(massima n. 2)
Il reato di calunnia continua ad essere configurabile anche nel caso, espressamente previsto dall'art. 368 c.p., in cui la falsa incolpazione sia contenuta in una denuncia anonima, non potendosi in contrario trarre argomento dal fatto che l'art. 333 c.p.p. dispone che della denuncia anonima non possa essere fatto «alcun uso» (e non più soltanto «alcun uso processuale», come invece disponeva l'art. 141 del codice previgente), dal momento che anche nella vigente disciplina la denuncia anonima può dare luogo ad attività investigativa e, d'altra parte, l'eliminazione dell'aggettivo «processuale» trova la sua ragion d'essere nella distinzione, introdotta dal nuovo codice di rito, tra «procedimento» (comprensivo della fase delle indagini preliminari), e «processo» (il cui inizio è determinato dall'esercizio dell'azione penale), per cui si è ritenuto opportuno adottare una formula atta a chiarire che la denuncia anonima è da considerare priva di qualsiasi rilievo indiziario e probatorio tanto nella fase delle indagini preliminari quanto nelle successive fasi processuali, fermo restando che essa non priva comunque il pubblico ministero e la polizia giudiziaria del potere-dovere di svolgere, sulla sua base, i necessari atti di preliminare verifica conoscitiva degli elementi utili all'acquisizione di una valida notizia di reato. (Mass. redaz.).