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Articolo 131 bis Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/10/2024]

Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

Dispositivo dell'art. 131 bis Codice Penale

Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

L'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

L'offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede:

  1. 1) per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive;
  2. 2) per i delitti previsti dagli articoli 336, 337 e 341 bis, quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni, nonché per il delitto previsto dall'articolo 343;
  3. 3) per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis, 391 bis, 423, 423 bis, 558 bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583, secondo comma, 583 bis, 593 ter, 600 bis, 600 ter, primo comma, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies, 609 undecies, 612 bis, 612 ter, 613 bis, 628, terzo comma, 629, 644, 648 bis, 648 ter;
  4. 4) per i delitti, consumati o tentati, previsti dall'articolo 19, quinto comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194, dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo, e dagli articoli 184 e 185 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58(1).
  5. 4-bis) per i delitti previsti dalla sezione II del capo III del titolo III della legge 22 aprile 1941 n. 633, salvo che per i delitti di cui all'articolo 171 della medesima legge(3).

Il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69.

La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante(2).

Note

(1) Il D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia") ha disposto la modifica dell'art. 131-bis, commi 1 e 2 e l'introduzione di un comma dopo il secondo all'art. 131-bis.
(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 25 giugno - 21 luglio 2020, n. 156, ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 131-bis del codice penale, inserito dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, recante «Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67», nella parte in cui non consente l'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva".
(3) Il n. 4-bis è stato aggiunto dall'art. 3, comma 2 della L. 14 luglio 2023, n. 93.

Ratio Legis

La ratio della norma è da rinvenirsi nel rispetto del principio di offensività, sussidiarietà e proporzionalità, risultando al contempo uno strumento di deflazione dei carichi giudiziari.

Spiegazione dell'art. 131 bis Codice Penale

L'istituto in questione è stato introdotto dal D. Lgs. n. 28/2015.

Esso è chiaramente preordinato ad escludere la punibilità del colpevole per fatti che, sebbene astrattamente costituiscano reato, risultano espressione di un grado di offensività particolarmente tenue.

I motivi che hanno indotto il legislatore a configura l'esclusione della punibilità vanno rinvenuti nel principio di offensività, sussidiarietà e proporzionalità risultando al contempo uno strumento di deflazione dei carichi giudiziari.

La ratio di cui sopra si rinviene altresì in altre disposizioni, come ad esempio il perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto di cui all'art. 169, l'esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto nei procedimenti innanzi al Giudice di Pace (art. 34 D.Lgs. N274/2000) o la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto nel processo penale minorile.

Va precisato che la norma in questione prevede comunque un accertamento in merito alla commissione del fatto e all'elemento soggettivo, dato che possono comunque prodursi effetti sfavorevoli nonostante l'esclusione della punibilità.

Infatti, il collegato art. 651 bis dispone che: “la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per la particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale”, agevolando il soddisfacimento delle pretese risarcitorie della persona offesa.

Tuttavia, se la particolare tenuità del fatto viene dichiarata prima del dibattimento non vi sarà ovviamente alcun accertamento definitivo, motivo per il quale la persona offesa o il danneggiato dovranno agire in un separato giudizio civile.

Dall'analisi dell'istituto si evince che la non punibilità per particolare tenuità del fatto presuppone comunque la commissione di un reato pur sempre offensivo, ancorché in misura particolarmente tenue, cosicché è stata definita come una causa di non punibilità in senso stretto, legata cioè a valutazioni di opportunità, senza escludere l'offensività del fatto.

///SPIEGAZIONE ESTESA

La causa di non punibilità prevista dalla norma in esame si fonda sulla irrilevanza del fatto a causa della sua “particolare tenuità”.

Il concetto di irrilevanza, tuttavia, va tenuto ben distinto da quello di inoffensività.
Il fatto inoffensivo, infatti, è un fatto penalmente atipico, poiché non lede alcun bene giuridico tutelato dall’ordinamento.
Viceversa, il fatto penalmente irrilevante per la sua particolare tenuità è sì un fatto offensivo (antigiuridico e colpevole), ma, nonostante questo, lede in maniera particolarmente lieve il bene giuridico tutelato ed è per questo ricompreso nell’ambito di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis.
Sulla base di valutazioni di ordine politico-criminale, fondate sui criteri di proporzionalità, di economia processuale e di deflazione del contenzioso, un fatto, pur tipico, viene ritenuto non suscettibile di pena, vista come extrema ratio del sistema, sempre finalizzata alla rieducazione del reo, in virtù dell’art. 27 Cost..
I due criteri sui quali il giudice si deve basare per decidere in merito alla concessione, o meno, della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis sono:
  • la particolare tenuità dell’offesa;
  • la non abitualità del comportamento.

Come accennato, la particolare tenuità dell’offesa riguarda un fatto che è comunque tipico ma che, per le “modalità della condotta” e per “l’esiguità del danno o del pericolo”, risulta concretamente inoffensivo.
Entrambi questi elementi devono essere considerati sulla base dei criteri di cui all’art. 133 primo comma c.p., con considerazioni legate quindi non solo all’aspetto soggettivo - psicologico del reo, ma anche alla natura, specie, mezzi, oggetto, e ogni altra modalità dell’azione. Importanza fondamentale avrà poi l’analisi compiuta in merito all'intensità del dolo e alla gravità della colpa.
Dalla lettura della norma si ricava che, in ogni caso, “L'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L'offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341 bis, quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni”.
Questo significa che la causa di non punibilità riveste carattere eminentemente soggettivo, essendo legata al comportamento tenuto dal reo complessivamente valutato. Questo ha delle ricadute nell’ambito del concorso di persone poiché, ai sensi dell’art. 119 del c.p., si ritiene che la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis non possa essere estesa ai compartecipi nel reato.
Per quanto attiene, poi, alla esiguità del danno o del pericolo, il giudizio da compiersi da parte del giudice si fonda prevalentemente su dati di carattere obiettivo, senza escludere tuttavia la necessità che la valutazione della particolare tenuità del fatto sia espressione di una complessiva indagine sulla personalità del colpevole.
Per quanto riguarda poi l’altro presupposto fondamentale per l’applicazione dell’istituto in commento, ovvero la non abitualità del comportamento, si può osservare che la commissione di almeno altri due illeciti ulteriori rispetto a quello per cui si procede, può inibire la concessione della causa di non punibilità. Questo è quanto ha dichiarato la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 13681 del 6 aprile del 2016.
Si è altresì chiarito che la non abitualità non corrisponde al concetto di "occasionalità", non ostando alla concessione della causa di non punibilità l’esistenza di un altro precedente giudiziario, da solo considerato; lo stesso dicasi per l’esistenza a carico dell’imputato di una precedente sentenza di patteggiamento, se sia successivamente intervenuta la riabilitazione.
Il terzo comma dell’art. 131 bis serve a chiarire cosa si intenda per comportamento sicuramente “abituale”, che si configura “nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”.
Tuttavia, nonostante il tentativo del legislatore di fornire una lettura esemplificativa della nozione di “abitualità”, diversi dubbi in dottrina e in giurisprudenza ha creato la locuzione “reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”.
Il problema si è posto in particolare con riferimento ai reati permanenti e al reato continuato.
Per quanto attiene ai primi, caratterizzati dalla protrazione della condotta per un certo periodo di tempo, la soluzione dipende dalla qualificazione che venga attribuita al reato permanente.
Per coloro che ne sostengono la struttura "bifasica", composta da una condotta attiva iniziale e da una susseguente condotta omissiva, il reato permanente rientrerebbe nella categoria dei reati abituali, con conseguente inapplicabilità dell’art. 131 bis.
Per coloro che, viceversa, sostengono che nel reato permanente non si scomponga la condotta, che rimane unica, sarà possibile applicare l’art. 131 bis.
Per quanto riguarda il reato continuato, si è aperto un contrasto in Cassazione in merito alla possibile compatibilità tra tale istituto e la causa di non punibilità in commento.
Il nodo della questione attiene alla riconducibilità al reato continuato della nozione di “condotte plurime, reiterate e abituali”.
Ebbene, una certa parte della giurisprudenza ha sostenuto che al reato continuato sia coessenziale la realizzazione di più violazioni, connotandosi quindi la condotta come plurima. A sostegno di tale tesi, si osserva che la formula di chiusura ampia: “condotte plurime, abituali e reiterate”, persegue la finalità di escludere dal beneficio della causa di non punibilità qualunque ipotesi di violazione della legge penale non strettamente riconducibile alla causa di non punibilità così come tassativamente descritta dall’art. 131 bis.
Altra parte della giurisprudenza, viceversa, ritiene che il reato continuato vada tenuto ben distinto dalle condotte “plurime, reiterate e abituali”.
Nel caso di reato continuato, infatti, sussiste il medesimo disegno criminoso, che ricollega tra di loro le più violazioni poste in essere dal reo.
Da ciò consegue per il colpevole un trattamento sanzionatorio di favore, proprio perché l’autore del fatto si pone solo una volta in contrasto con l’ordinamento penale. Escludere l’applicazione della causa di non punibilità proprio con riferimento al reato continuato andrebbe a contrastare con la ratio legis dell’art. 131 bis, pregiudicando anche l’obiettivo deflattivo.
Viceversa, le “condotte plurime, reiterate e abituali” sono integrate da quelle fattispecie di reato che per la loro realizzazione richiedono più condotte, ma in assenza di un vincolo unitario che possa giustificare il minor disvalore del fatto.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Premessa


