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Articolo 311 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Ricorso per cassazione

Dispositivo dell'art. 311 Codice di procedura penale

1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell'articolo 309.

2. Entro i termini previsti dall'articolo 309 commi 1, 2 e 3, l'imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva(1) [281-286]. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame(2).

3. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l'ordinanza. Si osservano le forme previste dall'articolo 582. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione [100 disp. att.](5).

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla corte di cassazione, prima dell'inizio della discussione.

5. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'articolo 127(4).

5-bis. Se è stata annullata con rinvio, su ricorso dell'imputato, un'ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell'articolo 309, comma 9, il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e l'ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la decisione ovvero il deposito dell'ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l'ordinanza che ha disposto la misura coercitiva perde efficacia, salvo che l'esecuzione sia sospesa ai sensi dell'articolo 310, comma 3, e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata(3)(4).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


[omissis]
3. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l’ordinanza. Si osservano le forme previste dall’articolo 582. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione.
[omissis]

__________________

(1) Si ricordi che, come nei casi di impugnazione ex artt. 309 e 310, quando è impugnato un provvedimento concernente la libertà personale, la cancelleria o la segreteria dell'autorità giudiziaria procedente trasmette, in originale o in copia, al giudice competente gli atti necessari per decidere sull'impugnazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e, comunque, entro il giorno successivo alla ricezione dell'avviso della proposizione dell'impugnazione.
(2) Trattasi di un ipotesi di ricorso omisso medio, di cui all'art. 569.
(3) Comma aggiunto dall’art. 13, comma 1, L. 16 aprile 2015, n. 47.
(4) Il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 ha disposto (con l'art. 83, comma 9) che "Nei procedimenti penali il corso della prescrizione e i termini di cui agli articoli 303, 308 309, comma 9, 311, commi 5 e 5-bis, e 324, comma 7, del codice di procedura penale e agli articoli 24, comma 2, e 27, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020".
(5) Comma modificato dall'art. 13, co. 1, lett. h) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia"), il quale ha inserito il periodo "Si osservano le forme previste dall'art. 582".

Ratio Legis

La norma in esame trova il proprio fondamento nell'esigenza di garantire una maggiore efficienza e tempestività nel funzionamento della garanzia implicita nel ricorso per Cassazione, unico mezzo di impugnazione che consente il rilievo di vizi di legittimità.

Spiegazione dell'art. 311 Codice di procedura penale

Secondo il comma 1 dell’art. 311 c.p.p., è possibile proporre ricorso per Cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale delle libertà a seguito di riesame ed a seguito di appello. I soggetti legittimati a presentare l’impugnazione sono l’imputato, il suo difensore e il pubblico ministero (il pubblico ministero che ha presentato la richiesta di misura cautelare o il pubblico ministero presso il Tribunale del riesame ex art. [[n309cppp]], comma 7 c.p.p.).
Il ricorso deve essere proposto entro dieci giorni dalla notificazione, o rispettivamente, dalla comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento.

Il secondo comma stabilisce la possibilità del ricorso per saltum per l’imputato e il suo difensore (non anche per il pubblico ministero, cui non è riconosciuta tale facoltà): contro l’ordinanza applicativa della misura cautelare, anziché proporre riesame ex art. art. 309 del c.p.p., l’imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per Cassazione, ma solo per violazione di legge.
La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.
Il favore mostrato dal legislatore per il ricorso per saltum si spiega non solo in chiave di economia processuale, ma anche in prospettiva di funzione deterrente nei confronti di atteggiamenti troppo lassisti del giudice in sede di motivazione dei provvedimenti coercitivi.

Il comma 4 precisa che, con riguardo ad entrambe le ipotesi (sia ricorso contro ordinanza di riesame o di appello, sia ricorso per saltum), i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma si riconosce al ricorrente la facoltà di enunciare nuovi motivi dinanzi alla Corte di Cassazione, prima dell’inizio della discussione.

Il comma 3 (modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) disciplina le modalità di presentazione del ricorso.
Se si impugna l’ordinanza pronunciata in sede di riesame o in sede di appello, allora il ricorso deve essere presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso tale decisione. Invece, se si impugna direttamente l’ordinanza applicativa della misura cautelare, il ricorso va presentato nella cancelleria del giudice che ha pronunciato l’ordinanza.

Si osservano le forme previste dall’art. 582 del c.p.p. (come rivisto dalla riforma Cartabia): cioè, il ricorso va presentato mediante deposito telematico ai sensi dell’art. 111 bis del c.p.p..

Depositato il ricorso, il giudice adito cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente e quest’ultima, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla Corte di Cassazione.

Ai sensi del comma 5, la Corte deve decidere entro trenta giorni dalla ricezione degli atti, osservando le forme previste per il procedimento in camera di consiglio (art. 127 del c.p.p.).

Infine, il comma 5 bis stabilisce che, se, su ricorso dell’imputato, è stata annullata con rinvio un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi del comma 9 dell’art. 309 del c.p.p., il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti. In tal caso, l’ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione.
Se la decisione o il deposito dell’ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l'ordinanza dispositiva della misura coercitiva perde efficacia, salvo che l’esecuzione sia sospesa ai sensi del comma 3 dell’art. 310 del c.p.p. (cioè, fino a che la decisione non sia divenuta definitiva), e non può essere rinnovata, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate.

Massime relative all'art. 311 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 1626/2020

In tema di impugnazioni cautelari, il ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura, deve essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, nel caso indicato dall'art. 311, comma 2, cod. proc. pen., del giudice che ha emesso l'ordinanza, ponendosi a carico del ricorrente il rischio che l'impugnazione, ove presentata ad un ufficio diverso, sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto, escluso comunque che sulla cancelleria incomba l'obbligo di trasmissione degli atti al giudice competente ex art. 582, comma 2, cod. proc. pen., la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l'atto perviene all'ufficio competente a riceverlo. (Dichiara inammissibile, TRIB. LIBERTA' REGGIO CALABRIA, 21/08/2019).

Cass. pen. n. 51345/2018

In tema di procedimento cautelare, il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione degli atti – entro il quale, ai sensi dell'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 13 della legge 16 aprile 2015, n. 47, deve intervenire la decisione del tribunale del riesame nel caso di annullamento con rinvio, da parte della Corte di cassazione, di un provvedimento applicativo o confermativo di misura cautelare – si applica esclusivamente alle misure cautelari personali e non anche a quelle reali. (In motivazione la Corte ha precisato che la disposizione contenuta nell'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., da considerarsi di stretta interpretazione, fa espresso riferimento all'annullamento con rinvio di un'ordinanza che ha applicato o confermato una misura coercitiva personale ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen., mentre l'art. 324 cod. proc. pen., che disciplina il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti riguardanti misure cautelari reali, richiama i commi 3 e 4, ma non anche il comma 5-bis, del citato articolo).

Cass. pen. n. 23707/2018

Nell'ipotesi in cui la Cassazione annulli per un nuovo esame l'ordinanza che ha disposto o confermato una misura coercitiva, il termine di dieci giorni, entro cui, ai sensi dell'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., il giudice del rinvio ha l'obbligo di decidere, decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente, perviene alla cancelleria della sezione del tribunale competente per il riesame.

