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Articolo 1417 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Prova della simulazione

Dispositivo dell'art. 1417 Codice Civile

La prova per testimoni [2721 ss.] della simulazione è ammissibile senza limiti(1), se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato [1343], anche se è proposta dalle parti(2).

Note

(1) Di regola, alle parti è precluso il ricorso ai testimoni in quanto la prova della simulazione implica la prova di un documento, di contenuto contrario al contratto simulato, la cui formazione è anteriore o contemporanea a quella dello stesso negozio apparente (v. art. 2722 ss., art. 2729 comma 2 c.c.).
(2) Quindi, fuori dalle ipotesi di illiceità, la parte può solo ricorrere alla prova documentale (2699 ss. c.c.), ovvero sollecitare la confessione (v. 2730 ss. c.c., 228 ss. c.p.c.) dell'altra parte o deferirne il giuramento (v. 2736 ss. c.c., 233 ss. c.p.c.).

Ratio Legis

I terzi non soffrono i limiti alla prova testimoniale (2722 c.c.) e per presunzioni (2729 c.c.) in quanto per essi sarebbe altrimenti difficile dare prova della simulazione. Alle parti, invece, tali limiti si applicano salvo che vogliano dimostrare l'illiceità del negozio dissimulato, in quanto l'ordinamento non attribuisce mai tutela a questa situazione.

Spiegazione dell'art. 1417 Codice Civile

Disciplina formale della simulazione

Premessa all'esame dei mezzi di prova è la disciplina formale della simulazione, quale è data desumere dal sistema legislativo vigente.

L'accordo simulatorio che, come già è stato osservato, è quella intesa preventiva senza della quale non è dato parlare di simulazione, viene di regola redatto per iscritto, ma nulla vieta che sia concluso verbalmente. La legge non lo dice espressamente, anzi non parla neppure di accordo simulatorio, ma lo si desume dalla prima parte dell'art. 164 del codice, per cui non è ammessa alcuna prova della simulazione delle convenzioni matrimoniali, anche se risulta da controdichiarazioni scritte, il che significa che negli altri casi in cui è ammessa la prova dell'accordo simulatorio, questa può essere data bensì da controdichiarazioni scritte ma non esclusivamente da esse. Qualche autore ha affermato che quando negozio simulato cada sopra convenzione che debba risultare da scrittura costitutiva, anche l’accordo simulatorio debba rivestire la stessa forma ma in realtà non si può parlare di scrittura costitutiva per un patto che non rientra nella cerchia degli atti giuridici, ma che va considerato per il diritto semplicemente come fatto, per quanto racchiuda una manifestazione di volontà. Il contratto simulato presenterà naturalmente la forma che la legge esige: i contratti elencati nell'art. 1350 cod. civ. (ad es. contratto di trasferimento della proprietà di beni immobili) saranno fatti per atto pubblico o scrittura privata. La mancanza di tale forma renderebbe l'atto radicalmente nullo e non avrebbe quindi significato l'azione per far dichiarare simulato un contratto che è già di per sè nullo per mancanza di uno dei requisiti essenziali. Qualora si simuli invece un contratto che ha per oggetto una cosa mobile non sottoposta alla disciplina della registrazione, il contratto simulato potrà avere anche la forma verbale.

Ugualmente, come già è stato accennato nel commento all'articolo 1414 il contratto dissimulato dovrà rivestire 1e forme prescritte per esso e così una donazione non potrà farsi sotto forma di scrittura privata ma per atto pubblico. Per il contratto dissimulato il problema della forma è particolarmente rilevante più che per quello simulato, perché le parti hanno interesse a che quel contratto spieghi tutta la sua efficacia. Bisogna stare attenti a non confondere, nella simulazione relativa l'accordo simulatorio con lo stesso contratto dissimulato e la confusione potrebbe essere causata dal fatto che spesso accordo e contratto risultano materialmente dal medesimo documento: l'accordo simulatorio è presupposto di ogni specie di simulazione, mentre il contratto dissimulato ricorre soltanto nella simulazione relativa.

Onere della prova

Per il principio generale contenuto nell'art. 2697 cod. civ. secondo il quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, l'onus probandi nella simulazione incombe a chi, parte contraente e erede o avente causa di esso, creditore o terzo ne allega l'esistenza.

Così chi impugna per simulazione una dichiarazione di debito ha l'obbligo di fornire la prova che questo sia inesistente, mentre il titolare del credito impugnato ha in proprio favore la suddetta dichiarazione, che fa fede finché non sia smentita. Il fatto che il titolare del credito, pur non avendone l’obbligo, abbia dedotto una prova contraria a quella proposta dall'obbligato, non importa volontaria assunzione da parte di lui dell'onere della prova. Questa poi deve essere completa e sicura, perché se qualche dubbio sussista, deve ritenersi reale la dichiarata volontà dei contraenti per il principio: in dubio benigna interpretatio adhibenda est ut magis negotium valeat quam pereat.
Del pari l'onere della prova della causa di un negozio, dissimulata sotto la causa espressa o presunta, spetta a chi allega la simulazione.

La regola dell'art. 2697 non conosce eccezioni in materia, non esistendo presunzioni di simulazione da vincere con la prova contraria della sincerità dell'atto. Traendo argomento dagli articoli 4, 6 e 36 della legge 20 maggio 1897 e successive modificazioni sulle tasse di registro, parte della giurisprudenza aveva negato una parificazione di posizione tra lo Stato che accerta l'impesta dovuta per la registrazione di un atto, contratto o rapporto successorio ed il privato che agisce per il riconoscimento del proprio credito. Poiché la legge di registro ha come caposaldo del proprio sistema il principio che le tasse vanno applicate secondo l'intrinseca natura e gli effetti degli atti e dei trasferimenti indipendentemente dal titolo e dalle forme apparenti, fu affermato che l'economia di tale legge affranca gli organi dell'amministrazione fiscale dal rigoroso rispetto della verità formale tutte le volte che non apparisca accettabile come verità reale. La singolarità del caso indusse la Corte di Cassazione ad affermare un principio generale di inversione dell'onere della prova in tema di atti simulati che non esiste nel sistema legislativo italiano, neppure a favore della Pubblica Amministrazione. Le parti, al fine di sottostare ad un minor tributo, avevano qualificato per divisione un contratto che aveva tutta l'apparenza di un trasferimento di diritti immobiliari. Poiché la divisione presuppone l'esistenza di una comunione, fu ritenuto che incombesse al contribuente che intendeva pagare una tassa minore, dare la prova dell'esistenza della comunione che si intendeva sciogliere. Tutto ciò era in perfetta armonia con il principio allora contenuto nell'art. #1312# del codice civile dal 1865 ed oggi ribadito dall'art. 2697 del nuovo codice e non v'era nessun motivo, ai fini della decisione, di far ricorso all'affermazione di una eccezione al principio dell'onus probandi dettata, in tema di simulazione, nell'interesse dell'amministrazione finanziaria, eccezione di cui nessuno prima e dopo d 'allora si è mai accorto.

La legge distingue tra impugnazione che proviene da una parte contro l'altra o contro terzi e impugnazione proveniente da terzi. Quando chi impugna è la parte contraente (o l'erede o avente causa) deve subire le restrizioni stabilite nel libro della tutela dei diritti circa l'ammissibilità di talune prove. Tali restrizioni non operano invece nei confronti dei terzi, sia perché costoro si trovano nell’impossibilità materiale di procurarsi la prova scritta della simulazione (art. 2724, n. 2 cod. civ.) sia perché il contratto, di fronte a coloro che non vi partecipano, è res inter alios acta e le restrizioni delle prove si riferiscono ai contratti, non ai fatti (art. 2721 prima parte cod. civ.), tanto che non occorreva neppure richiamare qui il criterio generale.

Prova tra le parti contraenti

Poiché la limitazione di legge per i contraenti si riferisce alla prova testimoniale (e per presunzioni, art. 2729 cpv.) nulla vieta che la parte contraente che ha dedotto la simulazione la provi, oltre che con le controdichiarazioni controscritture, con querela di falso civile o
penale, mediante corrispondenza tra gli interessati, attraverso un interrogatorio formale, un giuramento. Valgono poi anche per i contraenti le eccezioni al divieto di ammissibilità della prova testimoniale, sempre che la prova scritta non sia richiesta ad substantiam.

Nei rapporti tra le parti la forma tipica e normale di prova della simulazione è data dalla produzione di controdichiarazioni, cioè di documenti che forniscono la dimostrazione della simulazione compiuta.

Le controdichiarazioni o controscritture che sono atti di riconoscimento e accertamento della simulazione in forma documentale, non devono essere necessariamente anteriori o contemporanee all'atto simulato, ma possono essere anche posteriori essendo l'anteriorità o la simultaneità solo un requisito accidentale di essa. Quello che è essenziale, oltre alla contestualità del proposito di simulare è che rispetto ad esse ricorra il requisito della capacità dei contraenti è la disponibilità del diritto cui il negozio si riferisce.

Dalle controdichiarazioni vanno tenute ben distinte tutte le dichiarazioni intese a completare o chiarire una precedente manifestazione di volontà secondo la sua natura e il suo tenore o a modificarne gli effetti o a regolarne l'esecuzione, le quali altro non sono che un accessorio del negozio o un vero e proprio regolamento di esso. Le controdichiarazioni sono invece quelle destinate a rimanere segrete, per più o meno lungo periodo di tempo fra le parti, perché dirette essenzialmente a smentire in tutto o in parte l'atto palese, con una totale o parziale deroga al contenuto di esso, in modo che nella volontà delle parti l’atto esterno sia ridotto ad una apparenza mentre la realtà del rapporto è costituita dall'atto occulto.

Secondo un'antica dottrina, che ha avuto però anche una formulazione recente l'atto simulato consacrato in una scrittura privata o rivestito della forma pubblica non può essere smascherato da altro mezzo di prova che la controscrittura. Questa dottrina è però generalmente ripudiata dalla giurisprudenza la quale nega che la prova della simulazione debba constare ex necesse in base ad una contro scrittura e si richiama invece alle norme del diritto comune.

L'interrogatorio formale ad istanza di parte mira a provocare la confessione giudiziale dell'altra parte con efficacia di piena prova legale e, per tale suo carattere, non può conoscere limitazioni in tema di accertamento della simulazione di un negozio giuridico. Attraverso questo mezzo di prova la parte interrogata fa dichiarazioni contrarie al suo proprio interesse che possono avere carattere decisivo: ne consegue che l'interrogatorio va ammesso anche quando l'atto simulato sia stato concluso per atto pubblico o scrittura privata e persino nell'ipotesi in cui il contratto debba farsi per iscritto sotto pena di nullità. Sotto il capo «Della confessione» (articoli 2730 e segg. cod. civ.) non esiste una disposizione corrispondente a quella dell'art. 2722 in tema di prova testimoniale e, quel che più conta, con la prova della simulazione non si tratta di provare un patto aggiunto o contrario al contenuto di un documento, ma si ricerca la verità reale contro la verità formale risultante dall’atto scritto. Dal fatto che un determinato negozio non possa avere esistenza giuridica senza la scrittura, non consegne. Affatto per necessità logica che debba adoperarsi la prova scritta per dimostrare la simulazione quando essa apparisca esteriormente costituito in modo legale, o per dimostrare soltanto che in qualche parte la scrittura costitutiva non rappresenta il vero: la prova della simulazione rimane perciò sotto l’impero delle norme generali. Se il contratto fu stipulato per atto pubblico non è neppur necessaria la querela di falso. Infatti questa mira a colpire la realtà di quanto fu dichiarato dinanzi al pubblico ufficiale, mentre qui si intende posare il contenuto del contratto.

Le lettere inviate da uno all'altro contraente possono contenere gli estremi di una vera e propria confessione stragiudiziale scritta dalla simulazione, che ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale (art. 2735 cod. civ.).

Il negozio simulato può provarsi dalle parti contraenti con giuramento decisorio o suppletorio. Il giuramento non può essere deferito o riferito sopra un fatto illecito (art. 2739 cod. civ.) ma il negozio simulato non è necessariamente un fatto delittuoso, anche se, nella maggior parte dei casi, le parti tendono, attraverso la simulazione, a frodare i terzi.

Prova illimitata

I creditori e i terzi possono proporre la domanda e chiedere la prova testimoniale senza limiti ed offrire la prova per presunzioni che il giudice deve ammettere, a norma dell'art. 2729 cod. civ. quando siano gravi, precise e concordanti.

Sono elementi presuntivi della simulazione il dissesto del debitore, la causa simulandi, quale quella di volersi sottrarre alla improvvisa responsabilità di un obbligo di risarcimento di danni o la mancanza di causa attuale per l'atto apparente, l'essersi con la vendita spogliato l'alienante di ogni suo avere, compresi i mobili di casa, il mancato esborso di alcuna somma da parte del debitore o l'aver dato atto nel rogito di vendita che il prezzo era già stato versato, l'aver stipulato il contratto subito dopo il rilascio di cambiali da parte del debitore al creditore, il prezzo di gran lunga inferiore al valore della cosa venduta, il patto di riscatto, la disponibilità ed il possesso della cosa rimasti nel venditore magari sotto forma di locazione, i rapporti di parentela, di affi­nità o di stretta amicizia tra mutuante e mutuatario, la clandestinità dell'atto, la coabitazione degli stipulanti, l'omessa opposizione del compratore agli atti di esecuzione sul fondo venduto da parte dei creditori del venditore, la registrazione del titolo creditorio compiuta a cura del debitore, l'omessa descrizione del bestiame in un contratto di soccida. Deve intendersi ancora simulata la cessione di un credito cambiario quando risulti fatta ad un cessionario nullatenente con lunga dilazione al pagamento e senza corresponsione di interessi e così via.

Naturalmente il giudice, anziché fermarsi ad analizzare i vari indizi dedotti e accertati, deve esaminare e vagliare tutte le circostanze nel loro insieme ponendole in rapporto l'una con l'altra. In tale processo di valutazione devono essere seguiti i criteri delle normale intelligenza, senza azzardare ipotesi e congetture che non abbiano rispondenza con gli atti e senza arrivare ad affermazioni o negazioni che non siano la naturale diretta illazione della premessa, secondo il comune buon senso. Non bisogna inoltre trascurare, nella valutazione degli indizi, al fine di decidere se un atto è simulato, la moralità delle parti contraenti anche se tale valutazione imponga al giudicante una delicata e difficile indagine.

