Cass. pen. n. 33457/2023
In tema di estorsione, sussiste l'aggravante di cui all'art. 628, comma terzo, n. 3-bis, cod. pen. nel caso in cui la condotta è tenuta sia in un luogo di privata dimora, sia in altri luoghi che, isolando la vittima, siano idonei a ostacolarne la difesa.
Cass. pen. n. 40457/2023
Integra il delitto di estorsione la condotta con la quale l'agente costringe, con minacce, il coimputato di un delitto di rapina precedentemente commesso a consegnargli parte del provento illecito, posto che la provenienza da una pregressa attività criminosa commessa in concorso dell'oggetto della richiesta non esclude né l'ingiustizia del profitto, né la sussistenza del danno per la persona offesa.
Cass. pen. n. 32083/2023
In tema di estorsione, l'altrui danno, avendo necessariamente connotazione patrimoniale, comprende anche la desistenza dal tempestivo esercizio di un'azione giudiziaria finalizzata a tutelare un diritto o un interesse, posto che il patrimonio va inteso come un insieme non di beni materiali, ma di rapporti giuridici attivi e passivi aventi contenuto economico, unificati dalla legge in ragione dell'appartenenza al medesimo soggetto.
Cass. pen. n. 6683/2023
In tema di estorsione, la sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso non è esclusa dal fatto che la vittima delle minacce abbia assunto un atteggiamento "dialettico" rispetto alle ingiuste richieste, ciò non determinando il venir meno della portata intimidatoria delle stesse.
Cass. pen. n. 40803/2022
Il delitto di estorsione può concorrere con quello di illecita concorrenza con violenza o minaccia, trattandosi di fattispecie differenti, la cui diversità si misura valutando le modalità con cui si esprime l'azione violenta, posto che integra il delitto di cui all'art. 513-bis cod. pen. la condotta tesa a sovvertire il normale svolgimento delle attività imprenditoriali attraverso comportamenti violenti che incidono direttamente sul funzionamento dell'impresa, mentre si configura il delitto di estorsione nel caso in cui l'azione violenta si risolva in coazione fisica e psichica dell'imprenditore e non si traduca in una manipolazione violenta e diretta dei meccanismi di funzionamento dell'attività economica concorrente.
Cass. pen. n. 5622/2021
Si configura il reato di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, allorché il terzo incaricato dell'esazione di un credito agisca con condotta della quale sia stata accertata la finalità di agevolare anche l'attività di un'associazione di tipo mafioso, stante il perseguimento di un interesse ulteriore (che di per sé ben può avere natura non patrimoniale) rispetto al diritto illecitamente azionato.
Cass. pen. n. 15564/2021
La rapina si differenzia dall'estorsione in virtù del fatto che in essa il reo sottrae la cosa esercitando sulla vittima una violenza o una minaccia diretta e ineludibile, mentre nell'estorsione la coartazione non determina il totale annullamento della capacità del soggetto passivo di determinarsi diversamente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente qualificata alla stregua di tentata estorsione la condotta dell'imputato, il quale aveva minacciato il proprio inquilino, sparando un colpo di pistola contro il muro, affinché gli corrispondesse anticipatamente il canone di locazione dell'immobile, mediante consegna di una somma di denaro che in quel momento non aveva con sé).
Cass. pen. n. 21789/2019
In tema di estorsione, non integra il reato la condotta del datore di lavoro che, al momento dell'assunzione, prospetti agli aspiranti dipendenti l'alternativa tra la rinunzia a parte della retribuzione e la perdita dell'opportunità di lavoro, in quanto, pur sussistendo un ingiusto profitto per il primo, costituito dal conseguimento di prestazioni d'opera sottopagate, non v'è prova che l'ottenimento di un impiego rechi un danno ai lavoratori rispetto alla preesistente situazione di disoccupazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che deve invece ritenersi sussistente il reato nel caso in cui il datore di lavoro, nella fase esecutiva del contratto, corrisponda ai lavoratori, sotto minaccia della perdita del posto di lavoro, uno stipendio ridotto rispetto a quanto risultante in busta paga, essendo in tal caso evidente il danno recato ai predetti).
Cass. pen. n. 21707/2019
In tema di estorsione cd. "ambientale", integra la circostanza aggravante del metodo mafioso di cui all'art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. nella legge 12 luglio 1991, n. 203 (ora art. 416-bis.1 cod. pen.), la condotta di chi, pur senza fare uso di una esplicita minaccia, pretenda dalla persona offesa il pagamento di somme di denaro per assicurarle protezione, in un territorio notoriamente soggetto all'influsso di consorterie mafiose, senza che sia necessario che la vittima conosca l'estorsore e la sua appartenenza ad un clan determinato. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistere la circostanza aggravante nella richiesta ad un commerciante di denaro a fronte di protezione, dopo che il negozio era stato danneggiato varie volte, in un quartiere ad alta densità mafiosa).
Cass. pen. n. 17427/2019
La condotta di violenza, la quale, cumulativamente od alternativamente con quella di minaccia, costituisce il nucleo essenziale del delitto di estorsione, è in esso interamente assorbita quando non provoca alcuna lesione personale (come nel caso in cui l'agente si limiti ad immobilizzare la vittima o a percuoterla ovvero esplichi solo la violenza c.d. reale); in caso contrario, devono trovare applicazione le norme sul concorso di reati. (Fattispecie di tentata estorsione, nella quale la Corte ha ritenuto dovessero essere assorbiti i reati di percosse ascritti all'imputato).
Cass. pen. n. 17288/2019
Integra il delitto di estorsione e non quello di violenza privata la condotta consistente nel richiedere al soggetto passivo somme di denaro con la minaccia di rivelare al coniuge di quest'ultimo il pregresso rapporto extraconiugale con l'agente, in quanto condotta che, oltre a concretizzare la prospettazione di un male ingiusto, perché attinente ad aspetti della vita della persona offesa non divulgabili senza il consenso di questa, è, altresì, preordinata al conseguimento di un ingiusto profitto. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità fra le parti di una relazione di tipo familiare ai sensi dell'art. 8 CEDU, rilevante al fine di elidere il carattere di ingiustizia del profitto, attesa l'occasionalità, all'epoca dei fatti, degli incontri fra la persona offesa e l'imputata, che aveva intrapreso una nuova relazione di convivenza).
Cass. pen. n. 40899/2018
Integra il reato di estorsione l'ottenimento della rinuncia a far valere il credito conseguente all'adempimento di una prestazione contrattuale mediante l'implicita intimidazione esercitata dal debitore che, pur senza compiere atti di violenza o minaccia, abbia già esibito, al momento della costituzione del rapporto, la propria appartenenza ad un'associazione mafiosa.
Cass. pen. n. 39722/2018
Integra il delitto di tentata estorsione la condotta di chi richieda, con modalità violente o minacciose, ottenendo un rifiuto, di effettuare un pagamento con assegno post datato in quanto l'elemento dell'ingiusto profitto con altrui danno consiste nel fatto stesso che il contraente-vittima sarebbe stato costretto alla consegna della merce dietro pagamento effettuato con un titolo illegale, privo di efficacia esecutiva, in violazione della propria libertà e autonomia negoziale.
Cass. pen. n. 36928/2018
Il delitto di estorsione è configurabile quando la condotta minacciosa o violenta, anche se finalisticamente orientata al soddisfacimento di un preteso diritto, si estrinsechi nella costrizione della vittima attraverso l'annullamento della sua capacità volitiva; è, invece, configurabile il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quando un diritto giudizialmente azionabile venga soddisfatto attraverso attività violente o minatorie che non abbiano un epilogo costrittivo, ma più blandamente persuasivo.
Cass. pen. n. 34242/2018
In tema di estorsione, una pretesa contrattuale è contra ius ed integra il reato solo quando l'agente, pur avvalendosi di mezzi giuridici legittimi, li utilizzi per conseguire vantaggi estranei al rapporto giuridico controverso, perché non dovuti nell'an o nel quantum o perché finalizzati a scopi diversi o non consentiti rispetto a quelli per cui il diritto è riconosciuto o tutelato, e quindi per realizzare un profitto ingiusto. (Fattispecie nella quale è stata esclusa la ricorrenza del reato di estorsione, poiché, nella fisiologica dinamica contrattuale, entrambe le parti avevano invocato a proprio favore determinate clausole contrattuali, mirando a conseguire un vantaggio derivante proprio dall'esecuzione del contratto).
Cass. pen. n. 35428/2018
Ricorre la circostanza di cui all'art. 7 della legge 13 maggio 1991, n. 203 nel delitto di estorsione se si riscontra che la condotta minacciosa, oltre ad essere obiettivamente idonea a coartare la volontà del soggetto passivo, sia espressione di capacità persuasiva in ragione del vincolo dell'associazione mafiosa e sia, pertanto, idonea a determinare una condizione d'assoggettamento e d'omertà. (Fattispecie nella quale l'ostentazione di sicurezza d'impunità degli imputati induceva la persona offesa a non rivolgersi alle forze dell'ordine quanto all'estorsione subita).
Cass. pen. n. 23084/2018
Risponde di tentata estorsione e non di esercizio arbitrario delle proprie ragioni colui che, anziché denunziare all'autorità il presunto autore di un furto, richieda a quest'ultimo, con violenza o minacce, la restituzione delle cose rubate. (In motivazione, la Corte ha precisato che per aversi esercizio delle proprie ragioni è necessario che il soggetto agisca per esercitare un preteso diritto soggettivo e non una potestà pubblica).
Cass. pen. n. 14160/2018
Il creditore che costringa, con minaccia, il proprio debitore a vendere l'immobile in cui abita per soddisfarsi del proprio credito sul ricavato della vendita, commette il reato di estorsione e non di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in quanto non avrebbe potuto ricorre al giudice al fine di ottenere direttamente la vendita coattiva del bene del debitore insolvente.
Cass. pen. n. 44853/2017
Si configura il delitto di estorsione nella forma consumata, e non tentata, anche nel caso in cui a seguito della condotta costruttiva, la persona offesa rilasci un assegno privo di provvista ovvero emesso per un conto corrente estinto, atteso che, con la consegna, si realizzano sia l'ingiusto profitto per il prenditore, consistente nel trasferimento del diritto di ottenere il pagamento della somma rappresentata nel documento, sia il simmetrico danno per l'emittente, consistente nel divenire parte di un rapporto obbligatorio a contenuto patrimoniale in forza del quale, per effetto dell'incorporazione del credito nel titolo, l'adempimento è dovuto dietro semplice presentazione dello stesso all'incasso.
Cass. pen. n. 37896/2017
Ai fini dell'integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l'intermediario, nelle trattative per la individuazione della persona alla quale versare la somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l'interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana.
Cass. pen. n. 36115/2017
Risponde di concorso nel reato di estorsione e non di favoreggiamento personale colui che sia stato incaricato soltanto della riscossione delle somme dalla vittima, in quanto tale condotta non costituisce un "post factum" rispetto alla commissione del reato ma influisce sull'evento costitutivo dello stesso, contribuendo a conseguimento della coartazione perpetrata nei confronti della vittima e a portare così a temine la condotta delittuosa.
Cass. pen. n. 33712/2017
Integra il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la condotta minacciosa che si estrinsechi in forme di tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un preteso diritto, con la conseguenza che la coartazione dell'altrui volontà assume di per sé i caratteri dell'ingiustizia, trasformandosi in una condotta estorsiva. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che assumesse le indicate caratteristiche l'avvenuto invio alla persona offesa di una lettera minatoria, di un'arma e dei proiettili, trattandosi di una metodologia tipica di azioni poste in essere da aderenti a consorterie di tipo mafioso).
Cass. pen. n. 26235/2017
È configurabile il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nei confronti del creditore che, a fronte di un'iniziale pattuizione usuraria, contraddistinta da prestiti successivi gravati da interessi parimenti illeciti, si rivolga al debitore con violenza o minaccia per ottenerne la restituzione, a meno che risulti inequivocabilmente accertato l'intervento, prima dell'esercizio della violenza o della minaccia, di una totale novazione del rapporto tra le parti, con sostituzione, rispetto al credito originario, della pretesa della sola somma capitale ovvero di altra somma gravata da interessi legittimi.
