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Articolo 391 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Udienza di convalida

Dispositivo dell'art. 391 Codice di procedura penale

1. L'udienza di convalida si svolge in camera di consiglio [127] con la partecipazione necessaria del difensore dell'arrestato o del fermato. Quando l'arrestato, il fermato o il difensore ne fanno richiesta il giudice può autorizzarli a partecipare a distanza(2).

2. Se il difensore di fiducia [96] o di ufficio [97] non è stato reperito o non è comparso, il giudice provvede a norma dell'articolo 97 comma 4. Il giudice altresì, anche d'ufficio, verifica che all'arrestato o al fermato sia stata data la comunicazione di cui all'articolo 386, comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l'informazione ivi indicate(1).

3. Il pubblico ministero, se comparso, indica i motivi dell'arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale. Il giudice procede quindi all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato [64, 65, 294, 503 6], salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore.

4. Quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386 comma 3 e 390 comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. Contro l'ordinanza che decide sulla convalida, il pubblico ministero e l'arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione [606].

5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il giudice dispone l'applicazione di una misura coercitiva a norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 387 bis del codice penale o nell'articolo 381, comma 2, del presente codice ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280(3).

6. Quando non provvede a norma del comma 5, il giudice dispone con ordinanza la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato.

7. Le ordinanze previste dai commi precedenti, se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Le ordinanze pronunciate in udienza sono comunicate al pubblico ministero e notificate all'arrestato o al fermato, se non comparsi. I termini per l'impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione. L'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice [716 3].

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


1. L’udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore dell’arrestato o del fermato. Quando l’arrestato, il fermato o il difensore ne fanno richiesta il giudice può autorizzarli a partecipare a distanza.
[omissis]

__________________

(1) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. f), D.Lgs. 1° luglio 2014, n. 101, a decorrere dal 16 agosto 2014, ai sensi di quanto disposto dall’art. 4, comma 1, del medesimo D.Lgs. 101/2014.
(2) Comma modificato dall'art. 19, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").
(3) Il comma 5 è stato modificato dall'art. 13, comma 1, lettera c) della L. 24 novembre 2023, n. 168.

Ratio Legis

Con la misura precautelare dell’arresto o del fermo, si priva il soggetto della libertà personale. Trattandosi di provvedimento che limita la libertà personale, il codice di procedura penale deve attuare il principio costituzionale ex art. 13 Cost.: l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori solo in casi eccezionali di necessità ed urgenza indicati tassativamente dalla legge; tali provvedimenti provvisori ed urgenti devono essere poi convalidati dall’autorità giudiziaria entro precisi limiti temporali (in mancanza di convalida, tali provvedimenti sono revocati e perdono ogni effetto).
In questo contesto, l’udienza di convalida ex art. 391 c.p.p. si pone come indispensabile garanzia di controllo giurisdizionale sull’atto privativo di libertà.

Spiegazione dell'art. 391 Codice di procedura penale

L'art. 13 Cost. ha imposto al legislatore una dettagliata disciplina del procedimento di convalida dell’arresto e del fermo, prevedendo che sia il giudice a decidere sulla convalida (e non il pubblico ministero). Il procedimento di convalida può così schematizzarsi: la polizia giudiziaria mette l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero; il pubblico ministero chiede la convalida dell’arresto o del fermo al giudice; infine, c’è l’udienza di convalida.

L’art. 391 c.p.p. disciplina lo svolgimento dell’udienza di convalida dell’arresto, del fermo e dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare.

Ai sensi del comma 1, l’udienza di convalida si celebra in camera di consiglio (art. 127 del c.p.p.). In modo particolare:
  • il comma 1 prevede la partecipazione necessaria del difensore. A tal riguardo, il comma 2 stabilisce che, se il difensore non è stato reperito o non è comparso, il giudice ne nomina uno d’ufficio ai sensi dell’art. 97, comma 4 c.p.p.;
  • ai sensi dell’art. 390 del c.p.p., il pubblico ministero non ha l’obbligo di comparire, dato che comunque con la richiesta di convalida deve aver già trasmesso il verbale dell'esecuzione della misura e copia della documentazione ex art. 122 delle disp. att. c.p.p.. L’art. 390, comma 3 c.p.p. precisa che il pubblico ministero, se non ritiene di comparire, deve trasmette al giudice le richieste in ordine alla libertà personale, unitamente agli elementi su cui le stesse si fondano. Per contro, il comma 3 dell’art. 391 c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero, qualora compaia, deve indicare i motivi della misura precautelare e deve illustra le richieste in ordine alla libertà personale.

Sempre il comma 1 (modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) precisa che, se il soggetto arrestato o fermato oppure il suo difensore ne fanno richiesta, il giudice può autorizzarli a partecipare a distanza.

Inoltre, come precisato dal comma 2, il giudice controlla, anche d’ufficio, che all’arrestato o fermato sia stata data la comunicazione scritta circa i suoi diritti e facoltà (a norma dell’art. 386, comma 1 c.p.p.) o che comunque sia stato informato oralmente sui suoi diritti e facoltà (ai sensi dell’art. 386, comma 1-bis c.p.p.). Se è necessario, il giudice provvede a dare o completare la comunicazione.

Va rammentato che, in caso di arresto facoltativo (art. 381 del c.p.p.), il giudice è altresì tenuto a valutare se la polizia giudiziaria abbia fatto corretto uso dei propri poteri discrezionali.

Il comma 3 prevede che il giudice procede all’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire.
Occorre evidenziare che, ai sensi dell’art. 294 del c.p.p., il giudice, che abbia proceduto all’interrogatorio nel corso dell’udienza di convalida ed abbia poi applicato una misura cautelare, non ha più successivamente l’obbligo di procedere all’interrogatorio di garanzia.

In ogni caso, il giudice sente il difensore dell’arrestato o fermato, al fine di garantire un minimo di assistenza difensiva.

In sede di udienza di convalida, il giudice opera due distinte valutazioni:
  • una prima valutazione rivolta al passato: la decisione sulla convalida dell’arresto o del fermo (comma 4 dell’art. 391 del c.p.p.). Il giudice deve verificare che la misura precautelare sia stata legittimamente eseguita e che siano stati osservati i termini previsti dall’art. 386, comma 3 c.p.p. (il termine per mettere l’arrestato o fermato a disposizione del pubblico ministero) e dall’art. 390, comma 1 c.p.p. (il termine per chiedere la convalida).
Se la verifica è positiva, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. Se il controllo ha esito negativo, il giudice rigetta la richiesta con ordinanza, negando la convalida.
Il pubblico ministero e il soggetto arrestato o fermato possono proporre ricorso per Cassazione contro l’ordinanza che decide sulla convalida della misura precautelare (sia il provvedimento di convalida, sia il diniego di convalida).
  • una seconda valutazione opera pro futuro: la decisione sull’emissione della misura cautelare richiesta dal pubblico ministero (commi 5 e 6 dell’art. 391 del c.p.p.). Il giudice deve valutare se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall’art. 273 del c.p.p. e taluna delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 del c.p.p..
Se tale valutazione è positiva, il giudice dispone l’applicazione della misura cautelare coercitiva. Se la verifica è negativa, il giudice non applica la misura cautelare e dispone con ordinanza l’immediata liberazione dell’arrestato o del fermato (infatti, il provvedimento di convalida non legittima il prolungarsi dello stato di arresto o di fermo e, pertanto, se il giudice non dispone l’applicazione di una misura cautelare, deve comunque ordinare la liberazione immediata del soggetto).

Queste due valutazioni sono indipendenti tra loro: cioè, non esiste alcun nesso di dipendenza funzionale tra le due decisioni.
Quindi, l’una non influenza l’altra: il giudice potrebbe convalidare la misura precautelare e non applicare la misura cautelare oppure, viceversa, potrebbe non convalidare l’arresto o il fermo e comunque applicare la misura cautelare coercitiva.

Poi, il comma 7 stabilisce che le ordinanze previste dai commi precedenti, se sono pronunciate in udienza, sono comunicate al pubblico ministero e notificate all’arrestato o al fermato, se non comparsi. Invece, se tali provvedimenti non sono pronunciati in udienza, essi sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione.
I termini per l’impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione.

Infine, sempre il comma 7 precisa che l’arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l’ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l’arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice (ossia, dal momento in cui il giudice ha ricevuto la richiesta di convalida).