Cass. pen. n. 47970/2017

Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva, il tribunale del riesame deve depositare il provvedimento nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen., a pena di perdita di efficacia della misura, e non nel più lungo termine, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno, previsto dall'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 9212/2017

In tema di ricorso per cassazione, il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all'esame dell'atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

Cass. pen. n. 49153/2015

La motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è censurabile in sede di legittimità solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura.

Cass. pen. n. 35735/2015

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto per "saltum" dalla persona offesa del delitto di atti persecutori (c.d. stalking) - avverso il provvedimento del Gip di inammissibilità della richiesta di revoca dell'ordinanza di modifica della misura cautelare degli arresti domiciliari con quella dell'obbligo di dimora nei confronti dell'indagato - in quanto avverso i provvedimenti di sostituzione o modifica delle misure cautelari è ammesso esclusivamente il rimedio dell'appello, previsto dall'art. 310 cod. proc. pen., mentre il ricorso immediato per cassazione può essere proposto, ex art. 311, comma secondo, cod. proc. pen., soltanto contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva e solo nel caso di violazione di legge nonché, ex art. 568, comma secondo, cod. proc. pen., contro i provvedimenti concernenti lo "status libertatis" non altrimenti impugnabili.

Cass. pen. n. 26711/2013

Nei procedimenti relativi a misure cautelari personali non è consentita l'astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria, in quanto l'art. 4 del Codice di "Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati", adottato il 4 aprile 2007 e ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali con delibera del 13 dicembre 2007, avente valore di normativa secondaria, esclude espressamente che l'astensione possa riguardare le udienze penali "afferenti misure cautelari". (In applicazione di tale principio è stata rigettata l'istanza di rinvio avanzata dal difensore dell'imputato nel giudizio di cassazione proposto ai sensi dell'art. 311 c.p.p.).

Cass. pen. n. 12825/2013

Il provvedimento con cui è disposto l'aggravamento di una misura cautelare ai sensi dell'art. 276 c.p.p., non è ricorribile immediatamente per cassazione ai sensi dell'art. 311, comma secondo, c.p.p., ma è impugnabile, ai sensi dell'art. 310 c.p.p., con l'appello davanti al tribunale della libertà. (Nella specie, la Corte ha qualificato l'impugnazione come appello, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale competente).

Cass. pen. n. 6459/2012

Il giudice per le indagini preliminari può emettere una seconda misura cautelare anche se è pendente il ricorso per cassazione avanzato dalla pubblica accusa avverso l'ordinanza per il riesame di annullamento della misura già emessa.

Cass. pen. n. 3310/2012

La richiesta di giudizio immediato può essere presentata dal pubblico ministero nei confronti dell'imputato in stato di custodia cautelare dopo la conclusione del procedimento dinanzi al tribunale del riesame e prima ancora che la relativa decisione sia divenuta definitiva.

Cass. pen. n. 3166/2012

In tema di impugnazioni contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva, la proposizione del ricorso immediato per cassazione rende inammissibile la richiesta di riesame, pur se già presentata, indipendentemente dalla vicenda del ricorso stesso, connessa alla ritualità o meno della presentazione, all'eventuale resipiscenza del ricorrente, alla deduzione di motivi di annullamento consentiti o meno. (Nella specie la Corte, rilevato che contro l'ordinanza del G.I.P. era stato proposto ricorso immediato, ha dichiarato inammissibile sia il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale del riesame, sia la stessa richiesta di riesame, a norma dell'art. 591, quarto comma c.p.p.).

Cass. pen. n. 2732/2012

In caso di accoglimento del ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso l'ordinanza del Gip che dichiara inammissibile la richiesta di convalida dell'arresto avanzata dal PM (nella specie ritenuta non esperibile per l'immediata liberazione dell'arrestato), l'annullamento deve essere disposto con rinvio, essendo finalizzato all'ulteriore corso del procedimento con decisione sulla richiesta di convalida dell'arresto, illegittimamente ritenuta inammissibile.

Cass. pen. n. 56/2012

Il vizio di mancanza della motivazione dell'ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto.

Cass. pen. n. 7931/2011

In tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata o divenuta inefficace, perchè possa ritenersi comunque sussistente l'interesse del ricorrente a coltivare l'impugnazione in riferimento a una futura utilizzazione dell'eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento della stessa, formulata personalmente dall'interessato.

Cass. pen. n. 20300/2010

Qualora l'atto di impugnazione di una parte privata sia presentato in cancelleria da un incaricato non occorre l'autentica della sua sottoscrizione, poichè l'art. 582 c.p.p., che le attribuisce la facoltà di avvalersi per la presentazione del relativo atto di un incaricato, non richiede siffatta formalità. (Nella specie, la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione proposto a norma dell'art. 311 c.p.p., sottoscritto personalmente dall'indagato in stato di detenzione e presentato dal difensore di fiducia, non iscritto all'albo dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori, in quanto il rapporto difensivo fiduciario faceva ragionevolmente presumere l'incarico a presentarlo).

Cass. pen. n. 31011/2009

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello non è legittimato, salvo che sia stato egli stesso a chiedere l'applicazione della misura cautelare, a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale della libertà sui provvedimenti adottati in materia cautelare dalla Corte di appello. (In motivazione la Corte ha precisato che, individuando l'art. 311 c.p.p. in maniera espressa i soggetti legittimati al ricorso nell'incidente cautelare, l'inammissibilità dell'impugnazione presentata dal Procuratore Generale discende dall'applicazione del principio per cui il diritto di impugnare spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce).

Cass. pen. n. 46124/2008

In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.

Cass. pen. n. 45402/2008

Il ricorso immediato per cassazione può essere proposto, ai sensi dell'art. 311, comma secondo, c.p.p., soltanto contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva: ne consegue che avverso i provvedimenti di revoca, modifica o estinzione delle misure cautelari è ammesso esclusivamente il rimedio dell'appello, previsto dall'art. 310 del codice di rito, e, solo successivamente, ricorrendone i presupposti, il ricorso per cassazione.

Cass. pen. n. 44996/2008

Il ricorso per saltum avverso un'ordinanza applicativa di misura coercitiva può essere proposto, ai sensi dell'art. 311, comma secondo, c.p.p., soltanto per violazione di legge, tale dovendosi intendere, con riferimento al vizio inerente alla motivazione, quella avente ad oggetto i soli requisiti minimi di esistenza e di completezza della stessa, atteso che tale tipo di gravame è alternativo a quello del riesame, ove possono esser proposte le censure riguardanti lo sviluppo logico-giuridico delle argomentazioni del provvedimento impugnato, ovvero le prospettazioni del ricorrente in ordine agli elementi probatori acquisiti agli atti.

