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Articolo 1495 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Termini e condizioni per l'azione

Dispositivo dell'art. 1495 Codice Civile

Il compratore decade dal diritto alla garanzia, se non denunzia i vizi(1) al venditore entro otto giorni dalla scoperta(2), salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge [1511, 1512, 1522].

La denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l'esistenza del vizio o l'ha occultato.

L'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna; ma il compratore, che sia convenuto per l'esecuzione del contratto, può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla consegna [172](3).

Note

(1) La norma si applica anche all'ipotesi di mancanza di qualità (1497 c.c.) ma non a quella di consegna di un bene totalmente diverso da quello pattuito, poiché in tal caso vale la disciplina generale in tema di risoluzione per inadempimento (1453 c.c.).
(2) Se il vizio è apparente, cioè riconoscibile dal buon padre di famiglia con ordinaria diligenza (1176 c.c.), il termine decorre dalla consegna (v. 1511 c.c.), se invece è occulto decorre dalla scoperta.
(3) Il comma si applica a prescindere dal fatto che il vizio sia apparente od occulto.

Ratio Legis

La norma sottopone l'esperimento dell'azione derivante dalla garanzia per vizi (1490 c.c.) a precisi termini di prescrizione e decadenza al fine di assicurare la certezza dei traffici giuridici. Tuttavia, essa stabilisce che l'eccezione non si prescrive, in quanto, altrimenti, il contraente tenuto alla garanzia potrebbe attendere lo spirare del termine ed agire per l'adempimento ed al convenuto non sarebbe consentito opporsi.

Spiegazione dell'art. 1495 Codice Civile

Termine di decadenza

L'art. 1495 cod. civ.stabilisce un termine di decadenza (otto giorni) e un termine di prescrizione: un anno.
Se le parti o la legge non hanno stabilito un termine diverso, il compratore decade dal diritto alla garanzia se non denuncia al venditore i vizi occulti entro otto giorni dalla scoperta.

Il termine rigoroso e perentorio di decadenza è nell'interesse del venditore. Innanzitutto per metterlo in guardia per facile eventualità che egli riconoscendosi in colpa voglia prontamente rimediarvi. In secondo luogo per metterlo in condizione (come nel caso analogo del regresso cambiario) di far valere le proprie ragioni verso il proprio venditore, (se può) e così di seguito, fino a giungere al fabbricante, ovvero al primo venditore.
Il termine va osservato indipendentemente dalla consegna della cosa. Infatti chi è venuto a conoscenza dei vizi della cosa venduta, anche se non ancora consegnata, e non muove obiezioni, ha inteso evidentemente di rinunciare a farli valere ritenendo ugualmente conveniente l'acquisto fatto. Ciò si desume dal testo dell'articolo in esame che sottoponendo l'azione redibitoria e per difetto di qualità ad un duplice termine di decadenza e di prescrizione, mentre fa decorrere il primo dalla scoperta dei difetti della cosa venduta, fa decorrere il secondo dalla consegna della cosa.


Eccezione

Ed appunto perché il termine è nell'interesse del venditore, non incorre in decadenza il compratore se il venditore ha riconosciuto l'esistenza del vizio. In tal caso sarebbe superflua da parte del compratore la denunzia, dal momento che già se ne è ottenuto l'effetto per il fatto soltanto del riconoscimento da parte del venditore.

Ugualmente (ma questa volta in pena della slealtà del venditore) non è necessaria la denunzia e quindi non v'è decadenza contro il compratore se il vizio fu occultato dal venditore.
Occorre che si tratti di vero occultamento cioè di positiva messinscena da parte del venditore allo scopo di nascondere quel che altrimenti sarebbe stato normalmente scoperto: come ad esempio quando la deficienza di peso specifico fosse stata occultata dal venditore con l'aggiunzione di acqua o con mezzi fraudolenti.
L'occultamento importa non la semplice reticenza, ma un'attività positiva diretta a nascondere qual che altrimenti non sarebbe nascondibile.


Prescrizione

Quando il compratore ha fatto denunzia entro il termine per evitare la decadenza (o se per riconoscimento da parte del venditore ovvero in pena del suo occultamento non occorre salvare il termine di decadenza) resta l'azione per il vizio occulto. Azione che si prescrive in ogni caso in un anno dalla consegna.
Termine che può anche superare l'anno se il vizio invece che in via di azione fatto valere in via di eccezione, come se ad es. il compratore, pur non avendo agito, non ha però pagato il prezzo e dopo più di un anno ne è richiesto dal venditore.
In tal caso, purché il vizio sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso d'un anno dalla consegna, la garanzia per vizi occulti non apparenti può esser fatta valere in via d'eccezione anche oltre l'anno.
È applicazione del principio già scritto nell'art. 1449 cod. civ. per l'azione di annullamento del contratto: benché l'azione di annullamento si prescriva in cinque anni, l'annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto, anche se è prescritta l'azione per farla valere. Non che viga come principio generale il quae temporalia sunt ad agendum perpetua sunt ad excipiendum. Esso non è principio generale di diritto, ma vale solo in tema di annullabilità del contratto.

Sostanzialmente la garanzia per vizi occulti è a tutela dell'errore del compratore che ebbe bensì la cosa contrattata, ma l'ebbe infetta da vizi tali che, se li avesse conosciuti, non l'avrebbe comprata.
Non senza ragione il termine dell'azione è più breve del termine dell'eccezione: quando il compratore ha denunziato il vizio della cosa ed ancora ne deve il prezzo o parte del prezzo, l'inerzia stessa del venditore gli dà affidamento che il venditore, riconosciuto il proprio torto, abbia rimandato in sede di pagamento la discussione circa i diritti che derivano al compratore per avergli venduto cosa non immune da vizi.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

348 Sulle orme del progetto della Commissione reale (art. 372) si è poi introdotto un termine di decadenza, entro il quale i vizi devono essere denunziati al venditore (art. 379).
E' superfluo illustrare i motivi che hanno indotto a ridurre a cinque giorni il termine di sessanta giorni previsto dal precedente progetto.
Nessuna forma particolare è imposta per la denunzia e perciò deve ritenersi che sia ammissibile qualsiasi forma idonea allo scopo; ho aggiunto al testo della Commissione reale che il termine di cinque giorni può essere convenzionalmente modificato dalle parti e che sono salvi i termini stabiliti dalla legge.
La Commissione reale aveva proposto di dichiarare inopponibile la decadenza per mancata denunzia se si provi che il venditore con dolo ha indotto in errore il compratore: mi è parso preferibile, invece, proclamare in tal caso l'esonero dall'obbligo di denunzia e ho esteso la previsione al caso di riconoscimento del vizio da parte del venditore.
349 Stabilito un termine di decadenza per la denunzia, che tutela convenientemente gli interessi del venditore contro maliziose pretese del compratore, non è sembrato più necessario comminare un ulteriore termine di decadenza per l'esercizio dell'azione. Si è perciò trasformato in termine prescrizionale il termine utile per l'esperimento della redibitoria (art. 379) unificandone la durata, senza distinguere, come fa il codice vigente, a seconda della natura dell'oggetto venduto.
Il termine di prescrizione è stato fissato nella misura di un anno con decorrenza dalla consegna; ma anche oltre l'anno il compratore può far valere la garanzia in via di eccezione, purché entro l'anno dalla consegna abbia scoperto il vizio e sia stata fatta tempestiva denunzia. Il dolo del compratore, per quanto non espressamente previsto come sospensivo del decorso della prescrizione dell'azione redibitoria, ha ugualmente l'effetto di sospendere il decorso del termine annuale, in base a un'analoga disposizione generale che mi propongo di inserire nella disciplina della prescrizione. Non sarà poi possibile una variazione convenzionale del termine dell'articolo 379.

Massime relative all'art. 1495 Codice Civile

Cass. civ. n. 3926/2023

In tema di compravendita, l'azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia ex art. 1495 c.c. si prescrive, in ogni caso, nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, e ciò indipendentemente dalla scoperta del vizio.

Cass. civ. n. 36052/2021

I termini di decadenza e di prescrizione di cui all'art. 1495 c.c. riguardano tutte le azioni spettanti al compratore per i vizi o la mancanza di qualità della cosa pattuita inclusa, pertanto, quella di risarcimento dei danni relativi.

Cass. civ. n. 40814/2021

In materia di garanzia per i vizi della cosa venduta, il termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta del vizio occulto, di cui all'art. 1495 c.c., decorre dal momento in cui il compratore ne ha acquisito certezza obiettiva e completa, sicché, ove la scoperta del vizio avvenga gradatamente ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sulla consapevolezza della sua entità, occorre far riferimento al momento in cui detta scoperta si sia completata.

Cass. civ. n. 27488/2019

Al fine di conservare il diritto alla garanzia, ex art. 1495 c.c., l'acquirente non è tenuto a fare, nel termine stabilito, una denuncia analitica e specifica, con precisa indicazione dei vizi che presenta la cosa, potendo validamente limitarsi ad una denuncia generica e sommaria, che valga a mettere sull'avviso il venditore, salvo a precisare in un secondo tempo la natura e la entità dei vizi riscontrati.

Cass. civ. n. 24348/2019

In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, eccepita dal venditore la tardività della denuncia rispetto alla data di consegna della merce, incombe sull'acquirente, trattandosi di condizione necessaria per l'esercizio dell'azione, l'onere della prova di aver denunziato i vizi nel termine di legge ex art. 1495 c.c.