La nozione di creditore non presenta difficoltà mentre va chiarita quella di terzi. Esclusi i contraenti, i loro eredi o i legittimi rappresentanti sono terzi, oltre i creditori, che la legge menziona espressamente, gli aventi causa a titolo singolare dei contraenti e tutti coloro che siano rimasti completamente estranei all'atto simulato, che abbiano un legittimo interesse a chiarire quanto con l'atto si sia voluto veramente compiere e che infine non abbiano avuto scienza della simulazione al momento in cui il loro diritto fu acquistato o la legittima aspettativa è sorta.

Terzo è anche il legittimario. Questi attinge il suo diritto non nella disposizione del testatore, ma, persino contro la di lui volontà, nel disposto della legge. Egli, sebbene erede, è terzo rispetto al negozio compiuto dal suo autore per diminuire il diritto di legittima e può impugnarlo di simulazione per diritto proprio, non ex iuribus del defunto, con qualunque genere di prova e senza alcuna limitazione e quindi anche con presunzioni. L'accertamento della simulazione in atti preordinati dal de cuius e lesivi del diritto degli eredi legittimari, che li impugnino in tale veste, ha per effetto l'avocazione all'asse ereditario della totalità dei beni contestati e non già soltanto della parte necessaria a integrare la quota di riserva; salvo che, eliminate le convenzioni simulate, sopravviva a favore dei convenuti un diverso titolo di acquisto per la parte disponibile nei confronti dell'eredita.

La presunzione di simulazione di un atto di vendita intercorso tra il de cuius ed uno dei legittimari può essere desunta anche dalla riserva di usufrutto in essa contenuta a favore dell'alienante.

L'annullamento per simulazione della suddetta alienazione fa conferire alla massa ereditaria da dividersi, come si è accennato, tutta la sostanza disposta con l'atto impugnato e ciò a differenza di quanto disponeva il codice civile abrogato all'art. #811# per il quale l'obbligo della imputazione era limitato al valore eccedente la porzione disponibile.

L'erede che non agisce per integrare la quota di riserva, ma ai soli fini della collazione, per conservare cioè l'uguaglianza fra i coeredi non e terzo nel giudizio di simulazione concernente un atto posto in essere dal de cuius, epperò è soggetto alla limitazione di prova.

Si è già accennato alla causa simulandi, cioè alla ragione che ha indotto le parti a compiere l'atto simulato, a proposito degli elementi presuntivi della simulazione. Tale causa, che è lo scopo pratico che le parti vollero attuare mediante la simulazione, costituisce bensì un importante elemento di convincimento per l'esistenza della simulazione, ma non è indispensabile per l'accoglimento della domanda di simulazione, che può essere sempre proposta ancorché non risulti il fine voluto dalle parti. È manifesta però l'importanza che deve attribuirsi alla causa simulandi e quando non è possibile riconoscerla prende consistenza l'opinione che l'atto è sincero, non riuscendo comprensibile che sia tramato un inganno quando non se ne afferma il motivo. I motivi interni, psicologici, che possono avere indotto l'uno dei contraenti alla stipulazione di un atto vanno tenuti distinti dalla causes simulandi perché solo quest'ultima costituisce la finalità che le parti vollero attuare mediante la simulazione dell'atto, mentre i primi rimangono nella sfera interna del soggetto.

Interesse pubblico alla repressione dell’illecito

Anche tra le parti non sono operative le restrizioni alla prova testimoniale e a quella per presunzioni quando si delinei un interesse pubblico, che prevale su quello che le ha determinate, qual è l'interesse alla scoperta e alla repressione dell'illecito convenuto nella convenzione o nella clausola dissimulata. Di regola la parte mira unicamente a far dichiarare la finzione del contratto simulato, ma non è escluso che possa avere interesse a provare l'esistenza del contratto dissimulato per fame dichiarare l'illiceità e in questo caso viene meno il limite alla prova orale e per presunzioni. È così ammissibile tra contraenti la prova testimoniale diretta a dimostrare l'esistenza di un patto successorio (art. 458 cod. civ.), che la vendita di un immobile fra coniugi simulava una donazione (art. 781 cod. civ.), che è intervenuta una cessione di credito in violazione ai divieti di cui all'art. 1261 cod. civ., che è stato violato uno dei divieti speciali di comprare compresi nell'art. 1471, che tra avvocato e cliente è stato stipulato un patto relativo ai beni che formano oggetto della controversia affidata al patrocinio del primo (art. 2233 cod. civ.). «Peraltro, per ammettere libertà di prova occorre che la convenzione o la clausola occultata abbia un contenuto illecito tale da legittimare la parte a fame valere l'invalidità: se illecito fosse soltanto il fatto di aver occultato e questo ferisse interessi di altri soggetti legittimati a farlo valere, le restrizioni della prova riprenderebbero vigore. Il venditore così non potrà invocare libertà di prova per dimostrare che il prezzo convenuto ed occultato era superiore a quello apparente sul riflesso che l'occultazione del prezzo costituisca un illecito fiscale; la parte può invece invocare libertà di prova se intende dimostrare, ad esempio, che l'apparente corrispettivo di una prestazione di lavoro era piuttosto il prezzo del voto favorevole di un concordato». È così superata la disposizione dell'art. #1319# del codice civile del 1865 tanto più che essa non regolava la questione della prova, quanto l'opponibilità fra le parti della simulazione assoluta o relativa. Il codice, in fondo, non ha fatto che sanzionare il principio già largamente accolto dalla giurisprudenza che rispetto all'atto compiuto in frode a norme imperative o diretto ad eludere disposizioni relative all'ordine pubblico o al buon costume non esistono limiti al sistema probatorio né è dato far differenza tra parti contraenti e terzi. V’è una ragione pratica che indusse l'autorità giudiziaria prima ed il legislatore poi ad accogliere tale principio ed è quella che le parti difficilmente predispongono una scrittura a riprova del carattere fraudolento dell'atto palese: se non si ammettesse la prova orale, si verrebbe ad accordare una protezione giuridica a coloro che hanno operato contro la legge.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

276 La prova della simulazione è regolata dall'art. 295 il quale completa l'art. 49 del progetto del 1936 esplicitamente dichiarando che le norme generali sull'ammissibilità della prova si applicano alla simulazione, ancorché il contratto simulato sia formale: con ciò si sono risoluti dubbi gravi insorti nella pratica, e sui quali la giurisprudenza si era pronunziata nel senso da me adottato.
L'art. 295 innova l'art, 49 progetto del 1936 anche per quanta 61 riferisce alle ipotesi di impugnazione proposta da uno dei contraenti. In questa ipotesi il progetto lasciava libera la prova quando vi era stata frode, e la relazione chiariva che si era inteso parlare di simulazione che fosse stata l'effetto della frode di uno dei contraenti. Il teste e la relazione intendono certo accennare al dolo che induce a consentire la simulazione: diversamente non si comprenderebbero. Ma quando c'è questo stato di dolo c'è anche un fatto illecito, ed allora, l'oggetto della prova sarà non la convenzione, ma questo fatto, e cioè, la frode alla legge, o, più precisamente, la occultazione di un negozio illecito, donde non è a parlare di applicazione nei limiti che valgono per le convenzioni. In conseguenza, nell'art. 295 ho chiarito che la prova è in ogni caso libera da vincoli, quando l'impugnazione sia rivolta a far valere la illiceità del contratto dissimulato.
277 Ho soppresso, infine, l'art. 50 del progetto del 1936, corrispondente all'art. 1319 cod. civ. e concernente la controdichiarazione, che non ha più una concreta utilità dopo l'integrale regolamento della simulazione in ciò che riguarda la sostanza e la prova.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

648 Risolute le principali questioni concernenti l'opponibilità della simulazione, nell'art. 1417 del c.c. si disciplina la prova della stessa. Anche qui si è dovuto distinguere tra impugnazione proveniente da una parte, contro l'altra o contro terzi, e impugnazione proveniente da terzi. La parte che impugna deve subire le restrizioni stabilite nel libro della tutela dei diritti, circa l'ammissibilità di talune prove. Invece per i terzi siffatte restrizioni non possono operare, sia perché essi non potevano procurarsi la prova scritta della simulazione (art. 2724 del c.c., n. 2), sia perché il contratto, di fronte a coloro che non vi partecipano, non è tanto un contratto quando un fatto giuridico, e le restrizioni di prova, non ai fatti si riferiscono ma ai contratti. Anche tra le parti non operano le restrizioni là dove si delinei un interesse pubblico, prevalente su quello che può averle determinate, quale è l'interesse alla scoperta e alla repressione dell'illecito contenuto nella convenzione o nella clausola dissimulata. Peraltro, per ammettere libertà di prova occorre che la convenzione o la clausola occultata abbia un contenuto illecito tale da legittimare la parte a farne valere l'invalidità; se illecito fosse soltanto il fatto di avere occultato e questo ferisse interessi di altri soggetti legittimati a farlo valere, le restrizioni della prova riprenderebbero vigore. Il venditore così non potrà invocare libertà di prova per dimostrare che il prezzo convenuto ed occultato era superiore a quello apparente, sul riflesso che l'occultazione del prezzo costituisca un illecito fiscale (art. 105 della legge sul registro 30 dicembre 1023, n. 3269); la parte può invece invocare libertà di prova se intende dimostrare, ad esempio, che apparente corrispettivo di una prestazione di lavoro era piuttosto il prezzo del voto favorevole in un concordato. In tal modo disciplinata la materia della prova della simulazione, la disposizione dell'art. 1319 cod.civ. del 1865 rimane assorbita, anche perché essa non regolava tanto la questione della prova, quanto l'opponibilità tra le parti della simulazione assoluta o relativa; e la materia dell'opponibilità è stata particolarmente considerata dal nuovo codice con riferimento a tutti i casi in cui la simulazione o la dissimulazione sia comunque dimostrata, anche se non risulti da prova scritta (contro-dichiarazione).

Massime relative all'art. 1417 Codice Civile

Cass. civ. n. 6312/2023

Qualora il giudice d'appello, in riforma della statuizione di primo grado d'inammissibilità della testimonianza ex art. 1417 c.c., abbia ammesso la prova testimoniale della simulazione, la parte appellata che, resistendo al gravame, ha insistito per la conferma della decisione è tenuta ad eccepire la nullità della pronuncia di ammissione, ai sensi dell'art. 157, comma 2, c.p.c., nella prima istanza o difesa successiva all'assunzione della prova. (In applicazione di tale principio in un processo soggetto al rito del lavoro, la S.C. ha affermato l'inammissibilità dell'eccezione - sollevata per la prima volta in sede di legittimità - di nullità della testimonianza, che la parte avrebbe dovuto proporre nel grado d'appello al momento della precisazione delle conclusioni all'udienza di discussione).

Cass. civ. n. 23502/2022

Sul terzo che proponga un'azione di simulazione assoluta dell'accordo sotteso all'emissione (o alla successiva circolazione) di un titolo cambiario grava l'onere di allegare il negozio presupposto e di dimostrarne l'insussistenza, dal momento che il carattere formale ed astratto dell'obbligazione cambiaria - per definizione assistita da una presunzione di esistenza del rapporto sottostante - sarebbe irrimediabilmente vanificato qualora l'esperimento dell'azione di simulazione importasse per il creditore cambiario l'onere di palesare la natura giuridica del contratto sotteso al rilascio dei titoli.

Cass. civ. n. 18049/2022

Nella simulazione soggettiva relativa, il requisito della forma scritta "ad substantiam" deve essere rispettato dal contratto apparente, mentre l'accordo simulatorio tra interponente, interposto e terzo contraente - che può essere anteriore o contemporaneo al contratto simulato, ma non posteriore ad esso - va provato, tra le parti, con la controdichiarazione scritta, che, non essendo espressione della "voluntas simulandi", ma atto ricognitivo della volontà manifestata in precedenza, è idoneo mezzo di prova anche se sottoscritta solo dalla parte contro cui sia prodotta in giudizio e anche se successiva all'accordo simulatorio, essendo soggetta solo alle regole della forma scritta "ad probationem".

Cass. civ. n. 10933/2022

In tema di simulazione relativa oggettiva, ai fini della prova del contratto dissimulato che avrebbe dovuto rivestire forma scritta "ad substantiam", deve escludersi che la confessione possa supplire alla mancanza del requisito formale rappresentato dalla controdichiarazione scritta, necessaria per il contratto diverso da quello apparentemente voluto. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte territoriale che, sulla base della confessione della parte, aveva ritenuto provata la dissimulazione di una datio in solutum immobiliare di cui non vi erano gli elementi nel contratto di compravendita immobiliare asseritamente simulato).

Cass. civ. n. 41132/2021

Dall'esercizio dell'azione di simulazione da parte dell'erede per l'accertamento di dissimulate donazioni non deriva necessariamente che egli sia terzo, al fine dei limiti alla prova testimoniale stabiliti dall'art. 1417 c.c., perché, se l'erede agisce per lo scioglimento della comunione, previa collazione delle donazioni - anche dissimulate - per ricostituire il patrimonio ereditario e ristabilire l'uguaglianza tra coeredi, subentra nella posizione del "de cuius", traendo un vantaggio dalla stessa qualità di coerede rispetto alla quale non può avvantaggiarsi delle condizioni previste dall'art. 1415 c.c.; è invece terzo, se agisce in riduzione, per pretesa lesione di legittima, perché la riserva è un suo diritto personale, riconosciutogli dalla legge, e perciò può provare la simulazione con ogni mezzo.

Cass. civ. n. 39831/2021

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, ai fini della prova della natura simulata di un atto, il contribuente può valersi delle dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, non ostandovi l'art. 1417 c.c., dal momento che l'azione proposta dinanzi alla commissione tributaria è volta a dimostrare l'infondatezza della pretesa fiscale e non ad ottenere la declaratoria di nullità di un contratto simulato, fermo restando che il valore indiziario di tali dichiarazioni dev'essere vagliato dal giudice in seno al complessivo contesto probatorio emergente dagli atti, al fine di riscontrare la credibilità dei relativi autori in base ad elementi oggettivi e soggettivi. (Nella specie, in cui era stato impugnato l'avviso di accertamento relativo al maggior reddito derivante dalla partecipazione in una s.r.l., la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto raggiunta la prova contraria, in ordine alla natura meramente fittizia dell'intestazione del 90% delle quote sociali alla contribuente, sulla base delle sole dichiarazioni rese da un terzo, delle quali non era stata valutata l'efficacia probatoria in relazione al complesso degli ulteriori elementi oggettivi della fattispecie, con particolare riguardo all'entità delle suddette quote, tale da risultare scarsamente compatibile con il dedotto totale disinteresse della socia rispetto a qualsivoglia aspetto della gestione societaria).

