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Articolo 483 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/10/2024]

Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico

Dispositivo dell'art. 483 Codice Penale

Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico(1), fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità(2), è punito con la reclusione fino a due anni.

Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile [449], la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.

Note

(1) La dottrina maggioritaria ritiene che la nozione di atto pubblico debba qui intendersi in senso più ampio rispetto a quello civilistico, ovvero comprensivo di tutti quei documenti che vengono redatti da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni. Quindi vi rientrano anche gli atti preparatori, gli atti interni d'ufficio e gli atti di corrispondenza tra uffici.
(2) La falsa attestazione può essere orale o iscritta, ma in ogni caso essa deve essere resa ad un pubblico ufficiale che sta redigendo un atto pubblico o che deve redigere tale atto per iscritto da un soggetto che ha il dovere giuridico di dire la verità al pubblico ufficiale, obbligo stabilito in modo espresso ed indiscutibile dalla norma che regola l'atto destinato a provare quella data verità.

Ratio Legis

Il legislatore ha qui ritenuto opportuno estendere ai privati la punibilità di quelle condotte che compromettono la fiducia dei consociati nei riguardi degli atti pubblici, specificatamente in ordine alla garanzia di veridicità.

Spiegazione dell'art. 483 Codice Penale

La fattispecie in esame consiste nell'attestazione o nella negazione della verità fatta ad un pubblico ufficiale.

Autore del reato può essere chiunque, purché la falsa attestazione sia rivolta ad un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, escludendosi l'incaricato di pubblico servizio, che invece l'articolo 493 ricollega solo alla falsità commesse dai pubblici ufficiali.

L'atto del pubblico ufficiale che rileva ai fini della configurabilità del delitto in esame è solamente quello a cui una norma giuridica assegna la funzione di provare i fatti attestati dal privato.

Può quindi desumersi che tale disposizione non impone alcun obbligo di veridicità delle dichiarazioni che i privati fanno ai pubblici ufficiali, scaturendo il predetto obbligo solo da una norma che espressamente lo imponga.

Trattasi dunque di norma penale in bianco, il cui significato deve essere integrato mediante il ricorso ad altre fonti normative.

Viene richiesto il dolo generico, consistente nella volontà e consapevolezza di commettere il falso, mentre non è punibile il falso colposo, determinato da mera negligenza o leggerezza.

La giurisprudenza ha chiarito che il delitto in esame è assorbito da quello di cui all'articolo 316 ter in tutti quei casi in cui l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi costituiscono elementi essenziali per la sua configurazione.

Massime relative all'art. 483 Codice Penale

Cass. pen. n. 17419/2023

Integra il delitto di cui all'art. 483 cod. pen. la falsa dichiarazione di trasferimento della propria dimora abituale resa ai fini della iscrizione anagrafica per mutamento della residenza, trattandosi di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell'art. 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445.

Cass. pen. n. 40800/2022

Il delitto di falsa attestazione del privato di cui all'art. 483 cod. pen., ove la falsa dichiarazione sia prevista "ex se" come reato, può concorrere con quello di falsità per induzione in errore del pubblico ufficiale nella redazione dell'atto cui l'attestazione inerisca di cui agli artt. 48 e 479 cod. pen., stante il rapporto di causa effetto tra il fatto attestato dal privato - quale presupposto dell'emanazione dell'atto del pubblico ufficiale - e il contenuto dispositivo di quest'ultimo, a condizione che la dichiarazione non veridica del privato concerna fatti dei quali l'atto del pubblico ufficiale è destinato a provare la verità.

Cass. pen. n. 45012/2021

Integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che, nella dichiarazione sostitutiva diretta al pubblico registro automobilistico, dichiari falsamente di voler esportare un veicolo in paesi esterni all'Unione Europea.

Cass. pen. n. 305/2021

Non integra il delitto di falsità ideologica commesso da privato in atto pubblico, la condotta di colui che, all'atto di iscrizione nell'albo professionale, nel sottoscrivere una dichiarazione di atto notorio, ometta di indicare le iscrizioni relative a condanne definitive, delle quali sia stata ordinata la non menzione nel certificato penale. (Fatto commesso prima dell'introduzione del comma 8 dell'art. 28 d.P.R. n. 313/2002).

Cass. pen. n. 28316/2021

Commette il delitto di falsità ideologica del privato in atto pubblico il pubblico funzionario che nei fogli di viaggio attesti falsamente l' "avvenuta missione", trattandosi di dichiarazioni certificative destinate a provare la verità dei fatti attestati.

Cass. pen. n. 18711/2021

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la falsa denuncia di smarrimento della patente di guida, recante l'attestazione di ricezione da parte dell'organo di polizia, perché l'attestazione stessa è dichiarativa di attività svolta dal pubblico ufficiale ed ha una indubbia efficacia probatoria, in quanto presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato della patente.

Cass. pen. n. 14369/2021

Il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico sussiste solo qualora l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, e cioè quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero, ricollegando specifici effetti all'atto-documento nel quale la sua dichiarazione è inserita dal pubblico ufficiale ricevente. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità del delitto nel caso di falsa attestazione del difensore di essere procuratore antistatario nella richiesta di distrazione delle spese di giudizio ed onorari a proprio favore, rilevando che la dichiarazione in questione ha effetti esclusivamente processuali, individuando le parti del rapporto obbligatorio avente ad oggetto il pagamento delle spese di lite in conseguenza della soccombenza, senza incidere sull'esistenza dell'obbligazione stessa fra cliente e avvocato).

Cass. pen. n. 15901/2021

Il dolo del reato previsto dall'art. 483 cod. pen. è generico e consiste nella volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero.

Cass. pen. n. 838/2020

Non sussiste il dolo di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico quando, con l'attestazione di non avere riportato condanne penali, resa in sede di dichiarazione sostitutiva, l'agente ometta di menzionare un'applicazione di pena su richiesta, poiché il dichiarante non è tenuto a riferire nulla di più di quanto risulti dal certificato penale. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del dolo per il lungo tempo trascorso dalla sentenza di patteggiamento, applicativa della sola pena pecuniaria e per l'intervenuta abrogazione delle disposizioni di settore che richiedevano la dichiarazione certificativa).

Cass. pen. n. 31833/2020

Integra il delitto di cui all'art. 483 cod. pen. la falsa dichiarazione di trasferimento della propria dimora abituale resa ai fini della iscrizione anagrafica per mutamento della residenza, trattandosi di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell'art. 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445. (In motivazione la Corte ha precisato che, ai fini della configurabilità del reato, non rileva la qualificazione della dichiarazione mendace ai sensi dell'art. 46 o dell'art. 47 del d.P.R. n. 445 del 2000, atteso che l'art. 76 del medesimo d.P.R. punisce indifferentemente le falsità compiute negli atti elencanti nelle suddette norme).

Cass. pen. n. 12733/2020

Integra il delitto di falsità ideologica del privato in atto pubblico il rilascio, da parte di un esperto qualificato iscritto in un albo speciale, di false attestazioni in merito a circostanze di fatto oggetto di percezione diretta, riversate in un atto pubblico, costituenti premessa di un provvedimento dell'autorità (amministrativa o giudiziaria), che, in assenza delle stesse, dovrebbe o potrebbe disporre l'accertamento d'ufficio. (Fattispecie relativa alla asseverazione da parte di un tecnico incaricato, mediante falso giuramento reso al cancelliere, di una relazione peritale dallo stesso redatta, nella quale si attestava, contrariamente al vero, che l'immobile oggetto di verifica non aveva subito, in epoca successiva ad una determinata data, interventi edilizi per i quali era necessario il rilascio di concessione edilizia).

Cass. pen. n. 37556/2019

Non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio - come disciplinata dall'art. 46, comma 1, lett. aa), d.P.R. 20 dicembre 2000, n. 445, nel testo previgente all'ultima modifica - dichiari di non aver riportato condanne penali, ancorché destinatario di sentenza di applicazione della pena su richiesta, poiché il dichiarante non è tenuto a riferire nulla di più di quanto risulti dal certificato penale.

Cass. pen. n. 36827/2019

Integra il delitto di induzione indebita ex art. 319-quater cod. pen. la condotta di un appartenente alle forze dell'ordine che riceva prestazioni sessuali gratuite da prostitute extracomunitarie in cambio della rivelazione di notizie riservate relative ad un procedimento penale a loro carico e dell'aiuto a sottrarsi alle investigazioni.

Cass. pen. n. 15802/2019

La falsa attestazione di regolare revisione, apposta con falso tagliando sulla carta di circolazione di un autoveicolo, non inficiando la validità del documento nella sua interezza ed essendo emendabile con la cancellazione parziale prevista dall'art. 537, comma 2, cod. proc. pen., non giustifica la confisca del documento.

Cass. pen. n. 44097/2018

In tema di delitto di falsità ideologica di cui all'art. 483 cod. pen. il dolo di concorso è costituito dalla volontà cosciente di compiere il fatto nella consapevolezza di agire contro il dovere di dichiarare il vero e di contribuire all'altrui condotta seppur unilateralmente, o senza concerto, anche senza convergenza psicologica sull'evento finale perseguito da altri concorrenti. (Nella fattispecie la Suprema Corte ha confermato la condanna per concorso nel delitto di falsità ideologica del rappresentante legale di una società che aveva fornito al proprio consulente dati non veritieri con una dichiarazione sostitutiva di atto notorio trasmessa all'Agenzia delle Dogane).

Cass. pen. n. 27702/2018

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, ai sensi del combinato disposto degli artt. 76 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e 483 cod. pen., la condotta di colui che, in una autocertificazione sostitutiva diretta all'amministrazione penitenziaria ai fini del rinnovo di una convenzione professionale, dichiari di non avere procedimenti penali in corso, pur essendogli stato notificato in precedenza avviso di richiesta di proroga delle indagini preliminari per altro reato. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'interessato, una volta venuto a conoscenza di una pendenza giudiziaria, deve accertarsi presso la segreteria del pubblico ministero circa l'intervenuta archiviazione del procedimento e non affidarsi alla sola circostanza che sia trascorso il termine previsto dall'art. 405 cod. proc. pen.).

Cass. pen. n. 41768/2017

Integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e non il più grave delitto di cui all'art. 479 cod. pen., la predisposizione da parte del presidente del consiglio di amministrazione di una società dell'elenco riepilogativo dei soci presenti, da allegare al verbale di assemblea redatto dal notaio, contenente indicazioni mendaci o false firme di delega. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'elenco dei soci presenti assolve alla specifica funzione di attestare al notaio la composizione dell'assemblea al fine di consentire il controllo della validità delle deliberazioni assunte).

Cass. pen. n. 31078/2017

Integra il reato di cui all'art. 483 cod. pen. l'attestazione di permanenza della morosità resa dal locatore in un procedimento per convalida di sfratto nonostante il pagamento parziale da parte del locatario di due dei canoni mensili dovuti, accettati dallo stesso locatore. (Nella specie, la Corte ha escluso la natura valutativa di giudizio di tale dichiarazione di persistente morosità effettuata dai locatori di un appartamento per il tramite del loro difensore e procuratore).

Cass. pen. n. 17774/2017

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) la falsa attestazione sostitutiva di certificazione relativa allo status di disoccupato di alcuni componenti il proprio nucleo familiare - resa ai sensi dell'art. 46 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445 del 2000) - al fine di incidere sulla formazione della graduatoria per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, trattandosi di dichiarazione preordinata a provare la verità dei fatti oggetto di rappresentazione al pubblico ufficiale.

Cass. pen. n. 25468/2015

Non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato (art. 483 cod. pen.), la condotta di colui che in sede di autocertificazione allegata alla domanda di ammissione per l'aggiudicazione di un appalto pubblico riempia un modulo prestampato, fornito dall'ente appaltante, dichiarando di non avere subìto condanne incidenti sulla propria affidabilità morale e professionale, ancorché destinatario di due risalenti condanne per reati fiscali e fallimentari, stante la plausibilità dell'assenza in capo all'imputato della piena consapevolezza e volontà della falsità delle sue dichiarazioni.

Cass. pen. n. 1205/2015

Non integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che depositi presso l'ufficio del registro delle imprese, tenuto dai funzionari della Camera di commercio, bilanci di esercizio di una società non formalmente approvati, in quanto non sussiste alcuna norma che conferisca attitudine probatoria all'attività dei suddetti funzionari in ordine al contenuto degli atti di cui ricevono il deposito.

Cass. pen. n. 51107/2014

Integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta di colui che, avendo riportato condanne penali, attesta falsamente di essere in possesso dei requisiti morali previsti per l'apertura di un esercizio di vendita di beni al dettaglio, al fine di consentire ad una cooperativa di ex detenuti l'esercizio di un'attività commerciale, in quanto l'inapplicabilità delle incapacità derivanti da condanne penali o civili prevista dall'art. 5, comma secondo, della legge 22 giugno 2000 n. 193, recante modifiche all'art. 20 della l. n. 354 del 1975, per la costituzione e lo svolgimento dei rapporti di lavoro nonché per favorire l'associazione in cooperative sociali "ex lege" n. 381 del 1991, non opera in riferimento all'esercizio di attività di impresa.

Cass. pen. n. 47601/2014

Sussiste il "falso innocuo" quando l'infedele attestazione (nel falso ideologico) o la compiuta alterazione (nel falso materiale) sono del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, non esplicano effetti sulla sua funzione documentale, con la conseguenza che l'innocuità deve essere valutata non con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto, ma avendo riguardo all'idoneità dello stesso ad ingannare comunque la fede pubblica. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione impugnata la quale aveva ravvisato la sussistenza del reato di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico nella falsa dichiarazione, resa in occasione dello svolgimento di una procedura di appalto pubblico, di possedere i requisiti richiesti dall'art. 38, comma secondo, lett. c), d.l.vo 12 aprile 2006, n. 163, per la partecipazione alla gara).

Cass. pen. n. 1145/2014

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la falsa attestazione di distruzione accidentale della carta di identità effettuata mediante dichiarazione resa all'ufficio anagrafe del Comune, in quanto tale dichiarazione è destinata a provare la verità del fatto della distruzione, che costituisce il necessario presupposto del procedimento amministrativo di rilascio di un duplicato.

Cass. pen. n. 26698/2013

Il delitto di falso ideologico di cui all'art. 483 c.p., in caso di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà finalizzata all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si perfeziona nel momento e nel luogo in cui la dichiarazione sostitutiva viene presentata all'ufficio pubblico cui è destinata.

Cass. pen. n. 23587/2013

Il delitto previsto dall'art. 483 c.p. sussiste solo se l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è trasfusa, è destinato a provare la verità dei fatti attestati, e, cioè, quando una norma giuridica obbliga il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all'atto-documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso la sussistenza del reato in relazione alla mendace affermazione, contenuta in una querela di falso proposta davanti al giudice tributario, della non autenticità della sottoscrizione apposta in calce ad una relata di notifica, sul rilievo che trattasi di mera prospettazione difensiva).

Cass. pen. n. 9063/2013

Integra il reato di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) la falsa denuncia di smarrimento del passaporto, in quanto con essa si attesta in un atto pubblico un fatto del quale l'atto è destinato a provare la verità, con l'effetto di innescare l'attivazione del procedimento amministrativo di rilascio del duplicato.

Cass. pen. n. 42524/2012

Risponde del reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) colui che falsamente attesti l'avvenuto completamento delle opere edilizie entro i termini utili per il rilascio della concessione in sanatoria anche dopo l'abrogazione della legge n. 15 del 4 gennaio 1968 attuata attraverso il d.l.vo n. 445 del 2000, rilevando, ai fini della sussistenza del delitto in questione, la destinazione, lo scopo e gli effetti della falsa dichiarazione.

Cass. pen. n. 5962/2012

Integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atti pubblici (art. 483 c.p.), la condotta di colui che, nella domanda preordinata ad ottenere l'arruolamento nell'esercito italiano, renda, ex art. 46 e 76 D.L.vo n. 45 del 2000, false dichiarazioni in ordine al giudizio riportato in sede di diploma di licenza media secondaria, trattandosi di procedura amministrativa nella quale non solo il titolo di studio ma anche l'esito degli esami sostenuti assume rilievo nella valutazione comparativa dei richiedenti, con la conseguenza che all'autocertificazione del privato deve riconoscersi valenza probatoria anche con riguardo al giudizio riportato nel predetto diploma.

Cass. pen. n. 2072/2012

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che attesta falsamente, in una dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 2 L. 4 aprile 1968, n. 15, il diritto al riconoscimento dei permessi ex art. 33 L. 5 febbraio 1992, n. 104, per accudire un familiare portatore di handicap, in realtà deceduto in epoca antecedente. La Corte ha chiarito che si tratta, infatti, di dichiarazione che costituisce presupposto indispensabile del provvedimento autorizzatorio, che ha natura pubblicistica, essendo la sua adozione collegata al riconoscimento di un diritto, mentre non rileva la natura privata del rapporto di lavoro del dipendente autorizzato.

Cass. pen. n. 39610/2011

Non integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta di colui che, fermato per un controllo dalla Polizia alla guida della propria autovettura, dichiari falsamente di essere in possesso di patente di guida e di averla dimenticata a casa.

Cass. pen. n. 30099/2011

Non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la falsa attestazione di smarrimento di un libretto di deposito al portatore fatta in sede di ricorso, per la procedura di ammortamento, presentato al Presidente del Tribunale, in quanto detto ricorso è atto del privato privo di natura pubblicistica.

Cass. pen. n. 24866/2011

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che, in sede di autocertificazione indirizzata al Consiglio superiore della magistratura e preordinata ad ottenere la nomina a vice procuratore onorario, dichiari falsamente di non trovarsi in alcune delle condizioni di incompatibilità previste dalla normativa in materia, pur rivestendo la carica di consigliere comunale; né, in tal caso è applicabile l'art. 51 c.p., sub specie di diritto di dimettersi da consigliere comunale entro dieci giorni dalla nomina a vice procuratore onorario e prima di esercitarne le funzioni, in quanto sussiste l'obbligo di dichiarare il vero al momento della presentazione della domanda, al di là di qualsiasi facoltà di rimuovere, in caso di nomina, la ragione di incompatibilità nel termine previsto dalla legislazione speciale.

Cass. pen. n. 23211/2011

Integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che - in sede di dichiarazione allegata al contratto di fornitura di energia elettrica, stipulato con l'ENEL - attesti di adibire l'energia ad un uso diverso da quello reale (nella specie ad irrigazione agricola anziché all'interno di immobili abusivi), trattandosi di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ex art. 48 D.P.R. n. 309 del 1991, destinata a provare la verità delle asseverazioni in essa contenute; inoltre, tale dichiarazione è resa a funzionario dell'ENEL, che riveste la qualifica di pubblico ufficiale, posto che, a tal fine, non rileva il rapporto di dipendenza del soggetto rispetto allo Stato o ad altro ente pubblico, ma è richiesto soltanto l'esercizio effettivo di una pubblica funzione.

Cass. pen. n. 7537/2011

Il reato di falso di cui all'art. 483 c.p. resta assorbito in quello di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato in tutti i casi in cui l'uso o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi costituiscano elementi essenziali di quest'ultimo, pur quando la somma indebitamente percepita o non pagata dal privato, non superando la soglia minima di erogazione - euro 3.999,96 -, dia luogo a una mera violazione amministrativa.