Cass. civ. n. 16766/2019

L'art. 1495, comma 3, c.c., ove dispone che l'azione di garanzia per vizi della cosa venduta si prescrive "in ogni caso" in un anno dalla consegna, intende far decorrere quel termine anche se il compratore non abbia scoperto il vizio, ma non sottrarre il termine medesimo alle cause di interruzione di cui agli artt. 2943 e segg. c.c.; ne consegue che la prescrizione annuale (nella specie, con riferimento all'azione risarcitoria) deve ritenersi interrotta, a norma dell'art 2944 c.c., per effetto del riconoscimento, da parte del venditore, del diritto del compratore alla garanzia.

Quando sia stata venduta, a consegne ripartite, merce con le medesime caratteristiche di qualità, il riconoscimento del vizio della merce stessa da parte del venditore, dopo la prima consegna, esclude il verificarsi della decadenza, ai sensi dell'art 1495 c.c., in relazione a vizi dello stesso genere relativi alle successive partite. In assenza di tale riconoscimento il termine per la denuncia di vizi sussistenti già nella prima partita di merce consegnata decorre dal giorno della consegna, senza che la successiva consegna di altra partita della stessa merce sia idonea a fare decorrere un nuovo termine per la denuncia.

Cass. civ. n. 11959/2019

L'accertamento, ad opera del giudice del merito, tanto dell'esistenza, in concreto, dei vizi della cosa venduta, quanto del loro riconoscimento da parte del venditore costituisce un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da errori sul piano logico e giuridico.

Cass. civ. n. 4826/2019

In tema di compravendita, la consegna del bene, dalla quale decorre il termine annuale di prescrizione ex art. 1495 c.c. per fare valere la garanzia per vizi della cosa ai sensi dell'art. 1490c.c. art. 1490 - Garanzia per i vizi della cosa venduta c.c., è quella effettiva e materiale, che pone il compratore a diretto contatto con il bene medesimo, essendo irrilevanti la data del successivo rilascio della documentazione di abitabilità e della formale comunicazione di fine lavori, nonché la necessità di effettuare meri lavori di rifinitura esterni. (Rigetta, CORTE D'APPELLO TORINO, 29/07/2013).

Cass. civ. n. 1889/2018

In tema di compravendita, il termine di prescrizione del diritto dell'acquirente alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno, derivante dalla consegna di "aliud pro alio", decorre, ai sensi dell'art. 2935 c.c., non dalla data in cui si verifica l'effetto traslativo, ma dal momento in cui, rispettivamente, ha luogo l'inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno, avendo comunque riguardo all'epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata attuazione della prestazione dovuta e del maturato diritto al risarcimento, potendo tale conoscenza essere colpevolmente ritardata dall'incuria del titolare del diritto.

Cass. civ. n. 20705/2017

In tema di esercizio di diritti potestativi, quale l'esperimento dell'azione di risoluzione di un contratto di compravendita per vizi della cosa venduta, l'effetto interruttivo della prescrizione consegue unicamente alla proposizione della relativa domanda giudiziale, risultando inidoneo all'uopo qualsiasi atto stragiudiziale di costituzione in mora.

Cass. civ. n. 18891/2017

In tema di vizi della cosa venduta, la prescrizione dell'azione di garanzia accordata al compratore decorre, in ogni caso, dalla consegna allo stesso del bene, non rilevando in senso contrario che l'acquirente non abbia la possibilità di scoprire il vizio, nonostante l'avvenuta consegna, o che questo gli sia stato dolosamente occultato dal venditore, con espedienti o raggiri, salva tuttavia la possibilità, in tale ultimo caso, di invocare la sospensione della prescrizione, agli effetti dell'art. 2941, n. 8, c.c., ove si accerti la sussistenza di una dichiarazione del venditore, non solo obiettivamente contraria al vero quanto, altresì, caratterizzata dalla consapevolezza dell'esistenza della circostanza taciuta e dalla conseguente volontà decipiente.

Cass. civ. n. 11046/2016

In materia di garanzia per i vizi della cosa venduta, il termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta del vizio occulto, di cui all'art. 1495 c.c., decorre dal momento in cui il compratore ne ha acquisito certezza obiettiva e completa, sicché, ove la scoperta del vizio avvenga gradatamente ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sulla consapevolezza della sua entità, occorre far riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta.

Cass. civ. n. 8420/2016

In tema di garanzia per vizi nella compravendita, il riconoscimento dei difetti che, ai sensi dell'art. 1495, comma 2, c.c., esonera il compratore dall'onere della tempestiva denuncia, consiste in una manifestazione di scienza circa la sussistenza della situazione lamentata dall'acquirente, la quale, pur non richiedendo un'assunzione di responsabilità né forme particolari, deve essere univoca, convincente e provenire dal venditore, sicché ove il riconoscimento provenga da un terzo (nella specie, il produttore del bene difettato) estraneo al rapporto contrattuale, pur edotto dall'alienante delle lamentele dell'acquirente, questi non è esonerato dall'onere della tempestiva denunzia dei vizi nei confronti del compratore

Cass. civ. n. 25027/2015

La denuncia dei vizi della cosa venduta, ai sensi degli artt. 1492 e 1495 c.c., non richiede un'esposizione dettagliata, in quanto la finalità di avvisare il venditore sulle intenzioni del compratore e di consentirgli la tempestiva verifica della doglianza può essere assolta anche da una denuncia generica, purché essa renda il venditore edotto che il compratore ha riscontrato, sebbene in modo non ancora esauriente e completo, vizi che rendono la cosa inidonea all'uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore.

Cass. civ. n. 22903/2015

La prescrizione della garanzia per vizi è interrotta dalla comunicazione al venditore della volontà del compratore di esercitarla benché questi riservi ad un momento successivo la scelta del tipo di tutela, dovendosi escludere che la riserva concerna un diritto diverso da quello in relazione al quale si interrompe la prescrizione.

Cass. civ. n. 23162/2013

In ipotesi di preliminare di vendita di un appartamento, la presenza di vizi dell'immobile, consegnato prima della stipula dell'atto definitivo, abilita il promissario acquirente, senza che sia tenuto al rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c., ad opporre l'"exceptio inadimpleti contractus" al promittente venditore, che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, ovvero a domandare, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento, o la condanna del medesimo promittente venditore ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa.

Cass. civ. n. 18050/2013

In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, il riconoscimento da parte del venditore, che esclude la necessità della denunzia da parte del compratore, concerne la materiale esistenza del vizio (nella specie, lo sfaldamento delle tegole antichizzate oggetto della fornitura), non essendo necessaria un'ammissione di responsabilità del venditore medesimo.

Cass. civ. n. 19702/2012

In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, di cui all'art. 1490 c.c., qualora il venditore si impegni ad eliminare i vizi e l'impegno sia accettato dal compratore, sorge un'autonoma obbligazione di "facere", che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna e, quindi, non alterandone la disciplina. Ne consegue che, in tale ipotesi, anche considerato il divieto dei patti modificativi della prescrizione, sancito dall'art. 2936 c.c., l'originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all'art. 1495 c.c., mentre l'ulteriore suo diritto all'eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione ordinaria decennale.

Cass. civ. n. 26967/2011

In tema di compravendita, l'azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia a norma dell'art. 1495 c.c. si prescrive in ogni caso nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, e ciò indipendentemente dalla scoperta del vizio.

Cass. civ. n. 5732/2011

In materia di denunzia dei vizi della cosa venduta, ai fini della decorrenza del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c., pur dovendosi, di regola, distinguere tra vizi apparenti ed occulti - là dove per i primi detto termine decorre dalla consegna della cosa, mentre per i secondi dal momento in cui essi sono riconoscibili per il compratore - occorre comunque che il "dies a quo" si faccia risalire al momento in cui il compratore acquisisce la certezza obiettiva del vizio, non essendo sufficiente il semplice sospetto.

Cass. civ. n. 4018/2011

Nel contratto di compravendita, l'onere di denunzia dei vizi della cosa venduta previsto dall'art. 1495 c.c. - applicabile anche al caso di mancanza di qualità - implica, a carico del compratore, un onere di verifica del bene il quale presuppone, a sua volta, che egli sia nella concreta possibilità di compiere tale verifica; ne consegue che, ove il bene oggetto del contratto sia stato consegnato ad un terzo, il termine per la tempestiva denunzia decorre dal momento in cui il compratore, tramite la contestazione da parte del terzo, sia messo in condizione di conoscere l'esistenza dei vizi.

Cass. civ. n. 12130/2008

La denuncia dei vizi della cosa venduta effettuata al rappresentante del venditore, il quale abbia stipulato la compravendita in nome e per conto dell'alienante, è valida solo nella ipotesi in cui risulti la permanenza dei suoi poteri rappresentativi anche nel tempo successivo alla stipulazione dell'atto di vendita e fino al momento della denuncia dei vizi.

Cass. civ. n. 11410/2008

In materia di compravendita, in caso di inadempimento del venditore, oltre alla responsabilità contrattuale da inadempimento o da inesatto adempimento, è configurabile anche la responsabilità extracontrattuale del venditore stesso, qualora il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi di quest'ultimo che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti; diversamente, quando il danno lamentato sia la conseguenza diretta del minor valore della cosa venduta o della sua distruzione o di un suo intrinseco difetto di qualità si resta nell'ambito della responsabilità contrattuale, le cui azioni sono soggette a prescrizione annuale (nella specie, la domanda di risarcimento danni aveva ad oggetto le spese sostenute per il filtraggio ed il re-imbottigliamento del vino destinato ad un cliente estero determinate dalla inidoneità dei tappi consegnati all'attore proposta da una società vinicola nei confronti di un sugherificio, a seguito della consegna di una partita di tappi difettosi).

