Cass. pen. n. 32014/2018
La disciplina dei termini per proporre impugnazione contenuta nell'art. 585, comma 2, lett. c) cod. proc.pen., non contiene previsioni differenziate riguardanti la parte pubblica e quella privata, sicchè entrambe si giovano della sospensione dei termini durante il periodo feriale.
Cass. pen. n. 50980/2014
Alla omessa notifica all'imputato contumace dell'avviso di deposito della sentenza di primo grado conseguono la mancata decorrenza nei suoi riguardi dei termini per la proposizione dell'impugnazione, nonché, qualora si sia proceduto al giudizio di appello, la nullità del decreto di citazione relativo a questo grado e l'annullamento senza rinvio della decisione successivamente emessa. (Fattispecie in cui la Corte, ritenendo omessa la notifica effettuata non al domicilio eletto ma presso la residenza dell'imputato con la procedura della compiuta giacenza presso l'ufficio postale del plico non recapitato, ha escluso che la nullità potesse essere sanata dalla proposizione tempestiva della impugnazione da parte del difensore).
Cass. pen. n. 47076/2014
L'ordinanza dibattimentale con cui il giudice d'appello dichiara l'inammissibilità del gravame è impugnabile, ai sensi dell'art. 585, comma primo, lett. a) cod. proc. pen., nel termine di quindici giorni decorrente, quando l'imputato è presente in udienza, dalla data della lettura del provvedimento.
Cass. pen. n. 36374/2014
Il termine di impugnazione della sentenza di proscioglimento emessa ai sensi dell'art. 469 cod. proc. pen. è quello di quindici giorni previsto dall'art. 585, comma primo, lett. a), cod. proc. pen., per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e lo stesso decorre per ciascuna parte, ove manchino forme alternative di pubblicazione, dalla data di comunicazione del provvedimento. (Fattispecie relativa a sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, emessa dalla Corte d'appello in assenza di previo contraddittorio tra le parti).
Cass. pen. n. 18293/2014
I motivi "nuovi" presentati a sostegno dell'impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, solo i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati già enunciati nei motivi originariamente proposti a norma dell'art. 581, comma primo, lett. a), c.p.p.. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che l'ammissibilità di censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione determinerebbe una irragionevole estensione dei tempi di definizione del processo oltre che lo scardinamento del sistema dei termini per impugnare).
Cass. pen. n. 14995/2014
In tema di ricorso per cassazione, la pubblicazione in epoca successiva alla presentazione del ricorso di una sentenza della Corte costituzionale di accoglimento, consente al ricorrente di giovarsene, purché con i motivi originari il giudice di legittimità sia stato investito del controllo della motivazione.
Cass. pen. n. 12273/2014
La disciplina dei termini per proporre impugnazione contenuta nell'art. 585, comma secondo, lett. c) cod.proc.pen., non contiene previsioni differenziate riguardanti la parte pubblica e quella privata, sicchè entrambe si giovano della sospensione dei termini durante il periodo feriale.
Cass. pen. n. 50332/2013
L'omissione dell'avviso di deposito di sentenza (nella specie, di appello) depositata fuori termine è sanata se l'imputato personalmente o altro suo difensore propongono l'impugnazione, in quanto il diritto ad impugnare dell'imputato ha natura unitaria e fa capo esclusivamente all'interessato anche quando la facoltà del suo esercizio è attribuita al difensore.
Cass. pen. n. 44324/2013
In tema di impugnazione, sono inammissibili i motivi nuovi presentati dal Pubblico Ministero a mezzo del servizio postale, qualora la raccomandata giunga nella cancelleria del giudice dell'impugnazione oltre il termine, previsto dall'art. 585, comma quarto, c.p.p., di quindici giorni prima dell'udienza, a nulla rilevando l'anticipazione degli stessi a mezzo telefax, trattandosi di una modalità di trasmissione dell'impugnazione non consentita dalla legge.
Cass. pen. n. 9444/2013
Qualora la conoscenza della sentenza di condanna si realizzi mediante la notifica dell'atto di carcerazione e questa avvenga durante il periodo feriale di sospensione dei termini processuali, i trenta giorni previsti per la presentazione della richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale decorrono dalla fine del periodo feriale di sospensione.
Cass. pen. n. 14991/2012
Al ricorrente in cassazione non è consentito, con i motivi nuovi di cui all'art. 611 cod. proc. pen., dedurre una violazione di legge se era stato originariamente censurato solo il vizio di motivazione. (Nella specie, la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo nuovo con cui, pur con riferimento al medesimo capo della sentenza, si era dedotta una nullità di un atto in violazione di una norma processuale, essendo la censura originaria riferita ad un vizio di motivazione per travisamento degli atti in relazione ad un atto mai presentato dalla difesa).
Cass. pen. n. 155/2012
Nelle ipotesi in cui è previsto, come nell'art. 585, comma secondo, lett. c), c.p.p., che il termine assegnato per il compimento di un'attività processuale decorra dalla scadenza del termine assegnato per altra attività processuale, la proroga di diritto del giorno festivo - in cui il precedente termine venga a cadere - al primo giorno successivo non festivo, determina altresì lo spostamento della decorrenza del termine successivo con esso coincidente. Tale situazione, tuttavia, non si verifica ove ricorrano cause di sospensione quale quella prevista per il periodo feriale che, diversamente operando per i due termini, comportino una discontinuità in base al calendario comune tra il giorno in cui il primo termine scade e il giorno da cui deve invece calcolarsi l'inizio del secondo.