Si interviene sul primo e sul secondo comma dell’art. 131 bis c.p. in una triplice direzione:
1) generale estensione dell’ambito di applicabilità dell’istituto ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni (primo comma);
2) attribuzione di rilievo alla condotta susseguente al reato ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa (primo comma);
3) esclusione del carattere di particolare tenuità dell’offesa – e, pertanto, dell’applicazione dell’istituto – in relazione ai reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, e ad ulteriori reati di particolare gravità (secondo comma).


1. Estensione generale dell’ambito di applicabilità dell’istituto


Il primo intervento è realizzato sostituendo nel primo comma dell’art. 131 bis c.p. le parole “pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni” con le parole “pena detentiva non superiore nel minimo a due anni”.
Per effetto dell’intervento di riforma, la causa di non punibilità vedrà esteso il proprio ambito di applicazione, con positivi effetti deflativi sul sistema processuale e sulla sua complessiva efficienza, in linea con gli obiettivi del P.N.R.R. e con l’attesa riduzione dei tempi medi del processo penale (del 25% in ciascuno dei tre gradi di giudizio, entro il 2026).


Oggi la causa di non punibilità riguarda i reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, nonché, per effetto di una recente sentenza della Corte costituzionale (n. 156/2020), i reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva, anche quando il massimo edittale di quella pena è superiore a cinque anni (è ad esempio il caso della ricettazione di particolare tenuità, ex art. 648, co. 2 c.p., oggetto del giudizio di legittimità costituzionale che ha dato luogo alla citata sentenza, in un caso relativo alla ricettazione di alcune confezioni di rasoi e lamette da barba).


Con la modifica normativa, la causa di non punibilità potrà applicarsi in relazione ai reati puniti con pena detentiva edittale determinata nel minimo in misura non superiore a due anni, indipendentemente dall’entità del massimo edittale della stessa pena detentiva.
L’ampliamento riguarda cioè reati puniti con pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni e non superiore, nel minimo, a due anni, oggi esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 131 bis c.p.: è ad esempio il caso del furto aggravato ex art. 625 c.p., co. 1 c.p., punito con la reclusione da due a sei anni, della ricettazione ex art. 648, co. 1 c.p., punita con la reclusione da due a otto anni, o della falsità materiale del pubblico ufficiale in atti pubblici, ex art. 476 c.p., punita con la reclusione da uno a sei anni.


Si tratta, in questi e in altri casi, di reati oggetto di procedimenti penali con elevata incidenza statistica nei ruoli d’udienza, che non di rado hanno ad oggetto fatti di particolare tenuità e per i quali – non essendo possibile disporre nel corso delle indagini l’archiviazione per particolare tenuità del fatto, ovvero il proscioglimento in primo grado, possono addirittura essere celebrati tre gradi di giudizio, impegnando complessivamente nove giudici (uno in primo grado, tre in appello e cinque in cassazione). Basti pensare ad esempio, nella vasta casistica giurisprudenziale in tema di delitti contro il patrimonio, a casi emblematici nei quali – all’esito del giudizio – è oggi applicabile l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.), ma, per il limite edittale di pena, non la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis c.p.
È, ad esempio, il caso del furto in supermercato (spesso commesso per bisogno) di generi alimentari del valore di pochi euro, aggravato per essere commesso su cose esposte alla pubblica fede, o con destrezza o con mezzo fraudolento; del furto (aggravato per l’esposizione alla pubblica fede) di un cartello stradale arrugginito e in disuso (Cass. Sez. IV, 2 febbraio 2017, n. 23093, rv. 269998); del furto (aggravato per le stesse ragioni) di una melanzana prelevata da un campo (Cass. Sez. V, 2 novembre 2017, n. 12823).


Le potenzialità dell’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto, introdotto nel 2015 in un sistema caratterizzato dal principio di obbligatorietà dell’azione penale e, pertanto, particolarmente bisognoso di temperamenti, anche e proprio per ragioni di efficienza del sistema processuale, sono testimoniate dai dati statistici forniti dal Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, attraverso il Casellario giudiziale. Dal 2015 l’istituto è stato applicato in oltre 150.000 procedimenti penali, con una media di oltre 25.000 applicazioni per anno, tra il 2019 e il 2021. Nel 55% dei casi, tra il 2015 e il 2022, la causa di non punibilità è stata applicata dal giudice per le indagini preliminari e ha portato a oltre 84.000 provvedimenti di archiviazione per particolare tenuità del fatto (16.885 nel 2021), evitando la celebrazione di altrettanti processi penali, magari fino al terzo grado di giudizio. Nel 38% dei casi l’applicazione è avvenuta invece da parte del tribunale (oltre 50.000 provvedimenti di proscioglimento per assoluzione e 9.000 per non doversi procedere); nel 5% dei casi da parte della corte d’appello (oltre 6.000 sentenze di proscioglimento per assoluzione e oltre 1.000 sentenze di proscioglimento per non doversi procedere). Questi dati promettono di crescere sensibilmente, per effetto della riforma, in conseguenza dell’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto e, in particolare, della possibilità di escludere la punibilità di furti aggravati ai sensi dell’art. 625, co. 1 c.p.


Basti infatti considerare come il furto semplice (art. 624 c.p.) rappresenti oggi di gran lunga il primo reato tra quelli per i quali, secondo i dati del Casellario giudiziale, trova applicazione l’art. 131 bis c.p.: oltre 31.000 provvedimenti dal 2015 ad oggi (pari al 17% delle applicazioni complessive dell’istituto, dalla sua introduzione).
Oltre a quelli processuali, non trascurabili sono d’altra parte gli effetti di deflazione sul sistema dell’esecuzione penale, conseguenti alla riforma dell’art. 131 bis c.p. Il maggior numero di procedimenti definiti con l’applicazione della causa di esclusione della punibilità contribuirà alla riduzione del numero delle condanne a pena detentiva di breve durata (tale è, in un significativo numero di casi, la pena irrogata in presenza di fatti di particolare tenuità, ai quali l’art. 131 bis c.p. non è oggi applicabile in ragione dei limiti edittali di pena prevista per il reato per cui si procede).
Ciò promette anche un positivo impatto sulle riformate pene sostitutive delle pene detentive brevi e sull’attività di giudici e magistrati di sorveglianza in sede di esecuzione, nonché dell’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna.


