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Articolo 1965 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Nozione

Dispositivo dell'art. 1965 Codice Civile

La transazione(1) è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni(2), pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro [1304](3).

Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti [1976](4).

Note

(1) La transazione è un contratto consensuale ed a prestazioni corrispettive, atteso che entrambi gli stipulanti rinunciano a parte delle proprie pretese. Di regola la forma scritta è prevista solo ad probationem (v. 1967 c.c.) ma se la lite ha ad oggetto i diritti di cui all'art. 1350 c.c. è necessaria per la validità del contratto (1050, n. 12 c.c.). Poiché la transazione è volta ad incidere sulla lite si tratta di negozio a natura dispositiva. Una volta stipulato, è questo che regolerà i rapporti tra le parti in relazione alla res litigiosa. La transazione si distingue dall'arbitrato, rituale ed irrituale (806 ss. c.p.c.), con il quale le parti deferiscono ad uno o più terzi la soluzione della lite.
(2) Affinché si configuri transazione è essenziale il sacrificio reciproco delle parti che non si ha se, ad esempio, una di esse rinuncia completamente alla propria pretesa ed accetta le condizioni della controparte.
(3) Si veda anche l'art. 2113 del c.c. così come modificato dall'art. 6, L. 11 agosto 1973, n. 533 in materia di limiti alle transazioni che hanno per oggetto diritti del lavoratore.
(4) Si tratta della c.d. transazione novativa con la quale, oltre a prevenire o risolvere una lite, le parti regolano un diverso rapporto giuridico.

Ratio Legis

Lo scopo della transazione è quello di concludere una lite già insorta o di evitarne il nascere, quindi la finalità è soprattutto deflattiva. Le parti, al contempo, ottengono diversi vantaggi, tra i quali evitare i costi del giudizio e mantenere la padronanza della materia contesa, evitando di demandarne a terzi la soluzione.

Brocardi

Aliquid datum, aliquid retentum
Animus transigendi
Metus litis
Res dubia
Res litigiosa
Transactio nullo dato vel retento minime procedit

Spiegazione dell'art. 1965 Codice Civile

Fisionomia della transazione nella nuova legislazione. La transazione e il negozio di accertamento. Problema dell’efficacia costitutiva o dichiarativa della transazione. Rinnovazione e novazione con riguardo alla transazione. Onerosità e bilateralità della transazione

La dottrina della transazione è stata sottoposta in questi ultimi anni ad una intensa revisione critica. Questa è apparsa necessaria, oltre che per i grande rinnovamento di idee e di metodi portato dalla nuova teoria generale del processo e per le conseguenti ripercussioni su ogni istituto anche di diritto sostanziale che incide sul processo, soprattutto in seguito agli studi che solo di recente si sono venuti svolgendo in Italia sul cosiddetto negozio di accertamento. Ma, sia per le difficoltà specifiche inerenti al concetto di un accertamento privato, sia, e forse ancor più, per la mancanza di una nozione generale di accertamento giuridicamente e logicamente fondata, questi studi non hanno avuto sinora che risultati essenzialmente problematici, e la loro problematicità si è estesa su tutta la dottrina della transazione, sicché oggi non vi è, si può dire, alcuno degli aspetti teorici di questo negozio che non sia oggetto di vive controversie. Non e questa la cede più adatta per trattare una serie di problemi che, già notevolmente ardui in rapporto al sistema del diritto positivo, sconfinano necessariamente in un campo pressoché inesplorato di concetti scientifici complessi e delicati, non appena si cerchi di dar loro una impostazione adeguata. L'argomento, tuttavia, deve essere almeno sfiorato: ci limiteremo, dunque, a titolo di una prima presa di contatto col nostro istituto, a richiamare le discussioni agitate in dottrina, i punti principali messi a fuoco, le questioni che ancora rimangono aperte.