Cass. civ. n. 2619/2021

Il mandante, non partecipe ed ignaro dell'accordo simulatorio, il quale agisca per la dichiarazione di simulazione della quietanza, relativa all'avvenuto pagamento del prezzo, in relazione ad una vendita posta in essere dal suo mandatario con rappresentanza, è da considerarsi "terzo" rispetto a siffatto contratto: conseguentemente egli può fornire la prova della simulazione "senza limiti", ex art. 1417 c.c., e, quindi, sia a mezzo di testimoni, sia a mezzo di presunzioni, dovendosi inoltre escludere che, in dipendenza della natura di confessione stragiudiziale della quietanza, possano valere, riguardo alla sua posizione, i limiti di impugnativa della confessione stabiliti dall'art. 2732 c.c., applicabili esclusivamente nei rapporti fra il mandatario e il preteso simulato acquirente.

Cass. civ. n. 9672/2020

In tema di locazione immobiliare, la prova per testimoni è ammissibile se la domanda è diretta a far valere l'illiceità dell'accordo dissimulato che preveda un canone superiore rispetto a quello risultante dal contratto registrato (ex art. 1417 c.c.) e quando vi è un principio di prova per iscritto (ex art. 2724, comma 1, n. 1, c.c.) che conferisca alla testimonianza riscontro probatorio documentale presuntivo. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che non aveva ammesso la prova testimoniale, sebbene la conduttrice avesse dedotto, a fondamento della domanda di ripetizione di indebito, la nullità del contratto dissimulato volto ad ottenere un canone maggiorato e, inoltre, prodotto, quale prova documentale, un assegno bancario quietanzato, con imputazione specifica al pagamento del canone di locazione, recante un importo doppio rispetto a quello contenuto in una proposta contrattuale predisposta, su incarico del locatore, da un'agenzia immobiliare).

Cass. civ. n. 29540/2019

In tema di prova per presunzioni della simulazione di un contratto, la dichiarazione relativa al versamento del prezzo di una compravendita immobiliare, seppur contenuta nel rogito notarile, non ha valore vincolante nei confronti del creditore di una delle parti - ovvero del legittimario, come nel caso di specie - che abbia proposto azione diretta a far valere la simulazione dell'alienazione, poiché questi è terzo rispetto ai soggetti contraenti. Spetta in questo caso al giudice del merito valutare l'opportunità di fondare la decisione sulla prova per presunzioni e di apprezzare l'idoneità degli elementi presuntivi a consentire deduzioni che ne discendano secondo l'"id quod plerumque accidit", restando il relativo apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico.

Cass. civ. n. 25578/2018

In tema di interposizione fittizia di persona, la simulazione ha come indispensabile presupposto la partecipazione all'accordo simulatorio non solo dell'interposto e dell'interponente, ma anche del terzo contraente che deve dare la propria consapevole adesione all'intesa raggiunta tra i primi due soggetti assumendo i diritti e gli obblighi contrattuali nei confronti dell'interponente, ragion per cui la prova dell'accordo simulatorio deve avere ad oggetto la partecipazione del terzo all'accordo stesso con la conseguenza che, in caso di compravendita immobiliare, la domanda diretta all'accertamento della simulazione, ai fini della invalidazione del negozio simulato "inter partes", non può essere accolta se l'accordo simulatorio non risulti da atto scritto, proveniente anche dal terzo contraente, mentre resta del tutto inidonea ai fini suddetti - ove sia stata già raggiunta la prova della controdichiarazione conclusa tra il solo interponente e l'interposto - l'acquisizione dell'ulteriore controdichiarazione integrativa scritta intercorsa, però, tra il solo interposto ed il terzo, al quale non abbia quindi partecipato anche l'interponente, da considerarsi terzo rispetto a tale scrittura, al quale non è, perciò, opponibile ai sensi dell'art. 2704 c.c., in difetto di idonea prova contraria.

Cass. civ. n. 15510/2018

L'erede legittimario che agisca per l'accertamento della simulazione di una vendita compiuta dal "de cuius", siccome dissimulante una donazione affetta da nullità per difetto di forma, assume, rispetto ai contraenti, la qualità di terzo - con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni - quando abbia proposto la domanda sulla premessa dell'avvenuta lesione della propria quota di legittima. In tale situazione, infatti, detta lesione assurge a "causa petendi" accanto al fatto della simulazione ed il legittimario, benché successore del defunto, non può, pertanto, essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall'art. 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell'effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiché il regime probatorio non può subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l'accoglimento della domanda.

Cass. civ. n. 7512/2018

La prova della simulazione è normalmente desumibile da presunzioni e la scelta di esse, la valutazione ed il giudizio di idoneità dei fatti posti a fondamento dell'argomentazione induttiva, traducendosi in un accertamento relativo a una mera "quaestio voluntatis", è rimesso al giudice di merito, onde la motivazione da questi adottata, ove non viziata, non è censurabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 536/2018

In tema di limiti alla prova testimoniale del negozio simulato posti alla parte (ovvero ai suoi successori universali) dall'art. 1417 c.c., l’erede che agisca per l’accertamento di dedotte dissimulate donazioni non è necessariamente terzo, assumendo tale qualità solo qualora, dopo aver esperito l'azione di riduzione per pretesa lesione di legittima, spenda la qualità di legittimario e non anche allorché agisca per lo scioglimento della comunione, previa collazione delle donazioni effettuate in vita dal "de cuius"; né consente il superamento, da parte dell'erede, dei suddetti limiti probatori il riferimento alla dispensa dalla collazione, trattandosi di istituto che opera solo dopo che sia stata accertata, in base alle previsioni di cui al cit. art. 1417 c.c., la natura di donazione dell'atto, ove la parte abbia inteso far valere in giudizio anche la qualità di legittimaria e l'azione di simulazione sia strumentale al coevo esperimento di quella di riduzione.

Cass. civ. n. 14274/2017

L’inammissibilità della prova per testimoni della simulazione non può essere rilevata dal giudice in assenza di un’espressa eccezione di parte, la quale, tuttavia, non soggiace al regime di preclusioni previsto dall’art. 416 c.p.c. per la proponibilità delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, ma al diverso limite della prima istanza o difesa successiva all’eventuale assunzione della prova, atteso che la violazione dell’art. 1417 c.c., al pari di quella delle disposizioni di cui agli artt. 2721 e 2722 c.c., dà luogo ad una nullità relativa, soggetta al regime di cui all’art. 157, comma 2, c.p.c.

Cass. civ. n. 7093/2017

In tema di simulazione assoluta di un negozio soggetto a forma scritta a pena di nullità, il documento che può costituire principio di prova per iscritto deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo, e non è necessario un preciso riferimento al fatto controverso, ma l'esistenza di un nesso logico tra lo scritto ed il fatto stesso, dal quale scaturisca la verosimiglianza del secondo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che un assegno circolare costituiva principio di prova scritta, ex art. 2724 c.c., perché era proveniente dalla controparte in quanto sottoscritto dalla stessa "a girata" e che, in ordine al nesso logico con il fatto, esso era integrato dal riferimento al percorso del denaro che avrebbe dovuto servire al pagamento del prezzo).

Cass. civ. n. 6262/2017

In tema di prova della simulazione di una compravendita immobiliare, contratto che esige la forma scritta "ad substantiam", la mancanza della controdichiarazione osta all'ammissibilità dell'interrogatorio formale, ove rivolto a dimostrare la simulazione soggettiva relativa, giacché la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, non può supplire al difetto dell'atto scritto, necessario per il contratto diverso da quello apparentemente voluto; viceversa, ove sia diretto a dimostrare la simulazione assoluta del contratto, l'interrogatorio formale è ammissibile, anche tra i contraenti, perché, in tal caso, oggetto del mezzo di prova è l'inesistenza della compravendita.

Cass. civ. n. 5326/2017

Qualora l’azione di simulazione proposta dal creditore di una delle parti di un contratto di compravendita immobiliare fondi su elementi presuntivi che, in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 2697 c.c., indichino il carattere fittizio dell'alienazione, l'acquirente ha l'onere di provare l'effettivo pagamento del prezzo, potendosi, in mancanza, trarre elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto; tale onere probatorio non può, tuttavia, ritenersi soddisfatto dalla dichiarazione relativa al versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile, in quanto il creditore che agisce per far valere la simulazione è terzo rispetto ai soggetti contraenti.

Cass. civ. n. 22801/2014

In tema di prova per presunzioni della simulazione assoluta di un contratto, spetta al giudice del merito apprezzare l'efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, che debbono essere valutati non solo analiticamente, ma anche nella loro globalità all'esito di un giudizio di sintesi, non censurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico.

Cass. civ. n. 19912/2014

L'erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita fatta dal "de cuius", diretta a dissimulare, in realtà, una donazione, agisce per la tutela di un proprio diritto ed è terzo rispetto alle parti contraenti, sicché la prova testimoniale e per presunzioni è ammissibile senza limiti quando, sulla premessa che l'atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, proponga contestualmente all'azione di simulazione una domanda di riduzione della donazione dissimulata, diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell'asse ereditario e che la quota a lui spettante va calcolata tenendo conto del bene stesso.

Cass. civ. n. 16377/2014

L'inammissibilità della prova per presunzioni della simulazione non può essere rilevata dal giudice in assenza di un'espressa eccezione della parte, che, ove non possa essere anteriormente sollevata, deve comunque essere fatta valere con l'atto di impugnazione, poiché i limiti stabiliti dall'art. 1417 cod. civ. (e, più in generale, dagli artt. 2721 e 2722 cod. civ.) sono diretti alla tutela esclusiva degli interessi privati.

Cass. civ. n. 1737/2013

Il coniuge in regime di comunione legale, estraneo all'accordo simulatorio, è terzo, legittimato a far valere la simulazione con libertà di prova, ai sensi degli artt. 1415, secondo comma, e 1417 c.c., rispetto all'acquisto di un bene non personale, effettuato dall'altro coniuge durante il matrimonio con apparente intestazione a persona diversa, atteso che tale simulazione impoverisce il patrimonio della comunione legale, sottraendogli il diritto previsto dall'art. 177, lett. a), c.c.

Cass. civ. n. 17389/2011

Per la configurabilità di una simulazione relativa sotto il profilo soggettivo, è indispensabile un accordo non solo tra l'interponente e l'interposto, ma anche con il terzo, il quale deve consentirvi, esprimendo la propria adesione nella debita forma, che, per i trasferimenti immobiliari, è quella scritta.

Cass. civ. n. 15346/2010

Il legittimario pretermesso dall'eredità, che impugna, a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, la compravendita immobiliare compiuta dal "de cuius" in quanto dissimulante una donazione, agisce in qualità di terzo, sicché, nei suoi confronti, non può attribuirsi valore vincolante alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta nel rogito notarile, potendo, invece, trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l'onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in applicazione dell'anzidetto principio, aveva escluso che potesse assumere valore dirimente, al fine di escludere la dissimulazione della donazione, l'attestazione, contenuta nell'atto pubblico di compravendita immobiliare, del pagamento del prezzo tramite assegno, consegnato "salvo buon fine").

Cass. civ. n. 12988/2010

Il conduttore che deduca la simulazione relativa del contratto di locazione di un immobile ad uso abitativo transitorio, stipulato nella vigenza della legge n. 392 del 1978, al fine di ottenere l'accertamento della destinazione abitativa ordinaria e della conseguente nullità, ai sensi dell'art. 79 della legge n. 392 cit., delle clausole relative al canone e alla durata, ha l'onere di dimostrare che il locatore fosse a conoscenza della effettiva destinazione dell'immobile locato: tale prova può essere fornita anche per testi o per mezzo di presunzioni ai sensi dell'art. 1411 c.c. (recte: 1417; n.d.r.), trattandosi di fornire la prova dell'illiceità dell'accordo simulatorio.

Cass. civ. n. 24134/2009

L'erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita compiuta dal "de cuius" siccome celante una donazione, assume la qualità di terzo rispetto ai contraenti - con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni - quando agisca a tutela del diritto, riconosciutogli dalla legge, all'intangibilità della quota di riserva, proponendo in concreto una domanda di riduzione, nullità o inefficacia della donazione dissimulata. In tale situazione, infatti, la lesione della quota di riserva assurge a "causa petendi" accanto al fatto della simulazione ed il legittimario - benché successore del defunto - non può essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall'art. 1417 c.c.; né assume rilievo il fatto che egli - oltre all'effetto di reintegrazione - riceva, in quanto sia anche erede legittimo, un beneficio dal recupero di un bene al patrimonio ereditario, non potendo applicarsi, rispetto ad un unico atto simulato, per una parte una regola probatoria e per un'altra una regola diversa.

Cass. civ. n. 9012/2009

In tema simulazione di contratto di affitto di azienda, incidendo l'accordo simulatorio sulla volontà dei contraenti, colui che deduce che la simulazione è stata posta in essere in violazione di norme imperative può avvalersi di testimoni e presunzioni per provare il contratto dissimulato (nella specie, locazione di immobile ad uso commerciale), ma la prova deve attenere sia agli elementi caratterizzanti dell'uno o dell'altro tipo di contratto sia all'accordo simulatorio, di cui deve di svelare l'intento. Ne consegue che il relativo onere probatorio non può ritenersi validamente assolto unicamente in base al mero positivo riscontro di una sommatoria di dati astrattamente riconducibili ad una diversa fattispecie negoziale.