Massime relative all'art. 391 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 54415/2018

In tema di convalida del fermo disposto dalla polizia giudiziaria, il termine di quarantotto ore imposto dalla legge per gli adempimenti del giudice fa riferimento soltanto alla fissazione e al momento di inizio dell'udienza di convalida e non anche al momento in cui è emessa la decisione, che può quindi essere adottata successivamente, purché intervenga a chiusura dell'udienza senza soluzione di continuità.

Cass. pen. n. 49944/2018

Qualora all'esito dell'udienza di convalida di cui all'art. 391 cod. proc. pen., il giudice per le indagini preliminari emetta un'ordinanza cautelare per un reato diverso da quello per cui si è proceduto all'arresto o al fermo, non è necessario un ulteriore interrogatorio dell'indagato, ai sensi dell'art. 294, comma 1, cod. proc. pen., a condizione che nell'udienza di convalida sia stato pienamente rispettato il contraddittorio tra le parti, attraverso la contestazione dell'ulteriore imputazione e l'accesso agli atti da parte della difesa, e, nel corso di detta udienza, l'indagato sia stato interrogato anche su tale diverso reato. (Fattispecie in cui all'esito dell'udienza di convalida dell'arresto per detenzione e spaccio di stupefacente e resistenza al pubblico ufficiale, il giudice delle indagini preliminari, su richiesta del pm, aveva disposto la misura della custodia in carcere anche per un ulteriore episodio di spaccio).

Cass. pen. n. 23653/2018

In tema di convalida dell'arresto, il richiamo operato dall'art. 391, comma 4, cod. proc. pen., alla previsione di cui all'art. 386, comma 3, cod. proc. pen. si riferisce esclusivamente al rispetto del termine delle ventiquattro ore, entro cui la polizia giudiziaria deve porre l'arrestato a disposizione del pubblico ministero e non anche al luogo materiale, ove nel frattempo mantenerlo in custodia, essendo sufficiente che lo stesso rimanga a disposizione del pubblico ministero in una idonea camera di sicurezza.

Cass. pen. n. 16857/2018

In tema di convalida dell'arresto per uno dei delitti per in quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza (nella specie, evasione dagli arresti domiciliari), il giudice, ove ne ricorrano i presupposti e taluna delle esigenze cautelari, può disporre la misura della custodia cautelare in carcere solo se ritiene che all'esito del giudizio sarà irrogata una pena detentiva superiore ai tre anni, atteso che la deroga ai limiti di pena di cui agli artt. 274, comma 1, lett. c) e 280 cod. proc. pen., prevista dall'art. 391, comma 5, cod. proc. pen., non può essere estesa anche al limite imposto dall'art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., trattandosi di un'interpretazione analogica in "malam partem".

Cass. pen. n. 11977/2018

È affetto da nullità assoluta, per inidoneità dell'atto a conseguire il suo scopo, l'avviso di fissazione dell'udienza per la convalida dell'arresto eseguito nei confronti del difensore in tempi talmente ridotti (nella specie mezz'ora prima) da far ragionevolmente presumere l'oggettiva impossibilità della sua partecipazione informata all'udienza stessa.

Cass. pen. n. 8422/2018

La valutazione del giudice sulla legittimità dell'arresto, pur non estendendosi all'accertamento dell'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, deve tuttavia avere ad oggetto la configurabilità in astratto del reato per cui si è proceduto all'arresto e la sua attribuibilità alla persona arrestata, quali condizioni legittimanti la privazione della libertà personale. (Nella specie la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza di diniego di convalida dell'arresto per il reato di detenzione di sostanza stupefacente, ravvisando la sussistenza di elementi indicatori della finalità di spaccio dalla notevole quantità dello stupefacente, dallo stato di disoccupazione della persona arrestata e dalla mancanza di una versione difensiva alternativa).

Cass. pen. n. 21183/2017

L'annullamento, su ricorso del P.M., dell'ordinanza di non convalida dell'arresto va disposto senza rinvio, posto che il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai definitivamente perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell'operato della polizia giudiziaria e l'eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di ricadute quanto ad effetti giuridici.

Cass. pen. n. 10465/2017

In tema di convalida dell'arresto o del fermo, il giudice è tenuto a disporre la liberazione dell'arrestato o del fermato se entro il termine massimo di 48 ore, previsto dall'art. 391 cod. proc. pen., non dispone l'applicazione della misura cautelare richiesta dal P.M., tuttavia, conserva il potere di decidere su quest'ultima anche oltre detto termine, la cui scadenza non esplica alcun effetto sulla legittimità dell'ordinanza successivamente emessa.

Cass. pen. n. 7470/2017

In tema di arresto in flagranza, il giudice della convalida deve operare un controllo di mera ragionevolezza, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l'arresto sulla base degli elementi al momento conosciuti, per cui, ai fini della verifica dell'eventuale incapacità di intendere e di volere dell'arrestato, è necessario che tale stato si sia manifestato in modo chiaro all'agente operante al momento dell'intervento. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto correttamente convalidato l'arresto di un soggetto evaso dagli arresti domiciliari fermato "in pieno stato confusionale", ritenendo che tale stato poteva essere ragionevolmente ricondotto anche ad ubriachezza o ad intossicazione da sostanze stupefacenti).

Cass. pen. n. 8341/2015

In sede di convalida dell'arresto, il giudice, oltre a verificare l'osservanza dei termini previsti dall'art. 386, comma terzo e 390, comma primo. cod. proc. pen., deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l'eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell'operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all'ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., in una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari (valutazione questa riservata all'applicabilità delle misure cautelari coercitive), né l'apprezzamento sulla responsabilità (riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito). (Nella specie, la Corte ha annullato senza rinvio l'ordinanza di diniego della convalida dell'arresto che aveva compiuto pregnanti valutazioni di merito inerenti alla credibilità della versione dei fatti rappresentata dall'indagato, anche giungendo a ritenere non perfezionato, in ragione di tali giustificazioni, l'elemento soggettivo del reato).

Cass. pen. n. 53850/2014

Il legittimo impedimento che non permette la presenza fisica dell'arrestato all'udienza non è ostativo alla richiesta di convalida dell'arresto e contestuale giudizio direttissimo, presentata ai sensi dell'art. 558 c.p.p..

Cass. pen. n. 38791/2014

L'annullamento, su ricorso del P.M., dell'ordinanza di non convalida dell'arresto va disposto con rinvio e il giudizio conseguente, che si svolge nei confronti di arrestato restituito alla libertà, è circoscritto al solo controllo di legalità dell'avvenuto arresto.

Cass. pen. n. 28021/2014

In caso di arresto per più reati, non sussiste l'interesse del pubblico ministero a ricorrere per cassazione avverso il provvedimento di convalida parziale, nel caso in cui il giudice abbia convalidato l'arresto per l'altro reato e disposto la custodia cautelare, in quanto in materia, detto requisito è configurabile esclusivamente quando l'impugnazione è presentata per far valere l'illegittimità della situazione derivante dall'ordinanza che incide sulla libertà personale dell'indagato, ovvero per evitare che, in tema di fungibilità della detenzione, possa costituirsi, per eventuali reati precedentemente commessi, un'illegittima riserva di pena conseguente alla privazione della libertà personale senza titolo. (Fattispecie in cui il giudice non aveva convalidato l'arresto per il reato di resistenza a pubblico ufficiale convalidandolo, invece, ed emettendo ordinanza di custodia cautelare per il delitto di tentata rapina).

Cass. pen. n. 13287/2014

L'annullamento, su ricorso del P.M., dell'ordinanza di non convalida dell'arresto va disposto senza rinvio, poiché l'eventuale rinvio del provvedimento impugnato solleciterebbe il giudice "a quo" ad una pronuncia che avrebbe valore meramente formale, senza alcuna produzione di effetti giuridici.

Cass. pen. n. 11817/2014

L'omessa notifica al difensore di fiducia dell'avviso di fissazione dell'udienza di convalida dell'arresto integra una nullità d'ordine generale a regime intermedio, che è sanata qualora né l'indagato né il difensore nominato d'ufficio la eccepiscano tempestivamente.

Cass. pen. n. 46714/2012

Integra una nullità assoluta insanabile l'omesso avviso al difensore di fiducia della fissazione dell'udienza per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio direttissimo.

Cass. pen. n. 36212/2010

Il difensore dell'arrestato o del fermato ha diritto, nel procedimento di convalida, di esaminare ed estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare; il denegato accesso a tali atti determina una nullità di ordine generale a regime intermedio dell'interrogatorio e del provvedimento di convalida, da ritenersi sanata se non eccepita nel corso dell'udienza di convalida.(Nella specie,la Corte ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso, non avendo il ricorrente impugnato l'ordinanza con la quale il giudice, disattendendo l'eccezione di nullità dell'interrogatorio tempestivamente sollevata in sede di udienza di convalida, aveva provveduto a convalidare il fermo).

