Cass. civ. n. 21831/2021
Il protocollo d'intesa fra la Corte di cassazione e il Consiglio nazionale forense non può radicare, di per sè, sanzioni processuali di nullità, improcedibilità o inammissibilità che non trovino anche idonea giustificazione nelle regole del codice di rito. Ne consegue che non può essere considerato improcedibile il ricorso ove il ricorrente non abbia provveduto alla formazione di apposito fascicoletto contenente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, atteso che l'onere del ricorrente di cui all'art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., come modificato dall'art. 7 del d. lgs. n. 40 del 2006 è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, anche mediante la produzione del fascicolo di parte del giudizio di merito, mentre per gli atti e i documenti del fascicolo d'ufficio, è sufficiente il deposito della richiesta di trasmissione del fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, ferma in ogni caso, l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6 c.p.c., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi.
Cass. civ. n. 19989/2021
In tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l'acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l'operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l'apprezzamento dell'incidenza causale del difetto di motivazione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 26/06/2018).
Cass. civ. n. 5067/2021
In tema di ricorso per cassazione, l'errata indicazione del codice fiscale del ricorrente nella procura speciale rilasciata al difensore non ne provoca la nullità, restando esclusa una insuperabile incertezza sull'identità di colui che abbia conferito il mandato, comunque deducibile dai dati anagrafici riportati nell'atto difensivo e nella stessa procura speciale. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 29/09/2016).
Cass. civ. n. 28004/2020
Nel giudizio per cassazione la parte che indica un documento, deve anche allegare che lo stesso sia stato prodotto nel procedimento di merito, essendo consentita alla S.C. la ricerca nel fascicolo di merito di parte dei documenti cui essa abbia fatto riferimento e, ove non rinvenuti, la produzione dei medesimi ai sensi dell'art. 369 c.p.c., deve essere dichiarata inammissibile. (La S.C. ha espresso il principio in giudizio, avente ad oggetto una domanda di protezione internazionale, in cui l'istante aveva lamentato il mancato esame da parte del giudice di merito di fonti successive a quelle poste a fondamento della decisione impugnata, non rinvenute poi dalla Corte nel fascicolo di merito). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE NAPOLI, 14/02/2019).
Cass. civ. n. 26837/2020
Il ricorso per cassazione redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, il quale postula che l'enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni sia espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di un concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell'atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all'interprete di ricercarne gli elementi rilevanti all'interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui era stato impugnato il rigetto di un'opposizione agli atti esecutivi proposta avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che aveva respinto, per indebita parcellizzazione del credito, un'istanza di assegnazione preceduta da una pluralità di precetti, in quanto dal contenuto argomentativo dell'atto non era possibile trarre la puntuale indicazione delle date di notificazione dei diversi precetti, non potendosi richiedere al giudice di ricostruirle attraverso l'esame del contenuto dei documenti interpolati nel ricorso medesimo). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE ROMA, 17/09/2014).
Cass. civ. n. 15333/2020
Sussiste la responsabilità aggravata del ricorrente, ex art. 96, comma 3, c.p.c., per la redazione da parte del suo difensore di un ricorso per cassazione contenente motivi del tutto generici ed indeterminati, in violazione dell'art. 366 c.p.c., rispondendo il cliente delle condotte del proprio avvocato, ex art. 2049 c.c., ove questi agisca senza la diligenza esigibile in relazione ad una prestazione professionale particolarmente qualificata, quale è quella dell'avvocato cassazionista. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione, che si limitava a ripetere l'atto di citazione in appello, a sua volta riproducente la comparsa conclusionale del primo grado). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO TRENTO, 19/05/2016).
Cass. civ. n. 1278/2020
È inammissibile per inosservanza del requisito di cui al n. 3 del comma 1 dell'art. 366 c.p.c. il ricorso per regolamento di competenza che pretenda di assolvere a tale requisito - applicabile anche a detto mezzo di impugnazione - mediante l'assemblaggio in sequenza cronologica degli atti della causa, riprodotti in copia fotostatica, senza che ad esso faccia seguire una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e processuale, né in via autonoma prima dell'articolazione dei motivi né nell'ambito della loro illustrazione. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE MILANO, 07/12/2018).
Cass. civ. n. 27/2020
Non contrasta con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la disciplina del ricorso per cassazione, nella parte in cui prevede - all'art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. - requisiti di ammissibilità di contenuto-forma, giacché essi sono individuati in modo chiaro (tanto da doversi escludere che il ricorrente in cassazione, tramite la difesa tecnica, non sia in grado di percepirne il significato e le implicazioni) ed in armonia con il principio della idoneità dell'atto processuale al raggiungimento dello scopo, sicchè risultano coerenti con la natura di impugnazione a critica limitata propria del ricorso per cassazione e con la strutturazione del giudizio di legittimità quale processo sostanzialmente privo di momenti di istruzione. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 24/05/2018).
Cass. civ. n. 34469/2019
In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l'esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità. (Rigetta, TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICH ROMA, 17/11/2017).
Cass. civ. n. 22628/2019
Nel rito del lavoro, il ricorrente che denunci in cassazione il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio nel giudizio di merito, deve riportare in ricorso gli atti processuali dai quali emerge l'esistenza di una "pista probatoria" qualificata, ossia l'esistenza di fatti o mezzi di prova, idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività, rispetto ai quali avrebbe potuto e dovuto esplicarsi l'officiosa attività di integrazione istruttoria demandata al giudice di merito, ed allegare, altresì, di avere espressamente e specificamente richiesto tale intervento nel predetto giudizio.
Cass. civ. n. 21953/2019
Qualora venga dedotto il vizio della sentenza di primo grado per avere il tribunale deciso la causa nel merito prima ancora che le parti avessero definito il "thema decidendum" e il "thema probandum", l'appellante che faccia valere tale nullità non può limitarsi a dedurre detta violazione, ma deve specificare quale sarebbe stato il "thema decidendum" sul quale il giudice di primo grado si sarebbe dovuto pronunciare, ove fosse stata consentita la richiesta appendice di cui all'art. 183 c.p.c., e quali prove sarebbero state dedotte, con l'evidenziazione del concreto pregiudizio derivato dalla loro mancata ammissione.
Cass. civ. n. 19434/2019
È ammissibile il ricorso per cassazione confezionato in formato .pdf e sottoscritto con firma digitale e non con sottoscrizione autografa allorché l'originario ricorso, in formato analogico, e la procura che ad esso accede (quest'ultima sottoscritta in forma autografa), entrambi scansionati e firmati digitalmente, siano stati notificati a mezzo posta elettronica certificata e copia cartacea degli stessi, della relata di notifica, del messaggio di posta elettronica certificata e delle ricevute di accettazione e consegna risultino depositati in cancelleria, unitamente all'attestazione di conformità sottoscritta con firma autografa. Le dette formalità conferiscono difatti al ricorso depositato in cancelleria prova della sua autenticità e provenienza, essendo irrilevante l'assenza di sottoscrizione autografa dell'originario cartaceo e risultando la provenienza dal difensore munito di procura comunque attestata sia dalla procura che ad esso accede sia dalla firma digitale apposta al documento notificato per via telematica.
Cass. civ. n. 13603/2019
Il ricorrente in cassazione il quale deduca che l'interpretazione di un contratto è avvenuta in violazione degli artt. 1366 e 1369 c.c. ha l'onere di indicare, a pena di inammissibilità del gravame, l'elemento semantico di tale contratto che, essendo oggettivamente incerto nel suo significato, rende non sufficiente, per la ricerca della volontà comune delle parti, l'utilizzo del criterio cd. letterale e necessaria, invece, l'applicazione di quelli della buona fede o della funzione del contratto.
Cass. civ. n. 8009/2019
In tema di ricorso per cassazione, il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali che, fissato dall'art. 3, comma 2, del c.p.a., esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, non già per l'irragionevole estensione del ricorso (la quale non è normativamente sanzionata), ma in quanto rischia di pregiudicare l'intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l'esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 366 c.p.c., assistite - queste sì - da una sanzione testuale di inammissibilità. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile un ricorso che si limitava a riprodurre stralci degli atti difensivi depositati dal ricorrente nei precedenti gradi del giudizio senza formulare alcuna specifica censura nei confronti della decisione impugnata).
Cass. civ. n. 6735/2019
Qualora, con il ricorso per cassazione, venga fatta valere la inesatta interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio dell'autosufficienza del ricorso, a riportare nello stesso il testo della fonte pattizia invocata, al fine di consentirne il controllo al giudice di legittimità, che non può sopperire alle lacune dell'atto di impugnazione con indagini integrative.
Cass. civ. n. 2912/2019
Il ricorso per cassazione deve essere corredato, a pena di inammissibilità, dall'indicazione dei "motivi per i quali si chiede la cassazione" (art. 366, comma 1, c.p.c.), sicché l'esplicita enunciazione delle conclusioni non è un requisito essenziale di forma-contenuto dell'atto, ove si desuma con certezza, dal contenuto del ricorso, la volontà dell'impugnante di ottenere l'annullamento della decisione.
Cass. civ. n. 2038/2019
Ove una determinata questione giuridica - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l'avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Cass. civ. n. 24340/2018
In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza - prescritto, a pena di inammissibilità, dall'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. - è volto ad agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell'impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l'onere di operare una chiara funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto.
Cass. civ. n. 20694/2018
In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel "thema decidendum" del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile, perché non proposta nei precedenti gradi, la qualificazione, in termini di obbligazione "propter rem" anziché di obbligazione di natura personale, del vincolo di inedificabilità assunta dal venditore all'interno di un contratto di compravendita).
Cass. civ. n. 16861/2018
L'erronea indicazione delle generalità del ricorrente nell'epigrafe del ricorso per cassazione non ne comporta l'inammissibilità, qualora l'effettiva identità del suo autore sia individuabile in maniera non equivoca attraverso altre indicazioni, pur non risultanti dalla parte dell'atto destinata a contenerle e, segnatamente, mediante elementi desumibili dalla sentenza impugnata. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che la parte ricorrente, indicata nell'epigrafe del ricorso con un cognome diverso dal suo, fosse inequivocabilmente individuata in base all'intestazione, al dispositivo e al contenuto della pronuncia d'appello).
Cass. civ. n. 13312/2018
Per soddisfare il requisito imposto dall'articolo 366, primo comma, n. 3), c.p.c. il ricorso per cassazione deve contenere la chiara esposizione dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le posizioni processuali delle parti con l'indicazione degli atti con cui sono stati formulati "causa petendi" e "petitum", nonché degli argomenti dei giudici dei singoli gradi, non potendo tutto questo ricavarsi da una faticosa o complessa opera di distillazione del successivo coacervo espositivo dei singoli motivi, perché tanto equivarrebbe a devolvere alla S.C. un'attività di estrapolazione della materia del contendere, che e riservata invece al ricorrente. Il requisito non è adempiuto, pertanto, laddove i motivi di censura si articolino in un'inestricabile commistione di elementi di fatto, riscontri di risultanze istruttorie, riproduzione di atti e documenti incorporati nel ricorso, argomentazioni delle parti e frammenti di motivazione della sentenza di primo grado.
Cass. civ. n. 23194/2017
Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l'onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l'esistenza di un nesso eziologico tra l'omesso accoglimento dell'istanza e l'errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia,senza quell'errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove.
Cass. civ. n. 21256/2017
Nel giudizio in cassazione, la parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio ha l'onere non soltanto di indicare i soggetti che devono partecipare al processo quali litisconsorti necessari, provandone l'esistenza, ma anche di dimostrare i presupposti di fatto che ne impongono l'intervento, i quali devono emergere dagli atti e dai documenti delle fasi di merito, essendo incompatibili con il giudizio di legittimità l'acquisizione di nuove prove e lo svolgimento di attività istruttoria. (Nella specie, la S.C. in causa relativa al pagamento di imposte su acquisto di immobile, ha rigettato l'eccezione di non integrità del contraddittorio per mancata partecipazione al processo del coniuge in regime di comunione di beni del contribuente già parte in causa, in mancanza dell'allegazione del momento in cui la dimostrazione della qualità di litisconsorte era stata fornita ai giudici di merito e in mancanza di repliche all'affermazione dell'amministrazione fiscale che alla stipula del rogito l'unico comparso come acquirente era il contribuente già parte processuale).
Cass. civ. n. 19987/2017
In tema di ricorso per cassazione, ove venga dedotto vizio di motivazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente è tenuto ad indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso in quanto non era stata indicata la collocazione processuale del fatto asseritamene non esaminato, costituito dalla dichiarazione dell’investitore di voler dare corso all'operazione nonostante la segnalazione di non adeguatezza della stessa, né quale fosse la controversia sul punto ed inoltre, il fatto medesimo, per come articolato in ricorso, neppure poteva ritenersi decisivo, non essendo stato specificato se la segnalazione di non adeguatezza dell’operazione di investimento era dotata dei requisiti richiesti).
Cass. civ. n. 16212/2017
Se, al momento della decisione della causa, risulti la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca o, eventualmente, la ricostruzione, solo se sussistano elementi per ritenere che tale mancanza sia involontaria, ovvero dipenda da smarrimento o sottrazione. Qualora, pur in presenza di tali elementi, il giudice ometta di disporre la ricerca o la ricostruzione degli atti mancanti, tale omissione può tradursi in un vizio della motivazione, ma la parte che intenda censurare un siffatto vizio in sede di legittimità ha l'onere di richiamare nel ricorso il contenuto dei documenti dispersi e dimostrarne la rilevanza ai fini di una decisione diversa.
Cass. civ. n. 16059/2017
È inammissibile, per inosservanza del necessario requisito dell'esposizione sommaria dei fatti di causa di cui all'art. 363, comma 1, n. 3), c.p.c., il ricorso per cassazione che si limiti a riprodurre, in via diretta o indiretta, il testo integrale di una serie di atti dello svolgimento processuale, così onerando la Suprema Corte di procedere alla loro lettura, similmente a quanto avviene in ipotesi di mero rinvio ad essi, non potendosi ritenere assolta da elementi estranei al ricorso la funzione riassuntiva sottesa alla previsione della sommarietà dell'esposizione del fatto.
Cass. civ. n. 15350/2017
Il motivo di ricorso per cassazione che denunci la violazione, da parte del giudice del merito, dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., deve essere formulato attraverso la puntuale e precisa enunciazione delle ragioni per le quali un dato criterio sarebbe stato erroneamente applicato, non assumendo rilievo la circostanza che nella sentenza impugnata risulti omesso l’espresso riferimento ad uno specifico criterio interpretativo legale.
Cass. civ. n. 14279/2017
Poiché l'interesse ad impugnare con il ricorso per cassazione discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c., che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso (correlato all'estraneità del giudizio di legittimità all'accertamento del fatto), indicando in maniera adeguata la situazione di fatto della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice "a quo", asseritamente erronea. (Nella specie, il ricorrente si era limitato a denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 1341 c.c. in relazione ad una clausola vessatoria, ma non aveva specificamente dedotto che la clausola in questione fosse priva di specifica approvazione per iscritto, impedendo, così, alla S.C. di individuare il suo interesse ad impugnare).
Cass. civ. n. 14107/2017
Il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l’omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti così da rendere immediatamente apprezzabile dalla Suprema Corte il vizio dedotto.
Cass. civ. n. 12415/2017
In tema di ricorso per cassazione, non potendosi ritenere preclusa alla parte la possibilità di documentare la eventuale fondatezza delle proprie doglianze, non solo tramite l'utilizzo di espressioni verbali, ma anche avvalendosi di altre modalità di rappresentazione dei fatti, deve ritenersi ammissibile la modalità di redazione mediante inserimento, nel corpo dell'atto, di fotografie, immagini e grafici, a condizione, tuttavia, che in tal modo non sia eluso il divieto di produzioni documentali in sede di legittimità ex art. 372 c.p.c., e sempreché l'inserimento delle immagini o dei grafici sia rispettoso del requisito di specificità del ricorso ex art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., che impone in ogni caso alla parte di precisare in quale fase l'atto richiamato sia stato ritualmente introdotto nel processo e dove lo stesso sia eventualmente reperibile tra gli atti di causa.
Cass. civ. n. 7074/2017
In tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata "per relationem" alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l'onere ex art. 366, n. 6, c.p.c. occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l'atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali.
Cass. civ. n. 1593/2017
A fronte di una sentenza che manchi di indicare le fonti probatorie di un determinato accertamento, il ricorrente per cassazione non può limitarsi a lamentare il vizio di omessa motivazione, giacché altrimenti la censura postulerebbe la caducazione della decisione non per una concreta lesione sofferta dalla parte stessa, bensì solo per ragioni formali, ma ha l'onere di denunciare in maniera specifica che, contrariamente a quanto asserito dal giudice, nell'ambito degli elementi probatori non ne esistono di idonei a giustificare il convincimento espresso.