Cass. civ. n. 19435/2008

In tema di prova della simulazione tra le parti la legge, mentre vieta (tranne determinati casi) la prova per testimoni e per presunzioni, non vieta, invece, l'interrogatorio formale che abbia per oggetto negozi per i quali non sia richiesto l'atto scritto "ad substantiam". Infatti, le limitazioni poste - nei rapporti anzidetti - dal secondo comma dell'art 1417 cod. civ riguardano soltanto la prova testimoniale e, correlativamente (ai sensi dell'art. 2729, comma secondo, cod.civ.), quella per presunzioni e non anche il suddetto mezzo istruttorio volto a provocare la confessione giudiziale della controparte, attesi il carattere di piena prova legale della confessione e l'inesistenza, per questa, di una disposizione corrispondente a quella della simulazione diretta non ad accertare un patto aggiunto o contrario al contenuto di un documento, bensì a ricercare la verità reale contro quella formale risultante dall'atto scritto. Peraltro, attraverso le risposte date dall'interessato in sede di interrogatorio formale, può essere utilmente acquisita sia la prova piena che un principio di prova, nel caso in cui le risposte siano tali da rendere verosimile la simulazione, con la conseguenza di rendere ammissibile la prova testimoniale in deroga al normale divieto.

Cass. civ. n. 4071/2008

Nel caso di allegazione della simulazione relativa per interposizione fittizia di persona di un contratto necessitante la forma scritta ad substantiam la dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all'ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa, derivante dal disposto degli articoli 1414, secondo comma, e 2725 c.c., di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l'esistenza, quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l'intento comune dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente. Di conseguenza, e con riferimento alla compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente effettivo e l'apparente compratore non può essere risolta, fatta salva l'ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento (articolo 2724, n. 3, c.c.), con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore, e neppure, in assenza della controdichiarazione, tale prova può essere data con il deferimento o il riferimento del giuramento (articolo 2739, comma primo, c.c.), né tanto meno mediante l'interrogatorio formale, non potendo supplire la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, alla mancanza dell'atto scritto.

Cass. civ. n. 13706/2007

L'erede che agisca per la nullità del contratto di compravendita stipulato dal de cuius perché dissimulante una donazione e per la ricostruzione del patrimonio ereditario e la conseguente divisione dello stesso, senza anche far valere, rispetto alla donazione impugnata, la lesione del suo diritto di legittimario, non propone, nemmeno per implicito, una domanda di riduzione della donazione per lesione di legittima, azione che trova la sua causa petendi nella deduzione della qualità di legittimario e nella asserzione che la disposizione impugnata lede la quota di riserva; ne consegue che egli non può considerarsi terzo rispetto al negozio di cessione e che soggiace, pertanto, ai limiti di prova della simulazione stabiliti dalla legge nei confronti dei contraenti.

Cass. civ. n. 12487/2007

In tema di simulazione, qualora il contratto simulato sia stato concluso per iscritto e tale forma sia richiesta a pena di invalidità (nullità ai sensi dell'articolo 1350 c.c.), la prova dell'accordo simulatorio, traducendosi nella dimostrazione del negozio dissimulato, deve essere fornita con la produzione in giudizio dell'atto contenente la controdichiarazione, sottoscritta dalle parti o comunque dalla parte contro la quale è esibita. (Nella fattispecie, relativa alla simulazione dedotta dal venditore della vendita della nuda proprietà di un villino dissimulante una donazione con interposizione fittizia della acquirente in favore del donatario, il ricorrente aveva lamentato che la corte di merito avesse negato l'interrogatorio formale di compratrice e beneficiario, giacché la sua qualità di parte, per essere subentrato a titolo universale all'originario attore, deceduto in corso di causa, poteva avere rilievo soltanto con riguardo alla prova per testimoni; sulla base dell'enunciato principio la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto della domanda).

Cass. civ. n. 11771/2007

In materia di simulazione, i limiti all'ammissibilità della prova per presunzioni semplici stabiliti dall'art. 1417 c.c. (e, più in generale, dagli artt. 2721 e 2722 c.c.) sono diretti alla tutela esclusiva degli interessi privati e non della legge, derivando dal concreto atteggiarsi dei rapporti tra le parti e dalla loro possibilità di procurarsi la prova della simulazione attraverso le cosiddette controdichiarazioni contenenti l'intesa simulatoria. Conseguentemente, detti limiti sono sottratti al rilievo d'ufficio da parte del giudice.

Cass. civ. n. 10240/2007

In tema di simulazione di un contratto di compravendita immobiliare, la prova per testi soggiace a limitazioni diverse a seconda che si tratti di simulazione assoluta o relativa. Nel primo caso, l'accordo simulatorio, pur essendo riconducibile tra i patti per i quali opera il divieto di cui all'art. 2722 c.c., non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem menzionati dall'art. 2725 c.c., avendo natura ricognitiva dell'inesistenza del contratto apparentemente stipulato, sicché la prova testimoniale è ammissibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dal precedente art. 2724 c.c. Nel secondo caso, occorre distinguere, in quanto se la domanda è proposta da creditori o da terzi — che, essendo estranei al negozio, non sono in grado di procurarsi le controdichiarazioni scritte — la prova per testi o per presunzioni non può subire alcun limite; qualora, invece, la domanda venga proposta dalle parti o dagli eredi, la prova per testi, essendo diretta a dimostrare l'esistenza del negozio dissimulato, del quale quello apparente deve rivestire il necessario requisito di forma, è, ammessa soltanto nell'ipotesi di cui al n. 3 dell'art. 2724 citato, cioè quando il contraente ha senza colpa perduto il documento, ovvero quando la prova è diretta fare valere l'illiceità del negozio.

Cass. civ. n. 1413/2006

Qualora da parte di colui che invoca la simulazione siano stati offerti, in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 2697 c.c., elementi presuntivi del carattere fittizio della compravendita, l'acquirente ha l'onere di provare il pagamento del prezzo; in tal caso, pertanto, possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere apparente del contratto dalla mancata dimostrazione da parte del compratore del relativo pagamento.

Cass. civ. n. 6632/2006

La prova della simulazione di un contratto solenne, stipulato da un soggetto poi deceduto, da parte degli eredi al medesimo succeduti a titolo universale, ed allo scopo di far ricomprendere l'immobile tra i beni facenti parte dell'asse ereditario, soggiace a tutte le limitazioni previste dalla legge (articolo 1417 c.c. ) per la prova della simulazione tra le parti, atteso che gli eredi, versando nelle stesse condizioni del de cuius non possono legittimamente dirsi «terzi » rispetto al negozio ; deve pertanto escludersi a tal fine la prova per testimoni, per presunzioni ed a mezzo di interrogatorio formale diretto a provocare la confessione della controparte. Nessuna limitazione probatoria incontra, per converso, l'erede che agisca in qualità di legittimario, per la tutela, cioè, di un diritto suo proprio, a condizione che egli abbia contestualmente a proporre domanda di integrazione della quota.

Cass. civ. n. 11017/2005

In materia di scrittura privata, benché non sia di regola ammissibile la prova per testimoni o per presunzioni dell'esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di negare l'esistenza giuridica della quietanza, in virtù del combinato disposto degli artt. 1417 e 2729 c.c., devono tuttavia ritenersi ammissibili detti mezzi di prova, nel caso in cui la domanda sia diretta a far valere l'illiceità dell'accordo simulatorio.

Cass. civ. n. 5765/2005

Le limitazioni alla facoltà di prova della simulazione, previste per i contraenti dall'art. 2722 c.c. — limitazioni che trovano fondamento nella riprovazione sociale della menzogna — non operano nei confronti dei terzi e dei creditori, i quali, non avendo accesso alla controdichiarazione, possono provare l'esistenza di un accordo simulatorio con qualsiasi mezzo, comprese le presunzioni, che possono fondarsi anche sul contratto impugnato di simulazione. Il relativo accertamento è rimesso al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità per insufficienza o erroneità logico — giuridica della motivazione.

Cass. civ. n. 3869/2004

Il documento che può costituire principio di prova per iscritto (art. 2724, n. 1 c.c.), sì da consentire l'ammissione della prova testimoniale per accertare, tra le parti, la simulazione assoluta (art. 1417 c.c.) di un contratto con forma scritta ad substantiam (art. 1350 c.c.), deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo e non è necessario un preciso riferimento al fatto controverso, ma l'esistenza di un nesso logico tra lo scritto e il fatto stesso, da cui scaturisca la verosimiglianza del secondo. L'accertamento, circa la sussistenza e l'idoneità di un principio di prova scritta a rendere verosimile il fatto allegato, costituisce un apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato.

In tema di prova della simulazione di contratti di compravendita di immobili, che esigono la forma scritta ad substantiam la limitazione della prova testimoniale e per presunzioni, derivante dall'art. 1417 c.c., non osta all'ammissibilità dell'interrogatorio formale tra le parti, in quanto diretto a provocare la confessione del soggetto cui è deferito, se sia rivolto a dimostrare la simulazione assoluta del contratto, essendo in tal caso oggetto del mezzo di prova l'inesistenza della compravendita immobiliare; l'indagine volta a verificare se l'interrogatorio abbia provocato la confessione giudiziale della simulazione assoluta attiene al merito e, se adeguatamente e congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 6882/2003

Qualora la domanda di simulazione sia proposta da una delle parti e tenda all'accertamento del negozio dissimulato del quale non si assume l'illiceità, non è ammessa la prova testimoniale dell'accordo simulatorio, in quanto volta a provare un patto contrario, contestuale alla conclusione del contratto asseritamente simulato.

Cass. civ. n. 471/2003

In tema di contratto simulato, se il negozio è stato redatto per iscritto, tra le parti trova applicazione la regola generale della limitazione dell'ammissibilità della prova testimoniale; ne consegue che la prova della simulazione, sia essa assoluta o relativa, può essere data soltanto mediante controdichiarazione. [Nel caso, la S.C. ha rigettato, trattandosi di apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, la doglianza della ricorrente secondo cui il giudice di merito, nel fare applicazione del suindicato principio con riferimento a contratto di locazione di immobile urbano ad uso abitativo, erroneamente aveva, ai fini della prova dell'ammontare dell'importo del canone da essa dedotto come reale in luogo di quello — indicato come simulato — risultante dal contratto, negato valore probatorio a documento — da essa (sola) proveniente — recante l'attestazione di versamento in suo favore della cauzione, in ragione della ritenuta equivocità del medesimo circa la effettiva sussistenza del preteso maggior canone, atteso che la somma ivi indicata come versata ben poteva essere stata determinata in misura diversa da quanto prevede l'art. 11 legge n. 392 del 1978, e ciò indipendentemente dalla validità di detta pattuizione].

Cass. civ. n. 16021/2002

La domanda di simulazione, qualora sia proposta da una delle parti e tenda all'accertamento di un negozio dissimulato non illecito, incontra dei limiti in relazione alla prova testimoniale, per cui se il contratto simulato è stato redatto per iscritto, la prova per testi non è ammessa contro il contenuto del documento.

Cass. civ. n. 15160/2002

La prova della simulazione di un contratto può essere fondata anche su elementi presuntivi, purché tutti gravi, precisi e concordanti, di talché nessun dubbio deve permanere sul carattere fittizio dell'atto impugnato. Il convincimento del giudice del merito sulla sussistenza o meno della simulazione costituisce un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità, ove esso sia fondato sulle risultanze processuali e si presenti come il risultato di una coerente attività logica.

Cass. civ. n. 12980/2002

La prova della simulazione è normalmente desumibile da presunzioni e la scelta di esse, la valutazione ed il giudizio di idoneità dei fatti posti a fondamento dell'argomentazione induttiva, traducendosi in un accertamento relativo a una mera quaestio voluntatis, è rimesso al giudice di merito, onde la motivazione da questi adottata, ove sufficiente e priva di errori logici e giuridici, non è censurabile in sede di legittimità, essendo il relativo sindacato limitato al solo procedimento logico seguito dal giudice per giungere alla soluzione adottata.

Cass. civ. n. 6877/2002

Non è ammissibile la prova testimoniale diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza, che dell'avvenuto pagamento costituisce documentazione scritta, ostandovi l'art. 2726 c.c., il quale, estendendo al pagamento il divieto, sancito dall'art.. 2722 dello stesso codice, di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, esclude che con tale mezzo istruttorio possa dimostrarsi l'esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di negare l'esistenza giuridica della quietanza, nei confronti della quale esso si configura come uno di quei patti, anteriori o contestuali al documento, che, appunto, il combinato disposto dei citati artt. 2722 e 2726 vieta di provare con testimoni in contrasto con la documentazione scritta di pagamento.

Cass. civ. n. 7134/2001

Dall'esercizio dell'azione di simulazione da parte dell'erede per l'accertamento di dedotte dissimulate donazioni non deriva necessariamente che egli è terzo, al fine dei limiti alla prova testimoniale stabiliti dall'art. 1417 c.c., perché, se egli agisce per lo scioglimento della comunione, previa collazione delle donazioni — anche dissimulate — per ricostituire il patrimonio ereditario e ristabilire l'uguaglianza tra coeredi, subentra nella posizione del de cuius; è invece terzo, se agisce in riduzione, per pretesa lesione di legittimità, perché la riserva è un suo diritto personale, riconosciutogli dalla legge, e perciò può provare la simulazione con ogni mezzo.

Cass. civ. n. 6892/2001

L'art. 1417 del c.c. consente la prova della simulazione per testimoni, ancorché la domanda sia stata proposta dalle parti, quando sia diretta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato. Nella suddetta ipotesi è ammissibile, pertanto, anche la prova per presunzioni.

Cass. civ. n. 1535/2000

Agli effetti dell'art. 1417 c.c., l'illiceità del negozio dissimulato è configurabile solamente se il negozio persegua interessi che l'ordinamento reprime. Consegue che è soggetto alle limitazioni della prova per testi e per presunzioni il negozio dissimulato consistente nella donazione priva dei requisiti di forma, in quanto l'interesse perseguito dalle parti, cioè l'arricchimento di un soggetto per lo spirito di liberalità di un altro, non è contrario ai principi fondamentali dell'ordinamento.

Cass. civ. n. 551/2000

In tema di simulazione, i limiti stabiliti dall'art. 1417 c.c. (e, più in generale, dagli artt. 2721 e 2722 c.c.) all'ammissibilità della prova testimoniale sono diretti alla tutela esclusiva degli interessi privati, e non possono, pertanto, essere rilevati d'ufficio da parte del giudice.