Cass. pen. n. 12823/2010

Nell'ipotesi in cui la misura cautelare sia stata disposta dal giudice della convalida ex art. 391, comma quinto, c.p.p., e il luogo dell'arresto o del fermo sia diverso da quello di commissione del reato, solo la formale dichiarazione di incompetenza da parte del giudice determina l'inefficacia della misura cautelare che non sia stata rinnovata dal giudice competente entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti.

Cass. pen. n. 6281/2010

Lo svolgimento di interrogatorio in sede di udienza di convalida del fermo esclude che debba farsi successivamente luogo all'interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p. pur se il giudice, competente per l'adozione della misura, sia incompetente per la convalida. *

Cass. pen. n. 42074/2008

In tema di udienza di convalida dell'arresto, l'omessa notifica al difensore di fiducia dell'avviso di fissazione della stessa integra una nullità di ordine generale, a regime intermedio, che rimane sanata ove né l'indagato né il difensore nominato d'ufficio avanzino tempestiva eccezione.

Cass. pen. n. 39274/2008

In tema di udienza di convalida dell'arresto in flagranza e del fermo, deve ritenersi "non reperito", ai fini della nomina del difensore d'ufficio, il difensore che non sia stato possibile rintracciare sulla base delle informazioni disponibili ed a seguito di una seria ricerca. (Fattispecie nelle quale la polizia giudiziaria si era recata presso lo studio del difensore senza trovarvi alcuno, ed aveva invano cercato di contattarlo telefonicamente, non riuscendo ad acquisire alcuna informazione sul domicilio: la S.C. ha ritenuto, in questo caso, la serietà delle ricerche, a nulla rilevando che non fosse stato lasciato un avviso in segreteria telefonica).

Cass. pen. n. 26468/2007

L'impossibilità di procedere all'interrogatorio dell'arrestato che non comprende la lingua italiana, per l'irreperibilità di un interprete, costituisce un caso di forza maggiore che non impedisce di procedere alla convalida dell'arresto, di cui il giudice è tenuto a valutare la legittimità formale. *

Cass. pen. n. 13171/2007

In tema di convalida dell'arresto o del fermo, l'articolo 391, comma 7, del c.p.p., nella parte in cui prevede che «l'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice», va interpretato nel senso che, quando l'ordinanza venga «pronunciata» senza soluzione di continuità all'esito dell'udienza camerale, il termine deve ritenersi rispettato anche se, per il protrarsi dell'interrogatorio, dovuto alla complessità del medesimo, all'atto della pronuncia siano passate oltre quarantotto ore dalla messa dell'arrestato o fermato a disposizione del giudice, atteso che una tale situazione non viola (avuto riguardo al principio per cui a impossibilia nemo tenetur) la sostanza dell'articolo 13, comma 2, della Costituzione, ove si stabilisce il doppio limite delle novantasei ore (quarantotto più quarantotto) entro il quale l'autorità di pubblica sicurezza deve comunicare all'autorità giudiziaria l'avvenuto arresto o fermo di una persona e il giudice deve convalidarlo; quando invece l'ordinanza non venga «pronunciata» all'esito dell'udienza, ma venga «depositata» successivamente, tale deposito deve necessariamente essere effettuato entro le quarantotto ore decorrenti dal momento in cui l'arrestato o fermato è stato posto a disposizione del giudice, giacché l'intervenuta soluzione di continuità tra udienza di convalida e deposito del provvedimento, non presentando carattere di necessità ed essendo, quindi, evitabile, non giustificherebbe l'inosservanza del predetto termine perentorio. (Nella specie, la Cassazione ha ritenuto esente da censure, quindi, l'ordinanza cautelare emessa in esito all'udienza di convalida, pur se successivamente alla scadenza del termine di quarantotto ore della richiesta di convalida, giacché l'udienza di convalida, riguardante tra l'altro più persone, aveva avuto inizio entro tale termine ed era proseguita senza soluzione di continuità fino all'emissione del provvedimento de libertate). (Mass. redaz.)

Cass. pen. n. 309/2007

Nel caso di misura cautelare disposta all'esito di udienza di convalida dell'arresto cui il pubblico ministero, avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 390, comma terzo bis, cod. proc. proc., non sia comparso, l'interrogatorio effettuato dal giudice, per poter adempiere alla stessa funzione di quello previsto dall'art. 294 c.p.p., dev'essere preceduto, a pena di nullità a regime cosiddetto intermedio (mancando l'illustrazione orale delle proprie richieste da parte del pubblico ministero, che assolve, in via anticipata, alle medesime finalità dell'adempimento di cui all'art. 293, comma terzo, c.p.p.), dall'esposizione, da parte dello stesso giudice, delle richieste scritte dell'organo dell'accusa o comunque dalla ostensione delle medesime al difensore dell'indagato. *

Cass. pen. n. 39894/2004

Non può legittimamente negarsi la convalida dell'arresto in flagranza o del fermo per la ritenuta sussistenza di uno stato di incapacità di intendere e di volere dell'arrestato o del fermato, quando il detto stato non fosse tale da essere oggettivamente rilevabile al momento della privazione della libertà ma sia stato desunto da documentazione successivamente acquisita dal giudice).

Cass. pen. n. 46473/2003

Nell'ipotesi di arresto in flagranza di reato, la valutazione demandata al giudice della convalida non si estende all'accertamento dei gravi indizi di colpevolezza (a differenza di quanto esplicitamente previsto per il fermo dall'art. 384 c.p.p.), ma è limitata alla verifica delle condizioni legittimanti la privazione della libertà personale, tra le quali tuttavia inclusa la valutazione sulla configurabilità, non solo in astratto, del reato ipotizzato ed altresì sulla probabilità di attribuzione dello stesso alla persona arrestata.

Cass. pen. n. 8029/2003

In tema di convalida dell'arresto facoltativo in flagranza, il controllo che il giudice compie ex post circa i presupposti richiesti dalla legge per la privazione dello status libertatis (gravità del fatto e personalità dell'arrestato) non può esorbitare da una verifica di ragionevolezza sull'operato della polizia giudiziaria, alla quale è istituzionalmente attribuita una sfera discrezionale nell'apprezzamento dei presupposti stessi, dovendosi escludere che tale controllo possa estendersi fino alla rivalutazione dell'operato della polizia giudiziaria fondata su diversi e ulteriori elementi rispetto a quelli riportati nel verbale di arresto

Cass. pen. n. 1/2003

Per l'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di cui all'art. 391 c.p.p., a differenza di quanto è disposto per l'udienza preliminare e per il dibattimento, non è prevista la facoltà dell'imputato di rendere, alternativamente o congiuntamente all'interrogatorio, spontanee dichiarazioni. *

Cass. pen. n. 39414/2002

In tema di avviso al difensore per l'udienza di convalida e per il contestuale giudizio direttissimo, una volta accertata l'adeguatezza del mezzo usato, con riguardo al tempo disponibile e all'insussistenza di strumenti di comunicazione alternativi, è irrilevante la circostanza della mancata conoscenza, da parte del difensore, dell'avviso medesimo. (Nella specie si è ritenuto che la mancata conoscenza del messaggio, registrato nella segreteria telefonica del difensore designato all'atto dell'arresto, a causa di vizi di funzionamento dell'apparecchiatura o del mancato ascolto della registrazione, non incidesse sulla ritualità dell'avviso, gravando sul difensore medesimo l'onere di assicurarsi della perfetta funzionalità degli apparecchi di cui è dotato il proprio studio professionale e di ascoltare le comunicazioni memorizzate.

Cass. pen. n. 35706/2001

In tema di convalida dell'arresto o del fermo, l'art. 391, comma 7, c.p.p., nella parte in cui prevede che «l'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata nelle quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice», va interpretato nel senso che, quando l'ordinanza venga «pronunciata» senza soluzione di continuità all'esito dell'udienza camerale, il termine deve ritenersi rispettato anche se, per il protrarsi dell'interrogatorio, dovuto alla complessità del medesimo, all'atto della pronuncia siano passate oltre 48 ore dalla messa dell'arrestato o fermato a disposizione del giudice, atteso che una tale situazione non viola (avuto riguardo al principio per cui ad impossibilia nemo tenetur) la sostanza dell'art. 13, comma secondo, della Costituzione, ove si stabilisce il doppio limite delle novantasei ore (quarantotto più quarantotto) entro il quale l'autorità di pubblica sicurezza deve comunicare all'autorità giudiziaria l'avvenuto arresto o fermo di una persona ed il giudice deve convalidarlo; quando invece l'ordinanza non venga «pronunciata» all'esito dell'udienza, ma venga «depositata» successivamente, tale deposito deve necessariamente essere effettuato entro le 48 ore decorrenti dal momento in cui l'arrestato o fermato è stato posto a disposizione del giudice, giacché l'intervenuta soluzione di continuità tra udienza di convalida e deposito del provvedimento, non presentando carattere di necessità ed essendo, quindi, evitabile, non giustificherebbe l'inosservanza del predetto termine perentorio.