Cass. civ. n. 2797/2008

Nel contratto di vendita, il termine annuale di prescrizione per l'esercizio dell'azione redibitoria e dell'azione risarcitoria conseguente all'inadempimento, decorre dalla data della consegna e non può farsi coincidere con la data di stipula del contratto in mancanza della prova della coincidenza temporale tra le due date, spettando a chi eccepisce la prescrizione l'onere della prova in ordine alla individuazione temporale del dies a quo.

Cass. civ. n. 13294/2005

In tema di compravendita l'impegno del venditore di eliminare i vizi che rendano la cosa inidonea all'uso cui è destinata (ovvero ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore economico) di per sé non dà vita a una nuova obbligazione estintiva-sostitutiva (novazione oggettiva: art. 1230 c.c.), dell'originaria obbligazione di garanzia (art. 1490 c.c.), ma consente al compratore di essere svincolato dai termini di decadenza e dalle condizioni di cui all'art. 1495 c.c., ai fini dell'esercizio delle azioni edilizie (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo) previste in suo favore (art. 1492 c.c.), sostanziandosi tale impegno in un riconoscimento del debito, interruttivo della prescrizione (art. 2944 c.c.).

Cass. civ. n. 5251/2004

In tema di garanzia per vizi della cosa venduta (nella specie, un'imbarcazione usata), l'occultamento degli stessi, per assumere rilevanza, deve consistere non nel semplice silenzio serbato dal venditore, ma in una particolare attività illecita, funzionale, con adeguati accorgimenti, a nascondere il vizio della cosa. L'accertamento dell'apparenza e riconoscibilità dei vizi costituisce, poi, un apprezzamento di fatto, come tale sottratto al sindacato di legittimità per tutto ciò che non attiene al procedimento logico — giuridico seguito dal giudice di merito.

Cass. civ. n. 4968/2004

A differenza del riconoscimento da parte del venditore della propria responsabilità in ordine al vizio o alla mancanza di qualità della cosa, il semplice riconoscimento che lo stesso venditore faccia del vizio o del difetto di qualità, rende soltanto superflua la denunzia del compratore, e non richiede l'ammissione da arte del venditore della propria responsabilità. Tale riconoscimento, che costituisce una dichiarazione di scienza relativa alla sussistenza della situazione obbiettiva lamentata dall'acquirente e non una dichiarazione negoziale, può essere fatta in qualsiasi forma, anche tacita, cioè con comportamenti incompatibili con l'intenzione di contestare la pretesa avversaria. (Fattispecie relativa a pubblicazione illustrativa di una macchina operatrice, diffusa presso la clientela, ove erano illustrate le caratteristiche del macchinario acquistato da un imprenditore che — in sede di opposizione a decreto ingiuntivo — aveva lamentato alcuni difetti del macchinario, ritenuti dal giudice di primo grado come tardivamente denunciati, e da quello di appello come già riconosciuti dal venditore attraverso il depliant illustrativo).

Cass. civ. n. 10767/2003

In tema di decadenza dalla garanzia per vizi della cosa venduta (art. 1495 c.c.), anche nei casi di compravendita di azienda la denunzia deve seguire entro gli otto giorni dalla scoperta, onde consentire al venditore il controllo del fondamento della contestazione nell'immediatezza del manifestarsi del vizio stesso ed il sollecito apprestamento delle opportune difese, ovvero del dovuto rimedio, non solo laddove, come nella specie, si tratti di compravendita d'azienda di ridotte dimensioni, nella quale il valore di ciascuna singola componente concorra in misura rilevante alla formazione del valore del complesso, ma soprattutto ove la disfunzione della singola componente assuma autonoma rilevanza, influendo in misura determinante sull'idoneità produttiva del complesso stesso.

Cass. civ. n. 4893/2003

In tema di vizi della cosa nella compravendita (come nel contratto di opera o di appalto) ed al fine d'integrare l'ipotesi del riconoscimento ex art. 1495, secondo comma, c.c., ad opera del venditore (o prestatore) — che esonera la controparte dall'obbligo di denunzia entro i prescritti termini — non è sufficiente la mera conoscenza (o possibilità di conoscenza) del vizio, in quanto detto riconoscimento, se non implica una manifestazione di volontà, costituisce pur sempre una manifestazione di verità o di scienza relativa alla sussistenza di un fatto produttivo di conseguenze giuridiche negative per il dichiarante. Tale manifestazione, peraltro, non essendo soggetta a forme particolari, può essere desunta sia da qualsivoglia espressione linguistica, purché univoca e convincente, sia da facta concludentia, senza necessità che ad essa si accompagni l'ammissione del vizio o della responsabilità o l'assunzione di obblighi.

Cass. civ. n. 15758/2001

Il riconoscimento, da parte del venditore, dei vizi della cosa alienata, che può avvenire anche per facta concludentia quali l'esecuzione di riparazioni o la sostituzione di parti della cosa medesima ovvero la predisposizione di un'attività diretta al conseguimento od al ripristino della piena funzionalità dell'oggetto della vendita, determina la costituzione di un'obbligazione che; essendo oggettivamente nuova ed autonoma rispetto a quella originaria di garanzia, è sempre svincolata, indipendentemente dalla volontà delle parti, dai termini di decadenza e di prescrizione fissati dall'art. 1495 c.c. ed è, invece, soggetta soltanto alla prescrizione ordinaria decennale.

Cass. civ. n. 10728/2001

I termini di decadenza e di prescrizione di cui all'art. 1495 c.c. riguardano tutte le azioni spettanti al compratore per i vizi o la mancanza di qualità della cosa pattuita, e, pertanto, anche quella di risarcimento dei danni relativi.

Cass. civ. n. 5597/2001

Il riconoscimento dei vizi della cosa venduta da parte del venditore — che, ex art. 1495, secondo comma, c.c. esonera l'acquirente dall'onere della tempestiva denuncia ed impedisce la decadenza dello stesso dalla garanzia pur in difetto d'ottemperanza a tale onere — può aver luogo sia per dichiarazione espressa della parte che tacitamente per facta concludentia; in tale ultimo caso esso deve estrinsecarsi in comportamenti nei quali sia ravvisabile un'inequivoca ammissione della sussistenza dei vizi ed un altrettanto inequivoca accettazione delle obbligazioni conseguenti. Parimenti perché sussista una valida rinuncia ad eccepire la decadenza o la prescrizione in materia è necessaria un'incompatibilità assoluta tra il comportamento del soggetto e la volontà dello stesso di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui, senza possibilità alcuna di una diversa interpretazione.

Cass. civ. n. 11452/2000

Il termine per la denunzia dei vizi della cosa venduta, decorre dal ricevimento del bene soltanto per i vizi apparenti, mentre per i vizi non rilevabili attraverso un rapido e sommario esame della cosa, il termine decorre dal momento della loro scoperta, la quale ricorre allorché il compratore abbia acquisito la certezza oggettiva della esistenza del vizio. (Nella specie la S.C. in applicazione del principio su riportato, ha affermato che, nella vendita di animali, il termine per la denuncia dei vizi decorreva non dalla consegna dei capi, ma solo quando il morbo che li aveva colpiti si era manifestato con sintomi inequivocabili).

Cass. civ. n. 10188/2000

L'azione di risoluzione del contratto di compravendita per vizi che rendono la cosa venduta inidonea all'uso si fonda sul disposto degli artt. 1490, 1492 e 1495 c.c., e soggiace ai termini di decadenza e di prescrizione di cui all'art. 1495 dello stesso codice, termini che riguardano tutte le azioni spettanti al compratore per vizi o mancanza di qualità della cosa venduta, ma non per consegna di aliud pro alio, ipotesi più grave di inadempimento — che si realizza quando la cosa consegnata sia completamente diversa da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, o sia assolutamente priva delle capacità funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente — assoggettata alla disciplina dell'azione di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c., e, quindi, svincolata dall'osservanza dei predetti termini.

Cass. civ. n. 6234/2000

L'azione di inadempimento del contratto di compravendita è regolata non già dalla disciplina generale dettata dagli artt. 1453 e ss. c.c., ma dalle norme speciali di cui agli artt. 1492 e ss. c.c., che prevedono specifiche limitazioni rispetto alla disciplina generale ed in particolare l'onere di denuncia dei vizi nel termine di otto giorni dalla scoperta, che condiziona sia l'esercizio dell'azione di risoluzione e dell'azione di riduzione del prezzo previste dall'art. 1492 c.c., sia quella di risarcimento dei danni prevista dall'art. 1494 c.c.

La denunzia dei vizi della cosa venduta ai sensi degli artt. 1492 e 1495 c.c. non deve consistere necessariamente in una esposizione dettagliata dei vizi che presenta la res vendita, poiché in considerazione della finalità della denunzia consistente nel mettere il venditore sull'avviso in ordine alle intenzioni del compratore e contemporaneamente in condizione di verificare tempestivamente la veridicità della doglianza, una denuncia generica può essere idonea allo scopo, sempreché con essa il venditore sia reso edotto che il compratore ha riscontrato, seppure in maniera non ancora chiara e completa, che la cosa è affetta da vizi che la rendono inidonea all'uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore.