La dottrina moderna ha esattamente compreso che non può definirsi la funzione e la natura della transazione senza prendere in esame il negozio di accertamento. Ma è proprio la determinazione dei rapporti concettuali intercorrenti tra negozio transattivo e negozio di accertamento, che ha fatto sorgere it maggior numero di discussioni. A parte coloro, i quali vorrebbero eliminato il problema negando diritto di cittadinanza, nel nostro ordinamento giuridico positivo, all'accertamento negoziale, tutte le possibili soluzioni hanno trovato in dottrina tenaci sostenitori e non meno tenaci oppositori. Vi e chi nega autonomia all'accertamento negoziale configurandolo come una delle possibili forme in cui può atteggiarsi il negozio transattivo, vi è chi, di contro, considera il negozio transattivo come una delle possibili incarnazioni dell'accertamento negoziale ; altri, poi, contrappone risolutamente le due figure per ciò che l'uno avrebbe come sua causa l'eliminazione dell'incertezza e l'altro la composizione della lite, ovvero per ciò che l'uno realizza una funzione dichiarativa attraverso una struttura costitutiva, mentre la transazione, attraverso una struttura costitutiva realizza una funzione pure costitutiva ; vi è, infine, chi nega autonomia tanto alla transazione quanta al negozio di accertamento, sostenendo che la prima si risolve in un mezzo di rafforzamento e la c. d. funzione di accertamento in un semplice motivo dei negozi giuridici.

Le obiezioni mosse contro la figura dell'accertamento negoziale non sembrano concludenti. Chi a tale risultato perviene affermando la correlatività tra funzione di accertamento e potere statuale, non è poi in grado di fornire una persuasiva spiegazione di tale aprioristica affermazione. Non pare che sia possibile contestare la validità in sede logica e la rilevanza in sede giuridica della funzione di accertamento privato. Comunque si intenda, infatti, la funzione di accertamento non si vede perché debba considerarsi prerogativa degli organi statuali (de che implicherebbe l'irrilevanza o peggio dell'accertamento privato), l’ esistenza, d'altra parte, nel nostro diritto positivo, dell'istituto della transazione, che al negozio di accertamento per tanti aspetti — soprattutto per quello generale riflettente la funzione, legislativamente definita in relazione alla eliminazione della lite — si avvicina, induce a sottoscrivere, sul punto in discussione, quanto e stato autorevolmente detto da un nostro processualista : « Se non c’è una norma, la quale, espressamente o per analogia, interdica la auto-composizione e, in particolare, la transazione di una lite, assoggettata al processo di accertamento, negare che vi sia un contratto, anzi un negozio di accertamento non si può ».

Palesemente inaccettabile è poi la tesi che esclude la esistenza del negozio di accertamento e della transazione come figure negoziali autonome : tesi che, per quanto riguarda la prima figura, si accontenta di una formulazione empirica (mezzo di rafforzamento) del tutto priva di qualsiasi significato tecnico, e, per quanto concerne la seconda figura, si riporta ad una vecchia ed ormai definitivamente scontata concezione del negozio transattivo quale causa generale di acquisto e di perdita dei diritti.

Non potendo scendere a precisazioni e dettagli circa le altre tesi prospettate dalla dottrina ci limitiamo a due rilievi.

Non sembra, innanzitutto, che si possa negare la esistenza, la legittimità e la tipicità di un intento volto ad accertare una determinata situazione giuridica, di un intento, cioè, atto a costituire il substrato di una causa negoziale. Spiegare in che questo intento si concreta significa, da un verso affrontare il problema della dichiarazione, di scienza e di volontà, e dall'altro penetrare nella teoria degli effetti giuridici. Sotto il primo profilo si dovrebbe precisare se la dichiarazione di accertamento possa o meno farsi rientrare tra le dichiarazioni di volontà e se, nel caso di adesione alla tesi negativa, possa ritenersi compromessa la natura negoziale della dichiarazione di accertamento : dovrebbe, in altre parole, riesaminarsi la distinzione tra dichiarazioni di volontà e dichiarazioni di scienza, in rapporto al concetto di negozio giuridico.