Cass. civ. n. 848/1999

Il legittimario che impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius ha veste di terzo, e può, quindi, avvalersi della prova testimoniale senza limiti solo quando agisca per la reintegrazione della quota a lui riservata, mentre soggiace alle limitazioni probatorie imposte alle parti quando l'impugnazione sia proposta dallo stesso anche come erede e tenda anche al conseguimento della disponibile. Tuttavia, detto esonero dalle limitazioni probatorie a favore del legittimario che agisca per il recupero o la reintegrazione della legittima non può ritenersi contemporaneamente concesso e non concesso in parte, nel caso in cui l'impugnazione dell'atto sia destinata a riflettersi comunque, oltre che sulla determinazione della quota di riserva, anche sulla riacquisizione del bene oggetto del negozio simulato al patrimonio ereditario, sicché il legittimario venga ad avvantaggiarsene sia in tale sua qualità, sia in quella di successore a titolo universale: in tal caso il legittimario è esonerato in modo completo dalle limitazioni probatorie in tema di simulazione, non potendosi applicare rispetto ad un unico atto simulato per una parte una regola probatoria, e per un'altra parte una regola diversa. Il principio esposto vale, ovviamente, sia in caso di simulazione assoluta, sia nella ipotesi di atto relativamente simulato, che dissimuli un negozio nullo, poiché il bene oggetto del negozio dissimulato viene comunque interamente recuperato all'asse ereditario.

Cass. civ. n. 351/1999

In tema di prova della simulazione, la controdichiarazione sottoscritta dai soli venditori (e destinata a documentare la simulazione del prezzo dichiarato rispetto a quello realmente versato) non può legittimamente considerarsi «dichiarazione unilaterale non destinata a persona determinata» - per la quale il secondo comma dell'art. 2704 c.c. prevede l'esonero dalle rigorose forme di accertamento di cui al primo comma - essendo, per converso, funzionalmente diretta alla controparte del negozio, con la conseguenza che la richiesta di prova testimoniale circa la data delle suddette controdichiarazioni deve ritenersi inammissibile.

Cass. civ. n. 8690/1998

La simulazione di un contratto può risultare anche da un atto scritto anteriormente formato, purché sia in concreto accertato che l'intento simulatorio sia soggettivamente mantenuto e sussisteva nel momento della stipulazione del contratto simulato.

Cass. civ. n. 8466/1998

Le limitazioni della prova testimoniale della simulazione quando la domanda sia proposta da una delle parti (artt. 1417 e 2722 c.c.) riguardano i contratti e gli atti unilaterali recettizi (art. 1414 commi primo e terzo) e non le fatture commerciali le quali costituiscono atti giuridici a contenuto partecipativo, prive, come tali, di contenuto negoziale.

Cass. civ. n. 7500/1998

È ammissibile la prova per testi, dedotta dal terzo, per dimostrare la simulazione di un contratto stipulato per atto pubblico, perché l'efficacia probatoria privilegiata di esso è limitata ai fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza e alla provenienza delle dichiarazioni, senza implicare l'intrinseca veridicità di esse o la loro rispondenza all'effettiva intenzione delle parti, come nel caso di dichiarazione di prezzo ricevuto in cambio del bene, difforme dal vero.

Cass. civ. n. 5519/1998

La prova della simulazione di un contratto solenne, stipulato da un soggetto poi deceduto, da parte degli eredi succeduti a titolo universale (che, versando nella stessa condizione del de cuius, non possono legittimamente dirsi «terzi» rispetto al negozio), soggiace a tutte le limitazioni stabilite dalla legge (art. 1417 c.c.) per la prova della simulazione tra le parti, con conseguente esclusione di quella per testi, per presunzioni, ovvero a mezzo di interrogatorio formale diretto a provocare la confessione della controparte. Nessuna limitazione probatoria, incontra, per converso, l'erede che agisca, in qualità di legittimario, perla tutela della propria quota di riserva (per la tutela, cioè, di un diritto suo proprio), a condizione che egli abbia contestualmente a proporre domanda di integrazione della quota.

Cass. civ. n. 4410/1998

In tema di contratto simulato, la cosiddetta «controdichiarazione» costituisce atto di riconoscimento o di accertamento della simulazione, e non atto richiesto ad substantiam per l'esistenza dell'accordo simulatorio, di modo che, mentre è necessario, per l'esistenza della simulazione, che l'accordo simulatorio sia coevo all'atto simulato e vi partecipino tutte le parti contraenti, nulla impedisce, viceversa, che la controdichiarazione sia posteriore a tale atto e provenga da una sola delle parti, e — cioè — quella contro il cui interesse è redatta, purché sia consegnata alle altre parti che hanno redatto l'atto simulato.

Cass. civ. n. 2252/1998

Agli effetti della prova della simulazione deve essere considerata «parte» e non «terzo» chi, pur essendo in apparenza estraneo al contratto, assuma di essere uno dei soggetti del rapporto giuridico che si volle in realtà costituire e di avere, quindi, interesse all'accertamento ed all'attuazione di esso per avere partecipato per interposta persona alla conclusione del contratto stesso. In questa ipotesi, pertanto, la dimostrazione della simulazione incontra gli stessi limiti della prova testimoniale e per presunzioni, con la conseguenza che se il negozio simulato va redatto per iscritto la prova per testi e per presunzioni non può essere ammessa contro il contenuto di un documento.

Cass. civ. n. 11232/1997

Il contratto simulato può legittimamente configurarsi, quoad probationis, in termini di principio di prova scritta, sufficiente, come tale, a rendere ammissibile la prova testimoniale inter partes a norma degli artt. 1417 e 2724, n. 1, c.c., e può, altrettanto legittimamente, venir posto, in concorso con altri elementi di prova, a fondamento del giudizio circa la sussistenza di una vicenda negoziale di carattere simulatorio.

Cass. civ. n. 7187/1997

Nella interposizione fittizia di persona la simulazione ha come indispensabile presupposto la partecipazione all'accordo simulatorio non solo dell'interposto e dell'interponente, ma anche del terzo contraente che deve dare la propria consapevole adesione all'intesa raggiunta tra i primi due soggetti assumendo i diritti e gli obblighi contrattuali nei confronti dell'interponente. La prova dell'accordo simulatorio deve pertanto avere ad oggetto la partecipazione del terzo all'accordo stesso con la conseguenza che, in caso di compravendita immobiliare, la domanda diretta all'accertamento della simulazione, ai fini della invalidazione del negozio simulato inter partes, non può essere accolta se l'accordo simulatorio non risulti da atto scritto, proveniente anche dal terzo contraente, mentre restano del tutto inidonee ai fini suddetti la controdichiarazione scritta proveniente dal solo interposto o la confessione da questi resa a seguito di formale interrogatorio.

Cass. civ. n. 6933/1997

Il contratto di locazione per uso abitativo, stipulato per eludere la nullità delle clausole che si pongano in contrasto con le disposizioni della legge sull'equo canone relative alla durata ed al canone (nullità espressamente sancita dall'art. 79 della legge n. 392 del 1978 in considerazione dello scopo di tutela delle primarie esigenze abitative perseguite dalla legge in questione) realizza una fattispecie negoziale di simulazione relativa, che le parti possono, ai sensi dell'art. 1417 c.c., provare, senza limiti con testimoni, allo scopo di far valere il contratto dissimulato, in cui le clausole nulle sono sostituite di diritto da quelle previste dalla legge n. 392 del 1978.

Cass. civ. n. 2836/1997

Il legittimario che per far valere il suo diritto alla quota di riserva chiede l'accertamento della simulazione e la nullità, per difetto dei requisiti di forma, di un atto dissimulato, stipulato dal de cuius — nella specie donazione dissimulata da una vendita per scrittura privata — non ha bisogno di esperire contestualmente la domanda di riduzione — necessaria invece nel caso in cui l'atto dissimulato è valido — per non soggiacere ai limiti di prova previsti dall'art. 1417 c.c., perché l'accoglimento di detta domanda di nullità comporta la declaratoria di appartenenza del relativo bene all'asse ereditario, con conseguente calcolo di esso nella determinazione della quota spettante al suddetto legittimario.

Cass. civ. n. 697/1997

Quando la simulazione assoluta viene dedotta dalle parti, poiché queste sono in grado di procurarsi la prova scritta, non è consentito il ricorso alla prova per testi, salvo non ricorra una delle ipotesi di cui all'art. 2724 c.c., né a quella per presunzioni.

Cass. civ. n. 7666/1995

Il divieto della prova testimoniale della simulazione sancito dagli artt. 1417 e 2722 c.c. nei confronti delle parti opera anche nei confronti dell'erede che agisca per l'acquisizione al patrimonio ereditario di beni che hanno formato oggetto del negozio simulato cui ha partecipato il de cuius, in quanto l'erede si avvale di un titolo che lo pone nell'identica posizione giuridica del suo dante causa, per cui egli non è terzo rispetto al negozio simulato, ma parte a tutti gli effetti. Pertanto, l'erede non può avvalersi della prova per testi e per presunzioni, sempre che la controparte si opponga all'assunzione del mezzo istruttorio vietato, essendo stabilito il divieto ad esclusiva tutela degli interessi privati.

Cass. civ. n. 5371/1995

La nullità delle cause del contratto locativo per uso abitativo in contrasto con le disposizioni della detta legge sull'equo canone relative alla durata ed al canone, essendo espressamente sancita dall'art. 79 della legge in considerazione dello scopo di tutela delle primarie esigenze abitative perseguite dalla predetta legge, configura una ipotesi di illiceità dal contratto. Ne consegue che il contratto di locazione stipulato per eludere tale nullità, con la previsione di durata a misura del canone, diverse da quelle legali, realizza una fattispecie negoziale simulata relativamente, che ai sensi dell'art. 1417 c.c., è dato alle parti contraenti di provare con testimoni per far valere il contratto dissimulato, in cui le clausole nulle sono sostituite di diritto da quelle previste dalla legge n. 392 del 1978.

Cass. civ. n. 8942/1994

Al fine della prova della simulazione di una vendita fatta dal de cuius il legittimario può essere considerato terzo e come tale beneficiante delle agevolazioni probatorie previste dall'art. 1417 c.c. solo quando contestualmente all'azione di dichiarazione della simulazione proponga, sulla premessa che l'atto simulato comporti una diminuzione della sua quota di riserva, una domanda di riduzione della donazione dissimulata diretta a far dichiarare che il bene fa parte dell'asse ereditario e che la quota spettante va calcolata tenendo conto del bene stesso e non anche quando siasi limitato a chiedere l'accertamento della simulazione senza alcuna connessa domanda di reintegrazione della legittima.

L'illiceità del negozio dissimulato agli effetti dell'art. 1417 c.c. non è configurabile nel caso di attività negoziale preordinata alla violazione delle norme relative all'intangibilità della legittima in quanto non rientranti tra le norme imperative inderogabili, la contrarietà alle quali rende illecito il contratto.

Cass. civ. n. 8638/1994

In ipotesi di simulazione relativa, per interposizione fittizia di persona, di contratto per il quale sia necessaria la forma scritta ad substantiam, non sono applicabili né l'art. 1417 c.c. — che prevede, tra l'altro, che le parti possono far valere, senza limiti di mezzi probatori, l'illiceità del contratto dissimulato — né l'art. 1414, comma 2, stesso codice — che contempla l'efficacia del contratto dissimulato avente i requisiti di sostanza e di forma — in quanto nell'indicata ipotesi, nella quale, pur mostrando di contrattare con un soggetto, si vuole che gli effetti dell'atto si producano a favore di altri, non si hanno negozi «dissimulati», bensì contratti differenti (quello apparente e quello nascosto), sottoscritti da soggetti in tutto o in parte diversi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, secondo cui il preteso interponente non può provare, né per testimoni, né attraverso la produzione di una scrittura privata non trascritta, l'acquisto di un immobile, risultante, invece, in forza di atto pubblico trascritto, di proprietà del coniuge separato dell'interponente medesimo).

Cass. civ. n. 7878/1994

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita stipulata fra il debitore ed il creditore nell'intento di costituire una garanzia con l'attribuzione irrevocabile del bene al creditore in caso di inadempienza del debitore, pur non integrando direttamente un patto commissorio di cui all'art. 2744 c.c., configura un mezzo per eludere tale norma imperativa e, quindi, esprime una causa illecita che comporta l'ammissibilità della prova testimoniale anche inter partes ai sensi dell'art. 1417 c.c.

Cass. civ. n. 7021/1994

Nell'ipotesi di simulazione relativa per interposizione fittizia di persona riguardante contratto per il quale sia necessaria la forma scritta ad substantiam, quale una compravendita immobiliare, nel conflitto tra preteso compratore apparente ed acquirente effettivo, partecipe dell'accordo simulatorio e perciò soggetto da considerarsi parte del contratto, la prova della simulazione, traducendosi nella dimostrazione del presunto negozio dissimulato, a mente dell'art. 2725 c.c. può essere dato solo a mezzo di atto scritto, e cioè con un documento contenente la controdichiarazione sottoscritta dalla parte contro cui sia prodotto in giudizio, salva la prova testimoniale per la sola ipotesi di perdita incolpevole del documento, ai sensi dell'art. 2724, n. 3, c.c., che però non ricorre nel caso in cui si alleghi che il preteso documento dell'accordo simulatorio, redatto in unico esemplare, sia stato consensualmente rilasciato, al momento della relativa formazione, nelle mani di una delle parti, essendosi in tal caso in presenza della mera impossibilità di procurarsi la prova scritta del contratto (art. 2724, n. 2, c.c.) non rilevante ai fini della deroga al divieto della prova testimoniale.

Cass. civ. n. 13584/1991

Per il disposto dell'art. 1417 c.c. le limitazioni di prova della simulazione per i contraenti concernono la prova per testimoni e quelle per presunzioni, sempreché non si tratti di far valere l'illiceità del contratto dissimulato, nel qual caso la prova anzidetta è ammessa senza limiti, come nel caso di domanda proposta dai terzi. L'anzidetta limitazione della prova testimoniale non osta, peraltro, all'ammissibilità dell'interrogatorio formale, in quanto diretto a provocare la confessione giudiziale del soggetto cui è deferito, ad eccezione del caso in cui si tratti di contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam. Tale eccezione peraltro può configurarsi soltanto nella simulazione relativa, non anche nella simulazione assoluta, vertendosi in tema di prova dell'inesistenza del negozio che si assume solo apparentemente posto in essere.