Cass. pen. n. 11107/2017
Integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che, approfittando della situazione del mercato del lavoro a lui favorevole per la prevalenza dell'offerta sulla domanda, costringe i lavoratori, con la minaccia larvata di licenziamento, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate, in particolare consentendo a sottoscrivere buste paga attestanti il pagamento di somme maggiori rispetto a quelle effettivamente versate.
Cass. pen. n. 6824/2017
Ai fini dell'integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l'intermediario, nelle trattative per la determinazione della somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l'interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione alla stregua di concorso in estorsione della condotta dell'imputato, il quale, su sollecitazione della vittima di un furto, aveva prontamente individuato gli autori del fatto, mettendoli in contatto con la stessa, ed aveva poi provveduto alla fissazione e comunicazione a quest'ultima del prezzo del riscatto, nonché alla predisposizione di studiate modalità di rinvenimento del bene in modo che apparisse casuale).
Cass. pen. n. 4936/2017
Integra la condotta del delitto di estorsione la richiesta, rivolta da uno dei partecipanti ad un'asta giudiziaria ad un altro concorrente, di una somma di denaro come compenso per l'astensione dalla partecipazione, in quanto la prospettazione dell'esercizio del diritto di prendere parte alla gara, siccome finalizzato al conseguimento di un ingiusto profitto, assume connotazioni minacciose.
Cass. pen. n. 3934/2017
In tema di estorsione, la costrizione, che deve seguire alla violenza o minaccia, attiene all'evento del reato, mentre l'ingiusto profitto con altrui danno si atteggia a ulteriore evento, sicché si configura il solo tentativo nel caso in cui la violenza o la minaccia non raggiungano il risultato di costringere una persona al "facere" ingiunto.
Cass. pen. n. 32/2017
In tema di estorsione, integra la circostanza aggravante del c.d. metodo mafioso, prevista dall'art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. nella L. n. 203 del 1991, la condotta di chi usa implicita ma inequivoca minaccia per pretendere dalla persona offesa il pagamento di non meglio precisate somme di denaro a motivo dell'ubicazione dell'attività commerciale della medesima in un territorio sottoposto al controllo di una cosca criminale. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato l'ordinanza del riesame di annullamento parziale del provvedimento applicativo di misura custodiale per estorsione limitatamente alle circostanze aggravanti di cui agli artt. 628, comma terzo, numero 3, cod. pen. e 7 D.L. n. 152 del 1997, cit., per aver svalutato l'indicazione logistica contenuta nella frase: "Vedi che ti trovi in una zona dove devi pagare qualcosa", indirizzata dall'indagato alla persona offesa, titolare di un esercizio sito in un quartiere dominato da una nota 'ndrina).
Cass. pen. n. 53610/2016
Ai fini della distinzione tra estorsione e truffa per incusso timore di un pericolo immaginario, assume fondamentale rilievo il fatto che il male ingiusto sia percepito dalla vittima come direttamente o indirettamente proveniente dal reo, a fronte di un eventuale rifiuto della pretesa da quest'ultimo avanzata, ovvero venga percepito come proveniente da terzi, ravvisandosi nella prima di dette ipotesi l'estorsione e nella seconda la truffa. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che bene fosse stata affermata la sussistenza dell'estorsione in un caso in cui l'imputato, spacciandosi falsamente come agente di polizia, aveva indotto la vittima a versargli danaro onde evitare di dover pagare delle multe).
Cass. pen. n. 51013/2016
In tema di estorsione, si ha consumazione, e non mero tentativo allorché la cosa estorta venga consegnata dal soggetto passivo all'estorsore, e ciò anche nelle ipotesi in cui sia predisposto l'intervento della polizia giudiziaria che provveda immediatamente all'arresto del reo ed alla restituzione del bene all'avente diritto.
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Integra il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la condotta minacciosa che si estrinsechi in forme di tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un preteso diritto, con la conseguenza che la coartazione dell'altrui volontà assume di per se i caratteri dell'ingiustizia, trasformandosi in una condotta estorsiva.
Cass. pen. n. 46288/2016
Il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona e quello di estorsione, pur caratterizzati da una materialità non esattamente sovrapponibile, si distinguono in relazione all'elemento psicologico del reato in quanto nel primo, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nel secondo, invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia. (In motivazione la Corte ha precisato che l'elevata intensità o gravità della violenza o della minaccia di per sé non legittima la qualificazione del fatto ex art. 629 cod. pen. - potendo l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni essere aggravato, come l'estorsione, dall'uso di armi - ma può costituire indice sintomatico del dolo di estorsione).
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In tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ai fini della configurabilità del reato, occorre che l'autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente; tale pretesa, inoltre, deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico, e non mirare ad ottenere un qualsiasi "quid pluris", atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato.
Cass. pen. n. 32/2016
In tema di estorsione, integra la circostanza aggravante del c.d. metodo mafioso, prevista dall'art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. nella L. n. 203 del 1991, la condotta di chi usa implicita ma inequivoca minaccia per pretendere dalla persona offesa il pagamento di non meglio precisate somme di denaro a motivo dell'ubicazione dell'attività commerciale della medesima in un territorio sottoposto al controllo di una cosca criminale. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato l'ordinanza del riesame di annullamento parziale del provvedimento applicativo di misura custodiale per estorsione limitatamente alle circostanze aggravanti di cui agli artt. 628, comma terzo, numero 3, cod. pen. e 7 D.L. n. 152 del 1997, cit., per aver svalutato l'indicazione logistica contenuta nella frase: "Vedi che ti trovi in una zona dove devi pagare qualcosa", indirizzata dall'indagato alla persona offesa, titolare di un esercizio sito in un quartiere dominato da una nota 'ndrina).
Cass. pen. n. 7662/2015
Il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della vittima: ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l'ingiusto profitto dell'agente, perché tratta in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente; mentre si configura l'estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato. (Fattispecie in cui la Corte ha qualificato come estorsione la condotta dell'imputato che costringeva la vittima a farsi consegnare degli orecchini, minacciandola che avrebbe potuto rivelare al marito l'esistenza di un amante).
Cass. pen. n. 53652/2014
Per estorsione "ambientale" si intende quella particolare forma di estorsione, che viene perpetrata da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali che spadroneggiano in un determinato territorio e che è immediatamente percepita dagli abitanti di quella zona come concreta e di certa attuazione, stante la forza criminale dell'associazione di appartenenza del soggetto agente, quand'anche attuata con linguaggio e gesti criptici, a condizione che questi siano idonei ad incutere timore e a coartare la volontà della vittima.
Cass. pen. n. 31199/2014
Nel reato di estorsione, la circostanza aggravante delle più persone riunite - integrata dalla simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia - non richiede quale connotato soggettivo la consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente ad integrare l'aggravante stessa, poiché essa, concernendo le modalità dell'azione, ha natura oggettiva e, conseguentemente, si comunica a tutti coloro che concorrono nel reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata laddove aveva applicato l'aggravante in questione ai concorrenti morali non presenti sul luogo e nel momento in cui era formulata la richiesta estorsiva).
Cass. pen. n. 25382/2014
Ai fini della sussistenza del reato di estorsione, la violenza o minaccia può essere rivolta a persona diversa dal soggetto danneggiato, al quale si richiede l'atto di disposizione patrimoniale, purché sussista l'idoneità della condotta ad influire sulla volontà di quest'ultimo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva ravvisato il delitto di tentata estorsione a carico di imputato il quale aveva posto in essere condotte minatorie nei confronti del capo operaio di un'impresa edile in condizione di influire sulle determinazioni del gestore della stessa al fine di farsi assumere).
Cass. pen. n. 7555/2014
In tema di estorsione, le diverse condotte di violenza o minaccia poste in essere per procurarsi un ingiusto profitto senza riuscire a conseguirlo costituiscono autonomi tentativi di estorsione, unificabili con il vincolo della continuazione, quando singolarmente considerate in relazione alle circostanze del caso concreto e, in particolare, alle modalità di realizzazione e soprattutto all'elemento temporale, appaiano dotate di una propria completa individualità; si ha, invece, un unico tentativo di estorsione, pur in presenza di molteplici atti di minaccia, allorché gli stessi siano sorretti da un'unica e continua determinazione, che non registri sul piano della volontà interruzioni, desistenze o quant'altro.
Cass. pen. n. 2907/2014
In tema di estorsione, la circostanza aggravante di cui all'art. 7 del D.L. n. 152 del 1991, convertito nella legge n. 203 del 1991, può concorrere con quella di cui all'art. 628, comma terzo, n.3, cod. pen., richiamata dall'art. 629, comma secondo, cod. pen., essendo le stesse ancorate a presupposti fattuali differenti: la prima, infatti, presuppone l'accertamento che la condotta di reato sia stata commessa con modalità di tipo mafioso, pur non essendo necessario che l'agente appartenga al sodalizio criminale, mentre la seconda si riferisce alla provenienza della violenza o minaccia da soggetto appartenente ad associazione mafiosa, senza la necessità di accertare in concreto le modalità di esercizio di tali violenza o minaccia né che esse siano attuate utilizzando la forza intimidatrice derivante dall'appartenenza alla associazione mafiosa.
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Il rinvio operato dal secondo comma dell'art. 629 cod. pen. all'ultimo comma dell'art. 628 cod. pen., quanto alle circostanze aggravanti applicabili al delitto di estorsione, deve qualificarsi di natura formale o dinamica, e deve intendersi riferito, dopo le modifiche apportate dalla legge n. 94 del 15 luglio 2009, all'attuale terzo comma della disposizione normativa prevista per il delitto di rapina. (In motivazione la Corte ha precisato che le esigenze di mantenimento della coerenza del sistema repressivo, alle quali è funzionale lo strumento del rinvio formale o dinamico, impongono l'adeguamento della disposizione del comma secondo dell'art. 629 cod. pen. ed il riferimento all'attuale terzo comma dell'art. 628 cod. pen., norma alla quale "puntava" il testo precedente alla riforma del 2009).
Cass. pen. n. 48461/2013
Nell'estorsione patrimoniale, che si realizza quando al soggetto passivo sia imposto di porsi in rapporto negoziale di natura patrimoniale con l'agente o con altri soggetti, l'elemento dell'ingiusto profitto con altrui danno è implicito nel fatto stesso che il contraente-vittima sia costretto al rapporto in violazione della propria autonomia negoziale, impedendogli di perseguire i propri interessi economici nel modo e nelle forme ritenute più confacenti ed opportune. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva qualificato come minaccia aggravata invece che come tentata estorsione la richiesta di assunzione di un dipendente attuata con modalità violente e minacciose di tipo mafioso).
Cass. pen. n. 41167/2013
In tema di estorsione va considerata integrata l'ipotesi tentata ed esclusa la desistenza quando la consegna della somma di denaro, costituente oggetto di una richiesta effettuata con violenza o minaccia, non abbia avuto luogo non per autonoma volontà dell'imputato, bensì per la ferma resistenza opposta dalla vittima.
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In caso di estorsione, le diverse condotte di violenza o minaccia poste in essere per procurarsi un ingiusto profitto senza riuscire a conseguirlo costituiscono autonomi tentativi di estorsione, unificabili con il vincolo della continuazione, quando singolarmente considerate in relazione alle circostanze del caso concreto e, in particolare, alle modalità di realizzazione e soprattutto all'elemento temporale, appaiano dotate di una propria completa individualità; si ha, invece, un unico tentativo di estorsione, pur in presenza di molteplici atti di minaccia, allorché gli stessi costituiscano singoli momenti di un'unica azione.
Cass. pen. n. 38964/2013
Nel reato di estorsione, integra la circostanza aggravante dell'uso del metodo mafioso l'utilizzo di un messaggio intimidatorio anche "silente", cioè privo di richiesta, qualora l'associazione abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l'avvertimento mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso a specifici comportamenti di violenza e minaccia. (Nella motivazione la sentenza fa riferimento a tre differenti forme di messaggio intimidatorio: quello esplicito e mirato, quello a forma larvata o implicita, quello con silente richiesta).