Cass. pen. n. 21039/2011
Il termine di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, pronunciata all'esito dell'udienza preliminare, è quello di quindici giorni previsto dall'art. 585, comma primo, lett. a), c.p.p. per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e lo stesso decorre, per le parti presenti, dalla lettura in udienza della sentenza contestualmente motivata ovvero dalla scadenza del termine legale di trenta giorni, in caso di motivazione differita e depositata entro tale termine, rimanendo irrilevante l'eventualità che il giudice abbia irritualmente stabilito un termine più ampio per il deposito della suddetta motivazione. (In motivazione la Corte ha precisato che laddove si verifichi tale eventualità deve essere comunicato o notificato alle parti legittimate all'impugnazione il relativo avviso di deposito e che da tale comunicazione o notificazione decorre il termine per impugnare).
Cass. pen. n. 18896/2011
La richiesta di riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, pur costituente "motivo nuovo" contenuto in una memoria tardivamente presentata, non preclude al giudice d'appello la possibilità di effettuare d'ufficio il giudizio di comparazione a norma dell'art. 69, c.p..
Cass. pen. n. 1455/2009
In materia di termini per la proposizione della richiesta di riesame (nella specie avverso provvedimento di sequestro preventivo) opera il principio stabilito dall'art. 585, comma terzo, c.p.p., secondo cui, quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, vale per entrambi il termine che scade per ultimo.
Cass. pen. n. 40259/2008
Il termine per proporre l'impugnazione, avverso la sentenza pronunciata in sede di appello, decorre per il P.G., nel caso in cui detta sentenza gli venga comunicata prima della scadenza del termine indicato dal giudice per il deposito, dalla data della comunicazione e non dalla scadenza del detto termine, in quanto i principi di impersonalità dell'Ufficio e di buon andamento della P.A. fanno presumere che, acquisita notizia della esistenza e del contenuto della sentenza, la Procura generale sia in grado di operare "cognita causa" le proprie valutazioni, con la conseguenza che da quel momento decorre il termine per l'impugnazione, non valendo le esigenze di difesa tutelate dagli art. 585, comma secondo, lett. d) e 548, comma terzo c.p.p., a favore dell'imputato contumace.
Cass. pen. n. 35738/2007
In tema di impugnazioni, poiché il termine per la redazione della sentenza non è soggetto alla sospensione nel periodo feriale, il dies a quo per proporre impugnazione che cada in tale periodo comincia a decorrere dalla fine di esso, e cioè dal 16 settembre.
Cass. pen. n. 30967/2007
In tema di termini di impugnazione, poiché l'art. 585 c.p.p. ne regola la decorrenza con riferimento ad ogni tipo di provvedimento giurisdizionale e non alla sola sentenza dibattimentale, anche all'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere resa all'esito dell'udienza preliminare si applicano i termini in esso previsti, ed in particolare, trattandosi di sentenza emessa in seguito a procedimento in camera di consiglio, il termine di quindici giorni di cui al comma primo, lett. a), che decorre dalla scadenza dei trenta giorni stabiliti dall'art. 424, comma quarto, c.p.p., qualora la motivazione sia depositata entro quest'ultimo termine.
Cass. pen. n. 21894/2007
Il termine per impugnare mediante ricorso per saltum in cassazione il decreto penale di condanna, privo della statuizione in ordine all'applicazione delle sanzioni amministrative degli ordini di demolizione e di rimessione in pristino, è quello di trenta giorni ex art. 585, comma primo, lett. b) c.p.p. e decorre dalla data di comunicazione al P.M. della copia del decreto di condanna. (La Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha altresì affermato che la ricorribilità in cassazione rimane preclusa in caso di revoca espressa o tacita del decreto penale di condanna, posto che, in tal caso, la competenza a provvedere sull'applicazione delle predette sanzioni amministrative compete al giudice dell'opposizione).
Cass. pen. n. 4675/2007
Il titolare del diritto di impugnazione è legittimato a « frazionare» le censure proponendo, nel rispetto dei termini di legge, distinte impugnazioni, anche nei confronti di parti diverse. Trattasi, infatti, di una modalità di esercizio del diritto di impugnazione che, pur se non espressamente prevista, non è neppure vietata dal codice di rito, mentre sarebbe intrinsecamente contraddittorio consentire la presentazione di motivi nuovi (art. 585, comma quarto, c.p.p.) - sia pure nell'ambito delle censure già proposte con i motivi principali - oltre il termine previsto per l'impugnazione e vietare che, nel rispetto dei termini, la parte legittimata possa integrare i motivi già proposti con altri atti di impugnazione.
