Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 714 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 04/10/2024]

Misure coercitive e sequestro

Dispositivo dell'art. 714 Codice di procedura penale

1. In ogni tempo la persona della quale è domandata l'estradizione può essere sottoposta, a richiesta del Ministro della Giustizia, a misure coercitive [281-286]. Parimenti, in ogni tempo, può essere disposto, a richiesta del Ministro della Giustizia, il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato per il quale è domandata l'estradizione [253].

2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV, riguardanti le misure coercitive, fatta eccezione di quelle degli articoli 273 e 280, e le disposizioni del capo III del titolo III del libro III(1). Nell'applicazione delle misure coercitive si tiene conto in particolare dell'esigenza di garantire che la persona della quale è domandata l'estradizione non si sottragga all'eventuale consegna(2).

3. Le misure coercitive e il sequestro non possono comunque essere disposti se vi sono ragioni per ritenere che non sussistono le condizioni per una sentenza favorevole all'estradizione.

4. Le misure coercitive sono revocate se dall'inizio della loro esecuzione è trascorso un anno senza che la corte di appello abbia pronunciato la sentenza favorevole all'estradizione ovvero, in caso di ricorso per cassazione contro tale sentenza, un anno e sei mesi senza che sia stato esaurito il procedimento davanti all'autorità giudiziaria. A richiesta del procuratore generale, detti termini possono essere prorogati, anche più volte, per un periodo complessivamente non superiore a tre mesi, quando è necessario procedere ad accertamenti di particolare complessità.

4-bis. Le misure coercitive sono altresì revocate se sono trascorsi tre mesi dalla pronuncia della decisione favorevole del Ministro della giustizia sulla richiesta di estradizione senza che l'estradando sia stato consegnato allo Stato richiedente. Il termine è sospeso dalla data di deposito del ricorso presentato al giudice amministrativo avverso la decisione del Ministro della giustizia, fino alla data di deposito della sentenza che rigetta il ricorso o della decisione che dichiara l'estinzione del giudizio, comunque per un periodo non superiore a sei mesi(3).

5. La competenza a provvedere a norma dei commi precedenti appartiene alla corte di appello o, nel corso del procedimento davanti alla corte di cassazione, alla corte medesima.

Note

(1) L'eccezione di rinvio che riguarda gli artt. 273 e 280 comporta rispettivamente che nella valutazione dell'autorità competente non si deve considerare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e che non deve farsi riferimento ai limiti di pena edittali previsti, potendo dunque applicarsi misure coercitive anche nel caso siano stati commessi reati meno gravi.
(2) Tale comma richiama in qualche misura il pericolo di fuga di cui all'art. 274, lett. b).
(3) Comma inserito dalla L. 21 luglio 2016, n. 149, in vigore dal 5 agosto 2016.

Ratio Legis

L'eventuale applicazione di una misura coercitiva nel corso del procedimento di estradizione trova il proprio fondamento nella sussistenza delle medesime esigenze cautelari di cui all'art. 274.

Spiegazione dell'art. 714 Codice di procedura penale

Le misure coercitive fanno parte della macrocategoria delle misure cautelari, destinate a sia a prevenire la commissione di ulteriori reati nelle more del procedimento penale, sia ad evitare la fuga del soggetto, sia, infine, a impedire inquinamenti probatori. L'applicazione delle misure coercitive segue il principio di gradualità, oltre ai principi generali di adeguatezza delle misure in relazione alle esigenze cautelari.


Le misure cautelari coercitive sono ordinate codicisticamente in termini di progressiva afflittività, cominciando cioè da misure di contenuto meramente obbligatorio, per finire con le vere e proprie misure detentive. Per una analisi più approfondita, si leggano gli articolo 280 e seguenti.

La norma in commento si occupa di precisare che la presentazione di una domanda di estradizione non preclude in alcun modo né l'applicazione di misure coercitive, né tantomeno il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato per il quale è domandata l'estradizione.

Tuttavia, e questo appare di fondamentale importanza, non si applicano i limiti di cui agli artt. 273 e 280.

Fatta salva la necessità di valutare la sussistenza delle esigenze cautelari, ovvero, come anticipato, il pericolo di fuga, di inquinamento probatorio e di commissione di nuovi reati, è necessario valutare con particolare attenzione l'esigenza di garantire che l'estradando non si sottragga all'eventuale consegna (a prescindere dal consenso del medesimo all'estradizione). In linea di massima, comunque, le misure coercitive ed il sequestro non possono essere disposti se vi sono motivi di ritenere che non si giungerà ad una decisione favorevole in merito all'estradizione. In tal caso valgono le norme generali in materia di misure cautelari personali e reali.