Cass. pen. n. 7022/2011

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la falsa denuncia di smarrimento della patente di guida presentata ai carabinieri considerato che la stessa attestazione di ricezione della denuncia è dichiarativa di attività svolta dal pubblico ufficiale e riveste efficacia probatoria, costituendo presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato della patente.

Cass. pen. n. 3681/2011

Integra il reato di falsità ideologica commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che, nella domanda preordinata ad ottenere l'arruolamento nell'esercito italiano, renda, ex art. 46 e 76 D.L.vo n. 45 del 2000, false dichiarazioni in ordine alla votazione conseguita in sede di diploma di scuola media secondaria, trattandosi di procedura amministrativa in cui non solo il titolo di studio ma anche l'esito degli esami sostenuti assume rilievo nella valutazione comparativa dei richiedenti, con la conseguenza che all'attestazione del privato nella dichiarazione sostitutiva deve riconoscersi valenza probatoria anche con riguardo al giudizio riportato nel predetto diploma. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con cui il gip dichiarava non doversi procedere in ordine al delitto di cui all'art. 483 c.p. perché il fatto non sussiste, sulla base del presupposto che l'art. 46, lett. m) del D.P.R. n. 445 del 2000, individua come fatti soggetti ad autocertificazione, il titolo di studio e gli esami sostenuti, ma non anche il giudizio o il voto riportato).

Cass. pen. n. 42871/2010

Non integra il reato di falsità ideologica del privato in atto pubblico la dichiarazione relativa al conseguimento di un diploma scolastico contenente la falsa indicazione del giudizio finale riportato, perché il reato si configura soltanto se una specifica norma giuridica attribuisca all'atto la funzione di provare i fatti attestati, collegando l'efficacia probatoria al dovere del dichiarante di affermare il vero. (In motivazione, la S.C. ha richiamato il disposto dell'art. 46, comma primo, lett. m.) del D.L.vo 28 dicembre 2000, n. 445, che prevede come fatti soggetti ad autocertificazione il titolo di studio e gli esami sostenuti, ma non anche il giudizio o il voto riportato).

Cass. pen. n. 42665/2010

Integra il reato di falsità ideologica del privato in atto pubblico la dichiarazione relativa al conseguimento di un diploma scolastico contenente la falsa indicazione del giudizio finale, in quanto il giudizio, al pari del voto, costituisce una specificazione del conseguimento di un determinato titolo di studio. (Nella specie, la Corte ha disatteso l'eccezione difensiva fondata sull'art. 46, comma primo, lett. m.) del D.L.vo 28 dicembre 2000, n. 445, che prevede come fatti soggetti ad autocertificazione il titolo di studio e gli esami sostenuti, ma non anche il giudizio o il voto riportato).

Cass. pen. n. 37237/2010

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la condotta di colui che, in sede di autocertificazione, attesti falsamente il possesso dei requisiti necessari per partecipare ad una gara di appalto ed in particolare di non avere riportato condanne penali consistite in sentenze di applicazione della pena; né, in tal caso, il decorso del quinquennio di cui all'art. 445 c.p.p. rileva ai fini della sussistenza della buona fede posto che l'effetto estintivo legato al decorso del termine, quantunque "ope legis", richiede pur sempre un provvedimento del giudice che verifichi la sussistenza dei presupposti di legge.

Cass. pen. n. 35845/2010

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di coloro che, in qualità rispettivamente di proprietario e di tecnico, attestino falsamente, nella comunicazione e nella allegata relazione depositate presso il locale Comune, la necessità e l'urgenza di demolire un tramezzo divisorio perché pericolante, in quanto concretantesi in un atto avente valenza probatoria privilegiata, con esclusione della necessità di produrre ogni altra documentazione ed, inoltre, destinato - sebbene privo di riflessi diretti e immediati nei rapporti con la P.A. - ad inserirsi, con un contributo di conoscenza e valutazione, nel procedimento amministrativo funzionale all'accertamento della situazione di fatto e di diritto risalente al proprietario ed alla eventuale adozione delle conseguenti decisioni amministrative nei suoi confronti.

Cass. pen. n. 28529/2010

Non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la condotta del privato che - in sede di atto di compravendita - dichiari falsamente al notaio rogante la sussistenza della procura, in realtà revocata, a contrattare in nome e per conto del fratello la cessione di quote nonché la vendita di proprietà immobiliari ad altra società, in quanto detto atto non ha la funzione di attestare la verità delle dichiarazioni dei contraenti in ordine alle loro qualità personali.

Cass. pen. n. 26182/2010

In tema di falsità documentali, integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la falsa dichiarazione del privato - in sede di atto sostitutivo di notorietà - in ordine ai propri redditi preordinata ad ottenere la percezione degli assegni familiari; né è necessario, a tal fine, che l'autore del documento sia indicato mediante la sottoscrizione, essendo sufficiente, come nella specie, l'apposizione di una sigla e, comunque, che egli sia individuabile in virtù di elementi contenuti nel documento o da esso richiamati.

Cass. pen. n. 26031/2010

Integra il reato di cui all'art. 483 c.p. la falsità ideologica dei fogli di trasporto di soggetti emodializzati presso centri di dialisi, che hanno natura di atti pubblici, trattandosi di documenti amministrativi destinati a provare la verità delle dichiarazioni dei privati in essi riportati, che vengono recepite quali condizioni per l'emanazione di mandati di pagamento da parte delle AA.SS.LL. competenti. (Fattispecie nella quale la falsità consisteva nella falsa attestazione dell'effettuazione di viaggi singoli, laddove si trattava di viaggi collettivi).

Cass. pen. n. 21580/2010

Il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ha natura di reato di pura condotta, sicché il relativo perfezionamento prescinde dal conseguimento di un eventuale ingiusto profitto. (Fattispecie in tema di dichiarazione sostitutiva di certificazione della condizione economica familiare finalizzata al conseguimento di una borsa di studio).

Cass. pen. n. 16275/2010

Integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 76 D.P.R. n. 445 del 2000 in relazione all'art. 483 c.p.), la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa ai sensi dell'art. 47 D.P.R. n. 445 del 2000, allegata ad istanza preordinata ad ottenere il passaporto, attesti falsamente di non avere mai riportato condanne penali, ancorché si tratti di precedenti non ostativi al rilascio del passaporto.

Cass. pen. n. 2978/2010

Integra il reato di falsità ideologica commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegata a domanda di concessione edilizia in sanatoria, attesti falsamente la data di ultimazione dell'opera da sanare, considerato che l'ordinamento attribuisce a detta dichiarazione valenza probatoria privilegiata - con esclusione di produzioni documentali ulteriori - e, quindi, di dichiarazione destinata a dimostrare la verità dei fatti cui è riferita e ad essere trasfusa in atto pubblico.

Cass. pen. n. 2088/2010

Non integra gli estremi dell'elemento soggettivo della fattispecie incriminatrice di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la condotta di colui che, avendo riportato due sentenze di applicazione della pena, rispettivamente per reati fiscali e societari, attesti, in sede di dichiarazione sostitutiva, trasmessa al settore tecnico amministrativo provinciale foreste, di non avere riportato condanne penali, in quanto la peculiare natura e gli effetti della sentenza di patteggiamento - che, ancorché equiparata alla sentenza di condanna, ai sensi dell'art. 445, comma primo bis, c.p.p., non implica un accertamento della penale responsabilità dell'imputato - e le modifiche legislative introdotte con i decreti legislativi n. 74 del 2000 e n. 61 del 2002, in materia di reati fiscali e societari, con le conseguenti difficoltà interpretative, rendono plausibile l'assenza in capo all'imputato della piena consapevolezza e volontà della falsità delle sue dichiarazioni.

Cass. pen. n. 39340/2009

Integra il reato di indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato la condotta del privato che, in sede di dichiarazione sostitutiva di certificazione, dichiari un reddito inferiore a quello effettivamente percepito, al fine di ottenere il conseguimento di un canone meno elevato per l'affitto di un alloggio appartenente alla locale Provincia e gestito dall'ATER, trattandosi di erogazioni pubbliche di natura assistenziali; in tal caso il reato di falsità ideologica del privato in atto pubblico è assorbito nella fattispecie di cui all'art. 316 ter c.p., anche nell'ipotesi in cui il fatto integri una mera violazione amministrativa.

Cass. pen. n. 25469/2009

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, attesti falsamente di non avere subìto condanne penali, considerato che, in tal caso, la dichiarazione del privato viene equiparata ad un atto pubblico destinato a provare la verità dello specifico contenuto della dichiarazione, ivi compresa l'inesistenza di condanne in capo al dichiarante, con la conseguenza che le false attestazioni al riguardo mettono in pericolo il valore probatorio dell'atto, escludendo perciò stesso l'innocuità del falso.

Cass. pen. n. 21467/2009

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la condotta del coniuge che, in sede di istanza di trascrizione tardiva del matrimonio concordatario, dichiari, contrariamente al vero, che l'altro coniuge è a conoscenza e non si oppone alla suddetta istanza, considerato che la previsione di cui all'art. 8 dell'Accordo di revisione del concordato con la S.Sede prevede che la trascrizione del matrimonio possa essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, con la conoscenza e senza l'opposizione dell'altro.

Cass. pen. n. 15485/2009

In tema di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, il dolo deve essere escluso qualora la falsità sia il risultato di una leggerezza o di una negligenza, non essendo prevista nel sistema la figura del falso documentale colposo.

Cass. pen. n. 7752/2009

Integra la condotta di falsità materiale in atto pubblico la falsificazione di atti contenuti nei supporti del sistema informatico di un ente pubblico, anche quando gli stessi siano documentati in forma cartacea. (Nella specie, era stato alterato nel sistema informatico di un ospedale il contenuto di un referto medico).

Cass. pen. n. 6063/2009

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, presentata al Comune e preordinata ad ottenere la reintestazione dell'autorizzazione amministrativa relativa ad un pubblico esercizio, attesti falsamente di non aver riportato condanne penali, in quanto detta autocertificazione riveste la funzione (art. 46 del d.P.R. n. 445 del 2000) di provare i fatti attestati, evitando al privato l'onere di provarli con la produzione di certificati (nella specie certificato del casellario giudiziale) e così collegando l'efficacia probatoria dell'atto al dovere del dichiarante di dichiarare il vero.

Cass. pen. n. 47558/2008

Integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico la condotta di colui che presenta false attestazioni, in ordine alla disponibilità dei mezzi necessari all'espletamento dell'attività di gestione dei rifiuti, al fine di conseguire l'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, atteso che quest'ultimo è organismo pubblico e l'iscrizione acquista anche carattere pubblicistico, costituendo requisito per lo svolgimento della suddetta attività e per la partecipazione alle gare d'appalto per la fornitura di servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti.

Cass. pen. n. 40374/2008

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che, in qualità di legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, attesti falsamente - in sede di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegata a domanda di partecipazione a gare per l'affidamento di lavori pubblici, l'insussistenza di cause di esclusione previste dalla legge, omettendo di dichiarare che il vicepresidente della stessa società, dotato di poteri di rappresentanza conferitigli dal C.d.A.,. aveva subito una sentenza di applicazione della pena, ex art. 444, c.p.p., per i reati di falso in atto pubblico, truffa in danno di ente pubblico e corruzione attiva propria.

Cass. pen. n. 35999/2008

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico e non quello di falso per induzione del P.U. in atto pubblico la condotta del privato, parte di un contratto di compravendita immobiliare, che dichiari falsamente al notaio rogante la conformità dell'immobile alle caratteristiche previste dalla concessione ed ivi autorizzate, in quanto, in tal caso, sussiste a carico del privato l'obbligo giuridico di dire la verità in ordine alla condizione giuridica dell'immobile oggetto d'alienazione e alla corrispondenza dello stesso agli estremi della concessione, trattandosi d'obbligo preordinato alla tutela d'interessi pubblici, connessi all'ordinata trasformazione del territorio, prevalenti rispetto agli interessi della proprietà, mentre nessun obbligo di verificare la corrispondenza di tali dichiarazioni al vero incombe sul notaio rogante, tenuto solo a recepire le dichiarazioni del privato in ordine all'esistenza e agli estremi della concessione. (Nella specie, le mendaci dichiarazioni riguardavano la condizione giuridica d'immobili costituenti in origine spazi tecnici, cantine, soffitti ecc., trasformati illecitamente in unità abitative ).

Cass. pen. n. 33382/2008

Il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico presuppone l'esistenza di un dovere giuridico dell'attestante di esporre la verità stabilito in modo indubbio, esplicitamente o implicitamente, dalla legge regolatrice dell'atto; pertanto, non integra il delitto previsto dall'art. 483 c.p. la condotta del privato che nella «dichiarazione di morte » indichi falsamente circostanze diverse dall'avvenuto decesso di una persona.

Cass. pen. n. 28210/2008

In tema di falsità documentali, integra il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p. ) e non quello di falso per induzione in atto pubblico (art. 48 e 479 c.p. ) la falsa dichiarazione in ordine ai beni da ricomprendere nell'asse ereditario, rilasciata dal privato al pubblico ufficiale che, nel caso di accettazione con beneficio di inventario, rediga il relativo verbale, in quanto detto verbale costituisce atto pubblico preordinato a descrivere l'entità del patrimonio del defunto attraverso gli accertamenti dello stesso pubblico ufficiale che redige l'atto, riportando (ex art. 192 disp. att. c.p.c. ) anche le dichiarazioni del privato, il quale ha l'obbligo di dire la verità, trattandosi di atto destinato a provare la verità dei fatti ; né, a tal fine, rileva il fatto che sia possibile superare il valore probatorio delle dichiarazioni rese dal privato tramite ulteriori accertamenti che, comunque, interverrebbero quando il falso è già consumato.

Cass. pen. n. 13556/2008

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p. ) la condotta di colui che attesti falsamente il possesso dei requisiti morali richiesti, ex art. 5, commi secondo e quarto D.L.vo n. 114 del 1998, per l'esercizio di attività commerciali omettendo ancorché il modulo sottoscritto indichi esplicitamente tutte le ipotesi ostative e tutti gli avvertimenti per il caso di falsità di avere subito una sentenza di applicazione della pena per delitto (nella specie ricettazione ), in quanto le dichiarazioni sostitutive, attestanti stati e qualità personali, ex art. 46 del D.P.R. n. 445 del 2000, «sono considerate come fatte a pubblico ufficiale » e, d'altro canto, l'atto nel quale tali dichiarazioni sono trasfuse è destinato a provare la verità dei fatti attestati e a produrre specifici effetti.

Cass. pen. n. 12019/2008

Il reato di cui all'art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002 - che sanziona le falsità o le omissioni nelle dichiarazioni o nelle comunicazioni per l'attestazione delle condizioni di reddito in vista dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato - è integrato non già da qualsivoglia infedele attestazione ma dalle dichiarazioni con cui l'istante affermi, contrariamente al vero, di avere un reddito inferiore a quello fissato dal legislatore come soglia di ammissibilità, ovvero neghi o nasconda mutamenti significativi del reddito dell'anno precedente, tali cioè da determinare il superamento di detta soglia. Ne deriva che la norma di cui all'art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002 è speciale rispetto a quella di cui all'art. 483 c.p. (falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico), con la conseguenza che i due reati non sono in rapporto di concorso formale. (In applicazione di questo principio la S.C. ha censurato la decisione con cui la Corte d'appello ha ritenuto integrati gli estremi di cui all'art. 483 c.p. per false dichiarazioni dell'imputato circa il proprio reddito ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ancorché, avesse accertato che nel periodo interessato l'imputato avesse percepito modesti redditi da lavoro, largamente al di sotto della soglia oltre la quale non è prevista l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato).

Cass. pen. n. 11625/2008

Non integra gli estremi del reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la condotta di colui che in sede di domanda di partecipazione ad un concorso per istruttore amministrativo indetto dal comune dichiari nel modulo prestampato fornito dalla P.A. di non avere procedimenti penali in corso, ancorché destinatario di un'iscrizione nel registro degli indagati, in quanto la formula adottata dalla P.A. « procedimento penale in corso» non consente di stabilire con esattezza se intenda riferirsi alla pendenza dell'azione penale o anche alle mere iscrizioni nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.

Cass. pen. n. 10046/2008

Nel delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), il momento consumativo coincide — non già nell'atto del privato che rende la dichiarazione infedele — ma nella relativa percezione da parte del pubblico ufficiale che la trasfonde nell'atto pubblico; ne deriva che, ex art. 8 c.p.p., la competenza territoriale deve essere determinata nel luogo in cui la falsa attestazione del privato perviene al pubblico ufficiale e non in quella in cui essa sia proferita oralmente o redatta per iscritto.

Cass. pen. n. 5365/2008

Non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la condotta di colui che dichiari falsamente al notaio — in sede di redazione di un atto pubblico di donazione — di avere usucapito alcuni immobili oggetto della donazione, in quanto detto atto, destinato a trasferire la proprietà dei beni donati al donatario, non è, invece, destinato a provare la verit_ dei fatti dichiarati dal donante.

Cass. pen. n. 3564/2008

Sussiste il falso innocuo quando esso si riveli in concreto inidoneo a ledere l'interesse tutelato dalla genuinità dei documenti e ciò quando non abbia la capacità di conseguire uno scopo antigiuridico, nel senso che l'infedele attestazione o la compiuta alterazione appaiano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e, pertanto, inidonee al conseguimento delle finalità che con l'atto falso si intendevano raggiungere; in tal caso, infatti, la falsit_ non esplica effetti sulla funzione documentale che l'atto è chiamato a svolgere, che è quella di attestare i dati in esso indicati, con la conseguenza che l'innocuità non deve essere valutata con riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha ritenuto sussistente, ex art. 483 c.p., la responsabilità di un ex sindaco e di un segretario comunale che avevano sottoscritto una lettera con falsa data diretta al Ministero dell'industria con la quale si dichiarava che il comune esprimeva parere favorevole alla realizzazione di un impianto di cogenerazione di energia elettrica).

Cass. pen. n. 46825/2007

Non integra gli estremi del reato di falso ideologico commessa dal privato in atto pubblico la condotta di colui che presenti all'ufficio tecnico comunale una richiesta di autorizzazione — non contenente esplicite attestazioni né corredata dalla relazione tecnica e dagli elaborati progettuali — concernente l'installazione di una tenda solare che risulti collocata prima della presentazione di detta istanza, considerato che la previsione di cui all'art. 23 D.P.R. n. 380 del 2001 — che disciplina la denuncia di inizio attività — non ricollega alcuna conseguenza penale all'eventuale falsit_ dell'istanza, prevedendo esclusivamente l'avvio del procedimento penale e disciplinare per la falsa attestazione effettuata nella relazione o negli elaborati del progettista, con cui l'istante può al massimo concorrere ex art. 110 c.p. e che, comunque, non trattandosi di attestazione di fatti resa a pubblico ufficiale in atto pubblico ma di semplice istanza essa assume rilievo esclusivamente in relazione al procedimento amministrativo nel quale sia stata presentata o all'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 37 D.P.R. n. 380 del 2001.