Cass. pen. n. 45951/2005
Le disposizioni del codice di rito concernenti i termini per la proposizione dell'impugnazione operano anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso gli atti abnormi e, in particolare, il termine di quindici giorni previsto dall'art. 585 comma primo lett. a) deve ritenersi applicabile in materia di impugnazione avverso l'ordinanza dibattimentale che abbia determinato la regressione del procedimento. (Fattispecie in tema di ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con la quale il giudice di pace, dinanzi al quale era stata effettuata una contestazione suppletiva, avendo ritenuto insuperabile la mancanza di autorizzazione a procedere da parte del P.M., aveva disposto la restituzione del processo al titolare dell'azione penale. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del P.M., proposto oltre il termine di quindici giorni dalla lettura dell'ordinanza in udienza).
Cass. pen. n. 3453/2005
I «motivi nuovi» a sostegno dell'impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell'articolo 585, comma 4, del c.p.p., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (articolo 311, comma 4, c.p.p.) e il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (articolo 611, comma 1, del c.p.p.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'articolo 581, lettera a), del codice di procedura penale.
Cass. pen. n. 24246/2004
La remissione di querela, intervenuta in pendenza del ricorso per cassazione e ritualmente accettata, determina l'estinzione del reato che prevale su eventuali cause di inammissibilità e va rilevata e dichiarata dal giudice di legittimità, purché il ricorso sia stato tempestivamente proposto.
Cass. pen. n. 45739/2003
I motivi nuovi a sostegno dell'impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'art. 581, lett. a), c.p.p. (Nella specie, la Corte ha ritenuto esulare dall'ambito assegnato a motivi nuovi di appello la deduzione in essi, da parte dell'imputato, di essere responsabile di furto e di essere affetto da cleptomania, dopo l'affermazione, in quelli principali, di estraneità al fatto di ricettazione contestato, per il quale aveva riportato condanna).
Cass. pen. n. 32301/2003
Ai fini del decorso dei termini per la proposizione dell'impugnazione, la legge attribuisce valore solo ed esclusivamente al verificarsi degli eventi indicati dall'art. 585, comma 2, lett. a), b) e c), per cui nessun rilievo può attribuirsi all'eventuale, erronea applicazione, sull'originale del provvedimento soggetto ad impugnazione, dell'attestazione di passaggio in giudicato, costituendo tale attestazione soltanto un adempimento amministrativo di carattere interno, previsto a tutt'altri fini dall'art. 27 del regolamento di esecuzione del codice di procedura penale, approvato con D.M. 30 settembre 1989 n. 334.
Cass. pen. n. 29489/2003
In mancanza di una norma transitoria che disponga diversamente, il deposito della sentenza è regolato dalla norma processuale vigente al momento della pronuncia. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto che il termine di deposito di una sentenza resa prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina dettata dal D.L. 1 marzo 1991, n. 60 fosse di trenta giorni, secondo quanto stabilito dall'art. 544, secondo comma, c.p.p.).
Cass. pen. n. 12260/2003
Per l'imputato contumace, il termine per proporre l'impugnazione, anche ove la notifica dell'estratto contumaciale sia avvenuta in data anteriore alla scadenza del termine stabilito dalla legge per il deposito della sentenza, decorre comunque dalla notifica dell'avviso di deposito con l'estratto del procedimento. Infatti, l'imputato contumace ha diritto ex lege a trenta giorni di tempo per proporre impugnazione, senza che possa avvantaggiarsi del numero di giorni che vanno dal deposito della sentenza alla scadenza del termine per il deposito della stessa.
Cass. pen. n. 11891/2003
In tema di decorrenza del termine per l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, è applicabile — poiché detta sentenza interviene all'esito di procedimento camerale — la norma di cui alla lett. a) del comma 2 dell'art. 585 c.p.p., di talché il termine decorre a far tempo dalla data di notificazione o comunicazione dell'avviso del deposito del provvedimento in cancelleria.
Cass. pen. n. 11499/2003
In tema di computo dei termini processuali, ai fini della tempestività della proposizione dell'impugnazione - nel caso di imputato presente al dibattimento e di sentenza emessa con la sola lettura del dispositivo e riserva del deposito della motivazione nel termine ordinario di quindici giorni che inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della lettura del dispositivo - il termine per il deposito del gravame inizia a decorrere, in virtù del principio generale stabilito dall'art. 172, n. 4, c.p.p., cui non deroga l'art. 544, comma 2, c.p.p., dal primo giorno successivo alla scadenza di quello ordinario previsto per il deposito della sentenza, con la conseguenza che complessivamente si tratta di quarantacinque giorni che iniziano a decorrere dal giorno seguente a quello della decisione.
Cass. pen. n. 9975/2003
Il verbale di udienza nel processo penale fa piena prova fino a querela di falso in quanto è atto pubblico redatto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni il cui regime di efficacia è sancito dalla norma generale dell'art. 2700 c.c. (Fattispecie relativa a lettura contestuale di dispositivo e motivazione di sentenza di condanna con decorrenza del termine per impugnare da quella data con conseguente denuncia penale, poi archiviata, in relazione alla veridicità della formula “motivazione contestuale”).
Cass. pen. n. 1798/2003
Il termine di impugnazione delle sentenze di non luogo a procedere, pronunciate in grado d'appello (art. 428, commi 2 e 8, c.p.p.), è quello di quindici giorni stabilito dall'art. 585, comma 1, lett. a) c.p.p. per i provvedimenti emessi a seguito di procedimento in camera di consiglio, essendo ininfluente l'irrituale applicazione, da parte del giudice, dell'art. 544, comma 3, c.p.p.