Sotto il secondo profilo, si tratta di stabilire se la situazione giuridica, che deve realizzare l'intento, diciamo così, accertativo, possa farsi rientrare nello schema tradizionale del mutamento del mondo giuridico, ovvero si atteggi in modo del tutto peculiare qualora si dovesse accedere a questa seconda soluzione, come fanno coloro che discorrono di un effetto dichiarativo o conservativo o rafforzativo, verrebbe a schiudersi un vasto e pressoché inesplorato campo di indagini, a conclusione delle quali sarebbe necessario proporre una totale revisione dei concetti dominanti circa le possibili manifestazioni dell'effetto giuridico. Si tratta, come chiaro, di ricerche a largo raggio elle qui non possono venire se non accennate, nel modo che si e fatto, per segnare le linee direttrici di un'indagine, che ancora si attende, sull'accertamento negoziale.

Ora, è evidente come la fondamentale riserva prospettata intorno alla natura dell'accertamento negoziale, e soprattutto intorno alla natura dell'effetto che la funzione di accertamento tende a realizzare non consenta di prendere posizione sulle accennate questioni dei rapporti tra negozio di accertamento e transazione. È possibile, tuttavia, indicare qualche generale criterio direttivo : e veniamo così al secondo rilievo.

È certo innegabile la esistenza di una stretta affinità tra le due figure negoziali : tale affinità è costituita dal risultato giuridico ultimo, al quale entrambe danno luogo, e che si pus indicare, in via del tutto approssimativa, come segue : eliminare lo stato di contestazione intorno ad una situazione giuridica data, ed escludere it condizionamento della validità, del regolamento negoziale convenuto alla sua congruenza con la reale situazione giuridica preesistente. Ma queste stesse indicazioni di momenti effettuali, sono, come si è detto, approssimative. La « messa fuori contestazione », di cui parla la dottrina, e una espressione non tecnica, giacché resta da stabilire in che modo si elimina la contestazione, anzi in che propriamente consista la stessa contestazione ; come si traduce la « messa fuori contestazione » nella situazione giuridica rispettiva dei soggetti : interrogativi, questi, che hanno accompagnato e accompagnano altre formule proposte dalla dottrina per designare la funzione generale dell'accertamento, come quelle che tale funzione individuano nella composizione della lite o nella eliminazione dell'incertezza. Lo stesso è a dire per il secondo effetto, sul quale peraltro la dottrina non si è soffermata.

Ma l'affinità, della quale si è parlato, non sembra possa condurre in ogni caso al dissolvimento dell'una o dell'altra figura negoziale entro lo schema di quello che si vuole salvare. Se anche si dovesse ammettere una pia generale raffigurazione comune — che, come il lettore esperto ha già intuito, opera su un piano diverso da quello in cui dalla dottrina il negozio di accertamento e la transazione sono stati ricondotti a categoria unitaria — non potrebbe mai disconoscersi che tra i due fenomeni vi è qualcosa di essenzialmente diverso, anzi di contrapposto. Nel negozio di accertamento, comunque poi si consideri in concreto la funzione logico-giuridica dell'accertare, sembra infatti che le parti intendano eliminare lo stato di contestazione, attraverso un regolamento che sia congruente alla situazione giuridica preesistente, e che il loro sforzo consista appunto nel rispecchiare, con le clausole del regolamento, tale situazione ; nel negozio transattivo sembra, invece, che tale considerazione sia indifferente, poiché le parti muovono non già dalla situazione giuridica contestata, ma dalle loro reciproche pretese — pendenti come tali, dall'effettivo contenuto della situazione giuridica - e che tali parti mirino a raggiungere una soluzione di compromesso della controversia, con un comune sacrificio delle loro rispettive pretese originarie.

Questo punto di vista renderebbe inaccettabili le due opposte tesi della unificazione del negozio di accertamento e della transazione con la riduzione di entrambe le figure all'unico schema negoziale del primo, rispettivamente, della seconda. Ma rimarrebbe sempre aperto il problema della costruzione di una generale causa di accertamento che si specifichi poi nella causa dell'accertamento negoziale e della transazione che naturalmente quando si riconosca, in sede di diritto positivo, la legittimità del concetto di causa generica in contrapposto al tradizionale concetto di causa specifica.

L'avere stabilito che la transazione assolve al compito di porre fine ad una lite mediante una soluzione di compromesso tra le opposte pretese delle parti, lascia aperte molte questioni, ed in particolare le seguenti : che tipo di efficacia è da ascrivere al negozio transattivo? Qual è il significato della parola lite nella definizione legale della transazione?