Cass. pen. n. 43919/2007

In caso di condanna irrevocabile per reato successivamente depenalizzato per effetto del D.L.vo 30 dicembre 1999 n. 507 (nella specie, emissione di assegno bancario senza copertura) esula la configurabilità del delitto di cui all'art. 483 c.p. qualora l'agente, in una dichiarazione sostitutiva di certificazione destinata ad un pubblico ufficio, in data posteriore all'intervenuta depenalizzazione, abbia affermato di non aver riportato condanne penali; e ciò avuto riguardo al fatto che, ai sensi dell'art. 101 del citato D.L.vo n. 507 del 1999, il giudice dell'esecuzione deve, con procedura «de plano» attivabile anche « ex officio» revocare la sentenza di condanna e dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Cass. pen. n. 39317/2007

Integra il reato di cui all'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico), la condotta di colui che nella dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso dei requisiti di onorabilità di cui all'art. 2 L. n. 82 del 1994, presentata alla camera di commercio e preordinata ad ottenere l'iscrizione nel registro delle imprese artigiane, attesti falsamente che nei suoi confronti non siano state pronunciate sentenze di condanna per reati non colposi a pena detentiva superiore a due anni o sentenze di condanna contro la fede pubblica o il patrimonio.

Cass. pen. n. 35488/2007

Il delitto di falsa attestazione del privato di cui all'art. 483 c.p. può concorrere — quando la falsa dichiarazione sia prevista di per sé come reato — con quello della falsità per induzione in errore del pubblico ufficiale nella redazione dell'atto al quale la attestazione inerisca (artt. 48 e 479 c.p.), sempre che la dichiarazione non veridica del privato concerna fatti dei quali l'atto del pubblico ufficiale è destinato a provare la verità. (Fattispecie nella quale gli imputati avevano partecipato alla licitazione per l'appalto di lavori di costruzione, allegando alla domanda di ammissione le false dichiarazioni sostitutive di certificazione della loro iscrizione all'Albo nazionale costruttori, richieste dal bando di gara; i successivi atti deliberativi dell'aggiudicazione dell'appalto erano stati redatti sulla base delle anzidette dichiarazioni, facenti fede di quanto dichiarato).

Integra il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico la falsa attestazione del legale rappresentante di una società circa il possesso, da parte di quest'ultima, di un requisito indispensabile per la partecipazione alla gara per l'aggiudicazione di un appalto pubblico, a nulla rilevando che tale attestazione sia contenuta in una autocertificazione con sottoscrizione non autenticata, ma ritualmente prodotta a corredo dell'istanza principale, unitamente alla fotocopia di un documento di identificazione, in conformità del modello legale vigente.

Cass. pen. n. 16568/2007

Integra il reato di indebita percezione di elargizioni a carico dello Stato previsto dall'art. 316 ter, comma primo, c.p., e non quello di truffa aggravata ai sensi dell'art. 640 bis stesso codice, l'indebito conseguimento, nella misura superiore al limite minimo in esso indicato, del cosiddetto reddito minimo di inserimento previsto dal D.L.vo 18 giugno 1998 n. 237. (Nell'enunciare tale principio, la Corte ha ritenuto che nel reato di cui all'art. 316 ter c.p. restano assorbiti solo i delitti di falso di cui agli artt. 483 e 489 c.p., ma non le altre falsità, eventualmente commesse al fine di ottenere l'erogazione, le quali, all'occorrenza, concorrono con il primo reato).

Cass. pen. n. 13828/2007

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la falsa dichiarazione sostitutiva di notorietà allegata all'istanza di ammissione al gratuito patrocinio e preordinata a comprovare lo stato di non abbienza. (La Corte ha, inoltre, precisato che, ai fini della sussistenza del reato, non ha rilievo la circostanza che le false attestazioni non comportino il superamento della soglia di reddito richiesta dalla legge per l'ottenimento del beneficio, in quanto il bene tutelato dalla disposizione di cui all'art. 483 c.p. è la fede pubblica, che viene leso per il mero fatto che il cittadino faccia dichiarazioni false all'autorità richiedente).

Cass. pen. n. 9779/2007

Non costituisce falsità ideologica del privato in atto pubblico l'attestazione di permanenza della morosità resa dal locatore in un procedimento di convalida di sfratto, pur in presenza di un avvenuto pagamento di canoni arretrati che lo stesso locatore abbia però rifiutato in quanto ritenuto inefficace.

Cass. pen. n. 7664/2007

Non integra gli estremi del delitto di falso ideologico in atto pubblico commesso dal pubblico ufficiale indotto in errore dal privato, ma quello di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico la condotta di colui che attesti falsamente al Conservatore del registro delle imprese il possesso dei requisiti necessari per l'iscrizione nel registro delle imprese, considerato che il privato è autore mediato del delitto di falso di cui agli articoli 48 e 479 c.p., a condizione che egli induca in errore il pubblico ufficiale, con la conseguenza che, ove l'attività del pubblico ufficiale non si limiti a recepire le dichiarazioni del privato ma sia preordinata accertarne la reale conformità ai dati richiesti dalla legge, come nella specie, in cui il controllo del Conservatore ha escluso l'evento della richiesta iscrizione, non sussiste il falso per induzione in errore, pur restando ferma la falsità dell'attestazione del privato ai fini dell'art. 483 c.p.

Cass. pen. n. 5224/2007

Integra la condotta criminosa di falsità ideologica del privato in atto pubblico il rilascio di false dichiarazioni allo spedizioniere doganale preposto alla formazione della bolletta doganale, dal momento che l'attività da questi svolta costituisce esercizio di una pubblica funzione amministrativa.

Cass. pen. n. 42291/2006

È punibile ai sensi dell'art. 483 c.p., in forza del richiamo contenuto nell'art. 21 L. 7 agosto 1990 n. 241, la produzione, a sostegno di una richiesta di iscrizione nel registro degli esercenti il commercio, di un'autocertificazione falsamente attestante che il richiedente non è mai stato dichiarato fallito, nulla rilevando la mancata autenticazione della relativa sottoscrizione, non essendo questa più richiesta dalla legge, in base alle disposizioni dettate dall'art. 3, comma undicesimo, L. 15 marzo 1997 n. 127 e successive modificazioni, quali riprese, da ultimo, dall'art. 38 del T.U. emanato con D.L.vo 28 dicembre 2000 n. 445.

Cass. pen. n. 38941/2006

Integra il reato di cui all'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) la condotta del privato che, al fine di ottenere erogazioni pubbliche, attesta falsamente di avere il «c.d. reddito minimo da inserimento» che ne legittima la concessione, considerato che, qualora non si verifichi l'integrazione della fattispecie speciale per assorbimento di cui all'art. 316 ter c.p. (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), in ragione del mancato raggiungimento della soglia quantitativa prevista dall'art. 316 ter, comma secondo, c.p., riprende vigore ed efficacia la norma generale, nella specie integrata dalla previsione di cui all'art. 483 c.p.

Cass. pen. n. 26262/2006

Il reato di falsità ideologica in atti pubblici commesso dal privato, se finalizzato alla indebita percezione di erogazioni pubbliche, non concorre, ostandovi il principio di specialità, con quello di cui all'art. 316 ter c.p. ma è da questo assorbito.

Cass. pen. n. 22888/2006

Integra il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la condotta del soggetto che attesti al pubblico ufficiale una situazione concreta ed obiettiva attinente alla propria persona non rispondente al vero e, in particolare, una residenza anagrafica non più attuale, nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, la quale è destinata, per espressa disposizione di legge, a provare la veridicità delle asseverazioni in essa contenute e ad essere poi trasfusa in un atto pubblico, consistente, nel caso di specie, nell'autorizzazione al transito in una zona a traffico limitato, riservata ai soggetti residenti in una certa area della città.

Cass. pen. n. 21209/2006

Il privato che falsamente attesti il completamento delle eseguite opere edilizie entro i termini utili per la concessione in sanatoria risponde del reato di cui all'art. 483 c.p., in ordine alla falsa attestazione resa al pubblico ufficiale, ma non del reato di cui all'art. 480 c.p., quale autore indiretto della falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale, che abbia rilasciato la concessione in sanatoria sulla base della falsa attestazione.

Cass. pen. n. 20570/2006

La norma di cui all'art. 76 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.L.vo n. 445 del 2000), stabilendo la sanzione penale per chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal medesimo T.U., rimanda al c.p. e alle leggi speciali in materia: ne consegue che risponde del reato di cui all'art. 483 il privato che renda false attestazioni circa gli stati, le qualità personali ed i fatti indicati nell'art. 46 del citato Testo Unico al fine di partecipare a una gara di appalto.

Cass. pen. n. 19361/2006

Non integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta del privato (nella specie proprietario e costruttore di un edificio) che attesti falsamente, con dichiarazione diretta al sindaco, l'ultimazione dei lavori di un fabbricato, considerato che tale dichiarazione non è destinata a confluire in un atto pubblico e, quindi, a provare la verità dei fatti in essa attestati, mentre la fattispecie criminosa di cui all'art. 483 c.p. è configurabile solo nel caso in cui una specifica norma giuridica attribuisca all'atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale. (In applicazione di questo principio la S.C. ha censurato la decisione del giudice di merito - che ha ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 483 c.p., considerando la dichiarazione del ricorrente destinata ad essere trasfusa in un iter amministrativo finalizzato ad ottenere il rilascio del certificato di abitabilità - rilevando che la dichiarazione del privato costituisce un mero presupposto del certificato di abitabilità, sulla base del quale la competente autorità può e deve attivare i controlli del caso).

Cass. pen. n. 5122/2006

Le false dichiarazioni del privato concernenti la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge o dagli strumenti urbanistici per il rilascio di concessione edilizia, essendo destinate a dimostrare la verità dei fatti cui si riferiscono e ad essere recepite quali condizioni per la emanazione o per la efficacia dell'atto pubblico, producendo cioè immediati effetti rilevanti sul piano giuridico, sono idonee ad integrare, se ideologicamente false, il delitto di cui all'art. 483 c.p.

Cass. pen. n. 44689/2005

La falsa attestazione della propria presenza in ufficio da parte di un pubblico dipendente, posta in essere mediante fraudolenta timbratura del cartellino, in quanto commessa da soggetto che, pur investito di qualifica pubblicistica, agisce come privato, non integra il reato di falso ideologico in atto pubblico commesso da pubblico ufficiale ma quello di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, con conseguente configurabilità anche dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 9 c.p.

Cass. pen. n. 36643/2005

Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la falsa denuncia di smarrimento del certificato di proprietà di un'autovettura, effettuata mediante dichiarazione raccolta dai carabinieri, in quanto tale denuncia è destinata a comprovare la verità del fatto dello smarrimento, che costituisce il necessario presupposto del procedimento amministrativo di rilascio di un duplicato (art. 13, comma primo e secondo, D.M. n. 514 del 1992).

Cass. pen. n. 35163/2005

Integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la condotta di colui che rende false attestazioni in ordine al patrimonio ed al reddito familiare nella dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, rilevante per l'accesso alla graduatoria preordinata all'assegnazione di sussidi da parte dell'Opera universitaria, in quanto la L. n. 15 del 1968 facoltizza il privato alla dichiarazione sostitutiva, che diviene atto pubblico per il solo fatto della sottoscrizione autenticata dal funzionario preposto a ricevere l'atto, stabilendo che tali dichiarazioni «sono considerate come fatte a pubblico ufficiale» (art. 26, commi primo e secondo) e, d'altro canto, il privato ha l'obbligo giuridico di affermare il vero ogniqualvolta sussiste una norma che ricolleghi ai fatti che egli attesta al pubblico ufficiale — il quale, a sua volta, ne documenti l'attestazione — determinati effetti; né vale ad escludere la sussistenza del reato la circostanza che l'attestazione sia soggetta a verifiche o controlli, i quali, in ogni caso, intervengono quando il falso è già consumato.

Cass. pen. n. 25336/2004

Sussiste il delitto di falsità ideologica del privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), qualora un esperto qualificato, iscritto in un albo speciale, riversi — così assumendo spontaneamente responsabilità attestativa — in un atto pubblico redatto dal cancelliere, false attestazioni in merito a circostanze di fatto oggetto di percezione diretta, costituenti premessa di un provvedimento dell'autorità (amministrativa o giudiziaria), che in sua assenza dovrebbe o potrebbe disporre l'accertamento d'ufficio. (Fattispecie in cui un funzionario del centro servizi dell'ufficio imposte dirette aveva, in concorso con un ragioniere, formato una falsa perizia estimativa giurata — atto destinato a provare la verità — firmata dal libero professionista, ma preparata dal pubblico funzionario, nella quale si affermava falsamente dinanzi al cancelliere un valore non corrispondente al vero dell'avviamento di una farmacia commerciale, già appartenente a persona deceduta, attribuendole un valore inferiore, per favorire gli eredi in sede di liquidazione dell'imposta di successione).

Cass. pen. n. 18587/2004

È configurabile il reato di cui all'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico), nel caso di falsa denuncia di smarrimento del certificato d'uso di un motore marino, presentata ad un organo di polizia giudiziaria e poi utilizzata, una volta munita dell'attestazione di ricezione da parte di detto organo, per ottenere dalla competente amministrazione un duplicato del documento falsamente denunciato come smarrito. (Nella specie, tale condotta era stata posta in essere allo scopo di poter rivendere un natante che l'agente aveva acquistato da un terzo il quale, a garanzia del suo credito, rimasto insoddisfatto, aveva trattenuto il certificato originale).

Cass. pen. n. 18584/2004

Dà luogo alla configurabilità del reato di cui all'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atti pubblici) la condotta di chi, falsamente dichiarando al competente ufficio della motorizzazione civile di essere proprietario di un autoveicolo, ottenga in tal modo la reimmatricolazione del medesimo, con rilascio di nuove targhe e nuova carta di circolazione.

Cass. pen. n. 13992/2004

Costituisce falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) quella consistita nell'avere l'agente, in sede di notifica di un provvedimento di polizia che imponeva il ritiro dei documenti validi per l'espatrio, falsamente attestato di non essere titolare di carta d'identità, perché a suo tempo scaduta e mai rinnovata.

Cass. pen. n. 6244/2004

È configurabile il reato di falso di cui all'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) nelle valutazioni estimative — contenute nella perizia giurata dinanzi al cancelliere — che attribuisca al bene da stimare un valore pari alla metà di quello reale, trattandosi di enunciati valutativi che si fondano su premesse contenenti false attestazioni.

La falsità ideologica può essere consumata anche mediante un'attestazione incompleta, ogniqualvolta il contenuto espositivo dell'atto sia, comunque, tale da far assumere all'omissione dell'informazione, relativa ad un determinato fatto, il significato di negazione della sua esistenza. Ne consegue che integra il reato di cui all'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) l'omissione, contenuta in una perizia giurata destinata all'autorità giudiziaria, relativa alla natura edificabile del bene, oggetto di stima.

Cass. pen. n. 22397/2004

Non commette il reato di false dichiarazioni al pubblico ministero (art. 371 bis c.p.) il giornalista che si astiene dal deporre opponendo il segreto professionale in ordine all'indicazione di informazioni (nella specie, le utenze telefoniche) che possono condurre all'identificazione di coloro che gli hanno fornito fiduciariamente le notizie.

Cass. pen. n. 47867/2003

Il dolo integratore del delitto di falsità ideologica di cui all'art. 483 c.p. è costituito dalla volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero.

Cass. pen. n. 37938/2003

Il delitto di falsa attestazione al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, di fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità è integrato anche quando l'agente prospetti come vere circostanze delle quali non sia effettivamente a conoscenza, perché l'oggetto dell'attestazione è proprio la sua cognizione di verità del fatto, e del relativo carattere mendace lo stesso agente è pienamente consapevole.

Cass. pen. n. 26110/2003

Risponde del reato di calunnia, e non di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico, colui il quale dichiari falsamente al pubblico ufficiale lo smarrimento di un assegno, atteso che, in questo modo, accusa implicitamente il portatore del titolo di credito di essersene impossessato fraudolentemente.

Cass. pen. n. 23224/2003

Ai fini della configurabilità del reato di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico non è necessario che esista una norma giuridica che con riferimento al contenuto obblighi il privato a possedere i requisiti dichiarati, ma è sufficiente che il suddetto atto precostituito per la prova del fatto attestato abbia un contenuto non veritiero. (Fattispecie in cui anche dopo l'abrogazione, avvenuta con L. 26 settembre 1996 n. 507, dell'obbligo di presentare dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà per ottenere le iscrizioni necessarie ad esercitare l'attività di autocarrozzeria, attestante il possesso di attrezzature occorrenti per l'attività di autoriparazione, è stato ritenuto che l'atto contenente la falsa attestazione costituisca il reato di cui all'art. 483 c.p. in quanto la legge sopra richiamata non ha inciso né sulla norma penale né su norme extrapenali costituenti presupposto di quella penale).

Cass. pen. n. 22880/2003

Sussiste il reato di falso ideologico commesso dal privato nel caso di dichiarazione mendace di essere in regola con il pagamento dei contributi verso la cassa edile, allegata all'offerta per l'aggiudicazione di un appalto pubblico, atteso che l'obbligo giuridico di dire la verità risiede nell'art. 24, comma 2 della direttiva 93/37/CEE, recepita sul punto dal D.L. 30 luglio 1994, n. 478, non convertito, i cui effetti sono peraltro stabilizzati dalla legge 29 marzo 1995, n. 95.

Cass. pen. n. 22021/2003

In caso di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, che, ai fini del conseguimento di una concessione in sanatoria, attesti falsamente la data di ultimazione delle opere edilizie eseguite, il dichiarante si rende autore diretto di falso, ai sensi dell'art. 483 c.p., ma non può, al tempo stesso, ritenersi, a norma degli artt. 48 e 480 (o 479) c.p., autore indiretto o mediato della falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale che rilasci la concessione in sanatoria sul presupposto di quella falsa attestazione. Ed infatti, salvo autonomo accertamento, a cura del sindaco, della verità del fatto dichiarato dal privato, la concessione anzidetta è intesa ad accertare l'esistenza non già di quello stesso fatto, bensì dell'atto pubblico nel quale sia stata trasfusa la dichiarazione sostitutiva allegata alla richiesta del privato. (Nel caso di specie, la S.C. ha annullato senza rinvio la sentenza di appello che, riformando la pronuncia assolutoria del primo giudice, aveva condannato l'imputato sia per il reato di cui all'art. 483 che per quello di cui agli artt. 48-479 c.p.)

Cass. pen. n. 17363/2003

Non integra il reato di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) la falsa denuncia di smarrimento di un certificato di proprietà di un'autovettura, effettuata mediante dichiarazione raccolta dai carabinieri, in quanto l'atto pubblico redatto dal pubblico ufficiale e contenente le dichiarazioni dell'imputato non è destinato, in virtù di una norma di legge, a provare la verità di quanto dichiarato, né sussiste a carico del privato l'obbligo giuridico di dichiarare il vero in tale situazione.

Cass. pen. n. 9527/2003

Le false dichiarazioni rese da un privato nella domanda di condono integrano il reato di cui all'art. 483 c. p., anche a seguito dell'abrogazione della L. 4 gennaio 1968, n. 15 attuata dall'art. 77 del D.L.vo 28 dicembre 2000, n. 445, in seguito alla quale la sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio non deve essere più essere autenticata dal pubblico ufficiale.