Cass. pen. n. 31312/2002
Il termine di quindici giorni stabilito dall'art. 585, comma 1, lett. a) c.p.p. per l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere di cui all'art. 424 c.p.p. decorre dalla scadenza del termine di trenta giorni stabilito dall'art. 424, comma 4 c.p.p., quando la motivazione sia depositata nello stesso termine.
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In tema di termini di impugnazione, poiché l'art. 585 c.p.p. ne regola la decorrenza con riferimento ad ogni tipo di provvedimento giurisdizionale e non alla sola sentenza dibattimentale, anche all'impugnazione avverso sentenza di non luogo a procedere resa all'esito dell'udienza preliminare si applicano i termini in esso previsti e, in particolare, trattandosi di provvedimento emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio, quello di quindici giorni di cui al comma 1, lett. a), che decorre dalla scadenza dei trenta giorni stabiliti dall'art. 424, comma 4, dello stesso codice, allorché la motivazione sia depositata entro quest'ultimo termine.
Cass. pen. n. 43763/2001
In materia di termini per l'impugnazione, il principio stabilito all'art. 585, comma 3, c.p.p., secondo cui, quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi quello che scade per ultimo, trova applicazione anche con riguardo ai termini previsti dall'art. 309 c.p.p. per la proposizione della richiesta di riesame, in applicazione del principio del c.d. favor impugnationis e in funzione dell'esigenza di certezza e di funzionalità delle procedure (nel caso di specie, il giudice del riesame aveva dichiarato inammissibile la richiesta di riesame presentata dal difensore di fiducia dell'imputato, già latitante, in seguito alla sopravvenuta esecuzione della misura, ritenendo non utilizzabile dal difensore la data di decorrenza del termine stabilita per l'imputato, in considerazione del fatto che in precedenza l'avviso di deposito dell'ordinanza cautelare era già stato notificato ai sensi dell'art. 165 c.p.p. al difensore d'ufficio).
Cass. pen. n. 25007/2001
Il diritto alla impugnazione dell'imputato ha natura unitaria e fa capo esclusivamente all'interessato, anche se al difensore è attribuita facoltà di esercitarlo; ne consegue che l'omissione dell'avviso di deposito della sentenza di secondo grado è sanata - ai sensi dell'art. 183 lett. b) c.p.p. - se l'imputato proponga personalmente ricorso per cassazione o se a tanto provveda altro difensore nel frattempo nominato.
Cass. pen. n. 7357/2000
Qualora la sentenza (nella specie resa all'esito di giudizio abbreviato) sia depositata, dopo la lettura del dispositivo alla presenza dell'imputato e del difensore, nei quindici giorni successivi, il termine per impugnarla decorre, a norma dell'art. 585, comma secondo, lett. c) c.p.p., dalla scadenza del quindicesimo giorno dalla decisione, anche se all'imputato e al difensore sia stato notificato, quantunque non dovuto, l'avviso di deposito di essa.
Cass. pen. n. 1110/2000
Il termine per l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere prevista dall'art. 424 c.p.p. decorre, quando la motivazione della sentenza sia depositata successivamente alla lettura in udienza del dispositivo (art. 585, comma 2, lett. a c.p.p.), dal momento in cui viene comunicato o notificato l'avviso di deposito, ai sensi dell'art. 128 c.p.p.
Cass. pen. n. 6043/1999
In materia di termini per impugnare anche nel caso in cui la sentenza venga pubblicata in udienza mediante lettura di motivazione e dispositivo, qualora l'imputato sia contumace, è comunque nei suoi confronti sempre dovuto l'estratto contumaciale, dalla cui data di notificazione decorre il termine. (La Corte ha precisato che il principio si applica anche alla decorrenza per il difensore, se munito di procura speciale, in forza della disposizione di cui al terzo comma dell'art. 585, c.p.p. sulla unificazione dei termini di impugnazione in rapporto all'ultima scadenza).
Cass. pen. n. 3135/1999
Anche per i provvedimenti abnormi valgono i termini per l'impugnazione di cui all'art. 585 c.p.p. Infatti l'abnormità del provvedimento, in quanto anomalia che si caratterizza solo per la radicale antinomia con i principi generali dell'ordinamento giuridico, deve essere denunziata con gli stessi mezzi e forme e nei medesimi termini perentori stabiliti per far valere qualsiasi altro vizio o nullità, secondo le norme che disciplinano l'impugnazione ordinaria.
Cass. pen. n. 1742/1999
In tema di termine utile per proporre impugnazione, poiché alle diverse modalità di pubblicazione della sentenza conseguono effetti diversificati ai fini della determinazione di tale termine e del suo decorso, la contestuale lettura del dispositivo e della motivazione deve essere formalmente e storicamente certa in tutte le sue componenti. A tal fine, il dato processuale deve ritenersi incontestabile qualora risulti, non solo dalla intestazione della decisione, relativa al dispositivo di sentenza e contestuale motivazione, ma anche dal verbale di udienza. D'altronde, la sottoscrizione del predetto verbale anche da parte dell'ausiliario che assiste il giudice, è volta a garantire — con profili di responsabilità penale per un eventuale falso ideologico — la corrispondenza tra quanto attestato e quanto accaduto. (Fattispecie in cui il ricorrente, assumendo che la motivazione della sentenza, contrariamente a quanto documentalmente attestato, non era stata letta in udienza, deduceva la erroneità dell'ordinanza di inammissibilità dell'appello, pronunciata per tardività del gravame, presentato oltre il quindicesimo giorno).