Cass. civ. n. 8325/1990

Nel caso in cui venga dedotta la nullità di un contratto preliminare di compravendita siccome dissimulante un patto commissorio, vietato a norma dell'art. 2744 c.c. la simulazione, costituisce soltanto causa petendi, cioè il fatto rivelatore del vietato patto commissorio, posto a base dell'azione di nullità del contratto, sicché il relativo accertamento non è soggetto alle limitazioni ex art. 1417 c.c. quanto alla prova testimoniale, essendo volta a far valere l'illiceità ex lege del negozio dissimulato.

Cass. civ. n. 7909/1990

L'erede che agisca non quale legittimario ai fini del recupero o della reintegrazione della quota di riserva, assumendo veste di terzo rispetto al negozio di cessione di beni ereditari compiuto dal de cuius, del quale deduca la simulazione, bensì con azione di simulazione relativa al fine di acquisire alla massa ereditaria i beni ceduti (per la successiva divisione con gli altri eredi), resta vincolato alla posizione del de cuius, nei cui rapporti subentra, non solo sul terreno dell'accertamento probatorio, ma anche ad ogni altro effetto, compreso quello della prescrizione che decorre non dall'apertura della successione ma dal compimento dell'atto simulato.

Cass. civ. n. 7861/1990

Con riguardo alla domanda diretta a far valere la simulazione relativa di una vendita immobiliare, dissimulante una donazione, asseritamente nulla per difetto di forma ovvero revocabile per ingratitudine, mentre la prova testimoniale inter partes è ammissibile per il combinato disposto degli artt. 1417 e 2725 c.c. soltanto se è intesa a dimostrare la perdita incolpevole della eventuale controdichiarazione attestante l'esistenza dell'asserito contratto di donazione dissimulato, è inammissibile il deferimento sul punto del giuramento decisorio, dato che questo, essendo diretto a far dipendere la decisione della lite dalla coscienza della parte, non è un mezzo di prova documentale e non può quindi sostituire l'atto scritto richiesto ad substantiam dall'art. 1350 c.c. per ogni convenzione riguardante diritti reali immobiliari.

Cass. civ. n. 2401/1990

In materia di simulazione il principio di prova scritta, che ai sensi dell'art. 2724 n. 1 c.c. consente eccezionalmente la prova per testi, deve consistere in uno scritto proveniente dalla persona contro la quale è diretta, diverso dalla scrittura le cui risultanze si intendono sovvertire con la prova testimoniale e contenente un qualche riferimento al patto che si deduce in contrasto con il documento, tale da lasciare argomentare che l'asserzione della parte circa la circostanza da provare abbia un qualche fondamento di veridicità; non può pertanto desumersi un principio di prova scritta dallo stesso atto impugnato per simulazione, nessun riferimento o collegamento logico ricorrendo, in contrasto con il documento, tra il negozio asseritamente simulato e quello sottostante.

Poiché il principio di prova scritta idoneo a rendere ammissibile la prova testimoniale può essere fornito anche dalle risposte date dalla parte in sede di interrogatorio formale attesa la relativa verbalizzazione e sottoscrizione, è ammissibile la prova testimoniale della simulazione tra le parti quando le dichiarazioni rese dall'interessato nell'interrogatorio siano state tali da far apparire verosimile la simulazione, e quindi di fornire un principio di prova, purché esse siano state prestate dal medesimo soggetto nei cui confronti la domanda è diretta ed al quale si oppongono, o da un suo rappresentante, restando quelle rese da un qualsiasi altro soggetto del rapporto processuale, terzo rispetto alla specifica pretesa fatta valere, prive di ogni valore probatorio.

Cass. civ. n. 1811/1990

Con riguardo ad immobili, il cui acquisto si pretenda effettuato per interposta persona, l'accertamento del diritto di proprietà sugli immobili stessi, in favore del soggetto che assuma di essere il beneficiario effettivo del rapporto, non può prescindere dall'esistenza di una manifestazione scritta della volontà di assunzione dell'obbligo di ritrasferimento da parte dell'acquirente interposto. E tale scrittura non può essere sostituita né — ove esistente — può esserne provato il contenuto attraverso la prova per testi o per presunzioni, neppure sostenendosi l'illiceità dell'acquisto della persona interposta, sotto il profilo della frode fiscale ed invocando, perciò, la libertà di prove di cui all'art. 1417 c.c., poiché questa ultima disposizione concerne soltanto la simulazione.

Cass. civ. n. 5550/1989

In tema di compravendita di immobile la prova della interposizione fittizia — che si ha quando la proprietà del bene viene simultaneamente intestata a persona diversa dall'effettivo acquirente, con la partecipazione del venditore, il quale è consapevole che il vero compratore è un terzo, nei cui confronti assume diritti ed obblighi — è soggetta (rientrando pur sempre fra i casi di simulazione relativa) ai limiti di cui all'art. 1417 c.c., nel senso che l'accordo simulatorio deve necessariamente risultare da atto scritto, se fatto valere nei rapporti tra le parti, mentre può essere provato mediante testimoni o presunzioni solo se fatto valere da terzi o da creditori, oppure se viene dedotta l'illiceità del negozio dissimulato.

Cass. civ. n. 2976/1989

In tema di simulazione il giudice può negare l'ammissione di una prova testimoniale diretta ad accertare un fatto al quale la parte richiedente attribuisce valore presuntivo solo se ritenga che tale valore difetti, nel senso che dal fatto oggetto della prova testimoniale non può scaturire, secondo l'id quod plerumque accidit, la conseguenza presupposta, diversamente è tenuto ad ammettere la prova, onde porre successivamente i risultati di essa in raffronto con le altre presunzioni acquisite al processo, al fine di effettuare una valutazione globale ed unitaria di tutti gli elementi probatori, non eseguibile in base ad apprezzamenti aprioristici di elementi indizianti non ancora acquisiti e quindi ignoti nella loro reale entità.

Cass. civ. n. 2130/1988

Con riguardo ad immobile acquistato da un coniuge, la domanda proposta dall'altro coniuge, per far valere la simulazione relativa, in relazione ad un dedotto patto di intestazione del bene ad entrambi, non può essere basata su preliminare di vendita, nel quale i due coniugi abbiano assunto congiuntamente la qualità di promissari, dato che il relativo contratto, essendo anteriore alla vendita definitiva, non è in grado di fornire la dimostrazione documentale della controdichiarazione, la quale presuppone l'accordo simulato e quindi non può precederlo.

Cass. civ. n. 4428/1986

In tema di simulazione i limiti stabiliti dall'art. 1417 c.c. all'ammissibilità della prova per testimoni e a quella per presunzioni nei rapporti tra le parti, sono diretti a esclusiva tutela degli interessi privati, e, pertanto, possono formare oggetto di rinuncia, anche tacita, della parte interessata. Tuttavia, al fine della sussistenza di tale rinuncia, occorre che dalla condotta dell'interessato possa desumersi con assoluta certezza l'intenzione del medesimo a non opporsi all'assunzione dei mezzi istruttori vietati.

Cass. civ. n. 4071/1986

Al fine della prova della simulazione assoluta l'atto scritto è richiesto solo ad probationem per superare il divieto della prova orale contraria al contenuto del documento, e, pertanto, tale atto può essere costituito anche da una dichiarazione unilaterale di natura confessoria sottoscritta dalla parte che abbia interesse contrario all'accertamento della simulazione, dovendosi dimostrare soltanto che le parti non hanno voluto concludere il contratto apparente, e non anche, come nel caso di simulazione relativa, che abbiano inteso concludere un contratto diverso per il quale potrebbe essere richiesta la forma scritta ad substantiam.

Cass. civ. n. 3210/1986

La prova della simulazione si atteggia in modo differente a seconda che si tratti di rapporti verso i terzi o i creditori. Infatti, se la domanda di simulazione è proposta da creditori o da terzi, che, estranei al contratto, non sono in grado di procurarsi la prova scritta, la prova per testi e per presunzioni della simulazione non trova alcun limite; invece, se la domanda è proposta da una delle parti o dagli eredi delle medesime, la dimostrazione della simulazione incontra gli stessi limiti della prova testimoniale, per cui, se il contratto simulato è stato redatto per iscritto, la prova per testi e per presunzioni non può essere ammessa contro il contenuto del documento, perché le parti hanno la possibilità e l'onere di munirsi delle controdichiarazioni scritte, salvo che la prova sia diretta a fare valere l'illiceità del contratto dissimulato nel qual caso la prova per testi e per presunzioni non incontra limite neanche tra le parti.

Cass. civ. n. 850/1986

In tema di prova della simulazione di un negozio soggetto alla forma scritta ad substantiam, quando l'azione sia proposta da una delle parti o dai rispettivi eredi, occorre distinguere tra simulazione assoluta e simulazione relativa, in quanto, mentre nel caso di simulazione assoluta, la relativa prova soggiace alle normali limitazioni legali, e, in particolare, al divieto di prova testimoniale e a quella per presunzioni, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 2724 c.c., formando oggetto della prova non il negozio formale, ma l'inesistenza dello stesso, invece, nel caso di simulazione relativa, venendo in considerazione l'esistenza e validità del negozio dissimulato, la dimostrazione della simulazione incontra i più rigorosi limiti stabiliti all'ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni dall'art. 2725 c.c., secondo cui la prova testimoniale di un negozio per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem è consentita soltanto nell'ipotesi di smarrimento incolpevole del documento contemplata nell'art. 2724, n. 3 c.c.

Cass. civ. n. 4453/1985

In caso d'interposizione fittizia del compratore nel contratto di acquisto di un immobile e di conflitto fra compratore apparente e compratore effettivo, è sufficiente, al fine di riconoscere efficacia fra le parti al contratto dissimulato, un documento ricognitivo sottoscritto dalle indicate parti in conflitto (nella specie, convenzione tra coniugi in ordine alle conseguenze del loro divorzio), restando l'accertamento del concorso del terzo partecipante alla simulazione (venditore) affidato ad altri mezzi di prova, compresa la confessione — anche stragiudiziale — del terzo stesso.

Cass. civ. n. 4387/1985

In tema di simulazione, il divieto generale, in presenza di contratto redatto per iscritto, del ricorso alla prova per testimoni (e quindi anche a quella per presunzioni in virtù del richiamo di cui all'art. 2729, secondo comma, c.c.), opera solo nei rapporti tra le parti contraenti (e sempreché non sia dedotta l'illiceità del contratto dissimulato) e non già nei confronti dei terzi (art. 1417 c.c.). Di conseguenza, ove sia fatta valere da chi non è parte la nullità del contratto dissimulato (in quanto integrante, nella specie, un mutuo con patto commissorio), non è necessaria una controdichiarazione scritta per dimostrare l'accordo simulatorio essendo consentito al giudice del merito di utilizzare lo strumento probatorio costituito dalla prova indiziaria e presuntiva, che è d'altronde il mezzo di prova costituente la regola in materia di simulazione, data la natura della controversia.

Cass. civ. n. 2790/1985

Nel giudizio di simulazione, il giudice può legittimamente far ricorso a presunzioni che possono essere tratte da qualsiasi fonte probatoria — non sussistendo alcun limite al potere d'indagine del giudice, il quale può trarre elementi di convincimento da qualsiasi atto del processo, compreso lo stesso atto impugnato di simulazione — dalla quale siano ricavabili elementi gravi, precisi e concordanti. Non è sufficiente a dimostrare l'inesistenza della simulazione l'esecuzione del contratto simulato, esecuzione che invece può ben costituire uno dei mezzi per nascondere all'esterno l'accordo simulatorio.

Cass. civ. n. 768/1985

La simulazione totale o parziale del contratto per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam può essere provata dai contraenti contro i terzi soltanto per mezzo di controdichiarazione, che deve essere anteriore o coeva all'atto e la cui data, quindi, deve essere certa ai sensi dell'art. 2704 c.c.

Cass. civ. n. 5405/1984

Con riguardo ad un contratto, preliminare o definitivo, di compravendita, avente ad oggetto cioè il trasferimento di un bene dietro corrispettivo di un prezzo, la circostanza che il prezzo medesimo sia stato regolato, anziché con versamento della relativa somma, mediante estinzione di un debito del venditore, configura un fatto storico, esterno al contratto stesso e non incidente sui suoi elementi costitutivi. La prova per testi o presunzioni di detta circostanza, pertanto, non traducendosi nella prova della simulazione della compravendita, non è soggetta alle disposizioni in tema di simulazione dell'art. 1417 cod. civ.

Cass. civ. n. 4275/1984

In tema di simulazione di atto redatto per iscritto (che una parte fa valere nei confronti dell'altra) opera, riguardo alla prova testimoniale (e perciò, in forza dell'art. 2729, comma secondo, c.c., anche rispetto a quella presuntiva), ove non sia dedotta l'illiceità del contratto dissimulato, il divieto generale posto dall'art. 2722 (salve le tassative eccezioni previste) in ordine ai patti aggiuntivi o contrari al contenuto di un documento ed anteriori o contemporanei ad esso, poiché si tratta in tal caso di dimostrare l'esistenza di un patto, l'accordo simulatorio, contrario al contenuto dell'atto scritto e necessariamente anteriore o contemporaneo all'atto medesimo.

Cass. civ. n. 5792/1981

A norma dell'art. 1417 c.c. fra le parti del negozio che si assume simulato, la prova delle controdichiarazioni — fra le quali rientrano i patti di cui all'art. 2722 c.c. — può essere ammessa in tutti i casi elencati dall'art. 2724 dello stesso codice.

Cass. civ. n. 2040/1978

Il principio in base al quale la prova della simulazione può essere data anche con testimoni, e senza limitazione alcuna, qualora la domanda sia proposta dal terzo (art. 1417 c.c.), non soffre deroga per il caso di azione di simulazione di vendita immobiliare, per interposizione fittizia di persona, perché con tale azione il terzo tende a fare emergere la vera identità dell'acquirente, rendendo inefficace nei suoi confronti il contratto simulato, e non, quindi, a conseguire a suo favore un trasferimento del bene, diverso da quello effettivamente voluto dalle parti.