2. Il rilievo della condotta “susseguente al reato”


Il secondo intervento è realizzato inserendo la “condotta susseguente al reato” tra i criteri di valutazione della particolare tenuità dell’offesa.
Anche tale modifica normativa consente di ulteriormente ampliare l’ambito di applicazione della causa di non punibilità, superando in particolare l’orientamento della giurisprudenza che, sulla base del diritto vigente, ha dovuto necessariamente affermare che “ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, non rileva il comportamento tenuto dall'agente “post delictum”, atteso che la norma di cui all'art. 131-bis c.p. correla l’esiguità del disvalore ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile, dell’entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai soli profili di cui all’art. 133, co. 1 c.p., e non invece con riguardo a quelli, indicativi di capacità a delinquere, di cui al secondo comma, includenti la condotta susseguente al reato” (Cass. Sez. V, 2 dicembre 2019, n. 660, rv. 278555-01).


In piena adesione alla legge delega, si è dato rilievo, con formula generale, alla “condotta susseguente al reato”, senza specificare tipologie di condotte riconducibili a quella formula (es., restituzioni, risarcimento del danno, condotte riparatorie, accesso a programmi di giustizia riparativa, ecc.).
Si è così inteso non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potrà d’altra parte fare affidamento su una locuzione elastica – “condotta susseguente al reato” – ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133, co. 2, n. 3 c.p.
Si è peraltro intenzionalmente omesso di operare un rinvio a tale disposizione codicistica perché nel contesto della disciplina sulla commisurazione della pena la condotta susseguente al reato – come ha sottolineato la Corte di cassazione nella citata sentenza – è uno degli indici da cui desumere la capacità a delinquere del colpevole.


Nel diverso contesto della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., la condotta susseguente al reato non viene in considerazione come indice della capacità a delinquere dell’agente, bensì, secondo l’intenzione della legge delega, quale criterio che, nell’ambito di una valutazione complessiva, può incidere sulla valutazione del grado dell’offesa al bene giuridico tutelato, concorrendo a delineare un’offesa di particolare tenuità.
Ciò comporta, tra l’altro, che la condotta susseguente al reato è apprezzabile, rispetto all’art. 131 bis c.p., solo quando concorre alla tenuità dell’offesa e non anche quando, al contrario, aggrava l’offesa stessa. Anche per questa ragione è apparso opportuno evitare un espresso richiamo all’art. 133, co. 2, n. 3 c.p.


Va poi precisato che la condotta susseguente al reato acquista rilievo, nella disciplina dell’art. 131 bis c.p., non come autonomo (autosufficiente) indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a quelli di cui all’art. 133, co. 1 c.p. (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione; gravità del danno o del pericolo; intensità del dolo o della colpa), da impiegare, nell’ambito di un complessivo giudizio, per valutare le modalità della condotta (contemporanea al reato) e l’esiguità del danno o del pericolo. In altri termini, la congiunzione “anche”, che apre l’inciso immediatamente successivo al rinvio all’art. 133, co. 1 c.p., sottolinea come la condotta susseguente al reato rilevi, al pari e in aggiunta ai criteri di cui alla citata disposizione codicistica, come criterio di valutazione dell’esiguità del danno o del pericolo e delle modalità della condotta, cioè degli indici o requisiti dai quali, congiuntamente, continua a dipendere la tenuità dell’offesa.


Ciò significa che condotte post delictum, come quelle riparatorie o ripristinatorie, non potranno di per sé sole rendere l’offesa di particolare tenuità – dando luogo a una esiguità sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue – ma potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio di tenuità dell’offesa, che, dovendo tener conto delle modalità della condotta (contemporanea al reato), ha come necessario e fondamentale termine di relazione il momento della commissione del fatto: la condotta contemporanea al reato e il danno o il pericolo con essa posto in essere.
Potrà ad esempio essere senz’altro valorizzata una condotta riparatoria realizzata nell’immediatezza o comunque in prossimità del fatto, come nel caso – tratto dalla citata sentenza della Corte di cassazione – di chi, dopo aver cagionato delle lesioni personali dolose, si preoccupi di accompagnare la persona offesa al pronto soccorso.
Una simile condotta post delittuosa non potrà di per sé rendere tenue un’offesa che tale non è – in ragione della gravità delle lesioni (ad es. la frattura dello zigomo e della mascella, come nel caso tratto dalla citata sentenza) – ma potrà essere valorizzata per valutare/confermare la tenuità di un’offesa che già appare tale – ad es., in ragione del carattere lieve o lievissimo delle lesioni.


3. Ampliamento del catalogo dei reati per i quali non è applicabile la causa di non punibilità


Il terzo intervento di riforma limita l’ampliamento generale dell’ambito di applicazione della causa di esclusione della punibilità, conseguente alla modifica del limite edittale di pena detentiva di cui al primo comma dell’art. 131 bis c.p.
La citata disposizione della legge delega contempla due diverse direttive. Una prima direttiva, specifica, mira a evitare che l’ampliamento dell’ambito di applicazione della causa di non punibilità interessi i reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77.
Una seconda direttiva, generica, rimette poi al legislatore delegato la valutazione circa l’opportunità di “ampliare conseguentemente, se ritenuto opportuno sulla base di evidenze empirico-criminologiche o per ragioni di coerenza sistematica, il novero delle ipotesi in cui, ai sensi del secondo comma dell'articolo 131 bis del codice penale, l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità”.


Per attuare entrambe le direttive della legge delega si è ritenuto opportuno intervenire sul secondo comma dell’art. 131 bis c.p. che, riferendosi in modo generico a determinate modalità della condotta e, in modo specifico, ad alcune figure di reato, delimita l’applicazione della causa di non punibilità elencando una serie di ipotesi in cui, nella valutazione del legislatore, “l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità”.
Si tratta, pertanto, di ampliare il novero di quelle ipotesi, secondo le indicazioni della legge delega. Lo stratificarsi di interventi normativi sul secondo comma dell’art. 131 bis c.p. rende opportuno, per maggior chiarezza, introdurre in un nuovo terzo comma una elencazione ordinata delle figure di reato escluse dall’applicazione della causa di non punibilità: quelle inserite in attuazione della legge delega e quelle già precedentemente escluse.


3.1 Inapplicabilità nei procedimenti per reati riconducibili alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica


Quanto ai reati riconducibili alla Convenzione di Istanbul, in materia di violenza contro le donne e di violenza domestica, si è ritenuto opportuno, per esigenze di rispetto dei principi di legalità e di precisione che devono informare la legislazione in materia penale (art. 25, co. 2 Cost.), non fare generico riferimento alla Convenzione, richiamata dalla legge delega – dando luogo a possibili incertezze interpretative – bensì individuare le singole figure di reato previste nell’ordinamento italiano che sono, appunto, riconducibili alla predetta convenzione internazionale.
Tale soluzione, oltre che più aderente alla legge delega e ai principi del sistema, è parsa preferibile anche rispetto alla generica indicazione di modalità della condotta di violenza contro le donne, o domestica, che avrebbe potuto comportare irragionevoli disparità di trattamento (si pensi, ad esempio, all’esclusione dell’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. quando la vittima di una violenza sessuale è una donna e alla possibile applicazione della causa di non punibilità quando la vittima dello stesso reato è un uomo).


Va sottolineato che le figure di reato espressamente escluse, secondo l’indicazione della legge delega, sono quelle che, in assenza di un’esclusione espressa, sarebbero rientrate nell’ampliato ambito di applicazione dell’art. 131 bis c.p.
È il caso dei reati, riconducibili alla Convenzione di Istanbul, che, nella forma consumata, anche per effetto dell’applicazione di circostanze attenuanti autonome o ad effetto speciale (cfr. art. 131 bis, co. 4 c.p.), ovvero nella forma tentata (cfr. art. 56, co. 2 c.p.), sono puniti con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni.