Cass. pen. n. 2087/1999
In tema di termini per impugnare, l'art. 585, comma primo, lett. a), c.p.p., pur formalmente riguardando i provvedimenti camerali e le sentenze accompagnate da contestuale motivazione, deve ritenersi applicabile anche alle ordinanze dibattimentali che determinano la regressione del procedimento. Il relativo termine di quindici giorni decorre dalla lettura del provvedimento in udienza, non essendovi ragione di non applicare nel caso suddetto la previsione dell'art. 585, comma secondo, lett. b), c.p.p., che, seppure pensata per le sentenze con contestuale motivazione, vale a fortiori per le ordinanze dibattimentali. (Fattispecie di impugnazione tardiva da parte del pubblico ministero di una ordinanza dibattimentale con la quale era stata dichiarata la nullità del decreto di citazione a giudizio, ordinanza di cui si denunciava l'abnormità)
Cass. pen. n. 7785/1999
In base alla disposizione transitoria dettata dall'art. 3 della legge 19 gennaio 1999, n. 14, il procuratore generale presso la Corte di cassazione e l'imputato possono esercitare, entro il termine di cui al comma 4 dell'art. 585 c.p.p., la facoltà di «patteggiamento» prevista dai commi 4 e 5 dell'art. 599 dello stesso codice con riferimento ai motivi di ricorso. Tale termine è stabilito a pena di decadenza e le parti non possono raggiungere l'accordo in un momento successivo. Infatti, mentre l'ultimo periodo del comma 5 dell'art. 599 c.p.p. prevede che, in caso di mancato accoglimento della richiesta, «la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte nel dibattimento», l'ultimo periodo dell'art. 3 della legge n. 14 del 1999, nello stabilire che, ove la Corte di cassazione ritenga di non poter accogliere la richiesta, quest'ultima e la rinuncia ai motivi perdono effetto, non prevede invece la facoltà di riproporle successivamente.
Cass. pen. n. 3223/1999
Qualora il giudice ritardi il deposito della motivazione della sentenza, senza aver preventivamente indicato un termine nel dispositivo letto in udienza, ai sensi dell'art. 544, comma terzo, c.p.p., il termine di impugnazione è quello di trenta giorni previsto dall'art. 585, comma primo, lett. b), stesso codice, decorrente dalla data di notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza.
Cass. pen. n. 1282/1999
È ammissibile, ai sensi dell'art. 111, comma 2, Cost., il ricorso per cassazione avverso il decreto della corte d'appello che — pronunciando in sede di gravame contro il provvedimento del tribunale emesso ai sensi dell'art. 2 octies, comma 7, della legge 31 maggio 1965, n. 575, aggiunto dall'art. 3 del D.L. 14 giugno 1989, n. 230, convertito nella legge 4 agosto 1989, n. 282 — liquidi il compenso all'amministratore giudiziario di una società di capitali, nominato nel procedimento di prevenzione a seguito di sequestro dei beni previsto dalla legislazione antimafia, in quanto trattasi di provvedimento che risolve con carattere di definitività una controversia relativa a diritto soggettivo. In tal caso il termine per proporre ricorso è di quindici giorni, ai sensi dell'art. 585, comma 1, lett. a) c.p.p., e decorre dalla comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito, considerato che si verte in ipotesi di provvedimento da adottare con la procedura camerale, in funzione strettamente strumentale e accessoria alle misure di prevenzione, ragione per cui non è applicabile la disposizione dell'art. 680 c.p.p. — richiamato dagli artt. 4, comma 11, della L. 27 dicembre 1956, n. 1423 a sua volta richiamato dall'art. 3 ter, comma 2, della L. 31 maggio 1965, n. 575 — che regola l'impugnabilità dei provvedimenti aventi ad oggetto misure di prevenzione.
Cass. pen. n. 10384/1998
In caso di sentenza depositata oltre il termine stabilito dalla legge, senza che venga preventivamente indicato un termine diverso per il deposito, il termine per impugnare è quello di trenta giorni previsto dall'art. 585, comma primo, lett. b), c.p.p., decorrente dalla data di notificazione o di comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza.