Cass. pen. n. 33470/2001

In tema di avvisi al difensore, deve ritenersi ritualmente informato l'avvocato al quale sia stato trasmesso, via telefax, l'avviso di fissazione dell'udienza di convalida del fermo, in cui non sia indicata e l'ora della comparizione, se tale avviso sia integrato, mediante altro avviso trasmesso con lo stesso mezzo poco prima dell'udienza recante gli elementi mancanti, posto che il destinatario, prestando una minima, doverosa collaborazione, avrebbe potuto informarsi tempestivamente ed attivarsi per essere presente all'incombente.

Cass. pen. n. 8849/2001

L'ordinanza di convalida del fermo ha valore circoscritto al controllo di legittimità dell'operato della polizia giudiziaria, con esclusivo riferimento alle condizioni che disciplinano il fermo, e non costituisce titolo di detenzione essendo indispensabile perché permanga lo stato custodiale l'emanazione di uno specifico provvedimento impositivo di una misura coercitiva. Ne consegue che i piani su cui agiscono i due istituti (arresto e fermo da un lato e misura custodiale dall'altra) sono diversi sicché la convalida del fermo non necessariamente impone la protrazione dello stato di privazione della libertà del fermato (e viceversa)

Cass. pen. n. 33/2000

È illegittimo il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, investito delle contestuali richieste di convalida dell'arresto (o del fermo) e di applicazione di una misura cautelare, respinga quest'ultima e disponga la scarcerazione dell'arrestato (o del fermato) prima dell'udienza di convalida, atteso che l'art. 391, comma 3, c.p.p., prescrive espressamente che la decisione sull'applicazione della misura cautelare sia adottata nel contraddittorio e quindi all'esito dell'udienza camerale; detta violazione di legge, concernendo una disposizione che garantisce la partecipazione del pubblico ministero agli atti del procedimento, integra la nullità generale a regime intermedio di cui all'art. 178, lett. b), c.p.p., ma non determina, altresì, l'abnormità del provvedimento e la sua immediata ricorribilità per cassazione, poiché rientra nei poteri del giudice decidere sulla richiesta di applicazione di una misura cautelare né si verifica, in conseguenza del suo rigetto, una situazione di irrimediabile stallo del procedimento essendo consentito al pubblico ministero denunciare l'invalidità mediante l'appello de libertate di cui all'art. 310 c.p.p.

Cass. pen. n. 2761/2000

L'avviso al difensore per la partecipazione all'udienza di convalida dell'arresto è dovuto a chi riveste la qualità di difensore nel momento in cui l'udienza è stabilita dall'ufficio giudiziario; poiché la convalida dell'arresto o del fermo è soggetta a termini molto ristretti, costituzionalmente imposti, deve escludersi l'obbligo dell'ufficio di avvisare un eventuale difensore di fiducia successivamente nominato, che avrà l'onere, se vuole intervenire all'atto, di adoperarsi per assumere le necessarie informazioni; né risulta in tal modo violata la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con L. 4 agosto 1955, n. 848, che non specifica le modalità cui gli Stati membri debbono attenersi per consentire l'esercizio del diritto di difesa che, come deciso dalla stessa Corte europea dei diritti dell'uomo (ad es. CEDU 27 novembre 1997, K.F. c. Germania), può ben essere regolato e condizionato a seconda delle esigenze dell'ordinamento interno, ferma restando la necessità che il difensore, tempestivamente nominato, sia posto in grado di intervenire e liberamente esplicare il proprio mandato.

Cass. pen. n. 1532/2000

Il giudice per le indagini preliminari che, all'esito del giudizio di convalida del fermo, applichi una misura coercitiva dichiarando contestualmente la propria incompetenza per territorio, non è tenuto a motivare circa l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p.; e ciò in quanto in detta ipotesi l'urgenza di provvedere, richiesta in via generale ordinanza cautelare da parte di giudice incompetente, deve considerarsi esistente in re ipsa.

Cass. pen. n. 2542/2000

In tema di convalida dell'arresto, il giudice deve pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti che hanno giustificato il provvedimento restrittivo indipendentemente dalle diverse conclusioni prese dal rappresentante del P.M. in udienza. Invero, l'ordinanza che concede o nega la convalida dell'arresto, deve motivare adeguatamente in merito all'esito di tale esame, che non deve esaurirsi in un mero controllo di legalità formale, ma deve pur sempre essere limitato alla verifica dell'esistenza del “fumus commissi delicti”

Cass. pen. n. 839/2000

Contro l'ordinanza di applicazione della misura cautelare, emessa all'esito di udienza di convalida dell'arresto o del fermo, non possono essere dedotti vizi in procedendo afferenti alla regolarità della udienza; ciò in quanto l'udienza di convalida è solo eventualmente la sede in cui il giudice deve decidere sulla richiesta di applicazione di una misura coercitiva, essendo invece la sede indefettibile della sola decisione sulla legittimità dell'arresto o del fermo. Ne consegue che la violazione di norme processuali riguardanti l'udienza non influisce sulla legittimità ed efficacia del provvedimento coercitivo, il quale ha piena autonomia genetica e funzionale rispetto alla convalida.

Cass. pen. n. 4763/2000

Il provvedimento di convalida dell'arresto in flagranza ratifica un atto di polizia giudiziaria basato su risultanze di fatto idonee a far ritenere commesso il reato e prescinde pertanto dalla sussistenza di indizi di colpevolezza; non può pertanto essere contestata la convalida di un arresto eseguito per detenzione di sostanza stupefacente sul presupposto che si sarebbe dovuto ritenere il fatto penalmente indifferente perché non accompagnato da sicuri indici di illecito commercio, atteso che la legge vieta la detenzione di sostanza stupefacente anche quando tale detenzione risulti non qualificata, essendo depenalizzata solo quella condotta che abbia certo riferimento, e nella misura in cui abbia certo riferimento, all'uso personale.

Cass. pen. n. 4744/2000

È abnorme — perché annulla il contraddittorio previsto dalla legge, paralizzando il potere del P.M. di comparire in udienza — il provvedimento con il quale il giudice delle indagini preliminari, richiesto dal pubblico ministero di convalidare l'arresto e di applicare una misura custodiale, respinga la seconda richiesta e, non adempiendo al dovere impostogli dall'art. 390 c.p.p. di fissare l'udienza di convalida al più presto, ordini l'immediata liberazione dell'arrestato, arrogandosi un potere non spettantegli perché riservato solo al P.M. nella ricorrenza delle ipotesi previste dagli artt. 389 c.p.p. e 121 att.

Cass. pen. n. 344/2000

In tema di patteggiamento, l'omesso avviso al difensore di fiducia della data fissata per l'udienza camerale prevista dall'art. 447 c.p.p. per la decisione sulla richiesta, (che, nella specie, essendo stata proposta personalmente dall'imputato, alla presenza del difensore, nel corso della precedente udienza di convalida dell'arresto, aveva ricevuto il consenso del pubblico ministero), costituisce una nullità a regime intermedio, atteso che, a norma dell'art. 447, comma secondo, c.p.p., la presenza delle parti in tale udienza non è obbligatoria, e che, in ogni caso, né il difensore né l'imputato hanno interesse a eccepire la suddetta nullità, non essendo più modificabile l'accordo raggiunto dalle parti.

Cass. civ. n. 3094/1999

Il potere di applicare una misura coercitiva rientra nella sfera della competenza funzionale derogatoria individuata dall'art. 390, primo comma, c.p.p., ai fini della convalida del fermo o dell'arresto, con la conseguenza che, se il luogo dell'arresto o del fermo è diverso da quello della consumazione del reato, il giudice che l'abbia disposta ex art. 391; quinto comma, c.p.p., non deve dichiarare la propria incompetenza ai sensi dell'art. 291, secondo comma, c.p.p., ma deve limitarsi a restituire gli atti al P.M. e la misura stessa non è soggetta alla ratifica e, in mancanza, alla caducazione prevista dall'art. 27 c.p.p. Ed invero, l'intervento del giudice della convalida non ha carattere surrogatorio, ma rappresenta l'esercizio di giurisdizione da parte di un organo funzionalmente competente, con esclusione dell'operatività del disposto dell'art. 27 c.p.p.