Il comma 4 pone un limite temporale, stabilendo che le misure coercitive sono revocate se dopo un anno dall'applicazione non si giunga ad una decisione favorevole all'estradizione, oppure un anno e mezzo in caso di ricorso per cassazione avverso la decisione della corte d'appello. Inoltre, per procedimenti di particolare complessità, il procuratore generale può prorogare tali termini anche più volte, ma complessivamente per non più di tre mesi.

Le misure coercitive sono revocate anche quando, dopo la decisione favorevole del Ministro della giustizia (che, ricordiamo, ha l'ultima parola), il soggetto non venga consegnato entro tre mesi dalla decisione, con eventuale sospensione del termine in caso di ricorso amministrativo. La competenza in marito all'applicazione ed alla revoca delle misure coercitive e del sequestro appartiene al giudice che procede sull'estradizione, e dunque la corte d'appello oppure, in caso di ricorso avverso la decisione, alla corte di cassazione.

Massime relative all'art. 714 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 48284/2018

In tema di rogatorie internazionali, la sopravvenuta revoca della domanda di estradizione determina la revoca delle misure cautelari reali, con la conseguente restituzione all'avente diritto dei beni sottoposti a sequestro, atteso che, ai sensi dell'art.6, comma secondo, della Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959, lo Stato richiedente non è legittimato a disporre dei beni ricevuti in esecuzione della commissione rogatoria successivamente rinunciata. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza con la quale la corte d'appello aveva disposto la restituzione dei beni in sequestro, limitatamente a quelli non ancora consegnati all'autorità richiedente).

Cass. pen. n. 4338/2015

In tema di estradizione verso l'estero, la rimessione in libertà dell'estradando per scadenza dei termini di custodia cautelare conseguente alla sospensione, disposta dal giudice amministrativo, del provvedimento ministeriale di consegna, non impedisce che il Ministro della giustizia, ai sensi dell'art. 714 cod. proc. pen., investa l'organo giurisdizionale di una verifica finalizzata all'accertamento del concreto pericolo di fuga dell'estradando nell'arco temporale ricompreso fra la decisione provvisoria e la pronuncia definitiva del giudice amministrativo, da effettuarsi nel pieno rispetto del contraddittorio fra le parti, e da concludere, se del caso, con l'eventuale adozione di misure cautelari di tipo non custodiale che garantiscano l'effettività della possibile consegna allo Stato richiedente.

Cass. pen. n. 3889/2012

In tema di estradizione per l'estero, alle misure cautelari disposte ai sensi dell'art. 714 c.p.p. non è applicabile la norma di cui all'art. 275, comma secondo-bis, c.p.p., che esclude l'applicazione della misura cautelare ove sia presumibile che con la sentenza di condanna sia concessa la sospensione condizionale della pena, atteso che il rinvio del su citato art. 714 alle disposizioni del titolo I del libro IV del codice di rito è operato solo in quanto le stesse risultino applicabili, dovendosi a tale fine tenere conto, in particolare, dell'esigenza di garantire che la persona della quale è domandata l'estradizione non si sottragga all'eventuale consegna.

Cass. pen. n. 42179/2006

È illegittima l'adozione, nel corso del procedimento di estradizione, di provvedimento di custodia in carcere dell'estradando per il quale sia stata ritenuta l'esigenza cautelare del pericolo di fuga sulla base del solo elemento del suo mancato consenso all'estradizione nello Stato richiedente, e cioè dell'esercizio di un diritto, che non può essere assunto come unica ragione di prognosi della volontà di fuga dell'estradando medesimo, quantunque la sua condotta processuale possa fornire significativi elementi di valutazione al riguardo.

Cass. pen. n. 35658/2003

In tema di estradizione per l'estero, per determinare i termini di durata delle misure coercitive adottate ai fini estradizionali, sia prima della formale domanda di estradizione che all'interno della fase giurisdizionale o anche nel corso della successiva fase amministrativa, non può farsi riferimento, in virtù del richiamo operato dall'art. 714, secondo comma, c.p.p., alle norme di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p., che si attagliano unicamente alla struttura e alle caratteristiche del processo ordinario e non sono compatibili con le peculiarità del procedimento di estradizione, cadenzato da forme, modi e termini del tutto autonomi.