Cass. pen. n. 992/1998
È inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma secondo, Cost. avverso il decreto della corte d'appello che — pronunciando in sede di gravame contro il provvedimento del tribunale, emesso ai sensi dell'art. 2 octies, comma settimo, della legge 31 maggio 1965, n. 575, aggiunto dall'art. 3 del D.L. 14 giugno 1989, n. 230, convertito nella legge 4 agosto 1989, n. 282 — liquidi il compenso all'amministratore giudiziario di una società di capitali nominato nel procedimento di prevenzione a seguito di sequestro dei beni previsto dalla legislazione antimafia. A tale conclusione deve giungersi in quanto trattasi di provvedimento che risolve con carattere di definitività una controversia relativa a diritto soggettivo. In tal caso il termine per proporre il ricorso è quello di quindici giorni ai sensi dell'art. 585, comma primo, lett. a) c.p.p., decorrente dalla comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito, considerato che si verte in ipotesi di provvedimento da adottare con la procedura camerale, in funzione strettamente strumentale e accessoria alle misure di prevenzione, ragione per cui non è applicabile la disposizione dell'art. 680 c.p.p. — richiamato dagli artt. 4, undicesimo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 a sua volta richiamato dall'art. 3 ter, comma secondo, della legge 31 maggio 1965, n. 575 — che regola l'impugnabilità dei provvedimenti aventi ad oggetto misure di prevenzione.
Cass. pen. n. 4683/1998
I «motivi nuovi» a sostegno dell'impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell'art. 585, quarto comma, c.p.p., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, quarto comma, c.p.p.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, c.p.p.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'art. 581, lett. a), c.p.p.
Cass. pen. n. 3900/1997
L'impugnazione prima del deposito della sentenza oggetto del gravame rende l'impugnazione stessa inammissibile. Ed invero il secondo comma dell'art. 585 c.p.p. collega la decorrenza dei termini per impugnare alla notificazione o alla comunicazione dell'avviso di deposito, tranne l'ipotesi di redazione contestuale della motivazione; il fondamento giustificativo di tale regola è perfettamente comprensibile ove si consideri che, a norma dell'art. 581 lett. c) del codice di rito, i motivi di gravame devono contenere «l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta»: per cui non è neppure ipotizzabile la critica specifica di una sentenza le cui argomentazioni sono ancora ignote per non essere avvenuto il deposito. (La Suprema Corte ha enunciato il principio di cui in massima in relazione all'impugnazione proposta avverso una sentenza pronunciata all'esito di giudizio abbreviato e prima del deposito della sentenza stessa).
Cass. pen. n. 9010/1997
Ai fini della tempestività della proposizione dell'impugnazione, nel caso di imputato presente al dibattimento, il termine per il deposito della sentenza inizia a decorrere dal giorno successivo alla data della lettura del dispositivo; quello per il deposito del gravame inizia a decorrere dal primo giorno (compreso) successivo alla scadenza di quello ordinario di deposito della sentenza medesima; complessivamente perciò sono quarantacinque giorni (o sessanta nel caso di fissazione da parte del giudice di un termine maggiore di deposito), che iniziano a decorrere dal giorno dopo quello della decisione.
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Nel termine di 15 giorni stabilito dall'art. 544, comma 2, c.p.p. per il deposito della sentenza non si computa, in applicazione del principio generale fissato dall'art. 172, comma 4, c.p.p., il dies a quo, cioè quello di pronuncia della decisione. Conseguentemente il termine di trenta giorni per proporre impugnazione, previsto dall'art. 585, comma 1, lett. b), c.p.p., viene a scadere nel caso previsto dall'art. 585, comma 2, lett. c), c.p.p., il 45° giorno successivo alla detta pronuncia.
Cass. pen. n. 5878/1997
Qualora il giudice ritardi il deposito della motivazione della sentenza, senza avere preventivamente indicato un termine nel dispositivo letto in udienza, ai sensi dell'art. 544, comma terzo, c.p.p., il termine di impugnazione è quello di trenta giorni previsto dall'art. 585, comma primo, lett. b), stesso codice, decorrente dalla data di notificazione o di comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza.
Cass. pen. n. 5694/1997
Nel caso di sentenze camerali pronunciate in primo grado o in grado di appello a seguito di giudizio abbreviato, il giudice ha due diverse possibilità qualora l'imputato ed il suo difensore siano presenti: dare lettura del dispositivo subito dopo l'udienza oppure riservare la comunicazione della decisione e depositarla insieme alla motivazione nel termine previsto. Nel primo caso gli effetti della lettura sono del tutto identici a quelli che si verificano nei procedimenti ordinari e, pertanto, se la motivazione viene depositata entro il quindicesimo giorno, opera una presunzione legale di conoscenza del suo contenuto, sicché il termine di trenta giorni previsto dall'art. 585, comma primo, lett. b), c.p.p. comincia a decorrere dalla scadenza del quindicesimo giorno dalla data predetta. Se, invece, per l'assenza delle parti o per decisioni del giudice, non viene data lettura del dispositivo, resta fermo l'obbligo del deposito nei termini e della successiva notificazione dell'avviso, con la conseguenza che il termine di trenta giorni decorre dalla data della notificazione dell'avviso.