Cass. pen. n. 38453/2001

In tema di falsità in atti, quando il pubblico ufficiale inconsapevolmente raccolga dal privato una falsa attestazione relativa a fatti dei quali essa è destinata a provare la verità e quando detta attestazione venga poi utilizzata dal soggetto ingannato per descrivere od attestare una situazione di fatto più ampia di quella certificata dal mentitore, resta integrata la fattispecie del falso ideologico per induzione (artt. 48-479, 48-480, 48-481 c.p.), la quale, nel caso di specie, concorre con il delitto di cui all'art. 483 c.p., atteso che la falsa dichiarazione del privato, prevista di per sè come reato, è in rapporto strumentale con la falsità ideologica che il pubblico ufficiale, in quanto autore mediato, ha posto in essere. (Fattispecie relativa al rilascio di una concessione edilizia in sanatoria da parte del sindaco, tratto in inganno da una falsa attestazione dell'interessato, il quale aveva affermato, in dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, che determinate opere di trasformazione edilizia erano state ultimate anteriormente alla data del 31 dicembre 1993).

Cass. pen. n. 34815/2001

La falsità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale nella domanda di sanatoria edilizia, è punita ai sensi dell'art. 26 della legge 4 gennaio 1968 n. 15, con la sanzione prevista dall'art. 483 c.p. (falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico); ne consegue che, nel caso in cui le predette dichiarazioni siano allegate a corredo di una domanda di definizione agevolata di violazione edilizia, non rileva, ai fini della configurabilità del reato, la natura di mera autorizzazione amministrativa della concessione in sanatoria, che è soltanto l'atto finale del procedimento.

Cass. pen. n. 11644/2001

Il reato di cui al combinato disposto degli artt. 483 c.p. e 26 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 è configurabile anche quando le false affermazioni contenute nell'atto di notorietà riguardino fatti, stati o qualità personali di soggetti diversi dal dichiarante, sempre che questi ne sia a diretta conoscenza. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che correttamente fosse stata affermata la sussistenza del reato in un caso in cui gli imputati avevano falsamente attestato, allo scopo di evitare l'applicazione di una sanzione amministrativa, che alcune opere edilizie irregolari erano state realizzate dal loro dante causa.

Cass. pen. n. 8891/2000

La denuncia di smarrimento di un documento d'identità non è assimilabile a quella che abbia ad oggetto un assegno bancario, atteso che essa è dotata di giuridica rilevanza, siccome condizione indispensabile per il rilascio di un duplicato del documento smarrito. Ne consegue che, in caso di falsità di detta denuncia, è configurabile il reato di cui all'art. 483 c.p.

Cass. pen. n. 7496/2000

In tema di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, configura il reato di cui all'art. 483 c.p. la falsa denuncia di smarrimento della carta di credito ad organi di polizia. Ciò poiché, a differenza di quanto accade per lo smarrimento dell'assegno, un obbligo di denuncia a carico del privato dello smarrimento della carta di credito è espressamente previsto nella disciplina contrattuale di tale documento che prevede la denunzia, che pertanto deve essere veritiera, derivando anche effetti connessi alla difesa dell'interesse pubblico che sia salvaguardato il sistema finanziario dal rischio di riciclaggio del denaro. Peraltro, nel caso della carta di credito, la denuncia trasfusa nell'atto pubblico fa prova essa stessa dell'avvenuto smarrimento e non necessita di successiva verifica giudiziale: in tal senso, producendo l'effetto immediato del blocco dello strumento di pagamento, la denunzia si accredita di un contenuto di verità non richiesta alla denunzia di smarrimento dell'assegno.

Cass. pen. n. 5118/2000

Il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico sussiste solo quando l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, e cioè quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero, ricollegando specifici effetti all'atto documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente. Ne consegue che non è configurabile il delitto di cui all'art. 483 c.p., nel caso di falsa denuncia di smarrimento del «foglio rosa», in realtà mai conseguito, ricevuta a verbale da un ufficiale di polizia giudiziaria, non essendovi alcuna particolare norma che attribuisca specifici effetti alla dichiarazione resa dal privato.

Cass. pen. n. 2752/2000

L'art. 2, primo comma, legge 23 dicembre 1986, n. 898 punisce chiunque, mediante l'esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente per sé o per altri, aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia. Data la struttura della norma, risulta che “l'esposizione di dati o notizie falsi” è requisito essenziale per la configurazione della fattispecie; ne deriva che detto reato non può concorrere con il delitto di falso previsto dall'art. 483 c.p., sussistendo concorso apparente di norme, ai sensi dell'art. 15 c.p., in quanto tutti gli elementi previsti dall'art. 483 c.p. sono ricompresi (e quindi assorbiti) nella fattispecie di cui all'art. 2 della legge citata, sicché quest'ultima risulta avere come elemento specializzante, rispetto al falso, l'indebita percezione del contributo del Fondo Europeo sopra citato.

Cass. pen. n. 30/2000

Il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) è configurabile non solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all'atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, così collegando l'efficacia probatoria dell'atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero; ne deriva che non può integrare il reato de quo la falsa denuncia di smarrimento di un assegno effettuata mediante dichiarazione raccolta a verbale da un ufficiale di polizia giudiziaria, alla quale nessuna disposizione conferisce l'idoneità a provare la verità del fatto denunciato e la preesistenza del documento asseritamente smarrito.

Cass. pen. n. 28/2000

Il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all'atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, così collegando l'efficacia probatoria dell'atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero; ne deriva che non può integrare il reato de quo la falsa denuncia di smarrimento di un assegno effettuata mediante dichiarazione raccolta a verbale da un ufficiale di polizia giudiziaria, alla quale nessuna disposizione conferisce l'idoneità a provare la verità del fatto denunciato e la preesistenza del documento asseritamente smarrito.

Cass. pen. n. 10524/1999

Le false dichiarazioni rese da un privato nella domanda di condono non integrano il reato di cui all'art. 483 c.p. (falsità ideologica del privato in atto pubblico) atteso che la concessione edilizia in sanatoria, al pari della concessione edilizia di cui all'art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, costituisce autorizzazione amministrativa e pertanto rientra nella fattispecie previste dagli artt. 477 e 480 c.p. (Nella specie la Corte ha ritenuto di non potere riqualificare il fatto ex artt. 480 e 48 c.p., sotto il profilo dell'autore mediato, per carenza di contestazione).

Cass. pen. n. 10388/1999

In tema di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, sussiste l'elemento materiale del reato contestato in caso di denunzia — ricevuta da ufficiale di polizia giudiziale — di smarrimento di targhe e documenti di circolazione. Invero detta denuncia, costituendo presupposto necessario nel procedimento amministrativo per il rilascio dei duplicati, ed attestando, sia la provenienza della dichiarazione dalla persona legittimata ad ottenere i duplicati stessi, sia il dato oggettivo della perdita dei documenti e delle targhe, integra una dichiarazione a contenuto probatorio convenzionale, giuridicamente rilevante ai fini amministrativi, la cui natura vincola il denunciante all'obbligo di dichiarare il vero.

Cass. pen. n. 10377/1999

In tema di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, poiché l'art. 39 comma quarto della legge 23 dicembre 1994, n. 724 conferisce alla dichiarazione della parte piena efficacia probatoria in ordine alla conclusione dei lavori entro il termine di applicabilità del condono edilizio, la eventuale falsità del contenuto di tale dichiarazione integra il reato di cui all'art. 483 c.p., dal momento che l'ordinamento attribuisce a tale dichiarazione valenza probatoria privilegiata, con esclusione della necessità di produrre ogni altra documentazione.

Cass. pen. n. 9048/1999

In tema di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, non è necessario, per la sussistenza del reato, che l'atto nel quale la dichiarazione è stata recepita sia destinato ad attestare — per espressa disposizione di legge — la rispondenza al vero dei fatti dichiarati, essendo sufficiente che detta dichiarazione, frutto di libera scelta del suo autore, sia in grado di produrre conseguenze giuridiche e sia incorporata in un atto redatto dal pubblico ufficiale, la cui non rispondenza al vero sia idonea a ledere la pubblica fede. Non è dunque necessario che esista una norma giuridica che, con riferimento al contenuto della specifica dichiarazione del privato, obblighi quest'ultimo a riferire il vero, ma basta che il suddetto atto, precostituito per la prova del fatto attestato dal privato, abbia — a seguito della falsa dichiarazione di costui — un contenuto non veritiero. (Fattispecie in tema di falsa dichiarazione di smarrimento di assegni bancari. La Corte, nell'enunciare il principio di cui sopra, ha osservato che la denuncia ha indubbiamente rilevanza giuridica e che la polizia giudiziaria, che ha l'obbligo di riceverla, è tenuta ad una serie di adempimenti, finalizzati sia ad impedire la commissione di reati che potrebbero conseguire allo smarrimento dei titoli, sia ad influire sulla procedura di ammortamento).

Cass. pen. n. 6/1999

Il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) sussiste solo qualora l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati, e cioè quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all'atto-documento nel quale la sua dichiarazione è stata inserita dal pubblico ufficiale ricevente. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la configurabilità del delitto de quo nel caso di falsa denuncia di smarrimento di un assegno bancario ricevuta a verbale da ufficiale di polizia giudiziaria).

Cass. pen. n. 292/1999

L'art. 483 c.p. prevede l'ipotesi in cui il pubblico ufficiale si limita a trasfondere nell'atto la dichiarazione ricevuta, della cui verità risponde il dichiarante in relazione a un preesistente obbligo giuridico di affermare il vero, mentre il pubblico ufficiale risponde soltanto della conformità dell'atto alla dichiarazione ricevuta. Nell'ipotesi, invece, di cui agli artt. 48 e 479 c.p. la falsa dichiarazione viene assunta a presupposto di fatto dell'atto pubblico da parte del pubblico ufficiale che quest'ultimo forma, sicché la dichiarazione stessa non ha alcun rilievo autonomo, in quanto confluisce nell'atto pubblico e integra uno degli elementi che concorrono all'attestazione del pubblico ufficiale, alla quale si perviene mediante false notizie e informazioni ricevute dal privato. (La Corte Suprema ha ritenuto la configurabilità del reato di cui agli artt. 48 e 479 c.p. in una fattispecie in cui era stata presentata al pubblico ufficiale la falsa attestazione sullo svolgimento di attività lavorativa in Italia da parte di cittadino extracomunitario, essendo tale attività lavorativa presupposto di fatto per il rilascio del permesso di soggiorno).

Cass. pen. n. 8909/1998

Oggetto della tutela del reato di falsità personale, di cui all'art. 495 c.p., è un contrassegno personale della persona fisica e non anche delle persone giuridiche che abbiano a qualificarsi nei confronti della pubblica amministrazione. Le false attestazioni sulle persone giuridiche, quali falsità ideologiche, vanno inquadrate nella fattispecie astratta dell'art. 483 c.p.

Cass. pen. n. 2163/1998

Il delitto di falso ideologico in atto pubblico commesso dal privato è ravvisabile quando la attestazione non veritiera del privato sia destinata ad essere riportata nell'atto pubblico e cioè a costituirne l'oggetto, e non già quando la formazione dell'atto pubblico derivi dal pubblico ufficiale il quale abbia utilizzato le notizie e le indicazioni false ricevute dal privato. (In motivazione, in riferimento a questione non afferente al decisum, è stato affermato che non è ravvisabile il delitto di cui all'art. 483 c.p., in ipotesi di falsa dichiarazione alla polizia di smarrimento di libretto di assegni bancari poiché la denuncia alla polizia non conferisce a detto rinvenimento effetti giuridici i quali conseguono solo alla denuncia sporta all'istituto bancario).

Cass. pen. n. 1076/1998

Integra il reato di falsità ideologica del privato in atto pubblico, di cui all'art. 483 c.p., la falsa denuncia, verbalizzata da un ufficiale di polizia giudiziaria, di smarrimento di un assegno bancario, trattandosi di dichiarazione resa verbalmente e trasfusa in un atto che, per la sua indubbia natura pubblica, è destinato a provare la verità.

Cass. pen. n. 404/1998

Ricorre il reato di cui all'art. 483 c.p. quando il privato attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, mentre il reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.) può sussistere solo quando la falsità attiene alla condotta del pubblico ufficiale che riceve o redige l'atto. L'istigazione alla falsa dichiarazione del privato, anche se effettuata dal pubblico ufficiale, vale a configurare il concorso nel delitto di cui all'art. 483 aggravato ex art. 61 n. 9, ma non a trasformare la fattispecie in quella di cui all'art. 479. (Fattispecie relativa ad un furto di bicicletta in cui il derubato, su istigazione di un pubblico ufficiale, aveva dichiarato falsamente ad altro pubblico ufficiale di aver ritrovato il veicolo in un fosso).

Cass. pen. n. 11681/1997

L'attestazione al pubblico ufficiale di circostanze non veritiere in una dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio resa al pubblico ufficiale, integra il reato di falsità ideologica del privato in atto pubblico, di cui all'art. 483 c.p., pure nel caso in cui quanto dichiarato possa essere altrimenti verificato dal successivo destinatario dell'atto; in tale ipotesi, invero, deve escludersi la configurabilità del falso innocuo, atteso che l'innocuità del falso in atto pubblico non va ritenuta con riferimento all'uso che si intende fare del documento — che non è necessario ad integrare la condotta incriminata, e può altrimenti integrare estremi di reato diverso — ma solo se si esclude l'idoneità dell'atto falso ad ingannare comunque la fede pubblica.

Cass. pen. n. 7531/1997

La valutazione di innocuità del falso commesso dal privato in atto pubblico, di cui all'art. 483 c.p., non può essere rapportata alla funzione che l'atto assume, quale elemento o requisito di valutazione per un diverso procedimento amministrativo, per la destinazione occasionale datagli dal privato a questo fine, giacché la tutela del falso concerne l'attestazione per sè stessa e cioè la pubblica fede che, in ogni caso, si può riporre nel documento, a stregua della funzione rappresentativa riconosciutagli dalla legge. L'uso dell'atto non è infatti necessario per la perfezione del reato di falso, mentre può integrare la condotta di un reato ulteriore, quale quello previsto dall'art. 640 c.p.

Cass. pen. n. 2114/1997

In materia di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, deve affermarsi che il verbale di denuncia di smarrimento di assegni attesta sino a querela di falso che essa è stata ricevuta dall'ufficiale di P.G. che lo redige, e attesta altresì la non disponibilità dei titoli da parte del dichiarante, a far data da un certo momento storico. Pertanto, se la denunzia è falsa il riversamento del suo contenuto dichiarativo in un atto pubblico integra comunque il reato di cui all'art. 483 primo comma c.p., né rileva l'uso dell'atto pubblico falso, poiché esso non rientra tra gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 483 c.p.

Cass. pen. n. 2036/1997

Ai fini della nozione di pubblico ufficiale, non rileva il rapporto di dipendenza del soggetto rispetto allo Stato o ad altro ente pubblico, ma è richiesto soltanto l'esercizio effettivo di una pubblica funzione. Tale deve essere considerata l'attività consistente nella acquisizione della prova di un fatto, imposta dall'ordinamento, come condizione necessaria per l'erogazione di un pubblico servizio. (Nella specie, è stato ritenuto configurabile il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, ex art. 483 c.p., nel fatto di chi, in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa a un funzionario dell'Enel, aveva attestato, contrariamente al vero, che l'immobile da lui condotto era stato costruito sulla base di una regolare concessione edilizia, trattandosi di un presupposto necessario, in base alle vigenti disposizioni, per l'ottenimento di fornitura di energia elettrica).

Cass. pen. n. 10683/1996

Il privato che dichiari falsamente al pubblico ufficiale lo smarrimento di un assegno non risponde del delitto di falsità ideologica commessa da privati in atto pubblico, ma, in quanto accusa implicitamente il portatore di essersi fraudolentemente procurato il titolo, risponde di calunnia.

Cass. pen. n. 959/1996

In tema di falso ideologico del privato in atto pubblico, non è necessario che l'atto di cui si ipotizza la falsità sia previsto da una specifica disposizione di legge, ma è sufficiente che esso sia destinato a provare la verità, e cioè che la falsa attestazione abbia una qualche efficacia probatoria, da accertare di volta in volta. Integra, pertanto, il delitto di cui all'art. 483 c.p. la falsa denuncia, fatta ai carabinieri, di smarrimento di un assegno bancario. (Fattispecie nella quale la sussistenza del reato è stata ritenuta, osservando che la denuncia aveva lo scopo di togliere efficacia al titolo, quando ne fosse stato richiesto il pagamento presso il trattario).

Cass. pen. n. 953/1996

La falsa denuncia, fatta ad una stazione di carabinieri, dello smarrimento di un libretto di risparmio, integra il reato di cui all'art. 483 c.p. Ciò perché tale denuncia, richiesta dall'art. 6 della legge 30 luglio 1951, n. 948 (recante disposizioni in materia di ammortamento di titoli rappresentativi di depositi bancari) e sanzionata penalmente ai sensi dell'art. 17 di detta legge, è destinata a provare lo smarrimento del libretto e la relativa attestazione è resa ad un pubblico ufficiale. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta irrilevante la circostanza che la denuncia non sia stata fatta, secondo quanto previsto dall'art. 1 della legge suindicata, all'istituto emittente).

Cass. pen. n. 11399/1995

Nel delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la punibilità non è subordinata ad una specifica previsione normativa che stabilisca il valore probatorio de veritate del fatto attivato dal privato; risponde, pertanto, del delitto il privato che denunci falsamente ai carabinieri lo smarrimento di alcuni titoli di credito.

Cass. pen. n. 2218/1995

Si configura il reato di cui all'art. 483 c.p., ogniqualvolta il privato abbia l'obbligo di attestare un fatto in un atto pubblico che sia destinato, per disposizione di legge, a provare la veridicità delle asseverazioni in esso raccolte. Conseguentemente, risponde del delitto in questione colui che attesti falsamente, in una denuncia sporta ai carabinieri, lo smarrimento del contrassegno di assicurazione del proprio autoveicolo, così determinando la sospensione del relativo contratto ad opera della compagnia assicuratrice.

Cass. pen. n. 2216/1995

L'art. 18 della L. 26 luglio 1975, n. 354, nel disporre che i detenuti sono ammessi ad avere colloqui con i congiunti (comma 1) e che particolare favore è accordato al colloquio con i familiari (comma 3), autorizza un'interpretazione non restrittiva dei termini «congiunti» e «familiari». Pertanto, non commette il reato di cui all'art. 483 c.p. colei che attesti nella dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà (art. 4 della L. 4 gennaio 1968, n. 15) di essere zia di un detenuto in quanto sorella del padre di questi, ove il rapporto tragga origine da parentela naturale e non legale.

Cass. pen. n. 149/1995

Il riconoscimento di figlio naturale costituisce una dichiarazione di scienza rivolta a conferire certezza al fatto della procreazione, di cui è destinato a provare la verità. Commette, pertanto, il delitto di falsità ideologica in atto pubblico (art. 483 c.p.) il privato che effettui falsa dichiarazione di paternità naturale in un atto ricevuto da notaio.

Cass. pen. n. 148/1995

Concorre nella materialità del delitto di falsità ideologica di cui all'art. 483 c.p. il notaio che riceve la dichiarazione non veritiera di riconoscimento di figlio naturale. (Fattispecie nella quale numerosi cittadini somali ed etiopi, allo scopo di conseguire la cittadinanza italiana, si erano fatti riconoscere come figli naturali da cittadini italiani, grazie ad atti svolti in alcuni studi notarili).