I reati riconducibili alla Convenzione che, invece, sono puniti con pena detentiva superiore a due anni, nella forma consumata, circostanziata o tentata (come nel caso dell’omicidio doloso, di cui all’art. 575 c.p., o della deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, di cui all’art. 583 quinquies c.p., o della riduzione o mantenimento in schiavitù, di cui all’art. 600 c.p., o, ancora, della violenza sessuale di gruppo, di cui all’art. 609 octies c.p.), non sono richiamati nel terzo comma dell’art. 131 bis c.p. perché già esclusi dall’ambito di applicazione dell’istituto in ragione del limite di pena edittale.


Ciò detto, le disposizioni della Convenzione di Istanbul che vengono in rilievo, ai fini dell’individuazione delle figure di reato ad essa riconducibili, previste nell’ordinamento italiano, sono quelle di cui agli artt. 33-41, previste nel Capitolo V (“Diritto sostanziale”). Se ne ha conferma dal Baseline Evaluation Report sull’attuazione della Convenzione da parte dell’Italia, adottato nel novembre del 2019 dal GREVIO (Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence, istituito presso il Consiglio d’Europa), che riserva le considerazioni in tema di diritto penale sostanziale (Criminal law) alla parte del rapporto relativa al Capitolo V della Convenzione. Considerato poi che l’art. 41 della Convenzione dà rilievo anche alla realizzazione in forma tentata dei reati di cui si tratta, nell’individuazione dei medesimi, ai fini dell’attuazione del criterio di delega, occorre tenere presente il limite di pena detentiva minima per le forme consumate e anche tentate (cfr., in giurisprudenza, Cass. Sez V, 9.1.2019, n. 17348, rv. 276629-01: “l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, essendo prevista dall’art. 131 bis c.p. con riferimento generico ai ‘reati’, non ulteriormente qualificati, sanzionati con pena non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione, si applica anche ai delitti tentati, quando la loro autonoma cornice edittale, determinata alla stregua del massimo previsto per il reato consumato ridotto di un terzo ai sensi dell’art. 56 c.p., risulti ricompresa entro la soglia di legge”).


Inoltre, in considerazione di quanto previsto dall’art. 131 bis, co. 4 c.p., per l’attuazione del criterio di delega occorre tenere presente altresì eventuali circostanze autonome o ad effetto speciale che possano comportare l’applicazione di una pena detentiva non superiore nel minimo a due anni.
Tanto premesso, la Convenzione di Istanbul menziona tipologie di reato o di condotte che trovano corrispondenza in fattispecie delittuose presenti nell’ordinamento italiano e che, essendo punite con pena non superiore nel minimo a due anni, nella forma consumata o tentata, in assenza di un’espressa esclusione sarebbero riconducibili alla previsione dell’art. 131 bis c.p.


Tali figure di reato, in attuazione del criterio di delega, vengono incluse nel catalogo di cui all’art. 131 bis, co. 2 c.p. e, pertanto, espressamente escluse dall’ambito di applicazione della causa di non punibilità.
Si tratta delle seguenti fattispecie.
  • “Atti persecutori (Stalking)” (art. 34 della Convenzione), ai quali è riconducibile il delitto di cui all’art. 612 bis c.p., punito con la reclusione da uno a sei anni e sei mesi.
  • “Violenza fisica” (art 35 della Convenzione), alla quale, con specifico riguardo ai fenomeni di violenza contro le donne e di violenza domestica, sono riconducibili, tra i reati puniti con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, le lesioni personali di cui all’art. 582 c.p., nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma. Si tratta, dal punto di vista sistematico, delle stesse ipotesi in cui le lesioni personali sono considerate dalla legge sul c.d. codice rosso, n. 69 del 2019 (v. ad es. l’art. 165, co. 5 c.p., modificato dalla predetta legge). Quanto ai maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), il minimo edittale della reclusione fissato in tre anni, e l’esclusione della configurabilità del tentativo, in ragione della natura abituale del delitto, secondo quanto si riconosce in giurisprudenza, non rendono necessario includere la fattispecie nell’elenco di cui al secondo comma dell’art. 131 bis c.p.
  • “Violenza sessuale, compreso lo stupro” (art. 35 della Convenzione), alla quale sono riconducibili: il delitto di cui all’art. 609 bis c.p., che è punito con pena detentiva pari nel minimo a due anni nelle ipotesi di tentativo e nelle ipotesi previste dal terzo comma (“casi di minore gravità”); il delitto di atti sessuali con minorenne, di cui all’art. 609 quater c.p., che nella forma tentata è punito con la stessa pena prevista dall’art. 609 bis c.p. Pur non trattandosi di una fattispecie riconducibile all’art. 34 della Convenzione – poiché non implica una violazione del corpo della vittima, costretta ad assistere agli atti sessuali –, né all’art. 33 della Convenzione stessa, che si riferisce a forme di violenza psicologica realizzate con la coercizione –, per ragioni di opportunità e coerenza sistematica, nonché di conformità alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali (art. 22), fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007 e ratificata ai sensi della legge 1° ottobre 2012, n. 172, si è ritenuto di includere tra i reati sessuali esclusi dalla sfera dell’art. 131 bis c.p. anche la corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.), punita con la reclusione da uno a cinque anni (e, pertanto, oggi riconducibile alla predetta sfera). Analoghe considerazioni hanno indotto a contemplare tra i reati esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 131 bis c.p. la prostituzione minorile (art. 600 bis c.p.), punita con la reclusione da due a otto anni, nella forma tentata di cui al primo comma, e con la reclusione da uno a sei anni, nella forma consumata di cui al secondo comma, e l’adescamento di minorenni (art. 609 undeciesc.p.), punito con la reclusione da uno a tre anni.
  • “Matrimonio forzato” (art. 37 della Convenzione), al quale è riconducibile il delitto di costrizione o induzione al matrimonio, di cui all’art. 558 bis c.p., punito con la reclusione da uno a cinque anni (al quale oggi è pertanto applicabile l’art. 131 bis c.p.).
  • “Mutilazioni genitali femminili” (art. 38 della Convenzione), punite nell’ordinamento italiano dall’art. 583 bis c.p. con pena detentiva inferiore nel minimo a due anni nell’ipotesi di realizzazione in forma tentata della fattispecie di cui al primo comma (punita nel minimo con la reclusione di un anno e quattro mesi) e di realizzazione nella forma consumata e attenuata della fattispecie di cui al secondo comma (punita con la reclusione pari nel minimo a un anno).
  • “Aborto forzato” (art. 39 della Convenzione), cui è riconducibile nel nostro ordinamento il delitto di interruzione della gravidanza non consensuale (art. 593 terc.p.), punito nella forma tentata con la reclusione pari nel minimo a un anno e quattro mesi. Pur in assenza di un consenso estorto – come richiede l’art. 39 della Convenzione di Istanbul – si è ritenuto inoltre opportuno, per ragioni di coerenza sistematica, escludere altresì dalla sfera di applicazione dell’art. 131 bis c.p. l’ipotesi, prevista dall’art. 19, co. 5 l. 22 maggio 1978, n. 194, di interruzione volontaria della gravidanza praticata, senza l’osservanza delle disposizioni di legge, su donna minore degli anni diciotto o interdetta (non punibile, per espressa previsione legislativa).
  • “Sterilizzazione forzata” (art. 39 della Convenzione), riconducibile nell’ordinamento italiano al delitto di lesioni personali gravissime, di cui all’art. 583, co. 2, n. 3 c.p. (perdita della capacità di procreare), che nella forma tentata è punito con la pena della reclusione pari nel minimo a due anni di reclusione (si tratta di un’ipotesi di tentativo di reato circostanziato, ammessa dalla giurisprudenza). Si ribadisce espressamente, onde evitare possibili dubbi interpretativi, l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. nei procedimenti per le lesioni personali dolose gravissime, già richiamate nel primo periodo del secondo comma della disposizione subito dopo l’inciso “conseguenze non volute”, che potrebbe far pensare a una limitazione dell’esclusione limitata ai soli fatti colposi.
  • “Molestie sessuali” (art. 40 della Convenzione), cui può essere ricondotto il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p., c.d. revenge porn), punito con la reclusione da uno a sei anni.