Cass. pen. n. 18250/2003

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314, comma 2 c.p.p., in relazione agli artt. 2, 3, 13 e 24, terzo comma Cost., nella parte in cui non prevede la riparazione per ingiusta detenzione nel caso di applicazione provvisoria di misura cautelare ai sensi dell'art. 715 del codice di rito, nell'ambito di procedura estradizionale passiva su richiesta di uno Stato estero che si accerti carente di giurisdizione. Il dubbio di costituzionalità discende dall'irragionevole disparità di trattamento tra chi sia privato della libertà personale in base a provvedimento illegittimo perché privo delle condizioni di applicabilità di cui agli artt. 273 e 280 c.p.p. e chi ne sia privato su richiesta di uno Stato estero in virtù di provvedimento oggettivamente illegittimo, dall'apparente contrasto con il principio di solidarietà e di inviolabilità della libertà personale che, se violata, va ristorata e con il precetto costituzionale che demanda alla legge di prevedere condizioni e modi per la riparazione degli errori giudiziari, senza limitarne in alcun modo la tipologia.

Cass. pen. n. 5371/2003

In tema di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, laddove la relativa richiesta riguardi un “campo nomadi”, il giudice deve valutare in concreto la idoneità di tale contesto abitativo ad assicurare le esigenze cautelari, tenuto conto delle sue caratteristiche ambientali e strutturali e della effettiva possibilità delle forze di polizia di eseguire i dovuti controlli. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento con cui la Corte di appello aveva rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare carceraria a fini estradizionali, basandosi su una astratta inidoneità del campo nomadi a fronteggiare il pericolo di fuga).

Cass. pen. n. 11154/2002

Ai fini dell'emissione di misure coercitive nei confronti di persona richiesta in estradizione dall'estero, devono ritenersi applicabili, ai sensi dell'art. 714, secondo comma, c.p.p., e quindi nei limiti della compatibilità, le disposizioni di cui agli artt. 274 e 275 c.p.p., con la conseguenza che il giudice è tenuto a valutare in concreto la sussistenza del pericolo di fuga, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie reale, compresa la personalità dell'estradando, ed a graduare l'afflittività della singola misura alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare, ben potendo la consegna estradizionale essere assicurata anche mediante cautele diverse dalla custodia in carcere.

Cass. pen. n. 43247/2001

In conformità al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, fissato dall'art. 568 c.p.p., come non è soggetta a ricorso per cassazioe l'ordinanza con cui la corte di appello decide sulla domanda di rogatoria internazionale inoltrata dallo Stato estero, non può esserlo neppure quella che, emessa in corso d'esecuzione, modifica la precedente ordinanza disponendo la sospensione anche parziale dell'esecuzione stessa. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del procuratore generale avverso l'ordinanza della corte di appello che, in attesa della quantificazione del danno da parte dello Stato richiedente, ha ordinato la sospensione dell'esecuzione con riferimento al sequestro conservativo disposto con l'iniziale ordinanza che dava esecuzione alla rogatoria).

Cass. pen. n. 40097/2001

In tema di misure cautelari relative all'estradando, l'emanazione della sentenza favorevole all'estradizione non determina il ripristino della custodia cautelare né alcuna altra automatica conseguenza sulla libertà personale, ma consente al Ministro della giustizia di richiedere la custodia in carcere ai sensi dell'art. 704, comma 3, c.p.p.; tuttavia, la misura non può essere ripristinata se vi sia stata la rimessione in libertà per decorrenza dei termini stabiliti dall'art. 714, comma 4, c.p.p., dovendosi applicare anche al procedimento di estradizione il principio stabilito dall'art. 13 della Costituzione che impone la previsione di limiti massimi alla carcerazione preventiva.

Cass. pen. n. 34796/2001

In tema di procedura di estradizione, qualora in epoca successiva alla sentenza favorevole alla richiesta dello Stato estero si provveda con decreto ministeriale alla sospensione della consegna del cittadino e si chieda la revoca della misura coercitiva, il mantenimento del ritiro del passaporto, una volta revocata dal giudice la misura, non trova alcuna giustificazione, trattandosi di adempimento funzionale ad eventuale misura cautelare del divieto di espatrio che, in assenza di richiesta del ministro, non può essere disposta. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza della corte di appello che aveva respinto la richiesta di restituzione del passaporto sul presupposto della pendenza della pratica estradizionale e del permanere dell'esigenza di evitare che il possesso del passaporto potesse favorire la sottrazione dell'estradando all'esecuzione della consegna).

Cass. pen. n. 956/1999

È inammissibile per difetto di legittimazione (e tale provvedimento la corte d'appello deve adottare, senza neppure richiedere il parere al procuratore generale) la richiesta di misure coercitive in danno dell'estradando da parte dello Stato richiedente qualora sia già pervenuta allo Stato italiano la domanda di estradizione, dovendo trovare applicazione — in tale ipotesi — la norma del primo comma dell'art. 714 c.p.p., che attribuisce al solo Ministro di grazia e giustizia la legittimazione a richiedere l'applicazione di tali misure. D'altronde, nel caso in cui sia già pervenuta la domanda di estradizione, non potrebbe trovare applicazione neppure il disposto dell'art. 715, primo comma, c.p.p., perché tale norma abilita lo Stato richiedente l'estradizione a domandare l'applicazione di dette misure «in via provvisoria» solo nel caso in cui non sia ancora pervenuta l'istanza estradizionale allo Stato italiano.