Cass. pen. n. 6426/1993

Nell'ipotesi ex art. 483 c.p., il pubblico ufficiale si limita a trasfondere nell'atto la dichiarazione ricevuta, della cui verità risponde il dichiarante in relazione a un preesistente obbligo giuridico di affermare il vero, mentre il pubblico ufficiale risponde soltanto della conformità dell'atto alla dichiarazione ricevuta; invece, nell'ipotesi ex artt. 48 e 479 c.p. la falsa dichiarazione viene assunta a presupposto di fatto dell'atto pubblico da parte del pubblico ufficiale, che forma quest'ultimo, sicché essa non ha alcun rilievo autonomo in quanto conferisce nell'atto pubblico e integra uno degli elementi che concorrono all'attestazione del pubblico ufficiale, con la conseguenza che la stessa promana dal pubblico ufficiale anche se questo vi sia pervenuto mediante false notizie e indicazioni ricevute dal privato. (Alla stregua di tale principio è stato ritenuto colpevole del delitto previsto dagli artt. 48 e 479 c.p., colui che nella domanda di iscrizione nelle liste di collocamento aveva reso una mendace dichiarazione in ordine al proprio reddito familiare, sì da indurre i componenti dell'apposita commissione a redigere una falsa graduatoria delle persone da avviare al lavoro).

Cass. pen. n. 3144/1993

La fattispecie delittuosa di cui all'art. 483 c.p. ricorre solo nel caso in cui la falsa attestazione riguarda i fatti che il pubblico ufficiale si limita a riportare nell'atto pubblico come provenienti da un privato che è l'autore immediato della falsità. Si versa, invece, nell'ipotesi di cui agli artt. 48 e 479 c.p. allorché tali fatti sono integrati da un'attestazione del pubblico ufficiale, di cui l'atto stesso è destinato a provare la verità, con la conseguenza che il pubblico ufficiale diviene l'autore immediato della falsità, per effetto dell'errore determinato dall'inganno del privato. (Fattispecie relativa a certificato della Regione Campania, contenente l'attestazione circa la regolarità della contabilità di un'impresa di trasformazione di prodotti ortofrutticoli, ai fini dell'erogazione di contributi CEE, da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia).

Cass. pen. n. 12331/1990

La falsa dichiarazione di essere proprietario di un veicolo resa dal privato in un atto del quale il notaio si è limitato ad autenticare la sottoscrizione integra un falso ideologico commesso in una scrittura privata, come tale non punibile.

Cass. pen. n. 16308/1989

Conforme, Cass. pen., sez. III, 16 ottobre 2009, n. 40194 (ud. 29 settembre 2009), Puccio e altri.
Il reato di cui all'art. 479 c.p. e quello di cui all'art. 483 c.p. si differenziano tra loro con riguardo alla provenienza dell'attestazione falsa, con la conseguenza che la falsità ideologica di cui all'art. 479 c.p. è ravvisabile soltanto in relazione a ciò che attesta nel documento, per sua iniziativa o per propria scienza, il pubblico funzionario che ne è l'autore, mentre, con riferimento a quanto assevera, per il tramite della documentazione del pubblico ufficiale, il soggetto dichiarante, è configurabile, in caso di falsità, il reato previsto dall'art. 483 c.p. (Nel caso di specie, relativo ad un verbale di assemblea consortile nel quale era stata falsamente attestata la partecipazione dei rappresentanti di tutte le consorziate, la Cassazione ha ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 483 c.p., sul rilievo che in tema di verbale delle assemblee societarie o consortili spetta comunque al presidente dell'assemblea il compito di dare le informazioni indicate ed al verbalizzante di registrarle e di descrivere quindi lo svolgimento dell'adunanza).

Il fatto del presidente di un'assemblea straordinaria di un consorzio tra imprese, il quale falsamente dichiari nel processo verbale redatto da un notaio, che sono presenti o rappresentati per delega tutti i consorziati e che l'assemblea è validamente costituita, integra il reato previsto dall'art. 483 c.p. e non quello di cui all'art. 479 c.p., in quanto in tal caso la falsa attestazione attiene esclusivamente al contenuto della dichiarazione resa dal privato al pubblico ufficiale e non all'attività riconducibile a quest'ultimo, senza che peraltro abbia rilievo, una volta accertata la fedele riproduzione di quanto dichiarato, l'omessa indicazione di ulteriori dati circa le modalità di convocazione dell'assemblea e l'individuazione dei presenti.

Cass. pen. n. 5211/1989

La falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) ricorre qualora il privato attesti falsamente in un atto pubblico fatti che l'attestante ha il dovere giuridico di esporre veridicamente e dei quali l'atto era destinato a provare la verità. (Nella specie, la corte ha così qualificata l'attività del privato che era stato chiamato a rispondere del reato ex art. 479 c.p. perché in concorso con due pubblici funzionari, assolti con formula piena, mentre il privato era stato assolto con formula dubitativa).

Cass. pen. n. 4789/1988

Non risponde di falsità ideologica del privato in atto pubblico il locatore che, all'udienza per la convalida di sfratto per morosità del locatario tuttora inadempiente all'obbligo di pagare gli oneri condominiali, attesti che la morosità persiste.

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Consulenze legali
relative all'articolo 483 Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M.M. chiede
martedì 18/06/2024
“Nell'anno 2004 il soggetto veniva condannato con decreto penale di condanna per guida in stato di ebbrezza.
Decorsi due anni senza aver commesso ulteriori contravvenzioni il reato si estingueva.
Nell'anno 2009 veniva pronunciata declaratoria di estinzione del suddetto reato.
Dal recente certificato del casellario giudiziale, dei carichi pendenti e dalla visura ex art. 33 DPR 313/2002 richiesti dall’interessato risulta “nulla”.
Dato che sono trascorsi più di 8 anni dall’inoppugnabilità del provvedimento di condanna (D.P.R. 15/2018), medio tempore l’interessato inviava richiesta relativa alla sussistenza di dati personali presenti nel C.E.D. interforze al Ministero Interno; ad oggi non ancora riscontrata.
A seguito della riforma dei concorsi pubblici (D.P.R. 82/2023), il cittadino che intende partecipare ad un qualsiasi concorso pubblico deve dichiarare ogni precedente penale a proprio carico iscrivibile nel casellario giudiziale (art. 1, lett. b, n. 7).
Ciò premesso, si chiede se l’eventuale omessa dichiarazione del suindicato precedente penale da parte dell’interessato nella domanda di partecipazione ad un concorso pubblico possa essere accertato e riscontrato da parte dell’Amministrazione indicente il concorso nonostante sulla visura delle iscrizioni ex art. 33 del D.P.R. 313/2002 risulti “nulla”.
In caso di risposta positiva, si chiede di indicare le modalità che la P.A. può adottare per effettuare tale accertamento e riscontro in ossequio della legislazione vigente.
Sempre in caso di risposta positiva, si chiede altresì se tale accertamento e riscontro possano essere fatti – e con quali modalità – qualora anche nella Banca dati CED risulti “nulla”.
Infine, qualora accertato e riscontrato, l’interessato potrebbe subire procedimenti penali per falso in atto pubblico nonostante da certificati, visure e banca dati CED non risulti alcunché?”
Consulenza legale i 07/07/2024
Cerchiamo di dare risposta ai quesiti facendo un discorso onnicomprensivo.

In primo luogo va chiarito cosa appare nel casellario giudiziale e, soprattutto, cosa appare anche in relazione a chi chiede il certificato del casellario giudiziale.

Nel caso di specie, sebbene non sia stato chiarito nella richiesta di parere, è ipotizzabile che il soggetto sia stato dichiarato colpevole per il reato di guida in stato d’ebbrezza e che abbia ottenuto il beneficio della non menzione nel casellario giudiziale.

Ebbene, va detto che, nel nostro ordinamento, esistono due “tipologie” di casellario giudiziale:
- quello richiesto dal privato (art. 24 del testo unico sul casellario);
- quello richiesto ai fini di giustizia dalla Pubblica Amministrazione (art. 28 del medesimo testo unico).

Orbene, abbiamo parlato di “due tipologie” di casellario in quanto il merito delle iscrizioni cambia a seconda di chi chiede tale certificato.

Se infatti nel casellario richiesto dal privato effettivamente non compaiono i precedenti per i quali è stato ottenuto il beneficio della non menzione e/o i provvedimenti derivati da decreto penale di condanna (cfr. art. 24, co. 1, lett. a e lett e), questo non accade nel caso del casellario richiesto dalla Pubblica Amministrazione ai fini di giustizia.
Nello stesso, infatti, ai sensi dell’art. 28, co. 7 del TU del casellario, non compaiono soltanto le iscrizioni relative:
a) alle condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e alle condanne per reati estinti a norma dell' art. 167 del c.p. primo comma;
b) ai provvedimenti che ai sensi dell' art. 464 quater del c.p.p., dispongono la sospensione del procedimento con messa alla prova, nonché alle sentenze che ai sensi dell' art. 464 septies del c.p.p. dichiarano estinto il reato per esito positivo della messa alla prova;
c) ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’ art. 131 bis del c.p..

Dalla normativa suindicata è facile dunque concludere che ciò che appare nel casellario richiesto dall’interessato è molto diverso da ciò che appare nel casellario richiesto dalla PA.

Tornando al caso di specie, dunque, va prima di tutto detto che nel casellario eventualmente richiesto dalla PA non comparirà il precedente in questione solo se il precedente in esame rientri in uno dei casi di cui all’articolo 28 menzionato in precedenza.
Se così non fosse, dunque, la PA vedrà il precedente anche laddove lo stesso non compaia nel casellario richiesto dall’interessato.

Dunque, visto che il caso di specie non sembra rientrare tra quelli “non menzionabili” nel casellario richiesto dalla PA (che non esclude affatto tra i precedenti menzionabili quelli conclusi con decreto penale e con non menzione), il precedente sarà ben visibile a quest’ultima laddove la stessa ne faccia richiesta ai sensi dell’articolo 28 del Testo Unico.

In risposta al primo quesito va quindi detto che si, la Pubblica Amministrazione ha la possibilità effettivamente di individuare un precedente riferibile all’interessato anche se lo stesso non appare nel casellario da questi richiesto.

A questo punto bisogna rispondere alla domanda riguardante gli obblighi dichiarativi.

Ebbene, rispondere a tale quesito è quantomai complesso vista l’oggettiva contraddittorietà del combinato disposto del TU sul casellario e il dpr. 487 del 1994 come modificato dpr. 82 del 2023.

L’articolo 4 del dpr 487 del 1994 come da ultimo modificato, infatti, afferma che “all'atto della registrazione al Portale l'interessato compila il proprio curriculum vitae, con valore di dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, indicando… di non aver riportato condanne penali con sentenza passata in giudicato e di non avere in corso procedimenti penali, né procedimenti amministrativi per l'applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione, nonché precedenti penali a proprio carico iscrivibili nel casellario giudiziale, ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313. In caso contrario, devono essere indicate le condanne, i procedimenti a carico e ogni eventuale precedente penale, precisando la data del provvedimento e l'autorità giudiziaria che lo ha emanato ovvero quella presso la quale penda un eventuale procedimento penale.

La norma in parola è oggettivamente contraddittoria.

Se infatti il curriculum vitae compilato dal candidato ha valore di dichiarazione sostitutiva ai sensi del dpr. 445 del 2000, allora si dovrebbe applicare il comma 8 dell’articolo 28 del TU sul casellario secondo cui “l'interessato che, a norma degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rende dichiarazioni sostitutive relative all'esistenza nel casellario giudiziale di iscrizioni a suo carico, non è tenuto a indicare la presenza di quelle di cui al comma 7, nonché di cui all'articolo 24, comma 1”.

Stando a tale articolo, dunque, effettivamente il candidato non dovrebbe scrivere alcunché delle condanne ricevute col beneficio della non menzione e/o a seguito di decreto penale di condanna.

Sempre lo stesso articolo 4 del dpr. 487 del 1994, tuttavia, nel fare riferimento ai precedenti, richiama l’articolo 3 del TU sul casellario che, in verità, ritiene iscrivibili nel casellario tutti i provvedimenti definitivi, dunque anche il decreto penale di condanna, anche laddove sia stata concessa la sospensione condizionale e la non menzione.

E’ chiaro dunque che il quadro che emerge è assolutamente confusionario in quanto è lo stesso articolo 4 dpr. 487/94 a contraddirsi rispetto alle norme del casellario cui fare riferimento per capire “cosa” dichiarare.

Stante la suddetta confusione, è bene, in via prudenziale, dichiarare il precedente riportato.
L’omessa dichiarazione, invero, ben può integrare il reato di falso, come stabilito da plurima giurisprudenza secondo cui la dichiarazione mendace nella dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del dpr. 445 del 2000 ben può integrare il reato di cui all’ art. 483 cp.

Il fatto che la condanna non compaia nel casellario è, infatti, assolutamente irrilevante in quanto il soggetto ben sa di aver subito un processo e, dunque, è perfettamente consapevole di dichiarare il falso laddove dovesse affermare di non avere precedenti penali.

Peraltro il precedente in questione non sembra essere affatto un problema ai fini dell’accesso nella PA mediante concorso pubblico atteso che il nuovo articolo 2 del dpr. 487 del 1994 stabilisce che non possono accedere alle procedure selettive solo “coloro che abbiano riportato condanne con sentenza passata in giudicato per reati che costituiscono un impedimento all'assunzione presso una pubblica amministrazione”. Tra questi reati non v’è di certo la guida in stato d’ebbrezza che non prevede alcuna pena accessoria connessa alla pubblica amministrazione.
Per tali ragioni sarebbe meglio dichiarare tale precedente e non rischiare di incorrere nel reato di falso, anche in considerazione del fatto che il precedente in parola non dovrebbe avere alcuna incidenza sull’idoneità del soggetto alla partecipazione a concorsi pubblici.

Per le medesime ragioni è del tutto irrilevante che la banca dati CED risulti pulita.
La stessa, invero, è di mero ausilio alle Forze di Polizia nella gestione delle indagini anche per meglio inquadrare il soggetto indagato e i precedenti allo stesso riferibili e non ha alcuna connessione coi dati ufficiali presi dalla Pubblica Amministrazione per avere contezza dei precedenti del soggetto attenzionato, per i quali farà sempre e solo riferimento ai canali ufficiali del Ministero della Giustizia e, dunque, al casellario giudiziale.

F. F. chiede
domenica 06/08/2023
“Il caso oggetto della domanda.
- Matrimonio 2005. Un figlio 2001. Comunione dei beni. Lei abbandonava la casa familiare, 9/2019. Pendente presso il Tribunale causa di separazione iniziata il 22.03.2022.
- Con il Tfr di lui, in pensione nel 2006, i coniugi investivano in una polizza € 150.000,00 anche per gli auspicabili studi universitari del figlio: lei contraente (titolare) e assicurata, lui beneficiario in caso morte di lei.
- Nel 2020, lei sottraeva alla comunione legale quella polizza, € 320.000,00, sostituendo a sé stessa, nella posizione di “contraente”, di fatto un terzo, anche se si tratta del loro figlio. Ma, non assegnava a lui la posizione di beneficiario in caso vita, l’assegnava a sé stessa. Quindi non più come in origine, quando la posizione di contraente e beneficiario coincidevano. Il terzo (figlio) contraente, la madre beneficiaria, come in origine. Alla scadenza, il 09.01.2026, lei potrebbe così incassare l’intera somma.
In precedenza, il 10.12.2019, aveva già provveduto a far cancellare, dalla posizione di erede in caso di sua morte, lui che, da quel momento, era quindi stato del tutto escluso.
- Nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio, richiesta dal Presidente del Tribunale, lei il 26.05.2022, ometteva di dichiarare, nonostante fosse esplicitamente richiesto, la sua posizione di beneficiaria, in caso vita, di quella polizza.
- Così, al conseguente esame comparativo da parte del presidente del Tribunale, le posizioni economiche delle parti, apparivano, proprio a causa dell’inganno da lei perpetrato, diverse da quelle che sarebbero state. Intestataria prima, di somme del valore complessivo superiore rispetto a quelle di lui, sembrava ora possederne solo il 14%, rispetto a lui. Con il suo conseguente provvedimento, il Presidente aveva così, inaspettatamente, ordinato a lui di pagare a lei ed anche al figlio, intestatario di oltre € 300.000,00, un mensile di mantenimento.
- Lui non ha subito solo danni economici. Avendo dedicato gran parte dei propri giorni a far emergere la verità, anche con prove documentali ineccepibili, aveva atteso, con fondata speranza, la decisione del giudice. Venuto a conoscenza del provvedimento presidenziale, ha perduto il precario equilibrio psicologico raggiunto attraverso la cura e le sedute dallo psicologo e ha tentato, di togliersi la vita.
- Il G.I. disponeva, successivamente, il deposito di dichiarazioni sostitutive di atto notorio aggiornate, con l’indicazione di qualsiasi forma di investimento. Lei, il 31.03.2023 ometteva per la seconda volta, quindi recidiva, di dichiarare la sua posizione di beneficiaria in caso vita.
E’ mia intenzione sporgere formale denuncia/querela contro di lei.
Vorrei sapere se, secondo voi, ce ne sono gli estremi, anche con riferimento ad eventuali preclusioni prescrizionali, tenuto conto della data in cui sono state formate le due dichiarazioni sostitutive in contestazione.”
Consulenza legale i 24/08/2023
Innanzitutto, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio è un'autodichiarazione da redigere in prima persona che sostituisce l’atto notorio, da stilare invece davanti a un Pubblico Ufficiale in presenza di due attestanti che giurano la notorietà di un fatto.
Con tale atto il diretto interessato dichiara stati, qualità personali o fatti relativi a se stesso o ad altri soggetti di cui ha una diretta conoscenza con la consapevolezza delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni mendaci e di formazione o uso di atti falsi e della decadenza da eventuali benefici acquisiti.

Il DPR 445/2000 stabilisce le regole in materia di documentazione amministrativa, nello specifico, all’ art 47 disciplina la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, utilizzata per semplificare le pratiche amministrative.
L’art. 76 del DPR invece, tratta le false dichiarazioni rese a pubblico ufficiale che punisce con sanzioni penali. Tra le dichiarazioni mendaci punite dalla norma rientrano, appunto, le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà.

Si specifica che le amministrazioni pubbliche effettuano regolarmente dei controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del Dpr 445/2000. Le verifiche vengono effettuate comprovando che quanto dichiarato risulti dai registri e banche dati telematiche. Se si tratta di banali omissioni o frutto di meri errori materiali la pubblica amministrazione invita l’interessato semplicemente alla regolarizzazione della dichiarazione.

In realtà, come stabilito dall’art 48 del DPR: “nei moduli per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive le amministrazioni inseriscono il richiamo alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate”.
Invece, in caso di dichiarazioni mendaci l’ art. 76 del DPR prevede sanzioni penali.

Nello specifico, l’articolo 76 prevede una responsabilità penale per i soggetti privati che rilasciano dichiarazioni mendaci, formano od usano atti falsi. Esso recita: Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale…”.

Pertanto, essendo che le dichiarazioni sostitutive sono considerate come rese ad un pubblico ufficiale c’è la possibilità che si integri il reato cui all’art. 483 del c.p. Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”.

In ogni caso, ai sensi dell’articolo 75 del DPR, i benefici conseguiti dal dichiarante a seguito di emanazione del provvedimento risultante dal procedimento completo decadono se le dichiarazioni effettuate sono false.

Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico
L’articolo 483 del codice penale recita: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.

Il delitto in esame sussiste ogniqualvolta il privato attesti al pubblico ufficiale un documento precostituito a fini probatori - e di cui il primo si serve per esercitare una qualsiasi attività giuridica - fatti non corrispondenti al vero.