Cass. pen. n. 2023/2008

In tema di ricorso per cassazione contro provvedimenti de libertate emessi dal giudice del riesame, l'art. 311, comma quarto, c.p.p. non introduce alcuna deroga al principio generale della necessaria connessione tra i motivi originariamente dedotti nel ricorso principale e quelli nuovi, ma modifica soltanto il termine per la presentazione di questi ultimi che non è più quello generale di quindici giorni prima dell'udienza ma è spostato all'inizio della discussione.

Cass. pen. n. 37851/2007

Deve escludersi che il procuratore generale presso la corte d'appello rientri tra i soggetti legittimati, ai sensi dell'art. 311 c.p.p., a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze adottate dal tribunale in materia di libertà, non potendosi, in tale materia, applicare, per analogia, il disposto dell'art. 608, comma 1, c.p.p., che attribuisce al procuratore generale il potere di ricorrere per cassazione «contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di appello o inappellabile.

Cass. pen. n. 32172/2007

Nei confronti delle ordinanze che dispongono l'applicazione provvisoria di una misura di sicurezza è proponibile il ricorso diretto in cassazione ai sensi degli artt. 311, comma secondo e 313, comma terzo, c.p.p.

Cass. pen. n. 11420/2003

In virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568 c.p.p.), il pubblico ministero non è legittimato a proporre il ricorso immediato per cassazione avverso le ordinanze che dispongono una misura coercitiva, spettando tale legittimazione, ex art. 311, comma 2, c.p.p., solo all'imputato ed al suo difensore; ne consegue che è inammissibile il ricorso per saltum proposto dal P.M. avverso l'ordinanza con cui il Gip abbia disposto una misura coercitiva meno afflittiva di quella richiesta dallo stesso P.M. (Nella specie è stata applicata la misura cautelare dell'obbligo di dimora anziché quella della custodia in carcere, richiesta dal P.M.).

Cass. pen. n. 2711/2000

I vizi del procedimento del riesame devono essere fatti valere nell'ambito del procedimento di riesame ovvero con ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale emesso ai sensi dell'art. 309 c.p.p. Invero il vizio del procedimento di riesame non può esser fatto valere con la procedura di cui agli artt. 306 e 310 c.p.p., ovvero con l'istanza di revoca, cui può seguire, in caso di rigetto dell'istanza medesima, la proposizione dell'appello, attenendo questi alla diversa ipotesi in cui le questioni concernenti il permanere dell'efficacia del provvedimento impositivo della misura siano esterne al procedimento di riesame.

Cass. pen. n. 795/2000

In sede di ricorso ex art. 311, secondo comma, c.p.p., la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva, è censurabile solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura.

Cass. pen. n. 14/2000

L'omissione, da parte del giudice del riesame, della pronuncia, anche d'ufficio, della sopravvenuta perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell'art. 309, comma 10, c.p.p., costituisce un vizio della decisione che, come tale, può essere fatto valere esclusivamente con il ricorso per cassazione nell'ambito del procedimento de libertate e non anche con la richiesta di declaratoria dell'inefficacia della misura rivolta al giudice del procedimento principale. (Nell'occasione la Corte ha altresì precisato che nel giudizio di legittimità la predetta omissione, in quanto vizio della decisione, non può essere rilevata d'ufficio ma solo se denunciata con uno specifico, ancorché unico, motivo di impugnazione).

Cass. pen. n. 3/2000

Poiché il diritto di proporre ricorso per cassazione avverso le decisioni emesse dal tribunale in sede di appello o di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari personali spetta sia al pubblico ministero presso il predetto tribunale, sia a quello che ha chiesto l'applicazione della misura, nei procedimenti per uno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p., in cui la competenza ad esercitare le funzioni di P.M. nelle indagini preliminari e a richiedere, quindi, le misure coercitive spetta al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, e detto tribunale ha competenza esclusiva alla cognizione del riesame e dell'appello de libertate, legittimato al ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 311 stesso codice, è solo l'organo del P.M. individuato come sopra, e non anche quello del P.M. presso il giudice territorialmente competente a conoscere del reato, a nulla rilevando che quest'ultimo sia stato designato a svolgere le funzioni di pubblico ministero nel dibattimento a norma dell'art. 51, comma 3 ter c.p.p., stante il principio di tassatività delle impugnazioni, operante non solo relativamente ai casi e ai mezzi di impugnazione, ma anche con riguardo ai soggetti titolari del relativo diritto. (Fattispecie relativa a ricorso per cassazione avverso provvedimento emesso ex art. 310 c.p.p. dal Tribunale di Lecce, proposto dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi - nel cui circondario era stata commessa l'associazione per delinquere di stampo mafioso, per la quale si procedeva - incaricato di sostenere l'accusa nel giudizio in corso per detto reato. Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso).

Cass. pen. n. 6972/2000

In sede di ricorso ex art. 311, secondo comma, c.p.p., la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva, è censurabile solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura.

Cass. pen. n. 4016/1999

In tema di ricorso per saltum, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., avverso provvedimento impositivo di misura cautelare personale, posto che la «violazione di legge» (unico vizio deducibile) può consistere anche nella mancanza della motivazione ed avuto riguardo al fatto che l'inosservanza dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p. è sanzionata da nullità «rilevabile anche d'ufficio», ne consegue che la Corte di cassazione, investita con ricorso per saltum, pur quando il vizio derivante da detta inosservanza non abbia formato oggetto di censura, dovrà rilevarlo d'ufficio, con conseguente annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, non avendo essa il potere (che ha invece il tribunale del riesame) di integrare le carenze del provvedimento impositivo della misura.

Cass. pen. n. 3273/1999

Il ricorso per saltum avverso un'ordinanza dispositiva di misura coercitiva può essere proposto, ai sensi del secondo comma dell'art. 311 c.p.p., dall'indagato o dal suo difensore soltanto per violazione di legge, per tale dovendosi intendere, con riferimento al vizio inerente alla motivazione, quella che ha per oggetto i soli requisiti minimi di esistenza e di completezza della stessa, dal momento che tale tipo di ricorso ha natura di gravame alternativo a quello del riesame, sede deputata per le censure riguardanti lo sviluppo logico-giuridico delle argomentazioni del provvedimento gravato e per l'esame delle prospettazioni del ricorrente in ordine agli elementi probatori in atti, sicché con la sua proposizione le medesime non possono essere sottoposte al controllo del giudice di legittimità.

Cass. pen. n. 2798/1999

L'art. 311, comma primo, c.p.p. disciplina il ricorso per cassazione contro le decisioni emesse in sede di riesame e d'appello (artt. 309 e 310) e, al comma secondo, introduce, nel caso di violazione di legge, il ricorso per cassazione contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. Tale situazione rappresenta nel sistema innanzi delineato un'eccezione all'ordinario regime delle impugnazioni, possibile soltanto per i provvedimenti che applicano la misura cautelare, ma non per quelli attinenti all'estinzione della misura medesima. Questi ultimi sono soggetti prima all'appello e successivamente al ricorso. Tuttavia, ove sia direttamente proposto ricorso per cassazione avverso un provvedimento concernente profili attinenti all'estinzione della misura cautelare, il ricorso non è inammissibile ma deve essere convertito in appello ai sensi dell'art. 568, quinto comma, c.p.p.