Cass. pen. n. 17/1999

Le misure coercitive applicate contestualmente al provvedimento di convalida del fermo o dell'arresto, pur se collegate con la misura precautelare, non sono con la stessa in rapporto di connessione essenziale, sicché la nullità della convalida non si estende all'ordinanza impositiva delle misure coercitive, né sulla possibilità di disporle incide la mancata convalida.

Cass. pen. n. 20780/1999

L'art. 390, comma 1, c.p.p., prevede per la convalida dell'arresto o del fermo un'ipotesi di competenza del giudice per le indagini preliminari, in relazione al luogo in cui l'arresto o il fermo sia stato eseguito, assolutamente inderogabile. Ne consegue che nella determinazione della stessa nessun rilievo spiegano fatti accidentali e contingenti quali la provenienza dell'atto di cui si richieda la convalida. (Fattispecie in cui il giudice per le indagini preliminari aveva omesso il giudizio di convalida del fermo in quanto lo stesso era stato disposto dal pubblico ministero presso il tribunale dei minori e, quindi, da P.M. diverso da quello che aveva richiesto la convalida, ritenendo che, in detta ipotesi fosse competente il Gip presso il tribunale dei minori. La S.C. ha annullato con rinvio l'ordinanza impugnata specificando in motivazione che legittimato a chiedere la convalida del fermo, in base all'art. 390 c.p.p., può ben essere anche un pubblico ministero diverso da quello che lo ha disposto, purché territorialmente competente rispetto al luogo in cui la misura è stata eseguita. Sicché è il P.M. che chiede la convalida a trarre la sua competenza da quella del Gip, competenza, quest'ultima, che si determina inderogabilmente in relazione al luogo dell'esecuzione del fermo stesso).

Cass. pen. n. 2584/1999

L'art. 391, comma 5, c.p.p., nell'attribuire al giudice della convalida del fermo o dell'arresto il potere di disporre anche l'applicazione di una misura cautelare, non implica che, qualora egli debba anche dichiarare la competenza, per materia o per territorio, di altro giudice al quale quindi vengano trasmessi gli atti del procedimento, non debba trovare applicazione la disciplina prevista in via generale dall'art. 27 c.p.p. per il caso di misura cautelare disposta da giudice incompetente. Ne consegue che il giudice della convalida, una volta dichiaratosi incompetente a conoscere del procedimento, non può neppure decidere sull'istanza di proroga della custodia cautelare avanzata dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 305 c.p.p.

Cass. pen. n. 3268/1999

L'art. 390, comma 1, c.p.p., che prevede per la convalida dell'arresto o del fermo la competenza del giudice per le indagini preliminari del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito e l'art. 391, comma 5, stesso codice, che prevede la competenza dello stesso giudice a disporre l'applicazione delle misure coercitive, configurano un'ipotesi di competenza funzionale. Dette norme derogano alla regola generale contenuta nell'art. 328 c.p.p., il quale prevede che per determinati reati (quelli indicati nell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p.) le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salvo specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto, nel cui ambito ha sede il giudice competente. Ne consegue che la convalida del fermo o dell'arresto, in quanto oggetto della specifica disposizione di legge di cui all'art. 390 succitato, rientra nella clausola di salvaguardia contenuta nel predetto art. 328

Cass. pen. n. 1018/1999

Nel caso in cui l'udienza di convalida dell'arresto o del fermo sia tenuta da un giudice incompetente ratione loci, ai sensi dell'art. 390, primo comma, c.p.p., non solo l'eventuale ordinanza di convalida costituisce un provvedimento nullo, ma tale deve considerarsi anche l'ordinanza di adozione d'urgenza di misura cautelare ex art. 291, secondo comma, c.p.p., con la conseguenza che non possono trovare applicazione i principi di cui all'art. 27 c.p.p., della protrazione della proroga legale di efficacia della misura e della conservazione degli atti assunti da giudice incompetente. Ne consegue che l'interrogatorio effettuato dal giudice della convalida del fermo incompetente territorialmente ai sensi dell'art. 390, primo comma, c.p.p. non può essere considerato valido ed efficace - quale interrogatorio di garanza ex art. 294 c.p.p. - per il mantenimento o la rinnovazione della misura cautelare da parte del giudice competente in ordine alla stessa.

Cass. pen. n. 3056/1999

Pur essendo l'ordinanza di convalida dell'arresto e quella impositiva di misura coercitiva provvedimenti distinti, ciascuno soggetto a diverso mezzo di impugnazione ed aventi presupposti e finalità diverse, nulla osta a che, in concreto, vengano inseriti in un unico atto nel quale, senza sostanziale soluzione di continuità, siano esaminati contestualmente i presupposti della loro emissione con possibilità di sovrapposizione di dati ed apprezzamenti degli stessi, ove di fatto coincidenti, ad entrambi i fini. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto legittima la motivazione del provvedimento coercitivo emesso all'esito dell'udienza di convalida nel quale il giudice per le indagini preliminari non aveva espressamente argomentato in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, e ciò in quanto questi erano desumibili dagli stessi dati apprezzati ai fini della valutazione della sussistenza della flagranza).

Cass. pen. n. 511/1998

In materia di interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare, tale interrogatorio di garanzia, non è conseguenzialmente legato ad un atto processuale, ma al fatto che la persona trovasi sottoposta ad una misura cautelare personale. L'interrogatorio pertanto resta valido ed efficace, ai fini del mantenimento della misura, anche se sia stato occasionalmente eseguito nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo, indipendentemente dal contenuto o dalla sorte del provvedimento emesso all'esito dell'udienza stessa.

Cass. pen. n. 2222/1998

L'interrogatorio della persona assoggettata a fermo ai sensi dell'art. 391, comma quarto, c.p.p. è sottoposto alle stesse regole generali dettate dagli artt. 64 e 65 c.p.p. anche per quanto riguarda le conseguenze in tema di rifiuto di rispondere, previste dal comma quarto di quest'ultima disposizione. Pertanto, quando siano state rispettate tali norme è comunque conseguito lo scopo principale voluto dal legislatore indipendentemente dal completo comportamento del fermato, la cui scelta di mantenere il silenzio non può paralizzare l'attività processuale. In tale situazione non si verifica la condizione prevista per il venir meno dell'efficacia della misura cautelare dall'art. 302 c.p.p. se l'indagato non sia sottoposto a nuovo interroga

Cass. pen. n. 285/1998

L'ordinanza di convalida dell'arresto motivata con esclusivo riferimento alla relazione di servizio non può ritenersi motivata e va conseguentemente annullata.

Cass. pen. n. 2217/1997

Il giudice investito del giudizio direttissimo e della contestuale convalida dell'arresto deve in ogni caso provvedere, positivamente o negativamente, sulla richiesta di convalida, non potendo omettere di pronunciarsi su tale richiesta per la ritenuta insussistenza di taluno dei presupposti per l'instaurazione del giudizio direttissimo. (Fattispecie in cui il giudice, aveva ritenuto che, non potendo procedere a giudizio direttissimo trattandosi di arresto avvenuto fuori flagranza - peraltro in una ipotesi di evasione, per la quale la legge consente l'arresto prescindendo dalla flagranza - non gli era consentito nemmeno di provvedere sulla richiesta di convalida, considerata funzionalmente collegata alla competenza in ordine al rito).

Cass. pen. n. 5996/1996

In sede di convalida dell'arresto, al Gip è preclusa ogni delibazione in ordine alla connessione con altri procedimenti pendenti presso altri uffici giudiziari ed egli perciò deve procedere alla convalida con riferimento al reato di propria competenza e non può, ritenuta la connessione, trasmettere gli atti al Gip competente

Cass. pen. n. 2054/1996

Deve riconoscersi al giudice che procede alla convalida dell'arresto un potere di verifica non limitato alle allegazioni dei pubblici ufficiali che hanno proceduto all'arresto stesso, ma da estendere anche ad ulteriori allegazioni fornite dall'interessato o dal difensore dalle quali possa discendere, pure in relazione alla fattispecie ipotizzata al momento della privazione dello status libertatis, un accertamento di più ampio contesto circa l'operato della polizia giudiziaria. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha comunque escluso che il giudice, date le finalità ed i tempi della procedura in materia, possa operare attività di indagine su richiesta o indicazione della difesa).

