere le normali garanzie che sono previste in favore dell’acquirente, quali risultanti dagli artt. 14601497 c.c., né può dolersi del fatto che il bene acquistato ad un determinato prezzo si rivela, nei fatti, di prezzo notevolmente inferiore.

La ragione essenziale di tale esclusione delle garanzie deve individuarsi nella stessa natura coattiva di queste forme di vendita, le quali si caratterizzano per l’assenza di qualunque consenso da parte del debitore esecutato, il cui bene vene alienato.
A ciò si aggiunga che occorre tenere conto anche della particolare funzione del prezzo ricavato dall’asta, che è quella di soddisfare i creditori procedenti, tra i quali andrà successivamente ripartito.
L’esclusione delle garanzie per i vizi della cosa, nonché dell’impugnativa della vendita per causa di lesione è, quindi, una conseguenza necessaria delle particolari condizioni in cui avviene il trasferimento della proprietà dell’immobile.

In realtà, il problema che qui viene sollevato si pone con molta frequenza nella prassi giudiziaria, tant’è che sia in dottrina che in giurisprudenza, al fine di salvaguardare in qualche modo la posizione dell’acquirente, si è ritenuto opportuno distinguere tra tre particolari tipologie di vizi, ovvero il c.d. vizio redibitorio, la mancanza di qualità promesse o essenziali e la vendita di aliud pro alio.
Le prime due tipologie di vizi presuppongono pur sempre che la cosa venduta appartenga al genere a cui si fa riferimento (ciò significa che se viene venduto un appartamento non può trattarsi di un garage o di un locale commerciale).
In particolare si ha vizio redibitorio quando il bene venduto presenta difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa (può farsi l’esempio degli infissi divelti o che si presentino in condizioni fatiscenti, o anche quello di tutti i sanitari dell’abitazione asportati).
Ricorre, invece, un’ipotesi di mancanza di qualità promesse quando viene in considerazione un difetto riferito a quelle particolari caratteristiche del bene che ne esprimono la funzionalità, l’utilità o il pregio e che influiscono sulla classificazione della cosa come appartenente ad una specie piuttosto che ad un’altra. Si fanno rientrare in questo tipo di vizi il caso di una superficie più piccola di quella risultante dalla perizia, di un terrazzo impraticabile perché munito di parapetti troppo bassi, ovvero quello di una costruzione in cemento armato anziché in pietra.
Di questa particolare tipologia di difetti si occupa l’art. 1497 c.c. e gli stessi assumono rilevanza soltanto se risultino essenziali all’uso del bene ovvero se abbiano costituito oggetto di uno specifico impegno tra le parti.

Ricorre la consegna di aliud pro alio, infine, quando la cosa trasferita appartiene ad un genere del tutto diverso ovvero presenta dei difetti talmente gravi da impedire al bene di assolvere alla sua naturale funzione, facendolo degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella presa in considerazione nel contratto (gli esempi più ricorrenti sono quelli della mancanza di certificato di abitabilità o del terreno offerto in vendita come edificabile mentre in realtà ha destinazione agricola).

Ebbene, della suddetta distinzione la dottrina si è avvalsa per giungere a sostenere che nel campo di applicazione dell’art. 2922 c.c. possano farsi rientrare sia i vizi redibitori che la mancanza delle qualità promesse, dovendosi invece riconoscere anche a colui che acquista all’asta il diritto di contestare la consegna di un bene affetta da mancanza di qualità essenziali tali da dar luogo alla consegna di aliud pro alio.
In tale ultima circostanza, infatti, si viene a configurare un’ipotesi di nullità assoluta della vendita forzata, sia dal punto di vista sostanziale che processuale; lo stesso sistema processuale italiano non consente che si possa vendere un bene che non corrisponda esattamente a quello individuato nell’atto di pignoramento e negli altri atti preparatori della vendita.