Cass. civ. n. 240/2017
Il requisito dell’indicazione delle parti, previsto dall’art. 366, n. 1, c.p.c. a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, richiamato dall’art. 370 c.p.c. per il controricorso, deve intendersi nel senso proprio della norma generale dettata dall’art. 163 n. 2, c.p.c., e pertanto l’inesatta indicazione della parte nella intestazione dell’atto non ne pregiudica l’ammissibilità, se il suo complessivo contenuto rende evidente che si è verificato un mero errore materiale.
Cass. civ. n. 24298/2016
Il vizio della sentenza previsto dall'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dev'essere dedotto, a pena d'inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell'art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l'indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell'ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.
Cass. civ. n. 22000/2016
Nel giudizio di cassazione, viola il principio di autosufficienza il motivo di ricorso incidentale con il quale si faccia valere una questione pregiudiziale di rito, già disattesa dal giudice di secondo grado, senza riportare l'esatta formulazione della relativa eccezione sollevata, in appello, nella prima udienza di comparizione, ovvero riproposta in sede di precisazione delle conclusioni.
Cass. civ. n. 21750/2016
L'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., nel prescrivere che il ricorso per cassazione deve essere corredato dall'esposizione "sommaria" dei fatti di causa, implica che la stessa deve contenere il necessario e non il superfluo, sicché è inammissibile il ricorso con il quale il ricorrente, senza una sintesi riassuntiva finale, si limiti a trascrivere il testo integrale di tutti gli atti di causa, rendendo particolarmente complessa l'individuazione della materia del contendere e contravvenendo lo scopo della disposizione, la cui finalità è agevolare la comprensione della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso che conteneva la trascrizione integrale di tutti gli atti di parte e dei provvedimenti del giudice, nonché, nello svolgimento del processo, la pedissequa indicazione delle attività processuali espletate in ciascuna udienza).
Cass. civ. n. 21297/2016
In tema di ricorso per cassazione, il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali che, fissato dall'art. 3, comma 2, del c.p.a., esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, non già per l'irragionevole estensione del ricorso (la quale non è normativa sanzionata), ma in quanto rischia di pregiudicare l'intelligibilità delle questioni, rendendo oscura l'esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 366 c.p.c., assistite - queste sì - da una sanzione testuale di inammissibilità. (Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile un ricorso di 251 pagine i cui motivi erano redatti mediante una riproposizione di stralci di atti processuali e documenti, con la quale in sostanza il ricorrente ha riversato in sede di legittimità il contenuto dei gradi di merito).
Cass. civ. n. 20637/2016
In virtù del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui si deduca l'erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare, atteso che l'onere di specifica contestazione, ad opera della parte costituita, presuppone, a monte, un'allegazione altrettanto puntuale a carico della parte onerata della prova.
Cass. civ. n. 18623/2016
Nel giudizio di cassazione, il requisito di contenuto-forma previsto, a pena di inammissibilità, dall'art. 366, co. 1, n. 3), c.p.c., deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato da altri atti, quali la sentenza impugnata o il controricorso, perché la causa di inammissibilità non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo, peraltro, riferibile ad un unico atto.
Cass. civ. n. 16655/2016
In tema di ricorso per cassazione, quando il motivo di impugnazione si fondi sul rilievo che la controparte avrebbe tenuto condotte processuali di non contestazione, per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, il ricorso, ai sensi dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., deve sia indicare la sede processuale di adduzione delle tesi ribadite o lamentate come disattese, sia contenere la trascrizione dei relativi passaggi argomentativi.
Cass. civ. n. 16103/2016
Il requisito dell'esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena d'inammissibilità del ricorso per cassazione, è funzionale alla completa e regolare instaurazione del contraddittorio ed è soddisfatto laddove il contenuto dell'atto consenta di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell'oggetto dell'impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti, sicché impone alla parte ricorrente, sempre che la sentenza gravata non imponga proprio per questa ragione in un'apparenza di motivazione, di sopperire ad eventuali manchevolezze della stessa decisione nell'individuare il fatto sostanziale e soprattutto processuale. (Nella specie, la parte ricorrente in sede di legittimità, in un contesto di genericità della domanda dalla medesima avanzata, aveva omesso di indicare in tal senso, anche sommariamente, le ragioni svolte a difesa dalle controparti, le ragioni della decisione parziale e finale di prime cure, il tenore dell'appello, e se esso avesse attinto entrambe le sentenze o meno, oltre alle stesse ragioni della pronuncia gravata).
Cass. civ. n. 16102/2016
Nel caso di denuncia, in sede di ricorso per cassazione, del vizio di omessa pronuncia, è necessaria l'illustrazione del carattere decisivo della prospettata violazione, dimostrando che ha riguardato una questione astrattamente rilevante, posto che, altrimenti, si dovrebbe cassare inutilmente la decisione gravata.
Cass. civ. n. 11482/2016
In tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d'ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice "a quo", e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell'elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 11383/2016
Nel procedimento di cassazione, ai sensi degli artt. 136 e 366 c.p.c., in virtù di un'interpretazione orientata all'effettività del diritto di difesa e alla ragionevole durata del processo, il cancelliere può eseguire la comunicazione dei provvedimenti tramite deposito in cancelleria (sempre che il difensore non abbia eletto domicilio in Roma) solo se non è andata a buon fine la trasmissione a mezzo posta elettronica certificata, né quella via fax. (Fattispecie anteriore alla disciplina sulle comunicazioni telematiche obbligatorie ex art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, conv. in l. n. 221 del 2012, divenuta operativa riguardo al procedimento di cassazione dal 15 febbraio 2016 per effetto di d.m. 19 gennaio 2016).
Cass. civ. n. 21892/2015
In tema di giudizio per cassazione, a seguito delle modifiche dell'art. 366 c.p.c. introdotte dall'art. 25 della l. n. 183 del 2011, nell'ipotesi di trasferimento del domiciliatario non comunicato alla cancelleria della Corte di cassazione, l'avviso di fissazione dell'udienza va notificato al difensore della parte: a) in via prioritaria, a mezzo posta elettronica certificata; b) qualora ciò non sia possibile, mediante telefax, essendo sufficiente a far considerare la comunicazione avvenuta l'attestato del cancelliere da cui risulti che il messaggio è stato trasmesso al numero di fax corrispondente a quello del destinatario; c) quando le due comunicazioni precedenti non siano andate a buon fine, mediante deposito dell'atto in cancelleria.
Cass. civ. n. 19410/2015
L'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un "error in procedendo", presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell'iter processuale.
Cass. civ. n. 18363/2015
In tema di ricorso per cassazione, la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un'esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza, sicché è sanzionabile con l'inammissibilità, a meno che il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, essendo facilmente individuabile ed isolabile, possa essere separato ed espunto dall'atto processuale, la cui autosufficienza, una volta resi conformi al principio di sinteticità il contenuto e le dimensioni globali, dovrà essere valutata in base agli ordinari criteri ed in relazione ai singoli motivi.
Cass. civ. n. 17049/2015
È inammissibile, per violazione del criterio dell'autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano "nuove" e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all'esame dei fascicoli di ufficio o di parte.
Cass. civ. n. 16900/2015
In tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell'onere, imposto al ricorrente dall'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario specificare, in ossequio al principio di autosufficienza, la sede in cui gli atti stessi sono rinvenibili (fascicolo d'ufficio o di parte), provvedendo anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l'esame. Tale principio trova applicazione anche per il caso di produzione in giudizio di un lodo arbitrale, in ragione della sua intrinseca natura di documento e in quanto l'attività degli arbitri rituali non ha efficacia negoziale, ma ha natura giurisdizionale.
Cass. civ. n. 15566/2015
Nel giudizio di cassazione, la comunicazione dell'avviso di udienza al difensore che risulti essere stato cancellato dall'albo degli avvocati di appartenenza, è ritualmente eseguita presso la cancelleria della Corte, ex art. 366, comma 2, ultima parte, c.p.c., persistendo l'obbligo del professionista, alla stregua del rapporto di mandato instaurato con il proprio cliente, ad informarlo dell'impossibilità di proseguire il patrocinio, sicché non è configurabile alcun irrimediabile "vulnus" al diritto di difesa della parte.
Cass. civ. n. 14969/2015
Ai sensi dell'art. 366, comma 2, cod. proc. civ., nel testo modificato dall'art. 25, comma 1, lett. i), n. 1, della l. 12 novembre 2011, n. 183, è valida la notificazione del controricorso effettuata presso la cancelleria della Corte di cassazione, quando il ricorrente abbia volontariamente eletto domicilio in Roma, presso la stessa cancelleria, senza che rilevi l'indicazione, nel ricorso, dell'indirizzo di posta elettronica certificata, comunicata al proprio ordine, poiché la notificazione a questo indirizzo presuppone che non vi sia contestuale volontaria elezione di domicilio in Roma.
Cass. civ. n. 14784/2015
Il ricorso per cassazione - per il principio di autosufficienza - deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l'onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l'indiretta riproduzione.
Cass. civ. n. 14662/2015
In tema di ricorso per cassazione, l'erronea indicazione delle generalità del ricorrente non comporta l'inammissibilità dell'impugnazione ove l'effettiva identità del suo autore risulti dall'intestazione della sentenza impugnata e da quella dello stesso ricorso per cassazione, oltre che dalla procura speciale apposta in margine ad esso.
Cass. civ. n. 9100/2015
In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d'inammissibilità dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati.
Cass. civ. n. 2928/2015
In tema di contenzioso tributario, è inammissibile, per difetto di autosufficienza, il ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., avverso la sentenza che abbia ritenuto correttamente motivato l'atto impositivo, qualora non sia trascritta la motivazione di quest'ultimo, precludendo, pertanto, al giudice di legittimità ogni valutazione.
Cass. civ. n. 26174/2014
Il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell'omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell'atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all'esame dei fascicoli d'ufficio o di parte.
Cass. civ. n. 26157/2014
La parte che propone ricorso per cassazione, deducendo la nullità della sentenza per un vizio dell'attività del giudice, lesivo del proprio diritto di difesa, ha l'onere di indicare il concreto pregiudizio derivato, atteso che, nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, l'impugnazione non tutela l'astratta regolarità dell'attività giudiziaria ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio subito dalla parte, sicché l'annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole a quella cassata. (Nella specie, con riguardo ad un asserito vizio di notifica del pignoramento, sanato per la proposizione dell'opposizione, la parte si era limitata a dedurre l'avvenuta lesione del suo diritto di difesa in forza del notevole lasso temporale intercorso tra la notificazione del pignoramento e l'introduzione del giudizio di opposizione).
Cass. civ. n. 25215/2014
Nel giudizio per cassazione, a seguito delle modifiche dell'art. 366 cod. proc. civ. introdotte dall'art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, qualora il ricorrente non abbia eletto domicilio in Roma ed abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata ai soli fini delle comunicazioni di cancelleria, è valida la notificazione del controricorso presso la cancelleria della Corte di cassazione, perché, mentre l'indicazione della PEC senza ulteriori specificazioni è idonea a far scattare l'obbligo del notificante di utilizzare la notificazione telematica, non altrettanto può affermarsi nell'ipotesi in cui l'indirizzo di posta elettronica sia stato indicato in ricorso per le sole comunicazioni di cancelleria.
Cass. civ. n. 22860/2014
È inammissibile per violazione dell'art. 366, n. 3, cod. proc. civ., il ricorso del tutto privo della sommaria esposizione dei fatti di causa - che non possono ricavarsi dai motivi di ricorso, i quali, in quanto deputati a esporre le linee difensive, anche ove alludano alle fasi del giudizio, non compiono una precisa enucleazione degli stessi - la cui enunciazione è tanto più essenziale ove il ricorso per cassazione sia rivolto verso una decisione della corte d'appello, pronunciata in sede di rinvio ex art. 394 cod. proc. civ., assolvendo, in tale evenienza, alla funzione di delimitazione dei confini del giudizio di rinvio.
Cass. civ. n. 22607/2014
Al fine di ritenere integrato il requisito della cosiddetta autosufficienza del motivo di ricorso per cassazione, quando esso concerna la valutazione da parte del giudice di merito di atti processuali o di documenti, è necessario specificare la sede in cui nel fascicolo d'ufficio o in quelli di parte essi siano rinvenibili, sicché, in mancanza, il ricorso è inammissibile per l'omessa osservanza del disposto di cui all'art. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 20808/2014
In tema di liquidazione delle spese processuali, è inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione che, nel censurarne la complessiva quantificazione operata del giudice di merito, non indichi le singole voci della tariffa, per diritti ed onorari, risultanti nella nota spese, in ordine alle quali quel giudice sarebbe incorso in errore.
Cass. civ. n. 19959/2014
Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall'art. 360 cod. proc. civ., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito.
Cass. civ. n. 17698/2014
Il mancato rispetto del dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva espone il ricorrente per cassazione al rischio di una declaratoria d'inammissibilità dell'impugnazione, in quanto esso collide con l'obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, tendente ad una decisione di merito, al duplice fine di assicurare un'effettiva tutela del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., nell'ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all'art. 111, comma secondo, Cost. e in coerenza con l'art. 6 CEDU, nonché di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui.
Cass. civ. n. 16368/2014
In tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che lamenti l'acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio non può limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l'operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicità, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l'apprezzamento dell'incidenza causale del difetto di motivazione.
Cass. civ. n. 15478/2014
Per soddisfare il requisito dell'esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dal n. 3 dell'art. 366 cod. proc. civ., non è necessario che tale esposizione costituisca parte a sé stante del ricorso, ma è sufficiente che essa risulti in maniera chiara dal contesto dell'atto, attraverso lo svolgimento dei motivi.
Cass. civ. n. 13952/2014
E inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 366, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., quando manchi una espressa indicazione della parte contro la quale è proposto e vi siano due notificazioni dirette a soggetti diversi, sicché non è possibile al lettore individuare il destinatario del ricorso neppure nel soggetto cui l'atto sia stato notificato.
Cass. civ. n. 11308/2014
Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l'esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l'esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l'esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l'esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 10722/2014
Nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell'art. 348 ter, terzo comma, cod. proc. civ., l'atto d'appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell'art. 348 bis cod. proc. civ., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 366, n. 3, cod. proc. civ., è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa menzione dei motivi di appello e della motivazione dell'ordinanza ex art. 348 bis cod. proc. civ., al fine di evidenziare l'insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame.
Cass. civ. n. 5457/2014
In tema di giudizio per cassazione, allorché il ricorrente abbia eletto domicilio in Roma, indicando altresì l'indirizzo di posta elettronica certificata, il controricorso può essere indifferentemente notificato sia presso il detto domicilio, sia a mezzo posta elettronica, in quanto l'art. 366, secondo comma, cod. proc. civ. consente le notificazioni in via alternativa - con l'uso della disgiuntiva "ovvero" - all'uno o all'altro luogo.
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In tema di giudizio per cassazione, qualora, in mancanza di elezione di domicilio nel testo del ricorso, la parte, nella procura conferita in calce o a margine di esso, dichiari di eleggere domicilio con il suo difensore in Roma, indicando il relativo luogo, la successiva sottoscrizione per autenticazione della firma del ricorrente, apposta dal difensore, esprime l'intento di eleggere domicilio in tale luogo agli effetti dell'art. 366, secondo comma, cod. proc. civ.
Cass. civ. n. 3224/2014
In tema di impugnazione per cassazione, ed in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso, la parte che alleghi la mancata valutazione delle consulenze tecniche d'ufficio espletate nei gradi di merito, ha l'onere di indicare compiutamente (e, se del caso, trascrivere nel ricorso) gli accertamenti e le risultanze peritali, al fine di consentire alla corte di valutare la congruità della motivazione della sentenza impugnata che si sia motivatamente dissociata dalle conclusioni peritali, dovendosi, in carenza di detta specificazione, dichiarare il ricorso inammissibile.
Cass. civ. n. 2886/2014
È inammissibile il ricorso per cassazione ove la parte lamenti l'insufficiente motivazione della sentenza gravata per avere il giudice di merito rigettato la domanda anziché dichiarare la nullità del ricorso introduttivo (dalla stessa redatto), qualora non produca (o non riproduca nel ricorso) l'atto introduttivo della lite, né alleghi di aver dedotto, sin dal primo grado, il vizio di nullità al fine di impedirne ogni sanatoria (anche attraverso i poteri autorizzativi del giudice del lavoro di cui all'art. 420, settimo comma, cod. proc. civ.), ferma restando l'impossibilità per il giudice di legittimità di valutare direttamente gli atti del processo poiché la relativa censura, se ammissibile, deve essere proposta in conformità alle regole fissate dal codice di rito.