Cass. pen. n. 36365/2013
In tema di estorsione, la minaccia di adire le vie legali, pur avendo un'esteriore apparenza di legalità, può integrare l'elemento costitutivo del delitto di cui all'art 629 c.p. quando sia formulata non con l'intenzione di esercitare un diritto, ma con lo scopo di coartare l'altrui volontà e conseguire risultati non conformi a giustizia. (Fattispecie nella quale gli imputati avevano evocato vicende "inconfessabili" che sarebbero emerse nel corso di un instaurando processo civile, reclamando la corresponsione di un compenso non dovuto in cambio della mancata instaurazione di esso).
Cass. pen. n. 19230/2013
Integra il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la condotta minacciosa che esprime tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un proprio, preteso diritto, sicché la coartazione dell'altrui volontà deve ritenersi assuma "ex se" i caratteri dell'ingiustizia.
Cass. pen. n. 17574/2013
Costituisce intimidazione illegittima, idonea, come tale, ad integrare il delitto di estorsione ex art. 629 c.p., anche una minaccia dalla parvenza esteriore di legalità allorquando sia fatta, non già con l'intenzione di esercitare un diritto, ma allo scopo di coartare l'altrui volontà e di ottenere risultati non consentiti attraverso prestazioni non dovute nell'"an" o nel "quantum" o "quando", pur correlandosi ad un diritto riconosciuto e tutelato dall'ordinamento se ne realizzi, suo tramite, un distorto ed abusivo esercizio per il conseguimento di scopi "contra ius", dovendosi valutare sia l'eccedenza del mezzo rispetto allo scopo perseguito che l'eccedenza del fine perseguito rispetto alla portata del diritto esercitato. (Nella specie, la Corte ha escluso la configurabilità del reato nel caso di un imprenditore che, in una situazione di crisi della propria impresa, aveva manifestato la necessità di rinegoziare taluni contratti di appalto, prospettando, in via alternativa e in caso di mancata adesione ad un accordo, l'utilizzo in sede giudiziaria di una scrittura privata precedente dalla cui lettura si sarebbe potuta inferire l'esistenza di intese societarie atte a coinvolgere i ricorrenti in una eventuale procedura fallimentare).
Cass. pen. n. 1619/2013
In tema di estorsione, il delitto deve considerarsi consumato e non solo tentato allorché la cosa estorta venga consegnata dal soggetto passivo all'estorsore, e ciò anche nelle ipotesi in cui sia predisposto l'intervento della polizia giudiziaria che provveda immediatamente all'arresto del reo ed alla restituzione del bene all'avente diritto.
Cass. pen. n. 1228/2013
Integra i gravi indizi di colpevolezza del reato di estorsione la condotta di colui che contatti un imprenditore procurandogli un incontro con un latitante di mafia nel corso del quale lo convinca a versare una tangente, contenendo detto contatto già una intrinseca carica di coazione minacciosa che non necessita di ulteriori esternazioni di minaccia o violenza.
Cass. pen. n. 197/2012
In tema di tentata estorsione, l'idoneità ed univocità degli atti vanno valutate con giudizio "ex ante", tenendo presenti la connotazione storica del fatto, le sue effettive implicazioni in riferimento sia alla posizione dell'autore della condotta che a quella del suo interlocutore, nonché il significato del linguaggio e del messaggio alla stregua delle abitudini locali. (Nella specie l'imputato, tramite un proprio emissario, aveva dapprima manifestato ad un imprenditore edile l'intenzione di parlargli e successivamente richiesto allo stesso di telefonare, giacché, diversamente, vi sarebbe stato un incendio).
Cass. pen. n. 45930/2011
Configura il reato di estorsione la condotta dei monopolisti di fatto del servizio esternalizzato di raccolta dei rifiuti solidi urbani che esercitino pressioni sulle cooperative che illegittimamente, anche se nella tolleranza dell'ente appaltante, forniscono lavoro interinale, allo scopo di farsi consegnare somme non dovute per far assumere personale, minacciando di interrompere il predetto rapporto, a nulla rilevando che esso poteva sciogliersi in qualsiasi momento perché non "di diritto".
Cass. pen. n. 43317/2011
Integra il delitto di tentata estorsione la condotta di colui che, avendo lecitamente acquisito immagini fotografiche attinenti la vita privata di un soggetto la cui divulgazione può comportare una lesione del diritto all'identità personale, offra al medesimo la possibilità di acquistarle e così evitarne diffusione mediatica. (In motivazione la Corte ha precisato che il diritto alla diffusione a fini giornalistici delle immagini non può essere invocato come esimente per alternative forme di sfruttamento commerciale delle medesime, che non sono consentite dalle norme poste a tutela del trattamento dei dati personali).
Cass. pen. n. 40051/2011
Integrano il delitto di estorsione le violenze o minacce esercitate per ottenere il pagamento di una fornitura di sostanze stupefacenti già eseguita.
Cass. pen. n. 36906/2011
Integra il reato di estorsione, e non di truffa aggravata, la condotta di colui che con l'esibizione di un tesserino USL costringa due ristoratori ad acquistare merce (nella specie: vino) onde scongiurare future ispezioni, in quanto il male ingiusto è prospettato tramite una minaccia e non attraverso un inganno.
Cass. pen. n. 4919/2011
Integra il reato di concorso in estorsione (art. 110, 629 c.p.) - e non quello di favoreggiamento reale - la condotta di colui che garantisce la regolare percezione del 'pizzo' mensile corrisposto dalla vittima dell'estorsione, considerato che la rateizzazione del pizzo dà luogo ad un reato a consumazione prolungata o progressiva e che, in costanza di reato, qualsivoglia aiuto fornito all'autore materiale è punibile a titolo di concorso, in quanto finalizzato a tradursi in sostegno per la protrazione della condotta criminosa.
Cass. pen. n. 3101/2011
In tema di estorsione, integra l'aggravante dell'uso del metodo mafioso (art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. in legge n. 203 del 1991) la condotta di colui che prospetti l'utilizzo delle somme estorte per aiutare le famiglie di taluni carcerati; né rileva, a tal fine, la circostanza che l'esistenza dell'organizzazione criminale non sia espressa nel contesto delle richieste estorsive, in quanto il mezzo di coartazione della volontà facente ricorso al vincolo mafioso, e alla connessa condizione di assoggettamento, può esprimersi in forma indiretta, o anche per implicito.
Cass. pen. n. 44049/2010
Il delitto di estorsione si consuma esclusivamente nel momento in cui la persona offesa provvede a fare od omettere quanto richiesto dall'estortore, non essendo sufficiente a tal fine la semplice promessa di aderire alla richiesta estorsiva.
Cass. pen. n. 41359/2010
In tema di estorsione, la circostanza aggravante delle "più persone riunite" non si identifica con una generica ipotesi di concorso di persone nel reato, ma richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e nel momento in cui si realizza la violenza o la minaccia, in quanto solo in tal modo si verificano quegli effetti fisici e psichici di maggior pressione sulla vittima, che ne riducono significativamente la forza di reazione e giustificano il rilevante aumento di pena.
Cass. pen. n. 39336/2010
Integra il reato di estorsione non già l'esercizio di una generica pressione alla persuasione o la formulazione di proposte esose o ingiustificate, ma il ricorso a modalità tali da forzare la controparte a scelte in qualche modo obbligate, facendo sì che non le venga lasciata alcuna ragionevole alternativa tra il soggiacere alle altrui pretese o il subire, altrimenti, un pregiudizio diretto e immediato.
Cass. pen. n. 32412/2010
In tema di estorsione, la circostanza aggravante delle "più persone riunite" sussiste anche quando l'intervento dei concorrenti non si verifichi in un unico contesto, ma in momenti diversi, purché le diverse condotte risultino tutte parimenti finalizzate all'intimidazione della vittima.
Cass. pen. n. 28539/2010
Integra il reato di estorsione (art. 629 c.p.) - e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni - la condotta di colui che consegni effetti cambiari rimasti insoluti ad esponenti di organizzazioni mafiose, le quali, avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo, minaccino il debitore per indurlo all'adempimento, in quanto - ancorché l'elemento intenzionale sia caratterizzato nell'estorsione, diversamente dal reato di cui all'art. 393 c.p., dalla coscienza dell'agente di esercitare una pretesa non dovuta - allorché la minaccia si estrinsechi in forme di tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un proprio (preteso) diritto, la coartazione dell'altrui volontà assume ex se i caratteri dell'ingiustizia, con la conseguenza che, in tal caso, anche la minaccia tesa a far valere quel diritto si trasforma in una condotta estorsiva.
Cass. pen. n. 24367/2010
Sussiste, in tema di delitto di estorsione, la circostanza aggravante delle più persone riunite soltanto se si ha la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e nel momento in cui si realizza la violenza o la minaccia, non potendo dirsi sufficiente il fatto che la vittima percepisca che la minaccia o la violenza di un solo soggetto agente in realtà promanino da più persone.
Cass. pen. n. 24353/2010
Il reato di estorsione, qualora l'elemento dell'ingiusto profitto sia costituito dalla ricezione di effetti cambiari, si consuma con il conseguimento del possesso di detti titoli ad opera dell'autore del fatto, non rilevando l'eventualità successiva del mancato pagamento.
Cass. pen. n. 18722/2010
In tema di estorsione, si configura l'elemento dell'ingiusto profitto con altrui danno nel caso in cui il soggetto passivo sia costretto ad effettuare operazioni di "cambio" (monetizzazione) di assegni, perché è implicito nel fatto stesso che il contraente-vittima sia costretto al rapporto economico in violazione della propria autonomia negoziale, e privato pertanto del diritto di perseguire i propri interessi economici nel modo e nelle forme ritenute più confacenti ed opportune.
Cass. pen. n. 16733/2010
Non integra il delitto di estorsione né quello di violenza privata la condotta dell'imprenditore che, aggiudicandosi un appalto con la P.A., subordini l'assunzione dei lavoratori licenziati dalla precedente impresa appaltatrice alla condizione che costoro rinuncino ad avanzare nei suoi confronti pretese retributive maturate nel corso del precedente rapporto, solo se egli non risulti obbligato - per disposizione normativa, provvedimento amministrativo o clausola contrattuale - a subentrare nel rapporto di lavoro medesimo con giuridica continuità dello stesso o comunque ad assumere "ex novo" detti lavoratori.
Cass. pen. n. 15302/2010
Integra il delitto di cui all'art. 611 c.p., e non quello di estorsione, la condotta del datore di lavoro che costringa con violenza o minaccia il proprio dipendente ad assumere, come prestanome, la carica di amministratore in una società dedita all'emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Cass. pen. n. 15137/2010
Commette il reato di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni colui che, con violenza o minaccia, pretenda il pagamento di un compenso per l'attività di parcheggiatore abusivo.
Cass. pen. n. 7921/2010
Concorre nel delitto di estorsione l'intermediario che agisca per la restituzione della refurtiva mettendosi in contatto con gli autori del furto e determinandoli, in virtù del proprio carisma mafioso, a fissare il prezzo del riscatto, in modo da ricordare loro le regole vigenti in quel determinato territorio.
Cass. pen. n. 5783/2010
È configurabile il delitto di tentata estorsione, con l'aggravante del metodo mafioso, nel caso in cui si costringa la persona offesa a stipulare un contratto per essa non vantaggioso, quanto al prezzo e alle modalità, con l'attivo intervento nella trattativa di un pregiudicato ben noto per la sua caratura criminale.
Cass. pen. n. 1888/2010
Integra il requisito dell'ingiusto profitto, costitutivo del reato di estorsione, la percezione, dietro cauzione, di somme di denaro a titolo di provvigione per attività di mediazione immobiliare da parte di un soggetto non iscritto nell'apposito albo professionale.
Cass. pen. n. 44712/2009
Integra il reato di estorsione la condotta di costrizione al pagamento di una somma di denaro (nella specie, titoli di credito) come corrispettivo di prestazioni sessuali, con la minaccia di rivelazione ai familiari della vittima dei vizi e delle debolezze sessuali della stessa, posto che il profitto della condotta è da ritenersi ingiusto perché l'adempimento di un accordo illecito, quale è quello avente ad oggetto prestazioni sessuali a pagamento, non è tutelato dall'ordinamento, che prevede esclusivamente l'irripetibilità di quanto volontariamente corrisposto.