Ora, seppure da un punto di vista prettamente teorico il difetto di cui in questo caso ci si duole deve farsi rientrare, come si è sopra detto, nella fattispecie della mancanza delle qualità promesse, si ritiene opportuno tuttavia evidenziare che, sotto un profilo pratico, non è così facile individuare le ipotesi di consegna di aliud pro alio distinguendole dai vizi per i quali nelle aste giudiziarie l’art. 2922 esclude la garanzia.
Ciò induce a suggerire di avvalersi, anche per casi come quello di specie, del rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, al fine di far valere la nullità della vendita forzata, adducendo a giustificazione di tale invocata nullità la notevole sproporzione tra la superficie indicata in atti e quella che di fatto l’immobile presenta, tale da poter configurare la vendita di un immobile al posto di un altro.
Peraltro, tenuto conto che la nullità può essere fatta valere in ogni tempo, tale forma di opposizione non sarebbe soggetta al termine perentorio di cinque giorni previsto dall’art. 617 c.p.c.
Il risultato che, in caso di accoglimento di tale opposizione, se ne dovrebbe conseguire, sarebbe l’esonero dell’acquirente dal rispetto del termine per il versamento del saldo del prezzo ovvero, qualora la decisione arrivasse dopo la scadenza di tale termine (e dunque il prezzo fosse stato già versato), la restituzione dell’intera somma versata da parte dell’ufficio dell’esecuzione.
Infine, qualora il ricavato della vendita fosse già stato distribuito trai creditori, l’eventuale dichiarazione di nullità di quella vendita legittimerebbe l’aggiudicatario ad agire pro quota nei confronti di ciascuno dei creditori per il recupero della somma versata.

Per ciò che concerne il problema della presenza di abusi, occorre avere massima certezza del fatto che degli stessi non sia stata data adeguata pubblicità e informazione agli offerenti e, in particolare, all’aggiudicatario (si tenga presente che, secondo quanto disposto dall’art. 173 bis delle disp. att. c.p.c., l’elaborato dello stimatore deve necessariamente contenere specifiche informazioni relative alla conformità o difformità dell’immobile alla concessione edilizia, alla possibilità di ottenere la sanatoria degli eventuali abusi e i relativi costi, ad eventuali istanze di condono, ecc.).
Infatti, se degli stessi vi è traccia negli atti di vendita, allora nulla potrà opporsi, in quanto l’irregolarità edilizio urbanistica dell’immobile pignorato, edificato in assenza o in difformità dal provvedimento amministrativo abilitativo, non impedisce la sua commerciabilità nella procedura esecutiva, individuale o concorsuale.
Ciò perché l’art. 46 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), riproduttivo dell’art. 40, comma 6, Legge 28 febbraio 1985 n.47, che sanziona con la nullità la circolazione di immobili abusivi non sanati o non in corso di sanatoria, trova applicazione unicamente per i trasferimenti su base negoziale o volontaria, ma non già per i trasferimenti coattivamente eseguiti.
Qualora, invece, dell’abuso edilizio non sia stata data adeguata pubblicità e informazione, anche in questo caso potrà farsi valere la nullità della vendita per consegna di aliud pro alio, avvalendosi dello strumento giuridico di cui si è detto prima, ossia l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., svincolata anche in questo caso dal termine di 5 giorni richiesto per la sua proposizione.