Cominciamo con la prima questione, che è strettamente aderente ai problemi finora accennati. È noto come la dottrina abbia impostato il dibattito, intorno alla efficacia della transazione, sulle contrastanti tesi della natura dichiarativa ovvero della natura costitutiva di questo negozio. Ma i termini del dibattito non sono univoci poiché diversi sono i significati con cui si intende la costitutività, e, rispettivamente, la dichiaratività della transazione : del resto, anche fuori del campo del contratto che qui si studia, ai termini predetti viene attribuita una pluralità di significati.

Solitamente, a proposito del negozio transattivo, la costitutività viene spiegata in funzione di irretroattività e la dichiaratività in funzione di retroattività. I termini della duplice correlativa equivalenza così instaurata non risultano tuttavia adeguatamente approfonditi e ad una spregiudicata analisi la stessa equivalenza postulata appare illegittima Un primo punto da mettere in chiaro è il seguente : che la retroattività è un modo di essere dell'effetto e non già del fatto. Di conseguenza nulla dalla natura del fatto (sia esso dichiarazione di scienza — giudizio o dichiarazione di volontà — comando) può argomentarsi per la efficacia ex nunc o ex tunc del fatto medesimo : il fatto appartiene al mondo della storia, e, in massima parte, ai soggetti, l'effetto alla legge. Gli atti giuridici sono di solito liberamente atteggiati dai soggetti ; non vi e dubbio che la legge e sempre libera nel configurare l'effetto. Perciò è astrattamente possibile che la legge attribuisca efficacia ex nunc ad una dichiarazione di scienza, ed efficacia ex tunc ad una dichiarazione di volontà. A quest'ordine di idee si informa la dottrina, quando rileva che la sola retroattività di cui meriti conto parlare è quella reale, cioè opponibile ai terzi, e non quella obbligatoria, cioè operante nei soli rapporti tra le parti, e che una tale retroattività deve essere voluta e disposta, dal legislatore, non rientrando essa nell'ambito delle facoltà diapositive dei soggetti. Ciò significa che la retroattività, secondo il punto di vista che appare più esatto, null'altro e se non un ulteriore arricchimento dei consueti effetti degli atti giuridici, per cui tali effetti vengono congegnati in modo da essere, per quanto possibile, identici a quelli che si sarebbero avuti qualora il negozio fosse stato posto in essere nel momento al quale viene retrodatata l'efficacia dell'atto. Questa concezione, in sostanza, condividono anche coloro che ricorrono alla finzione per spiegare il fenomeno giuridico della retroattività.

Appare quindi più corretto porre la questione in termini diversi, e domandarci se la transazione abbia o meno effetto innovativo in generale e se, inoltre, abbia o meno effetto retroattivo. Problemi, questi, che vanno tenuti distinti, poiché l'effetto innovativo e l'effetto retroattivo, non essendo collegati da alcun rapporto di implicazione, possono benissimo essere disgiunti La disciplina positiva che il legislatore ha apprestato per la transazione svela il punto di vista che il legislatore ha voluto, sul primo problema, imporre:
a) è innanzitutto scomparso, come si è già detto, il primo alinea dell'art. 1772 cod. 1865, da cui qualche seguace della teoria dichiarativa traeva l'argomento principale a sostegno della dottrina sostenuta. La soppressione di questo alinea, in cui piuttosto enfaticamente veniva equiparata la transazione al giudicato, ha notevole peso : non soltanto come significativo indice del pensiero del legislatore, ma anche in ordine alle questioni che si accendevano intorno alla equiparazione instaurata nel codice del 1865 sul presupposto della efficacia normalmente dichiarativa della sentenza.