Cass. pen. n. 462/1997
In tema di decorrenza del termine di impugnazione, allorché la sentenza, pronunciata ex art. 544, comma secondo, c.p.p., sia stata depositata entro il quindicesimo giorno dalla data della pronuncia, il termine di trenta giorni per proporre impugnazione decorre, a norma dell'art. 585, comma secondo, lett. c), c.p.p., dalla scadenza del quindicesimo giorno dalla data predetta, a nulla rilevando che del deposito della sentenza sia stato dato erroneamente avviso all'imputato e al difensore, in quanto tale irrituale formalità, non richiesta dalla legge nei casi di rispetto da parte del giudice del termine legale per il deposito della sentenza, non può valere a dilatare artificiosamente il termine per proporre impugnazione, spostando la decorrenza di esso al momento della non dovuta notificazione dell'avviso di deposito
Cass. pen. n. 6024/1997
Il ricorso per cassazione con il quale venga denunciata l'abnormità di un provvedimento non può considerarsi sempre soggetto ai limiti temporali previsti dall'art. 585 c.p.p., dovendosi invece ritenere che, avendo esso lo scopo, mediante la dichiarazione e l'accertamento di detta abnormità, di rimuovere situazioni altrimenti insanabili, i limiti in questione possano essere di volta in volta individuati avendo riguardo agli effetti eventualmente prodotti dal provvedimento, malgrado la sua abnormità, ed alla sussistenza di un concreto interesse alla loro rimozione.
Cass. pen. n. 280/1997
Qualora il giudice dell'udienza preliminare, anziché dare immediata lettura della sentenza di non luogo a procedere ovvero provvedere entro il trentesimo giorno da quello della pronuncia, disponga irritualmente che il deposito della sentenza debba avvenire entro il termine più ampio, ai sensi dell'art. 544 comma terzo (riservato alle sole sentenze dibattimentali) il termine per l'impugnazione della suddetta sentenza è pur sempre quello previsto per i provvedimenti camerali di cui all'art. 585 comma primo lett. a) e 128 c.p.p. e non quello indicato dall'art. 585 comma secondo lett. c).
Cass. pen. n. 11/1997
Le disposizioni del codice di rito concernenti i termini per la proposizione dell'impugnazione operano anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso gli atti abnormi; con la sola eccezione delle ipotesi di gravame proposto nei confronti di quei provvedimenti affetti da un'anomalia genetica così radicale che, determinandone l'inesistenza materiale o giuridica e rendendoli inidonei a passare in giudicato, può essere denunciata in qualsiasi momento. (In applicazione di tale principio la corte ha dichiarato inammisibile perché tardivo il ricorso del pubblico ministero il quale aveva denunciato l'abnormità del provvedimento del pretore che, ritenuta la nullità del decreto di citazione per omessa citazione della persona offesa, aveva restituito gli atti al titolare dell'azione penale, osservando come dall'anomalia da cui era affetto detto provvedimento non potesse comunque conseguirne l'inesistenza giuridica.
Cass. pen. n. 6007/1997
Il disposto di cui all'art. 585, comma terzo, c.p.p., secondo il quale, in materia di termini per la proposizione di impugnazioni, «quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo», trova applicazione anche nei casi in cui il difensore non sia legittimato in proprio alla proposizione del gravame. (Nella specie perché, trattandosi di provvedimento ricorribile per cassazione, il difensore non era iscritto all'albo speciale previsto dall'art. 613 c.p.p.).
Cass. pen. n. 2494/1996
Quando la sentenza venga depositata lo stesso giorno della deliberazione, ma non contestualmente ad essa, si applicano per l'impugnazione i termini previsti dall'art. 585, comma 1, lett. b) e non quello di quindici giorni dalla pronuncia previsto dal primo comma dell'art. 544 c.p.p. Ciò vale anche per la sentenza emessa all'esito del giudizio abbreviato.
Cass. pen. n. 3925/1996
I provvedimenti emessi a seguito di procedimento camerale davanti al tribunale di sorveglianza, ricorribili per cassazione ai sensi degli artt. 666 e 678 c.p.p., devono essere notificati anche al difensore non iscritto nell'albo speciale, sicché pure in tali ipotesi si applica il disposto dell'art. 585, terzo comma, c.p.p., in base al quale quando la decorrenza del termine per la proposizione dell'impugnazione è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi quello che scade all'ultimo.
Cass. pen. n. 4217/1996
Il termine di 45 giorni per proporre l'impugnazione opera solo quando il giudice dichiari una particolare complessità delle questioni trattate nel dispositivo della sentenza, fissando un apposito termine per il deposito della sentenza. Il ritardo nel deposito dovuto alla complessità di cui sopra è un fatto giuridicamente irrilevante, poiché la legge facoltizza il giudice a stabilire un termine più lungo per esigenze motivazionali. Pertanto, in difetto di una statuizione espressa, si applicherà il termine di 15 giorni di cui all'art. 544, comma 2, c.p.p. e conseguentemente, ai fini della impugnazione, quello di trenta giorni previsto dall'art. 585, lett. b), c.p.p.
Cass. pen. n. 1660/1996
I motivi nuovi di cui l'art. 585, quarto comma, c.p.p., consente la presentazione nel giudizio di impugnazione, devono avere ad oggetto solo argomenti nuovi e diversi idonei a chiarire meglio eventualmente sotto altri aspetti o in una diversa prospettiva, il contenuto e la portata di quelli già presentati, non essendo consentito, attraverso un'impropria utilizzazione della norma suddetta, introdurre un thema decidendum totalmente diverso da quello inizialmente devoluto.
Cass. pen. n. 1169/1996
Con i motivi nuovi la parte impugnante può dedurre ragioni diverse da quelle poste a base dell'originaria impugnazione anche oltre i limiti dell'atto originario fermo restando l'unico limite, in caso di più capi di imputazione, del collegamento con i capi impugnati.