LAURA L. chiede
giovedì 12/11/2020 - Veneto
“Buongiorno,
ho acquistato all'asta un immobile. Nella perizia è specificato che il condono è definito, ma non è stata rilasciata la concessione in sanatoria in quanto non sono stati pagati gli oneri concessori quantificati in € 5.000 circa. Ora, facendo le pratiche per ottenere tale concessione, il Comune chiede € 18.000 di oneri, dovuti al fatto che il condono, presentato nel 1986 ai sensi della l. 47/85, era stato chiesto da un coltivatore diretto per la casa e altri annessi a servizio del fondo agricolo e quindi con oneri molto più bassi rispetto a chi non ha la qualifica di coltivatore diretto come nel mio caso. Chiedo se si possa configurare la condizione di aliud pro alio (casa e annessi rurali anziché di civile abitazione). Oltre a ciò risulta che una porzione di muro perimetrale della casa e relativi impianti tecnologici (fognature, pluviali, pozzetti, marciapiedi, bombolone GPL, pozzo per l'acqua a servizio della casa di abitazione) sono stati costruiti,(cioè sconfinano), su un frustolo di terreno di proprietà ex Ipab (ora Comune) e quindi probabilmente ora dovrò fare richiesta al Comune di acquisire tale frustolo di terreno con conseguenti oneri giuridici ed economici. Si può configurare negligenza del CTU e chiedere un risarcimento danni?”
Consulenza legale i 19/11/2020
Nella vendita forzata il potenziale acquirente gode di un importante vantaggio di carattere informativo, in quanto ha la possibilità di consultare con congruo anticipo la perizia di stima elaborata dal professionista nominato dal Giudice dell’esecuzione.
Tale perizia, allegata all’avviso di vendita, consente a qualunque interessato di avere un quadro aggiornato dello stato dell’immobile, della provenienza, dei vincoli trascritti su di esso, oltre che della sua regolarità edilizia ed urbanistica.

Ora, analizzando la perizia fatta pervenire insieme a questa richiesta di consulenza, deve rilevarsi che vi sono alcuni passaggi di essa che inducono ad escludere ogni forma di negligenza del CTU e, conseguentemente, la possibilità di avanzare nei confronti dello stesso una richiesta di risarcimento danni.

Ci si intende riferire alle seguenti parti della perizia:
  1. quella relativa alla identificazione catastale dei beni, ove viene specificata con estrema chiarezza la destinazione catastale degli immobili posti in vendita, risultando questi identificati con le categorie C/2- C/6 ed A/2 (pag. 5 della perizia);
  2. quella relativa alle menzioni sulla regolarità urbanistica (pag. 8): in tale parte viene espressamente precisato che:
- il mappale 324 ricade in zona agricola;
- per i fabbricati è stata presentata domanda di concessione in sanatoria (di cui vengono riportati gli estremi esatti) e la concessione non è stata rilasciata per mancato versamento degli oneri concessori.
Circa la quantificazione di questi ultimi, si precisa che erano stati determinati nel lontano 2007 in una somma pari a circa € 5.000,00, dandosi altresì atto che si trattava di somma determinata in via approssimativa.
  1. quella relativa alla stima del valore del lotto posto in vendita (pag. 10 della consulenza), da cui risulta che nella determinazione di tale valore si è tenuto conto di un abbattimento per definizione sanatoria e di un ulteriore abbattimento per assenza di garanzia di vizi della cosa venduta.

La precisa indicazione della classificazione catastale degli immobili esclude che l’aggiudicatario possa dolersi del fatto che non vi sia coincidenza tra il bene oggetto dell’ordinanza di vendita e quello oggetto di aggiudicazione.

In effetti, la giurisprudenza (in particolare si veda Cass. sent. n. 21840/2016) ha affermato che la mancanza per l’aggiudicatario della ordinaria garanzia per i vizi della cosa, inapplicabile alla vendita forzata ai sensi dell’art. 2922 del c.c., non possa estendersi alle ipotesi più gravi di c.d. aliud pro alio, ammettendo pacificamente tale forma di garanzia anche nel caso di vendita forzata.
Tuttavia, perché possa configurarsi una tale ipotesi si richiede che la cosa consegnata sia completamente difforme da quella oggetto di vendita (appartenendo ad un genere del tutto diverso), ovvero che sia assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente, che abbia difetti che la rendano inservibile, ovvero, infine, che risulti compromessa la destinazione del bene all’uso che abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto (così Cass. sent. n. 2858/2014).

Nulla di tutto ciò si ritiene che possa dirsi verificato nel caso di specie, sia perché, come già detto, l’offerente è stato posto in condizione di prendere preventivamente visione della perizia (ciò che secondo la giurisprudenza di legittimità costituisce, oltre che un diritto, un vero e proprio onere degli interessati), sia perché la classificazione catastale dell’immobile principale (indicata come A/2) è quella propria di un immobile destinato a civile abitazione (di cui gli altri, aventi categoria C/2 e C/6, costituiscono indubbiamente pertinenze).
Sulla destinazione agricola della particella su cui gli immobili ricadono si ritiene che non via sia neppure nulla da eccepire, considerato che il perito dà chiaramente atto di tale destinazione a pag. 8 della perizia.