Cass. pen. n. 287/1999

In tema di riesame delle misure cautelari personali, il necessario accertamento sulla completezza della trasmissione degli atti ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 309, comma quinto e decimo, c.p.p. spetta solo al giudice di merito; di conseguenza, ove la questione venga dedotta davanti alla Corte di cassazione, questa potrà procedere all'eventuale declaratoria di inefficacia della misura solo se la questione sia stata fatta valere ed il relativo contraddittorio si sia instaurato davanti al giudice di merito.

Cass. pen. n. 428/1999

In tema di misure cautelari, non è ammesso il ricorso per cassazione avverso le ordinanze di rigetto della richiesta del P.M., giacché l'art. 311, comma 2, c.p.p. limita tale impugnazione a favore dell'imputato nei confronti delle sole ordinanze impositive di misura cautelare. Conseguentemente, laddove con l'unico atto di ricorso sia stata impugnata l'ordinanza reiettiva contestualmente delle richieste sia di convalida dell'arresto sia di emissione di misura cautelare, lo stesso può essere deciso solo per quanto attiene alla mancata convalida, che costituisce atto distinto, con presupposti e finalità diverse dall'altro.

Cass. pen. n. 672/1999

In tema di ricorso per cassazione, incombe sul ricorrente l'onere di specificazione dei motivi di ricorso, onere cui si fa fronte attraverso la indicazione delle attività processuali che si assumono viziate, ovvero attraverso la allegazione degli atti processuali che tale attività rispecchiano. (Nella fattispecie, il ricorrente aveva genericamente dedotto la inutilizzabilità delle effettuate intercettazioni telefoniche per omessa motivazione dei decreti autorizzativi, senza però specificare a quale tra i tanti decreti — di prima autorizzazione, di proroga, di convalida — attenesse la doglianza, non consentendo, in tal modo, alla Corte di verificare la aderenza, in concreto, della singola motivazione ai principi dettati in tale materia).

Cass. pen. n. 3677/1998

Il ricorso immediato per cassazione, cosiddetto per saltum, avverso i provvedimenti concernenti la revoca, la modificazione o l'estinzione delle misure cautelari non è consentito nel vigente ordinamento processuale, dovendo, nelle predette ipotesi, essere proposta impugnazione ai sensi dell'art. 310 c.p.p., e cioè l'appello, e potendo solo in prosieguo, ricorrendone le condizioni, essere esperito il ricorso per cassazione.

Cass. pen. n. 11/1998

In tema di misure cautelari personali, nel giudizio di cassazione che, al contrario del giudizio di riesame — caratterizzato per atipicità e indefettibile immediatezza rispetto agli altri procedimenti di impugnazione — non si discosta dallo schema ordinario, il termine di trenta giorni per la decisione, che decorre dalla ricezione degli atti, è ordinatorio, mentre il termine di deposito della sentenza, a seguito di udienza camerale nelle forme di cui all'art. 127 c.p.p., è rimesso alla disciplina ordinaria.

Cass. pen. n. 1700/1998

Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell'apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell'indagato e, dall'altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell'ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto.

Cass. pen. n. 4683/1998

I «motivi nuovi» a sostegno dell'impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell'art. 585, quarto comma, c.p.p., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, quarto comma, c.p.p.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, c.p.p.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'art. 581, lett. a), c.p.p.

Cass. pen. n. 1083/1998

In sede di giudizio di legittimità sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione. Il controllo di logicità deve rimanere all'interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente procedimenti de libertate, a una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze cautelari. (Fattispecie relativa a ricorso avverso misura di coercizione personale).

Cass. pen. n. 266/1998

Avverso i provvedimenti adottati dal tribunale del riesame possono proporre ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 311, comma 1, c.p.p., nel testo introdotto dall'art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996 n. 553, convertito con modifiche nella L. 23 dicembre 1996 n. 652, il pubblico ministero presso il detto tribunale e quello (se diverso) che aveva chiesto l'applicazione della misura, con esclusione, quindi, del procuratore generale presso la corte d'appello, la cui legittimazione non potrebbe neppure farsi derivare, per analogia, dal disposto di cui all'art. 608, comma 1, c.p.p., che attribuisce al detto organo soltanto il potere di ricorrere per cassazione “contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di appello o inappellabile”.

Cass. pen. n. 3402/1997

In tema di riesame delle misure cautelari come di ricorso per cassazione avverso i relativi provvedimenti gli eventuali motivi nuovi vanno enunciati prima della discussione; in caso di deduzione tardiva, cioè nel corso della discussione, sussiste violazione del principio del contraddittorio sotto il profilo della partecipazione del pubblico ministero e, quindi, la nullità di ordine generale, di cui all'art. 178 lett. b) c.p.p., rilevabile anche d'ufficio.

Cass. pen. n. 2556/1997

La limitazione alla sola «violazione di legge» del ricorso per saltum previsto dall'art. 311, comma secondo, c.p.p. importa che, potendo rientrare nella nozione di «violazione di legge» la sola «mancanza» della motivazione, cui può equipararsi la mera apparenza della medesima, ma non l'incompletezza, il detto mezzo di impugnazione non è esperibile quando con essa si deduca la parziale inosservanza dei canoni contenutistici cui deve obbedire, ai sensi dell'art. 292, comma secondo, lett. c) e c) bis, l'ordinanza impositiva della misura cautelare; inosservanza, quella anzidetta, alla quale ben può porre rimedio, nell'ambito dei poteri di integrazione e rettifica attribuitigli dall'art. 309, comma nono, c.p.p., il tribunale del riesame.

Cass. pen. n. 2337/1997

Tanto sulla base dell'attuale formulazione dell'art. 311, comma 1, c.p.p. (introdotta dall'art. 3, comma 1, del D.L. 23 ottobre 1996, n. 553, conv., con modif., in L. 23 dicembre 1996, n. 652), quanto sulla base della formulazione precedente, è da ritenere esclusa la legittimazione del procuratore generale presso la corte d'appello a proporre ricorso per cassazione avverso le decisioni emesse dal tribunale a norma degli artt. 309 e 310 c.p.p.

Cass. pen. n. 1739/1997

Il provvedimento con cui il giudice (nella specie, dell'udienza preliminare) revoca la precedente ordinanza cautelare ed applica la misura dell'obbligo di dimora non può qualificarsi come provvedimento che applica una misura coercitiva, ma come provvedimento in materia di misure cautelari personali, nei cui confronti è previsto solo l'appello dinanzi al tribunale c.d. della libertà. Ne consegue che avverso di esso non è direttamente proponibile il ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell'art. 311 c.p.p., essendo tale ricorso specificamente previsto solo per le «ordinanze che dispongono una misura coercitiva», e cioè per le ordinanze che l'art. 309 stesso codice assoggetta alla richiesta di riesame anche nel merito. (Nella specie, la S.C. ha qualificato il ricorso come appello, ordinando la trasmissione degli atti al competente tribunale della libertà a norma dell'art. 568, comma quinto, c.p.p.).