Cass. pen. n. 504/1996
In tema di termini per l'impugnazione, quello di 45 giorni previsto dall'art. 585 comma 1 lett. c) c.p.p. si applica solo nel caso in cui la stesura della motivazione della sentenza sia particolarmente complessa, per il numero delle parti o delle imputazioni, o per la gravità di queste ed il giudice abbia, nel relativo dispositivo, indicato per il deposito della decisione, un termine più lungo di quello ordinario di 15 giorni preveduto dall'art. 544 c.p.p. Nella diversa ipotesi in cui non sia stato rispettato il termine ordinario di deposito della sentenza, ma nel relativo dispositivo letto in udienza non sia stato fissato un maggior termine per esso, la impugnazione deve essere proposta entro 30 giorni dalla notificazione all'imputato ed al difensore dell'avviso di deposito della stessa, a norma degli artt. 585 comma 1 lett. b) e 2 lett. c) e 544 comma 2 c.p.p.
Cass. pen. n. 12260/1995
I motivi nuovi che il comma quarto dell'art. 585 del codice di procedura consente di depositare in cancelleria fino a quindici giorni prima dell'udienza non possono porre questioni non proposte con quelli principali e questo per tre ordini di motivi: a) il tenore testuale dell'art. 167 att. precisa che nella presentazione dei motivi nuovi devono «essere specificati i capi e i punti enunciati a norma dell'art. 581 comma primo lett. a) del codice ai quali i motivi si riferiscono»; b) diversamente sarebbe vanificato il principio del tempestivo e completo contraddittorio; c) l'appello incidentale, impossibile contro i motivi nuovi, sarebbe completamente vanificato se fosse possibile prospettare nuovi profili di annullamento con i motivi nuovi. Non costituisce peraltro motivo il prospettare la stessa questione nei motivi principali sotto il profilo di illegittimità e in quelli nuovi sotto uno diverso.
Cass. pen. n. 11552/1995
Qualora il giudice ritardi, in relazione al rito ordinario, il deposito della motivazione della sentenza, senza fissare alcuna indicazione nel dispositivo letto in udienza, il termine per impugnare è quello di quarantacinque giorni previsto dall'art. 585, comma 1, lett. c) c.p.p., decorrente dalla data di notifica dell'avviso di deposito della sentenza impugnata, e non già di trenta giorni ex art. 585, lett. b), c.p.p
Cass. pen. n. 8942/1995
Nell'ipotesi di assenza dell'imputato, il termine di impugnazione decorre dalla scadenza del termine prescritto per il deposito della sentenza e non dalla notifica dell'estratto che sia stata effettuata per errore. (Fattispecie nella quale si era proceduto alla notifica dell'estratto della sentenza, nell'erroneo presupposto da parte del cancelliere, che si fosse verificata la contumacia)
Cass. pen. n. 1708/1995
I «motivi nuovi» a sostegno dell'impugnazione, previsti dall'art. 585, comma quarto, c.p.p. e 167 att. c.p.p., debbono consistere in ulteriore illustrazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta rivolta al giudice del gravame, peraltro sempre nei limiti dei capi e punti della decisione che sono stati oggetto della impugnazione originaria.
Cass. pen. n. 5/1994
Il termine per proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 325, comma 1, c.p.p. avverso le ordinanze emesse dal tribunale all'esito di appello o di riesame proposti avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali è quello ordinario di quindici giorni previsto dall'art. 585, comma 1, lett. a) per le decisioni adottate in camera di consiglio, il quale, secondo il disposto della lett. a) del comma 2 dello stesso art. 585 c.p.p., inizia a decorrere dal momento della comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza.
Cass. pen. n. 5857/1994
Qualora il giudice, pur non avendo fissato un termine maggiore di quindici giorni, depositi la sentenza oltre tale termine, ma nel trentesimo giorno dalla pronuncia, è necessario far luogo a comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito perché cominci a decorrere il termine stabilito per l'impugnazione.
Cass. pen. n. 16/1993
Sono regolate dalle norme del nuovo c.p.p. le impugnazioni contro le sentenze pronunciate in giudizi abbreviati innestati su procedimenti che proseguono con l'applicazione delle norme vigenti anteriormente all'entrata in vigore di detto codice e in particolare i termini per proporre impugnazione e la loro decorrenza sono regolati dall'art. 585 di tale codice.
Cass. pen. n. 1164/1992
Per il combinato disposto degli artt. 585 comma quarto c.p.p. 1988 e 167 att., i «motivi nuovi» devono riguardare i capi e i punti della decisione enunciati a norma dell'art. 581 comma primo lett. a), ai quali si riferisce l'impugnazione. Pertanto, sono inammissibili, ai sensi dell'art. 591 stesso codice, i motivi che siano diversi da quelli enunciati nell'atto di ricorso per cassazione e con i quali sono stati investiti capi della sentenza diversi da quelli costituenti oggetto del motivo di impugnazione. (Nella fattispecie questa Corte ha dichiarato inammissibile il motivo con il quale si deduceva difetto assoluto di motivazione in ordine alla mancata riduzione della misura di sicurezza della libertà vigilata, anche perché non proposto nei motivi d'appello).