Cass. civ. n. 6089/2000

Il riconoscimento da parte del venditore del vizio della cosa venduta — che ai sensi del secondo comma dell'art. 1495 c.c. esonera il compratore dall'onere della denuncia prevista dal primo comma della stessa disposizione — si ha anche quando il venditore ammette che la cosa presenta, qualsivoglia sia la causa, caratteristiche che non solo la rendono, ma anche possono renderla inidonea all'uso cui è destinata o diminuirne in modo apprezzabile l'utilizzazione.

Cass. civ. n. 6036/2000

Perché il riconoscimento dei vizi possa sanare, ai sensi dell'art. 1495, secondo comma c.c., l'effetto preclusivo dell'omissione della denuncia da parte del compratore, è necessario che da esso possa farsi derivare la presunzione che il venditore avesse acquisito la conoscenza dell'esistenza dei vizi precedentemente alla scadenza utile per la loro denuncia da parte dell'acquirente.

Cass. civ. n. 10854/1998

La denunzia dei vizi o della mancanza di qualità della cosa venduta può essere effettuata, oltre che dal compratore, da un suo rappresentante, a condizione che quest'ultimo manifesti tale qualità al venditore, e che il compratore provi di avergli conferito il relativo incarico.

Cass. civ. n. 4657/1998

Il termine di decadenza per la denuncia dei vizi della cosa venduta decorre dal momento dell'acquisita certezza dell'esistenza di essi ed è posto nell'interesse del compratore, si che questi può rilevare la mancanza di qualità promesse all'atto del ritiro della cosa, pur se a tale momento ha soltanto il sospetto dell'inutilizzabilità concreta - nella specie veicolo di dimensioni diverse da quelle pattuite per custodirlo in garage - mentre l'immediatezza della denuncia al venditore - volta a consentirgli di rimediare con sollecitudine - comporta che questi, ove destinatario del suddetto rilievo anticipato, risulti tutelato ancor più sollecitamente e pertanto è irrilevante che la successiva verifica, da parte del compratore, della fondatezza del dubbio, sia tardiva.

Cass. civ. n. 440/1996

La denunzia dei vizi della cosa venduta, prevista dall'art. 1495 c.c., oltre allo scopo di far conoscere i vizi al venditore che li abbia eventualmente ignorati, ha anche quello di consentire sollecitamente l'accertamento dell'entità e della causa degli stessi, anche nell'interesse del venditore ai fini della sua eventuale rivalsa verso il proprio fornitore. Ne consegue che l'onere del compratore di denunziare i vizi implica anche quello di non utilizzare la merce e di tenerla a disposizione del venditore per il tempo minimo necessario a realizzare lo scopo della denunzia.

Cass. civ. n. 7541/1995

Il termine di decadenza previsto dall'art. 1495 c.c., per l'azione di garanzia dei vizi della cosa venduta decorre dalla effettiva scoperta dei vizi, che si ha quando il compratore ne abbia acquistato certezza obiettiva e completa (e non dalla data in cui i vizi avrebbero potuto essere astrattamente conosciuti) e che, conseguentemente, quando i vizi sono stati appresi dal compratore con la necessaria certezza solo attraverso la relazione di un consulente nominato dal giudice in un accertamento tecnico preventivo, non può farsi coincidere automaticamente con la data di deposito della relazione, della quale non può presumersi che le parti abbiano avuto notizia prima della comunicazione della cancelleria.

Cass. civ. n. 6073/1995

Il riconoscimento, da parte del venditore, dell'esistenza dei vizi della cosa venduta esime il compratore, a norma dell'art. 1495, secondo comma, c.c., dall'onere di denunziarli e può sanare gli effetti della decadenza, eventualmente verificatasi per l'omessa o tardiva denunzia. Ne consegue che, qualora il giudice del merito ritenga accertato il riconoscimento dei vizi da parte del venditore (a seguito, nell'ipotesi, del controllo della merce difettosa da parte di un suo dipendente, il quale si era impegnato a sostituirla), non è necessario verificare se la denuncia degli stessi, da parte del compratore sia stata, o meno, tempestiva.

Cass. civ. n. 1082/1995

In tema di garanzia per vizi della cosa venduta, ai fini della decorrenza del termine breve di otto giorni per la denuncia, va considerato: che solo per il «vizio apparente», che è quello rilevabile attraverso un rapido e sommario esame del bene utilizzando una diligenza inferiore a quella ordinaria, il dies a quo decorre dal giorno del ricevimento della merce, mentre per gli altri vizi, il termine decorre dal momento della «scoperta», la quale si ha allorquando il compratore abbia acquistato «certezza» (e non semplice sospetto) che il vizio sussista; e che, nella compravendita di merce fra imprenditori, esperti del settore merceologico specifico, il dies a quo per la decorrenza del termine di decadenza della denuncia dei vizi (nella specie: acidità del vino), è quello in cui l'acquirente ha potuto eseguire gli esami necessari, equiparandosi in tal caso la possibilità di accertamento della condizione del bene alla riconoscibilità dei vizi apparenti.

Cass. civ. n. 1458/1994

Il termine di decadenza per la denunzia dei vizi della cosa venduta ai sensi dell'art. 1495 c.c., pur dovendo essere riferito alla semplice manifestazione del vizio e non già alla sua individuazione causale, decorre tuttavia solo dal momento in cui il compratore acquisisce la certezza obiettiva dell'esistenza del vizio con la conseguenza che ove la sua scoperta avvenga per gradi ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sull'entità del vizio stesso, occorre fare riferimento al momento in cui si completa la relativa scoperta, e, quindi, nel caso di macchinario dal complesso funzionamento, che necessiti di un periodo di rodaggio, il dies a quo per la decorrenza del termine dell'art. 1495, prima parte c.c., deve individuarsi nel momento in cui la fase di rodaggio sia completata.

Cass. civ. n. 6855/1993

Qualora l'esecuzione di un contratto di vendita avvenga mediante consegne ripartite di una stessa merce, il termine fissato dalla legge per la denunzia dei vizi — sussistenti fin nella prima partita di merce consegnata — decorre dalla loro scoperta e con riferimento a quella consegna, senza che la successiva consegna di altra partita della stessa merce sia idonea a far decorrere un nuovo termine per la denunzia.

Cass. civ. n. 2660/1993

L'occultamento della mancanza di qualità della cosa venduta, che, ai sensi dell'art. 1495 c.c., al quale rinvia il secondo comma dell'art. 1497 c.c., determina l'esonero della denuncia e quindi esclude la correlata decadenza, richiede una particolare attività illecita del venditore, diretta, con adeguati accorgimenti, a nascondere il difetto, non essendo sufficiente il mero silenzio.

Cass. civ. n. 8169/1991

L'azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia a norma dell'art. 1495 c.c. si prescrive in ogni caso nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, anche se i vizi non sono stati scoperti o non sono stati tempestivamente denunciati o se la denuncia stessa non è necessaria.

Cass. civ. n. 6641/1991

Il riconoscimento dei vizi della cosa venduta — che a norma dell'art. 1495 c.c. esclude la necessità della loro denunzia da parte dell'acquirente — può avvenire anche tacitamente e cioè mediante il compimento di atti incompatibili con l'intenzione di respingere la pretesa del compratore o di far valere la decadenza, come, in particolare, quando il venditore provvede ad effettuare riparazioni a mezzo di propri tecnici oppure si offra di far riparare o sostituire la cosa venduta, poiché con tali comportamenti mostra di aver accettato la denunzia del compratore senza porre alcuna questione in ordine alla sua tempestività e di aver ritenuto suo obbligo procedere all'eliminazione dei vizi, riconoscendo, implicitamente, ma chiaramente, che la denuncia del compratore era fondata.

Cass. civ. n. 328/1991

In tema di garanzia per vizi della cosa venduta, la denuncia dei vizi medesimi da parte del compratore, ai sensi ed agli effetti dell'art. 1495 c.c., può essere fatta, in difetto di diversa previsione, con qualunque mezzo idoneo, e, quindi, anche mediante comunicazione telefonica.

Cass. civ. n. 8226/1990

Si ha riconoscimento del vizio redibitorio, agli effetti di cui all'art. 1495, comma secondo, c.c. quando il venditore riconosce che un certo fenomeno denunciatogli, e comunque contestato, costituisce difetto della cosa venduta, anche se non ne indichi la causa o la attribuisca a fatto diverso da quello poi individuato come determinante il difetto. Al contrario, non si ha riconoscimento del vizio della merce quando il fenomeno, cui l'acquirente attribuisce natura di vizio, venga sì riconosciuto dal venditore, ma venga da lui riferito non già ad intrinseco difetto della cosa venduta, bensì a difetto imputabile all'acquirente o a terzi che, per incuria od altro fatto, dopo la vendita o la consegna della merce, ha determinato il fenomeno stesso.

Cass. civ. n. 2586/1988

La prescrizione annuale del diritto del compratore alla garanzia per i vizi della cosa venduta — diritto che può anche mancare (come avviene quando il vizio sia facilmente riconoscibile o non presenti la gravità richiesta dall'art. 1490 c.c. o la garanzia sia stata efficacemente esclusa ex art. 1490, secondo comma, c.c.) — è interrotta, ai sensi dell'art. 2944 c.c., dal riconoscimento (esplicito o implicito), da parte del venditore, del diritto della controparte alla garanzia anzidetta, non essendo sufficiente, allo stesso fine, il semplice riconoscimento della esistenza dei vizi, ancorché questo esima il compratore dall'onere della denunzia e valga altresì a sanare gli effetti della decadenza eventualmente verificatasi al riguardo.