Nulla può obiettarsi in relazione all’esatto ammontare degli oneri concessori da versare, in quanto nella perizia si attesta che la loro quantificazione in misura pari a circa euro 5.000,00 risale al 2007 e che la stessa, comunque, era stata effettuata in via approssimativa.
Certamente, proprio in considerazione di tale determinazione approssimativa, ben avrebbe potuto il potenziale acquirente, prima di rendersi aggiudicatario, verificare presso il competente ufficio tecnico comunale quale somma sarebbe stato necessario versare con esattezza a titolo di oneri concessori per conseguire la concessione edilizia in sanatoria.
A ciò si aggiunga l’ulteriore considerazione che, proprio per la definizione della sanatoria e per costi di eventuali lavori, il prezzo a base d’asta è stato abbattuto del 5%.

L’ultimo aspetto da considerare è quello relativo al fatto che una porzione di muro perimetrale della casa e relativi impianti tecnologici risultano realizzati su una striscia di terreno di proprietà comunale e che, pertanto, si renderebbe necessario acquistarne la proprietà.
Trattasi di ipotesi sicuramente non infrequente nella prassi, sia in caso di vendita negoziale che forzata, tant’è che lo stesso legislatore ha voluto fornire adeguate garanzie al compratore anche nelle ipotesi di vendita forzata o assegnazione.
Infatti, dispone l’art. 2921 del c.c. che l’acquirente della cosa espropriata che ne subisce l’evizione, anche parziale, ha diritto di ripetere una parte proporzionale del prezzo, anche nel caso in cui per evitare l’evizione sia stato costretto a pagare una somma di denaro.
La norma, tuttavia, presuppone che il terzo proprietario (in questo caso il comune) agisca in rivendica nei confronti dell’acquirente, distinguendosi a seconda che tale azione venga esercitata prima o dopo la distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita.
In questo secondo caso, ossia qualora il prezzo sia stato già riscosso dai creditori della procedura, l’acquirente potrà rivalersi su questi ultimi, salvo che gli stessi non vantino ipoteca o privilegio e che la causa di evizione non sia loro opponibile.

In giurisprudenza è stato chiarito che l’art. 2921 c.c. pone in essere una fattispecie astratta , in cui la vendita forzata e l'espropriazione costituiscono esclusivamente il presupposto o anche l'elemento iniziale e originario, mentre l'elemento costitutivo è dato dall'evizione, poiché in questo momento l'acquisto e la ripetizione della somma diventano indebito e nasce il diritto dell'aggiudicatario evitto alla ripetizione dell'indebito (così Cass. n. 655/1964).

Occorre anche evidenziare che, sia in dottrina che in giurisprudenza, si afferma che la tutela dell'aggiudicatario evitto diverge dalla garanzia per l’evizione che lo stesso codice civile disciplina in tema di vendita volontaria, non potendosi ritenere applicabili l’art. 1481 del c.c. (che prevede la sospensione del pagamento del prezzo in caso di pericolo di rivendica), né l’art. 1482 del c.c. (che riguarda il caso in cui la cosa sia gravata da vincoli), né, infine, l’art. 1489 del c.c. (relativa alla risoluzione della vendita in caso di scoperta di vincoli sulla cosa acquistata).

Ciò da conferma del fatto che, finché non si subirà l’evizione di quella striscia di terreno, non potrà reclamarsi alcun diritto nei confronti della procedura esecutiva, né tantomeno potrà sospendersi il pagamento del prezzo per inapplicabilità dell’art. 1481 c.c. appena citato.
In tal senso si è di recente espresso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con provvedimento del 23.12.2019, affermando che, in tema di vendita forzata, l’aggiudicatario che, attraverso l’opposizione agli atti esecutivi, lamenti vizi quantitativi dell’immobile, non può invocare la riduzione del prezzo di vendita ex art. 2921 comma 2 c.c. (si richiama Cass. 13.05.2003 n. 7294).