Cass. civ. n. 1362/1975

L'accordo simulatorio deve esistere al momento della stipula del negozio simulato, nel quale soltanto la simulazione si realizza, sicché il documento che rivela l'accordo, se è anteriore, non giova se non sotto il profilo della rilevazione anticipata del proposito da attuare in futuro; e se posteriore, non può che assumere un valore meramente narrativo e confessorio dell'accaduto, perché proviene dalle stesse parti che hanno fittiziamente negoziato.

Cass. civ. n. 2133/1974

In tema di prova della simulazione inter partes la legge, mentre vieta la prova per testi, tranne per determinati casi — quelli previsti dall'art. 2724 c.c. e quelli in cui, ai sensi dell'art. 1417 c.c., la prova sia diretta a far valere l'illiceità del contratto — nonché la prova per presunzioni (art. 2729, secondo comma, c.c.), non contiene invece alcuna disposizione che vieti l'interrogatorio formale che, in quanto diretto a provocare la confessione della parte cui è deferito, è sempre ammissibile, purché verta su circostanze concludenti ed influenti, non abbia per oggetto negozi per i quali sia richiesto l'atto scritto ad substantiam, e non sia in contrasto con gli atti di causa, sì da apparire dilatorio o defatigatorio. Ed anche con riguardo ai contratti relativi a trasferimenti immobiliari richiedenti quindi la forma scritta ad substantiam, deve pur sempre considerarsi ammissibile l'interrogatorio formale inteso a provocare la confessione circa la simulazione del contratto e non la sussistenza di esso.

Cass. civ. n. 2260/1973

La limitazione in ordine al regime della prova della simulazione tra i contraenti, prevista dall'art. 1417 c.c., è operante solo allorquando, vigendo tra le parti un unico contratto, uno dei contraenti pretenda, mediante semplici presunzioni, postulare la sussistenza di un contratto dissimulato sotto la veste del contratto apparentemente concluso. Non ricorre tale limitazione — e si è fuori del campo della simulazione — allorché, in presenza di due contratti riflettenti il medesimo oggetto, occorra stabilire quale dei due sia quello vero e reale.

Cass. civ. n. 1746/1973

Ai fini dell'indagine sulla simulazione, le risultanze dell'atto pubblico non sono decisive, perché la sua efficacia probatoria riguarda la provenienza delle dichiarazioni e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza, e non l'intrinseca verità e la sincerità delle dichiarazioni, né la rispondenza dei fatti alla vera intenzione delle parti. La conformità al loro reale interno volere di tali manifestazioni di volontà può, quindi, essere contrastata con ogni mezzo di prova nei casi contemplati dall'art. 1417 c.c., ivi compresa la prova per presunzioni. Ne consegue che, qualora un creditore abbia fornito la prova di un complesso di circostanze indiziarie tali da convincere (considerate coordinatamente e nel loro insieme) che le parti in realtà non hanno voluto concludere alcun contratto, ma ne hanno voluto soltanto creare l'apparenza, tanto basta perché la simulazione assoluta debba ritenersi provata, e perciò non occorre dimostrare ulteriormente che sono simulati anche quegli atti che, come il pagamento del prezzo, costituiscono esecuzione del contratto: la prova della loro simulazione è infatti implicita in quella della simulazione del contratto stesso, provata la quale deve ritenersi che gli atti in parola altro non siano se non elementi della messa in scena con cui le parti hanno tentato di rendere credibile il loro infingimento.

Cass. civ. n. 320/1973

La prova per testi può essere dedotta, senza l'osservazione del limite di valore di cui all'art. 2721 c.c., da chi è stato parte dell'atto impugnato per simulazione da un terzo, sempre che non sia diretta a dimostrare la simulazione, ma a resistere all'impugnativa del terzo.

Cass. civ. n. 1677/1972

Nei rapporti interni fra le parti contraenti la prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti soltanto se la domanda sia diretta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato; il che presuppone la ricorrenza dell'ipotesi di una simulazione relativa e non già assoluta.

Cass. civ. n. 2153/1971

In tema di simulazione, la controdichiarazione è un atto di riconoscimento diretto a far constatare l'inesistenza del contratto oppure la esistenza di un contratto diverso da quello apparente ed è preordinata dalle parti a garanzia delle loro rispettive posizioni giuridiche. La sua funzione è tipicamente probatoria, perché diretta ad attestare (con dichiarazione cosiddetta rappresentativa) la realtà del rapporto negoziale in totale o parziale contrasto con quanto risulta dall'atto palese, di cui svela la difformità da quello che è stato l'effettivo volere delle parti.

Cass. civ. n. 2762/1970

La prova della simulazione di un negozio in forma scritta, anche se tale forma non sia richiesta dalla legge ad substantiam, nei rapporti fra le parti non può essere fornita mediante testimoni o presunzioni. Peraltro, le restrizioni all'ammissione della prova per testimoni della simulazione (e quindi anche dell'ammissione delle presunzioni) tra le parti contraenti non operano qualora si delinei un interesse pubblico prevalente su quello che può avere determinato tali restrizioni, qual è l'interesse alla scoperta e alla repressione dell'illecito contenuto nella convenzione dissimulata. Ma poiché la ragione essenziale della disposizione meno rigorosa in tema di prova della simulazione tra contraenti è l'eliminazione, nell'interesse generale, degli atti fittiziamente posti in essere in frode alla legge, il contraente interessato può essere ammesso alla prova per testimoni o per presunzioni soltanto quando abbia dimostrato che l'atto impugnato costituì il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa; mentre non basta la semplice allegazione dell'intento di frodare la legge, rimanendo, in tal caso, la prova della simulazione soggetta alle normali limitazioni.

Cass. civ. n. 2543/1970

La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza alcun limite, anche tra le parti, qualora sia diretta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato o anche di una sola clausola dissimulata del contratto.

Cass. civ. n. 3999/1969

La prova della simulazione non deve necessariamente preesistere al processo, ma può essere acquisita attraverso gli atti dello stesso processo. Attraverso le risposte date dall'interessato in sede di interrogatorio, può essere utilmente acquisita sia la prova piena della simulazione, se in riguardo ad essa si ha confessione piena e completa, sia un principio di prova, se le risposte sono soltanto tali da rendere verosimile la simulazione, con la conseguenza di rendere ammissibile la prova testimoniale in deroga al normale divieto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1417 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. T. chiede
domenica 13/10/2024
“Buonasera, in famiglia siamo tre sorelle, mio padre ha intestato l'attività commerciale (abbigliamento pelletteria ecc) dal 1991 al 2001, con chiusura finale dell'attività alla figlia maggiore, senza stipulare un patto di famiglia o un anticipo di donazione, con la promessa che ci avrebbe dato un corrispettivo ad ognuna di noi, cosa che non è mai avvenuta. Nel 2005 quando è venuto a mancare mio padre, è stata solamente presentata la successione per la sua prima casa. Essendosi comportata male la sorella maggiore nei nostri confronti, vorrei chiedere a tutt'oggi se possibile chiedere 1/3 del valore che lei ha usufruito gestendo l'attività molto profigua. Oltre al problema dell'attività, ritrovando l'atto notarile dell'acquisto dell'immobile di mio padre, lui stesso ha trascritto una dichiarazione nell'atto di compravendita che l'immobile era stato acquistato dai suoi risparmi (cosa scoperta ultimamente). Però la sorella maggiore nel momento della successione anno 2006 ci ha illuso dicendoci che la proprietà era stata acquistata con i suoi soldi ma intestata a nostro padre per non denunciare la seconda casa. Noi bonariamente le abbiamo creduto e stipulato un atto di vendita con assegni di 30 mila euro cadauno mai versati (strappati). A tutt'oggi possiamo chiedere questi assegni avendo ancora le matricole e l'intestazione della banca da cui sono stati emessi? Tutto ciò dichiarato è documentato da conti bancari, assegni, atti notarali ecc in originali”
Consulenza legale i 17/10/2024
Ogni tentativo per cercare di recuperare tutto ciò di cui la sorella sembra essersi fraudolentemente e indebitamente appropriata sarebbe, purtroppo, vano.
Ciò vale sia per il trasferimento, presumibilmente dissimulante una donazione, dal padre alla figlia dell’attività commerciale (peraltro chiusa ormai da diversi anni), sia per la vendita, anch’essa simulata ed a seguito della morte del padre, dell’unico immobile caduto in successione (per effetto della quale sempre la sorella si è assicurata la proprietà esclusiva di quell’immobile).

Per ciò che concerne il trasferimento dell’attività commerciale, sarebbe stato necessario agire in giudizio contro la sorella per far valere la simulazione di quel trasferimento e conseguentemente agire, sussistendone i presupposti (ovvero in caso di lesione di legittima), in riduzione.
Si dice “sarebbe stato necessario” in quanto ormai, a distanza di ben diciannove anni dalla morte del padre, risulta prescritta ogni azione giudiziaria.

Si tenga presente, infatti, che secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, nel caso in cui la declaratoria di simulazione sia richiesta per far valere il diritto alla quota di riserva, in funzione della riduzione della donazione che si asserisce dissimulata, il termine prescrizionale di dieci anni decorre dalla data di apertura della successione.
Qualora, invece, l’azione di simulazione sia preordinata all’acquisizione del bene oggetto di donazione alla massa ereditaria, con conseguente obbligo di collazione per i soggetti a ciò tenuti per legge, con successiva determinazione delle quote dei condividenti e senza che sia addotta alcuna lesione della quota riservata, il termine prescrizionale dell’azione di simulazione si fa decorrere dal compimento dell’atto che si ritiene essere simulato, poiché in tale caso l’attore, che esercita l’azione di simulazione, non è terzo ma subentra nella posizione del de cuius.

Per quanto concerne, invece, l’intenzione di far valere la simulazione del negozio di trasferimento a titolo oneroso delle quote di comproprietà sull’immobile caduto in successione in favore della sorella, anche in questo caso non sussistono i presupposti per avviare un’azione giudiziaria, e ciò per le seguenti ragioni.
Innanzitutto nessuna pretesa può essere avanzata nei confronti dell’istituto di credito sul quale sono stati tratti gli assegni, in quanto l’obbligo di conservazione non può superare il termine di dieci anni.
In tal senso si argomenta sia dall’art. 119 n. 4 del Testo unico bancario sia dall’art. 2220 del c.c..
In secondo luogo, trattandosi di far valere la simulazione relativa di quel negozio di trasferimento, vale quanto disposto dall’art. 1417 del c.c., dalla cui lettura si ricava che, di regola, alle parti di un contratto simulato è precluso il ricorso ai testimoni, implicando la simulazione la prova di un documento (c.d. controscrittura), di contenuto contrario al contratto simulato, la cui formazione è anteriore o contemporanea a quella dello stesso negozio apparente (cfr. artt. 2722 e 2729 comma 2 c.c.).

Ciò che caratterizza la simulazione, infatti, è proprio il c.d. accordo simulatorio, ossia l’intesa tra i simulanti, destinata nelle loro intenzioni a restare riservata, che il contratto ufficiale (simulato) da questi ultimi stipulato è puramente fittizio e, pertanto, inidoneo a realizzare gli effetti cui appare preordinato (in questo caso scambio delle quote di immobile verso corrispettivo), cosicchè la situazione giuridica che dovrebbe sorgere per effetto di quel contratto è solo apparente, mentre la situazione giuridica reale è quella risultante dall’accordo dissimulato, della cui esistenza occorre fornire prova documentale.

In conclusione, si sconsiglia di intraprendere qualunque azione giudiziaria volta a riequilibrare una situazione successoria ormai del tutto consolidata, sia per mancanza di elementi probatori di cui potersi avvalere sia perché ormai risultano abbondantemente trascorsi i termini per agire in giudizio.


M. D. A. chiede
martedì 19/04/2022 - Emilia-Romagna
“Buongiorno, avrei bisogno di una nuova consulenza, si tratta di un'eredità e della possibilità di subire un'azione di riduzione per un immobile che in realtà ho acquistato, per la nuda proprietà, di accordo con mio padre che ha acquistato l'usufrutto. Mio fratello sostiene che si tratta di una donazione, l'importo è stato corrisposto per contanti al costruttore, idem mio padre, per l'usufrutto. Secondo Lei è possibile subire tale azione? Può essere utile inviarle l'atto? Tale atto è stato redatto nell'aprile del 2006,prima della legge Bersani, quando non era obbligatoria la tracciabilità. Suppongo che avete bisogno di consultare l'atto

Nell'attesa porgo i miei migliori saluti”
Consulenza legale i 25/04/2022
Nell’esperienza pratica in effetti non è infrequente fare ricorso alla simulazione di un atto di compravendita al fine di eludere le previsioni in materia di successione ereditaria, nel senso che il disponente ed il destinatario della disposizione a titolo gratuito pongono in essere una compravendita che in realtà nasconde una donazione o, quanto meno, un negozio mixtum cum donatione.
In casi come questo, tuttavia, l’erede che si ritiene leso nella sua quota di riserva non può limitarsi ad esperire direttamente l’azione di riduzione, potendo tale azione essere intrapresa soltanto dopo il preventivo e positivo esperimento dell’azione di simulazione.

Infatti, se colui che ne ha interesse non agisce dapprima in giudizio al fine di far accertare che la vendita ha simulato una donazione (c.d. accertamento negativo), ai fini ereditari l’oggetto della finta vendita, o presunta tale, rimane al di fuori dell’asse ereditario del defunto.
Ora, riuscire a provare nel caso di specie che il contratto concluso tra le parti ha simulato per la vendita dell’usufrutto un contratto a favore del terzo (ossia un’ipotesi di donazione indiretta, in cui terzo beneficiario è la figlia) non è di certo così semplice, in quanto, come correttamente viene evidenziato nel quesito, anteriormente al 2006 non sussisteva alcun obbligo di documentazione nell’atto pubblico dei titoli di pagamento, obbligo che invece è stato introdotto solo con il D.l. n. 223/2006, convertito nella Legge n. 248/2006.

Da ciò se ne deve far conseguire che l’assenza nell’atto di documentazione dei titoli di pagamento non può da alcun giudice essere considerata quale causa sufficiente per accertare in giudizio la simulazione di quell’atto, necessitando tale azione di essere supportata da validi elementi probatori, quale ad esempio può essere la documentazione bancaria dell’epoca, dal cui esame si possa far risultare il mancato passaggio di denaro dal conto della figlia a quello del venditore oppure la circostanza che l’intero prezzo della compravendita è transitato dal conto del padre a quello del venditore.

