(massima n. 1)
Dal combinato disposto degli artt. 309, comma 8, e 127, comma 3, c.p.p., e tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale 17 gennaio 1991 n. 45, non può desumersi che, qualora l'interessato, detenuto in località esterna all'ambito territoriale di competenza del tribunale del riesame, abbia avanzato richiesta di essere sentito all'udienza camerale, tale richiesta debba essere necessariamente accolta, dovendosi al contrario ritenere che spetti al tribunale del riesame valutare l'utilità della diretta audizione, per la ritenuta insufficienza, ai fini di un completo esercizio del diritto di difesa, dell'audizione da parte del magistrato di sorveglianza; ipotesi, questa, che può, in particolare, verificarsi nel caso (al quale si riferiva la citata sentenza della Corte costituzionale) in cui l'interessato intenda contestare nuovi elementi di prova portati a suo carico dal pubblico ministero. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la dedotta nullità del procedimento per mancata traduzione dell'interessato, il quale non aveva indicato, neppure nel ricorso per cassazione, alcuna specifica esigenza difensiva che legittimasse la sua presenza all'udienza camerale). (Mass. redaz.).