Cass. pen. n. 6321/1996

Una volta espunte definitivamente dall'ordinamento (per mancata conversione nei termini di reiterati decreti legge) le disposizioni che prevedevano specifiche fattispecie delittuose, consentendo l'arresto, anche fuori del caso di flagranza, nei confronti dello straniero espulso dal territorio dello Stato italiano, viene meno anche qualsiasi interesse concreto ad impugnare il provvedimento di diniego di convalida dell'arresto e, conseguentemente, il ricorso del P.M. avverso tale provvedimento va dichiarato inammissibile. (In motivazione, la S.C. ha ritenuto che l'esigenza garantistica di assicurare, sempre e comunque, il controllo giurisdizionale su atti di privazione della libertà personale emessi dal P.M. e dalla polizia giudiziaria diviene secondaria rispetto alle ragioni di ordine logico-sistematico e di economia processuale che impongono, nel caso del venir meno dei parametri normativi di riferimento della legittimità di quegli atti, di non prolungare artificiosamente il processo con la simulata riproduzione della situazione di fatto e di diritto esistente al momento dell'originario arresto, al fine di una delibazione della sua legalità ora per allora).

Cass. pen. n. 16/1996

Al giudice per le indagini preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare ai sensi dell'art. 292 c.p.p., ed al tribunale, in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., è consentito modificare la qualificazione giuridica data dal pubblico ministero al fatto per cui si procede. (Nell'occasione la Corte, premesso che, in applicazione del principio di legalità, al giudice è consentito sempre - e quindi anche nell'udienza preliminare - attribuire la corretta qualificazione giuridica al fatto descritto nell'imputazione, senza che ciò incida sull'autonomo potere di iniziativa del pubblico ministero, che rileva esclusivamente sotto il diverso profilo dell'immutabilità della formulazione del fatto inteso come accadimento materiale, ha altresì precisato come la predetta facoltà spetti al tribunale anche in sede di riesame o di appello avverso le misure cautelari adottate, successivamente al rinvio a giudizio, dagli organi competenti a provvedere de libertate ai sensi degli artt. 279 c.p.p. e 91 att. c.p.p., fermo restando che pure in tali ipotesi l'eventuale correzione del nomen iuris non può avere effetti oltre il procedimento incidentale).

Cass. pen. n. 1800/1996

Le violazioni di norme processuali intervenute nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto non si comunicano al provvedimento coercitivo con il quale è stata disposta la misura cautelare, posto che questa ha piena autonomia genetica e funzionale rispetto alla convalida.

Cass. pen. n. 494/1996

Nella procedura di convalida dell'arresto, caratterizzata dall'esigenza di una rapida verifica della sussistenza delle condizioni legittimanti la restrizione della libertà personale, l'obbligo di avvisare il difensore di fiducia è soddisfatto quando sia stato compiuto il tentativo di rintracciarlo, anche a mezzo telefono; in tale situazione non è pertanto richiesta la conferma telegrafica dell'avviso telefonico, di cui all'art. 149 c.p.p., né costituisce atto dovuto e necessario per l'ulteriore svolgimento dell'udienza l'avviso telegrafico. (In applicazione di detto principio la Corte ha ritenuto l'irrilevanza della ritardata ricezione del telegramma di avviso per l'udienza di convalida da parte del difensore di fiducia, non rintracciato telefonicamente e pertanto sostituito per l'incombente dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 97, comma 4, c.p.p.).

Cass. pen. n. 774/1996

Il pubblico ministero è legittimato a proporre ricorso avverso il provvedimento di mancata convalida dell'arresto, sia per far valere l'illegittimità della situazione derivante dall'ordinanza che incide sulla libertà personale dell'indagato, sia per evitare che, in tema di fungibilità della detenzione, possa costituirsi, per eventuali reati precedentemente commessi, un'illegittima riserva di pena conseguente alla privazione della libertà personale senza titolo.

Cass. pen. n. 3058/1996

Il nuovo codice di procedura penale, al fine di assicurare l'effettiva e continua assistenza tecnica, ha attuato la sostanziale equiparazione della difesa d'ufficio e quella di fiducia, nel senso che anche la prima si caratterizza per l'immutabilità del difensore sino alla eventuale dispensa dall'incarico o all'avvenuta nomina fiduciaria. Il difensore d'ufficio, dunque, al pari di quello di fiducia, non può essere sostituito se non per situazioni specificatamente previste dal legislatore, quali quelle stabilite nell'art. 97 c.p.p. (mancato reperimento, mancata comparizione e abbandono della difesa). Pertanto, la mancata citazione del difensore d'ufficio, al di fuori delle ipotesi suddette, determina la nullità assoluta del rapporto processuale e del conseguente provvedimento, ai sensi dell'art. 179 c.p.p. (Fattispecie relativa al mancato avviso al difensore d'ufficio della udienza di convalida dell'arresto).

Cass. pen. n. 3277/1995

La partecipazione al difensore di fiducia della data dell'udienza di convalida dell'arresto deve necessariamente avvenire nei confronti di chi ha assunto virtualmente quel ruolo nel momento in cui la partecipazione stessa va disposta. Quando l'indagato ha provveduto a nominare tale difensore in sede di udienza di convalida, il giudice non ha alcun obbligo di rintracciarlo.

Cass. pen. n. 2568/1995

In sede di convalida dell'arresto il Gip è chiamato esclusivamente a verificare la sussistenza delle condizioni previste dagli artt. 380 e 382 c.p.p. che lo legittimano e non può negare la convalida motivando con riferimento alla sussistenza e gravità degli indizi, valutazioni conseguenti alla richiesta di emissione della misura cautelare, che costituisce momento autonomo e diverso rispetto alla convalida dell'arresto

Cass. pen. n. 4305/1995

L'eventuale nullità dell'interrogatorio avvenuto in occasione della convalida dell'arresto per difetto di notifica al difensore non comporta la nullità dell'ordinanza che dispone la misura della custodia cautelare in carcere la quale perde efficacia, comportando la liberazione del detenuto ex art. 302 c.p.p., soltanto alla scadenza del termine per l'effettuazione di un valido interrogatorio. Conseguentemente, la misura cautelare non può essere impugnata soltanto perché adottata dopo un interrogatorio che si pretende nullo, restando alla persona soggetta a tale misura la possibilità di chiedere la liberazione e, in mancanza, di impugnare con appello ex art. 310 c.p.p. il provvedimento del giudice

Cass. pen. n. 1757/1995

L'esame che il giudice per le indagini preliminari è tenuto a compiere ai fini della convalida dell'arresto eseguito dalla polizia giudiziaria, pur non esaurendosi in un mero controllo di legalità formale, deve essere limitato alla verifica dell'esistenza del fumus commissi delicti e non può estendersi all'accertamento dell'esistenza dei gravi indizi di responsabilità, accertamento che è riservato alla successiva fase, pure di competenza del giudice per le indagini preliminari, di applicazione di misure cautelari.

Cass. pen. n. 778/1995

In caso di arresto o di fermo, l'ordinanza che dispone la custodia cautelare, essendo pronunciata all'esito dell'udienza di convalida e trascritta nel verbale di udienza, non costituisce un documento autonomo rispetto a questo, sicché per la parte prodromica relativa alle generalità dell'indagato ed al capo di imputazione occorre fare riferimento al contenuto di detto verbale, dal quale può trarsi, inoltre, anche in assenza di una dettagliata contestazione nella sua espressione grafica, il fatto costituente reato che di tale contestazione costituisce l'oggetto.

Cass. pen. n. 1708/1995

Poiché il giudizio sulla legittimità dell'arresto deve essere effettuato ex ante, il giudice della convalida deve limitarsi ad accertare il rispetto delle condizioni previste dagli artt. 380 ss. c.p.p., motivando in ordine alla sussistenza degli estremi della flagranza, alla configurabilità di una delle ipotesi criminose che consentono l'arresto ed all'osservanza dei termini imposti dalla procedura de qua, ma non anche riguardo alla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza, che devono essere valutati in altra sede.

Cass. pen. n. 4336/1995

Non è abnorme, ma è viziata da nullità per violazione del principio di disponibilità delle prove e di quello contraddittorio, l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari il quale, in sede di udienza di convalida dell'arresto, anziché limitarsi al solo interrogatorio dell'arrestato, abbia ex officio provveduto all'audizione dei verbalizzanti, per trarre poi, anche da questa, il convincimento della inattendibilità del verbale di arresto e negare, quindi, la convalida.

Non può ritenersi abnorme l'ordinanza di convalida dell'arresto, anche se affetta da plurime violazioni di legge (nella specie, per avere il Gip disposto d'ufficio l'audizione di testimoni e l'acquisizione di informazioni), essendo espressamente previsto contro la stessa il ricorso per cassazione, a norma dell'art. 391, comma 4, c.p.p.