Cass. pen. n. 28442/2009
Ricorre la circostanza di cui all'art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. in L. n. 203 del 1991 nel delitto di estorsione se si riscontra che la condotta minacciosa, oltre ad essere obiettivamente idonea a coartare la volontà del soggetto passivo, sia espressione di capacità persuasiva in ragione del vincolo dell'associazione mafiosa e sia, pertanto, idonea a determinare una condizione d'assoggettamento e d'omertà.
Cass. pen. n. 27860/2009
È configurabile il delitto di tentata estorsione pur se le minacce siano rivolte al diretto interessato per il tramite di altra persona. (Nella specie il ricorrente, qualificatosi come appartenente all'associazione mafiosa denominata Cosa Nostra, si era rivolto al dipendente dell'impresa rappresentata dalla persona offesa chiedendo di conferire con quest'ultimo per parlare di "altre questioni").
Cass. pen. n. 10542/2009
La minaccia, elemento costitutivo del delitto di estorsione, non è esclusa dal solo fatto che lo strumento utilizzato per la realizzazione di un profitto ingiusto sia la stipulazione con la persona offesa di un accordo che assicuri a questa una qualche utilità. (Fattispecie in cui l'assegnatario di un immobile espropriato aveva indotto il debitore ancora nel possesso dell'immobile alla conclusione di un accordo in forza del quale, previa rinuncia all'immediata reintegra nel possesso, l'assegnatario si assicurava il pagamento di una somma di denaro, non dovuta, a titolo di indennità di occupazione).
Cass. pen. n. 34900/2008
Integra il delitto di tentata estorsione continuata la condotta che si risolva nella reiterazione di minacce rivolte a far desistere il destinatario dall'azione giudiziaria iniziata con la proposizione di una richiesta di sequestro conservativo, perché nella nozione di danno, elemento della fattispecie, rientra anche la rinuncia, coartata, alla tutela preventiva del diritto di credito, costituita dal sequestro preventivo.
Cass. pen. n. 25902/2008
In tema di estorsione, ai fini della configurabilità dell'aggravante dell'arma, è necessario che il reo sia palesemente armato, ma non che l'arma sia addirittura impugnata per minacciare, essendo sufficiente che essa sia portata in modo da poter intimidire, cioè in modo da lasciare ragionevolmente prevedere e temere un suo impiego quale mezzo di violenza o minaccia per costringere il soggetto passivo a subire quanto intimatogli.
Cass. pen. n. 25682/2008
In tema di sfruttamento della prostituzione, l'ipotesi aggravata dall'uso della violenza o della minaccia differisce dalla fattispecie che integra il reato di estorsione per il fatto che nel primo caso il soggetto sfruttato, e sul quale vengono applicate la violenza o la minaccia, sceglie comunque volontariamente di esercitare il meretricio, laddove nel secondo caso si configura il reato di estorsione se la persona che si prostituisce viene costretta con la violenza o la minaccia contro la propria volontà a soggiacere allo sfruttamento e se lo sfruttatore consegue, con danno del soggetto sfruttato, un ingiusto profitto.
Cass. pen. n. 19711/2008
È integrato il delitto di estorsione qualora il venditore di immobili, in regime di edilizia convenzionata, richieda somme ulteriori, non previste dalla convenzione, minacciando di non eseguire il contratto già concluso o di non portare a conclusione le trattative in corso. (Affermando il principio, la Corte ha accolto il ricorso del P.M. contro il provvedimento del Tribunale della libertà che aveva ritenuto non configurabile il delitto di estorsione atteso che, trattandosi di edilizia convenzionata e non popolare, non sussisteva per il costruttore un obbligo a contrarre )
Cass. pen. n. 16657/2008
In tema di estorsione, ricorre la circostanza aggravante dell'essere la minaccia commessa da più persone riunite, se la persona offesa riceve le minacce per mezzo di una comunicazione telefonica, percependo che l'autore della comunicazione manifesta le intenzioni minacciose non solo sue ma di più persone, di cui è portavoce.
Cass. pen. n. 12882/2008
In tema di estorsione, la circostanza aggravante di cui all'art. 7 D.L. n. 152 del 1991 conv. nella L. n. 203 del 1991 è configurabile qualora si siano accertati una attività intimidativa caratterizzata da «mafiosità » e l'esplicamento di condotte che, al di là degli interessi personali dei soggetti che le attuano, siano altresì riconducibili agli interessi del clan mafioso che ha il controllo sul territorio ovvero siano rese possibili con l'ausilio degli appartenenti al sodalizio.
Cass. pen. n. 1705/2008
Non risponde di estorsione colui che, per incarico della vittima di un furto e nell'esclusivo interesse di quest'ultima, si metta in contatto con gli autori del reato per ottenere la restituzione della cosa sottratta mediante esborso di denaro, senza conseguire alcuna parte del prezzo.
Cass. pen. n. 40494/2007
In tema di estorsione, l'aggravante delle «più persone riunite» sussiste ogni qualvolta il soggetto passivo abbia acquisito la sensazione che la violenza o la minaccia non provengano solo dal singolo soggetto che le pone in essere, ma siano manifestazione delle comuni e inique intenzioni di più persone di cui questi si faccia portavoce.
Cass. pen. n. 39046/2007
L'aggravante di avere commesso il delitto di tentata estorsione avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di cui al suddetto art. 416 bis c.p. (art. 7 D.L. n. 151 del 1991, conv. in L. n. 203 del 1991) non va desunta dal fatto che l'imputato e un suo complice si siano presentati come rappresentanti di organizzazioni camorristiche e che le modalità dell'azione siano tipiche di queste ultime, senza, da un lato, accertare le effettive frasi pronunciate e, dall'altro, effettuare un adeguato esame delle modalità dell'azione posta in essere. (Nella specie, la Corte ha ritenuto non decisivo il mero richiamo alla prospettata ed ottenuta chiusura del cantiere, che si riferisce all'oggetto della minaccia estorsiva e non al metodo impiegato, a cui è ricollegata la sussistenza della circostanza de qua che deve essere tale da evocare la forza derivante da un'organizzazione criminale).
Cass. pen. n. 36642/2007
Integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che, approfittando della situazione del mercato di lavoro a lui favorevole per la prevalenza dell'offerta sulla domanda, costringa i lavoratori, con la minaccia larvata di licenziamento, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate, e più in generale condizioni di lavoro contrarie alle leggi ed ai contratti collettivi.
Cass. pen. n. 35484/2007
In tema di delitto di estorsione, la minaccia di interrompere un legame affettivo o l'affiliazione della vittima ad un gruppo amicale può assumere rilievo come strumento di coazione per l'ottenimento di un ingiusto profitto, in ragione della particolare condizione di debolezza della vittima, che la induca a collegare all'evento minacciato conseguenze deteriori del tutto esorbitanti dal dolore normalmente collegato all'abbandono o al tradimento, e della consapevole strumentalizzazione di tale condizione di debolezza da parte dell'agente. (Fattispecie in cui ad una ragazza tredicenne erano state rivolte richieste di denaro con la minaccia, tra l'altro, ove le stesse non fossero state accolte, di estrometterla dal gruppo di ragazzi più grandi in cui era stata ammessa).
Cass. pen. n. 27257/2007
Nel reato di estorsione l'oggetto della tutela giuridica è costituito dal duplice interesse pubblico della inviolabilità del patrimonio e della libertà personale: pertanto, è del tutto irrilevante che il patrimonio della vittima sia composto anche da proventi di attività vietate.
Cass. pen. n. 15527/2007
In tema di delitto di estorsione, il compimento dell'attività lecita, a cui l'autore del fatto ha collegato la coazione della vittima per il conseguimento dell'ingiusto profitto, non dà luogo ad una desistenza anche quando segua o addirittura determini l'impossibilità di ottenere l'ingiusto profitto essendo ricompresa nella condotta criminosa, di cui costituisce la possibile finalizzazione. (La Corte ha altresì precisato che la desistenza implica l'abbandono della condotta criminosa che può essere riscontrato soltanto dalla cessazione o dalla revoca delle attività volte a finalizzare in modo illecito un comportamento in sè legittimo).
Cass. pen. n. 14440/2007
Integra il delitto di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la minaccia di esercitare un diritto, in sé non ingiusta, che sia realizzata con una tale forza intimidatoria e con tale sistematica pervicacia da risultare incompatibile con il ragionevole intento di far valere il diritto stesso.
Cass. pen. n. 4137/2007
Integra il delitto di estorsione il fatto di colui che costringe taluno, con minacce dirette a lui e alla sua famiglia, ad acquistare un quantitativo di stupefacente superiore a quello richiesto.
Cass. pen. n. 2802/2007
Configura il concorso di persone nel reato di estorsione aggravata, e non invece il reato di favoreggiamento reale o ricettazione, la condotta di colui che, pur non partecipando ad una associazione di tipo mafioso, si adoperi affinché, da parte degli associati, sia proseguita l'attività estorsiva iniziata dal proprio padre, capo del clan mafioso, in stato di detenzione, sull'assunto che quei proventi illeciti, non più pervenuti dopo l'arresto del padre, siano comunque dovuti come introiti appartenenti alla famiglia.
Cass. pen. n. 41177/2006
Il concorso nel reato di estorsione sussiste anche quando il contributo causale del correo sia limitato alla fase finale della riscossione dei proventi, in quanto nella fattispecie plurisoggettiva l'attività antigiuridica di ciascuno, ponendosi inscindibilmente con quella di altri correi, confluisce in un'azione delittuosa che va considerata unica e produce l'effetto di far ritenere giuridicamente attribuibile a ciascuno dei concorrenti il risultato finale dell'evento cagionato.
Cass. pen. n. 29563/2006
In tema di delitto di estorsione, l'elemento dell'ingiusto profitto si individua in qualsiasi vantaggio, non solo di tipo economico, che l'autore intenda conseguire, e che non si collega ad un diritto o è perseguito con uno strumento antigiuridico, o ancora con uno strumento legale ma avente uno scopo tipico diverso. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato la decisione di merito, che aveva ritenuto la non ingiustizia del profitto perché le violenze e le minacce erano state esercitate in danno della persona offesa, amministratore di una società di capitali, per l'adempimento di un'obbligazione assunta dalla società).
Cass. pen. n. 12982/2006
Si configura il reato di estorsione di cui all'art. 629 c.p., e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni di cui all'art. 393 c.p., allorché il terzo incaricato della esazione del credito, a nulla rilevando la natura, lecita o illecita, di esso, agisca con violenza o minaccia nei confronti del debitore non al mero fine di coadiuvare il creditore a farsi ragione da sé medesimo, ma anche e soprattutto per il perseguimento dei propri autonomi interessi illeciti. (La Corte ha altresì precisato che in tal caso il delitto di estorsione può concorrere con quello di associazione per delinquere, ove si accerti l'esistenza di un'organizzazione specializzata nella realizzazione di crediti per conto altrui, la quale operi, in vista del conseguimento anche di un proprio profitto, mediante sistematico ricorso alla violenza o ad altre forme di illecita coartazione nei confronti dei soggetti indicati come debitori).
Cass. pen. n. 5639/2006
In tema di estorsione, la circostanza aggravante della commissione del fatto ad opera di un partecipe all'associazione di tipo mafioso non richiede che tutti gli agenti rivestano tale qualità, in quanto a seguito della sostituzione del testo dell'art. 118 c.p. ad opera dell'art. 3 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, al concorrente non si comunicano più le circostanze soggettive concernenti i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e quelle relative all'imputabilità ed alla recidiva, ma sono ancora valutate riguardo a lui le altre circostanze soggettive indicate dall'art. 70, primo comma, n. 2, c.p., cioè quelle attinenti alle qualità personali del colpevole.
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Ricorre il reato di estorsione, e non già quelli di violenza privata, nella condotta consistita nel costringere, mediante violenza o minaccia, un imprenditore ad effettuare una assunzione non necessaria, essendo ingiusto, in quanto connesso ad azione intimidatoria, il profitto per la persona indebitamente assunta e sussistendo altresì il danno per la vittima, costretta a versare la relativa retribuzione. (Nella specie, è stato ravvisato il reato di tentata estorsione negli atti intimidatori rivolti ad un imprenditore perché assumesse alle proprie dipendenze una persona condannata, che necessitava dell'assunzione per sostenere una richiesta di misura alternativa alla detenzione)
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In tema di estorsione, per la configurabilità dell'aggravante delle «più persone riunite» non è necessaria la simultanea presenza fisica di più soggetti attivi nel luogo e nel momento di commissione del reato, essendo sufficiente che il soggetto passivo abbia acquisito la sensazione che la minaccia provenga non solo dal singolo che la proferisce, ma che costui manifesti le comuni, perverse, intenzioni di più persone, di cui si faccia portavoce.
