Una volta esauriti i
mezzi di impugnazione avverso la
sentenza di non luogo a procedere, oppure scaduti i termini per proporla, essa è dotata di efficacia preclusiva allo stato degli atti.
Ciò significa che il
pubblico ministero non può validamente esercitare una nuova azione penale per lo stesso fatto di reato e contro i medesimi soggetti.
Fuori dei casi di revoca, si può tranquillamente sostenere che tale sentenza acquisti efficacia di giudicato ai sensi degli articoli
648 e
650, al pari delle altre sentenze.
Per quanto concerne i
presupposti della revoca, essi consistono essenzialmente nella sopravvenienza o nella scoperta di
nuovi fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possano determinare il rinvio a giudizio.
La revoca è disposta dal
giudice per le indagini preliminari competente, su richiesta del pubblico ministero.
Va precisato che la revoca delle misure segue una disciplina differenziata, a seconda che gli elementi di prova siano già stati acquisiti, oppure debbano ancora essere acquisiti.
Di tale differenza si fa carico anche la presente norma, la quale impone al pubblico ministero di indicare nella richiesta se le prove siano già state acquisite o meno, e ciò al fine specifico di richiedere rispettivamente il
rinvio a giudizio oppure la riapertura delle indagini.
Il procedimento, da celebrarsi in
camera di consiglio e con le relative modalità, prevede chiaramente la tutela dell'imputato, al quale deve essere assegnato un difensore d'ufficio, qualora ne sia privo. Il giudice deve inoltre far avvisare il p.m., l'imputato, il suo difensore e la persona offesa della data dell'udienza in oggetto.