L’attestazione falsa può essere fatta sia oralmente che per iscritto. Essa deve essere resa ad un Pubblico Ufficiale che sta redigendo o che deve redigere un atto pubblico.

Occorre, inoltre, che il soggetto abbia il dovere giuridico di dire la verità al Pubblico Ufficiale. Tale dovere giuridico è stabilito in modo espresso dalla norma che regola l’atto destinato a provare quella data verità. Ciò avviene quando a seguito della dichiarazioni mendaci rilasciate al Pubblico Ufficiale si ricollegano specifici effetti dovuti all’atto-documento (Cass. 5-2-2018 n. 5365).

La falsità ideologica può essere consumata anche mediante un’attestazione incompleta ogniqualvolta il contenuto espositivo dell’atto sia comunque, tale da far assumere all’omissione dell’informazione, relativa ad un determinato fatto, il significato di negazione della sua esistenza (Cass. 17-02-2004 n.6244).

Tale illecito penale è procedibile d'ufficio. Ciò significa che per la procedibilità non è necessario presentare una querela entro novanta giorni dalla conoscenza del fatto o comunque entro un termine perentorio.
Inoltre, affinché vi sia prescrizione è necessario che, dalla commissione del reato, passino almeno sei anni senza alcuna attività processuale o sette anni e mezzo (ad esempio nella situazione in cui, in seguito ad una denuncia-querela, il procedimento penale arrivi alla fase dibattimentale con la "celebrazione" del vero e proprio processo senza che lo stesso arrivi a sentenza).

In ragione di quanto sopra, se lo ritiene, secondo questa redazione Lei è ancora perfettamente in tempo a denunciare la persona che ha redatto le false dichiarazioni per il reato cui all’art. 483 c.p. senza alcuna preclusione nè problemi di prescrizione.

A.S. chiede
sabato 05/08/2023
“Buongiorno. Ho partecipato ad un concorso presso l’agenzia delle entrate 900 ass. Tec superando sia prova scritta che quella orale. Ora dovendo trasmettere entro 10 giorni tutti i documenti, mi sono accorto che in fase di presentazione della domanda ho spuntato per errore la dicitura seguente, "lodevole servizio" tra i titoli di preferenza e di precedenza ("coloro che abbiano prestato lodevole servizio a qualunque titolo, per non meno di un anno in questa p.a."). Trasmettendo tutti i documenti che loro richiedevano “autocertificazione di titolo di studio copia documento” tranne questo di lodevole servizio, a cosa vado incontro? Posso essere escluso e sanzionato, o visto che si tratta semplicemente di un titolo preferenziale che non trasmetto non succede nulla e non incorro a denunce con esclusione dal concorso. Devo comunicare qualcosa o a loro? O semplicemente non trasmettendo nulla tutto si annulla?

Per leggere il bando basta cercare su google 900 ass tec agenzia delle entrate è l'ultimo file della pagina che si apre

Leggendo i punti 8.1 e 8.2 del bando sembra che se non si trasmettono i documenti decadono e si rinuncia a far valere i titoli di preferenza.

Sicuro di una Vostra cortese e celere risposta Vi porgo distinti saluti.

Consulenza legale i 10/08/2023
Al punto 3.11 del bando è previsto che in caso di falsità in atti e dichiarazioni mendaci si applicano le sanzioni penali previste dall’articolo 76 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero le ipotesi di reato di cui agli artt. 483 (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) o 495 (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri) cod. pen.

Al punto 3.12, inoltre, è previsto che l’Agenzia possa disporre, in qualsiasi momento, l’esclusione dei candidati nel caso di falsità delle dichiarazioni rese.

Dal momento che, comunque, la dichiarazione di aver prestato lodevole servizio è stata resa, anche se non documentata, in linea teorica l’amministrazione potrebbe comunque procedere per dichiarazioni mendaci e escludere il candidato dal concorso.

Tuttavia, il punto 8.2 prevede che “il candidato che intende far valere i titoli di preferenza” debba presentare idonea documentazione entro il termine perentorio.
Non inviando tale documentazione, il candidato rinuncia a far valere tali titoli.

Pertanto, da un lato, se anche la falsità vi è stata, trattasi di un falso innocuo e inutile. Infatti, il candidato non si è avvalso dei titoli preferenziali dichiarati, ma non posseduti.

Peraltro, affinché la dichiarazione mendace risulti essere meritevole di sanzione, occorre anche la sussistenza del dolo da parte dell’autore. Detto altrimenti, ciò significa che colui il quale pone in essere la dichiarazione mendace deve essere consapevole della falsità di quanto dichiarato o rappresentato.

Nel caso di specie trattasi invece di un errore, di una svista che, per quanto grave, in quanto occorsa su un documento come l’autocertificazione, non ha portato ad alcun vantaggio illecito all’autore.

L’art. 71 dpr. n. 445/2000 prevede che “le amministrazioni procedenti sono tenute a effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47, anche successivamente all’erogazione dei benefici comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni”.
All’esito di tale controllo, l’autocertificazione mendace viene segnalata alla Procura della Repubblica, per l’avvio del procedimento penale. Ove invece dal controllo emerga che le dichiarazioni mendaci dell’autocertificazione risultino essere dei meri errori di fatto, non incidenti sulla veridicità o genuinità della dichiarazione, è la stessa P.A. procedente a provvedere alla comunicazione al dichiarante, di modo che questi provveda alla regolarizzazione.

Nel caso di specie, il dichiarante non ha ottenuto alcun beneficio dalla falsa attestazione. Trattasi, infatti, di un mero errore, che dovrebbe essere tollerato.

In conclusione, non avendo inviato la relativa documentazione, difficilmente verranno effettuati controlli sul punto, ma per sicurezza si potrebbe inviare una comunicazione all’Agenzia delle entrate ammettendo l’errore e chiedendo la rettifica, specificando che, in ogni caso, non è stata inviata alcuna documentazione e quindi non si è usufruito del titolo di preferenza.

D. D. L. chiede
martedì 14/02/2023 - Lazio
“buongiorno,
fra qualche settimana io ed altri comproprietari di un appartamento venderemo tale immobile e ci poniamo il seguente dubbio di cui chiediamo la vs autorevole interpretazione.
L'immobile in questione presenta una leggera difformità rispetto alla planimetria catastale consistente nello spostamento della porta del bagno da una parete, dove era originariamente, a quella adiacente. Nessun'altra difformità è presente e l'acquirente è pienamente consapevole di ciò tant'è che nel prezzo si è tenuto conto proprio di ciò. Inoltre, lo stesso acquirente ha tenuto a precisare che una volta divenuto a sua volta proprietario avrebbe completamente ristrutturato casa e quindi avrebbe dovuto cmq procedere nuovamente a presentare una nuova cila in comune tramite un suo tecnico. Come proprietari avevamo comunque deciso di dare incarico a un tecnico per regolarizzare tale situazione ma mentre il nostro tecnico era al lavoro per presentare la cila in sanatoria, il futuro acquirente ci chiedeva di stoppare la procedura poiché il perito nominato dalla banca, che nel frattempo aveva fatto il sopralluogo nell'appartamento per la perizia, ha riferito che tale difformità era del tutto ininfluente e non bloccava la concessione del mutuo, cosa che in effetti è poi avvenuta come previsto dallo stesso perito. Peraltro, la difformità presente (spostamento di una porta), a riprova ed ulteriore conferma che sia effettivamente di lieve entità e che dunque non comporta una rilevanza catastale per la quale l’articolo 19 comma 14 DL 78/2010 dispone il relativo obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione, vi è il contenuto esplicito della Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 2/2010 la quale, nella specifica materia, prevede espressamente che i casi come quelli della specie (spostamento di porte), non inficiano la dichiarazione di conformità dei dati e delle planimetrie catastali con lo stato di fatto dell’unità immobiliare (coerenza oggettiva) da rendere in atti da parte degli intestatari, in quanto tali modifiche non variano il numero e la funzionalità dei vani né la consistenza o la classe dell’immobile stesso. Per evitare futuri contenziosi con l'acquirente, anche dietro consiglio del notaio rogante, abbiamo deciso di comune accordo di stipulare una scrittura privata contenente tutti gli elementi suddetti e la piena consapevolezza dello stesso acquirente della situazione de qua. Alla luce di tutto ciò chiedo se la procedura utilizzata è corretta e se la condotta dei comproprietari alla firma del rogito con cui si dichiara la conformità dello stato di fatto alle planimetrie possa o meno configurare il reato di cui all'art 483 cp (falsità ideologica del privato in atto pubblico) tenuto anche conto che dalla condotta dei comproprietari non vi è alcun dolo (elemento essenziale previsto da tale reato) visto che: 1. avevamo dato incarico a un tecnico per sanare la difformità (a riprova disponiamo di fattura per l'iniziale lavoro svolto dal professionista) 2. il perito della banca ha riferito che lo spostamento della porta era di lieve entità 3. effettivamente la banca ha concesso il mutuo ipotecario 4. l'agenzia del territorio ha espressamente previsto che i casi della specie non inficiano la dichiarazione di conformità atteso che trattasi di lieve scostamento non incidente sul numero e sulla consistenza dei vani e sulla rendita catastale 5. l'acquirente è pienamente consapevole della difformità 6. vi è una scrittura privata tra le parti per evitare in futuro contenzioni di sorta. Grazie mille”
Consulenza legale i 17/02/2023
I reati di falso pongono generalmente un problema di raffronto tra quanto viene dichiarato e/o percepito (dal pubblico ufficiale ) e quanto è “reale”.

Nel caso di specie si pone, in particolare, la questione di capire se la dichiarazione di conformità sia effettivamente tale rispetto all’immobile in futura vendita, atteso che lo stesso ha subito una variazione di lieve entità (e non riportata nella planimetria catastale) consistente nello spostamento di una porta.

Per comprendere se un’ipotesi di falso può sussistere va capito dunque se, effettivamente, il predetto spostamento della porta va a incidere sulla dichiarazione di conformità oppure no.

A giudicare da quanto esposto nella medesima richiesta di parere, l’ipotesi di falso sembra insussistente tanto dal punto di vista oggettivo che soggettivo.
Quanto al primo aspetto, depongono per la irrilevanza penale non solo le dichiarazioni del perito nominato dalla banca per la concessione del mutuo, ma la stessa circolare dell’Agenzia delle Territorio opportunamente citata la quale, in buona sostanza, attesta che il mero spostamento della porta non incide minimamente sull’attestazione di conformità dell’immobile.
Da tale circostanza discende che i futuri venditori, in effetti, nel dichiarare la conformità dell’immobile non errano e anche laddove tale conformità dovesse venire meno (per qualsiasi ragione connessa anche all’interpretazioni delle circolari, non sempre univoca) sarebbe quantomeno legittimo dubitare che questi abbiano agito col dolo (diritto penale) tipico dei reati di falso, che presuppone la coscienza e volontà di dichiarare una circostanza falsa e non aderente alla realtà.

Va tuttavia detto che sulla responsabilità penale incide poco che l’acquirente fosse consapevole di tale spostamento, in quanto tale profilo potrebbe tuttalpiù rilevare sul fronte civile, in punto di responsabilità precontrattuale (che viene appunto evitata dalla consapevolezza dell’acquirente e dalla scrittura a latere sviluppata).

Fermo restando che, dunque, non sembra esservi pericolo di responsabilità penale, va anche detto che la compravendita immobiliare è sempre un qualcosa di delicato e che sulla “buona fede” della controparte contrattuale bisogna sempre nutrire più di un dubbio.
E’ per questo che si consiglia, se possibile, di riportare a legittimità l’immobile dal punto di vista planimetrico/catastale prima della vendita.
Ciò a maggior ragione se, come è verosimile, la regolarizzazione planimetrica consisterebbe in un semplice adeguamento che può essere disposto da un geometra competente.

N. F. chiede
mercoledì 08/12/2021 - Sicilia
“In fase di rinnovo patente, ho negato l'esistenza di patologie che in realtà sono presenti.
Adesso a freddo, temo le possibili conseguenze, e gradirei capire quali possono essere, e se posso rimediare in qualche modo. In extremis, potrei anche rinunciare volontariamente alla patente. In questo caso come si deve procedere. Grazie”
Consulenza legale i 13/12/2021
La risposta è positiva.

Si noti, infatti, che le dichiarazioni volte all’ottenimento della patente sono dichiarazioni sostitutive di certificazioni e, rese ai sensi dell’art. 46 del DPR 445 del 2000, si considerano come fatte a un pubblico ufficiale.
Pertanto, eventuali falsità saranno punite quali falsità ideologiche commesse dal privato in atto pubblico, ai sensi dell’art. 483 del codice penale.

Si noti, peraltro, che in un caso molto simile si è pronunciata la Cassazione Penale, con la sentenza n. 12133 del 2011, sancendo la sussistenza del reato predetto nel caso di una falsa attestazione finalizzata ad espletare l’esame della patente in modo più agevole.

Non è facile suggerire il da farsi in questo caso, anche perché non si sa esattamente quali siano le patologie che sono state taciute.

Le opzioni sono due.

1. Si resta in silenzio, nella speranza che nessuno compia accertamenti di sorta e che il reato passi in sordina.

2. Si ritorna in motorizzazione e si chiede la revisione delle proprie dichiarazioni. Si badi bene, tuttavia, che questa revisione sottoporrebbe il soggetto dichiarante al concreto rischio che l’impiegato, accortosi del tentativo di falsità commesso, allerti le forze dell’ordine, che potrebbero procedere alla trasmissione della notizia di reato alla procura competente.

In tal caso, l’ipotesi di un tentativo di falso non sarebbe affatto remota.

M. E. chiede
domenica 05/12/2021 - Estero
“buongiorno,
sono Italiano e vivo in Spagna da 13 anni ho la carta d'identità scaduta e sono irreperibile all'anagrafe di Milano. Ignorantemente non mi sono mai inscritto all'A.I.R.E. Mi sta scadendo il passaporto e da due giorni ho fatto la richiesta AIRE i tempi pero sono lunghissimi: si parla di fino a 180 giorni per accettazione AIRE e 7 mesi per il passaporto. Il passaporto mi scade ad aprile ed è l'unico documento valido. La mia domanda è: se torno in Italia 5 giorni faccio il cambio di residenza dai miei genitori (dovrebbero essere 2 giorni), faccio la carta d'identità e il passaporto d'urgenza e poi cambio di nuovo la residenza e mi riscrivo all'AIRE rischio il reato di falso ideologico? se fanno un controllo in quei 5 giorni sarei reperibile e quindi non punibile. Realmente l'idea di rimanere senza documenti e non potermi muovere per 7 mesi o un anno con i miei genitori anziani non mi piace affatto. Che altro iter posso seguire per fare i documenti in Italia senza rischiare multe o peggio atti illeciti?”
Consulenza legale i 16/12/2021
Per ciò che riguarda i profili penalistici, si osserva quanto segue.
La fattispecie penale prevista dall’art. 483 c.p. punisce il privato che attesta falsamente al pubblico ufficiale redigente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Il reato è punito a titolo di dolo, consistente nella rappresentazione e volizione degli elementi costituivi del fatto.
Nel caso in esame è già stata presentata una richiesta all’AIRE.
Sarebbe dunque configurabile il delitto de quo nell’ipotesi di falsa dichiarazione di trasferimento di residenza resa sensi dell’art. 46 e 47 D.P.R. 445/2000 ad un determinato Ufficio Anagrafe. Nello specifico si tratterebbe di quello di residenza dei suoi genitori in cui lei, in sostanza, non risiederebbe mai.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il delitto è integrato anche se non si sia proceduto all’iscrizione effettiva presso la stessa Anagrafe (in tal senso v. Cass. pen., sez. V, sent. 29469/2018 e in senso leggermente diverso ma connesso al caso di specie Cass. pen., sez. V, sent. 31883/2020). E quest’ultimo è un aspetto ancor più rilevante se collegato alle strette tempistiche illustrate nel quesito.
La dichiarazione in oggetto deve corrispondere al vero, essendo la residenza il luogo in cui il richiedente vive con una certa abitualità, quantomeno duratura nel tempo.
In conclusione, per ciò che concerne gli aspetti di diritto penale, si può affermare che, ponendo in essere l’ipotesi prospettata nel quesito, vi sarebbe comunque l’astratta possibilità di essere indagato per falso ideologico ex art. 483 c.p.
In questo senso si consiglia di seguire quanto esposto di seguito per i profili amministrativi.

Allo stato attuale le soluzioni disponibili sono abbastanza limitate, considerando anche che –come scritto- è stata già presentata la domanda di iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero.
Per quanto riguarda la tempistica di registrazione dell’iscrizione, si nota essa non è uniforme tra i vari Consolati ma che può comunque essere monitorata utilizzando il portale https://serviziconsolari.esteri.it/ScoFE/index.sco
Si nota, comunque, che tale adempimento consente non solo il rinnovo del passaporto, ma anche della carta di identità, che rappresenta comunque un documento valido per l’espatrio e che può essere chiesta sia presso il Consolato di riferimento, sia presso il proprio Comune di iscrizione AIRE.
Se si riuscisse ad ottenere in tempi brevi almeno uno dei due documenti citati sarebbe dunque risolto il problema dei viaggi tra Italia e Spagna.
Dato che sia la pratica di iscrizione AIRE, sia quella di rilascio del documento di identità, richiedono l’intervento fondamentale del Comune di ultima residenza in Italia, la strada più conveniente al fine di velocizzare il processo potrebbe essere quella di rivolgersi direttamente all’Anagrafe di Milano (anche di persona in occasione di un eventuale rientro in Italia prima della scadenza del passaporto) illustrando la situazione e verificando la possibilità di chiedere il rinnovo della carta di identità presentando la sola ricevuta della domanda già presentata all’AIRE.


Giacomo F. P. chiede
sabato 23/01/2021 - Lombardia
“Un libero professionista che sottoscrive, in qualità di Tecnico responsabile (progettista, calcolatore delle strutture, Direttore dei lavori, ecc.) una richiesta abilitativa edilizia (Richiesta di Permesso di costruire, SCIA, CILA), una pratica catastale, o simili, relativa ad un immobile di proprietà propria e/o di parenti stretti (genitori, fratelli e sorelle) viene a trovarsi in una situazione deontologicamente, penalmente o comunque sanzionabile?”
Consulenza legale i 26/01/2021
La risposta al caso di specie è negativa.

Nell’ambito delle procedure per l’ottenimento dei permessi di costruire, una figura particolarmente delicata viene rivestita, più che altro, dagli addetti comunali che sono tenuti ad emettere le relative concessioni, una volta valutata l’esistenza dei presupposti fissati dalla legge/regolamenti comunali/etc.
Tali soggetti, invero, in virtù della loro funzione pubblicistica, sono tenuti ad osservare una particolare imparzialità, onde evitare che le loro determinazioni siano affette da favoritismi di varia natura.

Invece, il tecnico che sottoscrive la richiesta presa in esame, svolge una funzione di natura meramente privatistica che, in quanto tale, non è assoggettato ai medesimi standard di imparzialità richiesti ai pubblici impiegati.

Con ciò, naturalmente, non si intende di certo dire che il tecnico predetto possa fornire informazioni false e/o non corrette (nel caso, lo stesso ne risponderà in sede disciplinare e/o penale, ove sussistano elementi di reato); sicuramente, però, lo stesso non sarà perseguibile per il sol fatto di aver eseguito un lavoro che andrà a vantaggio di parenti/congiunti e/o persone cui è legato da qualsivoglia vincolo.