Cass. civ. n. 1391/2014
Qualora con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino l'esame di delibere comunali, decreti sindacali e regolamenti comunali, è necessario - in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso - che il testo di tali atti sia interamente trascritto e che siano, inoltre, dedotti i criteri di ermeneutica asseritamente violati, con l'indicazione delle modalità attraverso le quali il giudice di merito se ne sia discostato, non potendo la relativa censura limitarsi ad una mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza.
Cass. civ. n. 187/2014
Il ricorso per cassazione che contenga mere enunciazioni di violazioni di legge o di vizi di motivazione, senza consentire, nemmeno attraverso una sua lettura globale, di individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e le argomentazioni che la sostengono, nè quindi di cogliere le ragioni per le quali se ne chieda l'annullamento, non soddisfa i requisiti di contenuto fissati dall'art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Cass. civ. n. 25044/2013
In tema di ricorso per cassazione, l'indicazione delle norme che si assumono violate non è un requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell'ammissibilità della censura, ma solo un elemento richiesto al fine di chiarirne il contenuto e di identificare i limiti dell'impugnazione, sicché la relativa omissione può comportare l'inammissibilità della singola doglianza soltanto se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano (nella specie perché operanti un'irrituale ed equivoca commistione tra figure giuridiche diverse, quali la legittimazione ad agire e la titolarità del diritto dedotto in giudizio) di individuare le norme ed i principi di diritto asseritamente trasgrediti, così precludendo la delimitazione delle questioni sollevate.
Cass. civ. n. 21632/2013
Nel ricorso per cassazione, la censura della sentenza impugnata che abbia recepito le conclusioni della relazione del consulente tecnico di ufficio, con la quale si intenda lamentare l'omesso esame della rilevanza causale di fattori extra lavorativi di una malattia ritenuta professionale, deve essere proposta - a pena di inammissibilità - mediante specifica indicazione delle circostanze trascurate dall'elaborato peritale, essendo ciò necessario al fine di consentire al giudice di legittimità di controllare la decisività dei fatti da provare e delle stesse prove sulla sola base delle deduzioni contenute nell'atto, senza poter colmare le lacune con indagini integrative.
Cass. civ. n. 21611/2013
Nel ricorso per cassazione, il motivo di impugnazione che prospetti una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme che si assumono violate, e dalla deduzione del vizio di motivazione, è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che, per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio di violazione di legge o del vizio di motivazione.
Cass. civ. n. 21099/2013
Costituisce causa di inammissibilità del ricorso per cassazione l'erronea sussunzione del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità nell'una o nell'altra fattispecie di cui all'art. 360 c.p.c., come pure l'incongruenza fra le norme di legge di cui si prospetta la violazione e le argomentazioni di supporto. (Nella specie, proposto ricorso ai sensi del numero 3 dell'art. 360 c.p.c., il ricorrente si doleva, in realtà, di un vizio di motivazione della sentenza).
Cass. civ. n. 17931/2013
Il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall'art. 360, primo comma, c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l'omessa pronuncia, da parte dell'impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell'art. 360 c.p.c., con riguardo all'art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge.
Cass. civ. n. 17866/2013
Ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, pur essendo necessario che il mandato al difensore sia stato rilasciato in data anteriore o coeva alla notificazione del ricorso all'intimato, non occorre che la procura sia integralmente trascritta nella copia notificata all'altra parte, ben potendosi pervenire d'ufficio, attraverso altri elementi, purché specifici ed univoci, alla certezza che il mandato sia stato conferito prima della notificazione dell'atto.
Cass. civ. n. 16038/2013
In materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., giusta il disposto di cui all'art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., deve essere, a pena d'inammissibilità, dedotto non solo con l'indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione.
Cass. civ. n. 10244/2013
In tema di ricorso per cassazione, la pedissequa riproduzione di atti processuali e documenti, ove si assuma che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o li abbia mal interpretati, non soddisfa il requisito di cui all'art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto costituisce onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un'attività, consistente nella lettura integrale degli atti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione, che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente e, quindi, del suo difensore.
Cass. civ. n. 8569/2013
In tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell'onere, imposto al ricorrente dall'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l'esame. (Nel caso di specie, è stato dichiarato inammissibile il ricorso che, richiamando atti e documenti del giudizio di merito, dei quali veniva lamentata la mancata o erronea valutazione, si limitava soltanto ad indicarli, senza riprodurli, neppure individuando in quale sede processuale fossero stati prodotti).
Cass. civ. n. 6752/2013
In tema di giudizio per cassazione, a seguito delle modifiche dell'art. 366 c.p.c. introdotte dall'art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, se il ricorrente ha indicato in ricorso l'indirizzo di posta elettronica certificata, il decreto di fissazione dell'adunanza della Corte e la relazione, di cui all'art. 380 bis, secondo comma, c.p.c., devono essergli notificati a mezzo posta elettronica, ovvero, ove non sia possibile, a mezzo telefax, ai sensi dell'art. 136, terzo comma, c.p.c., risultando dunque irrituale la notificazione fatta presso la cancelleria della Corte di cassazione.
Cass. civ. n. 1435/2013
In tema di ricorso per cassazione, qualora una determinata questione giuridica - che implichi accertamenti di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Cass. civ. n. 17447/2012
Il ricorso per cassazione, confezionato mediante la riproduzione degli atti dei pregressi gradi di giudizio e dei documenti ivi prodotti con procedimento fotografico o similare e la giustapposizione degli stessi con mere proposizioni di collegamento, è inammissibile per violazione del criterio di autosufficienza, in quanto detta modalità grafica viola il precetto dell'art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c., che impone l'esposizione sommaria dei fatti di causa, e grava la Corte di un compito che le è istituzionalmente estraneo, impedendo l'agevole comprensione della questione controversa, nonché rimettendo alla discrezionale valutazione della stessa la verifica del contenuto degli atti del processo; né l'indicata forma espositiva può essere giustificata dall'esigenza di consentire la verifica degli atti, poiché questa attiene ad una fase successiva e può essere assolta attraverso l'allegazione, di seguito al ricorso, di copia degli atti ritenuti strumentali allo scopo.
Cass. civ. n. 17168/2012
Qualora il ricorrente per cassazione si dolga dell'omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice del merito, ha l'onere di indicare nel ricorso il contenuto rilevante dello stesso, fornendo alla Corte elementi sicuri per consentirne il reperimento negli atti processuali, potendo così reputarsi assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall'art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. (a pena di inammissibilità) e dall'art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c. (a pena di improcedibilità del ricorso), senza che occorra la pedissequa riproduzione dell'intero letterale contenuto degli atti processuali, riproduzione, anzi, inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto diretta ad affidare alla Corte il compito supplementare di scegliere quanto effettivamente rileva ai fini delle argomentazioni dei motivi di ricorso, nell'ambito del copioso materiale prodotto, contenente anche elementi estranei al "thema decidendum".
Cass. civ. n. 14561/2012
Il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile in generale, in relazione al principio dell'autosufficienza che lo connota, quando da esso, pur mancando l'esposizione dei motivi del gravame che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo grado, non risulti impedito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte. Solo nel caso della deduzione del vizio per omessa pronuncia su una o più domande avanzate in primo grado è, invece, necessaria, al fine dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, la specifica indicazione dei motivi sottoposti al giudice del gravame sui quali egli non si sarebbe pronunciato, essendo in tal caso indispensabile la conoscenza puntuale dei motivi di appello.
Cass. civ. n. 14026/2012
In tema di ricorso per cassazione, l'erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non determina "ex se" l'inammissibilità di questo se la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l'esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura. (Nella specie, il ricorso aveva erroneamente indicato in rubrica l'art. 112 c.p.c., relativo al vizio di omessa pronuncia, ma in realtà si doleva della carenza assoluta di motivazione sul punto controverso).
Cass. civ. n. 13374/2012
Nel giudizio di legittimità, colui il quale si dolga dell'omessa considerazione, da parte del giudice di merito, di una sentenza pronunciata tra le stesse parti e rilevante ai fini del decidere, ha l'onere di riprodurre nel ricorso l'atto dal quale si desumerebbe l'avvenuta produzione o comunque l'esistenza di quella sentenza, anche quando tale atto consista in una relazione di notificazione. (Nella specie, il ricorrente aveva proposto opposizione ad un precetto fondato su un'ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., assumendo che il titolo esecutivo fosse venuto meno a causa della successiva pronuncia della sentenza conclusiva del giudizio; rigettata l'opposizione, l'opponente propose ricorso per cassazione, dolendosi della omessa considerazione, da parte del giudice di merito, della suddetta sentenza, e la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, in virtù del principio di cui alla massima).
Cass. civ. n. 8585/2012
È inammissibile il ricorso per cassazione nel quale la parte abbia erroneamente inquadrato, tra quelli previsti dall'art. 360 c.p.c., il vizio che ha inteso denunciare, esigendola tassatività e la specificità del motivo di censura una precisa formulazione, di modo che detto vizio rientri nelle ipotesi tassative enucleate dal codice di rito. (Nella specie, il ricorrente aveva denunciato come violazione delle norme sulla confessione, ex art. 360 n. 3, c.p.c., la mancata considerazione da parte del giudice di merito di una dichiarazione confessoria resa dalla controparte; la Corte, ritenuto che tale vizio costituisca un vizio di motivazione, ex art. 360, n. 5, c.p.c., ha dichiarato inammissibile il ricorso).
Cass. civ. n. 5698/2012
In tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all'art. 366, n. 3, c.p.c., la pedissequa riproduzione dell'intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso. (Nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso articolato con la tecnica dell'assemblaggio, mediante riproduzione integrale in caratteri minuscoli di una serie di atti processuali: sentenza di primo grado, comparsa di risposta in appello, comparsa successiva alla riassunzione a seguito dell'interruzione, sentenza d'appello ove mancava del tutto il momento di sintesi funzionale, mentre l'illustrazione dei motivi non consentiva di cogliere i fatti rilevanti in funzione della comprensione dei motivi stessi).
Cass. civ. n. 4782/2012
Il disposto dall'art. 366 n. 3 cod. proc. civ., secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere a pena d'inammissibilità l'esposizione sommaria dei fatti di causa, può ritenersi osservato quando in esso sia stata trascritta la sentenza impugnata, purché se ne possa ricavare la cognizione dell'origine e dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, senza necessità di ricorrere ad altre fonti.
Cass. civ. n. 3445/2012
Quando il ricorso per cassazione deduce una censura di violazione dell'art. 102 cod. proc. civ. per omessa integrazione del contraddittorio necessario, il potere di rilevazione d'ufficio del difetto di quella integrità non esclude l'onere del ricorrente di indicare gli atti e i documenti che evidenzino la violazione dell'art. 102 cod. proc. civ., al fine di rendere il motivo ammissibile. Peraltro, se tale onere non venga assolto, l'esercizio del potere di ufficio della Corte può aver luogo comunque, ma solo in presenza di un ricorso ammissibile, perché siano stati dedotti altri motivi ammissibili e, in tal caso, solo se la violazione dell'art. 102 cod. proc. civ. sia evidenziata dalle allegazioni svolte riguardo a tali motivi, dalle difese del resistente o dal tenore della decisione impugnata, al cui esame si debba procedere sulla base degli altri motivi.
Cass. civ. n. 3010/2012
In materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., giusta il disposto di cui all'art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., deve essere, a pena d'inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione.
Cass. civ. n. 1716/2012
Poiché il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di cui all'art. 366 nn. 3 e 4 c.p.c., impone al ricorrente la specifica indicazione dei fatti e dei mezzi di prova asseritamente trascurati dal giudice di merito, nonché la descrizione del contenuto essenziale dei documenti probatori con eventuale trascrizione dei passi salienti, il suddetto requisito non è soddisfatto nel caso in cui il ricorrente inserisca nel proprio atto d'impugnazione la riproduzione fotografica di uno o più documenti, affidando alla Corte la selezione delle parti più rilevanti e, quindi, un'individuazione e valutazione dei fatti estranea alla funzione del giudizio di legittimità.
Cass. civ. n. 86/2012
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione - che trova la propria ragion d'essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all'esame dei fascicoli di ufficio o di parte - vale anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali si denuncino errori da parte del giudice di merito; ne consegue che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell'art. 342 c.p.c. conseguente alla mancata declaratoria di nullità dell'atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte.
Cass. civ. n. 21560/2011
Poiché la sentenza prodotta in un giudizio per dimostrare l'esistenza di un giudicato esterno rilevante ai fini della decisione assume rispetto ad esso - in ragione della sua oggettiva intrinseca natura di documento - la natura di una produzione documentale, il requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione indicato dall'art. 366 n. 6 c.p.c. concerne in tutte le sue implicazioni anche una sentenza prodotta nel giudizio di merito, riguardo alla quale il motivo di ricorso per cassazione argomenti la censura della sentenza di merito quanto all'esistenza, alla negazione o all'interpretazione del suo valore di giudicato esterno. (Principio di diritto affermato a norma dell'art. 363, terzo comma, c.p.c.).
Cass. civ. n. 17790/2011
Nell'ipotesi in cui due parti siano costituite in appello col ministero del medesimo difensore e la sentenza contenga una pronuncia di condanna di rifusione delle spese in favore di entrambe, la censura relativa a tale statuizione, fondata sul rilievo che solo una di esse sia da ritenere formalmente vittoriosa, a pena d'inammissibilità del ricorso, deve contenere l'indicazione analitica, nella complessiva ed unitaria liquidazione compiuta dal giudice, dell'incidenza delle spese relative alla posizione della parte che si assume non ne abbia diritto.
Cass. civ. n. 13908/2011
Nel giudizio di cassazione, la morte del domiciliatario del ricorrente determina, ai sensi dell'art. 141, quarto comma, c.p.c., l'inefficacia dell'elezione di domicilio, con la conseguenza che l'avviso di udienza va notificato presso la cancelleria della Corte di cassazione ai sensi del secondo comma dell'art. 366 c.p.c.; infatti, il diritto del difensore non domiciliato in Roma di essere informato della data fissata per la discussione del ricorso è adeguatamente salvaguardato - nel contemperamento, operato dal legislatore, dei diversi interessi delle parti e delle esigenze dell'ufficio - dalla possibilità dello stesso difensore di chiedere che l'avviso gli sia inviato in copia mediante lettera raccomandata, a norma dell'art. 135 disp. att. c.p.c.. (Principio enunciato in relazione ad un giudizio introdotto prima dell'entrata in vigore della novella dell'art. 366, c.p.c., ultimo comma, contenuta nell'art. 5 del d.l.vo 2 febbraio 2006, n. 40).
Cass. civ. n. 16592/2010
La competenza a notificare il ricorso per cassazione è promiscua, nel senso che può essere effettuata nella città di Roma dove il processo deve essere trattato, ma anche presso il luogo nel quale la sentenza impugnata è stata pronunciata; ne consegue che l'incombenza può essere svolta anche dall'ufficiale giudiziario del luogo dove la sentenza impugnata è stata emessa.
Cass. civ. n. 13257/2010
Il ricorso per cassazione deve essere proposto a pena di inammissibilità con unico atto avente i requisiti di forma e contenuto indicati dalla pertinente normativa di rito. Ne consegue che è inammissibile un nuovo atto successivamente notificato a modifica od integrazione dell'originario ricorso, sia che concerna l'indicazione dei motivi, ostandovi il principio della consumazione dell'impugnazione, sia che tenda a colmare la mancanza di taluno degli elementi prescritti, quali la formulazione dei quesiti o l'esposizione dei fatti di causa o la sintesi della questione di motivazione relativamente al fatto controverso, essendo solo possibile - ove non siano decorsi i termini - la proposizione di un nuovo ricorso in sostituzione del primo, ma non anche ad integrazione, né a correzione di un ricorso viziato che non sia ancora stato dichiarato inammissibile. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ammissibile il nuovo ricorso, tempestivamente depositato, in quanto il medesimo non aveva natura meramente correttiva o integrativa ma si presentava del tutto distinto e autonomo rispetto al primo ed era regolarmente provvisto dei quesiti di diritto prescritti dall'art. 366 bis c.p.c., applicabile "ratione temporis").
Cass. civ. n. 10605/2010
In tema di ricorso per cassazione, ai fini della ammissibilità del motivo con il quale si lamenta un vizio del procedimento (art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.) per erronea individuazione del "chiesto" ex art. 112 c.p.c. (nella specie, l'esistenza di un concorso dei danneggiati nella causazione del danno, ai sensi dell'art. 1227 c.c.), affermandosi che la deduzione della situazione di fatto pertinente alla richiesta è avvenuta sin dalla comparsa di costituzione in primo grado, è necessario che il ricorrente, alla luce del principio di autosufficienza dell'impugnazione, indichi le espressioni con cui detta deduzione è stata formulata nel giudizio di merito, non potendo a tal fine limitarsi ad asserire che si tratti di fatto pacifico allorché neppure individui l'allegazione con la quale esso sarebbe stato introdotto e mantenuto nella controversia, posto che è pacifico soltanto il fatto che la parte abbia allegato, in modo tale che la controparte possa ammetterlo direttamente ed espressamente oppure in modo indiretto, attraverso l'affermazione di un fatto che lo presupponga.