3.2 Inapplicabilità nei procedimenti per ulteriori reati di particolare gravità o allarme sociale


La legge delega il Governo ad ampliare il novero delle ipotesi in cui, ai sensi del secondo comma dell'articolo 131 bis del codice penale, l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità. Tale delega, per espressa previsione normativa, deve essere esercitata in conseguenza dell’ampliamento generale dell’ambito di applicabilità dell’istituto, determinata dal riferimento alla pena detentiva minima edittale del reato (due anni), in luogo di quella massima (cinque anni).
Sempre per espressa previsione normativa, l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. in rapporto a determinate figure di reato deve essere operata solo “se ritenuto opportuno sulla base di evidenze empirico-criminologiche o per ragioni di coerenza sistematica”.


La previsione della legge delega mira a bilanciare il generale ampliamento dell’ambito di applicabilità dell’istituto evitando che lo stesso attragga nella sfera della causa di non punibilità figure di reato di particolare gravità o allarme sociale, rispetto alle quali valutazioni di opportunità, ancorate a evidenze criminologiche o sistematiche, suggeriscono l’opportunità di ulteriori esclusioni in via di eccezione.


Il limite della pena detentiva, non superiore a due anni, non sempre esclude che si sia in presenza di reati di particolare gravità o allarme sociale: ad esempio, perché la legge, per alcuni reati, prevede una forbice edittale di pena molto allargata (ad es., per l’usura è prevista la reclusione da due a dieci anni), ovvero perché, in alcuni casi, la pena minima comminata per il delitto tentato – diminuita di due terzi rispetto a quella per il corrispondente delitto consumato – rientra nella nuova e più ampia sfera di applicabilità della causa di non punibilità.


Il delitto tentato integra pacificamente una autonoma figura di reato, rispetto a quello consumato, con una propria cornice di pena. E come si è affermato in giurisprudenza, a proposito della causa di non punibilità di cui all’art. 649 c.p.: “l'autonomia del delitto tentato comporta che gli effetti giuridici sfavorevoli previsti con specifico richiamo di determinate norme incriminatrici vanno riferiti alle sole ipotesi di reato consumato e ciò in quanto le norme sfavorevoli sono di stretta interpretazione e, in difetto di espressa previsione, non possono trovare applicazione anche per le corrispondenti ipotesi di delitto tentato” (Cass. Sez. II, 18.4.2019, n. 25242, rv. 275825 – 01). Per evitare tale esito, l’elencazione inserita nel comma 3 nn. 3 e 4 dell’art. 131 bis c.p. fa riferimento a delitti nella forma consumata o, appunto, tentata.


Su queste premesse, nel terzo comma, nn. 3 e 4 dell’art. 131 bis c.p. viene esteso il novero dei reati in relazione ai quali l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità. Oltre ai reati riconducibili alla Convenzione di Istanbul – e a quelli ad essi affini che sono stati sopra menzionati (prostituzione minorile, corruzione di minorenne, adescamento di minorenni, interruzione volontaria della gravidanza su donna minore o interdetta) – vengono esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 131 bis c.p. i seguenti delitti, consumati o tentati:
  • Delitti in materia di stupefacenti previsti dall’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo, che già rientrano nell’area di applicazione dell’art. 131 bis c.p. attualmente in vigore, in quanto puniti con pena massima inferiore ai cinque anni;
  • Delitti contro la pubblica amministrazione di cui agli articoli 314, primo comma, art. 317 del c.p., 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis (peculato, concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione. Si tratta degli stessi delitti contro la p.a. inseriti dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3 tra i gravi reati soggetti al regime di cui all’art. 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario (l. n. 354/1975);
  • Delitto di agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario (art. 391 bis c.p.);
  • Delitti di incendio e di incendio boschivo (artt. 423, 423 bis);
  • Delitto di pornografia minorile (art. 600 ter, co. 1 c.p.);
  • Delitto di tortura (art. 613 bisc.p.);
  • Delitto di rapina aggravata (art. 628, co. 3 c.p.). Si tratta della stessa ipotesi per la quale opera il regime di cui all’art. 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario (l. n. 354/1975);
  • Delitto di estorsione (art. 629 c.p.);
  • Delitto di usura (art. 644 c.p.);
  • Delitti di riciclaggio e reimpiego (artt. 648 bis, 648 ter c.p.);
  • Delitti finanziari di cui agli art. e 184 e 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato).

L’intervento esclude altresì l’applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p., in rapporto ad alcuni reati militari previsti dal codice penale militare di pace e da una legge speciale. Si tratta dei reati di rivolta (art. 174, co. 1 c.p.m.p.) e di peculato militare (art. 215 c.p.m.p.), nonché del reato di collusione cui all’art. 3 l. 9 dicembre 1941, n. 1383.


L’estensione dell’ambito di applicabilità dell’art. 131 bis c.p., realizzata dallo schema di decreto in attuazione della legge delega, consentirebbe di applicare l’art. 131 bis c.p. ai predetti reati: a quelli di peculato militare e di collusione, perché puniti con la pena pari nel minimo a due anni; al reato di rivolta perché, nella forma tentata (art. 46 c.p.m.p.), limitatamente alle ipotesi di cui al primo comma, è punito nel minimo con un anno di reclusione.


La causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p., come riconosce la giurisprudenza, può applicarsi anche ai reati militari (cfr. Cass. Sez. I, 5.6.2017, n. 30694, rv. 270845). L’art. 131 bis fa riferimento, infatti, ai reati per i quali è prevista la “pena detentiva” e tale è la reclusione militare comminata per i reati di cui si tratta. Si è ritenuto opportuno non intervenire sul codice penale bensì direttamente sulle disposizioni interessate. Ciò è coerente con la collocazione dell’art. 131 bis nella parte generale del codice penale ‘comune’ e con l’intervento settoriale che interessa un diverso codice.

Massime relative all'art. 131 bis Codice Penale

Cass. pen. n. 7573/2023

La causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen., come novellato dall'art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in quanto istituto di natura sostanziale, trova applicazione anche nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della modifica, relativi a reati commessi in precedenza.

Cass. pen. n. 21183/2023

In caso di concorso di persone nel reato, ai fini del riconoscimento della particolare tenuità del fatto in capo ad un singolo partecipante alla vicenda delittuosa, occorre far riferimento alla rilevanza dell'accaduto ed alla lesione del bene giuridico protetto, essendo irrilevante la circostanza che l'apporto causale all'accaduto da parte del singolo sia stato minimale.

In caso di lesione non minimale del bene-interesse tutelato dalla norma, l'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. è preclusa anche nei confronti del concorrente nel reato che, con la propria condotta, abbia recato un contributo minimo alla sua perpetrazione.

Cass. pen. n. 41106/2022

In caso di annullamento con rinvio limitato alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio, non è preclusa al giudice del rinvio, cui sia devoluta la relativa richiesta, la possibilità di dichiarare la non punibilità del fatto a norma dell'art. 131-bis cod. pen. quando l'introduzione dell'istituto sia successiva al giudizio rescindente, non essendosi sul punto formato alcun giudicato.

Cass. pen. n. 32857/2022

In tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai fini della valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale, ai sensi dell'art. 131-bis, comma terzo, cod. pen., rilevano i reati della stessa indole dichiarati prescritti nell'ambito dello stesso procedimento, posto che l'estinzione del reato per prescrizione non elide ogni effetto penale della sentenza.

Cass. pen. n. 27595/2022

In tema di "particolare tenuità del fatto", la motivazione può risultare anche implicitamente dall'argomentazione con la quale il giudice d'appello, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell'imputato, alla stregua dell'art. 133 cod. pen.

