(massima n. 1)
La valutazione di innocuità del falso commesso dal privato in atto pubblico, di cui all'art. 483 c.p., non può essere rapportata alla funzione che l'atto assume, quale elemento o requisito di valutazione per un diverso procedimento amministrativo, per la destinazione occasionale datagli dal privato a questo fine, giacché la tutela del falso concerne l'attestazione per sè stessa e cioè la pubblica fede che, in ogni caso, si può riporre nel documento, a stregua della funzione rappresentativa riconosciutagli dalla legge. L'uso dell'atto non è infatti necessario per la perfezione del reato di falso, mentre può integrare la condotta di un reato ulteriore, quale quello previsto dall'art. 640 c.p.