Cass. civ. n. 7161/2010
In tema di ricorso per cassazione, l'art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., novellato dal d.l.vo n. 40 del 2006, oltre a richiedere l' indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all'ulteriore requisito di procedibilità di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c., per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l'indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all'ammissibilità del ricorso (art. 372 c.p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l'esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell'ambito del ricorso.
Cass. civ. n. 5087/2010
La parte che, in sede di ricorso per cassazione, deduce che il giudice di appello sarebbe incorso nella violazione dell'art. 112 c.p.c. per non essersi pronunciato su un motivo di appello o, comunque, su una conclusione formulata nell'atto di appello, è tenuta, ai fini dell'astratta idoneità del motivo ad individuare tale violazione, a precisare - a pena di inammissibilità - che il motivo o la conclusione sono stati mantenuti nel giudizio di appello fino al momento della precisazione delle conclusioni.
Cass. civ. n. 4201/2010
In tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che intende far valere in sede di legittimità un motivo di ricorso fondato sulle risultanze della consulenza tecnica espletata in grado di appello è tenuta - in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso - ad indicare se la relazione cui si fa riferimento sia presente nel fascicolo di ufficio del giudizio di merito (specificando, in tal caso, gli estremi di reperimento della stessa), ovvero a chiarire alla Corte il diverso modo in cui essa possa essere altrimenti individuata, non potendosi affidare al giudice di legittimità il compito di svolgere un'attività di ricerca della relazione, in sede decisoria, senza garanzia del contraddittorio ed in violazione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo.
Cass. civ. n. 26644/2009
Il requisito della "esposizione sommaria dei fatti di causa", prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall'art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c., è richiesto anche con riguardo al regolamento preventivo di giurisdizione pur se in funzione della sola questione della giurisdizione, dovendosi escludere, per il principio di autosufficienza del ricorso, che i presupposti per l'individuazione della giurisdizione nella controversia possano essere attinti dalla documentazione prodotta ovvero dal fascicolo d'ufficio. (Principio affermato dalle S.U. con riguardo ad un ricorso nel quale - in relazione all'impugnazione innanzi al TAR di un concorso interno - il ricorrente aveva omesso di specificare la data ed i contenuti essenziali del bando, nonché di indicare i profili e livelli professionali con cui i ricorrenti avevano chiesto di partecipare alla procedura concorsuale e le clausole del contratto collettivo implicate).
Cass. civ. n. 24540/2009
Nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra di loro distinte e tutte autonomamente sufficienti a sorreggerla sul piano logico-giuridico, è necessario, affinché si giunga alla cassazione della pronuncia, che il ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in quanto, in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero l'effetto di mantenere ferma la decisione basata su di esse. (Nella specie, in applicazione del principio enunciato, la S.C. ha rigettato il ricorso avanzato da un lavoratore dipendente che aveva censurato la parte della sentenza di merito relativa alla correttezza della formazione della prova testimoniale ma aveva omesso di criticare la giustificazione della decisione che faceva leva, in aggiunta alla valutazione di detta prova, anche sull'impossibilità di riconoscere l'interruzione della prescrizione del diritto di credito vantato dallo stesso lavoratore).
Cass. civ. n. 22033/2009
Nel giudizio di cassazione, l'art. 366, ultimo comma, c.p.c., ammette che possano farsi a mezzo fax soltanto le comunicazioni da parte della cancelleria e le notificazioni tra i difensori, di cui agli artt. 372 e 390 c.p.c., con la conseguenza che è inammissibile la memoria fatta pervenire dal ricorrente a mezzo fax inviato alla cancelleria, sia pure spedito da quello di pertinenza del difensore indicato nel ricorso, senza che possa valere a rendere la memoria ammissibile il successivo deposito dell'originale, qualora questo avvenga oltre il termine fissato dall'art. 378 c.p.c.
Cass. civ. n. 20393/2009
È inammissibile per inosservanza del requisito di cui al n. 3 del primo comma dell'art. 366 c.p.c. il ricorso per cassazione che pretenda di assolvere a tale requisito mediante l'assemblaggio in sequenza cronologica degli atti della causa, riprodotti in copia fotostatica, senza che ad essa faccia seguire una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e processuale, né in via autonoma prima dell'articolazione dei motivi né nell'ambito della loro illustrazione.
Cass. civ. n. 19286/2009
Ai sensi dell'art.366 c.p.c., il ricorso per cassazione è inammissibile qualora manchi o vi sia incertezza assoluta sull'identificazione delle parti contro cui esso è diretto; ai fini dell'osservanza della norma predetta, non è necessario che le relative indicazioni siano premesse all'esposizione dei motivi di impugnazione o che siano altrove esplicitamente formulate, essendo sufficiente, analogamente a quanto previsto dall'art.164 c.p.c., che esse risultino in modo chiaro e inequivoco (e non, dunque, ingannevole), anche se implicitamente, dal contesto del ricorso, nonché dal riferimento ad atti dei precedenti gradi di giudizio, da cui sia agevole identificare con certezza la parte intimata. Ne consegue che il vizio consistente nell'omessa indicazione nel ricorso della parte nei cui confronti é proposto non è sanato dalla relazione di notificazione, che é la dichiarazione dell'ufficiale giudiziario descrittiva dell'operazione di conoscenza avente ad oggetto il documento incorporante il ricorso da notificare, ed é, quindi, atto da quest'ultimo soggettivamente ed oggettivamente distinto. (Nella specie la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso incidentale da cui non risultava la proposizione dello stesso nei confronti dei terzi chiamati né dall'intestazione dell'atto, apparentemente proposto nei confronti del ricorrente originario attore, né da una distinta prospettazione dei motivi con riferimento ai soggetti passivi dell'impugnazione, ma solo, e neppure chiaramente, dal contesto del motivo).
Cass. civ. n. 15628/2009
In tema di ricorso per cassazione, il soddisfacimento del requisito di cui all'art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., postula che nel detto ricorso sia specificatamente indicato l'atto su cui esso si fonda, precisandosi al riguardo che incombe sul ricorrente l'onere di indicare nel ricorso non solo il contenuto di tale atto, trascrivendolo o riassumendolo, ma anche in quale sede processuale lo stesso risulta prodotto. L'inammissibilità prevista dalla richiamata norma, in caso di violazione di tale duplice onere, non può ritenersi superabile qualora le predette indicazioni siano contenute in altri atti, posto che la previsione di tale sanzione esclude che possa utilizzarsi il principio, applicabile alla sanzione della nullità, del cosiddetto raggiungimento dello scopo, sicché solo il ricorso può assolvere alla funzione prevista dalla suddetta norma ed il suo contenuto necessario è preordinato a tutelare la garanzia dello svolgimento della difesa dell'intimato, che proprio con il ricorso é posto in condizione di sapere cosa e dove é stato prodotto in sede di legittimità. (Nella specie la S.C. ha ritenuto irrilevante che l'indicazione specifica dell'atto su cui si fondava il ricorso, ed in particolare della sede dove lo stesso era esaminabile, fosse contenuta nella nota di deposito e di iscrizione a ruolo, prescritta per il funzionamento della cancelleria civile della Corte di cassazione ma non normativamente prevista - a differenza della nota di iscrizione a ruolo di cui agli artt. 168 c.p.c. e 71 e 72 disp. att. c.p.c. per il giudizio dinanzi al tribunale, a cui fa riferimento anche l'art. 11 del D.P.R. 13 febbraio 2001 n. 123 -, la quale é indirizzata al cancelliere e non al giudice di legittimità ed ha il solo scopo di realizzare il contatto tra l'ufficio giudiziario Corte di cassazione e la parte ricorrente e di enunciare cosa si produce con il ricorso).
Cass. civ. n. 9658/2009
L'erronea formulazione delle conclusioni del ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione, ove si deduca il difetto di giurisdizione ordinaria e si concluda, invece, per l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, costituisce evidente errore materiale, ininfluente anche sotto il profilo che le conclusioni non fanno parte degli elementi che il ricorso deve contenere a pena di inammissibilità.
Cass. civ. n. 2831/2009
Il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., è inammissibile ove dalla sua lettura non sia possibile desumere una sufficiente conoscenza del "fatto", sostanziale e processuale, al fine di comprendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla sentenza impugnata, come nell'ipotesi in cui non vengano adeguatamente riportate né la "ratio decidendi" della pronuncia del giudice, né le ragioni di fatto e di diritto che sostenevano le rispettive posizioni delle parti nel giudizio di merito.
Cass. civ. n. 2602/2009
Qualora, in sede di giudizio di legittimità, vengano denunciati vizi della sentenza impugnata per mancata considerazione della portata di clausole di contratto collettivo, il ricorrente ha l'onere - in forza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed a pena di inammissibilità dello stesso - di riprodurre le clausole del contratto collettivo solo ove le parti controvertano sul testo letterale delle clausole medesime, laddove, ove la controversia riguardi unicamente le conseguenze di diritto che da esse derivano e che il giudice di merito ne ha tratto, la loro riproduzione non è necessaria sempreché le censure delle parti sulle conseguenze delle clausole siano per altro verso autosufficienti.
Cass. civ. n. 1893/2009
Qualora con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino l'esame di delibere comunali, decreti sindacali e regolamenti comunali, è necessario – in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso – che il testo di tali atti sia interamente trascritto e che siano, inoltre, dedotti i criteri di ermeneutica asseritamente violati, con l'indicazione delle modalità attraverso le quali il giudice di merito se ne sia discostato, non potendo la relativa censura limitarsi ad una mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza. (Fattispecie relativa a funzionario comunale di VII livello rimosso dall'incarico dirigenziale in asserita violazione di regolamento comunale non adeguatamente riportato nel ricorso, proposto dal funzionario medesimo).
Cass. civ. n. 1707/2009
In tema di ricorso per cassazione, gli elementi dedotti con il ricorso, che non siano rilevabili d'ufficio, assumono rilievo in quanto siano stati ritualmente acquisiti nel dibattito processuale nella loro materiale consistenza, nella loro pregressa deduzione e nella loro processuale rilevanza, quale potenzialità probatoria che consenta di giungere ad una diversa soluzione, ed in sede di legittimità siano rievocati in modo autosufficiente. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso che assumeva a fondamento della censura il fatto della mancata prestazione ai fini del riconoscimento dell'insussistenza del diritto alla retribuzione, senza che tale fatto, però, fosse stato indicato nelle conclusioni formulate nel giudizio di appello ovvero fosse stato esaminato dal giudice del gravame, mancando altresì, nel motivo di ricorso, l'indicazione di elementi a sostegno di una pregressa deduzione nei giudizi di merito).
Cass. civ. n. 28547/2008
In tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.L.vo n. 40 del 2006, il novellato art. 366, sesto comma c.p.c., oltre a richiedere la «specifica » indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell'art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c., anche che esso sia prodotto in sede di legittimità. (Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo del ricorso che si limitava a fare riferimento all'esistenza di due concessioni, senza indicare in alcun modo dove e quando fossero stati prodotti i relativi documenti e senza neppure enunciare la loro produzione in sede di legittimità ).
Cass. civ. n. 15808/2008
Ai fini della sussistenza del requisito della «esposizione sommaria dei fatti di causa » prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall'art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c., è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perché il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (nella specie, relativa all'esatta identificazione del soggetto verso cui le domande di pagamento di differenze retributive erano state rivolte tra l'En.A.I.P. (Ente Acli Istruzione Professionale ) e l'E.N.A.I.P. (Ente Nazionale Acli Istruzione Professionale ), quest'ultima non espressamente considerata nelle conclusioni come destinataria della domanda, la S.C. ha rilevato che il ricorrente aveva omesso di indicare, specificando le esatte espressioni utilizzate nel ricorso, se le circostanze di fatto rilevanti e, in ispecie, da un lato, l'avvenuta conclusione del contratto con il secondo, che aveva pure sottoscritto un verbale di conciliazione, e, dall'altra, l'asserito subentro nel rapporto da parte del primo fossero state effettivamente allegate nel ricorso introduttivo di primo grado, così impedendo alla Corte di verificare l'idoneità del comportamento difensivo ad esprimere la reale volontà di estendere la domanda ad entrambi i destinatari ).
Cass. civ. n. 18512/2007
La previsione della sanzione della inammissibilità per la mancanza nel contenuto del ricorso per cassazione del requisito dell'indicazione delle parti di cui all'art. 366 n. 1 c.p.c., impone che il suo rispetto debba necessariamente emergere dal ricorso, impedendo, proprio per l'espresso riferimento del legislatore alla categoria della inammissibilità e non a quella della nullità, per un verso che possa desumersi aliunde cioè da atti diversi dal ricorso (come la sentenza impugnata ovvero la relazione di notificazione del ricorso ovvero atti del processo di merito) e, per altro verso (se del caso in analogia con quanto ipotizzato dall'art. 164 c.p.c.), dall'atteggiamento della parte intimata, che identifichi essa le parti.
Cass. civ. n. 18440/2007
Nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione il ricorrente, il quale introduca temi di indagine non affrontati nei precedenti gradi di giudizio ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione di tali questioni nel giudizio, di merito, ma anche di indicare in quali atti sia avvenuta la relativa deduzione (sulla base di tale principio la S.C. ha rigettato il ricorso con il quale la parte soccombente in appello, vistasi rigettare dal giudice di merito l'eccezione di nullità di un contratto stipulato da una società asseritamente costituita con atto nullo, aveva in sede di legittimità invocato la nullità del medesimo contratto per un diverso titolo, e cioè per la contrarietà dell'oggetto alla legge, senza indicare se ed in quali atti tale titolo di nullità fosse stato ritualmente dedotto nei gradi di merito).
Cass. civ. n. 17125/2007
La proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l'inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all'art. 366, comma primo, n. 4 c.p.c. Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l'esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l'esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quelle impugnate. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo del ricorso di una società di persone, con cui, nel giudizio avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di rettifica del reddito di partecipazione, si censurava la sentenza emessa in un altro giudizio, avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di rettifica del reddito dichiarato dalla società, e richiamata nella sentenza impugnata dal socio).
Cass. civ. n. 13845/2007
La parte che, in sede di ricorso per cassazione, addebita alla consulenza tecnica d'ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa (e nella sentenza che l'ha recepita) ha, in considerazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, l'onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente di ufficio. (Mass. redaz.).
Cass. civ. n. 13070/2007
Posto che il ricorso per cassazione non introduce una terza istanza di giudizio con la quale si può far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi invece come un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall'ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti, deve affermarsi che, nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, il ricorso, per qualificarsi come ammissibile, deve rivolgersi contro ciascuna di queste, in quanto l'eventuale suo accoglimento non toccherebbe le ragioni non censurate e la decisione impugnata resterebbe ferma in base ad esse. (Nella specie, la S.C., investita con ricorso avverso una sentenza di rigetto di un'opposizione all'esecuzione in tema di obblighi di fare riferibili ad una decisione definitiva contenente la statuizione di condanna all'arretramento di una costruzione rispetto al confine legale, lo ha respinto sul presupposto che lo stesso era stato fondato solo sul profilo concernente la trasformazione della struttura del manufatto da demolire come elemento sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo, trascurandosi l'altro aspetto logicamente correlato, pure evidenziato nella sentenza impugnata, secondo cui il rispetto dell'obbligo imposto dal giudicato non dipendeva dalla condizione della costruzione ma solo dalla sua distanza dal confine).
Cass. civ. n. 13066/2007
Posto, in generale, il principio che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, deve ritenersi, in particolare, inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente un'affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la sentenza impugnata e di assolvere, così, il compito istituzionale di verificare il fondamento della suddetta violazione. Qualora, peraltro, venga allegata (come prospettato nella specie dal ricorrente principale) l'erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze della causa di merito, tale deduzione è da ritenersi esterna alla esatta interpretazione delle norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione ma non sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge.
Cass. civ. n. 12904/2007
Il potere della Corte di cassazione, in tema di errores in procedendo di riesaminare in fatto la questione sollevata si esplica nei limiti degli atti e documenti che, prodotti nel giudizio di merito, risultano acquisiti al processo. In particolare, il vizio di omesso esame di un documento decisivo non è deducibile in cassazione se il giudice di merito ha accertato che quel documento non è stato prodotto in giudizio, non essendo configurabile un difetto di attività del giudice circa l'efficacia determinante, ai fini della decisione della causa, di un documento non portato alla cognizione del giudice stesso. Se la parte assume, invece, che il giudice abbia errato nel ritenere non prodotto in giudizio il documento decisivo, può far valere tale preteso errore soltanto in sede di revocazione, ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., sempre che ne ricorrano le condizioni.