Cass. pen. n. 46179/2005
Ai sensi dell'art. 56, comma terzo, c.p., per aversi desistenza volontaria dall'azione delittuosa occorre che la determinazione del soggetto agente sia stata libera e non coartata e, cioè, che la prevalenza dei motivi di desistenza su quelli di persistenza nella condotta criminosa si sia verificata al di fuori delle cause che abbiano impedito il proseguimento dell'azione o l'abbiano reso assolutamente vano. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano escluso la volontarietà di una desistenza caratterizzata dalla fuga dell'imputato da un negozio, dopo un tentativo di estorsione, a seguito dell'intervento della polizia).
Cass. pen. n. 44319/2005
In tema di delitto di estorsione, la costrizione, che deve seguire alla violenza o minaccia, attiene all'evento del reato, mentre l'ingiusto profitto con altrui danno si atteggia a ulteriore evento, sicché si ha solo tentativo nel caso in cui la violenza o la minaccia non raggiungono il risultato di costringere una persona al facere ingiunto. (La Corte ha così deciso che se il soggetto passivo consegna la somma di denaro per costringimento derivante dalla violenza o minaccia, il fatto che si sia rivolto alla polizia giudiziaria per denunciare l'altrui condotta antigiuridica non elide l'evento del costringimento, e quindi l'assenso alla collaborazione nelle indagini non elimina il nesso di causalità tra la condotta violenta o minacciosa e la costrizione alla condotta pretesa).
Cass. pen. n. 44292/2005
Il delitto di estorsione si caratterizza rispetto a quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone per il fatto che la violenza o minaccia sono esercitate, nel secondo caso soltanto, per far valere un diritto già esistente e azionabile dinanzi a un giudice. Nella ipotesi in cui, invece, la azione costrittiva sia finalizzata a far sorgere una posizione giuridica che altrimenti non potrebbe essere vantata né conseguita attraverso il ricorso al giudice, e a questa consegua un ingiusto vantaggio patrimoniale, è integrato il reato di estorsione. (Fattispecie relativa alla condotta di un soggetto che aveva costretto la moglie, con minacce e percosse, a sciogliere la comunione legale familiare e ad adottare il regime della separazione dei beni, così intestandosi in modo esclusivo la casa di abitazione).
Cass. pen. n. 36526/2005
In tema di estorsione, è configurabile l'ingiustizia del profitto con riferimento al prestito concesso dal gestore di una bisca clandestina ai giocatori per incoraggiarne la frequentazione, trattandosi di contratto di mutuo funzionalmente collegato a quello di gioco, il cui adempimento non è tutelato dall'ordinamento. (Nella specie, l'agente concedeva in via preventiva ai frequentatori dei prestiti, facendosi consegnare in garanzia assegni bancari e titoli cambiari, ed otteneva la restituzione del credito, minacciando i debitori, per lo più professionisti ed imprenditori, di mettere all'incasso i titoli).
Cass. pen. n. 39903/2004
In tema di estorsione, una volta accertata la legittimità della pretesa patrimoniale del creditore, deve escludersi che sia configurabile il tentativo del detto reato soltanto in ragione della manifesta sproporzione della azione giudiziaria prospettata al debitore. (Fattispecie nella quale il creditore era stato imputato di tentata estorsione per avere minacciato il debitore di richiedere il suo fallimento pur in mancanza dello stato di insolvenza, piuttosto che scegliere la procedura esecutiva individuale. La Corte di cassazione ha ritenuto che l'azione non potesse valere a connotare come «ingiusto» il profitto perseguito e conseguentemente ha affermato la insussistenza del reato).
Cass. pen. n. 37526/2004
La minaccia costitutiva del delitto di estorsione oltre che essere palese, esplicita, determinata può essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, larvata, indiretta ed indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell'agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali, in cui questa opera.
Cass. pen. n. 962/2004
La condotta criminosa consistente nella privazione della libertà di una persona finalizzata a conseguire come prezzo della liberazione una prestazione patrimoniale, pretesa in esecuzione di un precedente rapporto illecito, integra il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all'art. 630 c.p. e non il concorso del delitto di sequestro di persona (art. 605) con quello di estorsione, consumata o tentata (artt. 629 e 56 stesso codice).
Cass. pen. n. 45738/2003
La condotta di violenza, la quale, cumulativamente od alternativamente con quella di minaccia, costituisce il nucleo essenziale del delitto di estorsione, è in esso interamente assorbita quando non provoca alcuna lesione personale (come nel caso in cui l'agente si limiti ad immobilizzare la vittima o a percuoterla ovvero esplichi solo la violenza c.d. reale); in caso contrario, devono trovare applicazione le norme sul concorso di reati.
Cass. pen. n. 41453/2003
Sussiste l'ingiustizia del profitto, e quindi il delitto di estorsione, anche se la violenza o la minaccia viene usata dall'agente per ottenere l'adempimento di un'obbligazione naturale, per la quale non è data azione davanti al giudice. (Fattispecie in tema di credito di gioco d'azzardo, in relazione alla quale la S.C. ha escluso la configurabilità del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni perché la pretesa, indipendentemente dalla sua fondatezza, non è tutelata dall'ordinamento).
Cass. pen. n. 16618/2003
In tema di estorsione, anche la minaccia di esercitare un diritto — come l'esercizio di un'azione giudiziaria o esecutiva — può costituire illegittima intimidazione idonea ad integrare l'elemento materiale del reato quando tale minaccia sia finalizzata al conseguimento di un profitto ulteriore, non giuridicamente tutelato.
Cass. pen. n. 29015/2002
È configurabile il reato di estorsione (art. 629 c.p.) e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 393 c.p.) allorché il terzo incaricato della esazione del credito a titolo di mandatario agisca nei confronti del debitore, con violenza o minaccia, al fine di conseguire un proprio ingiusto profitto trattenendo per sé il bene, oggetto della prestazione del debitore.
Cass. pen. n. 6272/2001
Il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, allorquando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva del soggetto passivo: ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta in modo che l'offeso non è coartato nella sua volontà, ma si determina alla prestazione costituente l'ingiusto profitto dell'agente perché tratto in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente; mentre si configura l'estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, onde l'offeso è posto nella ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato. (Nella specie la Corte ha ritenuto che dovesse configurarsi il delitto di estorsione e non di truffa nella condotta di due imputati i quali avevano prospettato il pignoramento ed il sequestro dei beni al soggetto passivo per conseguire, a fronte di un credito di lire quattrocentomila, il pagamento della somma notevolmente superiore di lire tre milioni e cinquecentomila, in quanto la condotta degli imputati non si era concretata nella ventilazione di un male immaginario, bensì nella minaccia di un male concreto che aveva coartato la volontà del soggetto passivo).
Cass. pen. n. 10463/2001
Nell'estorsione c.d. contrattuale o negoziale (nella quale il soggetto passivo viene costretto ad assumere un rapporto negoziale di tipo patrimoniale con lo stesso agente o con terzi) l'elemento dell'ingiusto profitto con altrui danno è in re ipsa e risiede proprio nella assunzione coatta dell'obbligazione da parte della vittima, in quanto tale costringimento incide sul diritto del soggetto passivo di disporre e godere liberamente del proprio patrimonio. (Fattispecie relativa ad un caso in cui l'imputato aveva, con minacce, costretto il gestore di un ristorante a tenere in noleggio nel proprio esercizio alcuni videogiochi in sostituzione di quelli forniti da altra ditta, ed a versare il 50% degli incassi derivanti da tali apparecchiature).
Cass. pen. n. 13043/2000
Per la configurabilità del reato di estorsione non basta l'esercizio di una generica pressione alla persuasione o la formulazione di proposte esose o ingiustificate, ma occorre che l'agente si avvalga di modalità coercitive tali da forzare la controparte a scelte in qualche modo obbligate, non essendole lasciata alcuna ragionevole alternativa fra il soggiacere alle altrui pretese o il subire, altrimenti, un pregiudizio diretto e immediato. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha escluso che potesse qualificarsi come tentativo di estorsione la condotta del conduttore di un immobile il quale, a fronte di una richiesta di anticipata risoluzione del contratto di locazione da parte del proprietario, subordinava il proprio consenso al versamento di una somma a titolo di «buona uscita».
Cass. pen. n. 12394/2000
La condotta consistente nella privazione della libertà di una persona finalizzata a conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione integra il delitto previsto dall'art. 630 c.p. solo allorché manchi un preesistente rapporto, quantunque illecito, con la vittima del reato, che abbia dato causa a quella privazione, mentre, quando quel rapporto sussista e ad esso siano collegabili il sequestro e il conseguimento del profitto, ricorre un'ipotesi di concorso tra il reato previsto dall'art. 605 c.p. e quello di estorsione. (Nella specie, in riferimento a un'associazione criminale dedita a favorire l'immigrazione clandestina nel nostro Paese, la S.C. ha ritenuto corretto l'operato del giudice di merito, che aveva qualificato come sequestro di persona ex art. 630 c.p. la privazione della libertà di un immigrato finalizzata al recupero della perdita economica sofferta dall'associazione a causa della fuga di altri suoi compagni, mentre aveva ritenuto la sussistenza del concorso tra sequestro di persona ex art. 605 c.p. ed estorsione la privazione della libertà di immigrati mirante ad ottenere da questi il prezzo dell'illecito loro ingresso nel territorio dello Stato.
Cass. pen. n. 12326/2000
Integra il delitto di estorsione il fatto del ladro che chiede ed ottiene dal derubato il pagamento di una somma di denaro come corrispettivo della restituzione della refurtiva, a nulla rilevando che il pagamento sia successivo alla restituzione; e ciò in quanto la vittima subisce gli effetti della minaccia originaria che ne contiene una implicita, e cioè quella della rappresaglia in mancanza di adempimento dell'obbligazione contratta in adesione alla richiesta di danaro rivoltale dal ladro.
Cass. pen. n. 12444/1999
In tema di «estorsione contrattuale» la minaccia di far valere un diritto assume il connotato dell'illiceità soltanto quando è diretta ad ottenere un profitto ingiusto, e dunque non una qualsiasi controprestazione ma un risultato iniquo, perché ampiamente esorbitante ovvero addirittura non dovuto rispetto a quello conseguibile attraverso l'esercizio del diritto, che viene strumentalizzato per scopi contra ius, diversi cioè da quelli per cui esso è riconosciuto e tutelato. Al fine della configurazione del reato è dunque necessario che il giudice valuti in modo completo e coerente le pretese contrapposte delle parti ed accerti che il profitto non sia affatto riferibile al diritto vantato e concretamente azionabile, mediante un apprezzamento di fatto che, ove sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità.
Cass. pen. n. 10229/1999
Nel reato di estorsione la minaccia, oltre che palese, esplicita e determinata, può essere anche larvata o indiretta; essa deve ingenerare in chi la subisce un timore consistente nella paventata previsione di più gravi pregiudizi, sicché, in tema di tentativo, va considerata la potenzialità della minaccia stessa ad incutere paura, indipendentemente dal fatto che la vittima ne risulti effettivamente intimidita.
Cass. pen. n. 6647/1999
Non è qualificabile come estorsione la condotta di soggetto il quale, resosi aggiudicatario provvisorio di un bene posto all'incanto, a fronte della successiva offerta di acquisto con aumento di un sesto, avanzata da altro soggetto, chieda e ottenga da quest'ultimo la corresponsione di una somma di danaro in cambio della promessa di astenersi da un ulteriore rilancio dell'offerta. In tal caso, infatti, la somma di danaro anzidetta viene a costituire il compenso per il sacrificio costituito dalla rinuncia all'interesse, già manifestato dall'agente, di ottenere la aggiudicazione del bene.