Cass. civ. n. 4085/1982

L'azione proposta dal compratore di un immobile che non possa godere di esso per l'inagibilità dell'impianto di riscaldamento stante il mancato collaudo da parte dei vigili del fuoco, non è soggetta ai termini di decadenza e di prescrizione sanciti dall'art. 1495 c.c., trattandosi di vizio noto al costruttore-venditore il quale, avendo alienato l'immobile nelle more del procedimento amministrativo per la progettazione ed esecuzione degli impianti termici, è tenuto a provvedere, nell'esecuzione del contratto secondo buona fede, a quanto richiesto per l'ottenimento del provvedimento amministrativo.

Cass. civ. n. 3907/1981

Seppure la denuncia dei vizi della cosa acquistata deve essere comunicata al venditore da parte dell'acquirente o da un suo incaricato, essa non deve rivestire forma o contenuto particolari, con la conseguenza che realizza tale finalità l'assemblea condominiale, alla quale abbiano partecipato tanto il compratore che il venditore di un appartamento, nella quale si sia discusso dei vizi dell'immobile, deliberando l'esecuzione dei lavori necessari per la loro eliminazione, avvenendo, nel processo formativo della volontà condominiale, uno scambio di dichiarazioni reciprocamente espresse e ricevute dai singoli condomini.

Cass. civ. n. 4714/1977

L'occultamento del vizio della cosa venduta va identificato in una attività positiva volta a nascondere l'imperfezione del bene e, quindi, diretta a rendere impossibile o, quanto meno, difficile al compratore la scoperta del vizio con la comune diligenza. Non è sufficiente, pertanto, a integrare l'ipotesi di occultamento del vizio dell'immobile venduto, la generica dichiarazione di conformità di esso al progetto approvato.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1495 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

N. S. chiede
martedì 05/03/2024
“A marzo del 2021 acquistavo da un privato un appartamento in condominio con annesso posto macchina. A luglio dello stesso anno, in occasione dello studio sulla fattibilità della ristrutturazione dell’intero condominio con le agevolazioni previste dal 110% emergeva che i tre posti macchina venduti ai tre condomini in realtà erano stati trasformati in garage senza le prescritte concessione/autorizzazioni/licenze; praticamente abusi edilizi. I disegni di vecchia data allegati agli atti di provenienza avevano tratto in inganno me, il geometra che aveva curato la perizia per conto della banca finanziatrice del mutuo e lo stesso notaio che aveva prodotto l’atto. Dopo un anno e mezzo, fra non poche difficoltà, siamo riusciti a regolarizzare quella situazione con un esborso per ognuno dei condomini di una somma pari a 1.800 euro circa.
Interpellavo il venditore chiestogli la restituzione della somma spesa per la sanatoria; questi mi rispondeva che lui ignorava l’esistenza di quell’abuso in quanto quell’appartamento l’aveva ricevuto per donazione, anche se qualche mese prima aveva provveduto a regolarizzare un piccolo abuso interno allo stesso appartamento e che secondo un legale di sua fiducia non si era reso responsabile di niente.
Secondo lo scrivente invece il venditore si è reso responsabile della fattispecie prevista dall’art. 483 del C.P. – Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, ma dichiarando che lui non sapesse niente mancherebbe il “dolo specifico”, salvo provare da parte dello scrivente che lo stesso invece sapesse.
In giurisprudenza esistono casi di condanna per fattispecie simili?
Poiché ho subito un danno di € 1.800 per la sanatoria nonché € 40.000 circa per la mancata realizzazione della ristrutturazione con il 110%, potrei agire civilmente chiedendo un congruo risarcimento anche sottoforma di un adeguamento del prezzo di acquisto per svalutazione dell’immobile?
Mi converrebbe agire penalmente e successivamente sotto l’aspetto civilistico?”
Consulenza legale i 15/03/2024
Nel caso specifico pare che si sia concretizzata una vendita c.d. aliud pro alio. Tale fattispecie si verifica quando la cosa venduta appartiene ad un genere del tutto diverso da quello della cosa consegnata, ovvero presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti. Essa è molto frequente qualora il bene immobile acquistato presenti gravi irregolarità edilizie: sotto questo aspetto, per fare un esempio recente, la Corte di Cassazione,Sez.II, con sentenza n. 23604 del 02.08.2023 ha precisato, o meglio nuovamente ribadito, come la vendita aliud pro alio, si concretizza nella vendita immobiliare quando la difformità edilizie riscontrate siano del tutto insanabili.

Far rientrare la fattispecie descritta nel quesito nella vendita aliud pro alio ha un forte vantaggio in quanto essa sfugge agli stretti termini di decadenza e di prescrizione previsti dall’art. 1495 del c.c. In linea di massima sarebbe quindi ancora possibile pretendere che il venditore risarcisca i danni per il suo inadempimento o inesatto adempimento nella consegna del bene, pretesa che si prescrive ai sensi dell' art. 2946 del c.c. entro 10 anni dalla conclusione del contratto di vendita. La eccezione di una mancanza di colpa da parte del venditore appare ad un primo esame piuttosto flebile, in quanto, in sede di rogito, egli ha dovuto garantire la conformità dello stato di fatto di quanto venduto alle planimetrie depositate presso il catasto di zona, dichiarazione resa obbligatoria, tra l’altro dal comma 1 bis dell’art. 29 della L. 52/1985.

Proprio l’introduzione di tale obbligo ha reso molto frequente nella prassi delle vendite immobiliari il ricorso ad un tecnico edile il quale, su incarico solitamente del venditore, viene chiamato ad attestare la conformità edilizia ed urbanistica di quanto ci si appresta a vendere da lì a poco. Tale attestazione, seppur non obbligatoria, è divenuta ormai caldamente consigliata, proprio per far emergere già prima della vendita le problematiche descritte nel quesito.

Se nel caso specifico il venditore è ricorso all’ausilio di un professionista attestatore vi potrebbero essere anche dei profili di responsabilità da far valere anche nei suoi confronti, in quanto l’attività da lui resa deve sempre essere espletata a garanzia della bontà dell’affare nel suo complesso, indipendentemente da chi è il committente che ha dato l’incarico professionale.
Ovviamente la vicenda descritta dovrebbe essere vagliata da un legale in loco che vada ad analizzare le prove che si addurrebbero a sostegno di eventuali richieste risarcitorie in sede civile, ma già in sede di parere preliminare si può dire che vi siano buone argomentazioni per poter incardinare un ipotetico giudizio non solo nei confronti del venditore delle autorimesse abusive, ma anche di un eventuale tecnico accertatore.

Sul fronte penale, valga quanto segue.

La fattispecie di cui all’art. 483 del c.p. è in astratto configurabile, quantomeno dal punto di vista oggettivo.

Tale circostanza è affermata dalla Cassazione che, in plurime sentenze, ha stabilito che nell’atto di compravendita è configurabile un obbligo a carico del venditore di rendere dichiarazioni conformi al vero in ordine alla condizione giuridica dell’immobile oggetto di alienazione e alla sua corrispondenza agli estremi della conformità alla normativa urbanistica.

D’altra parte, occorre ricordare che per la sussistenza del reato in parola la condotta del soggetto agente deve essere accompagnata dal dolo (diritto penale) tipico della fattispecie, ovvero la coscienza e volontà della dichiarazione falsa.
Elemento, questo, che deve essere oggetto di un approfondimento fattuale nel caso di specie atteso che, dagli elementi descritti nella richiesta di parere, sembra quasi emergere la – discutibile – buona fede del venditore.


Nel caso che ci occupa, poi, l’ipotesi penale cui pure bisognerebbe volgere lo sguardo è il reato di truffa, previsto e punito dall’art. 640 del c.p..
Fattispecie anche questa in astratto configurabile ma che, in concreto, dipende molto da quanto e cosa si riesce a provare.
Senza entrare nel dettaglio di questioni giuridiche molto complesse, è possibile affermare che la truffa sarebbe configurabile se si riuscisse a provare che il venditore era sostanzialmente a conoscenza dell’abuso commesso (o che comunque non poteva non esserne a conoscenza) e che abbia effettivamente intrattenuto una trattativa contrattuale artificiosa, anche servendosi di documentazione artefatta ad hoc, o comunque omettendo circostanze fondamentali, come per l’appunto l’esecuzione dei lavori che hanno condotto all’abuso.

Anche per il penale, comunque, si consiglia di servirsi di un avvocato, in considerazione del fatto che nella vicenda in questione è fondamentale studiare e comprendere lo svolgimento dei fatti. Soltanto allora sarà possibile trarre le dovute conclusioni sul fronte giuridico.


D. W. M. chiede
giovedì 13/01/2022 - Toscana
“LA CONTROVERSIA IN BREVE 13/01/2022

Nel mese di giugno 2016 le parti hanno firmato un contratto preliminare di vendita di un immobile che prevede il rogito entro 30/10/2016. Era prevista il possesso dell’immobile ante-rogito al canone di affitto di €1.000 al mese. Quale incentivo per un rogito entro breve e penale se il Compratore non rogitava entro 30/10/2016, le parti hanno creato una formula. The clausola in questione è la seguente: “L’affitto pagato dall’inizio della locazione sarà rimborsato al Conduttore (Compratore) se il rogito notarile avviene entro la data stipulata (30/10/2016). Se il rogito non avviene entro tale data per motivi non imputabili al Locatore/Venditore, non ci sarà nessun rimborso.” Siccome, nonostante l'utilizzo del termine "affitto", la formula era più un incentivo/penale che una locazione e l'anticipata durata era breve, il preliminare non è stato registrato.