Cass. pen. n. 4064/1997

In tema di ricorso per cassazione avverso le decisioni del tribunale della libertà, la subordinazione della deducibilità della mancanza di motivazione alla condizione, posta dall'art. 606, lett. e), c.p.p., che il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato, deve essere interpretata restrittivamente, con riferimento ai casi in cui le affermazioni in esso contenute non hanno il supporto dell'analisi di elementi fattuali e di idoneo apparato argomentativo. Viceversa, poiché detta limitazione va posta in relazione alla esigenze di completezza della motivazione, stabilite dall'art. 546 c.p.p. — il quale, con l'espresso richiamo al terzo comma dell'art. 125 c.p.p., sancisce la nullità della sentenza in dipendenza della incompletezza della motivazione — la censura di omessa considerazione di un elemento decisivo è deducibile ai sensi dell'art. 606 lett. c) c.p.p., che non solo consente, ma impone al giudice di legittimità il controllo degli atti al fine di stabilire la sussistenza della violazione della norma processuale denunciata. (Fattispecie relativa a ricorso del pubblico ministero avverso ordinanza del tribunale del riesame che aveva annullato il provvedimento coercitivo omettendo di prendere in considerazione — pur essendo stati trasmessi — gli atti di indagine immediatamente successivi all'applicazione della misura cautelare).

Cass. pen. n. 607/1997

L'art. 311 comma primo c.p.p., riconosce la legittimazione a ricorrere per cassazione contro le decisioni emesse a norma degli artt. 309 e 310 c.p.p. soltanto al pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura e a quello presso il tribunale della libertà. Né appare applicabile analogicamente l'art. 608 comma primo c.p.p., che si riferisce solo alle sentenze di condanna o di proscioglimento, perché l'art. 568 comma terzo c.p.p. stabilisce che il diritto d'impugnazione spetta solo a colui al quale la legge espressamente lo riconosce.

Cass. pen. n. 4348/1996

È inammissibile il ricorso per saltum avverso un'ordinanza applicativa della custodia cautelare per carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari. Nel ricorso ex art. 611 c.p.p. la motivazione può assumere rilievo ai fini dell'annullamento dell'ordinanza solo quando sia materialmente mancante o così illogica da essere considerata inesistente.

Cass. pen. n. 2924/1996

È manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 13, 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 311, quinto comma, c.p.p., che stabilisce il termine ordinatorio di trenta giorni per la decisione del ricorso in Cassazione, poiché, non avendo il giudizio di legittimità una incidenza diretta e immediata sui presupposti legittimanti l'applicazione della misura cautelare, non sussiste la necessità, in relazione alla garanzia dei diritti di libertà e difesa costituzionalmente protetti, di ritenere la perentorietà del termine entro il quale la decisione va emessa.

Cass. pen. n. 4484/1996

Nei procedimenti de libertate, che si instaurano a norma degli artt. 309, 310 e 311 c.p.p., è escluso l'effetto estensivo dell'impugnazione proposta dal coindagato diligente ai coindagati rimasti estranei al procedimento. (Nella specie si è ritenuto che l'intangibilità del giudicato formatosi nei confronti di uno dei coindagati per omessa impugnazione del provvedimento di proroga dei termini di custodia cautelare non potesse essere superata né dall'effetto estensivo dell'impugnazione, inapplicabile, né da una pretesa configurabilità della decisione favorevole emessa nei riguardi di altri coindagati come «fatto nuovo»). È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità del giudice, che in qualsiasi grado si sia pronunciato sulla libertà personale, a pronunciarsi di nuovo sulla libertà personale dello stesso soggetto nell'ambito del procedimento, in quanto il procedimento incidentale de libertate non è il «giusto processo» definito dai principi costituzionali e non richiede una rigorosa imparzialità a terzietà dal giudice, tali da rendere incompatibile il giudice che si sia già espresso in materia o possa avere un'opinione precostituita.

Cass. pen. n. 7/1996

Le cause che determinano la perdita di efficacia dell'ordinanza cautelare, secondo le previsioni contenute nel titolo primo del libro quarto del codice di procedura penale, non intaccando l'intrinseca legittimità del provvedimento ma agendo sul piano della persistenza della misura coercitiva, devono essere fatte valere avanti al giudice di merito in un procedimento distinto da quello di impugnazione, attraverso la richiesta di revoca contemplata dall'art. 306 c.p.p.; tuttavia, allorché la questione di inefficacia sia stata proposta, insieme ad altre concernenti l'originaria legittimità del provvedimento, con il ricorso per cassazione, deve ritenersi attratta da questo e può quindi essere direttamente esaminata dal giudice di legittimità affinché non sia ritardata la decisione de libertate che si sarebbe dovuto richiedere in altra sede. (In applicazione di detto principio la Corte ha ritenuto di poter esaminare - respingendola peraltro per motivi diversi - la questione concernente la perdita di efficacia della misura cautelare per inosservanza del termine di cui all'art. 309, nono comma, c.p.p., prospettata nel ricorso insieme a varie censure di violazione di legge; ma ha altresì precisato che non vi sarebbe spazio per il dispiegarsi della descritta vis attrattiva del ricorso proposto nel procedimento di impugnazione della misura ove, con esso, si denunciasse esclusivamente la sopravvenuta inefficacia del provvedimento coercitivo).

Cass. pen. n. 2613/1996

La mancanza di motivazione costituisce violazione di legge che, come tale, può dar luogo, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., a ricorso immediato per cassazione avverso l'ordinanza applicativa di misura cautelare. Detta mancanza si concretizza non solo quando la motivazione sia graficamente assente, ma anche quando essa sia del tutto apparente; il che, in tema di misure cautelari, si verifica allorché il giudice indichi in modo del tutto generico le fonti dalle quali ha inteso trarre gli indizi di colpevolezza, ovvero si richiami in modo indeterminato al tipo di prova acquisita o, ancora accenni solo vagamente agli elementi di discolpa dell'interessato, apoditticamente ritenendoli superati da quelli a suo carico.

Cass. pen. n. 2794/1996

In tema di misure cautelari il ricorso per saltum è proponibile, ai sensi dell'art. 311, comma 2, c.p.p., solo contro i provvedimenti che «dispongono una misura coercitiva» nonché, secondo l'art. 568, comma 2, dello stesso codice, contro quelli concernenti lo status libertatis non altrimenti impugnabili; il predetto rimedio non è, quindi, utilizzabile nei confronti di provvedimenti relativi alla modifica o all'estinzione delle misure cautelari, con riguardo ai quali è previsto dall'art. 310 c.p.p. l'appello al tribunale della libertà e solo in esito a tale gravame il ricorso per cassazione. (In applicazione di detto principio la Corte ha convertito in appello il ricorso presentato dal pubblico ministero avverso il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento aveva revocato, per il venir meno delle esigenze cautelari, la misura coercitiva della custodia in carcere applicata all'imputato).