Cass. pen. n. 20941/2022

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto non si applica al reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori previsto dall'art. 570 cod. pen., essendo l'abitualità del comportamento ostativa al riconoscimento del beneficio e non rilevando la particolare tenuità di ogni singolo inadempimento.

Cass. pen. n. 18891/2022

La pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto la quale può essere riconosciuta dal giudice all'esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che - salve le condizioni ostative tassativamente previste dall'art. 131-bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell'offesa o per qualificare il comportamento come abituale - tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall'entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall'intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti.

Cass. pen. n. 46064/2021

In tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai fini della valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale, ai sensi dell'art. 131-bis, comma terzo, cod. pen. non rilevano i reati estinti per esito positivo della messa alla prova, conseguendo all'estinzione del reato anche l'elisione di ogni effetto penale della condanna.

Cass. pen. n. 43700/2021

La declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito più favorevole per l'imputato, mentre la seconda lascia inalterato l'illecito penale nella sua materialità storica e giuridica.

Cass. pen. n. 37390/2021

La configurabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere esclusa dal giudice anche nel caso in cui, in relazione ad un reato punito con pene alternative, sia stata irrogata la pena pecuniaria, in quanto la valutazione richiesta ai fini dell'art. 131-bis cod. pen. diverge da quella relativa al tipo di pena da infliggere, per i criteri applicabili, le finalità perseguite ed il momento in cui deve essere espressa.

Cass. pen. n. 38954/2019

Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. deve essere iscritto nel casellario giudiziale, ferma restando la non menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione.

Cass. pen. n. 25786/2019

In tema di procedimento dinanzi al giudice di pace, sussiste l'interesse dell'imputato a ricorrere avverso la sentenza dichiarativa dell'improcedibilità per particolare tenuità del fatto, emessa ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, al fine di ottenere la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta remissione di querela, dal momento che quest'ultima tipologia di pronuncia, comportando l'estinzione del reato e della connessa responsabilità civile, dispiega effetti più favorevoli per l'imputato. (In motivazione, la Corte ha chiarito che, invece, il proscioglimento ex art. 34 del citato decreto, avendo natura esclusivamente procedimentale, non preclude al danneggiato l'esercizio dell'azione risarcitoria e restitutoria in sede civile).

Cass. pen. n. 23174/2018

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis cod. pen., non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'art. 606, comma 3, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 19159/2018

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un'ipotesi di "comportamento abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio. (Fattispecie in tema di abuso edilizio, in cui la S.C. ha escluso l'occasionalità dell'azione illecita sulla base della continuazione diacronica tra i singoli reati, posti in essere in momenti distinti, e della pluralità delle disposizioni di legge violate).

Cass. pen. n. 15782/2018

La causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere esclusa in relazione a particolari tipologie di reato e/o alla natura degli interessi protetti che mirano a salvaguardare.(In applicazione del principio, in tema di violazione di norme antisismiche, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva escluso la ricorrenza della speciale causa di non punibilità unicamente sul presupposto della natura primaria della vita umana, interesse oggetto di tutela della norma incriminatrice).

Cass. pen. n. 10995/2018

Ritenuta la continuazione tra più reati, il giudice può riconoscere le attenuanti generiche secondo i parametri "oggettivi" o "soggettivi" previsti dall'art. 133 cod. pen., sicché se la concessione richiama elementi di fatto di natura oggettiva l'applicazione sarà riferita allo specifico fatto reato senza estensione del beneficio a tutti i reati avvinti dal vincolo della continuazione, mentre se gli elementi circostanziali siano riferibili all'imputato, sulla base di elementi di fatto di natura soggettiva, l'applicazione deve essere riferita indistintamente a tutti i reati uniti dal vincolo della continuazione.(In applicazione del principio la Corte ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche venivano riconosciute sulla base del "comportamento processuale tenuto dagli imputati, ma le aveva applicate al solo reato satellite e non alla pena base).

Cass. pen. n. 10402/2018

In tema di opposizione alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, la persona offesa è tenuta ad indicare, a pena di inammissibilità, le "ragioni del dissenso" rispetto alla sussumibilità della condotta nell'ipotesi di cui all'art. 131-bis, cod. pen. e non necessariamente, come invece richiesto dall'art. 410, comma 1, cod. proc. pen. per l'opposizione alla richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, le indagini suppletive e i relativi mezzi di prova, stante la diversità tra le due ipotesi di archiviazione e le ragioni poste a sostegno delle stesse.

Cass. pen. n. 9495/2018

Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non osta la presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, quando le violazioni non siano in numero tale da costituire ex se dimostrazione di serialità, ovvero di progressione criminosa indicativa di particolare intensità del dolo o versatilità offensiva.

Cass. pen. n. 9204/2018

E inammissibile il ricorso per cassazione avverso sentenza di patteggiamento sul motivo del mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in quanto siffatta causa di non punibilità non rientra nel novero delle ragioni di immediato proscioglimento previste dall'art. 129 cod. proc. pen., alla cui insussistenza è subordinata la pronuncia che accoglie la richiesta di applicazione di pena concordata. (In motivazione, la S.C. ha osservato che l'istituto introdotto dall'art. 131-bis cod. proc. pen. esige un apprezzamento di merito, finalizzato al riscontro dei presupposti applicativi, incompatibile con la natura del rito).

Cass. pen. n. 5358/2018

Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non osta la presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, qualora questi riguardano azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo, di luogo e nei confronti della medesima persona, elementi da cui emerge una unitaria e circoscritta deliberazione criminosa, incompatibile con l'abitualità presa in considerazione in negativo dall'art. 131-bis cod. pen.

Cass. pen. n. 4123/2018

Ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. ai fini dell'apprezzamento della condizione della non abitualità della condotta, assumono rilievo anche i comportamenti successivi alla commissione del reato. (Fattispecie in tema di reati edilizi in cui la S.C. ha ritenuto immune da vizi la decisione del giudice di merito che ha desunto la non abitualità del comportamento dell'imputato dalla successiva attività di demolizione, rimozione e sanatoria delle opere realizzate).

Cass. pen. n. 3817/2018

Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, non rientrando nella categoria dei provvedimenti giudiziari definitivi di cui all'art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, non è soggetto ad iscrizione nel casellario giudiziale. (In motivazione, la Corte ha altresì precisato che, in caso di opposizione dell'indagato alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, l'esame del giudice non è limitato ai profili di dissenso dedotti ed alla tenuità, ma è esteso all'intera valutazione della responsabilità del soggetto indagato).

Cass. pen. n. 3353/2018

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un'ipotesi di "comportamento abituale" per la reiterazione di condotte penalmente rilevanti, ostativa al riconoscimento del beneficio, essendo il segno di una devianza "non occasionale".

Cass. pen. n. 776/2018

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere applicata, ai sensi del terzo comma del predetto articolo, qualora l'imputato, anche se non gravato da precedenti penali specifici, abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima "ratio punendi"), anche nell'ipotesi in cui ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità. (Fattispecie di violazioni da parte del datore di lavoro di diverse disposizioni in materia di sicurezza di cui al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 181).

Cass. pen. n. 57491/2017

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis cod. pen., non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, se tale disposizione era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all'art. 606, comma 3, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 57108/2017

Ai fini della declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'articolo 131-bis cod. pen., ove la commissione di un reato sia stata funzionale alla realizzazione di un altro ovvero, comunque, si sia inserita in una serie causale il cui sbocco sia il determinarsi di altri illeciti, nella valutazione sulla gravità del fatto bisogna tenere conto anche degli eventuali reati connessi, anche se siano stati oggetto di una dichiarazione di prescrizione. (Fattispecie in tema di reati edilizi).