A metà giugno 2016 il Compratore/Conduttore è entrato in possesso e ha incominciato a pagare il canone come prevista. Nel periodo fra la stipula del preliminare e il 30/10/2016, la situazione economica del Compratore/Conduttore si era peggiorata (fallimento della Impresa di cui era titolare) al punto che esso non aveva liquidità in sufficienza per andare al rogito e ha chiesto di rimandare il rogito mentre ha continuava a pagare l’affitto con più o meno regolarità. In ottobre 2019 il notaio incaricato per il rogito scrive al Venditore che “l’acquirente ha segnalato delle difformità della planimetria”. Infatti, è emerso che al posto di una portafinestra portato sulla planimetria c’era una semplice finestra. Le parti sono d’accordo che il costo per rettificare sarebbe meno di €3.000. All’epoca, il Compratore ha dichiarato di volere un credito verso il saldo piuttosto che avere la rettifica fatta da Venditore.

Oggi, a distanza di altri due anni, il Compratore/Conduttore vorrebbe andare a rogito pretendendo che i canoni di affitto da lui pagato e il costo delle rettifica della difformità venissero accreditati verso il saldo dovuto per l’acquisto.

Il suo argomento è: “Legge 30/07/2010 n 122 richiede una dichiarazione da o per il Venditore che afferma la corrispondenza fra lo stato di fatto e la documentazione catastale pena la nullità dell’atto. Siccome la difformità della planimetria esisteva al 30/10/2016 non era possibile rogitare perché l’atto di rogito sarebbe stato nullo. E siccome è il venditore che è responsabile per la correttezza della documentazione catastale, il motivo per non avere rogitato entro 30/10/2016 è imputabile al Venditore e quindi tutto l’affitto pagato è da rimborsare.”

Il Venditore mantiene:
1. Che il rogito non è avvenuto il 30/10/2016 perché il Compratore mancava di liquidità.
2. Che il Compratore fosse a conoscenza della difformità al 30/10/2016 era obbligato a comunicare tempestivamente tale fatto al Venditore. La buona fede impone al Compratore il dovere di notificare tempestivamente la scoperta di un difetto. Si riconosce che in casi di possesso ante-rogito la giurisprudenza non ha voluto applicare L’ Art. 1495 c.c. che mette una scadenza di 8 giorni per notificare e un anno per iniziare una causa. Però, tre anni sono troppi. C’è un limite specialmente quando c’è un rimedio veloce e poco costoso.
3. Inoltre, come spiegato dall’Agenzia del Territorio, si tratta di un difetto irrilevante ai fini della suddetta legge e non impedirebbe la vendita.
Chi ha ragione e perché?”
Consulenza legale i 20/01/2022
Il presente quesito comporta la necessità di affrontare diverse questioni.
In primo luogo, stando alle informazioni fornite, risulta che nel contratto preliminare sia previsto il rimborso dei canoni di locazione versati dal conduttore solo nel caso in cui il contratto definitivo venga stipulato entro il termine previsto; la restituzione viene, invece, esclusa laddove ciò non avvenga “per motivi non imputabili al Locatore/Venditore”.
Nel nostro caso, sempre stando a quanto riferito, la stipula del rogito sarebbe stata rinviata proprio su richiesta del promissario acquirente, a causa di sue temporanee difficoltà economiche: se così stanno le cose, appare improbabile che quest’ultimo possa pretendere il rimborso dei canoni.
Passiamo, ora, alla questione delle difformità catastali, facendo innanzitutto chiarezza sulle norme.
In proposito, l’art. 29, comma 1-bis della Legge 27/02/1985, n. 52, prevede che “gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
Da notare che la sanzione della nullità è prevista per gli atti di trasferimento della proprietà, e quindi non riguarda il contratto preliminare di vendita, con cui non si trasferisce la proprietà, poiché con esso le parti si impegnano a concludere un futuro contratto con effetti, appunto, traslativi. Tuttavia, la mancanza degli elementi previsti dalla norma appena citata assume rilevanza qualora uno dei contraenti agisca in giudizio per ottenere l’adempimento del preliminare ex art. 2932 c.c.
Infatti la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, sentenza 29/09/2020, n. 20526) ha chiarito: “le indicazioni circa la c.d. conformità catastale oggettiva, ovvero l'identificazione catastale del bene, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto, la dichiarazione o attestazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto, previste dall'art. 29, comma 1 bis, della l. n. 52 del 1985, aggiunto dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 122 del 2010, a pena di nullità del contratto di trasferimento immobiliare, devono sussistere, quali condizioni dell'azione, nel giudizio di trasferimento giudiziale della proprietà degli immobili mediante sentenza emessa ai sensi dell' articolo 2932 c.c., anche in relazione ai processi instaurati prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010”.
Anche secondo Cass. Civ., Sez. II, ord. 22/10/2021, n. 29581, “nel giudizio di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di trasferimento immobiliare relativo ad un fabbricato già esistente [...], la conformità catastale oggettiva di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1 bis, costituisce una condizione dell'azione e deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice, che non può accogliere la domanda ove la presenza delle menzioni catastali difetti al momento della decisione”.
Ciò significa che, nel caso di mancata stipula del rogito, nessuna delle parti potrebbe ottenere l’esecuzione in forma specifica del preliminare, prevista dall’art. 2932 c.c. (il quale prevede appunto che il giudice possa emettere una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso), in mancanza dell'identificazione catastale del bene, del riferimento alle planimetrie depositate in catasto, e della dichiarazione o attestazione di conformità dei dati catastali e delle planimetrie allo stato di fatto.
Infine, rispetto alla presunta decadenza del promissario acquirente per non aver tempestivamente denunciato i vizi, va premesso che, ai sensi dell’art. 1490 c.c., per vizio si intende quel difetto della cosa che la renda inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuisca in maniera apprezzabile il valore. Secondo Cass. Civ., Sez. II, 24/09/2004, n. 19199, deve trattarsi di “difetto inerente al processo di produzione o di fabbricazione o di formazione o di conservazione”, fattispecie che non appare sussistente nel nostro caso.
Ad ogni modo, la Corte di Cassazione (Sez. II, ord. 27/05/2020, n. 9953) ha ribadito che “in tema di contratto preliminare, la consegna dell'immobile, effettuata prima della stipula del definitivo, non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti, né comunque di quello di prescrizione, presupponendo l'onere della tempestiva denuncia l'avvenuto trasferimento del diritto, sicché il promissario acquirente, anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene, risultato successivamente affetto da vizi, può chiedere l'adempimento in forma specifica del preliminare, ai sensi dell'art. 2932 c.c. e contemporaneamente agire con l'azione quanti minoris per la diminuzione del prezzo, senza che gli si possa opporre la decadenza o la prescrizione”.
Pertanto, nel nostro caso, anche ammettendo per ipotesi che le difformità riscontrate possano essere fatte rientrare nel concetto di “vizi” di cui agli artt. 1490 e ss. c.c., il promittente venditore non potrebbe eccepire il mancato rispetto dei termini previsti dall’art. 1495 c.c., proprio perché applicabili solo al contratto definitivo e non al preliminare.