Cass. pen. n. 866/1995

Il Gip deve procedere alla verifica della legittimità dell'arresto tramite l'udienza di convalida anche quando il P.M. abbia disposto la scarcerazione in applicazione dell'art. 121 comma primo delle disposizioni di attuazione (D.L.vo 28 luglio 1989 n. 271).

Cass. pen. n. 3410/1994

In tema di impugnazione, atteso il principio generale per cui è sempre necessaria la verifica di legittimità dell'arresto o del fermo, da effettuarsi mediante il giudizio di convalida, deve ritenersi sempre configurabile l'interesse del pubblico ministero a ricorrere avverso il provvedimento di mancata convalida dell'arresto. (Nella specie il provvedimento in questione era stato adottato dal giudice del dibattimento al quale l'arrestato era stato presentato per la convalida e per il contestuale giudizio direttissimo).

Cass. pen. n. 3719/1994

L'illegittimità del fermo per gli stessi fatti oggetto di un titolo restrittivo caducato, giustifica il rifiuto dell'interrogatorio, che rende impossibile tanto la convalida, quanto l'immediato ripristino della custodia cautelare divenuta inefficace ex art. 302 c.p.p. La suddetta illegittimità non rende, per contro, invalido l'interrogatorio che sia stato espletato nel corso dell'udienza di convalida, dal momento che l'art. 294, comma 1, c.p.p. prescinde dalla convalida del fermo o dell'arresto allorché prevede che l'interrogatorio effettuato in quell'udienza esime il giudice dall'obbligo di provvedervi dopo l'adozione della misura cautelare.

Cass. pen. n. 2919/1994

Quando la misura cautelare venga disposta contestualmente alla convalida dell'arresto e dopo la contestazione del fatto e l'interrogatorio dell'indagato il Gip non è obbligato a motivare in modo particolareggiato il provvedimento cautelare ben potendo fare parziale riferimento alla motivazione adottata in relazione alla convalida ovvero alle richieste del P.M., riportate nel verbale di udienza e formulate in relazione ai fatti indicati nel provvedimento d'arresto (o di fermo).

Cass. pen. n. 2515/1994

Il procedimento di convalida dell'arresto è caratterizzato dalla necessità di espletare gli adempimenti in tempi brevi, tanto che è riconosciuta al giudice la facoltà di nominare un difensore di ufficio ai sensi dell'art. 97, comma 4, c.p.p., qualora il difensore di fiducia non sia stato reperito o non sia comparso. Ne consegue che non ricorre nullità dell'interrogatorio e della successiva convalida qualora l'udienza si sia svolta in presenza di un solo difensore di fiducia, anche se il secondo difensore di fiducia, avvertito tempestivamente a mezzo telegramma, non sia stato reperito. (Nella specie l'indagato, nel corso dell'interrogatorio e dell'udienza di convalida, era stato regolarmente assistito da uno dei difensori di fiducia, mentre all'altro difensore l'avviso era pervenuto tardivamente, ancorché tempestivamente spedito a mezzo telegramma).

Cass. pen. n. 2317/1994

Nel giudizio di convalida dell'arresto non sussiste alcuna ragione per ritenere che la valutazione del giudice circa la legalità del provvedimento di arresto debba prescindere dagli elementi portati alla sua conoscenza in sede di convalida. Ogni elemento, ovviamente pertinente, che l'arrestato o il difensore forniscono in tale sede può e deve entrare nella valutazione del giudice; ciò che è da escludere, dato la finalità ed i tempi estremamente solleciti e ristretti previsti dalla normativa, è l'espletamento di attività di indagine su richiesta o indicazione della difesa, non già i contributi, anche documentali, che l'arrestato o il difensore sono in grado di esibire nella stessa udienza di convalida.

Nella verifica dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti l'arresto il giudice deve tenere conto di tutte le circostanze e degli elementi, anche di quelli agevolmente conoscibili, con l'ordinaria diligenza, da parte di chi ha proceduto all'arresto.

Cass. pen. n. 3582/1994

n sede di convalida del fermo il giudice per le indagini preliminari deve tenere conto, al fine di verificare se la misura è stata adottata nella sussistenza delle condizioni previste dall'art. 384 c.p.p., anche degli elementi emersi nel corso dell'interrogatorio prescritto dall'art. 391, comma terzo, c.p.p.

Qualora il giudice per le indagini preliminari, richiesto, in sede di convalida del fermo, dell'emissione di misure cautelari, ometta qualsivoglia provvedimento in proposito limitandosi a decidere sulla convalida, pronuncia un rigetto implicito delle richieste del pubblico ministero, ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 606, lett. e) c.p.p., perché privo di motivazione.

Cass. pen. n. 1801/1994

Il rispetto del termine di quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato (o il fermato) è posto a disposizione del giudice è previsto dall'art. 391, comma 7, c.p.p. soltanto per la convalida dell'arresto (o del fermo) e non anche per l'adozione dell'ordinanza applicativa della misura cautelare, la cui pronuncia non è soggetta ad alcun termine. Così dicasi anche relativamente all'interrogatorio dell'indagato effettuato prima dell'applicazione della misura cautelare nel corso dell'udienza di convalida: infatti, solo nel caso in cui la detta misura sia stata disposta prima dell'interrogatorio dell'indagato, l'interrogatorio stesso deve essere effettuato entro i termini indicati dall'art. 294 c.p.p

Cass. pen. n. 2221/1994

Ai fini della convalida del fermo il Gip deve limitarsi a verificare la sussistenza delle condizioni legittimanti la misura nel momento in cui la stessa venne adottata dal P.M., restando indifferenti gli eventi successivi e dovendo in ogni caso gli organi esecutivi della polizia giudiziaria dare esecuzione all'ordine del P.M. (Fattispecie nella quale il Gip aveva negato la convalida del fermo rilevando che il fermato si era presentato spontaneamente ai carabinieri: la Cassazione, considerato che il fermo era stato disposto legittimamente con riferimento sia al titolo del reato sia all'irreperibilità dell'indagato ed al conseguente pericolo di fuga, ha annullato con rinvio l'ordinanza del Gip, affermando il principio di cui sopra)

Cass. pen. n. 1396/1994

La trattazione del ricorso avverso la convalida del fermo o dell'arresto deve avvenire nelle forme di cui agli artt. 610 e 611 c.p.p.; infatti l'art. 391 stesso codice, nel regolare l'istituto della convalida, si limita a prevedere la possibilità del ricorso, senza alcun richiamo alle forme da osservare, donde l'applicabilità della disciplina generale, stabilita dalle norme succitate, e non di quella, di cui all'art. 311 c.p.p., fissata invece per le misure cautelari.

Cass. pen. n. 1064/1994

La nullità dell'udienza e dell'ordinanza di convalida dell'arresto non travolge la misura cautelare contestualmente applicata dal Gip; la misura cautelare può essere disposta, invero, indipendentemente dalla convalida dell'arresto non travolge la misura cautelare contestualmente applicata dal Gip; e trova fondamento in ragioni (indicate nell'art. 274 c.p.p.) che ne consentono l'emissione senza alcuna necessità del preventivo interrogatorio dell'indagato, sicché la sua applicazione è del tutto svincolata dall'osservanza della procedura contemplata dall'art. 391 c.p.p. Ne deriva come logica e necessaria conseguenza che il mancato avviso al difensore della data fissata per l'udienza di convalida, se determina la nullità della corrispondente ordinanza, non produce, per mancanza del requisito della dipendenza dell'atto successivo da quello precedentemente nullo (art. 185, primo comma, c.p.p.), analoghi effetti sul provvedimento cautelare che conserva piena validità.

Cass. pen. n. 753/1994

La convalida dell'arresto o del fermo e l'ordinanza con cui, in sede di convalida, il Gip disponga una misura cautelare costituiscono due provvedimenti indipendenti e autonomi, soggetti, ciascuno, a distinti mezzi di impugnazione con diversi presupposti e finalità. In particolare contro il provvedimento di convalida dell'arresto, per il quale l'art. 391, quarto comma, c.p.p., prevede il ricorso per cassazione, possono farsi valere soltanto ragioni miranti a far accertare l'illegittimità dell'arresto, in quanto eventualmente operato fuori dei casi previsti dalla legge, con riferimento al titolo del reato, all'esistenza o meno della flagranza, all'osservanza dei termini, mentre le questioni relative all'esistenza degli indizi di colpevolezza ed alle esigenze cautelari devono essere dedotte mediante gli appositi rimedi di cui agli artt. 309, 310 e 311 c.p.p. contro l'ordinanza applicativa della misura cautelare.