Cass. pen. n. 3298/1999
In tema di estorsione, ai fini della configurabilità del reato sono indifferenti la forma o il modo della minaccia, potendo questa essere manifesta o implicita, palese o larvata, diretta o indiretta, reale o figurata, orale o scritta, determinata o indeterminata, purché comunque idonea, in relazione alle circostanze concrete, a incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo. La connotazione di una condotta come minacciosa e la sua idoneità ad integrare l'elemento strutturale del delitto di estorsione vanno valutate in relazione a concrete circostanze oggettive, quali la personalità sopraffattrice dell'agente, le circostanze ambientali in cui lo stesso opera, l'ingiustizia della pretesa, le particolari condizioni soggettive della vittima, vista come persona di norma impressionabilità, a nulla rilevando che si verifichi una effettiva intimidazione del soggetto passivo. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto che correttamente, sotto il profilo dell'idoneità della minaccia, fosse stato qualificato come tentativo di estorsione quello posto in essere da un soggetto abitualmente operante nell'ambito delle aste giudiziarie il quale, consapevole dell'interesse nutrito dalla persona offesa, proprietaria al 50% di un bene immobile la cui residua quota era stata messa all'asta, ad ottenerne l'aggiudicazione, aveva richiesto il versamento di una somma di denaro come unico mezzo per garantire tale risultato).
Cass. pen. n. 8309/1998
Il profitto dei delitti di furto o di rapina è costituito dal bene oggetto di sottrazione — al momento del cui impossessamento il reato si perfeziona — e non dalla diversa utilità da esso ricavabile mediante un'attività successiva, che non può dunque considerarsi assorbita nella condotta precedente. Ne consegue che quando tale attività consiste nella richiesta di un compenso a chi possedeva, accompagnata dalla prospettazione della mancata restituzione del bene sottratto, essa non può che considerarsi tesa a coartare l'altrui volontà a scopo di profitto: colui che sia stato privato illecitamente di un bene, infatti, conserva il diritto alla restituzione, oltre che l'aspettativa morale di riacquistarlo, sicché la richiesta di denaro in cambio dell'adempimento dell'obbligo giuridico di restituire, che incombe sull'agente, influisce sulla libertà di determinazione del soggetto passivo ed integra, di per sè, minaccia rilevante ai sensi dell'art. 629 c.p.
Cass. pen. n. 2724/1997
In tema di estorsione l'aggravante di cui all'art. 629 comma secondo c.p. — relativa a violenza o minaccia posta in essere da persona che fa parte di un'associazione di stampo mafioso — e quella prevista dall'art. 7 comma primo della legge 12 luglio 1991, n. 203 — rappresentata dall'avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni contemplate dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività di associazione di stampo mafioso — sono incompatibili tra loro. Il loro concorso invero si risolverebbe in un'inammissibile duplicità dell'addebito perché le condizioni della condotta criminosa di cui alla legge speciale costituiscono connotazioni di appartenenza ad associazione del suddetto tipo.
Cass. pen. n. 3576/1997
In tema di estorsione, l'elemento costitutivo della minaccia diretta al conseguimento di un ingiusto profitto in tanto sussiste in quanto il destinatario di essa ne risulti coartato nella libera determinazione della volontà, trovandosi soggetto all'alternativa di adempiere a quanto richiesto o di subire il male minacciato; allorquando invece un soggetto, al fine di conseguire una qualsiasi utilità che gli può derivare dalla conclusione di un negozio giuridico, si induce ad aderire alle condizioni, quale che sia la loro natura, richieste ed imposte dalla controparte per la conclusione del negozio, che ben potrebbe rifiutare senza che alcun danno giuridicamente rilevante gliene derivi, alcun costringimento morale è ravvisabile, proprio perché l'aver sottostato a tali condizioni, anche se vessatorie, è frutto di una libera determinazione della volontà, effettuata in base ad una scelta autonoma, condizionata sì, ma non coartata.
Cass. pen. n. 9115/1996
In tema di estorsione, non esclude la consumazione del reato il fatto che la consegna del denaro da parte della vittima all'estorsore sia avvenuta sotto gli occhi delle forze dell'ordine preventivamente allertate ed appostate, le quali peraltro non l'abbiano impedita, ma siano intervenute soltanto dopo il conseguimento del possesso, ancorché temporaneo, della somma da parte dell'estorsore. Il reato di estorsione si consuma, infatti, nel momento e nel luogo in cui si verificano l'ingiusto profitto e il danno patrimoniale.
Cass. pen. n. 4825/1996
La distinzione tra il delitto di estorsione e quello di truffa aggravata dall'ingenerato timore di un pericolo immaginario, consiste nel diverso modo in cui viene prospettato il danno, in vista del quale la persona offesa si induce a quell'azione od omissione da cui deriva il conseguimento del profitto ingiusto dell'agente. Si ha truffa aggravata quando il danno non viene prospettato come certo e sicuro, ma soltanto come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente o indirettamente dall'imputato, giacché in tal caso l'offeso non è coartato nella sua volontà ma si determina all'azione di omissione in stato di errore.
Cass. pen. n. 4308/1996
Per la sussistenza del delitto di estorsione non si richiede che la volontà del soggetto passivo, per effetto della minaccia, sia completamente esclusa, ma che, residuando la possibilità di scelta fra l'accettare le richieste dell'agente o subire il male minacciato, la possibilità di autodeterminazione sia condizionata in maniera più o meno grave dal timore di subire il pregiudizio prospettato; se la minaccia, viceversa, si risolvesse in un costringimento psichico assoluto, cioè in un annullamento di qualsiasi possibilità di scelta, ed il risultato dell'agente fosse il conseguimento di un bene mobile, si configurerebbe infatti un vero e proprio «impossessamento» e, conseguentemente, il diverso reato di rapina. (In applicazione di detto principio la Corte ha annullato la decisione del giudice di merito che aveva escluso la configurabilità del delitto di estorsione in una fattispecie relativa a minaccia, effettuata dal responsabile di un'azienda del latte ad un fornitore, di escluderlo dalla possibilità di essere scelto fra le ditte fornitrici dell'azienda stessa se non avesse corrisposto una percentuale sull'importo di uno stipulando contratto).
Cass. pen. n. 163/1994
Salvo che per il parcheggio non vi sia una tariffa determinata con provvedimento dell'autorità comunale, il posteggiatore, pur se autorizzato dall'autorità di pubblica sicurezza a svolgere tale mestiere, non ha alcun diritto a pretendere un compenso dagli automobilisti che lasciano in sosta la loro vettura, a meno che costoro non gliela abbiano consegnata, facendogli obbligo di custodirla (artt. 1766 e ss. c.c.). Pertanto, è ravvisabile il reato di tentata estorsione, e non già quello di tentata violenza privata aggravata a carico del posteggiatore il quale cerchi di costringere con la violenza un automobilista che aveva lasciato in sosta l'auto in zona ove non era stato istituito alcun parcheggio autorizzato, a corrispondergli una somma di denaro.
Cass. pen. n. 9498/1993
Le circostanze aggravanti previste, rispettivamente, dagli artt. 628, terzo comma, n. 3, c.p., 629, secondo comma, c.p. e 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203, possono concorrere qualora l'agente, oltre ad appartenere ad una associazione di tipo mafioso, si sia avvalso nel commettere la rapina o l'estorsione della forza intimidatrice derivante da tale appartenenza.
Cass. pen. n. 1683/1993
Con la norma contenuta nell'art. 610 c.p. si tutela la libertà di autodeterminazione spontanea dell'individuo, al di fuori di qualsiasi limite o condizione che non sia legittimamente posta. Se la coartazione da parte dell'agente è diretta a procurarsi un ingiusto profitto, che può anche essere non patrimoniale, con altrui danno, che non può non rivestire la connotazione di natura patrimoniale, dovendo consistere in un'effettiva deminutio patrimonii, ricorre il delitto di estorsione.
Cass. pen. n. 1052/1993
Integra il delitto di tentata estorsione la condotta di chi — nella specie necroforo presso ospedale — induca i familiari di persona deceduta a non servirsi di impresa di pompe funebri, perché indicata come abusiva, circostanza non corrispondente al vero, ed indichi strumentalmente altra impresa, correlativamente formulando al titolare della prima, dopo le rimostranze di questi, richiesta di denaro («ed a me questi chi me li dà?» sfregando il pollice e l'indice della mano destra), dopo avere affermato che per ogni funerale egli riceveva dalle altre imprese una somma di denaro.
Cass. pen. n. 47/1993
In tema di estorsione è da ritenersi verificata la consumazione del reato allorché l'estorsore, nonostante il servizio di rafforzamento predisposto dalla polizia, riesca ad impossessarsi, anche per un breve lasso di tempo, della somma di denaro messa a sua disposizione dal soggetto passivo della violenza o della minaccia. Quindi, anche se la consegna del denaro si svolge sotto la vigilanza della polizia e l'estorsore resti nel possesso del denaro per pochi istanti, non si verte in tema di tentativo perché il delitto deve ritenersi consumato, in quanto tale reato si realizza nel momento e nel luogo in cui si verificano l'ingiusto profitto e il danno patrimoniale.
Cass. pen. n. 1071/1992
La prospettazione di un male ingiusto, come la divulgazione di lettere o di documenti compromettenti, può integrare il delitto di estorsione, pur quando si persegua un giusto profitto e il negozio concluso a seguito di essa si riveli addirittura vantaggioso per il soggetto destinatario della minaccia.
Cass. pen. n. 1556/1992
Non è configurabile il reato di ragion fattasi, sibbene quello di estorsione, concorrente con quello di associazione per delinquere, allorché si sia in presenza di una organizzazione specializzata in realizzazione di crediti per conto altrui, la quale operi, in vista del conseguimento anche di un proprio profitto, mediante sistematico ricorso alla violenza o ad altre forme di illecita coartazione nei confronti dei soggetti indicati come debitori.
Cass. pen. n. 3380/1992
La minaccia, ancorché non penalmente apprezzabile quando è legittima e tende a realizzare un diritto riconosciuto e tutelato dall'ordinamento giuridico, diviene contra ius quando, pur non essendo antigiuridico il male prospettato, si faccia uso di mezzi giuridici per scopi diversi da quelli per i quali sono stati apprestati dalla legge. Conseguentemente, in tema di estorsione la minaccia di un male legalmente giustificato assume il carattere di ingiustizia quando sia fatta non già per esercitare un diritto sibbene con il proposito di coartare la volontà di altri per soddisfare scopi personali non conformi a giustizia.
Cass. pen. n. 8496/1991
In tema di estorsione, una minaccia dall'esteriore apparenza di legalità, come quella di convenire in giudizio il soggetto passivo, formulata, però, non già con l'intenzione di esercitare un diritto, ma con lo scopo di coartare l'altrui volontà e di attingere risultati non conformi a giustizia, può costituire una illegittima intimidazione idonea ad integrare il delitto di cui all'art. 629 c.p. Ne consegue pertanto che è da escludere che la prospettazione dell'esercizio di un'azione civile, diretta a conseguire in via giudiziaria il medesimo risultato che viene negato altrimenti, possa configurare il reato de quo. (Nella fattispecie l'azione civile era stata effettivamente esercitata, restando immutati petitum e causa petendi. Questa Corte nell'affermare il principio suddetto, ha escluso l'antigiuridicità di tal genere di minaccia, rilevando che diversamente argomentando, sarebbe automatico ed inevitabile il collegamento tra la responsabilità aggravata di cui all'art. 96 c.p.c. e il delitto di cui all'art. 629 c.p.).
Cass. pen. n. 6524/1991
In tema di estorsione, occorre la prova rigorosa e certa che la minaccia usata, in qualsiasi forma, dal soggetto attivo sia effettivamente idonea a coartare la volontà del soggetto passivo, perché si concretizzi il dolo specifico richiesto per il delitto di cui all'art. 629 c.p.