Cass. pen. n. 922/1998

Non è consentito proporre incidente di esecuzione avverso l'ordinanza impositiva di una misura cautelare nei confronti di persona per la quale è stata già pronunciata sentenza favorevole alla estradizione qualora la richiesta sia fondata su aspetti attinenti alla non concedibilità della estradizione, atteso che la sede esclusiva per la trattazione e la decisione di simili questioni è il giudizio di estradizione regolato dagli artt. 704 e seguenti c.p.p. (Fattispecie nella quale era stata richiesta la sospensione della esecuzione della misura dell'obbligo di presentazione giornaliera alla polizia giudiziaria sul presupposto che il reato per il quale era stata richiesta l'estradizione era estinto per prescrizione).

Cass. pen. n. 4497/1998

In tema di misure coercitive applicate ex art. 714 c.p.p. ai fini della estradizione per l'estero, è inapplicabile la normativa generale circa i termini di durata delle misure, di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p., essendo tale materia regolata, in via di specifica, dal quarto comma del predetto art. 714, che prevede la revoca della misura coercitiva se dalla esecuzione di essa è trascorso un anno senza che la corte di appello abbia pronunciato la sentenza favorevole alla estradizione ovvero, in caso di ricorso per cassazione, sia trascorso un anno e sei mesi senza che sia stato esaurito il procedimento giurisdizionale.

Cass. pen. n. 1648/1997

Il ricorso in cassazione avverso il provvedimento di arresto a fini estradizionali deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse quando nelle more della decisione sia sopravvenuta la sua revoca. Infatti, per l'esplicita esclusione dell'applicazione dei parametri previsti dagli artt. 273 e 280 c.p.p. operata dall'art. 714 comma 2 c.p.p., l'arresto a fini estradizionali non può dar luogo al diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione, e perciò l'interessato non può conseguire alcun apprezzabile beneficio dall'annullamento del provvedimento.

Cass. pen. n. 1694/1996

L'omessa indicazione nella domanda di arresto provvisorio a fini estradizionali per l'estero della data e del luogo del commesso reato non esclude l'ammissibilità della stessa qualora il fatto sia descritto nelle sue linee essenziali idonee a definirlo e a rendere edotta l'autorità italiana della sua specificità.

Cass. pen. n. 2931/1995

In tema di misure cautelari personali, una volta esaurito il relativo procedimento giurisdizionale relativo alla estradizione verso uno Stato estero, in forza del richiamo operato dall'art. 714, comma 2, c.p.p., devono ritenersi operanti i termini di durata massima delle misure previsti dagli artt. 303 e 308 c.p.p.

Cass. pen. n. 1223/1995

Il potere coercitivo nei confronti della persona della quale è domandata l'estradizione da parte di uno Stato estero non può essere esercitato d'ufficio: gli artt. 714 e 715 c.p.p. hanno espressamente previsto come necessaria la richiesta del Ministro della giustizia. Tale richiesta costituisce un atto di impulso, non vincolante per l'autorità giudiziaria, ma indefettibile presupposto della legittimità del provvedimento cautelare.

In tema di misure coercitive in materia di estradizione per l'estero, la sussistenza del pericolo di fuga o di sottrazione all'eventuale consegna deve essere motivatamente fondato su elementi concreti, ossia oggettivi ed effettivi, nel senso di avere uno stretto legame nella realtà di fatto, e non su presunzioni o preconcette valutazioni di ordine generale. Ne consegue che non è consentito motivare la sussistenza del pericolo di fuga dal territorio italiano (o di sottrazione alla eventuale consegna) con la considerazione che il soggetto «è riuscito ad allontanarsi dallo stato (nella specie il Sud Africa) che ha richiesto la sua estradizione». Una siffatta motivazione finisce con il ritenere sempre sussistente l'esigenza cautelare, posto che per definizione un soggetto di cui è richiesta l'estradizione si è evidentemente allontanato (nel caso di specie, peraltro, prima dell'emissione del mandato di cattura) dallo Stato richiedente. Si frustra così proprio la maggiore delle innovazioni introdotto da legislatore del nuovo codice di cui sopra si è fatto cenno, cioè il superamento della necessità di coercizione a fini estradizionali