Cass. pen. n. 180/1994

Rientra nella sfera della competenza funzionale derogatoria, individuata dall'art. 390, primo comma, c.p.p., ai fini della convalida dell'arresto o del fermo, anche il potere di applicare una misura coercitiva, sicché, se il luogo dell'arresto o del fermo è diverso da quello della consumazione del reato, il giudice che l'abbia disposta ai sensi dell'art. 391, quinto comma, c.p.p. non deve dichiarare la propria incompetenza ai sensi dell'art. 291, secondo comma, c.p.p., ma limitarsi a restituire gli atti al pubblico ministero e la misura stessa non è soggetta alla ratifica e, in mancanza, alla caducazione prevista dall'art. 27 c.p.p. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte ha condiviso le argomentazioni svolte dal ricorrente pubblico ministero, secondo cui nel caso di misure cautelari disposte dal Gip del luogo dell'arresto o del fermo, non si è in presenza di un intervento surrogatorio o d'urgenza, bensì dell'esercizio di giurisdizione da parte di organo competente, con esclusione dell'operatività del disposto dell'art. 27 c.p.p.).

Cass. pen. n. 852/1994

In tema di avviso al difensore di fiducia per l'udienza di convalida ai sensi dell'art. 391 c.p.p., l'espressione «non è stato reperito», con riferimento al difensore medesimo e di cui agli artt. 391, comma secondo, e 97, comma quarto, stesso codice, va interpretata nel senso letterale di «non rintracciato», in base alle notizie conosciute dal giudice.

Cass. pen. n. 1319/1993

In sede di convalida dell'arresto il potere del giudice è limitato alla verifica del rispetto delle condizioni previste dagli artt. 380 e seguenti c.p.p., con riguardo agli elementi specifici di fatto e concreti risultanti dagli atti, con riferimento ai parametri normativi che in concreto consentono e legittimano l'arresto in flagranza, senza che sull'accertamento delle modalità formali e dei presupposti della chiesta convalida possano pesare apprezzamenti relativi ad eventuali provvedimenti successivi, indipendenti ed autonomi, concernenti misure cautelari. (Nella specie, relativa ad un caso di arresto facoltativo, il Gip aveva negato la convalida in quanto, pur definendo il fatto astrattamente grave, aveva poi escluso che sussistessero i presupposti richiesti dall'art. 381, quarto comma, c.p.p., con una valutazione ex post sulla base di una versione del fatto successivamente fornita dall'arrestato; la Cassazione ha censurato tale modo di procedere ed ha enunciato il principio di cui in massima).

Cass. pen. n. 1630/1993

Il controllo sulla legittimità del fermo, che il giudice esegue in contraddittorio con le parti nel corso di un'udienza in camera di consiglio, ha per oggetto il riscontro dell'esistenza di un pericolo di fuga dell'indagato e della presenza a suo carico di gravi indizi di colpevolezza per uno dei reati indicati nell'art. 384 c.p.p. Gli elementi che possono far ritenere fondato il pericolo di fuga, ai fini della legittimità del fermo, devono essere anzitutto «specifici», ossia dotati di capacità di personalizzazione, indirizzata proprio nei confronti di quel singolo individuo che si sospetta stia per darsi alla fuga (sicché deve essere esclusa la possibilità di ritenere fondato il pericolo di fuga di un soggetto solo perché altro, ancorché coindagato, si sia già dato alla fuga; il pericolo di fuga, inoltre, non può essere semplicemente presunto, ma deve trarre origine da elementi «concreti», sicché non può essere meramente ipotizzato né ritenuto sulla sola base del titolo di reato in ordine al quale si indaga, perché quest'ultimo elemento costituisce limite della esperibilità del fermo (in relazione alle pene edittali previste ed all'oggetto del reato), non elemento che di per sé configuri la probabilità di fuga.

Cass. pen. n. 1811/1993

L'ordinanza di convalida del fermo non si configura come titolo di detenzione, essendo indispensabile perché permanga lo stato custodiale l'emanazione di uno specifico provvedimento impositivo di una misura coercitiva. L'ordinanza di convalida ha valore circoscritto al controllo della legittimità dell'operato della polizia giudiziaria con riferimento alle condizioni che disciplinano il fermo. È, invece, l'ordinanza che applica la misura cautelare il solo provvedimento che regola lo status di detenzione dell'indagato. L'impugnazione di tale provvedimento, nei termini e nei modi di legge, costituisce, pertanto, il mezzo per sollecitare il controllo in ordine alla libertà personale e la verifica dell'esistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.p.), delle esigenze cautelari (art. 274) e dell'adeguatezza della misura (art. 275).

Cass. pen. n. 2087/1993

Poiché avverso il provvedimento con cui il giudice competente convalida l'arresto nella flagranza di reato è previsto specifico ricorso per cassazione da attivarsi nel termine prescritto dall'art. 391, comma quarto, c.p.p., la mancata proposizione dell'impugnazione o il rigetto di essa impedisce ogni ulteriore questione sullo stato di flagranza, essendosi sul punto formato un giudicato interno allo stato degli atti, salvo l'accertamento di nuovi fatti processuali idonei a scardinare i presupposti della decisione sul dato provvedimento.

Cass. pen. n. 3326/1992

In tema di convalida dell'arresto, la mancata partecipazione del difensore all'udienza è causa di nullità solo se conseguente all'omesso avviso. Infatti, l'art. 391, secondo comma, c.p.p., richiamando il disposto di cui all'art. 97, quarto comma dello stesso codice, consente al giudice di sostituire il difensore di fiducia dell'arrestato, nell'ipotesi in cui non venga reperito o non compaia, con altro nominato di ufficio. Né, in caso di irreperibilità del difensore di fiducia, l'ufficio è tenuto a farlo ricercare in luoghi diversi dal domicilio risultante dagli atti ovvero dall'albo professionale. *

Cass. pen. n. 922/1992

In tema di udienza di convalida, l'art. 391, secondo comma, c.p.p. conferisce al giudice il potere di nominare un difensore di ufficio all'indagato qualora il difensore di fiducia non sia stato reperito o non sia comparso. Dall'espresso rinvio della detta disposizione all'art. 97, quarto comma, dello stesso codice consegue che la nomina del difensore di ufficio presuppone che il difensore di fiducia sia stato tempestivamente ricercato nei luoghi abituali di reperibilità ma non che sia stato in precedenza ritualmente avvisato. Ne deriva che la sostituzione del difensore di fiducia con il difensore nominato dall'ufficio, ove il primo non sia stato rintracciato ancorché efficacemente ricercato nei luoghi di abituale reperibilità, non produce affatto la nullità del giudizio di convalida e della relativa ordinanza.

Cass. pen. n. 556/1992

Attesa la finalità del giudizio di convalida dell'arresto, che è soltanto quella di verificare la legittimità dell'operato della polizia giudiziaria e non già quella di costituire titolo per il protrarsi della detenzione (dovendosi a tale ultimo fine provvedere con autonoma ordinanza applicativa di misura cautelare), ne deriva che non è sostenuto da interesse processualmente apprezzabile, e va pertanto dichiarato inammissibile, il ricorso proposto dal pubblico ministero avverso l'ordinanza con la quale il giudice abbia convalidato l'arresto con riguardo ad alcuni soltanto dei reati in relazione ai quali il provvedimento era stato adottato, giacché detta convalida, ancorché parziale, costituisce comunque riconoscimento della legalità dell'arresto medesimo.

Cass. pen. n. 2646/1990

Qualora l'udienza di convalida venga tenuta da una pluralità di giudici delle indagini preliminari (per essere state, nella specie, fermate numerosissime persone nell'ambito della medesima inchiesta), non è configurabile alcuna violazione di legge nella circostanza che ciascuno dei magistrati abbia emanato un distinto provvedimento nell'esercizio dei propri poteri di giudice monocratico e non collegiale.

Cass. pen. n. 1534/1990

Al P.M., nella sua qualità di «parte», l'art. 391, quarto comma, c.p.p. dà la legittimazione a proporre impugnazione contro l'ordinanza che decide sulla convalida, come pure è dato all'arrestato o al fermato, ed è solo in tale sede che può far valere eventuali ragioni contrarie all'ordinanza emessa dal G.I.P., sia essa positiva o negativa quanto alla convalida, senza che in precedenza la personale sua opinione in ordine alla riconducibilità del fatto ad una determinata ipotesi legislativa possa essere vincolante per il giudice che può, pertanto, dare al fatto una diversa qualificazione giuridica.

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