Cass. civ. n. 5274/2007
Il ricorso per cassazione con il quale si facciano valere vizi della motivazione della sentenza deve contenere la precisa indicazione di carenze o di lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato ovvero la specificazione di illogicità, consistente nell'attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune,od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l'assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l'insanabile contrasto degli stessi. Con detto motivo non può invece essere fatto valere il contrasto della ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di merito con il convincimento e con le tesi della parte, poiché se si opinasse diversamente, il motivo di ricorso per cassazione di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. finirebbe per risolversi in una richiesta di sindacato del giudice di legittimità sulle valutazioni riservate al giudice di merito.
Cass. civ. n. 5120/2007
Per denunciare il vizio di motivazione è necessario collegare le censure a specifiche questioni sottoposte al vaglio del giudice, mentre il principio fondamentale dell'interesse (art. 100 c.p.c.), impedisce di domandare la cassazione di una sentenza per il solo fatto che presenti una motivazione carente, essendo onere del ricorrente specificare quali indagini, se correttamente eseguite, avrebbero potuto portare ad un risultato utile. Conseguentemente va dichiarato inammissibile il motivo di ricorso che non consenta di identificare l'interesse della parte ricorrente alla cassazione della decisione non ponendo la Corte in condizione di individuare i punti decisivi che la sentenza impugnata non avrebbe esaminato o avrebbe considerato in modo insufficiente o contraddittorio (principio affermato in controversia concernente il calcolo del tasso specifico aziendale, ai fini della determinazione del premio dovuto dalle aziende industriali per l'assicurazione dei dipendenti contro gli infortuni e le malattie professionali, computato senza riferimento a specifiche realtà aziendali, ma secondo il disposto dell'art. 6, secondo comma del D.M. 18 giugno 1988. Il ricorrente, denunciando il vizio di motivazione, non aveva riportato i contenuti della domanda giudiziale, nei profili di diritti e di fatto e, di conseguenza, per la S.C. le censure mosse alla sentenza impugnata rimanevano relegate in un ambito meramente astratto)
Cass. civ. n. 5092/2007
A norma dell'art. 366 n. 3 c.p.c., applicabile a tutte le impugnazioni innanzi alla Corte di cassazione, è inammissibile l'istanza di regolamento di competenza qualora il ricorso con cui è proposta non offra i minimi elementi indispensabili per la comprensione dei fatti di causa, lasciando assolutamente ignoti gli estremi qualificanti della Corte e l'esatto tenore della decisione impugnata.
Cass. civ. n. 2097/2007
È inammissibile il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l'esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato; tale mancanza non può essere superata attraverso l'esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l'esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, nè attraverso l'esame della narrativa contenuta nel controricorso al ricorso incidentale e nella memoria illustrativa, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 25011/2006
Nel giudizio di cassazione, le notificazioni di cui all'art. 375, terzo comma, c.p.c. e le comunicazioni di cui all'art. 377, secondo comma, vanno effettuate presso la cancelleria della Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 366, secondo comma, solo nel caso di mancata elezione di domicilio e qualora il domiciliatario, indicato con l'elezione di domicilio in precedenza effettuata, si sia trasferito fuori del luogo indicato con essa, senza comunicare alla Cancelleria della stessa Corte il nuovo domicilio; è pertanto irrituale e insuscettibile di sanatoria per avvenuta costituzione dei controricorrenti, la notifica del ricorso per cassazione effettuata al difensore presso la cancelleria della Corte d'appello.
Cass. civ. n. 23673/2006
Il ricorso per cassazione — in ragione del principio di autosufficienza — deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza necessità di far rinvio ed accedere a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi o ad atti attinenti al pregresso giudizio di merito. Pertanto, è inammissibile la censura con cui ci si dolga del fatto che il giudice del merito abbia fondato il proprio convincimento sull'acquisizione documentale di prove raccolte in un procedimento penale (deducendosi che esse vertevano su capitoli di prova non ammessi in sede civile e sui quali comunque era stata richiesta la prova contraria), allorché dal motivo di ricorso non risultino il tenore delle prove testimoniali raccolte nel procedimento penale, né l'oggetto della prova non ammessa nel giudizio civile e le ragioni della mancata ammissione da parte del giudice del merito.
Cass. civ. n. 23621/2006
La declaratoria di nullità della sentenza non è prevista tra le pronunzie tipiche finali della Corte di cassazione; tuttavia, la richiesta impropria di declaratoria di nullità, nel caso in cui essa segua all'esposizione di motivi comunque rientranti fra quelli di cui all'articolo 360 c.p.c., non rende inammissibile il ricorso per cassazione, atteso che l'esposizione dei motivi soddisfa comunque la prescrizione di cui all'articolo 366, primo comma, n. 4 dello stesso codice.
Cass. civ. n. 22575/2006
Nel ricorso per cassazione proposto nei confronti di una società in accomandita semplice, l'errata indicazione, nella ragione sociale, del nome del socio accomandatario precedentemente deceduto non determina la nullità dell'atto, ma una mera irregolarità, a meno che dal raffronto di tutti gli elementi desumibili dal suo contesto non risulti impossibile l'identificazione dell'ente destinatario della vocatio in ius persistendo un'assoluta incertezza o un insuperabile dubbio in ordine all'individuazione del soggetto che il ricorrente intende convocare in giudizio. La morte del socio accomandatario non determina infatti lo scioglimento né l'estinzione della società, ma soltanto la trasmissione o la liquidazione della quota, quale conseguenza dello scioglimento del rapporto tra il singolo socio e la società; qualora poi il nome del socio deceduto sia inserito nella ragione sociale, esso dev'essere sostituito con quello di un altro socio accomandatario, ma ciò non comporta la nascita di una nuova società, che invece continua ad esistere, pur se parzialmente modificata nella ragione sociale.
Cass. civ. n. 20405/2006
L'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo presuppone comunque l'ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall'onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell'errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l'onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all'atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità.
Cass. civ. n. 18661/2006
Qualora con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino l'esame di un regolamento comunale, è necessario – in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso – che le norme del regolamento invocate siano interamente trascritte o allegate, non operando, con riguardo alle norme giuridiche secondarie (rispetto alle quali va tenuto distinto il caso delle fonti paraprimarie o subprimarie, quale lo statuto comunale), il principio «iura novit curia» e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali (così come di quelli provinciali) tra i doveri del giudice, che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall'attività svolta dalle parti.
Cass. civ. n. 19100/2006
Il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, pur non imponendo la ripetizione in forma autonoma di tutte le circostanze di causa, e non escludendo quindi la possibilità di utilizzare la parte espositiva della sentenza impugnata, inserendola per esteso nel testo del ricorso, esige che dal contesto dell'atto emergano con chiarezza i fatti rilevanti, in modo tale da permettere di comprendere le censure sollevate in sede di legittimità, con la conseguenza che il mero rinvio a quanto contenuto nella sentenza impugnata,affidando alla redazione di un testo eteronomo l'adempimento di un preciso dovere processuale, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria d'inammissibilità dell'impugnazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto in materia tributaria dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale aveva incorporato, mediante fotocopiatura, nella narrativa del ricorso il testo della sentenza impugnata, incompleto e manchevole di almeno una pagina, recante proprio la narrazione del fatto storico e dello svolgimento del processo, in tal modo rendendo impossibile la comprensione dei fatti necessari ai fini della ricostruzione del presupposto impositivo e dei termini della controversia).
Cass. civ. n. 13435/2006
L'omissione della richiesta di annullamento della sentenza impugnata non costituisce elemento necessario del contenuto del ricorso per cassazione, richiesto a pena di inammissibilità dall'art. 366 c.p.c. (che si applica anche al ricorso incidentale, per l'espresso richiamo previsto nel terzo comma dell'art. 371 c.p.c.), poiché essa integra, piuttosto, gli estremi della mera irregolarità, da qualificarsi del tutto irrilevante in quanto la stessa proposizione del ricorso presuppone, di per sé, l'intendimento di ottenere la riforma dell'impugnata sentenza da parte del ricorrente. (Nella specie, la S.C. ha chiarito che il suddetto intendimento era evidenziato dall'espresso condizionamento del ricorso incidentale all'accoglimento del ricorso principale e delle questioni proposte, tra cui quella del difetto di legittimazione passiva della stessa ricorrente incidentale, in ordine alla quale era rimasta soccombente nel giudizio di appello, e che se accolta avrebbe comportato l'annullamento della sentenza impugnata anche sotto questo profilo).
Cass. civ. n. 11501/2006
Il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall'art. 360 n. 3 cod. prov. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inammissibile, la deduzione di «errori di diritto» individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell'ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.
Cass. civ. n. 10220/2006
È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione, inerente a questione di giurisdizione, che, richiamando genericamente l'art. 360 n. 1 c.p.c., non abbia indicato le norme o i principi di diritto per i quali la giurisdizione (avente ad oggetto, nella specie, il diritto vantato dal privato al risarcimento del danno da occupazione appropriativa) apparterrebbe, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d'appello, al giudice amministrativo.
Cass. civ. n. 9076/2006
Per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, valido oltre che per il vizio di cui all'art. 360, comma primo, n. 5 anche per quello previsto dal n. 3 della stessa disposizione normativa, il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, non può limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione. Siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente lamenti che il giudice del gravame non abbia – pur in presenza di una sua istanza al riguardo – esercitato il suo potere-dovere istruttorio ex artt. 421 e 437 c.p.c. ed ancora quando affermi che una data circostanza debba reputarsi sottratta al thema decidendum perché non contestata, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto ad indicare le modalità e la ritualità della sua istanza istruttoria nonché ad evidenziare la tempestività della censura mossa in ordine all'inerzia o al mancato accoglimento da parte del giudice delle sue richieste. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza impugnata per avere il giudice d'appello correttamente osservato che il ricorrente non aveva assolto all'onere – su di esso gravante ai sensi del disposto dell'art. 2697 c.c. – di avere svolto il lavoro straordinario e per non avere lo stesso ricorrente osservato la regola dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, non avendo indicato nel ricorso medesimo elementi idonei ad attestare, in relazione al rivendicato diritto, la completezza dell'atto introduttivo della controversia ai sensi dell'art. 414, nn. 4 e 5, c.p.c., la mancata contestazione del contenuto di tale atto nonché la tempestività delle censure mosse avverso le denunziate violazioni di norme processuali da parte dei giudici di merito, e per non avere, infine, fatto alcun riferimento alla richiesta nei giudizi di merito di mezzi istruttori che avrebbero potuto dimostrare la fondatezza della sua domanda).
Cass. civ. n. 7825/2006
Per soddisfare il requisito imposto dall'articolo 366 comma primo n. 3 c.p.c. il ricorso per cassazione deve contenere l'esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa.
Cass. civ. n. 7270/2006
Il ricorso per cassazione contenente la mera esposizione della questione di diritto controversa, senza ulteriori indicazioni circa gli elementi di fatto da cui essa trae origine ed oggetto di esame ad opera della sentenza impugnata, va considerato inammissibile ai sensi dell'art. 366, primo comma, numero 3, c.p.c., che, nel prevedere che il ricorso per cassazione debba contenere l'esposizione anche sommaria dei fatti di causa, pone un adempimento non di ordine formale, ma funzionalmente preordinato a fornire al giudice di legittimità la conoscenza necessaria degli esatti termini in cui la causa è nata e si è sviluppata.
Cass. civ. n. 6671/2006
Ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la esatta indicazione delle disposizioni di legge delle quali viene lamentata l'inosservanza, né la corretta menzione dell'ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purché si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia. Ne consegue che è ammissibile il ricorso per cassazione che lamenti l'omessa pronuncia da parte del giudice del merito ai sensi dell'art. 112 c.p.c., ancorché la censura sia prospettata sotto il profilo della violazione di norma sostanziale (art. 360, primo comma, numero 3, c.p.c.), anziché sotto il profilo dell'error in procedendo (in relazione al numero 4 del citato art. 360).
Cass. civ. n. 5674/2006
Il ricorso per cassazione che denunci la mancata ammissione nel giudizio di merito di una prova orale, pur non contenendo la trascrizione dei capitoli di prova non ammessi, è autosufficiente quando il contenuto di essi, di estrema semplicità, è riprodotto nei suoi elementi essenziali, in modo da consentire il necessario controllo della decisività della prova. (Nella fattispecie, relativa a domanda di pagamento del corrispettivo di una fornitura di infissi, la prova richiesta e non ammessa dal giudice del merito, che aveva accolto la domanda, verteva sul fatto che il pagamento del prezzo fosse a carico del terzo appaltatore dei lavori di ristrutturazione nonché sull'avvenuto pagamento da parte di quest'ultimo; le indicazioni così fornite dal ricorrente, ha affermato la S.C., consentano di individuare in maniera completa e precisa il contenuto della prova, essendo volta a dimostrare il soddisfacimento della pretesa creditoria azionata nel giudizio).
Cass. civ. n. 3654/2006
Il ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità, essere articolato su motivi dotati dei caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione impugnata, condizioni, queste, che non sussistono se il ricorrente non abbia impugnato con uno specifico motivo di ricorso il rigetto di una delle domande riproposte al giudice di appello, ma abbia semplicemente reiterato, in forma di conclusioni, la domanda di condanna non accolta in appello come conclusione in via subordinata, senza neanche indicare i vizi della decisione che dovrebbero portare al suo accoglimento.
Cass. civ. n. 19510/2005
L'esercizio del diritto di impugnazione non può prescindere dall'esistenza, in capo a chi se ne avvale, di un interesse che, dovendo essere concreto e attuale e configurandosi come condizione dell'azione, deve desumersi dal raffronto fra il contenuto della sentenza ed il gravame, e, in caso di ricorso per cassazione con cui si censuri la determinazione del danno da occupazione appropriativa, deve estrinsecarsi secondo il requisito dell'autosufficienza, che impone, da un lato, che la normativa di cui si invoca l'applicazione sia stata richiamata nel giudizio di appello e, dall'altro, che ivi sia stato fatto specifico riferimento ad un eventuale esito più favorevole in termini monetari mercé l'applicazione dei criteri e della normativa di cui si invochi l'applicazione in sede di legittimità (nella specie è stato ritenuto infondato, in quanto generico, il motivo di ricorso per cassazione che, contestando la liquidazione del danno da occupazione appropriativa compiuta dal giudice di merito mediante la riduzione, sul presupposto della ritenuta natura agricola del terreno, del trenta per cento del valore edificatorio proposto dal c.t.u., reclamava l'applicazione dei limitati indici di edificabilità previsti dalle norme di salvaguardia per le aree sprovviste di strumento urbanistico).
Cass. civ. n. 19051/2005
Il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci la mancata ammissione in appello di una prova testimoniale, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di consentire il controllo sulla decisività dei fatti da provare in ordine alla risoluzione della controversia e sulle prove stesse, in quanto, per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere tale verifica in base alle sole deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.
Cass. civ. n. 17424/2005
Nel ricorso per cassazione, in caso di denunzia della violazione di una norma processuale è necessaria l'indicazione degli elementi condizionanti l'operatività di tale violazione; in particolare, qualora si denunci la nullità di una notifica perché dalla relata non risulta il rinvenimento delle persone indicate dall'art. 139 c.p.c., non è sufficiente per attivare il potere-dovere del giudice di esame degli atti, per accertare la sussistenza o meno della dedotta violazione, un generico richiamo alla mancanza dell'attestazione predetta, bensì, per il principio dell'autosufficienza del ricorso, è necessaria la trascrizione integrale della relata, recante anche l'indicazione della data della stessa, onde consentire al giudice il preventivo esame della rilevanza del vizio denunziato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso relativo alla nullità della notifica cui non si accompagnava la trascrizione integrale della relata, in una fattispecie in cui il fascicolo d'ufficio ed i fascicoli di parte ricorrente risultavano depositati in un altro giudizio, senza neppure una puntuale indicazione dell'ubicazione dell'atto all'interno di tali fascicoli).
Cass. civ. n. 15798/2005
Poiché preliminare alla qualificazione del contratto è la ricerca della comune volontà delle parti, che costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione sia contestata la qualificazione da quest'ultimo attribuita al contratto intercorso tra le parti, le relative censure, per essere esaminabili, non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l'interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, ma debbono essere proposte sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss. c.c. o dell'insufficienza o contraddittorietà della motivazione, e, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, debbono essere accompagnati dalla trascrizione delle clausole individuative dell'effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla S.C. di verificare l'erronea applicazione della disciplina normativa.
Cass. civ. n. 10598/2005
Il ricorrente che in sede di legittimità denunci che, contro le risultanze testuali ricavabili dalla prova documentale, il giudice di merito è incorso in errore traducentesi in vizio della motivazione, ha l'onere, in forza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare con chiarezza il documento ed il passo dello stesso sul quale si sarebbe determinata l'erronea valutazione.