Cass. pen. n. 55450/2017

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in relazione al reato di cui all'art. 22, comma 12, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che sanziona l'assunzione di lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno, qualora i lavoratori illegalmente assunti siano più d'uno, configurandosi, in tal caso, una particolare forma di continuazione, ostativa al riconoscimento del beneficio in quanto manifestazione di un "comportamento abituale" deviante.

Cass. pen. n. 54086/2017

La misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per tutti i reati concernenti le armi ed è obbligatoria anche in caso di proscioglimento dell'imputato per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., restando esclusa soltanto nell'ipotesi di assoluzione nel merito per insussistenza del fatto.

La misura di sicurezza della confisca è imposta per tutti i reati concernenti le armi ed è obbligatoria anche in caso di proscioglimento dell'imputato per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen.

Cass. pen. n. 53683/2017

In tema di particolare tenuità del fatto, qualora un reato di competenza del giudice di pace sia attratto per connessione dinanzi ad un giudice diverso, quest'ultimo potrà dichiarare la causa di improcedibilità ex art. 34 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, a meno che per il reato attraente non risulti applicabile l'art. 131-bis cod. pen., nel qual caso la causa di non punibilità opererà per tutti i reati giudicati.

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art.131-bis cod. pen., non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace. (In motivazione, la Corte ha precisato che il rapporto tra l'art.131-bis cod.pen. e l'art.34 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, non va risolto sulla base del principio di specialità tra le singole norme, dovendo prevalere la peculiarità del complessivo sistema sostanziale e processuale introdotto in relazione ai reati di competenza del giudice di pace, nel cui ambito la tenuità del fatto svolge un ruolo anche in funzione conciliativa).

Cass. pen. n. 38849/2017

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis cod. pen., è applicabile ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica, a condizione che ciascuna singola condotta, isolatamente considerata, sia di lieve entità. (In motivazione, la Corte ha osservato che l'irrilevanza del carattere di lieve entità di ciascun fatto, isolatamente considerato, si riferisce esclusivamente all'ipotesi di commissione di più reati autonomi e della stessa indole e non a quella di commissione di singoli reati avente ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate).

Cass. pen. n. 35590/2017

Non osta all'applicazione della causa di non punibilità costituita dalla particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) l'avvenuta commissione, da parte dell'imputato, di più reati, quando essa si sia collocata in un unico contesto spazio temporale sì da risultare frutto di un'unica volizione.

Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non osta la presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, qualora questi riguardano azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo e di luogo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva riconosciuto la causa di non punibilità in relazione ai reati di violazione di domicilio e minaccia unificati dalla continuazione).

Cass. pen. n. 28341/2017

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un'ipotesi di "comportamento deviante abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio.

Cass. pen. n. 23419/2017

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile al reato di ricettazione anche nel caso in cui sia riconosciuta la circostanza attenuante del fatto di particolare tenuità, di cui al secondo comma dell'art. 648 c.p. (Fattispecie in tema di ricettazione di un motociclo).

Cass. pen. n. 6870/2017

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., è rilevabile d'ufficio in qualsiasi fase e stato del giudizio, salva la eventuale formazione del giudicato, anche implicito, idoneo ad escludere la qualificazione del fatto in termini di particolare tenuità.

Cass. pen. n. 6664/2017

L'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art.131-bis cod.pen. non può essere dichiarata con riferimento al reato di abusivo esercizio di una professione, in quanto tale delitto presuppone una condotta che, in quanto connotata da ripetitività, continuità o, comunque, dalla pluralità degli atti tipici, è di per sé ostativa al riconoscimento della causa di non punibilità.

Cass. pen. n. 4852/2017

In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, quale prevista dall'art. 131 bis c.p., l'elemento ostativo costituito dalla commissione di più reati della stessa indole può essere ravvisato anche quando trattisi di reati avvinti dal vincolo della continuazione e presi in considerazione, come tali, nell'ambito del medesimo procedimento penale.

Cass. pen. n. 46567/2016

Il giudice dell'esecuzione non può applicare retroattivamente la disciplina di favore della particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis cod. pen., poiché trattandosi di causa di non punibilità che non esclude la sussistenza del reato, non può applicarsi la disciplina in materia di successione delle leggi penali di cui all'art. 2 cod. pen.

Cass. pen. n. 45996/2016

Nel procedimento innanzi al giudice di pace non trova applicazione la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 bis cod. pen., prevista esclusivamente per il procedimento davanti al giudice ordinario.

Cass. pen. n. 40699/2016

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen., è applicabile anche nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace, atteso che, si tratta di una disciplina diversa e più favorevole di quella prevista dall'art. 34 D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

Cass. pen. n. 40293/2016

In tema di particolare tenuità del fatto, l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare l'esclusione della punibilità, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., pur trattandosi di "ius superveniens" più favorevole al ricorrente.

Cass. pen. n. 38488/2016

In tema di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ai fini dell'applicabilità della causa di non punibilità per "particolare tenuità del fatto", non rilevano le soglie di punibilità previste per gli altri reati dal D.Lgs. n. 74 del 2000, ma, trattandosi di un reato di pericolo, occorre valutare la condotta in base ai criteri generali dettati dall'art. 131-bis cod. pen., con particolare riferimento alla sua reiterazione negli anni di imposta e alla messa in pericolo del bene protetto.

Cass. pen. n. 44417/2015

L'esclusione della particolare tenuità del fatto è compatibile con l'irrogazione del minimo della pena, atteso che l'art.131-bis cod.pen. può trovare applicazione solo qualora, in virtù del principio di proporzionalità, la pena in concreto applicabile risulterebbe inferiore al minimo edittale, determinato tenendo conto delle eventuali circostanze attenuanti.

Cass. pen. n. 44132/2015

La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131- bis cod. pen. è applicabile anche al reato di guida in stato di ebbrezza non essendo incompatibile con il giudizio di particolare tenuità la previsione di diverse soglie di rilevanza penale all'interno della fattispecie tipica .

Cass. pen. n. 43816/2015

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 - bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un'ipotesi di " comportamento abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio.

Cass. pen. n. 41742/2015

L'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis cod. pen., ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la Suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609, comma secondo, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, dovendo peraltro limitarsi, attesa la natura del giudizio di legittimità, ad un vaglio di astratta non incompatibilità della fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto art. 131-bis. (Nella specie, la Corte ha escluso l'esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando che il fatto era stato considerato dalla sentenza impugnata non episodico, né di modesto allarme).

Cass. pen. n. 40774/2015

Quando si procede per il reato di omesso versamento dell'Iva, la non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile solo se l'ammontare dell'imposta non corrisposta è di pochissimo superiore a quello fissato dalla soglia di punibilità, poiché la previsione di quest'ultima evidenzia che il grado di offensività della condotta ai fini della configurabilità dell'illecito penale è stato già valutato dal legislatore. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso l'applicabilità dell'istituto di cui all'art. 131 bis cod. pen. per insussistenza dei presupposti sul piano oggettivo con riferimento ad un omesso versamento pari a poco più di 112.000 Euro, a fronte della soglia di punibilità fissata in Euro 103,291,30).

Cass. pen. n. 37875/2015

In tema di reati concernenti gli alimenti, il concetto di "non particolare gravità" che esclude l'applicazione delle pene accessorie previste dall'articolo 12-bis della legge n. 283 del 1962, non coincide con quello di "particolare tenuità" di cui alla nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 28 del 2015. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la sussistenza della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. in riferimento alla condotta di detenzione per il commercio di 90 chili di prodotti ittici in cattivo stato di conservazione, non ritenuta di gravità tale da giustificare la chiusura dello stabilimento).

Cass. pen. n. 33821/2015

Ai fini della rilevabilità della causa di esclusione della punibilità per particolari tenuità del fatto nel giudizio di legittimità, costituiscono elementi significativi sia le specifiche valutazioni espresse in sentenza dal giudice di merito circa l'offensività della condotta, sia l'applicazione della pena in misura pari al minimo edittale. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio una sentenza di condanna relativa al reato di cui all'art. 186, comma settimo, cod. strada, valorizzando la circostanza che questa aveva dato atto del "mancato riscontro di una condotta di guida concretamente pericolosa").