Laura M. chiede
lunedì 13/01/2020 - Liguria
“spett. Broccardi, espongo il mio problema.
Nel 2001 avevamo acquistato una vasca da bagno per disabili (mio marito poi deceduto) con misure 110x70x128 senza doccia, perché non ne esistevano. l'anno scorso vedendo la pubblicità per tv di una vasca con apertura interna che se acquistata regalavano la doccia ho telefonato: e' venuta la geometra, ha visto il mio ampio bagno, ha preso le misure e poi abbiamo redatto il contratto pattuendo € 600 di anticipo e il saldo alla consegna, fatto bonifico. E' venuto mio figlio, ha guardato la vasca e ha riscontrato parecchi difetti, ha preso il contratto ma è letteralmente illeggibile, nelle misure è scritto 120x70x90. io non ho dato peso alla cosa quando ha scritto il contratto perché ritenevo fossero quelle della mia vecchia vasca. Mio figlio - che mi ha pagato la vasca - ha più volte telefonato per avere un contratto leggibile, mai arrivato malgrado le promesse. Dopo innumerevoli email e telefonate alla Geometra (che non rispondeva mai) è finalmente venuta il 17 ottobre 2019, ha riscontrato tutti i difetti e promesso che avrebbe provveduto al più presto, nel contempo era arrivata la fattura dove si precisa il costo della vasca in € 3454,5 + € 3090,91 manodopera installazione + iva 654.45 = 7200. Ho chiesto chiarimenti per gli € 3090.91 (5 ore di lavoro). La vasca è marca (omissis). Mi hanno risposto che c'è una convenzione con l'Agenzia e mi faceva pervenire la clausola per la detrazione Irpef.
Il 15/11/2019 avendo ricevuto un cuscinetto di plastica che avrebbe dovuto formare la cunetta sul sedile della vasca, ho mandato un'email lamentando che non andava bene: ai miei reclami mi ha risposto che il cuscino con un coltellino lo si può modificare (impossibile perché è troppo lungo e stretto, per la vasca troppo piccolo). In definitiva, non avendo avuto mai quanto da me richiesto ho inviato una pec alla ditta (omissis), riepilogando il tutto, e chiedendo di riprendersi la loro vasca e restituirmi quanto pagato, oppure sostituirmi la vasca mettendone una della della dimensione di quella che avevo prima, ho dato 15 gg per rispondermi ma a tutt'oggi non hanno risposto.”
Consulenza legale i 12/02/2020
Per dare risposta al quesito è necessario fare riferimento, innanzitutto, alle norme del codice civile che riguardano la garanzia per vizi nel contratto di compravendita.
In particolare, per l’art. 1490 del c.c., il venditore ha l’obbligo di garantire che la cosa venduta sia priva di vizi, cioè di difetti, che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
L’art. 1491 del c.c. precisa che la garanzia non è dovuta se, al momento del contratto, il compratore conosceva i vizi della cosa, o se i vizi erano facilmente riconoscibili.
Secondo l’art. 1492 del c.c., quando è operativa la garanzia per vizi il compratore può domandare, a sua scelta, la risoluzione del contratto oppure la riduzione del prezzo, nonché il risarcimento del danno, previsto dall’art. 1494 del c.c.
Nel nostro caso, stando a quanto viene riferito, la vasca acquistata presenterebbe una serie di difetti (solo alcuni dei quali sono stati specificati), che sarebbero stati prontamente segnalati al venditore, senza tuttavia riuscire a risolvere il problema.
Ora, il codice civile prevede una serie di regole perché l’acquirente di un bene possa far valere i suoi diritti in caso di vizi.
In primo luogo, è necessario “denunciare” i difetti al venditore.
La denunzia dei vizi è un atto che non richiede forme particolari, anche se sarebbe preferibile farla in forma scritta in modo da avere una prova da utilizzare in un eventuale giudizio.
Inoltre la denunzia può anche essere generica, cioè non deve per forza essere analitica e specifica (si veda Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 25027/2015).
Tuttavia, la denuncia deve essere effettuata entro un termine ben preciso, che è di otto giorni dalla scoperta (salvo il diverso termine eventualmente stabilito dalle parti o dalla legge).
Si tratta di un termine perentorio, nel senso che il suo mancato rispetto fa perdere al compratore il diritto alla garanzia.
Ai sensi dell’art. 1495 del c.c., però, la denunzia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l'esistenza del vizio o l'ha occultato.
Secondo la Corte di Cassazione, anche il riconoscimento dei difetti fatto dal venditore non richiede né un'assunzione di responsabilità né forme particolari, ma deve essere comunque univoco (cioè non interpretabile in maniera diversa), convincente e deve provenire dal venditore (non da un terzo): così Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 8420/2016.
Vi è, però, un ulteriore termine da rispettare: infatti l’art. 1495 c.c. stabilisce che, in ogni caso, l’azione per far valere la garanzia per vizi si prescrive in un anno dalla consegna (nel quesito non è stato specificato in quale data sia avvenuta).
Da ultimo - ma non in ordine di importanza - occorre segnalare che nel nostro caso siamo di fronte ad un contratto negoziato al di fuori del locali commerciali, secondo la definizione contenuta nell'art. 45 del Codice del Consumo, per il quale la legge (art. 49 dello stesso codice del consumo) prevede che il venditore debba fornire, prima della conclusione del contratto, una serie di informazioni, le quali inoltre devono essere “leggibili e presentate in un linguaggio semplice e comprensibile” (art. 50 del Codice del Consumo).
Il consiglio, vista la complessità della vicenda e l’atteggiamento poco collaborativo del venditore, è di rivolgersi immediatamente ad un legale, al fine di verificare se vi siano i presupposti di legge per far valere la garanzia per vizi ed intraprendere eventuali azioni contro il venditore.

Paolo T. chiede
giovedì 08/08/2019 - Veneto
“Il 17/07/2018 ho venduto un immobile. Immobile rivenduto dall'acquirente il 20/2/2019.
Con pec del 22/7/2019 il legale del nuovo acquirente ha inviato direttamente al legale del mio acquirente denuncia di
vizi occulti scoperti dopo l'acquisto,nel corso di lavori di ristrutturazione, peraltro già in parte sistemati a sue spese.
Il legale del mio acquirente,sottolineando che lo stesso ignorava al 20/2/2019 tali vizi, mi ha inviato raccomandata
di denuncia di tali vizi: il testo reca la data del 31/07/2019, pervenuta il 5/08/219, quindi dopo 9 giorni dalla
conoscenza del vizi : dal 22/7 al 31/7.
Il mio acquirente dice che si opporrà e chiederà la prova dei vizi, peraltro già sistemati.
A questo punto vale la data del 22/7/2019 o quella di eventuale prova successiva,di difficile verifica essendo i vizi
già sistemati ?”
Consulenza legale i 30/08/2019
La soluzione al presente quesito va ricercata nei principi giurisprudenziali formatisi in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta.
La giurisprudenza in materia, infatti, ha più volte precisato che il termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta del vizio occulto, di cui all'art. 1495 del c.c., decorre dal momento in cui il compratore ne ha acquisito certezza obiettiva e completa. Pertanto, ove la scoperta del vizio avvenga gradatamente ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sulla consapevolezza della sua entità, occorre far riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta (così ad es. Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 11046/2016).
Nel caso in esame, in particolare, occorre stabilire da quando decorra il termine per la denuncia da parte del primo acquirente e secondo venditore del bene, al fine di far valere la responsabilità per vizi nei confronti del proprio dante causa.
Ora, sempre la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che, nel contratto di compravendita, l'onere di denunzia dei vizi della cosa venduta previsto dall'art. 1495 del c.c. implica, a carico del compratore, un onere di verifica del bene. Tale onere presuppone però, a sua volta, che egli sia nella concreta possibilità di compiere siffatta verifica.
Ne consegue che, quando il bene oggetto del contratto sia stato consegnato ad un terzo, il termine per la tempestiva denuncia decorre dal momento in cui il compratore, tramite la contestazione da parte del terzo, sia messo in condizione di conoscere l'esistenza dei vizi (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 4018/2011).
Dunque, in applicazione dei suddetti principi, il momento cui far riferimento ai fini della decorrenza del termine decadenziale di otto giorni è quello della ricezione della contestazione da parte del terzo acquirente.

Paolo M. chiede
mercoledì 03/10/2018 - Lombardia
“Buongiorno,
sto acquistando una vespa da un privato rispondendo ad un annuncio pubblicato sul sito internet moto.it la consulenza che vi chiedo è: come posso cautelarmi nei confronti del venditore dal rischio di scoprire difetti, malfunzionamenti del mezzo dopo l'acquisto?
grazie

Consulenza legale i 10/10/2018
Occorre subito premettere che, nel caso di vendita tra privati, non trovano applicazione le garanzie previste dal Codice del Consumo (D. Lgs. n. 206/2005 e ss. mm.), che sono operanti solo nel caso di contratti conclusi tra professionista e consumatore, ma solo le norme dettate dal codice civile in materia di vizi della cosa venduta.
In particolare, ai sensi dell’art. 1490 del c.c., il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.

L’art. 1491 del c.c., inoltre, esclude l’operatività della garanzia se, al momento del contratto, il compratore conosceva i vizi della cosa oppure se i vizi stessi erano facilmente riconoscibili; tuttavia, in quest’ultimo caso, la garanzia torna ad applicarsi se il venditore ha dichiarato che la cosa era esente da vizi.

Quanto agli effetti della garanzia, l’art. 1492 del c.c. stabilisce che il compratore può domandare, a sua scelta, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.

In caso di risoluzione del contratto il venditore è tenuto a restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita; da parte sua, il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi (art. 1493 del c.c.).
Ai sensi dell’art. 1494 del c.c., sia che il compratore scelga la risoluzione del contratto, sia che opti per la riduzione del prezzo, il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa; inoltre il venditore deve risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa.
In caso di scoperta di vizi, il compratore ha l’onere di “denunciarli”, cioè di comunicarne l’esistenza al venditore. La denuncia non richiede forme particolari e può essere fatta anche telefonicamente. Tuttavia è consigliabile farla per iscritto, possibilmente con lo strumento che consente la massima certezza anche in ordine alla ricezione della stessa da parte del venditore, ovvero raccomandata A.R. o PEC, per meglio tutelarsi e poter dimostrare di avere tempestivamente provveduto alla denuncia.
Va aggiunto, infatti, che la denuncia deve essere effettuata entro termini ben precisi, che sono peraltro piuttosto ristretti: l’art. 1495 del c.c. prevede un doppio termine, di decadenza e di prescrizione.

Il termine di decadenza è di soli otto giorni, a meno che le parti o la legge abbiano stabilito un termine più ampio, e decorre dalla scoperta del vizio, cioè - come ha precisato più volte la giurisprudenza - dal momento in cui il compratore abbia acquisito certezza obiettiva e completa, per i vizi occulti; invece, per i vizi cosiddetti “apparenti”, cioè quelli visibili o comunque conoscibili dal compratore usando l’ordinaria diligenza, il termine per la denuncia decorre dalla consegna del bene.