Cass. pen. n. 1100/1996

L'art. 311, comma 2, c.p.p., limita i vizi deducibili con il ricorso per saltum alla violazione di legge, con l'esclusione dei vizi attinenti alla motivazione: con la conseguenza che non è consentito far valere, con il suddetto ricorso, le censure di cui all'art. 606, lett. e) dello stesso codice, neanche sub specie di inosservanza di norme stabilite a pena di nullità, in quanto nell'attuale sistema processuale vige il principio dell'inammissibilità per saltum delle questioni attinenti al fatto, ed essendo la nullità derivante dal difetto di motivazione riparabile dal giudice dell'appello o da quello del riesame.

Cass. pen. n. 845/1996

L'eventuale manifesta illogicità della motivazione di un'ordinanza che dispone una misura coercitiva — che può avere rilievo a norma dell'art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p. — non è deducibile con ricorso immediato per cassazione, invero è solo la mancanza di motivazione che determina la nullità dell'ordinanza e quindi la violazione di legge, essendo il ricorso per saltum limitato a tale ipotesi.

Cass. pen. n. 231/1996

L'incompetenza per materia può essere dedotta nel procedimento de libertate, sia in sede di riesame che di ricorso per saltum in cassazione, solo quando emerga ictu oculi, cioè quando l'incompetenza allo stato degli atti sia chiaramente percepibile. Nella fase delle indagini preliminari infatti più che di reati deve parlarsi di «ipotesi di reato» ed occorre tener conto della fluidità della contestazione, che si concretizza in una imputazione solo al termine delle indagini. Quando perciò la complessità della materia oggetto di accertamenti non consente di ipotizzare una individuata e delimitata ipotesi, ma lascia facilmente prevedere la concorrenza di altri reati di competenza superiore, la competenza del tribunale non può essere esclusa. (Nel caso di specie il provvedimento cautelare era stato emesso per violazione della legge su finanziamento dei partiti politici e la Corte ha respinto l'eccezione di incompetenza per materia del tribunale poiché dallo stesso contenuto del provvedimento restrittivo emergeva la possibile esistenza di reati di corruzione o concussione).

Cass. pen. n. 30/1995

Il vizio di manifesta illogicità che, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p., legittima il ricorso per cassazione, deve risultare dal testo stesso del provvedimento impugnato, il che vuol dire, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare, in tale sede, che l'iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, in tesi egualmente corrette sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità. (Fattispecie in tema di impugnazione di provvedimento cautelare).

Cass. pen. n. 3654/1995

L'operatività immediata di un provvedimento col quale il tribunale in sede di riesame annulli l'ordinanza applicativa della misura custodiale e rimetta in libertà l'indagato, deve perdurare sino a quando non intervenga, per effetto di impugnazione, un eventuale provvedimento di segno contrario con carattere irrevocabile. (Affermando siffatto principio la Corte Suprema ha ritenuto che illegittimamente, a seguito di sentenza della Cassazione di annullamento di un'ordinanza di rimessione in libertà emessa in sede di riesame, fosse stato disposto il ripristino dello stato di detenzione, prima ancora che si esaurisse la fase rescissoria dell'impugnazione. In particolare é stato rilevato che in tal modo si era vanificata la portata del principio di cui all'art. 588, comma 2, cui le impugnazioni contro i provvedimenti in materia di libertà personale non hanno in alcun caso effetto sospensivo e non si era considerato che la sentenza di annullamento con rinvio non ha carattere di definitività).

Cass. pen. n. 4726/1995

L'annullamento, a seguito di ricorso per cassazione, di un'ordinanza applicativa di misura cautelare nei confronti di determinati soggetti non può giustificare la richiesta di estensione degli effetti di detta pronuncia ad altro soggetto, ai sensi dell'art. 587 c.p.p., giacché tale disposizione opera solo a condizione che il giudizio di impugnazione non sia stato definito con sentenza irrevocabile laddove l'accoglimento della richiesta anzidetta postulerebbe, invece, una sorta di estensione del giudicato, non prevista dal vigente ordinamento.

Cass. pen. n. 4722/1995

Ai sensi dell'art. 302 c.p.p. la nullità dell'interrogatorio non comporta la nullità dell'ordinanza applicativa della misura cautelare, ma solo la perdita di efficacia della stessa. Ne consegue che tale nullità non può essere fatta valere con ricorso diretto per cassazione, ma deve essere dedotta davanti al giudice per le indagini preliminari e, in caso di rigetto dell'istanza di scarcerazione, la relativa ordinanza deve essere impugnata con appello a norma dell'art. 310 e non con istanza di riesame. (Fattispecie relativa a declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione).

Cass. pen. n. 3661/1995

Avverso il decreto applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. non è esperibile il ricorso per cassazione se prima non sia stato esperito l'appello: invero il cosiddetto ricorso per saltum è previsto solo contro le sentenze e non anche contro i decreti e le ordinanze. A tale regola generale non si sottraggono neppure i provvedimenti sulla libertà personale avverso i quali può proporsi direttamente ricorso per cassazione solo qualora non sia esperibile altra forma di impugnazione o qualora si tratti di decisioni che abbiano disposto la misura cautelare personale.

Cass. pen. n. 4371/1995

Il ricorso per saltum ex art. 311 n. 2 c.p.p. avverso i provvedimenti restrittivi della libertà personale, è possibile quando la motivazione manchi materialmente o sia del tutto inintellegibile o si esprima con un enunciato tanto incompleto ed illogico da risultare incomprensibile od irriconoscibile perché l'obbligo di motivazione è imposto dall'art. 125 n. 3 c.p.p. e la sua mancanza costituisce violazione di legge sanzionata con la nullità. Non può, invece, proporsi a motivo del ricorso la illogicità manifesta della motivazione, che rileva invece ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p.

Cass. pen. n. 4363/1995

L'art. 311, comma 2, c.p.p., nel consentire il ricorso diretto per cassazione avverso i provvedimenti applicativi di misure cautelari solo per «violazione di legge», ha inteso riferirsi ai soli casi di cui all'art. 606, comma 1, lett. b) e c), con esclusione, quindi del vizio di motivazione di cui alla lett. e) del medesimo articolo, salvo il caso di totale carenza o di mera apparenza della motivazione stessa.

Cass. pen. n. 3032/1995

Tra i vizi deducibili con il ricorso per saltum avverso i provvedimenti cautelari, che l'art. 311, secondo comma, c.p.p., limita alla violazione di legge, non rientrano i vizi attinenti alla motivazione, con la conseguenza che resta esclusa la possibilità di far valere, con la suddetta forma di ricorso, le censure di cui all'art. 606, lett. e), c.p.p.; né, d'altro canto, può ritenersi che i vizi della motivazione siano deducibili ai sensi dell'art. 606, lett. c), dello stesso codice, sub specie di inosservanza di norme stabilite a pena di nullità (artt. 125, 292 e 546 c.p.p.), in quanto nel nuovo sistema processuale, come si deduce anche dal disposto dell'art. 569, terzo comma, c.p.p. — il quale esclude la ricorribilità immediata delle sentenze per i motivi indicati nel citato art. 606, lett. e) — vige il principio dell'inammissibilità del «salto» sulle questioni attinenti al fatto, essendo la nullità derivante dal difetto di motivazione riparabile dal giudice dell'appello o da quello del riesame, abilitati entrambi a decidere il merito ed a redigere la motivazione omessa.