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Consulenze legali
relative all'articolo 131 bis Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

I.C. chiede
mercoledì 06/03/2024
“Buongiorno
L'applicazione di un 131 bis cp da parte del magistrato in udienza predibattimentale per i reati di cui agli art. 497 ter cp (per possesso di segni distintivi contraffatti) e 38 tulps (per non aver ripetuto presso i competenti organi di polizia la denuncia di trasferimento di un arma detenuta legalmente da un luogo originario ad altro luogo) con conseguente dichiarazione di non luogo a procedere, nell' ambito di un concorso pubblico per l'assunzione di allievi agenti della Polizia di Stato può far venire a meno il requisito del possesso delle qualità di condotta di cui all'articolo 35, comma 6 del dgls. 165/2001 che prevede l'aver tenuto una condotta incensurabile?
In parole povere l'applicazione di un 131 bis cp preclude la cosiddetta "condotta incensurabile"
L'amministrazione in tal caso avrebbe modo di venirne a conoscenza ed escludere il candidato dalle procedure concorsuali ?
Inoltre risulterebbe sui casellari richiesto dal privato; dal datore di lavoro e dalla PA?

Ringraziandovi anticipatamente e in attesa di un vs. gentile riscontro porgo Distinti Saluti”
Consulenza legale i 07/03/2024
Prima di rispondere al parere è opportuna una premessa.

L’art. 131 bis del codice penale ha effettivamente innovato l’ordinamento prevedendo che, in alcuni casi, l’imputato o l’indagato possa essere prosciolto se il fatto è particolarmente tenue.
Una cosa importantissima da rilevare è che, comunque, il proscioglimento ai sensi della disposizione predetta non statuisce che il reato non c’è mai stato o che l’imputato non l’ha commesso; anzi, la particolare tenuità del fatto stabilisce che il reato, pur sussistente e pur essendo stato commesso dall’imputato, non deve essere punito per ragioni più che altro di deflazione processuale.
Non a caso il proscioglimento per particolare tenuità del fatto è iscritto nel casellario giudiziale del soggetto.

Arriviamo dunque alla seconda domanda riguardante la condotta incensurabile.
Purtroppo, la questione in esame rappresenta un nodo estremamente dolente.
Le disposizioni del corpo normativo citato, invero, rinviando poi all’articolo 26 della legge n. 53 del 1989, stabiliscono che per l’accesso ai ruoli del personale della polizia di Stato e delle altre forze dell’ordine è richiesta la condotta incensurabile.
Cosa voglia dire condotta incensurabile, però, nessuna disposizione lo dice.
In dottrina è stato rilevato che la condotta incensurabile esprime un concetto superiore rispetto alla mera assenza di condanne penali che, pertanto, non è l’unico elemento da valutare per determinare la mancanza – o meno – dell’incensurabilità.
In tale contesto vige, in altre parole, una discrezionalità estremamente ampia della commissione esaminatrice del concorso che non consente una cognizione preventiva.

Fatto sta che, nel caso di specie, nonostante il soggetto sia stato prosciolto per la particolare tenuità, va detto che i reati contestati, soprattutto quello di cui all’ art. 497 ter del c.p., sono abbastanza gravi per l’allarme sociale che suscitano.

Stando a quanto su detto, la domanda corretta non è tanto se l’art. 131 bis c.p. preclude la condotta incensurabile, quanto piuttosto se l’applicazione dell’art. 131 bis a fattispecie di una certa gravita oggettiva possa essere valutato come elemento determinante la mancanza del requisito dell’incensuratezza o meno.
Su questo punto, tuttavia, dare una risposta oggettiva è impossibile, non essendo la normativa al riguardo chiara.
Sul requisito in esame, dunque, sarebbe più utile interpellare in via diretta l’ufficio concorsi della selezione per cui ci si candida.

Abbiamo poi detto che il provvedimento ex art. 131 bis c.p. viene iscritto nel casellario, alla stregua di quanto previsto dall’art. 3 del TU sul casellario giudiziale.

Quanto alla visibilità dello stesso, occorre fare una distinzione.

Se si tratta di provvedimento di archiviazione, le SSUU, con la sentenza n. sent. 24 settembre 2019, n. 38954, hanno stabilito che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. deve essere iscritto nel casellario giudiziale, fermo restando che non ne deve essere fatta menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione.

Se, invece, siamo dinanzi a una sentenza, il provvedimento sarà iscritto nel casellario e visibile nel certificato eventualmente richiesto dall’interessato o dalla PA.

Si badi bene, comunque, che la visibilità – o meno - del precedente non può influire sulla risposta del candidato, in sede di compilazione della richiesta di partecipazione al concorso, alla domanda riguardante eventuali precedenti penali. In tal caso dovrà comunque essere fornita una risposta positiva per non incorrere in ipotesi di reati di falso.

Anonimo chiede
mercoledì 02/03/2022 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it

Sono a chiedere il seguente parere.

Ipotesi: la sentenza di primo grado monocratico ha accertato la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. in merito ad una dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs. 74/2000 in quanto il Giudice lo ha ritenuto applicabile l’art. 131 bis c.p., per un importo sopra la soglia di punibilità al di sotto del 10% della stessa.

Orbene, l’art. 12 bis del D.Lgs. 74/2000 prevede la confisca solo nel caso di condanna o di applicazione della pena, quindi sembra che dalla lettura dell’art. 131 bis c.p. e dalle decisioni giurisprudenziali e dottrina, che seppure non esclude la tipicità del fatto e dunque il carattere di illiceità del comportamento, una volta accertata la sussistenza di una fattispecie penalmente completa, la esenta dalla pena e ne può esser ritenuta una condanna .

Ricostruiti la natura giuridica e il funzionamento dell’istituto previsto dall’art. 131 bis c.p., sono a sottoporre la seguente e domanda: è possibile quindi stabilire se nella fattispecie va comunque disposta o meno la confisca ex art. 12 bis cit. laddove senza alcun dubbio come detto è escluso che la sentenza che accerti la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. sia una sentenza di condanna?

L’art. 131 bis c.p. introdotto dal D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, è valido retroattivamente per fatti di reato di lieve entità avvenuti prima del 2015?

Cordilaità.”
Consulenza legale i 08/03/2022
Per rispondere al quesito, occorre innanzi tutto perimetrare la ratio della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p.

E’ importante rilevare che la disposizione in parola prescinde da qualsivoglia valutazione di merito in ordine alla offensività del reato; la stessa, infatti, è stata introdotta dal legislatore (e in tal senso depone anche la relazione illustrativa alla legge) per promuovere una sorta di depenalizzazione in concreto.
In buona sostanza, la particolare tenuità del fatto presuppone che sia accertato un fatto criminoso in tutti i suoi elementi che, però, per una serie svariata di ragioni, non è meritevole di pena.

Da quanto detto consegue, quindi, che il proscioglimento per la particolare tenuità del fatto presuppone, senza alcun dubbio, l’accertamento della materialità del fatto.
Ciò, secondo la giurisprudenza (sia nazionale che comunitaria), giustifica la confisca.
I precedenti in materia sono stati numerosi e parecchio tribolati.
Senza ripercorrere la complesse questioni giurisprudenziali verificatesi nel tempo, sta di fatto che la Cassazione e i giudici comunitari hanno affermato che, ai fini della confisca, basta appunto accertare la materialità del fatto, non occorrendo una formale sentenza di condanna.
Questa stessa giurisprudenza, invero, ha affermato che è possibile comminare la confisca anche in caso di intervenuta prescrizione del reato.

Quanto all’applicazione retroattiva, è opinione giurisprudenziale conforme che l’istituto della particolare tenuità è di ordine sostanziale e, pertanto, è assoggettato alle retroattività favorevole di cui all’articolo 2 c.p.