Grazia B. chiede
domenica 17/01/2021 - Piemonte
“Buongiorno, in corso di laurea mi sono iscritta presso un ateneo diverso dal mio a un corso di formazione. Tale iscrizione era permessa.
A distanza di un anno mi sono accorta di aver commesso un errore nella domanda di iscrizione. Sul modulo, tra le altre dichiarazioni, compariva la seguente frase " di non essere iscritta a altro corso presso questo ateneo o altra universita'". Ho quindi rilasciato una dichiarazione fasulla, che non ha però comportato alcun vantaggio in quanto io avrei comunque potuto seguire il corso e acquisire il titolo.
Sono molto preoccupata non immaginando le conseguenze a cui mi sono esposta”
Consulenza legale i 19/01/2021
Il caso di specie non sembra denotare alcun rischio penale.

Nel nostro ordinamento, invero, il rischio penale connesso alla sottoscrizione di dichiarazioni false e/o mendaci sussiste solo allorché tali dichiarazioni assumano un valore probante ai sensi e per gli effetti delle disposizioni contenute nel DPR n. 445 del 2000.

Ciò vuol dire che l’autodichiarazione sottoscritta nel caso di specie può assumere una rilevanza penale soltanto se la stessa fungeva da dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 76 del DPR predetto, stando al quale “chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia”.

Rileverebbe, nella specie, il reato di cui all’art. 483 del codice penale.

Va da sé, naturalmente, che, nella maggior parte dei casi, la falsificazione di un atto è funzionale ad ottenere un vantaggio e/o comunque una utilità che sarebbe la diretta conseguenza della dichiarazione falsa.
Cosa che, nel caso di specie, non sussiste.

Se, infatti, come esposto nel quesito, la frequentazione di altro corso di laurea non era un elemento ostativo alla frequentazione del corso di formazione, allora l’errore nella compilazione della dichiarazione è totalmente irrilevante e configurerebbe, piuttosto, quella particolare tipologia di falso, detto innocuo, che non ha alcuna rilevanza penale.

Naturalmente, tale ultima circostanza non vieterebbe di certo, a colui che ha ricevuto l’autodichiarazione, di proporre una denuncia per falso; né, tantomeno, il fatto che si tratti di falso innocuo vieterebbe ad un pubblico ministero (cui magari sono stati rappresentati i fatti in modo parziale) di aprire un fascicolo, ma si tratterebbe di un procedimento penale molto poco temibile.

Per evitare tutto ciò si potrebbe, in teoria, contattare la segreteria dell’istituto e ottenere la correzione dell’errore materiale commesso.


Rosalia T. chiede
domenica 31/05/2020 - Veneto
“Nel corso di un collegio docenti una docente viene interrotta mentre presenta un emendamento ad una delibera da un altro docente, il quale in modo aggressivo chiede i nomi di chi ha steso l'emendamento perché a suo dire è un modo per perdere tempo durante la seduta. Il docente non viene moderato da chi presiede il collegio e la docente deve imporsi con la voce per riprendere la parola.
In seguito, viene richiesto alla docente di inviare al segretario verbalizzante il testo dei propri interventi per incorporarlo nel verbale della seduta e la, stessa li invia specificando la circostanza dell'interruzione e citando la frase del collega. Il segretario verbalizzante predispone però il verbale omettendo la stessa e sostituendo la frase che la descrive nel modo seguente:" omesso: sensazioni su un collega". Tale verbale, non ancora approvato è tuttora leggibile da tutti i membri del collegio e, nonostante le richieste della docente l'inciso non è stato rimosso : è consentito far ciò al verbalizzante o siamo sul confine del falso ideologico?”
Consulenza legale i 06/06/2020
Per rispondere al parere, va innanzi tutto rammentato che, attualmente, il nostro sistema penale punisce soltanto una sola tipologia di falso ideologico per quanto attiene al privato, ovvero quello dell’atto pubblico ad un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 483 del codice penale.

Prescindendo dal fatto che è estremamente difficile ritenere che il verbale del collegio dei docenti possa essere ritenuto un atto pubblico (sul punto non esiste giurisprudenza penale specifica), il tema rilevante è che la modifica arbitraria del verbalizzante non sembra essere ideologicamente falsa. La stessa, piuttosto, sembra essere la versione attenuata del pensiero del docente.

Per tale ragione, è difficile che nel caso di specie si possa ritenere integrato il reato in esame.

Un ulteriore argomento che depone per l’insussistenza della fattispecie è che, in realtà, non v’è nessuna norma che sia volta a regolare la modalità di esecuzione di una qualsiasi verbalizzazione. Pertanto, in genere, ma soprattutto in questo caso, non esiste un parametro alla stregua del quale valutare la falsità o veridicità di quanto trasfuso nel verbale, tale da assumere una rilevanza ai sensi dell’art. 483 c.p. che, lo si ricordi, punisce solo il caso in cui in un atto si debba necessariamente affermare il vero.

Per tali ragioni, si sconsiglia di intraprendere qualsivoglia azione penale in merito a quanto accaduto.

Angelo D. M. chiede
venerdì 22/05/2020 - Lazio
“Il sottoscritto, pedone, è stato investito sulle strisce pedonali da autovettura, il 26-10-2019;
non è intervenuta la polizia locale;
l'investitore ha ammesso la responsabilità della caduta al suolo dell’investito, parlando con lui subito dopo l’incidente: il colloquio è stato registrato dal pedone, con buona resa fonica, e la registrazione trascritta. Le lesioni riportate dal sottoscritto sono state rilevate, il giorno successivo, in Pronto Soccorso: prognosi = 12 gg, s.c. L’investito ha presentato denuncia alla Polizia di RM Capitale, 3 gg. dopo
l’evento, richiedendo una sanzione per l'investitore, e "non escludendo di sporgere denuncia penale" in caso di falsa dichiarazione di controparte. L'investitore, qualche giorno dopo, ha dichiarato alla Polizia Locale di non aver investito il pedone, e ha precisato che quest’ultimo non è caduto; ha dichiarato, altresì, che trasportava a bordo un suo amico; della falsa dichiarazione il sottoscritto ha avuto notizia il 23 dicembre 2019. L’investito ha presentato querela presso una Stazione dei Carabinieri di RM, il 23 marzo 2020, per lesioni colpose come denunciate alla Polizia locale (e come diagnosticate nel P.S.) e per falso ideologico ex art. 483. co 1, c.p.;
la querela è stata ratificata, e già inoltrata alla Procura, corredata da: a) denuncia alla Polizia locale, b) dichiarazione di controparte alla Polizia locale, c) relazione clinica di P.S., d) trascrizione della registrazione fonografica con annotazioni del querelante;
a quest’ultimo viene richiesta dai CC la consegna del supporto magnetico della registrazione, da accludere alla trascrizione.

Quesiti legali:
1) l'investitore (che è direttamente interessato nella controversia, non testimone) può legittimamente dichiarare il falso in atto pubblico (per garanzia difensiva) o si configura comunque un reato ex 483 c.p.?
2) la denuncia alla polizia locale vale come denuncia penale, per quanto concerne le lesioni personali colpose?
3) è opportuno consegnare ai Carabinieri il supporto magnetico della registrazione effettuata, o si può fare direttamente in Procura di Roma?”
Consulenza legale i 01/06/2020
Rispondiamo ai quesiti singolarmente, partendo dagli ultimi due.

Quanto al n. 3), il supporto magnetico può essere consegnato sia alla Procura di Roma che ai Carabinieri. L’unica differenza è che consegnarlo in Procura potrebbe essere più difficoltoso in quanto si dovrebbe sapere prima di tutto chi è il pubblico ministero assegnatario del fascicolo penale e, a quel punto, consegnare il materiale accompagnato da un’apposita nota, meglio se redatta da un difensore di fiducia. In ogni caso, visto che non c’è alcuna differenza tra le due modalità, di certo la soluzione più immediata è quella di procedere alla consegna ai Carabinieri.

Quanto al quesito n. 2), la denuncia alla polizia locale equivale, di certo, ad una denuncia penale. Se, come è verosimile supporre, ci si è recati presso il comando di polizia locale e l’Ufficiale ha redatto verbale delle dichiarazioni espresse dal denunciante aventi ad oggetto i fatti occorsi e mediante le quali espressamente si chiedeva di punire il colpevole, allora è certo che si è proceduto correttamene ad una denuncia penale.

Quanto al quesito n. 1), va detto quanto segue.

Nel caso di specie, l’investitore è possibile che sia stato sentito non già quale persona informata sui fatti ma quale indagato. Ebbene, senza entrare in complessi tecnicismi procedurali, in questa sede basta dire che il soggetto indagato, nel momento in cui viene sentito da chi sta svolgendo le indagini, ha anche il diritto di mentire, ovvero di fornire la sua versione dei fatti, senza incorrere in alcuna censura di ordine penale. Sotto questo aspetto, è evidente, dunque, che eventuali informazioni mendaci fornite dall’investitore nel caso di specie non rileveranno affatto sul fronte del reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Ciò, si badi bene, non solo per le ragioni esposte in precedenza (il diritto a “mentire”, appunto) ma anche per il fatto che, in ogni caso, il verbale in cui vengono raccolte le dichiarazioni di un qualsiasi soggetto sentito nell’ambito di un procedimento penale, non costituisce un atto pubblico la cui falsificazione genererebbe, appunto, la fattispecie di cui all’art. 483 del codice penale.

Anonimo chiede
mercoledì 01/01/2020 - Campania
“Desideriamo sapere se un Ente di formazione accreditato dalla Regione a svolgere corsi di formazione è da considerarsi o meno un gestore di pubblico servizio al fine di riconoscere allo stesso i la facoltà di ricevere legittimamente una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà da parte del corsista.
E',naturalmente,gradito il riferimento ad una pronuncia giurisprudenziale.
Grazie”
Consulenza legale i 09/01/2020
Ai sensi dell’art.47, D.P.R. n.445/2000, l'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all'articolo 38 dello stesso decreto.
La noma prosegue al comma 3 chiarendo che “fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà”.
Questo significa che i PA e concessionari di pubblici servizi riceventi la dichiarazione non possono rifiutarla o richiedere in aggiunta altri documenti comprovanti gli stati e le qualità personali del dichiarante.

Le dichiarazioni sostitutive disciplinate dal D.P.R. n.445/2000, infatti, sono state introdotte proprio con la finalità di semplificare i rapporti tra cittadini e Pubblica Amministrazione, snellendo il procedimento e consentendo agli interessati di evitare spese e lungaggini burocratiche non necessarie.
Chiaramente a tale facoltà concessa al cittadino è correlata l’assunzione della responsabilità di certificare il vero, pena l’applicazione delle sanzioni penali previste dall’art.76, D.P.R. n.445/2000, che puniscono chi utilizzi indebitamente tale strumento per dichiarare il falso (e non i soggetti meri destinatari della dichiarazione).

Venendo all’oggetto del quesito, va ricordato, anzitutto, che l’art.1, c.1, lettera o), D.P.R. n.445/2000 definisce “AMMINISTRAZIONI PROCEDENTI le amministrazioni e, nei rapporti con l'utenza, i gestori di pubblici servizi che ricevono le dichiarazioni sostitutive di cui alle lettere g) e h) ovvero provvedono agli accertamenti d'ufficio ai sensi dell' articolo 43”.
Nemmeno tale articolo, però, dà alcuna definizione della nozione di “gestore o concessionario di pubblico servizio” e, del resto, non vi è nell’ordinamento una norma generale che descriva in modo univoco quali soggetti o servizi siano in essa ricompresi.
Per questa ragione la giurisprudenza ha circoscritto di volta in volta tale definizione a seconda della materia da trattare.

L’art.358 c.p., in particolare, si occupa di qualificare l’incaricato di pubblico servizio specificamente in relazione ai reati contro la P.A. e viene interpretato nel senso di riconoscere la funzione pubblica soltanto in presenza di un duplice e concomitante ordine di caratteristiche: da un lato, l'essere tale funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e, dall'altro, l'essere la stessa connotata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e del suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e certificativi (Cassazione penale, sez. V, 05 novembre 2018, n.2935).

Trattandosi nel presente caso di dichiarazioni sostitutive, appaiono però interessanti anche le pronunce relative all’art.483 c.p., che hanno riconosciuto la sussistenza del reato di falso ideologico in atto pubblico, oltre che per dichiarazioni dirette a Pubbliche Amministrazioni (Cassazione penale, sez. V, 07 maggio 2018, n.29469, Cassazione penale, sez. II, 30 aprile 2019, n.37556, Cassazione penale sez. III, 03 maggio 2018, n.44097), anche ai gestori di telefonia e di energia elettrica, ritenendo che, ai fini della nozione di pubblico ufficiale, non rilevi il rapporto di dipendenza del soggetto rispetto allo Stato o ad altro ente pubblico, ma sia richiesto soltanto l'esercizio effettivo di una pubblica funzione (Cassazione penale, sez. III, 04 ottobre 2018, n.6347; Cassazione penale, sez. V, 01 marzo 2011, n.23211; Cassazione penale, sez. V, 16 gennaio 1997, n.2036).
Secondo la giurisprudenza, inoltre, “integra il rato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che, nella domanda presentata ad un istituto professionale preordinata ad ottenere l'inserimento in graduatoria a fini lavorativi, attesti di avere ottenuto, in sede di diploma scolastico, una votazione diversa da quella effettivamente conseguita, trattandosi di procedura amministrativa in cui non solo il titolo di studio ma anche l'esito degli esami sostenuti assume rilievo nella valutazione comparativa dei richiedenti, con la conseguenza che all'attestazione del privato nella dichiarazione sostitutiva deve riconoscersi valenza probatoria anche con riguardo al giudizio riportato nel predetto diploma” (Cassazione penale, sez. V, 11 dicembre 2012, n.5100).

In conclusione, pare che anche gli Enti del tipo indicato nel quesito svolgano una pubblica funzione, considerato anche che alle Regioni è stata attribuita la competenza relativa all’istruzione e formazione professionale (art.117 Cost.), competenza che in genere viene esercitata sulla base degli indirizzi stabiliti a livello regionale mediante un sistema integrato formato da soggetti pubblici e privati accreditati e, dunque, sottoposti a particolari controlli da parte della P.A..
In ogni caso, si sottolinea che ai sensi dell’art.2, D.P.R. n.445/2000, tale decreto disciplina “la produzione di atti e documenti agli organi della pubblica amministrazione nonché ai gestori di pubblici servizi nei rapporti tra loro e in quelli con l'utenza, e ai privati che vi consentono”.
Anche gli Enti diversi dalla P.A. e dai gestori di pubblici servizi, quindi, possono accettare le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, che spiegheranno perciò i propri effetti (accade spesso nel caso di banche o compagnie assicurative).
L’unica differenza riguarda l’autenticazione della sottoscrizione, che in tal caso deve essere redatta da un notaio, cancelliere, segretario comunale o da un dipendente comunale autorizzato (art.21, D.P.R. n.445/2000).
Pertanto, volendo adottare una condotta particolarmente orientata alla prudenza, si potrebbe chiedere al corsista di presentare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con firma autenticata da uno dei soggetti indicati dall'art.21, D.P.R. n.445/2000.


W. F. &. P. chiede
mercoledì 18/07/2018 - Lombardia
“Inviamo per e-mail copia di notifica di recesso, il cui contenuto si spiega da se.
Abbiamo scaricato oggi il bilancio esercizio 2017 appena depositato, dove notiamo che i soci insistono nel dar per presente la signora P.V. che invece non è mai stata invitata e non ha assolutamente partecipato a detta assemblea di approvazione bilancio, come del resto nei precedenti esercizi.

QUESITO
al di là dell'aspetto economico e uscita dalla società che tratteremo nelle opportune sedi, vorremmo sapere se nel comportamento del Presidente dell'Assemblea che da per presente l'assente sono ravvisabili estremi penalmente perseguibili.
Se affermativo, per quale tipo di reato?
Grazie, buona serata, gg”
Consulenza legale i 25/07/2018
Prima di rispondere al quesito va premesso che dall’analisi della documentazione non si evince in alcun modo l’insistenza dei soci nel dare presente la signora P.V.

Sta di fatto che, se effettivamente la socia predetta non ha partecipato all’assemblea del bilancio del 29 giugno 2018, allora il verbale relativo deve ritenersi falso in quanto nello stesso si afferma la presenza “dell’intero capitale sociale” cosa che non può essere, stante l’asserita di un socio, rappresentativo comunque di una parte del capitale sociale.

A questo punto occorre capire se siffatta falsità sia idonea a configurare una fattispecie penale.

Il reato rilevante è sicuramente quello di cui all’art. 483 c.p. ovvero quello di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
Si tratta di una fattispecie volta a tutelare il bene giuridico di "categoria" della "pubblica fede" che può essere identificato nella genuinità e veridicità dei documenti, intesi come importanti mezzi di prova, che, presso i consociati, assumono la qualità di strumenti di certezza pubblica, soprattutto ai fini del c.d. «traffico economico e/o giuridico».

Il delitto in esame sussiste ogniqualvolta il privato attesti al pubblico ufficiale redigente un documento precostituito a fini probatori - e di cui il primo si serve per esercitare una qualsiasi attività giuridica - fatti non corrispondenti al vero.

La giurisprudenza ha cercato di chiarire i contorni del reato affermando che il reato di cui all'art. 483 sussiste allorché la dichiarazione del privato sia trasfusa in un atto pubblico destinato a provare la verità dei fatti attestati, il che avviene quando la legge obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti al documento nel quale la dichiarazione è inserita dal pubblico ufficiale ricevente (C., Sez. V, 15.1-5.2.2018, n. 5365; C., Sez. V, 20.12.2016-16.3.2017, n. 12779); il delitto è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all'atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, così collegando l'efficacia probatoria dell'atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero (C., Sez. V, 26.10.2017-19.2.2018, n. 7857).

In buona sostanza, il delitto di cui all’art. 483 sussiste se il privato affermi fatti non veri in un atto che è destinato ad avere una “efficacia probante” e che, pertanto, deve essere necessariamente veritiero per specifica previsione normativa.

Nel caso di specie sussistono entrambi gli elementi richiesti per l’integrazione del reato.

Da un lato infatti non sembrano sussistere molti dubbi sulla falsità del verbale nella misura in cui, come detto prima, si afferma la presenza “dell’intero capitale sociale” all’assemblea pur non essendo presente un socio.
Ed è altrettanto vero che il verbale assembleare è destinato a provare la verità alla luce del complesso normativo esistente, ma soprattutto per il fatto che i verbali assembleari confluiscono nel Registro delle imprese (di inequivocabile natura pubblica e all’interno del quale va necessariamente iscritto il bilancio di ciascun anno di esercizio e la relativa assemblea), ex art. 2118 c.c., tenuto dalla competente Camera di Commercio, sotto la vigilanza di un giudice delegato dal Presidente del tribunale, a norma della L. 29 dicembre 1993, n. 580,art. 8, e successive modifiche.
Allo stesso modo è la legge stessa ad affermare la direzione dell'atto al pubblico ufficiale in quanto specificamente statuito dal citato D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76, anche a prescindere dalla veste di pubblico ufficiale dei funzionari della Camera di Commercio preposti alla tenuta del Registro delle imprese.
In tal senso depongono anche specifici precedenti giurisprudenziali che, sebbene riguardanti fatti sensibilmente diversi, confortano la tesi su esposta.
In particolare:
Cass. pen. Sez. V, 26-10-2017, n. 7857 secondo cui « Integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico ( art. 483 cod. pen. ) la condotta di colui che dichiara il falso in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa ai sensi dell'art. 47 d.P.R. n.445 del 2000. (Fattispecie relativa a dichiarazione sostitutiva destinata a provare la conformità all'originale di un verbale di assemblea societaria). (Dichiara inammissibile, App. Milano, 23/09/2016)»;
Cass. pen. Sez. VI, 22-06-2017, n. 41768 (rv. 271288) stando alla quale « Integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e non il più grave delitto di cui all'art. 479 cod. pen. , la predisposizione da parte del presidente del consiglio di amministrazione di una società dell'elenco riepilogativo dei soci presenti, da allegare al verbale di assemblea redatto dal notaio, contenente indicazioni mendaci o false firme di delega. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'elenco dei soci presenti assolve alla specifica funzione di attestare al notaio la composizione dell'assemblea al fine di consentire il controllo della validità delle deliberazioni assunte). (Annulla in parte con rinvio, App. Bari, 29/09/2015)».