Cass. pen. n. 2821/1995

Il ricorso per cassazione per saltum è proponibile avverso le ordinanze genetiche delle misure coercitive e anche contro quei provvedimenti afferenti allo status libertatis non altrimenti impugnabili, ma non nei confronti delle ordinanze concernenti la rinnovazione, la modificazione o l'estinzione delle misure stesse, in ordine alle quali è prevista dall'art. 310, comma primo, c.p.p., la speciale impugnativa dell'appello al tribunale della libertà e, solo in esito a tale gravame, il ricorso per cassazione.

Cass. pen. n. 1499/1995

La parte civile, non essendo fra i soggetti legittimati a proporre appello, ai sensi dell'art. 310 c.p.p., avverso provvedimenti in materia de libertate, non ha neppure titolo a ricevere l'avviso dell'udienza camerale ed a proporre, quindi, ricorso per cassazione, per violazione del principio del contraddittorio, avverso l'ordinanza decisoria del gravame pronunciata all'esito di detta udienza. (Nella specie, in applicazione di tali principi, il ricorso proposto dalla parte civile è stato dichiarato inammissibile).

Cass. pen. n. 3/1995

A norma dell'art. 311, comma primo, c.p.p., è soggetta a ricorso per cassazione la decisione sulla richiesta di riesame, mentre non è prevista l'impugnazione separata di eventuali provvedimenti interlocutori emessi prima della decisione conclusiva del procedimento di riesame. Ne consegue, in virtù del principio di tassatività sul quale è basato il sistema delle impugnazioni, che il provvedimento con il quale il tribunale del riesame, in via interlocutoria, rigetti l'eccezione di inammissibilità dell'istanza di riesame - avanzata dal pubblico ministero sul rilievo della sua proposizione prima della notificazione al difensore dell'avviso di deposito dell'ordinanza di custodia cautelare -e richieda, insieme, la trasmissione degli atti occorrenti per la decisione sull'istanza medesima, non è ricorribile per cassazione.

Cass. pen. n. 19/1994

I limiti della cognizione della Corte di cassazione, anche in relazione ai provvedimenti riguardanti l'applicazione di misure cautelari, sono individuabili nell'ambito della specifica previsione normativa contenuta nell'art. 606 c.p.p. Ne consegue che, qualora venga denunciato il vizio di motivazione di un'ordinanza, tale vizio, per poter essere rilevato, deve assumere i connotati indicati nell'art. 606 lett. e), e cioè riferirsi alla mancanza della motivazione o alla sua manifesta illogicità.

Cass. pen. n. 3968/1994

In materia di impugnazione, l'interesse ad impugnare deve sussistere al momento della proposizione dell'impugnazione e persistere anche al momento della decisione, dovendosi compiere l'apprezzamento dell'interesse medesimo con riferimento all'idoneità che l'esito finale del giudizio di impugnazione ha di eliminare la situazione denunciata come illegittima o pregiudizievole della parte. (Nella fattispecie si trattava di ricorso per cassazione proposto avverso ordinanza del tribunale del riesame in tema di misure coercitive alternative alla custodia cautelare. Al momento della decisione risultava scaduto il termine di durata massima delle dette misure e la Suprema Corte ha ritenuto la sopravvenuta mancanza d'interesse).

Cass. pen. n. 2980/1994

Il ricorso proposto avanti alla Corte di cassazione a norma dell'art. 311, comma 2, c.p.p. contro le ordinanze che impongono una misura coercitiva è ammesso per violazione di legge, espressione questa che indubbiamente comprende la trasgressione dell'obbligo di motivare le ordinanze, imposto dall'art. 125, comma 3, stesso codice e da ritenere non soddisfatto solo dinanzi alla completa assenza di motivazione o alla motivazione così illogica da essere considerata inesistente.

Cass. pen. n. 2411/1994

Se è vero che il principio secondo cui la revoca (e — a fortiori — pure la cessazione) della misura cautelare personale, intervenuta nel corso del procedimento incidentale di riesame o, comunque, di impugnazione del provvedimento con il quale la misura è stata applicata o mantenuta, non comporta il venir meno dell'interesse a coltivare il gravame, è anche vero che la persistenza dell'interesse deve essere apprezzata con riguardo non soltanto alla perdurante limitazione della libertà personale ma pure alla necessità di precostituirsi, ai sensi dell'art. 314, comma 2, c.p.p., una decisione irrevocabile sulla legittimità della misura ai fini dell'eventuale domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione; una regola, dunque — quella della persistenza dell'interesse nonostante la cessazione della misura — operante solo nel caso in cui la misura applicata o mantenuta sia la custodia cautelare, comprensiva degli arresti domiciliari; non quando si tratti di altre misure coercitive o di misure interdittive, atteso che su queste non può fondarsi il diritto alla detta riparazione. Con la conseguenza che la revoca (e — a fortiori — pure la cessazione) di tali ultime misure sopravvenuta nel corso del procedimento incidentale importa il venir meno dell'interesse al gravame da parte dell'indagato.

Cass. pen. n. 3698/1994

Non è ammesso il ricorso immediato per cassazione avverso il rigetto della richiesta del pubblico ministero di emissione di ordine di custodia cautelare, poiché l'art. 311, comma 2, c.p.p. limita tale impugnazione a favore dell'imputato e nei confronti della sola ordinanza dispositiva della misura cautelare coercitiva e l'art. 569 c.p.p. prevede che il ricorso per saltum possa essere proposto solo contro le sentenze di primo grado.

Cass. pen. n. 1298/1994

È inammissibile per mancanza di interesse concreto ed attuale il ricorso del P.M. avverso un provvedimento del tribunale che, in sede di rinvio, abbia annullato un'ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere, qualora il termine di durata della misura stessa, disposta al solo fine di salvaguardare le esigenze cautelari attinenti alle indagini, sia scaduto per cui, anche in caso di accoglimento del ricorso l'ordinanza cautelare non potrebbe più rivivere.

Cass. pen. n. 575/1994

Allorché il venir meno dell'interesse alla decisione del ricorso per cassazione sopraggiunga alla sua proposizione (per essere frattanto cessati gli effetti della misura cautelare personale a seguito dello spirare del termine fissato dal giudice a norma dell'art. 292, secondo comma, lettera d, c.p.p.), alla declaratoria di inammissibilità non seguono né la condanna alle spese processuali, né quella al pagamento della sanzione pecuniaria, in quanto non è configurabile un'ipotesi di soccombenza.

Cass. pen. n. 4425/1994

In tema di impugnazione del pubblico ministero, la legittimazione a proporre ricorso per cassazione avverso le decisioni emesse dal tribunale del riesame spetta, oltre al procuratore generale presso la corte distrettuale, esclusivamente al rappresentante del P.M. presso il detto tribunale.