b) è stata poi introdotta, nel capoverso dell'art. 1865, una notevole innovazione, il cui contenuto, peraltro, era già ammesso, sotto il codice abrogato, dalla nostra migliore dottrina: « con le reciproche concessioni si possono creare, modificare ed estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti ». La formulazione di tale articolo non e impeccabile. Data la posizione della particella « anche » nella struttura del periodo riportato, i tre verbi « creare, modificare, estinguere » dovrebbero riferirsi tanto al rapporto controverso quanto ai rapporti ad esso estranei : ma mentre è ben chiara l'ipotesi della modificazione o della estinzione, lascia assai perplessi l'ipotesi della creazione del rapporto controverso ; d'altra parte se e facile intendere come possa crearsi con la transazione un nuovo rapporto, non si riesce invece ad intendere come possa venire modificato od estinto un rapporto « diverso », senza che questo sia venuto a far parte della materia della transazione, sia venuto ad incidere, cioè, nel rapporto controverso. Ma quel che importa qui rilevare è l’affermazione dell’ efficacia innovativa della transazione e la possibilità che dalla transazione scaturiscano effetti, i quali non possono essere considerati come semplici modificazioni interne del controverso.

c) la disposizione ora indicata preclude a contenuta nell'art. 1976, che assume un particolare rilievo nella questione che qui interessa. In essa infatti si viene a riconoscere la compatibilità dello schema contrattuale della transazione col fenomeno della novazione, la cui fonte non pile avere, e naturale, se non natura costitutiva.

d) va infine ricordata la disposizione dell'art. 1976, che, riconoscendo esplicitamente nel nostro istituto, della risoluzione per inadempimento, fornisce una ulteriore riprova dell'intenzione del legislatore di riconoscere efficacia innovativa alla transazione.

Non riteniamo che possa considerarsi valido argomento, a favore della tesi della efficacia innovativa della transazione, quello delle reciproche concessioni, al quale invece la dottrina dà solitamente il massimo risalto. Infatti l'aliquid datum et retentum non riguarda la reale situazione giuridica delle parti, ma solo le pretese e le contestazioni da queste reciprocamente avanzate, siche come casuale è l'eventuale coincidenza tra il regolamento transattivo e la reale situazione giuridica delle parti, altrettanto casuale e la loro discordanza : e non è certo legittimo costruire una definizione concettuale su un semplice calcolo quantitativo di probabilità.

A questo punto però occorre domandarsi come mai debba intendersi la contrapposizione tra efficacia innovativa ed efficacia dichiarativa. E ciò perché, essendosi tradizionalmente definito come effetto giuridico la costituzione, modificazione od estinzione di una situazione giuridica, appare necessaria la illazione che dove non si riscontra un mutamento nel mondo del diritto non si riscontra neppure un effetto giuridico. Cosicché si cade in contraddizione quando, non contestandosi la validità del concetto comune di effetto giuridico, si parla di un effetto dichiarativo (o fissativo, confermativo, rafforzativo ecc.). Se sia legittima la definizione corrente di effetto giuridico o se invece si richieda una radicale revisione di essa, e problema di teoria generale che qui non pub essere affrontato.

Bisogna tuttavia avvertire che, comunque, l' efficacia innovativa della transazione non deve andare confusa con la sua pretesa traslatività. Quando si identifica il concetto di effetto innovativo col concetto effetto traslativo, e si vuole, conseguentemente, dalla situazione giuridica determinata dalla transazione trarre argomento per sostenere che la situazione giuridica preesistente, tra le parti, al regolamento transattivo doveva essere diversa nel suo contenuto da quella che risulta dal regolamento transattivo medesimo, si dimentica la reale funzione della transazione, per la quale è indifferente che la situazione giuridica predisposta nel regolamento transattivo coincida o meno con la situazione giuridica esistente prima tra le parti. E ciò a prescindere dal rilievo che la nozione di effetto innovativo appare più estesa di quella di effetto traslativo.