Cass. civ. n. 8296/2005
In tema di interpretazione del contratto – riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione – al fine di far valere i suddetti vizi, il ricorrente per cassazione, per il principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, deve riportare il testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto nella sua originaria formulazione, o della parte in contestazione, precisare quali norme ermeneutiche siano state in concreto violate e specificare in qual modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sia discostato. (Nella specie la Corte di cassazione ha confermato la sentenza di merito, essendosi il ricorrente limitato a negare che la volontà delle parti espressa nel contratto di lavoro – ai sensi dell'art. 25 Preleggi – fosse nel senso dell'applicabilità della legge straniera, omettendo di riprodurre nel ricorso il testo di tale contratto).
Cass. civ. n. 7295/2005
Ove il convincimento del giudice di merito si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti, considerati nel loro complesso, il ricorso per cassazione deve evidenziare l'inadeguatezza, l'incongruenza e l'illogicità della motivazione, alla stregua degli elementi complessivamente utilizzati dal giudice, e di eventuali altri elementi di cui dimostri la decisività, onde consentire l'apprezzamento dell'incidenza causale del vizio di motivazione sul decisum, non potendo limitarsi, in particolare, ad inficiare uno solo degli elementi della complessiva valutazione.
Cass. civ. n. 6972/2005
Per il principio d'autosufficienza del ricorso per cassazione, valido oltreché per il vizio di cui all'art. 360, n. 5 anche per quello di cui all'art. 360, n. 3 c.p.c., il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, non può limitarsi a specificare solo la singola disposizione di cui si denunzia, appunto, la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti d'operatività di detta violazione. Ne consegue che la denunzia d'illegittimo rifiuto da parte del giudice di merito di un prova documentale, non può limitarsi ad affermare genericamente che il documento è rinvenibile «nel fascicolo di primo grado» per non essere il ricorso stesso idoneo, per l'ampiezza dell'espressione usata, ad impedire il pericolo di un «soggettivismo giudiziario» perché costringe il giudice non solo ad una ricerca, non sempre agevole, del suddetto documento tra gli atti (talvolta numerosi) di causa, ma, una volta rinvenutolo, all'accertamento necessario per decidere sulla ritualità del suo deposito, e della tempestività delle eventuali eccezioni che su tale documento si fondano, e che non possono essere sottratte ad un regolare e pieno contraddittorio tra le parti di causa. (Nella specie, la Corte di cassazione ha applicato il principio di cui in massima ritenendo che i ricorrenti non avessero rispettato il principio d'autosufficienza per aver fatto riferimento alle buste paga al fine di provare lo straordinario, senza indicare le modalità, anche temporali, d'acquisizione in giudizio di detti documenti; per aver lamentato la mancata ammissione delle prove testimoniali, senza tra l'altro indicare gli estremi per valutare la tempestività della richiesta; per aver evocato la mancata contestazione dei conteggi da parte del datore di lavoro, senza precisare se tale contestazione fosse relativa all'an o limitata al quantum scaturendo diverse conseguenze in ragione delle diverse modalità di contestazione; per aver lamentato il mancato esercizio da parte del giudice del lavoro dei poteri d'ufficio, senza però fornire alcun accenno alle condizioni legittimanti detto esercizio).
Cass. civ. n. 2839/2005
Al fine della corretta individuazione del soggetto che ha proposto il ricorso per cassazione occorre tener conto, più che delle indicazioni formali contenute nel preambolo del medesimo o nel testo del mandato ad litem, del contesto dell'atto e degli eventuali riferimenti in esso contenuti alle precedenti fasi del giudizio, dovendo escludersi che possano assumere efficacia decisiva le indicazioni formali contenute nel ricorso qualora esse risultino logicamente incompatibili con la specifica portata e la funzione dell'atto. (Nella specie, la Corte di cassazione ha ritenuto che, benché il ricorso fosse stato formalmente proposto da due coniugi nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore danneggiante, esso si dovesse ritenere proposto dai due ricorrenti in proprio, in quanto il figlio non era mai stato parte nei gradi precedenti di giudizio ed aveva nel frattempo raggiunto la maggiore età).
Cass. civ. n. 2736/2005
È inammissibile il ricorso per cassazione affetto da radicale errore percettivo nell'individuazione della decisione impugnata, e tale da inficiare la pertinenza dei motivi di censura alla decisione oggetto di impugnazione. (Nella specie il ricorso per cassazione identificava esattamente in premessa gli estremi della decisione impugnata – e corrispondente, per organo e sezione decidente, parti, numero di registro generale, data di deposito, a quella depositata in atti —, ma, nella formulazione dei motivi di censura, attribuiva alla decisione impugnata, trascrivendone parti della motivazione, passaggi argomentativi non corrispondenti in alcuna parte ed in alcun modo alla motivazione del provvedimento impugnato, depositato in atti ed esattamente identificato in premessa).
Cass. civ. n. 57/2005
Ai fini della sussistenza del requisito della indicazione delle parti, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per Cassazione, dall'art. 366, primo comma, n. 1, c.p.c., non è richiesta alcuna forma speciale, essendo sufficiente che le parti medesime, pur non indicate, o erroneamente indicate, nell'epigrafe del ricorso, siano con certezza identificabili dal contesto del ricorso stesso, dalla sentenza impugnata, ovvero da atti delle pregresse fasi del giudizio, sicché l'inammissibilità del ricorso è determinata soltanto dall'incertezza assoluta che residui in esito all'esame di tali atti.
Cass. civ. n. 23701/2004
Allorquando tra l'elezione di domicilio contenuta nell'epigrafe del ricorso per cassazione e quella riprodotta a margine del medesimo ricorso sussista insanabile contraddizione, correttamente la notifica dell'avviso dell'udienza al ricorrente viene effettuata presso la cancelleria della Suprema Corte di cassazione, giacché tale contraddittorietà non consente di affermare dove sia avvenuta l'elezione di domicilio.
Cass. civ. n. 22979/2004
L'enunciazione come motivo di ricorso per cassazione della violazione delle norme sostanziali di interpretazione, di cui all'art. 1362, primo coma, e 1363, c.c., per violazione del canone di ermeneutica della comune intenzione delle parti e di quello della interpretazione complessiva delle clausole, comporta che il ricorrente indichi, rispettivamente, gli elementi di fatto che, al di là delle letteralità della dichiarazione negoziale, non sarebbero stati considerati dal giudice di merito e avrebbero, invece, dovuto al di là di essa rivelare la comune intenzione delle parti, e quelle parti del regolamento contrattuale che non sarebbero state considerate da quel giudice, sì da rivelare che questi non ha proceduto all'interpretazione complessiva. Ne consegue che il motivo di ricorso che non rispetti questi requisiti è del tutto inidoneo ad integrare, sia pure astrattamente, una censura di violazione di dette norme, non essendo sufficiente, in particolare, che il ricorrente deduca la circostanza che quel giudice abbia utilizzato esclusivamente il criterio letterale, allorquando tale utilizzazione sia congruamente motivata con l'esposizione delle ragioni che, sulla base di tale criterio, portano alla ricostruzione della comune volontà delle parti.
Cass. civ. n. 19138/2004
La censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile se il ricorrente, oltre a trascrivere i capitoli di prova e ad indicare i testi e le ragioni per le quali essi sono qualificati a testimoniare – elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto – non alleghi e indichi la prova della tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione e la fase di merito a cui si riferisce, al fine di consentire ex actis alla Cassazione di verificare la veridicità dell'asserzione.
Cass. civ. n. 17873/2004
L'omessa indicazione tanto nell'epigrafe che nel testo del ricorso per cassazione della parte nei confronti della quale esso è proposto realizza la causa di inammissibilità prevista dall'art. 366, primo comma, n. 1, c.p.c. Nè una siffatta mancanza può essere sanata dalla relazione di notificazione, che è la dichiarazione dell'ufficiale giudiziario descrittiva dell'operazione di conoscenza avente ad oggetto il documento incorporante il ricorso da notificare, ed è, quindi, atto soggettivamente ed oggettivamente distinto dal ricorso.
Cass. civ. n. 15598/2004
Il ricorso per cassazione è inammissibile, per carenza del requisito dell'indicazione delle parti, richiesto dall'art. 366, primo comma, n. 1, c.p.c., ove l'individuazione del soggetto legittimato in quanto parte del precedente grado del giudizio risulti assolutamente equivoca, e in particolare qualora con la persona giuridica inizialmente convenuta e parte del giudizio d'appello, il ricorso sia formalmente diretto anche ad altri soggetti (solo ai quali l'atto sia stato effettivamente notificato) e dal ricorso (od aliunde) non sia deducibile l'identificazione di costoro con la predetta persona giuridica.
Cass. civ. n. 14455/2004
Nel giudizio di cassazione, in caso di morte del difensore del ricorrente, presso cui sia stato eletto domicilio in Roma, morte che risulti certificata dalla relata negativa di notifica dell'avviso di udienza senza che la parte abbia provveduto alla valida sostituzione, non è richiesta la rinnovazione della notifica, mancando il suo esclusivo destinatario, nè la cancelleria è tenuta ad alcun adempimento, atteso che nel procedimento davanti alla Corte di cassazione, dominato dall'impulso d'ufficio a seguito della sua instaurazione, la prospettazione delle ragioni del ricorrente è affidata per intero all'atto scritto del ricorso, mente la discussione orale, cui è preordinato l'invio dell'avviso, non riveste che un valore complementare.
Cass. civ. n. 13580/2004
Ai sensi dell'art. 366 c.p.c., il ricorso per cassazione è inammissibile qualora ricorra un'incertezza assoluta sull'identificazione della parte ricorrente o di quella contro cui esso è diretto. Ai fini dell'osservanza della predetta norma non occorre necessariamente che tale indicazione sia premessa all'esposizione dei motivi di impugnazione, ovvero sia altrove oggetto di esplicita formulazione, ma è sufficiente che, analogamente a quanto previsto dall'art. 164 c.p.c., essa risulti in modo chiaro ed inequivoco dal contesto del ricorso, anche se implicitamente, nonché dal riferimento agli atti dei precedenti giudizi, per cui sia agevole identificare con certezza la parte intimata.
Cass. civ. n. 11133/2004
Ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, è necessario che il ricorrente indichi in modo autosufficiente, e cioè con specificazione che consenta, attraverso lo stesso ricorso, la chiara e completa cognizione dei fatti e delle argomentazioni, gli elementi trascurati dalla sentenza impugnata, nella loro materiale consistenza, nella loro pregressa deduzione in sede di merito e nella loro processuale rilevanza, intesa quale potenzialità probatoria che consenta di giungere ad una diversa decisione.
Cass. civ. n. 11058/2004
La motivazione della sentenza di merito, nella quale ci si limiti ad affermare genericamente, cioè senza indicare specificamente le fonti probatorie da cui origina il convincimento, che l'istruzione, esperita attraverso produzioni documentali e prove testimoniali, ha fornito la dimostrazione di una serie di circostanze specificamente indicate, le quali, secondo lo stesso giudicante, sono idonee a dimostrare un fatto costitutivo del diritto oggetto del giudizio, rappresenta una dichiarazione formale ed intrinsecamente solenne, con la quale il giudice attesta che effettivamente sussistono elementi probatori ritenuti idonei a giustificare l'esplicitato convincimento in fatto. A fronte di essa, la parte che impugna la sentenza con ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell'art. 360 non può limitarsi a lamentare un difetto di motivazione per il ricorso da parte del giudice alla suddetta formulazione sintetica, giacché altrimenti la censura postulerebbe la caducazione della decisione non per una concreta lesione sofferta dalla parte stessa, bensì solo per ragioni formali, ma ha l'onere di denunciare in maniera specifica che, contrariamente a quanto asserito dal giudice, nell'ambito degli elementi probatori non ne esistono di idonei a giustificare l'esplicitato convincimento. Ciò, tanto più qualora la parte abbia anche denunciato la mancata valorizzazione di alcune risultanze probatorie ad essa favorevoli, poiché in tal modo essa dimostra di bene aver individuato, fra le dette risultanze, quali le siano favorevoli e quali no, e, quindi, di aver percepito da quali elementi probatori il giudice abbia concretamente dedotto il suo convincimento. (Sulla base di tali principi la S.C. ha rigettato il motivo di impugnazione che aveva censurato una motivazione perché enunciata nei termini suindicati).
Cass. civ. n. 9290/2004
Quando sia denunziato, con il ricorso per cassazione, un vizio di motivazione della sentenza sotto il profilo della mancata ammissione di un mezzo istruttorio, è necessario che il ricorrente non si limiti a censure generiche di erroneità e/o di inadeguatezza della motivazione, ma precisi e specifichi, svolgendo critiche concrete e puntuali, seppure sintetiche, le risultanze e gli elementi di giudizio dei quali lamenta la mancata acquisizione, evidenziando altresì in cosa consistesse e con quali finalità e in quali termini la richiesta fosse stata formulata. Più in particolare, ove trattisi di una prova per testi, è onere del ricorrente, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, indicare specificamente le circostanze concrete che formavano oggetto della prova, quale ne fosse la rilevanza, e a quale titolo i soggetti chiamati a rispondere su di esse potessero esserne a conoscenza, atteso che il controllo deve essere consentito alla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative.
Cass. civ. n. 7178/2004
Per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione del sancito rigetto di una domanda ha l'onere, a pena di inammissibilità del ricorso stesso, di indicare in maniera specifica e perspicua tutte le ragioni che in fatto e in diritto supportavano la pretesa formulata in sede di merito e asseritamene trascurate o mal valutate dal giudice di merito; ciò al fine di permettere al giudice di legittimità di rilevare con sufficiente chiarezza e precisione, sulla base delle sole deduzioni esposte nel ricorso e senza la necessità di accedere a fonti a questo estranee, e quindi ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, la natura ed il contenuto di quelle ragioni e, simmetricamente, la congruità delle contrarie ragioni sottese alla statuizione impugnata.
Cass. civ. n. 6323/2004
La parte che in sede di legittimità deduce il vizio di carenza di motivazione ha l'onere di indicare gli elementi ritenuti trascurati o insufficientemente valutati, specificando la loro pregressa deduzione in sede di merito e la loro rilevanza processuale al fine di pervenire ad una diversa decisione, risultando altrimenti irrilevante la carenza di motivazione denunziata. (Nella specie, in materia di assegno di invalidità, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva deciso la controversia sulla base di una consulenza tecnica avverso la quale non erano stati addotti elementi specifici di censura).
Cass. civ. n. 1957/2004
Il disposto dell'art. 366, primo comma, numero 3, c.p.c., secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, l'esposizione sommaria dei fatti di causa, può ritenersi osservato anche mediante la fotocopiatura della sentenza di appello ed il suo inserimento nel corpo del ricorso, in ragione del principio della libertà. Nondimeno, l'esposizione, pur sommaria, dei fatti di causa dovrà considerarsi carente, con conseguente inammissibilità del ricorso, qualora la sentenza impugnata non contenga, a sua volta, una sufficiente indicazione dei fatti della causa rilevanti ai fini della decisione.
Cass. civ. n. 17627/2003
In tema di contenuto del ricorso per Cassazione, poiché la finalità della norma di cui all'art. 366 n. 4 c.p.c. è quella di assicurare che il ricorso stesso presenti l'autonomia necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti, la immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, sono inammissibili quei motivi che, anziché precisare le ragioni delle proposte censure, si esauriscano in una generica postulazione di erroneità della sentenza impugnata e nella conseguente istanza di Cassazione. (Fattispecie in tema di dedotta contrarietà al buon costume di un contratto atipico, senza l'esposizione di nessuna ragione di diritto per cui i giudici di merito avrebbero errato nel ritenerlo contrario a norme imperative).
Cass. civ. n. 11526/2003
Nella ipotesi di difetto di elezione di domicilio in Roma, la comunicazione dell'avviso di udienza al difensore, ai sensi dell'art. 377 c.p.c., va effettuata e si perfeziona con il deposito dell'avviso stesso presso la cancelleria della Corte di cassazione, così realizzandosi compiutamente il diritto di difesa della parte, mentre l'invio di copia dell'avviso stesso al difensore, ai sensi dell'art. 135 disp. att. c.p.c., come sostituito dall'art. 4 della legge 7 febbraio 1979, n. 59, svolge una funzione meramente informativa.
Cass. civ. n. 11343/2003
In tema d'interpretazione degli atti processuali, la parte che censuri il significato attribuito dal giudice di merito deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. (i quali hanno portata di carattere generale), o il vizio di motivazione sulla loro applicazione, indicando altresì – a pena d'inammissibilità – nel ricorso, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri sopra indicati e il testo dell'atto processuale oggetto di erronea interpretazione. (La Corte, nel formulare il principio sopra richiamato, ha confermato la sentenza del giudice di appello che, nel rigettare la domanda di pagamento del corrispettivo di una fornitura, aveva ritenuto idoneo il disconoscimento della fattura – prodotta dall'attore – operato dalla convenuta con la comparsa di costituzione).