Da quanto su detto è dunque possibile dedurre che il verbale assembleare deve necessariamente essere veritiero in quanto destinato a confluire in un Registro pubblico in cui devono confluire unicamente atti veritieri proprio per le ragioni di tutela della trasparenza dei traffici giuridici che i reati di falso tutelano.

Ne consegue ancora che il soggetto che attesti falsamente la veridicità di un verbale assembleare commette il reato di cui all’art. 483 c.p.

Ritornando al caso di specie, quanto su esposto dovrebbe essere più che sufficiente a rispondere al quesito posto.

Va tuttavia specificato, come già detto in premessa, che il verbale in questione non fornisce prove concrete sull’ “assenza” del socio. Ciò vuol dire che gli indizi e le prove in merito dovranno essere raggiunte in modo diverso. Si potrebbe, ad esempio e prima di presentare denuncia, svolgere delle investigazioni difensive (con l’aiuto di un avvocato) nei confronti di qualsiasi soggetto che, presente all’assemblea, possa affermare l’assenza del socio.

Carlo P. chiede
domenica 11/03/2018 - Toscana
“A seguito di diverbio con i carabinieri che mi hanno elevato multa per infrazione codice strada, mi è stato consegnato in data 7 marzo u.s. verbale di identificazione con informazione di essere sottoposto a indagini per i reati di cui agli artt 290 - 612 CP.
dovendo compilare in data 12 marzo prox domanda per ammissione al concorso per assunzione a tempo indeterminato nella scuola pubblica, domanda che scade il 22 marzo,devo dichiarare come previsto nel bando che ho "procedimento penale pendente" ?
E successivamente cosa mi potrà accadere ? e come dovrò comportarmi ?”
Consulenza legale i 20/03/2018
Rispondiamo ai singoli quesiti.
Quanto al primo, ovvero se è necessario dichiarare, come previsto da un bando per l’ammissione al concorso per assunzione a tempo indeterminato, la conoscenza di procedimenti penali pendenti, la risposta è assolutamente positiva.
Sul punto si è infatti registrata un’oscillazione giurisprudenziale di non poco conto.
Inizialmente infatti la Cassazione (Cass. pen. Sez. V Sent., 14-02-2008, n. 11625 (rv. 239438) sulla base anche della giurisprudenza amministrativa aveva affermato che “Non integra gli estremi del reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) la condotta di colui che in sede di domanda di partecipazione ad un concorso per istruttore amministrativo indetto dal comune dichiari nel modulo prestampato fornito dalla P.A. di non avere procedimenti penali in corso, ancorché destinatario di un'iscrizione nel registro degli indagati, in quanto la formula adottata dalla P.A. "procedimento penale in corso" non consente di stabilire con esattezza se intenda riferirsi alla pendenza dell'azione penale o anche alle mere iscrizioni nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen.. (Annulla senza rinvio, App. Brescia, 14 Luglio 2006)”.
Detta giurisprudenza è mutata e gli ultimi precedenti sono concordi nel ritenere che “Integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, ai sensi del combinato disposto degli artt. 76 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445e 483 cod. pen., la condotta di colui che, in una autocertificazione sostitutiva diretta ad una Casa circondariale ai fini del rinnovo di una convenzione professionale, dichiari di non avere procedimenti penali in corso, pur essendogli stato notificato avviso di conclusione delle indagini per altro reato, posto che il procedimento inizia con l'iscrizione della "notitia criminis" e si conclude con la sentenza definitiva, a differenza del processo in senso stretto, che inizia solo con l'esercizio dell'azione penale. (Nella specie la Corte ha ritenuto la non innocuità del falso in questione, argomentando dal fatto che la P.A. avesse chiesto la dichiarazione perché evidentemente interessata ad un'informazione veritiera circa la circostanza domandata). (Dichiara inammissibile, App. Palermo, 09/02/2011)”( Cass. pen. Sez. III, 12-01-2012, n. 7363 (rv. 252098)
Il ragionamento seguito dalla Corte è semplice e si basa sul fatto che la dichiarazione relativa alla pendenza di procedimenti penali è preordinata a provare la verità dei fatti oggetto di rappresentazione al pubblico ufficiale e, dunque, lesiva dell’interesse giuridico tutelato dal reato in caso di mendacio.
Si consiglia dunque di dare risposta affermativa al quesito sui procedimenti penali pendenti, a maggior ragione se si considera che il soggetto è ben consapevole di essere “indagato” avendo ricevuto il verbale di identificazione della persone nei cui confronti vengono svolte le indagini ai sensi dell’art. 349 c.p.p. la cui funzione è proprio quella di rendere l’indagato edotto dell’esecuzione di indagini sul suo conto.

Quanto invece al secondo quesito ("cosa mi potrà accadere?", "e come dovrò comportarmi?") bisogna distinguere il tema del concorso da quello penale.
Sul fronte del concorso, le conseguenze relative alla sussistenza di un procedimento penale dipendono dal bando e, pertanto, non è possibile fornire un parere al riguardo. In genere comunque è improbabile che l’esistenza di un procedimento penale pendente sia causa di esclusione.
Qualora invece sia stata resa una dichiarazione mendace in sede di domanda (e non pare sia questo il nostro caso), è possibile che in sede di controllo della stessa - riscontrata appunto la dichiarazione mendace - l’ente pubblico provveda alla comunicazione della notizia di reato alla Procura originando così un procedimento penale per il reato di cui all’art. 483 del codice penale.

Ritornando alla contestazione in essere, sul fronte strettamente penale lei è attualmente indagato per i reati di cui all’art. 290 e 612 del codice penale; le indagini avranno una durata di sei mesi circa, al termine delle quali il Pubblico Ministero potrà archiviare oppure decidere di proseguire con l’azione penale.
E’ prematuro attualmente sviluppare una strategia processuale (non sapendo, appunto, quale decisione verrà presa dal procuratore) ma va tenuto in considerazione che si tratta di reati “semplici”, non gravi e che possono essere facilmente risolti con soluzioni alternative al procedimento penale come, ad esempio, l’oblazione (prevista dagli articoli 162 e 162 bisdel codice penale) e/o la sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell’articolo 464 bis del codice di procedura penale.
In conclusione, si consiglia:
  1. di rispondere in senso positivo alla dichiarazione sull’esistenza di procedimenti penali pendenti;
  2. di attendere l’esito delle indagini per i reati contestati e, all’esito, valutare eventuali riti alternativi che consentono di chiudere la vicenda in modo rapido e senza conseguenze pregiudizievoli soprattutto sul fronte della fedina penale.

Sergio C. chiede
mercoledì 07/09/2016 - Emilia-Romagna
“NELLE RELAZIONI INVIATE AL TRIBUNALE PER I MINORENNI, DA PARTE DEI SERVIZI SOCIALI, VENGONO DESCRITTI FATTI, ANCHE NEI MINIMI PARTICOLARI, AI QUALI NON POSSONO ESSERE STATI PRESENTI. CONSIDERATO I DANNI CHE TALI RELAZIONI HANNO PRODOTTO, E' POSSIBILE DENUNCIARE GLI ASSISTENTI SOCIALI PER FALSO IDEOLOGICO O QUALCOSA DI SIMILE?
GRAZIE INFINITE”
Consulenza legale i 11/09/2016
Il falso ideologico è la menzogna contenuta in un documento.
Si distingue, quindi, dal falso materiale, che è la contraffazione documentale (cioè la creazione di un documento da parte di colui che non ne è l’autore) o l’alterazione (cioè la modifica del documento originale).
Il legislatore penale si occupa della falsità ideologica solo qualora essa riguardi il contenuto di un atto inerente la sfera dell’attività pubblica. Infatti il falso in scrittura privata non è punito, in quanto non sussiste alcun generale obbligo in capo al privato di redigere atti veritieri, salve specifiche eccezioni (artt. 481 e 484 c.p. e 2621 c.c.).
Tra i delitti che puniscono la falsità in atti, l’art. 483 c.p. – ad avviso di chi scrive applicabile al caso illustrato nel quesito - ha ad oggetto specifico i cosiddetti atti pubblici: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.
Sulla qualità di “pubblico ufficiale” del giudice del Tribunale dei Minorenni, non può esserci alcun dubbio.

Il legislatore, tuttavia, ha omesso di dettare una precisa definizione di "atto pubblico", lasciando all’interprete il compito di individuarne la nozione in ambito penalistico.

L’opinione prevalente non ha ritenuto opportuno individuare la categoria dell’atto pubblico facendo riferimento al significato di quest'ultimo contenuto nel codice civile (per cui, ai sensi degli artt. 2699 e 2700 c.c., è atto pubblico il documento redatto da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato), poiché in questo modo si restringerebbe eccessivamente il campo della tutela penale.

Quasi tutta la giurisprudenza ha creato, invece, una definizione più ampia di atto pubblico, tenendo conto della finalità della tutela penalistica, che non si limita a proteggere la genuinità e veridicità del documento pubblico come strumento probatorio, ma anche come mezzo attraverso il quale si svolge l’attività pubblica.
Viene, così, considerato atto pubblico ogni documento redatto dal pubblico ufficiale per uno scopo inerente alle sue funzioni, che contenga attestazioni di verità suscettibili di produrre effetti giuridici per la pubblica amministrazione.

Dunque i due requisiti cui viene data rilevanza sono la qualifica soggettiva dell’autore ed il fatto che l’atto sia redatto per una ragione inerente all’ufficio o al servizio.
E', così, necessario e sufficiente un nesso di collegamento con l’attività istituzionale.

La falsità ideologica è ipotizzabile solo riguardo ad atti descrittivi, che hanno cioè la funzione di riprodurre la realtà e non quella di esprimere una volontà, che può semmai essere oggetto di simulazione.
Se, infatti, il falso ideologico è la rappresentazione o la narrazione di un fatto non veritiero, evidentemente -si ritiene- esso è concepibile unicamente per gli atti a contenuto descrittivo o narrativo, ma non anche in atti che contengano l’espressione di un giudizio o di un parere: con riferimento al contenuto di questi, infatti – si afferma –non si può ragionare in termini di vero (storicamente vero) o non vero (storicamente falso), bensì secondo diversi parametri di catalogazione (giusto o sbagliato, corretto o scorretto, legittimo o illegittimo).

Naturalmente, perché il falso ideologico in atto pubblico dia luogo al reato sulla base dei principi esposti, è necessario pur sempre che la falsità riguardi fatti o circostanze di cui l’atto è destinato a far prova: “Il delitto previsto dall'art. 483 cod. pen. sussiste qualora l'atto pubblico, nel quale la dichiarazione del privato è trasfusa, sia destinato a provare la verità dei fatti attestati e, cioè, quando una norma giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando specifici effetti all'atto-documento nel quale la dichiarazione è inserita dal pubblico ufficiale ricevente” (Cassazione penale, sez. V, 04/06/2015, n. 39215).

Inoltre “la condizione prevista dall'art. 483 c.p. sussiste anche quando la prova possa essere poi ritenuta invalida o insufficiente da chi è preposto alla sua valutazione” (Cassazione penale, sez. V, 09/07/2008, n. 38748), come nel caso del Giudice che dovrà poi valutare la rilevanza di tale documento ai fini del giudizio.

Pare dunque a chi scrive che il caso in esame rientri perfettamente nella fattispecie di cui alla norma penale sopra esaminata e in quelle di cui alle pronunce giurisprudenziali appena richiamate.

La relazione in questione, infatti, è di contenuto senz’altro descrittivo ed è al contempo destinata ad essere utilizzata dal Giudice – in quanto pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni – per provare la verità dei fatti in essa descritti.

N. S. chiede
martedì 05/03/2024
“A marzo del 2021 acquistavo da un privato un appartamento in condominio con annesso posto macchina. A luglio dello stesso anno, in occasione dello studio sulla fattibilità della ristrutturazione dell’intero condominio con le agevolazioni previste dal 110% emergeva che i tre posti macchina venduti ai tre condomini in realtà erano stati trasformati in garage senza le prescritte concessione/autorizzazioni/licenze; praticamente abusi edilizi. I disegni di vecchia data allegati agli atti di provenienza avevano tratto in inganno me, il geometra che aveva curato la perizia per conto della banca finanziatrice del mutuo e lo stesso notaio che aveva prodotto l’atto. Dopo un anno e mezzo, fra non poche difficoltà, siamo riusciti a regolarizzare quella situazione con un esborso per ognuno dei condomini di una somma pari a 1.800 euro circa.
Interpellavo il venditore chiestogli la restituzione della somma spesa per la sanatoria; questi mi rispondeva che lui ignorava l’esistenza di quell’abuso in quanto quell’appartamento l’aveva ricevuto per donazione, anche se qualche mese prima aveva provveduto a regolarizzare un piccolo abuso interno allo stesso appartamento e che secondo un legale di sua fiducia non si era reso responsabile di niente.
Secondo lo scrivente invece il venditore si è reso responsabile della fattispecie prevista dall’art. 483 del C.P. – Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, ma dichiarando che lui non sapesse niente mancherebbe il “dolo specifico”, salvo provare da parte dello scrivente che lo stesso invece sapesse.
In giurisprudenza esistono casi di condanna per fattispecie simili?
Poiché ho subito un danno di € 1.800 per la sanatoria nonché € 40.000 circa per la mancata realizzazione della ristrutturazione con il 110%, potrei agire civilmente chiedendo un congruo risarcimento anche sottoforma di un adeguamento del prezzo di acquisto per svalutazione dell’immobile?
Mi converrebbe agire penalmente e successivamente sotto l’aspetto civilistico?”
Consulenza legale i 15/03/2024
Nel caso specifico pare che si sia concretizzata una vendita c.d. aliud pro alio. Tale fattispecie si verifica quando la cosa venduta appartiene ad un genere del tutto diverso da quello della cosa consegnata, ovvero presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti. Essa è molto frequente qualora il bene immobile acquistato presenti gravi irregolarità edilizie: sotto questo aspetto, per fare un esempio recente, la Corte di Cassazione,Sez.II, con sentenza n. 23604 del 02.08.2023 ha precisato, o meglio nuovamente ribadito, come la vendita aliud pro alio, si concretizza nella vendita immobiliare quando la difformità edilizie riscontrate siano del tutto insanabili.

Far rientrare la fattispecie descritta nel quesito nella vendita aliud pro alio ha un forte vantaggio in quanto essa sfugge agli stretti termini di decadenza e di prescrizione previsti dall’art. 1495 del c.c. In linea di massima sarebbe quindi ancora possibile pretendere che il venditore risarcisca i danni per il suo inadempimento o inesatto adempimento nella consegna del bene, pretesa che si prescrive ai sensi dell' art. 2946 del c.c. entro 10 anni dalla conclusione del contratto di vendita. La eccezione di una mancanza di colpa da parte del venditore appare ad un primo esame piuttosto flebile, in quanto, in sede di rogito, egli ha dovuto garantire la conformità dello stato di fatto di quanto venduto alle planimetrie depositate presso il catasto di zona, dichiarazione resa obbligatoria, tra l’altro dal comma 1 bis dell’art. 29 della L. 52/1985.

Proprio l’introduzione di tale obbligo ha reso molto frequente nella prassi delle vendite immobiliari il ricorso ad un tecnico edile il quale, su incarico solitamente del venditore, viene chiamato ad attestare la conformità edilizia ed urbanistica di quanto ci si appresta a vendere da lì a poco. Tale attestazione, seppur non obbligatoria, è divenuta ormai caldamente consigliata, proprio per far emergere già prima della vendita le problematiche descritte nel quesito.

Se nel caso specifico il venditore è ricorso all’ausilio di un professionista attestatore vi potrebbero essere anche dei profili di responsabilità da far valere anche nei suoi confronti, in quanto l’attività da lui resa deve sempre essere espletata a garanzia della bontà dell’affare nel suo complesso, indipendentemente da chi è il committente che ha dato l’incarico professionale.
Ovviamente la vicenda descritta dovrebbe essere vagliata da un legale in loco che vada ad analizzare le prove che si addurrebbero a sostegno di eventuali richieste risarcitorie in sede civile, ma già in sede di parere preliminare si può dire che vi siano buone argomentazioni per poter incardinare un ipotetico giudizio non solo nei confronti del venditore delle autorimesse abusive, ma anche di un eventuale tecnico accertatore.

Sul fronte penale, valga quanto segue.

La fattispecie di cui all’art. 483 del c.p. è in astratto configurabile, quantomeno dal punto di vista oggettivo.

Tale circostanza è affermata dalla Cassazione che, in plurime sentenze, ha stabilito che nell’atto di compravendita è configurabile un obbligo a carico del venditore di rendere dichiarazioni conformi al vero in ordine alla condizione giuridica dell’immobile oggetto di alienazione e alla sua corrispondenza agli estremi della conformità alla normativa urbanistica.

D’altra parte, occorre ricordare che per la sussistenza del reato in parola la condotta del soggetto agente deve essere accompagnata dal dolo (diritto penale) tipico della fattispecie, ovvero la coscienza e volontà della dichiarazione falsa.
Elemento, questo, che deve essere oggetto di un approfondimento fattuale nel caso di specie atteso che, dagli elementi descritti nella richiesta di parere, sembra quasi emergere la – discutibile – buona fede del venditore.


Nel caso che ci occupa, poi, l’ipotesi penale cui pure bisognerebbe volgere lo sguardo è il reato di truffa, previsto e punito dall’art. 640 del c.p..
Fattispecie anche questa in astratto configurabile ma che, in concreto, dipende molto da quanto e cosa si riesce a provare.
Senza entrare nel dettaglio di questioni giuridiche molto complesse, è possibile affermare che la truffa sarebbe configurabile se si riuscisse a provare che il venditore era sostanzialmente a conoscenza dell’abuso commesso (o che comunque non poteva non esserne a conoscenza) e che abbia effettivamente intrattenuto una trattativa contrattuale artificiosa, anche servendosi di documentazione artefatta ad hoc, o comunque omettendo circostanze fondamentali, come per l’appunto l’esecuzione dei lavori che hanno condotto all’abuso.

Anche per il penale, comunque, si consiglia di servirsi di un avvocato, in considerazione del fatto che nella vicenda in questione è fondamentale studiare e comprendere lo svolgimento dei fatti. Soltanto allora sarà possibile trarre le dovute conclusioni sul fronte giuridico.


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