Cass. pen. n. 14/1994

Allorquando venga proposto, ai sensi dell'art. 311, comma secondo, c.p.p., ricorso diretto per cassazione avverso ordinanze che dispongono misure cautelari, è proponibile la censura prospettata sulla base dell'asserita violazione, da parte del Gip, dell'obbligo di esporre gli indizi che giustificano, in concreto, la misura disposta e, quindi, di indicare la loro genesi, il loro contenuto e la loro rilevanza. Improponibile, invece, è ogni rilievo che, travalicando i limiti del sindacato consentito sulla motivazione del provvedimento impugnato, sconfini nella verifica della fondatezza degli elementi acquisiti ed utilizzati dal giudice che ha adottato il provvedimento impugnato.

Posto che l'incompetenza per materia - alla quale è, per molti aspetti assimilabile quella funzionale - deve ritenersi deducibile, sulla base essenzialmente del disposto di cui all'art. 21, comma primo, c.p.p. (nel quale, significativamente, figura il termine «processo» in luogo di quello «giudizio» che figurava nell'omologa disposizione costituita dall'art. 33 del codice abrogato), anche nella fase precedente al giudizio, nulla rilevando in contrario né la disciplina contenuta nell'art. 22 c.p.p. (che regola soltanto i diversi provvedimenti che il giudice, a seconda delle fasi procedimentali in cui opera, deve adottare in relazione ad un accertato difetto di competenza), né la prevista possibilità, per il giudice incompetente, ai sensi degli artt. 27 e 291 c.p.p., di adottare misure cautelari provvisoriamente esecutive, ne deriva che nessuna preclusione sussiste alla deducibilità, in sede di ricorso per saltum avverso ordinanza impositiva di misura cautelare, della non rilevata incompetenza funzionale del Gip che ha pronunciato la detta ordinanza.

Cass. pen. n. 4379/1993

L'ordinanza in tema di sostituzione della misura cautelare personale (nella specie, di diniego di sostituzione con gli arresti domiciliari della custodia cautelare in carcere) è soggetta ad appello a norma dell'art. 310 c.p.p., e non a ricorso immediato per cassazione, posto che l'art. 311, secondo comma consente il ricorso per saltum soltanto contro i provvedimenti che dispongono una misura coercitiva, e non anche contro quelli con cui una siffatta misura sia rinnovata o modificata. Ne consegue che l'impugnazione, proposta come ricorso per cassazione, è convertita in appello a norma dell'art. 568 c.p.p. e gli atti relativi vanno trasmessi al tribunale del capoluogo di provincia in cui ha sede l'ufficio del giudice che ha emesso la predetta ordinanza.

Cass. pen. n. 1929/1993

Il decreto con il quale il giudice per le indagini preliminari può, a norma dell'art. 104, terzo comma, c.p.p., dilazionare, su richiesta del pubblico ministero, l'esercizio del diritto dell'indagato di conferire con il suo difensore non è autonomamente impugnabile. Dall'assenza di motivazione del provvedimento stesso, se può derivare la nullità dell'interrogatorio, non consegue la nullità ma solo l'inefficacia della misura che può essere posta a sostegno di una richiesta di scarcerazione, eventualmente ricorribile al giudice del riesame, ma non può essere direttamente dedotta in Cassazione, come vizio originario del provvedimento cautelare, ai sensi dell'art. 311, secondo comma, c.p.p.

Cass. pen. n. 2157/1993

In tema di impugnazioni in materia di misure cautelari personali una volta che si sia esaurito il procedimento incidentale, gli effetti della decisione in questo assunta, e non più soggetta ad impugnazione, permangono nel procedimento principale fino al momento in cui si verifichi un mutamento della situazione processuale sulla quale il giudice ha pronunciato, dovendo questa decisione porsi quale «preclusione» ad una rivalutazione della situazione stessa, conseguendone che esclusivamente la sopravvenienza di nuove emergenze potrà giustificare la rivalutazione della identica questione. Né può derogarsi a una tale regola nelle ipotesi nelle quali il giudice competente per il riesame del provvedimento o quello di legittimità non abbia avuto modo di procedere a una verifica dello stesso per effetto della presenza di una causa di inammissibilità della impugnazione o per non essere stata questa interposta dovendo ritenersi che anche in queste evenienze la statuizione acquista un carattere di definitività, che, «allo stato degli atti», impedisce la proposizione di censure avverso lo stesso.

Cass. pen. n. 7/1993

L'indagato ha interesse a ricorrere avverso un provvedimento restrittivo della libertà personale anche nel caso in cui il gravame sia limitato ad una sola delle imputazioni, poiché il venir meno del titolo della custodia anche se con riferimento esclusivo ad una delle accuse (nella specie, quella di concussione), pur senza incidere sull'assoggettamento del medesimo alla misura cautelare a causa del mantenimento del provvedimento restrittivo in relazione ad altro reato (nella specie, violenza carnale), rende meno gravosa la posizione difensiva e consente il riacquisto della libertà, nel caso in cui il titolo legittimante l'applicazione della misura venga meno, per un qualsiasi motivo, in ordine all'altro reato.

Cass. pen. n. 1922/1993

È ammissibile la reiterazione di un provvedimento impositivo della custodia cautelare in carcere anche se basato sugli stessi fatti quando il precedente provvedimento sia stato annullato dalla Cassazione per vizi di motivazione e non per esclusione della ricorrenza delle condizioni generali di legittimità. Solo in tale ipotesi, infatti, in forza del principio del ne bis in idem si determina una situazione di inconciliabilità tra i due provvedimenti, quello caducato e quello riemesso, che non possono, quindi, coesistere, in osservanza della regola della preclusione processuale.

Cass. pen. n. 3018/1993

Contro il provvedimento che, a norma dell'art. 262, secondo comma, c.p.p. abbia disposto il mantenimento del sequestro a garanzia del pagamento delle spese di giustizia, è ammesso, oltre al riesame, ricorso diretto per cassazione.

Cass. pen. n. 740/1993

In tema di impugnazioni in materia di misure cautelari personali, una volta che si sia esaurito il procedimento incidentale, gli effetti della decisione in questo assunta e non più soggetta ad impugnazione, permangono nel procedimento principale fino al momento in cui non si verifichi un mutamento della situazione processuale sulla quale il giudice ha pronunciato, dovendo questa decisione porsi quale «preclusione» ad una rivalutazione della situazione stessa, conseguendone che esclusivamente la sopravvenienza di nuove emergenze potrà giustificare la rivalutazione dell'identica questione. (Con riferimento al caso di specie la Cassazione ha precisato, sulla scorta del principio di cui in massima, che nel caso in cui un provvedimento applicativo di misura cautelare sia stato confermato nel procedimento incidentale di riesame, deve essere dichiarata inammissibile la successiva istanza di scarcerazione per insufficienza di indizi presentata in assenza di nuove emergenze).

Cass. pen. n. 5/1991

La mancanza di motivazione dell'ordinanza che dispone una misura coercitiva costituisce una violazione di legge, può dar luogo al ricorso immediato per cassazione a norma dell'art. 311, comma secondo, c.p.p. ed è deducibile unicamente a norma dell'art. 606, comma primo lett. e), c.p.p.

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