Cass. civ. n. 41195/2003
L'art. 366, n. 3 c.p.c., secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa, può ritenersi osservato quando una copia della sentenza impugnata sia stata incorporata nel ricorso in modo da costituirne parte integrante, dovendo in tal caso ritenersi realizzato lo scopo della norma, di permettere la conoscenza della vicenda processuale mediante la lettura del ricorso, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi ed atti.
Cass. civ. n. 5148/2003
Il ricorrente che denunzi un error in procedendo è tenuto – in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso che deve consentire al giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli del corretto svolgersi dell'iter processuale – ma solo ad enunciare le norme processuali violate, ma anche a specificare le ragioni della violazione, in coerenza a quanto prescritto dal dettato normativo, secondo l'interpretazione da lui prospettata e, soprattutto, è tenuto a specificare puntualmente i singoli passaggi dello sviluppo processuale nel corso del quale è stato commesso l'errore che si adduce indicando, ai fini di un controllo mirato, i luoghi del processo ove rinvenire gli atti, le pronunzie o le omissioni che si pongano in contrasto con la norma.
Cass. civ. n. 4721/2003
L'omessa indicazione delle parti intimate nell'epigrafe del ricorso per cassazione determina l'inammissibilità del ricorso solo qualora ne derivi l'incertezza assoluta sull'identità delle parti medesime. Da ciò, conseguente l'esclusione di tale sanzione nel caso in cui dette parti siano individuate in maniera non equivoca attraverso altre indicazioni, pur non risultanti dalla parte dell'atto destinata a contenerle (nella fattispecie, la Suprema Corte ha ritenuto che le parti nei cui confronti era stato proposto il ricorso – non indicate nell'epigrafe – fossero inequivocabilmente individuate attraverso le indicazioni nominative contenute nella relazione di notificazione, peraltro coincidenti con le parti menzionate nell'epigrafe della sentenza impugnata).
Cass. civ. n. 2602/2003
Il disposto dell'art. 366, primo comma, numero 3, c.p.c., secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa, risponde non ad un'esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato; tale prescrizione può pertanto ritenersi osservata quando nel ricorso sia stata integralmente riportata l'esposizione dei fatti di causa contenuta nella sentenza impugnata, particolarmente se mediante tale trascrizione si forniscano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione della vicenda processuale.
Cass. civ. n. 996/2003
Il ricorso per cassazione, con il quale si facciano valere vizi di motivazione del provvedimento, impugnato a norma dell'art. 360, numero 5, c.p.c., deve contenere, a pena di inammissibilità, la specificazione dei vizi logici o, più in generale, la precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni poste a fondamento della decisione censurata.
Cass. civ. n. 617/2003
L'osservanza delle disposizioni, contenute negli artt. 366, secondo comma, e 370 c.p.c., secondo cui, se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, il controricorso e il ricorso incidentale devono essergli notificate presso la cancelleria della Corte di cassazione, non è prescritta a pena di nullità. Pertanto, non può essere dichiarata la nullità della notifica se questa, benché non effettuata nel luogo predetto, abbia raggiunto ugualmente il suo scopo, che è quello di portare l'atto a conoscenza del ricorrente.
Cass. civ. n. 12577/2002
La mancanza di una pagina nel ricorso per cassazione comporta la inammissibilità di questo soltanto nel caso in cui l'esposizione contenuta nelle pagine successive, senza la correlazione con la pagina omessa, sia inidonea a rendere intellegibile la materia del contendere.
Cass. civ. n. 10945/2002
In tema di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, quando si denuncia il difetto di motivazione, oltre alla precisazione del punto della controversia al quale detto difetto si riferisce, è necessaria anche l'indicazione delle questioni che si assumono obliterate nella sentenza. Pertanto non è sufficiente il richiamo generico a deduzioni e difese svolte davanti ai giudici di merito.
Cass. civ. n. 10276/2002
È inammissibile il ricorso per cassazione nel quale non venga precisata, nei suoi contenuti, la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronuncia di merito, non essendo al riguardo sufficiente un'affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la pronunzia impugnata.
Cass. civ. n. 4996/2002
Il ricorso per cassazione proposto, in nome di una società a responsabilità limitata in liquidazione, da persona qualificatasi come «legale rappresentante» della stessa, senza alcuna precisazione in ordine alle vicende della liquidazione, è inammissibile, dovendosi ritenere proposto da soggetto non legittimato a rappresentare la società in giudizio.
Cass. civ. n. 4663/2002
Nel giudizio di legittimità, il ricorrente che deduca omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata, per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze probatorie, ha l'onere, in considerazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di specificare le prove non valutate o erroneamente valutate, nonché di indicare le ragioni del ritenuto carattere decisivo delle stesse.
Cass. civ. n. 14728/2001
Il ricorso per cassazione, in virtù del principio di autosufficienza, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere, in particolare in caso di interpretazione di una scrittura di parte, a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito. Non è in ogni caso consentito, nell'ambito del giudizio di legittimità, pervenire ad una interpretazione dell'atto di disdetta del locatore diversa da quella fornita dal giudice del merito, atteso che l'interpretazione del contratto è compito a quest'ultimo demandato in via esclusiva.
Cass. civ. n. 11289/2001
La parte che con il ricorso per cassazione denunci l'errore di diritto o il vizio logico da parte del giudice del merito nella valutazione della volontà negoziale, non può limitarsi a richiamare genericamente le norme che ritiene siano state disapplicate o erroneamente applicate, né ad enunciare apoditticamente quello che ritiene essere il nomen iuris della fattispecie, ma deve specificare le ragioni di diritto del denunciato errore e dimostrare la violazione di specifiche norme di ermeneutica, investendo, in caso contrario, la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice e la prospettazione di una difforme interpretazione il merito delle valutazioni e risultando, pertanto, inammissibili in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 10590/2001
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti degli eredi, senza che costoro siano nominativamente indicati nel ricorso stesso ovvero nella decisione impugnata, attesa l'incertezza assoluta sulla parte intimata.
Cass. civ. n. 10041/2001
Qualora, con il ricorso per cassazione, venga fatta valere la inesatta interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio dell'autosufficienza del ricorso, a riportare nello stesso il testo della fonte pattizia invocata, al fine di consentirne il controllo al giudice di legittimità, che non può sopperire alle lacune dell'atto di impugnazione con indagini integrative.
Cass. civ. n. 9950/2001
L'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata, data la natura dei contratti stessi, all'esclusiva competenza del giudice di merito, le cui valutazioni soggiacciono, in sede di legittimità, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente. Sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione, ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata la anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito, non potendo le censure risolversi, in contrasto con la qualificazione loro attribuita dal ricorrente, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata. (Nella specie l'impugnata sentenza, confermata dalla S.C., aveva interpretato l'art. 37 del C.C.N.L. per i dirigenti del settore assicurativo del 1988 e l'art. 35 di quello del 1991 nel senso di ritenere il godimento della pensione di invalidità ostativo all'attribuzione dell'indennità supplementare al dirigente licenziato).
Cass. civ. n. 1652/2001
Il ricorso per cassazione è ammissibile anche se non indica gli articoli di legge che si assumono violati, purché, nel chiedere la cassazione per il motivo di violazione di norma di diritto, il ricorrente indichi per quale aspetto la decisione è in contrasto con una norma di legge ed avrebbe perciò potuto essere diversa, spettando poi alla Corte di verificare la conformità della decisione della questione alla norma che avrebbe dovuto esservi applicata.
Cass. civ. n. 7938/2001
È inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza del ricorso, il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, n. 5 c.p.c. prospettato sotto il profilo dell'omessa valutazione da parte del giudice di merito della decisività di deposizioni testimoniali e di prove fotografiche, allorquando il ricorrente, nel riferirsi a dette prove non ne abbia indicato il contenuto, in quanto la Corte di cassazione non può provvedere alla ricerca delle stesse negli incarti processuali.
Cass. civ. n. 7852/2001
Il ricorrente per cassazione il quale denunci vizi della sentenza correlati al rifiuto del giudice di merito di dare ingresso ai mezzi istruttori ritualmente introdotti oppure l'omessa valutazione da parte dello stesso di una certa deposizione, ha l'onere da un lato di dimostrare l'esistenza di un nesso eziologico tra l'errore addebitato al giudice e la pronuncia emessa in concreto che senza quell'errore sarebbe stata diversa, al fine di consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove e, dall'altro, di indicare specificamente nel ricorso le deduzioni di prova che asserisce disattese onde consentire al giudice di legittimità la verifica, sulla sola base di tale atto di impugnazione e senza necessità di inammissibili indagini integrative, della validità e della decisività delle disattese deduzioni e senza che, stante il principio cosiddetto di «autosufficienza» del ricorso per cassazione, a tal fine possa svolgere alcuna funzione sostitutiva il riferimento, per relationem, ad altri atti o scritti difensivi presenti nei precedenti gradi di giudizio.
Cass. civ. n. 10820/2000
Dal combinato disposto degli artt. 366, comma primo n. 5 e 369, comma secondo n. 3 si ricava, con argomento a contrario, che la mancata indicazione sulla copia del ricorso notificato alla controparte, degli estremi della procura speciale rilasciata dal ricorrente al difensore, non costituisce causa di inammissibilità del ricorso nel caso in cui la procura stessa sia stata rilasciata anziché con atto separato con dichiarazione a margine o in calce al ricorso, ben potendo il resistente, con il controllo del deposito del ricorso in cancelleria, verificare l'anteriorità del rilascio della procura alla notificazione dell'atto di impugnazione.
Cass. civ. n. 10446/2000
In base al disposto dell'art. 366, primo comma, n. 5, c.p.c., deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione, che rechi un'indicazione generica della procura speciale rilasciata sulla copia notificata della sentenza impugnata, non essendo possibile alla controparte, in tal caso, di verificare che la procura sia stata rilasciata anteriormente (o contemporaneamente) alla notificazione del ricorso per cassazione, come richiesto dall'art. 365 c.p.c.
Cass. civ. n. 7194/2000
La Corte di cassazione è giudice del fatto e ha il potere-dovere di esaminare gli atti di causa se il motivo di ricorso è ammissibile, il che significa, in applicazione del principio di autosufficienza del medesimo, che se è denunciato un error in procedendo, il ricorso deve indicare da quali atti del precedente giudizio è desumibile, e pertanto, nel caso di impugnazione per omessa pronuncia su una sua domanda, per evitare che la Corte Suprema dichiari inammissibile il motivo per novità della censura, il ricorrente deve indicare in quali atti, e con quali specifiche frasi in essi contenute, l'ha proposta dinanzi al giudice di merito.
Cass. civ. n. 6115/2000
Quando, col ricorso per cassazione, si lamenti l'omessa ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice del merito, ovvero l'omessa ammissione di consulenza tecnica, il ricorrente ha l'onere di indicare nel ricorso nel primo caso i capitoli non ammessi, e nel secondo caso il preciso atto processuale nel quale venne avanzata istanza di consulenza tecnica, dovendosi in difetto ritenere il ricorso inammissibile.
Cass. civ. n. 5210/2000
Nel giudizio di legittimità, i requisiti di specialità e certezza della procura, richiesti dagli artt. 365 e 366 c.p.c., non sono soddisfatti nel caso in cui il difensore che sottoscrive il ricorso indichi il suo mandato ad litem con il richiamo generico ad una «delega in atti», senza precisazione della natura, del contenuto e della data di rilascio.
Cass. civ. n. 2048/2000
Per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la denuncia di una sentenza per omessa motivazione in ordine alle doglianze esposte innanzi al giudice che l'ha emessa deve consentire, a pena di inammissibilità del ricorso stesso, di rilevare con sufficiente chiarezza e precisione, sulla base delle sole deduzioni in esso contenute, la natura e il contenuto delle doglianze, ciò che, tra l'altro, rende possibile in sede di legittimità valutare la rilevanza e decisività delle stesse, ed accertare se nella decisione impugnata il giudice abbia effettivamente omesso di motivare anche implicitamente sul punto.
Cass. civ. n. 13775/1999
Qualora nel corso del giudizio di appello la parte abbia avuto conoscenza processuale del decesso dell'altra parte – già avvenuto all'epoca del giudizio di primo grado ma non dichiarato o notificato dal procuratore costituito – attraverso la costituzione in giudizio degli eredi, il ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità, essere indirizzato nei confronti degli eredi medesimi e non del deceduto, ancorché l'atto di appello, in virtù dell'art. 300 c.p.c., sia stato legittimamente proposto nei confronti della parte originaria. Né assume alcun rilievo in contrario la circostanza che la sentenza di appello rechi, erroneamente, ancora in epigrafe il nome della parte deceduta.
Cass. civ. n. 4916/1999
La sanzione di inammissibilità sancita dall'art. 366, comma primo, c.p.c., per l'ipotesi in cui nel ricorso per cassazione manchi la indicazione sommaria dei fatti di causa, deve essere applicata non solo quando la esposizione dei fatti manchi del tutto, ma anche quando sia insufficiente e richieda, perciò, per l'individuazione dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e della posizione che vi hanno assunto le parti, l'utilizzazione di altre fonti.
Cass. civ. n. 2492/1999
Nel giudizio di cassazione, nel quale non sono previsti ricorsi principali condizionati e in cui, a norma dell'art. 366, primo comma, n. 4, il ricorrente è tenuto ad esporre motivi specifici, completi e riferibili alla decisione impugnata, deve ritenersi inammissibile la proposizione di motivi di ricorso principale condizionati ad una determinata interpretazione e valutazione da parte della Cassazione della pronuncia impugnata e delle sue conseguenze giuridiche. (Fattispecie relativa allo svolgimento di mansioni superiori da parte di dipendente dell'ente poste italiane nel periodo intercorrente tra la privatizzazione dei relativi rapporti di lavoro e la sottoscrizione del primo contratto collettivo; negato da parte del giudice di merito il diritto del lavoratore all'inquadramento superiore, l'interessato aveva subordinato la doglianza in cassazione contro la mancata valorizzazione dello svolgimento di dette mansioni per il periodo successivo alla stipula del nuovo contratto all'accertamento che la pronuncia di merito precludesse la proposizione della questione di un nuovo giudizio).
Cass. civ. n. 9861/1998
Ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che riproponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Cass. civ. n. 4813/1998
Nel procedimento di legittimità per il caso in cui risulta il trasferimento del domiciliatario (o se questi risulti sconosciuto all'indirizzo indicato nell'elezione di domicilio) la notificazione deve effettuarsi in cancelleria atteso che l'elezione di domicilio è priva di efficacia per cui, verificatasi una situazione assimilabile alla mancata elezione di domicilio, trova applicazione il disposto del secondo comma dell'art. 366 c.p.c. dettato per l'omessa elezione di domicilio del ricorrente, ma integrante espressione di un principio generale estensibile a tutte le comunicazioni o notificazioni ad entrambe le parti, anche alla stregua del richiamo contenuto nell'art. 370 secondo comma c.p.c.
Cass. civ. n. 4505/1998
Ove il ricorso per cassazione sia proposto da una persona giuridica, esattamente individuata, per la quale dichiari di agire il suo «legale rappresentante pro tempore», il requisito dell'indicazione delle parti di cui all'art. 366 comma primo, n. 1 c.p.c., deve ritenersi sussistente allorquando tale indicazione risulti integrata, nell'epigrafe del ricorso o nel suo contesto, dal nome di detto legale rappresentante.
Cass. civ. n. 8972/1997
La mancanza dell'elezione di domicilio in Roma da parte del ricorrente per cassazione non è causa di inammissibilità del ricorso stesso, poiché l'art. 366 c.p.c. prevede solo che, in tale ipotesi, la notificazione del controricorso e dell'eventuale ricorso incidentale sia fatta presso la cancelleria della Corte di cassazione, salva restando per la parte intimata la facoltà di effettuare validamente detta notificazione anche presso il difensore domiciliatario con studio fuori Roma, atteso che il principio fissato dalla norma menzionata mira a tutelare non il ricorrente medesimo ma la controparte.
Cass. civ. n. 7851/1997
Il ricorso per Cassazione deve contenere, tra l'altro a pena di inammissibilità i motivi per i quali si chiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l'esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l'esposizione di ragioni che illustrino in modo intellegibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, essendo fatto divieto di rinvio ad atti difensivi o a risultanze dei gradi di merito ed essendo estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunzie diverse da quella impugnata, e in particolare la sentenza di prime cure quando sia impugnata quella d'appello. Pertanto è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente un'affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la pronunzia impugnata.