Cass. pen. n. 5504/1991
In tema di estorsione, l'aggravante delle più persone riunite nel commettere la violenza e/o la minaccia — elementi costitutivi di tale delitto — si giustifica per la maggiore idoneità dell'azione a produrre più gravi effetti fisici e/o psicologici in danno del soggetto passivo, di cui tendono ad elidere o diminuire la capacità di resistere. Per quanto riguarda la minaccia telefonica — a parte il caso in cui le minacce siano reiterate e provenienti da persone diverse — l'aggravante sussiste ogniqualvolta il soggetto passivo abbia acquisito la sensazione che essa provenga non solo dal singolo che la profferisce, ma che costui manifesti le comuni, perverse, intenzioni di più persone di cui si faccia portavoce. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha altresì precisato che l'aggravante attiene anche al reato tentato).
Cass. pen. n. 2460/1991
In tema di estorsione, il profitto deve ritenersi ingiusto allorché sia fondato su una pretesa non tutelata dall'ordinamento giuridico né in via diretta — quando, cioè, si riconosce al suo titolare il potere di farla valere in giudizio — né in via indiretta — quando, pur negandosi il potere di agire, si accordi il diritto di ritenere quanto spontaneamente sia stato adempiuto, come nel caso delle obbligazioni naturali menzionate nell'art. 2034 c.c. Ne consegue, pertanto, che, essendo il contratto di cessione di droga nullo per illiceità della causa e non potendo sorgere dalla sua stipulazione alcuna pretesa tutelata dall'ordinamento, nessun dubbio può esservi sul carattere ingiusto del profitto perseguito da chi, con minacce e percosse, costringa un'altra persona a farsi consegnare una certa somma quale prezzo della droga consegnatale, e quindi sulla piena sussistenza di questo elemento costitutivo del delitto di cui all'art. 629 c. p., non potendosi, peraltro, invocare la tutela indiretta predisposta dall'art. 2035 c.c., con il riconoscimento della soluti redentio, trattandosi di norma che fa riferimento ad un atto contrario al buon costume, e non, come nel caso di specie, ad un atto contrario a norme imperative, secondo la distinzione contenuta nell'art. 1343 c.c.
Cass. pen. n. 12340/1990
È ravvisabile il delitto di tentata estorsione nel caso in cui l'agente tenga un comportamento minaccioso, tale da incutere timore, attuato con la volontà di costringere un venditore concorrente — nella specie degli stessi prodotti ortofrutticoli — a non continuare ad esercitare la vendita in un mercato, allontanandosi da esso. Nell'indicato comportamento sussistono gli altri elementi costitutivi del reato, cioè l'ingiusto profitto e il danno: il primo, perché l'azione dell'imputato è diretta ad ottenere il vantaggio di eliminare un concorrente nella vendita degli stessi prodotti con il conseguente profitto di attuare maggiori vendite e di realizzare maggiori guadagni, profitto ingiusto perché ottenuto col comportamento illecito di costringere il concorrente ad abbandonare il mercato; il secondo perché la persona offesa — che aveva ottenuto regolare licenza per sostare e per vendere nel mercato — avrebbe dovuto, allontanandosene, rinunciare alla vendita dei propri prodotti con il conseguente danno di non ricevere il prezzo corrispondente e quindi il previsto guadagno.
Cass. pen. n. 11713/1990
Ricorre un'ipotesi di tentata estorsione nella condotta del ladro o del ricettatore che, in adesione all'offerta del derubato, si dichiari disposto alla restituzione della refurtiva (nella specie un'autoradio) verso corrispettivo (nella specie una dose di sostanza stupefacente).
Cass. pen. n. 10155/1990
Ai fini della sussistenza del reato di estorsione, di cui all'art. 629 c.p., costituisce minaccia qualsiasi prospettazione di un danno ingiusto rilevante, e tale non può non considerarsi il rendere difficoltoso o ritardare il recupero della refurtiva, perché anche in questo caso il soggetto passivo viene a trovarsi nella condizione di dover subire la volontà illecita del reo per evitare ulteriori pregiudizi. (Nella specie il ricorrente aveva preteso l'insussistenza del reato di estorsione perché questo si avrebbe solo quando la perdita della refurtiva è minacciata in via definitiva).
Cass. pen. n. 9423/1990
È configurabile il delitto di estorsione consumato e non tentato se oggetto del reato sia un titolo di credito trasmissibile per girata.
Cass. pen. n. 3797/1990
I reati di cui agli artt. 629 e 353 c.p. possono concorrere formalmente. Le due norme infatti hanno diversa obiettività giuridica: la prima tutela il patrimonio, attraverso la repressione di atti diretti a coartare la libertà di autodeterminazione del soggetto negli atti di disposizione patrimoniale; la seconda tutela la libera formazione delle offerte nei pubblici incanti e nelle licitazioni private.
Cass. pen. n. 3607/1990
Nel delitto di estorsione, la circostanza aggravante di più persone riunite è configurabile anche se la minaccia sia stata esercitata da un solo soggetto, in quanto non è necessaria la presenza contestuale di più correi nel luogo di esecuzione del reato, ma è sufficiente che il soggetto passivo venga a conoscenza del fatto che la violenza o la minaccia provengono da più persone, avendo tale fatto per se stesso maggiore effetto intimidatorio, nel che consiste la ratio dell'aggravante.
Cass. pen. n. 679/1990
Il danno non patrimoniale non lede l'interesse che costituisce l'oggetto giuridico del delitto di estorsione; infatti, trattandosi di un delitto contro il patrimonio, il danno che il soggetto passivo della violenza o altri deve subire in seguito all'imposizione deve essere un danno patrimoniale. (La cassazione ha pure evidenziato che anche la rinuncia ad un diritto può essere patrimonialmente dannosa purché essa importi obbligazioni patrimoniali dannose).
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Il delitto di estorsione costituisce un titolo specifico di violenza privata differenziandosi da questo, di cui presenta tutti i requisiti, soltanto per l'elemento dell'ingiusto profitto con danno altrui che nell'estorsione costituisce lo scopo caratteristico dell'azione ed il momento consumativo del reato.
Cass. pen. n. 273/1990
Il delitto di estorsione, previsto e punito dall'art. 629 c.p., si realizza in tutti i suoi elementi costitutivi nel momento e nel luogo in cui si verificano l'ingiusto profitto e il danno patrimoniale. Ne consegue che, nel caso in cui l'agente, nonostante l'intervento della polizia, concordando con la vittima, sia riuscito, anche per alcuni attimi, ad impossessarsi della cosa o del danaro, il delitto deve ritenersi consumato.
Cass. pen. n. 151/1990
Sussiste l'ingiustizia del profitto, e quindi il delitto di estorsione, anche se la violenza o la minaccia viene usata dall'agente per ottenere l'adempimento di una obbligazione naturale. Infatti, per questa non è data azione davanti al giudice ed anche l'eccezione della soluti retentio resta esclusa in caso di adempimento coatto. (Fattispecie relativa a credito da scommessa).
Cass. pen. n. 14401/1989
Ai fini della consumazione del delitto di estorsione sono sufficienti, da un lato, il conseguimento del possesso della cosa o del denaro o del titolo, in cui si sostanzia il profitto ingiusto realizzato mediante violenza o minaccia e, dall'altro, il danno patrimoniale arrecato alla parte lesa, essendosi, con il verificarsi di tali elementi costitutivi della fattispecie penale, il fatto illecito interamente esplicato. Ne consegue che, qualora venga estorto un assegno bancario, non rilevano al riguardo né la successiva lacerazione di esso da parte degli estortori, né la posdatazione, né la omessa indicazione del beneficiario e né, infine, la insufficiente provvista.
Cass. pen. n. 10693/1989
Costituisce intimidazione illegittima, idonea, come tale, ad integrare il delitto di estorsione ex art. 629 c.p., anche una minaccia dalla parvenza esteriore di legalità allorquando sia fatta, non già con l'intenzione di esercitare un diritto, ma allo scopo di coartare l'altrui volontà e di ottenere risultati non consentiti attraverso prestazioni non dovute nell'an o nel quantum o quando pur correlandosi ad un diritto riconosciuto e tutelato dall'ordinamento se ne realizzi, suo tramite, un distorto esercizio per il conseguimento di scopi contra ius, diversi come tali da quelli per cui lo stesso è stato riconosciuto e tutelato. (Nella fattispecie è stata ritenuta legittima la configurabilità del reato di estorsione con abuso della posizione dominante dell'analista e sfruttamento di quella psicologicamente subordinata dell'analizzato, avendo il primo minacciato di recedere dal contratto, interrompendo il rapporto di analisi, al fine di ottenere l'erogazione non dovuta e non voluta di capitali imponendo all'analizzato l'acquisto di quote sociali).
Cass. pen. n. 10491/1989
Si configura il delitto di estorsione anche nell'ipotesi in cui taluno, essendo a conoscenza del furto di una cosa, usi di siffatta conoscenza come mezzo di pressione morale sull'animo del derubato, richiedendogli l'esborso di danaro per farlo rientrare in possesso della refurtiva; in tal caso infatti la costrizione richiesta per l'integrazione del suddetto delitto è determinata dalla minaccia implicita, contestuale alla stessa richiesta di pagamento, essendo il derubato consapevole del fatto che l'omesso versamento si tradurrebbe nella perdita definitiva del bene sottrattogli (fattispecie in tema di tentativo).
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Colui che, per i legami con l'autore del furto, conduca le trattative rivolte a far ottenere al derubato la restituzione della refurtiva contro il pagamento di una somma, ben può ritenersi responsabile di estorsione, ovvero di concorso in essa, quando agisca anche nell'interesse del ladro, contribuendo in tal caso con la sua condotta all'opera di pressione nei confronti del derubato (fattispecie in tema di tentativo).
Cass. pen. n. 10176/1988
In tema di delitto di estorsione, nell'ipotesi di richiesta di somma di danaro condizionante la restituzione delle cose sottratte, non può ritenersi opera di semplice mediazione, ispirata da motivi di solidarietà umana, la condotta dell'agente che, intervenuto nelle trattative di riscatto, abbia lucrato una somma di danaro.
Cass. pen. n. 9080/1988
Integra minaccia idonea a determinare la condizione di soggezione psicologica, ai fini della sussistenza del delitto di estorsione, di cui all'art. 629 c.p., il comportamento di più persone, nella specie cinque, le quali, suscitando grave timore nei gestori di un circolo privato, costringono i medesimi, con la prepotenza dei modi e la forza intimidatrice del numero e della fama delle loro malefatte, a tollerare la loro presenza nel circolo, pur non essendone soci, e la consumazione di liquori e altro senza pagarne l'importo.
Cass. pen. n. 8295/1988
In tema di estorsione, allorché sia consegnata una somma di danaro, anche se inferiore a quella richiesta e la stessa somma sia entrata per pochi momenti nel possesso dell'estorsore e per pochi momenti sia uscita dalla sfera di disponibilità della vittima, con evidente danno della medesima, si è in presenza del delitto di estorsione consumata e non già tentata.
Cass. pen. n. 7115/1988
Sussiste il reato di estorsione consumata nel caso in cui il fallito costringa taluno a stipulare una transazione per somma di gran lunga inferiore rispetto al credito a quest'ultimo riconosciuto in sede giudiziaria, poiché la detta transazione è solo inefficace (o non opponibile alla massa), ma non è nulla.
Cass. pen. n. 5570/1988
Il delitto di estorsione è configurabile, in concreto, in presenza della specifica richiesta, da parte del ricettatore di una somma di danaro per la restituzione della cosa sottratta, in quanto in tale pretesa è implicita la minaccia del danno derivante dalla perdita definitiva della refurtiva, che si sostanzia in una evidente coazione sulla volontà del derubato.
Cass. pen. n. 4702/1988
Nell'estorsione commessa a mezzo telefono, poiché possa configurarsi l'aggravante delle più persone riunite non basta che il telefonista ponga in essere la minaccia qualificandosi come emissario di una banda senza esserlo, ma occorre che egli sia l'effettivo portavoce di una decisione assunta collettivamente ed esprima la specifica volontà di più partecipanti nel delitto.
Cass. pen. n. 3717/1988
In tema di estorsione, quando si tratta di azione intimidatrice indiretta, come quella compiuta con il mezzo della lettera o della telefonata minatoria, ovvero di azione clandestina, come l'esplosione di un ordigno presso il muro di cinta dell'abitazione della vittima, il contemporaneo impegno occulto di più persone non ha modo di estrinsecare una capacità intimidatoria maggiore di quanto non possa derivare dalla semplice consapevolezza della partecipazione, anche soltanto morale e non operativa di più persone al progetto criminoso considerato nella sua globalità. Ne consegue che va esclusa in tale ipotesi l'aggravante delle più persone riunite.