Peraltro, ai fini probatori va tenuto presente che occorre distinguere a seconda che l’azione di simulazione venga esperita prima o dopo la morte del presunto donante.
Infatti, se viene esperita prima vale il disposto di cui all’art. 1417 c.c., il quale consente a soggetti terzi, quale può essere un altro figlio, interessato ad accertare la donazione, la prova senza alcun limite (e, dunque, anche per testimoni), mentre se l’azione dovesse essere proposta dalla stessa parte stipulante l’atto (ad esempio il padre finto donante, il quale potrebbe un giorno avere interesse a far risultare la vera causa donativa di quell’atto), questa incontrerebbe i limiti probatori di diritto processuale, essendo necessariamente richiesta la prova della c.d. controdichiarazione (non sarebbe, invece, ammessa la prova a mezzi testi, per presunzioni o a mezzo interrogatorio formale).

Se, invece, l’azione di simulazione viene esperita dopo la morte del presunto donante dai suoi eredi, questi non possono essere considerati terzi rispetto alle originarie parti del negozio simulato e, pertanto, il figlio, che lamenta di aver subito un pregiudizio da quell’atto assuntamente ritenuto a titolo gratuito, non può avvalersi della prova testimoniale, ma soggiace alle limitazioni che la legge prevede per la prova della simulazione tra le parti.

In particolare, l’erede, in quanto non riveste la posizione di terzo, non potrà avvalersi della prova per presunzioni, prova che gli consentirebbe senza alcun dubbio di raggiungere molto più agevolmente il suo obiettivo.
Si tenga presente, infatti, che la giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, ha individuato nel tempo una serie di elementi presuntivi dai quali può desumersi l’esistenza di una donazione dissimulata in una compravendita, quali ad esempio: lo stretto legame di parentela fra venditore ed acquirente, la presenza di due testimoni nell’atto di compravendita (ovvero in un atto che non rientra fra quelli per la cui validità è richiesta la presenza dei testimoni ai sensi dell’articolo 48 della legge 16 febbraio 1913 n. 89), la convivenza fra le parti soprattutto quando questa continua anche successivamente alla stipula del contratto di vendita restando così immutata la situazione di fatto, la riserva di usufrutto da parte del venditore.

Ebbene, quanto sopra dedotto lascia pensare che, in casi come quello in esame, chi decide di agire in riduzione dovrebbe ben ponderare le difficoltà probatorie a cui si troverebbe costretto ad andare incontro, non potendo avvalersi degli elementi presuntivi a cui sopra si è fatto riferimento né della prova per testimoni.
L’unico mezzo di prova a cui dovrebbe affidare la sua azione è quello derivante dalle movimentazioni bancarie del presunto donante e della sorella, movimentazioni che sicuramente non riuscirebbe ad acquisire con molta facilità, considerato che occorrerebbe risalire ad un periodo superiore a dieci anni (l’atto notarile è del 2006).
Inoltre, a rendere ancora meno convincente la sua tesi vi sarebbe un altro elemento indiziario che sicuramente balzerebbe agli occhi del giudice chiamato a giudicare, ovvero il fatto che nell’atto di compravendita il notaio non ha richiesto l’intervento dei testimoni, il che lascia pensare che effettivamente le parti dell’atto non hanno voluto celare alcun intento donativo nascosto.

Aron S. chiede
venerdì 16/04/2021 - Lombardia
“Spett.le Brocardi, vi pongo, per nome e per conto di mia zia, un quesito legale riguardo ad un atto di compravendita.
La vicenda si contestualizza nel 2017, anno in cui è stato stipulato un atto di compravendita relativo alla piena proprietà della quota di 1/3 di un immobile.
La parte da me qui rappresentata, agiva in qualità di acquirente.
Motivo dell'atto, la regolarizzazione fra parenti di un lascito ereditario senza testamento.
L'accordo sottostante l'atto era fondato sulla donazione spontanea della quota detenuta della parte venditrice, tramutata su consiglio del Notaio in atto di compravendita, fissando un prezzo transattivo al minimo valore catastale pari ad Eur 30.000 e da pagarsi entro il 31 dicembre 2018 mediante assegni bancari non trasferibili o modalità concordate tra le parti.
L'atto notarile viene arricchito di una clausola del seguente tenore :
"Ai sensi della tutela dei terzi si pattuisce che, decorsi centottanta giorni dalla detta data (31.12.2018), ove non risultasse nessuna trascrizione di citazione per inadempimento da parte dei venditori nei confronti degli acquirenti, si intenderà che detta somma è stata interamente pagata e che la parte acquirente null'altro dovrà alla parte venditrice."
Nulla ad oggi è stato mai versato a favore della parte venditrice, in forza degli accordi pregressi e sottostanti.
A giugno 2019, tramite legale di fiducia la parte venditrice reclama il pagamento del corrispettivo pattuito, adducendo ai termini temporali espressi dalla clausola di cui sopra. La parte acquirente rigetta le pretese perché in contrasto con i pregressi accordi verbali.
A fine giugno 2019, la parte venditrice invia alla parte acquirente una raccomandata che rimane a tutt'oggi in giacenza.
A settembre 2019, la parte venditrice compare in udienza avanti al Giudice e in contumacia della parte acquirente. È del tutto probabile quindi che la parte acquirente abbia esperito un decreto ingiuntivo contro la parte acquirente.
È notizia del 5 aprile u.s. il pignoramento della liquidità presente sul c/c intestato alla parte acquirente da parte del legale di fiducia della parte venditrice.
Giunge quindi alla parte acquirente notizia della possibilità di opposizione entro il 5 maggio p.v.
Tutto ciò premesso e descritto, si rileva che a far data di oggi, non risulta alcuna trascrizione sull'immobile in possesso della parte acquirente.
Il quesito che si vi pone è dunque di sapere se le pretese odierne della parte acquirente siano lecite, in tutto o solo in parte, in forza della clausola sottoscritta e in assenza della trascrizione sull'immobile in oggetto. In caso contrario, può considerarsi la parte acquirente libera da ogni debito e pretesa della parte acquirente ?
Inoltre, quali sono gli adempimenti da attuare per proporre opposizione al pignoramento ?
I documenti della vicenda vi sono inviati nella successiva comunicazione.
Con i più stimati e cordiali saluti

Consulenza legale i 22/04/2021
Il caso esposto nel quesito rientra nelle ipotesi di simulazione relativa, in quanto intenzione delle parti era quella di far apparire all’esterno un negozio giuridico diverso da quello realmente dovuto, ovvero la compravendita in luogo della donazione (si parla di vendita fittizia).
Norma di riferimento per tali casi è l’art. 1414 del c.c., il cui secondo comma ammette che il contratto dissimulato (cioè la donazione) possa avere effetto tra le parti purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma.

Ai requisiti di sostanza si riferisce l’art. 1346 del c.c., richiedendo che l’oggetto del contratto sia possibile, lecito, determinato o determinabile.
I requisiti di forma, invece, si concretizzano nella specifica forma che la legge impone per la validità di alcune particolari fattispecie contrattuali; nel caso specifico della donazione vengono in rilievo non soltanto l’art. 782 del c.c. (il quale richiede il rispetto, a pena di nullità, della forma dell’atto pubblico), ma anche gli artt. 47 e 48 della Legge notarile (Legge 16.02.1913 n. 89), i quali, ai fini della validità della donazione, dispongono la necessità della presenza, al momento della stipula dell’atto di donazione, non soltanto delle parti, ma anche di due testimoni.

A tal proposito va citata la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. II civile, n. 14799 del 30/06/2014, in cui viene precisato che “Ai sensi dell'art. 48 della legge notarile, per la validità della donazione, è necessaria l'assistenza di due testimoni, alla mancanza dei quali non può supplire neanche la prestazione del giuramento decisorio”.

Ora, nel caso di specie, leggendo l’atto di compravendita che è stato allegato alla richiesta di consulenza, si evince che a tale atto non sono stati fatti intervenire i testimoni, il che già pone un primo ostacolo al fine di poter invocare l’accordo simulatorio intercorso tra le parti, in quanto la compravendita conclusa dalle parti (atto simulato) non possiede tutti i requisiti di forma previsti per la donazione (atto dissimulato).
Stando così le cose, la situazione di apparenza può essere fatta valere mediante l’esperimento in giudizio di una specifica azione, volta ad ottenere l’accertamento dell’avvenuta simulazione con contestuale richiesta di accertamento e dichiarazione di nullità dell’atto di donazione per mancanza dei requisiti di forma richiesti dalla legge, ossia la presenza dei testimoni (si ricorda che per Cass. n. 7682 del 18/08/1997 tale azione, essendo volta a far valere la nullità del contratto, non è soggetta a prescrizione).

E’ qui, però, che si pone un ulteriore ostacolo, discendente questa volta dall’art. 1417 c.c., il quale riconosce soltanto in favore di creditori e terzi la possibilità di fare ricorso ai testimoni per provare senza alcun limite la simulazione intercorsa tra le parti contrattuali.
Da ciò se ne deduce che tra le parti la prova della simulazione può essere fornita soltanto attraverso documenti, ossia con la c.d. controdichiarazione che nasconde il patto reale e che, nel caso di specie, sembra non sussistere.

Tale situazione, ossia mancanza dei testimoni nell’atto di vendita e assenza di una controdichiarazione scritta, si ritiene che ponga la parte compratrice nella impossibilità giuridica di dar prova di quella che era la reale intenzione delle parti, ossia di realizzare un trasferimento a titolo gratuito, celato dall’accordo di un pagamento dilazionato del prezzo, a cui le parti in realtà non avrebbero mai dovuto dare attuazione.
Dell’assenza di alcun indizio di prova in tal senso si è indubbiamente voluta profittare la parte venditrice, la quale ha dato corso alla procedura monitoria ed a tutti gli atti successivi che, a seguito del positivo esperimento della stessa, sono stati posti in essere (il pignoramento presso terzi costituisce l’ultimo di tali atti).

A questo punto sembra più che legittimo chiedersi che valore possa avere la clausola riportata nel quesito e che il notaio ha voluto inserire nell’atto di compravendita.
Si ritiene che una clausola di tale tipo non valga ad esonerare il compratore dal pagamento del corrispettivo, con conseguente perdita del diritto da parte del venditore di riscuotere il proprio credito, ma che debba, piuttosto intendersi posta a tutela di eventuali terzi, come si evince dalla parte inziale della stessa in cui è detto “Ai sensi della tutela dei terzi…”.
In buona sostanza, l’avveramento della condizione ivi prevista (mancata trascrizione entro 180 gg. dal 31.12.2018 dell’atto di citazione avente ad oggetto risoluzione per inadempimento) comporta, per comune accordo delle parti, la perdita del diritto di esercitare tale specifica azione, la quale potrebbe avere effetto pregiudizievoli nei confronti di eventuali terzi, ciò di cui si trova conferma all’art. 1458 del c.c..
Detto in altri termini, ciò che le parti hanno con tale clausola convenuto non è altro che una sorta di finzione di avvenuta tacitazione integrale del debito, legata ad uno specifico comportamento concludente, ma solo per la ben precisa finalità ivi prevista, ossia l’esercizio dell’azione di risoluzione per inadempimento (il tutto a tutela dei terzi).

Tale previsione contrattuale, invece, non può intendersi come perdita anche del diritto della parte venditrice di pretendere l’adempimento della prestazione che, seppure fittiziamente, è stata pattuita in tale contratto.
E’ proprio per tale ragione che la stessa parte venditrice, approfittando chiaramente della posizione di favore in cui si è venuta a trovare, si è decisa a ricorrere al procedimento monitorio, per mezzo del quale le è risultato fin troppo facile ottenere un decreto ingiuntivo da mettere in esecuzione, risultando da un atto pubblico titolare di un diritto di credito certo, liquido ed immediatamente esigibile (facendo correttamente precedere tale procedimento da una intimazione ad adempiere, fatta pervenire alla parte acquirente tramite legale a giugno 2019).

In un tale situazione si ritiene che vi sia ben poco da opporsi, in quanto il creditore si è regolarmente costituito un titolo (il decreto ingiuntivo esecutivo) al quale sarebbe stato possibile opporre unicamente l’esistenza della controdichiarazione di cui prima si è detto.
Pertanto, è da escludere il ricorso ad una opposizione all’esecuzione, sebbene per la sua proposizione non vi siano limiti temporali, essendo proponibile prima che l’esecuzione forzata sia ultimata (in questo caso prima del provvedimento con il quale il giudice andrà a disporre l’assegnazione delle somme pignorate).
Attraverso tale strumento processuale, infatti, è consentito essenzialmente contestare il merito del diritto di credito, ossia l’esistenza del debito o la sua entità (aspetti che, nel caso di specie, si ritengono incontestabili per assenza di alcuna prova contraria).
Ma si ritiene anche che non vi siano i presupposti per formulare una opposizione agli atti esecutivi, con la quale non si andrebbe a contestare la sostanza del diritto, ma la forma del pignoramento, il rispetto della procedura e le notifiche.
A differenza dell’opposizione all’esecuzione, l’opposizione agli atti esecutivi va avviata entro un termine perentorio, che la legge fissa in 20 giorni da quando è stato notificato al debitore il titolo esecutivo o il precetto ovvero l’atto che si assume viziato.
Nel quesito si fa riferimento ad una data del 5 aprile come giorno in cui sono state bloccate le somme sul conto corrente a seguito del pignoramento presso terzi, mentre nulla viene detto circa la data in cui tale atto esecutivo è pervenuto nella sfera di conoscenza del debitore; ad ogni modo, è da tale data che dovranno farsi decorrere i venti giorni fissati dall’art. 617 del c.p.c..

In conclusione, dunque, si è dell’idea che, purtroppo, non via siano i presupposti per opporsi alla richiesta di adempimento avanzata dal venditore, essendo di fatto questi i rischi di una vendita fittizia nei casi in cui le parti non adottino, sin dall’inizio, adeguate forme di tutela, facendo affidamento esclusivamente sul rapporto di reciproca fiducia o di parentela esistente tra le medesime.