Sulla scorta di quanto sopra dedotto, si sconsiglia, in definitiva, di intraprendere qualsiasi azione giudiziaria per far valere i lamentati vizi.


Mariarosa A. chiede
lunedì 22/10/2012 - Emilia-Romagna
“ho questo problema:sono proprietaria di un appartamento con terrazza,(costruito 6 anni fa ) in un condominio, e il negozio sottostante la mia terrazza(per il quale la stessa costituisce lastrico solare)è stato venduto all'asta. L'aggiudicatario, entrato ufficialmente in possesso del negozio il 18 agosto u.sc, dopo aver vinto l'asta in maggio, per sua stessa dichiarazione non visitò l'immobile prima dell'asta.Il negozio non era mai stato utilizzato, e l'interno non era vedibile per oscuramento effettuato alle vetrate. Entrando a giugno verificò che il suo soffitto portava segni evidenti di infiltrazioni d'acqua, presumibilmente derivanti da cattiva impermeabilizzazione dei due terrazzi soprastanti, di cui non è stata determinata l'età.In quel momento le fotografie riportano un soffitto sfogliato e asciutto. In seguito con le piogge ci sono state evidenti altre perdite. L'impresa costruttrice si è resa disponibile ad una sistemazione dei terrazzi secondo modalità che ritiene idonee.
Tramite lettera di un avvocato, l'aggiudicatario ci ingiunge ora il pagamento di 6500 eur per il rifacimento del soffitto,(che non ha ancora sistemato)e i danni per il ritardato affitto a terzi del negozio, oltre a minacciare rivalse future
Chiedo 1)se la sua richiesta di rimborso sia legittima,o se invece il vizio dell'immobile acquistato non sia parte non impugnabile dell'immobile acquistato. 2) se la responsabilità sia dei proprietari dei terrazzi o dell'impresa costruttrice non essendo trascorsi 10 anni e come muoverci. Spero di essere stata chiara. Ringrazio anticipatamente Mariarosa Abrate”
Consulenza legale i 25/10/2012

Nel caso di specie sembra applicabile la disciplina della responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 del c.c.: l'edificio in questione, infatti, ha meno di dieci anni di vita. Ai sensi di tale disposizione, per ottenere il risarcimento del danno, entro un anno dalla scoperta del vizio (giugno 2012) va comunicata all'impresa costruttrice denunzia di tale fatto. La denunzia può essere proposta sia dal committente dell'opera che dai suoi aventi causa.

L'aggiudicatario in un procedimento di espropriazione forzata immobiliare non gode della garanzia per i vizi sulla cosa acquisita ai sensi dell'art. 2922 del c.c.. Egli non può quindi agire contro il precedente proprietario. Tuttavia, potrà proporre azione di responsabilità nei confronti dell'impresa appaltatrice ai sensi del citato art. 1669 c.c., in qualità di avente causa del committente.

Non sembra, invece, legittimato ad agire nei confronti del proprietario del lastrico solare, il quale non deve alcuna garanzia nei confronti del titolare dell'appartamento o negozio sottostante, con cui non ha alcun rapporto contrattuale. Può essere configurabile in astratto una responsabilità extracontrattuale: in tal caso, però, il danneggiato dovrà dare piena prova della colpa del proprietario della terrazza da cui provengono le infiltrazioni (si dovrebbe dimostrare che i danni sono stati causati da incuria o negligenze del medesimo). Colpa che, nel caso di specie, non sembra sussistere, in quanto questi non ha mai potuto nemmeno avvedersi dell'esistenza del vizio, in quanto il negozio è sempre rimasto chiuso e inaccessibile agli occhi di chi non ne era proprietario.

E' consigliabile anche per il proprietario della terrazza da cui provengono le infiltrazioni denunciare il difetto di costruzione, non essendo ancora scaduto il termine di decadenza ex lege, e chiedere conseguentemente la sistemazione della stessa all'impresa costruttrice (che nel caso proposto si dice già pronta ad effettuare i lavori).