Cass. civ. n. 265/1997
Qualora, con il ricorso per cassazione, venga dedotta l'incongruità o illogicità della motivazione della sentenza impugnata per l'asserita mancata valutazione di risultanze processuali è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi – mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di cassazione, alla quale è precluso l'esame diretto degli atti di causa, di delibare la decisività della risultanza stessa.
Cass. civ. n. 3723/1996
Nel giudizio di legittimità, qualora il ricorrente lamenti una omessa od insufficiente motivazione da parte del giudice di merito, ha l'onere di indicare: a) o quale circostanza processuale (factum probans) il giudice di merito abbia trascurato; b) ovvero per quale motivo logico-giuridico la ricostruzione del fatto ignoto (factum probandum) data dal giudice di merito sia carente. Ove, per contro, il ricorrente si limiti a fornire una diversa ricostruzione dei fatti, contrastante con quella accertata nella sentenza impugnata, si chiede un riesame del merito, inammissibile in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 2160/1996
Nel ricorso per cassazione l'indicazione delle parti di cui all'art. 366, n. 1, c.p.c., rilevante ai fini dell'ammissibilità del ricorso, è soltanto quella indicata nel ricorso stesso e non già quella risultante dalla relazione della notificazione; è pertanto inesistente la notificazione eseguita nei confronti di un soggetto diverso da quello, indicato nel ricorso, contro cui l'impugnazione è diretta, non potendo trovare applicazione, nella specie, la disposizione di cui all'art. 291, primo comma, c.p.c.
Cass. civ. n. 1742/1996
Il diritto del difensore non residente in Roma, che ne abbia fatto richiesta, di ricevere con lettera raccomandata l'avviso dell'udienza di discussione innanzi alla Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 135 disp. att. c.p.c. presuppone una specifica istanza presentata alla Cancelleria della stessa Corte contestualmente al deposito del ricorso o del controricorso ma distintamente formulata, non valendo a tal fine una richiesta di spedizione dell'avviso contenuta nel corpo del ricorso o del controricorso, atti del cui tenore la Cancelleria della Corte non è tenuta a prendere conoscenza. Pertanto nelle suddette ipotesi la comunicazione della fissazione dell'udienza ex art. 377, secondo comma, c.p.c. è validamente eseguita al ricorrente che non abbia eletto domicilio in Roma, presso la cancelleria della stessa corte, ai sensi dell'art. 366, secondo comma, stesso codice.
Cass. civ. n. 914/1996
Ove venga denunciato un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell'interpretazione di un contratto da parte del giudice del merito, la parte non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 ss. c.c., ma deve specificare i canoni in concreto violati nonché il punto ed il modo in cui il giudice si sia da essi discostato atteso che, diversamente, la critica della ricostruzione della volontà contrattuale operata dal giudice e la proposta di una diversa interpretazione investono il merito delle valutazioni del giudice stesso e sono perciò inammissibili in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 6977/1995
La parte che deduca come mezzo di impugnazione per cassazione un vizio di motivazione della sentenza impugnata, da correlarsi alla mancata ammissione di incombenti istruttori da sé articolati, ha l'onere di indicare, nel ricorso, il momento del processo in cui ebbe a dedurre l'incombente assunto non ammesso e l'oggetto preciso di questo, perché solo tali indicazioni possono consentire al giudice della legittimità – cui resta precluso l'esame diretto degli atti di causa – di verificare la decisività della prova offerta e denegata, e di accertare, quindi, la fondatezza della domanda.
Cass. civ. n. 5748/1995
Al fine di far valere, ex art. 360, n. 5, c.p.c., il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, è necessario che il ricorrente indichi specificamente (e non già soltanto per relationem, richiamando gli atti delle pregresse fasi processuali) i fatti e le circostanze di cui trattasi, onde consentire al giudice di legittimità il controllo sulla loro decisività; controllo che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve appunto avvenire sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative.
Cass. civ. n. 5526/1995
La parte che con ricorso per cassazione denunzi sotto il profilo del difetto di motivazione l'interpretazione del contratto collettivo da parte del giudice di merito in ordine all'inquadramento di determinate mansioni in una certa qualifica ha l'onere di indicare e riprodurre analiticamente nel ricorso la norma contenuta nel contratto collettivo o da questo richiamata, che inquadri le mansioni nella qualifica richiesta, non essendo consentito alla Corte di Cassazione in difetto delle suddette indicazioni esercitare il controllo di legittimità sulla sentenza impugnata, tanto più nella materia dell'esatto inquadramento di un lavoratore nell'organizzazione di un'impresa, affidata in via esclusiva al giudice di merito il cui operato può formare oggetto di ricorso per cassazione solo sotto il profilo della omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (nella specie un dipendente di istituto di credito il quale, assumendo di essere stato costantemente incaricato di rendere in sede esecutiva per conto dell'istituto le dichiarazioni di terzo ex art. 547 c.p.c., rivendicava la qualifica di funzionario di direzione in applicazione diretta del C.C.N.L. 7 luglio 1983 — peraltro esclusa dal giudice di merito — o di atti di recepimento di tale contratto da parte dell'istituto, aveva omesso di indicare e riportare nel ricorso sia la norma collettiva che gli atti interni dai quali si sarebbe dovuto dedurre il recepimento del C.C.N.L.).
Cass. civ. n. 4540/1995
L'indicazione in un ricorso per cassazione del soggetto contro cui è proposta l'impugnazione come società per azioni, invece che – conformemente alla realtà – come società in nome collettivo, concretizza un mero errore materiale che non determina l'invalidità dell'atto e della sua notificazione, se non influisce sulla individuazione del soggetto cui tali atti si riferiscono. (Nella specie la Suprema Corte ha ritenuto sussistere un mero errore materiale, rilevando che non era stata dedotta l'esistenza di diverse società con denominazione simile; che era già stata precisata la sentenza impugnata; che il medesimo errore, già contenuto nell'atto di appello, non aveva impedito alla società di esplicare le sue difese e si era riflesso nella stessa intestazione della sentenza di secondo grado).
Cass. civ. n. 7886/1994
L'indicazione, ai sensi dell'art. 366, n. 4, c.p.c., delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti dell'impugnazione, sicché la mancata od erronea indicazione delle disposizioni di legge non comporta l'inammissibilità del gravame ove gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme o i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione del quid disputandum.
Cass. civ. n. 2796/1994
Per soddisfare il requisito («esposizione sommaria dei fatti di causa») prescritto, a pena d'inammissibilità (rilevabile d'ufficio), dall'art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c., mentre non è necessario che l'esposizione dei fatti costituisca una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi di ricorso, né occorre una narrativa analitica o particolareggiata, è invece sufficiente, ma insieme indispensabile, che dal contesto del ricorso – e cioè solo dalla lettura di tale atto ed escluso l'esame di ogni altro documento, compresa la stessa sentenza impugnata – sia possibile desumere una conoscenza del «fatto», sostanziale e processuale, sufficiente per ben intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo, non potendosi distinguere, ai fini della detta sanzione d'inammissibilità, fra le esposizioni del tutto omessa ed esposizione insufficiente. (Nella specie, è stato dichiarato inammissibile il ricorso, sul rilievo che esso, in quanto privo dell'indicazione – anche indiretta – del decisum dell'impugnata sentenza del giudice del rinvio, non consentiva d'intendere l'effettivo significato ed il preciso oggetto delle proposte censure di violazione del principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione – non allegata agli atti e menzionata senza indicazione di data e numero – e di violazione del giudicato interno).
Cass. civ. n. 1389/1994
Il requisito dell'indicazione delle parti, richiesto dall'art. 366 n. 1 c.p.c. a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, deve intendersi nel senso proprio della norma generale dettata dall'art. 163 n. 2, stesso codice, per l'atto di citazione e pertanto l'errore inficiante l'indicazione della parte contro cui l'impugnazione è rivolta non incide sulla validità del ricorso, quando dal contesto di questo e dal riferimento agli atti dei precedenti giudizi sia agevole identificare con certezza tale parte.
Cass. civ. n. 6702/1991
Il ricorrente, che deduca il vizio di motivazione della sentenza impugnata per avere questa deciso la causa sulla base delle conclusioni di una consulenza tecnica, ignorando le critiche sollevate, ha l'onere di precisare nel ricorso il contenuto specifico di dette critiche, non essendone ammissibile l'esposizione per relationem, mediante riferimento ad un atto del pregresso giudizio di merito.
Cass. civ. n. 2207/1991
Ai sensi dell'art. 366, comma primo n. 5 c.p.c., il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione della procura, se conferita con atto separato, e, se pure non ne è necessaria la trascrizione, occorre però, quanto meno, l'indicazione di elementi idonei affinché la controparte possa individuarla e possa verificarne l'anteriorità rispetto alla notificazione del ricorso, salvo il successivo controllo in cancelleria dove l'atto deve essere depositato.
Cass. civ. n. 10714/1990
Il requisito dell'indicazione della procura al difensore (se conferita con atto separato), prescritto dall'art. 366 primo comma n. 5 c.p.c. a pena d'inammissibilità del ricorso per cassazione, deve ritenersi sussistente anche quando il ricorso, indicando detta procura, non menzioni tutti i dati occorrenti alla sua identificazione, in considerazione della possibilità di colmare tale lacuna alla stregua dell'atto con cui la procura medesima è stata rilasciata, sempre che tempestivamente depositato assieme al ricorso.
Cass. civ. n. 739/1989
Nel procedimento davanti alla Suprema Corte la notificazione delle conclusioni del procuratore generale (art. 375 secondo comma c.p.c.), ovvero della comunicazione dell'udienza o della adunanza in Camera di consiglio (art. 377 secondo comma c.p.c.), per il caso in cui risulti il trasferimento del domiciliatario, ed indipendentemente dal fatto che l'ufficiale giudiziario abbia o meno acquisito notizia del nuovo indirizzo, va effettuata presso la cancelleria, sempre che nel frattempo la parte, il suo procuratore speciale o lo stesso domiciliatario non abbiano provveduto a comunicare detto nuovo indirizzo, considerando che l'elezione di domicilio, a seguito di quel trasferimento, resta priva di efficacia (art. 141 quarto comma c.p.c.), e che, quindi, verificandosi una situazione assimilabile alla mancata elezione di domicilio, trova applicazione il disposto del secondo comma dell'art. 366 c.p.c. (dettato per l'omessa elezione di domicilio del ricorrente, ma integrante espressione di un principio generale, estensibile a tutte le comunicazioni o notificazioni ad entrambe le parti, anche alla stregua del richiamo contenuto nell'art. 370 secondo comma c.p.p.).
Cass. civ. n. 1446/1989
Il principio secondo cui, qualora il ricorrente per cassazione abbia eletto domicilio presso il difensore ma non in Roma, la notificazione del controricorso e dell'eventuale ricorso incidentale è fatta presso la cancelleria della Corte di cassazione (art. 366, secondo comma, c.p.c.) mira a tutelare non il ricorrente medesimo ma la controparte, alla quale, pertanto, deve riconoscersi la facoltà di effettuare validamente detta notificazione presso il difensore domiciliatario.
Cass. civ. n. 6717/1988
L'art. 366, n. 5, c.p.c., nel disporre che il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione della procura se conferita con atto separato, impone un onere di forma che ha lo scopo di assicurare che sia stata osservata l'altra condizione di ammissibilità prevista dall'art. 365 c.p.c. e rappresentata dal previo rilascio di una procura specificamente ordinata all'impugnazione della sentenza, sicché, quando, attraverso il deposito prescritto dall'art. 369, n. 3, c.p.c., sia dato di verificare che questa condizione sussiste, eventuali errori presenti nell'indicazione della procura contenuta nel ricorso restano irrilevanti.
Cass. civ. n. 6465/1988
L'obbligo di specificare i motivi per i quali si chiede l'annullamento della sentenza impugnata, fissato dall'art. 366, n. 4 c.p.c., a pena d'inammissibilità del ricorso per cassazione, risponde all'esigenza che il ricorso stesso consenta da solo l'immediata e precisa individuazione delle questioni da risolvere. Detto obbligo, pertanto, può essere osservato anche tramite una trascrizione (non un mero richiamo) del contenuto di precedenti scritti difensivi, ove sufficienti a garantire l'indicata esigenza. (Nella specie, il ricorso per cassazione, avverso pronuncia del Consiglio nazionale dei geometri in materia disciplinare, riproduceva le censure già espresse con il ricorso a detto Consiglio avverso il provvedimento del collegio professionale. Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione, alla stregua del principio di cui sopra, rilevando che tale riproduzione era idonea ad evidenziare la volontà di formulare denunce di violazione di legge analoghe a quelle avanzate con il precedente ricorso).
Cass. civ. n. 2992/1984
Il ricorso per cassazione deve consentire di per sé, in modo autonomo e senza sussidio di diversa fonte, la immediata, pronta e compiuta identificazione delle questioni da risolvere, e perciò deve contenere, a pena di inammissibilità, non soltanto la indicazione della statuizione di cui si chiede la cassazione, ma anche la precisa, seppur sintetica, esposizione delle ragioni addotte a censura di quella statuizione ed a sostegno della richiesta di un diverso giudizio. Né il suddetto onere può ritenersi assolto mediante la memoria successivamente presentata a norma dell'art. 378 c.p.c., la quale ha l'esclusiva funzione di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati dal ricorso, e non può valere, quindi, a supplire le insufficienze dello stesso.
Cass. civ. n. 2581/1984
Con riguardo al ricorso per cassazione, proposto da una persona fisica in qualità di rappresentante di una società, qualora detta persona fisica sia la stessa che è stata in giudizio nelle pregresse fasi di merito in nome e per conto della società medesima, senza che insorgesse alcuna questione circa il suo potere, resta esclusa la possibilità di contestare l'ammissibilità dell'impugnazione, sotto il profilo della mancata prova del suddetto potere. Al contrario, ove sia diversa la persona fisica che allega la veste di rappresentante della società ricorrente, l'ammissibilità del ricorso richiede che si deduca la sussistenza del potere di rappresentanza, in base ad una qualità che lo comporti per legge, ovvero ad una deliberazione societaria che lo conferisca espressamente, e che, a fronte dell'eccezione sollevata dall'avversario con il controricorso, si fornisca documentalmente la relativa prova, nei modi e nei tempi consentiti dall'art. 332 c.p.c.
Cass. civ. n. 4477/1983
Nell'ipotesi di persone giuridiche, è sufficiente, ai fini della indicazione prescritta, a pena d'inammissibilità, dall'art. 366 n. 1 c.p.c., il riferimento alla denominazione in cui si estrinseca la soggettività giuridica dell'ente, secondo le norme — di leggi statutarie — che la regolano, in modo che non possa sorgere alcun equivoco sulla sua identità, e non è necessaria l'indicazione del nominativo della persona fisica titolare dell'organo o dell'ufficio investito della rappresentanza dell'ente. Detto organo od ufficio è, infatti, in rapporto d'immedesimazione con l'ente, la cui personalità giuridica permane nonostante il mutamento della persona fisica del titolare, il quale ben può essere indicato con la generica dizione pro tempore. (Nella specie, il ricorso principale ritenuto ammissibile dalla S.C. risultava proposto da «Enel compartimento di Napoli, in persona del legale rappresentante», senza l'indicazione del nome e della qualifica della persona fisica investita del potere di rappresentanza).
Cass. civ. n. 3348/1983
Il ricorso per cassazione non è viziato da difetto di indicazione della sentenza impugnata allorché questa, pur non essendo oggetto di specifica menzione, sia comunque individuabile dalla controparte senza possibilità di equivoci attraverso l'esame del contesto del ricorso stesso (nella specie, contenente la menzione del giudice autore della pronunzia impugnata, oltre che dell'oggetto e del contenuto del pronunciato).
Cass. civ. n. 3377/1983
L'inammissibilità del ricorso per cassazione sancita dall'art. 366 n. 2 c.p.c., per la mancata indicazione della sentenza impugnata, va limitata all'ipotesi in cui l'indicazione del provvedimento impugnato difetti del tutto o sia talmente incerta da renderne impossibile l'identificazione. (Nella specie, si è ritenuto che il contenuto dei motivi del ricorso e l'allegazione ad esso della sentenza oggetto delle censure rendevano manifesta l'erroneità dell'indicazione dell'autorità – Tribunale di Palermo anziché di Catania – che aveva emesso la sentenza impugnata).
Cass. civ. n. 2541/1983
Il requisito dell'indicazione delle parti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall'art. 366 n. 1 c.p.c., non coincide perfettamente con quello richiesto dal precedente art. 163 n. 2 per l'atto di citazione, potendo esso risultare anche dal contesto del ricorso, dato il richiamo alla sentenza impugnata, sicché l'inammissibilità del ricorso stesso è determinata soltanto dall'incertezza assoluta sull'individuazione della parte ricorrente o di quella contro cui l'impugnazione è rivolta.