Cass. pen. n. 2822/1988
Ai fini della configurabilità del reato di estorsione di cui all'art. 629 c.p., la richiesta effettuata dai sequestratori nei confronti del sequestrato, al momento della liberazione, di pagare successivamente il prezzo del riscatto, costituisce minaccia idonea a coartare la libertà psichica della persona offesa.
Cass. pen. n. 2539/1988
La ragione d'essere dell'aggravante, di cui al combinato disposto artt. 629 cpv. e 628, terzo comma n. 1 c.p., risiede nella maggior forza coercitiva che indubbiamente esercita la minaccia allorché la stessa provenga non già da un singolo soggetto, ma da più persone, che agiscano unitamente tra loro. Ne consegue che l'azione intimidatrice congiunta assume rilievo ai fini della sussistenza dell'aggravante suddetta quante volte di tale maggior forza coercitiva il soggetto passivo assuma coscienza attraverso qualsiasi mezzo che valga a fargli percepire l'azione medesima, per cui detta aggravante sussiste quand'anche manchi, come nel caso di lettera o telefonata minatoria, un contatto diretto ed immediato con tutti i partecipanti dell'estorsione purché risulti provato che la vittima abbia avuto la netta e sicura sensazione della provenienza dell'azione costrittiva da parte di persone.
Cass. pen. n. 2416/1988
Ai fini della sussistenza del delitto di estorsione, è irrilevante l'individuazione del momento in cui si è avuto il pregiudizio patrimoniale del soggetto passivo a seguito della condotta impostagli, una volta che sia rimasto accertato il rapporto di causa ad effetto tra la violenza o minaccia posta in essere dagli estortori e la consegna della somma da parte della vittima del ricatto.
Cass. pen. n. 1080/1988
Sussiste il reato di estorsione, e non quello di truffa aggravata ai sensi dell'art. 640, cpv. n. 2, c.p., quando l'agente consegua il profitto rappresentando una situazione di pericolo che ingeneri nel soggetto passivo il timore che il male minacciato sia certo e che provenga dall'agente stesso o da persona a lui collegata, realizzandosi invece il secondo reato quando il pericolo sia prospettato come soltanto eventuale e possibile, senza il concorso della volontà di colui che lo rappresenta.
Cass. pen. n. 10877/1987
Ai fini della consumazione del reato di estorsione, non è necessario che il profitto sia stato materialmente realizzato, essendo sufficiente la mera disponibilità del bene acquisito attraverso la violenza o la minaccia.
Cass. pen. n. 10150/1987
La richiesta di danaro giustificata dalla necessità di soddisfare le sia pur modeste esigenze di persone detenute integra gli estremi del delitto di estorsione, anche se formulata in termini di estrema cortesia, quando l'invito a pagare serve ad incutere nella vittima il timore di rischi e pericoli inevitabili (implicitamente per le allusioni generiche a danni futuri, attraverso l'ostentazione simbolica di mezzi idonei a recare nocumento, ed esplicitamente per l'uso di intimidazione violenta contemporaneamente effettuata da persona apparentemente ignota).
Cass. pen. n. 10082/1987
La circostanza aggravante del numero delle persone nel reato di estorsione è configurabile anche nell'ipotesi in cui la violenza o minaccia sia esercitata in forma mediata, a mezzo di lettera, telefono o nuncius, quando il soggetto passivo abbia avuto la netta e sicura sensazione della provenienza dell'azione costrittiva da parte di più persone. (Nella specie è stata ritenuta la sussistenza dell'aggravante, poiché le parti lese ebbero, per le modalità dei crimini e per l'alternanza di varie persone al telefono, la precisa percezione di essere vittime di una banda di estorsori).
Cass. pen. n. 9824/1987
In tema di estorsione, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante delle «più persone riunite» non è necessaria la simultanea presenza fisica di più persone nel luogo e nel momento della consumazione del delitto, ma è sufficiente che la condotta estorsiva venga posta in essere da una pluralità di soggetti agenti in concorso e che il carattere solidale dell'azione costrittiva, sia percepito dal soggetto passivo, il quale si renda conto, cioè, che più persone si sono coalizzate ai suoi danni.
Cass. pen. n. 9454/1987
Il reato di estorsione si consuma con la consegna da parte della vittima della somma di denaro al richiedente. È irrilevante che l'autore dell'estorsione abbia mantenuto il possesso delle cose profitto di reato per un periodo anche estremamente breve e che le cose stesse siano state recuperate poco dopo per il predisposto intervento della polizia o di terzi. (Nella fattispecie è stato escluso che, pur essendo durato pochi istanti il possesso conseguito dal reo, fosse configurabile il tentativo, invece del reato consumato).
Cass. pen. n. 9364/1987
In tema di estorsione, la ratio dell'aggravante del numero delle persone di cui all'art. 629, secondo comma, c.p., si lega alla obiettiva pericolosità del fatto e alla maggiore efficacia intimidatrice della presenza di più persone, ancorché la violenza o minaccia sia stata posta in essere da una sola persona. Ne consegue che — all'infuori di un concorso circoscritto alla fase di preparazione o ideazione del delitto, in cui sarà applicabile, ricorrendone gli estremi, la norma dell'art. 112, n. 1, c.p. (cinque o più persone) — sussiste l'aggravante di cui al secondo comma dell'art. 629 c.p., anche nel caso di due o più compartecipi.
Cass. pen. n. 1207/1987
Nell'ipotesi in cui il responsabile del delitto di usura ponga in essere una minaccia per ottenere il pagamento degli interessi usurari, è configurabile il delitto di estorsione e non quello di ragion fattasi, poiché l'agente è consapevole di esercitare la minaccia stessa per ottenere il soddisfacimento dell'ingiusto profitto derivante da una pretesa contra ius, egli non può avere infatti la ragionevole opinione di far valere un diritto tutelabile con l'azione giudiziaria, che gli è negata in considerazione dell'illiceità della pretesa.
Cass. pen. n. 13333/1986
Allorché il ladro solleciti il derubato al versamento di una somma per farlo rientrare in possesso del bene sottrattogli, è sempre configurabile il delitto di estorsione, in quanto la costrizione è determinata dalla minaccia implicita e contestuale alla stessa richiesta di pagamento, essendo il derubato consapevole del fatto che l'omesso versamento si tradurrebbe immediatamente nella perdita definitiva del bene.
Cass. pen. n. 13329/1986
Si configura il delitto di estorsione nella ipotesi in cui l'imputato, essendo a conoscenza del furto di una cosa, usi di questa conoscenza come mezzo di pressione morale sull'animo del derubato, richiedendogli l'esborso di una somma di danaro per farlo rientrare in possesso della res furtiva. (Fattispecie in ipotesi di tentativo).
Cass. pen. n. 11069/1986
Il delitto di estorsione è configurabile anche in un comportamento apparentemente corretto ma implicitamente portatore di minacce, anche indeterminate, così da far sorgere nella persona offesa la preoccupazione di un ineludibile pregiudizio. (Nella specie, la corte ha ritenuto integrare il delitto di estorsione la richiesta di denaro fatta sotto forma di colletta presso i commercianti di un rione, ed a beneficio degli ex detenuti).
Cass. pen. n. 7382/1986
Il delitto di estorsione, che è un tipico delitto contro il patrimonio, si distingue dalla violenza privata, che è un reato contro la libertà morale, per il fine specifico di conseguire un ingiusto profitto con altrui danno. (Nella specie, relativa a ritenuta estorsione, le persone offese, coartate, vessate, maltrattate e suggestionate, erano state costrette, alle dipendenze dell'imputato, a lavori ingrati per conto di questi, senza ricavarne alcuna retribuzione, salvo il minimo di sostentamento per una mera sopravvivenza).
Cass. pen. n. 7380/1986
La minaccia idonea a configurare il delitto di estorsione può assumere forme ben diverse, come quella della prospettazione di azioni giudiziarie, che si traduce in un male ingiusto nel caso di pretestuosità della richiesta, o come quella della denunzia penale, che si rivela ingiusta quando la utilità in cui si concreta non sia dovuta e di ciò l'agente sia consapevole.
Cass. pen. n. 3824/1986
Per configurarsi il reato di estorsione è sufficiente che la minaccia, che è elemento costitutivo, sia tale da incutere una coercizione dell'altrui volontà ed a nulla rileva che il soggetto passivo in effetti non si sia intimidito né rileva la misura dell'intensità del proposito dell'agente riguardo alla realizzazione del male minacciato.
Cass. pen. n. 3651/1986
Nel delitto di estorsione e in quello di rapina il dolo deve essere escluso e il fatto può essere qualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni nell'ipotesi in cui l'autore della violenza o della minaccia abbia agito nella convinzione ragionevole, se pure eventualmente errata, della legittimità della propria pretesa. In tal caso, la possibilità del ricorso al giudice, ai fini della minore ipotesi delittuosa prevista dall'art. 393 c.p., deve esistere obiettivamente, in base all'ordinamento giuridico, e non può essere valutata solo con riguardo all'operazione soggettiva dell'agente; né rileva l'eventuale errore in cui quest'ultimo sia incorso trattandosi di errore avente ad oggetto una norma extrapenale che costituisce il presupposto del precetto penale — in esso inserendosi e completandolo — e che, quindi, non può valere come scusante.
Cass. pen. n. 9513/1985
Ad integrare la minaccia finalizzata all'estorsione è sufficiente quella implicita di non poter ottenere la restituzione del maltolto.
Cass. pen. n. 8731/1984
Il delitto di estorsione è configurabile sia quando si minaccia una denunzia, una querela o una citazione, diretta più che al riconoscimento di un diritto, alla realizzazione di un profitto ingiusto, sia quando la violenza o la minaccia — perfino indiretta e mediata — si prospettano, come fine ultimo, di paralizzare la legittima tutela di diritti e di interessi altrui per trarre, dalla inazione o dalla rinunzia, frutto della coartazione, proprio quel profitto che una tempestiva azione giudiziaria avrebbe potuto impedire.
Cass. pen. n. 3232/1984
In tema di delitto di estorsione sussistono gli estremi dell'idoneità della minaccia tutte le volte che, nell'apprezzamento dell'intera fattispecie e con riguardo alla volontà sopraffattrice dell'agente e alle particolari condizioni della vittima (carattere non coraggioso e già intimidito da recenti fatti di violenza), quest'ultima, di fronte alle ingiuste richieste del primo, venga a trovarsi nella condizione di doverne subire la volontà per evitare il paventato verificarsi di un più grave pregiudizio.
Cass. pen. n. 2480/1984
Il reato di estorsione è caratterizzato, quanto all'elemento psicologico, dalla consapevolezza di usare la violenza, fisica o morale, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto che si sa ingiusto, con necessaria estensione del dolo alla ingiustizia del profitto, che costituisce uno degli elementi materiali del reato.
Cass. pen. n. 2476/1984
Ai fini della configurabilità del reato di estorsione, anche la minaccia dell'esercizio di un diritto, in sé non ingiusta, può diventare tale, se l'esercizio del diritto è finalizzato a conseguire un profitto non dovuto. Tuttavia, la semplice strumentalizzazione dell'esercizio di un diritto, ove si esprima in termini contrattuali, in un rapporto paritario di libere determinazioni, pur diretta, per ipotesi, alla realizzazione di un notevole profitto, non rende questo ingiusto in senso tecnico, in quanto esso è rappresentativo di una prestazione nell'incontro sinallagmatico delle volontà. (Nella fattispecie, in sede di transazione di controversie pendenti tra locatore e locatario, quest'ultimo aveva richiesto la somma di lire 700.000 in corrispettivo di spese effettuate e dell'immediato rilascio dell'immobile. La S.C. ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per tentata estorsione).
Cass. pen. n. 2964/1982
L'aggravante delle più persone, di cui all'art. 629 ultima parte c.p., non si identifica in un qualsiasi concorso di più persone, la cui partecipazione al reato può svolgersi in tempi e luoghi diversi ed anche mediante concorso soltanto morale, bensì nella presenza simultanea di più correi al momento e sul luogo del delitto.