Cass. pen. n. 3744/1994

In tema di estradizione, il giudizio concernente la valutazione dei presupposti per la consegna dell'estradando è del tutto autonomo rispetto al procedimento incidentale di natura cautelare. (Fattispecie in cui l'interessato aveva richiesto la revoca del mandato di cattura perché emesso successivamente ad altro, con talune precisazioni, nonché la contestazione di altri reati, provvedimento, a differenza del primo, non convalidato dalla corte d'appello. La Suprema Corte ha precisato che, oltre tutto, la corte d'appello, ai fini del giudizio principale, aveva preso in considerazione i reati compresi nell'originario mandato di cattura come specificati nel successivo, onde considerata la strumentalità delle misure cautelari adottate in Italia in funzione dell'esito del giudizio di estradizione, si sarebbe configurata come ultronea la ripetitività degli atti esecutivi e della successiva convalida riguardo al secondo mandato di cattura).

Cass. pen. n. 1295/1994

Il pericolo di fuga che legittima una misura cautelare deve essere, secondo l'art. 274, lett. b), c.p.p., «concreto», ossia oggettivo ed effettivo, nel senso di trovare uno stretto legame nella realtà di fatto. Ciò implica che la ragionevole valutazione del giudice sulla probabilità che l'indagato possa far perdere le proprie tracce e sottrarsi all'eventuale consegna allo Stato richiedente (art. 714, comma 2, ultima parte c.p.p.), debba essere ancorato ad elementi reali e non eventuali ed ipotetici, secondo le astratte possibilità degli accadimenti umani.

Nel procedimento di estradizione, se è vero che la condotta processuale dell'indagato può fornire significativi elementi di valutazione, non può assumersi come unica ragione di prognosi negativa l'ordinario e fisiologico esercizio di una facoltà riconosciuta dall'ordinamento giuridico. Ne consegue che non può essere valutato, ai fini della adozione delle misure coercitive di cui all'art. 714 c.p.p., come elemento sintomatico della volontà di fuga il mancato consenso ad essere estradato, non sussistendo per l'indagato alcun dovere ed onere di consentire alla richiesta di estradizione (art. 701 c.p.p.).

Cass. pen. n. 3812/1993

A norma dell'art. 714, terzo comma, c.p.p., le misure coercitive ed il sequestro nel corso del procedimento di estradizione non possono essere disposti se vi sono ragioni per ritenere che non sussistono le condizioni per una sentenza favorevole all'estradizione stessa. Tale situazione, pertanto, si verifica quando il Ministro di grazia e giustizia, pur richiedendo alla corte d'appello l'esecuzione della rogatoria internazionale avente ad oggetto perquisizione domiciliare e sequestro, si riservi di provvedere all'esito di un'ulteriore valutazione sulla domanda di estradizione. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha proceduto all'annullamento senza rinvio del decreto adottato dal Gip su delega della corte d'appello e delle ordinanze emesse dal tribunale in sede di riesame).

Cass. pen. n. 1395/1993

In tema di estradizione, in virtù del principio della prevalenza delle convenzioni internazionali sulla disciplina interna, principio accolto dall'art. 696 c.p.p., il termine di caducazione dell'arresto provvisorio, fissato in quaranta giorni per l'estradizione passiva dalla Convenzione europea di estradizione, deve farsi decorrere, ai sensi dell'art. 16, quarto comma, di tale Convenzione, «dalla data dell'arresto», e non «dalla data di comunicazione dell'arresto provvisorio allo Stato richiedente da parte del Ministro di grazia e giustizia», come stabilisce, invece, l'art. 715 c.p.p. Ma, poiché la Convenzione europea prevede la possibilità di superamento di detto termine mediante nuovo arresto «qualora la domanda di estradizione pervenga successivamente» (art. 16, quinto comma), si può bene escludere che la perenzione dell'arresto provvisorio imponga l'effettiva scarcerazione dell'estradando qualora, nelle more, la detenzione si sia protratta sino alla data in cui lo Stato richiesto abbia ricevuto la formale domanda di estradizione. Ciò anche considerando che la ricordata normativa convenzionale prevede, a salvaguardia dell'obbligo reciproco degli Stati firmatari, di assicurarsi la consegna delle persone da estradare, il potere-dovere dello Stato richiesto di prendere, in caso di caducazione di detto termine e di conseguente liberazione provvisoria, «ogni misura che ritenga necessaria» per evitare la fuga di persone perseguite o ricercate (art. 16, quarto comma).

Cass. pen. n. 2620/1992

L'applicazione di misure cautelari a persona di cui è chiesta l'estradizione non è subordinata alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.