Tuttavia, l’onere del compratore di denunciare (cioè portare a conoscenza del venditore) i vizi nel breve termine di decadenza previsto dalla legge viene meno se il venditore ha riconosciuto l'esistenza del vizio o, viceversa, se l'ha occultato.
In proposito va precisato che l'occultamento dei vizi, per assumere rilevanza, deve consistere non nel semplice silenzio serbato dal venditore in merito ai difetti della cosa, ma in una particolare attività illecita, funzionale, con adeguati accorgimenti, a nascondere il vizio della cosa: in questi termini, tra le altre, Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 5251/2004 (si trattava della vendita di un’imbarcazione usata).
Che sia o meno applicabile il termine di decadenza di otto giorni, l'azione per far valere la garanzia si prescrive, in ogni caso, nel termine di un anno dalla consegna; tuttavia il compratore che sia citato in giudizio per il pagamento del prezzo può sempre far valere la garanzia, purché il vizio della cosa sia stato denunziato entro otto giorni dalla scoperta e prima del decorso dell'anno dalla consegna.

Un consiglio molto pratico è quello di far visionare previamente il mezzo a un meccanico di fiducia (meglio di tutto un autorizzato Piaggio). Soprattutto i veicoli storici, infatti, possono riservare spiacevoli sorprese sia a livello di meccanica che di carrozzeria (fondi marci, telaio storto a seguito di sinistro, etc.). Ci sono meccanici che eseguono check up di questo tipo per 50 euro (che sono una cifra tutto sommato modesta paragonata alle migliaia di euro che si possono spendere per una Vespa in supposte buone condizioni). Una volta effettuato il controllo si potrà darne conto nell'atto di vendita (si suggerisce di redigere un breve scritto e di firmalo entrambi; sempre meglio un contratto di vendita scritto che verbale). In questo modo anche il venditore si sentirà più sicuro, e non solo l'acquirente.

Mario S. chiede
venerdì 08/01/2016 - Lombardia
“Chiedo la possibilità di ottenere ulteriori indicazioni di sentenze relative alla individuazione della persona che può compiere la denuncia dei difetti della cosa venduta o realizzata in appalto, in conformità alle sentenza Corte Cassazione 30.10.1998 n. 10854 e 08.09.2000 n. 11854.”
Consulenza legale i 14/01/2016
Con la sentenza 10854/1998 la Corte di cassazione ha espresso il seguente principio in tema di denuncia dei vizi nella vendita: "La denunzia dei vizi o della mancanza di qualità della cosa venduta deve essere effettuata dal compratore (art. 1495 cod. civ.), o da un suo rappresentante; in questo secondo caso il rappresentante deve manifestare tale sua qualità al venditore, e il compratore deve provare di avergli conferito il relativo incarico (vedi sentenza 29 ottobre 1983 n. 6445 di questa Corte)."

La sentenza citata indica essa stessa un precedente. Inoltre, è possibile richiamare Cass. 5142/2003 secondo cui è "pacifico che, in tema di garanzia per vizi della cosa venduta, la denunzia dei vizi della stessa da parte del compratore (o di un suo rappresentante), ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1495 c.c., può essere fatta, in difetto di una espressa previsione di forma, con qualunque mezzo (e, quindi, anche con una telefonata) che in concreto si riveli idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati". Tale principio è stato poi ribadito da Cass. 20257/2005 (che richiama anche Cass. 10854/1998) nonché dalla pronuncia degli Ermellini 29263/2011.

Quanto alla pronuncia 11854/2000, la Suprema Corte ha statuito in tema di appalto che "mentre l'accertamento dei vizi da parte del direttore dei lavori nominato dal committente fa decorrere il termine per la denunzia, la contestazione operata dallo stesso direttore dei lavori all'appaltatore non costituisce valida denunzia ai fini della norma in esame, in quanto detto tecnico svolge funzioni di controllo per conto del committente ma" (a differenza di quanto deduceva il ricorrente nel caso deciso) "non ne ha la rappresentanza e non può, pertanto, effettuare in suo nome e per suo conto manifestazioni di volontà giuridicamente rilevanti".

La pronuncia, quindi, riconosce la legittimazione del committente ed al contempo esclude espressamente dal novero dei legittimati il direttore dei lavori, e ciò conformemente alla funzione (non di rappresentanza del committente bensì) di controllo svolta da quest'ultimo (come si deduce anche da Cass. 11359/2000).

In relazione a tale specifico profilo non si rinvengono, tra le sentenze note in materia, altre pronunce conformi. Vi sono peraltro molte pronunce che, in generale ed in linea con la formulazione della norma, indicano il committente quale legittimato alla denuncia (tra le altre Cass. 3040/2009, che mette a confronto l'azione ex art. 1667 ed ex art. 1669 c.c.; Cass. 28417/2005 in merito al rapporto tra art. 1668 ed art. 1667 c.c.).

A. M. chiede
martedì 01/10/2024
“Premetto che In data 13/06/2008 mia nonna R.L. acquistò dal costruttore nel Comune di Milano la porzione di un sottotetto, allo stato grezzo, in un edificio di 2 piani +. Piano sottotetto costituito da circa 25 appartamenti.
In tutti gli atti di vendita stipulati dall’impresa costruttrice risulta specificato il diritto dei proprietari di porzioni del sottotetto a trasformare i medesimi in mansarde abitabili senza richiedere consenso agli altri condomini salvo richiedere le autorizzazioni comunali prescritte dalla vigente normativa edilizia e farsi carico delle relative spese. (Vedi allegato contenente la dicitura riportata in tutti gli atti di vendita effettuati dal costruttore)
Nell’assemblea condominiale dell’11/03/2013, mia nonna unitamente ad altri proprietari dei sottotetti comunico ai convenuti la decisione di dare corso ai lavori per la trasformazione del sottotetto in mansarda abitabile. (Allegato stralcio dell’assemblea condominiale dell’11/03/2013)
in data 21/06/2013 mia nonna presentò allo Sportello Unico per l’edilizia del Comune di Milano apposita D.I.A. (Dichiarazione di Inizio Attività) per recuperare il sottotetto e trasformarlo in Mansarda abitabile.
In data 11/11/2014 a completamento dei lavori presentò al Comune di Milano la dichiarazione di fine lavori.
In data 26/04/2015, mia nonna è deceduta e la proprietà della mansarda è passata allo scrivente per disposizione testamentaria.
In data 24/05/2016 ho venduto la proprietà della mansarda ad una terza persona.
Non facendo più parte del condominio sono venuto indirettamente a conoscenza che l’acquirente e attuale proprietario della mansarda, nel corso di varie assemblee condominiali ha più volte lamentato infiltrazioni d’acqua provenienti dalla copertura dell’edificio e gli amministratori protempore hanno eseguito diversi interventi parziali che purtroppo non si sono dimostrati risolutivi del problema.
Nel corso dell’ultima assemblea condominiale (30/09/2024) si è discusso sull’opportunità di eseguire un intervento radicale sulla porzione di tetto soprastante la mansarda venduta dallo scrivente all’attuale proprietario. I condomini, in considerazione del costo particolarmente elevato, hanno fatto notare che tale spesa non è di competenza del condominio ma del condomino proprietario della mansarda in quanto la parziale modifica della copertura è stata eseguita direttamente dal proprietario protempore dell’unità immobiliare. (La mia nonna)
Conseguentemente alla decisione assembleare il proprietario della mansarda mi ha fatto pervenire una lettera raccomandata contenente l’invito a farmi carico della spesa per la riparazione del tetto.
Tanto premesso, anche in considerazione degli anni trascorsi dalla vendita e del fatto che finora l’attuale proprietario della mansarda aveva mai avanzato direttamente nei miei confronti formale denuncia dei vizi riscontrati nell’immobile, chiedo di conoscere quale possa essere la mia responsabilità e in che misura posso essere chiamato a farmi carico della spesa per la riparazione della copertura.
Cordiali saluti

Consulenza legale i 07/10/2024
A parere di chi scrive le richieste di controparte appaiono piuttosto pretestuose. L’ art. 1490 del c.c. prevede che il venditore sia tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Tale azione è tuttavia soggetta a termini decadenziali piuttosto stringenti: il successivo art. 1495 del c.c. prevede un termine di prescrizione di un anno dalla consegna del bene, anche nel caso in cui l’acquirente riscontrasse sul bene vizi occultati dal venditore.

Per quanto ci è dato capire nel caso specifico il termine annuale di prescrizione è abbondantemente decorso ed in ogni caso i vizi riscontrati non possono considerarsi occulti. In questo senso è molto interessante una recente pronuncia della Corte di cassazione: "In caso di vendita di un immobile di risalente costruzione, la cui datazione non sia stata celata dalla parte alienante, i difetti materiali conseguenti allo stato di vetustà non integrano un vizio occulto, essendo facilmente individuabili con l'ordinaria diligenza, anche quando siano relativi a parti strutturali dell'edificio immediatamente non percepibili con il senso della vista, quali, per esempio, il tetto, i solai o le fondamenta." (Cass.Civ.Sez. 2 - , Ordinanza n. 13425 del 15/05/2024, Rv. 671132 - 01).

Posto che l’immobile in cui è ricompresa l’unità immobiliare venduta ha già una certa datazione e sicuramente tale circostanza è emersa in sede di rogito, troviamo piuttosto difficile che controparte, se mai lo farà, possa difendersi sostenendo la non conoscenza del vizio e delle infiltrazioni, fermo restando che rimarrebbe comunque per loro il problema del decorso del termine prescrizionale.

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