Rimane ora da considerare il secondo aspetto della questione : la retroattività o la irretroattività dell'effetto della transazione. La dottrina era orientata prevalentemente, sotto il codice del 1865, verso la efficacia retroattiva della transazione tesi, alla quale taluno accedeva anche riconoscendo al negozio natura costitutiva. L'argomento principale, che si soleva addurre a sostegno di tale tesi era la inesistenza, nel codice abrogato, di una disposizione che richiedesse la trascrizione del negozio transattivo. Così, col medesimo ragionamento, si riconosce adesso alla transazione efficacia ex nunc perché il nuovo codice ha espressamente previsto l'onere della trascrizione (art. 2643, n. 13). Tuttavia dobbiamo contestare la correlatività dei fenomeni della trascrizione e della irretroattività, non essendo essa meno arbitraria di quella che si era voluta rinvenire tra i fenomeni della costitutività e della irretroattività. La retroattività e la irretroattività attengono infatti al contenuto della situazione effettuale, mentre la trascrizione sta al di fuori di tale situazione, della quale condiziona la (estensione della) efficacia nei confronti dei terzi. La retroattività e la irretroattività sono modi di essere dell'effetto rispetto al tempo; la trascrizione e invece condizione di efficacia dell'effetto oltre la sfera giuridica dei soggetti dell'atto. E come la trascrizione tardiva di un negozio dotato di efficacia ex nunc implica la inopponibilità di tale negozio rispetto ai terzi che abbiano tempestivamente trascritto un negozio successivo ; così egualmente, un negozio avente efficacia ex tunc, può prevalere rispetto a negozi anteriori ma non ancora trascritti e finché non trovi, nella sua efficacia a ritroso, una trascrizione di altri negozi con esso incompatibili. E da ritenere, quindi, che non si può avere riguardo alla trascrizione per stabilire se la transazione abbia o meno efficacia retroattiva.

La retroattività, in quanto peculiare ed anomalo atteggiarsi del contenuto di una situazione effettuale, può prodursi solo se esplicitamente disposta dal legislatore o dalle parti. E certo che tale retroattività, per la transazione, non 6 disposta in alcuna norma di legge. Si deve trarre pertanto la conseguenza che la transazione non è essenzialmente retroattiva, anzi e normalmente irretroattiva. Ciò non toglie, tuttavia, che la retroattività possa essere convenuta dai contraenti : in tal caso la situazione effettuale si atteggerà in modo da presentare i caratteri dell'efficacia anticipata.


Ma allora tale retroattività — volontaria — sari opponibile ai terzi , purché costoro non abbiano acquistato diritti incompatibili con (mei radicati nella transazione, e non abbiano provveduto a trascrivere, prima della trascrizione della transazione, i negozi da cui tali diritti derivano.

Non memo arduo è il secondo problema, relativo al significato del testo dell'art. 1965 cod. civ. Il capoverso di tale articolo ferma già un punto di indubbia importanza : vale a dire che lite deve intendersi controversia nascente da pretesa e contestazione. Ma non appena si cerchi di approfondire il concetto di lite in rapporto alla transazione, sorgono subito le questioni : può formare oggetto della transazione una qualsiasi lite o soltanto una lite incerta ? che significato deve darsi all'espressione legislativa « lite che può sorgere » specie in riguardo al requisito dell'incertezza ?

La dottrina tradizionale, avuto riguardo soprattutto al principio della inefficacia della transazione su lite temeraria, era unanime nel riconoscere che non ogni lite potesse formare oggetto valido della transazione, ma soltanto una lite incerta o dubbia, perché soltanto una tale lite si riteneva potersi accompagnare alla buona fede delle parti. Contro questo indirizzo reagì vigorosamente un nostro illustre studioso, quale, pur non approfondendo il problema quanto la difficoltà dell'argomento avrebbe richiesto, sostenne la perfetta coincidenza tra il campo della transazione e quello della lite : tesi, questa, che dopo aver trovato tenaci oppositori si va rapidamente imponendo.

Tuttavia, se i campi della transazione e della lite coincidono, rimane da stabilire come deve intendersi, rispetto alla transazione, il concetto di a lite che può sorgere . Taluno, che vuole essere rigorosamente conseguente al principio della coincidenza tra i campi della lite e della transazione, ed all'ulteriore e coordinato principio della inessenzialità dell'incertezza come requisite della lite, considera la lite che pub sorgere quale lite non ancora portata nel processo, cioè quale uno stadio antecedente al processo, in cui il processo si presenta come probabile. Altri poi, con maggiore aderenza ai testi di legge, definisce la lite che può sorgere quale lite futura e probabile. Ma poiché la lite futura o probabile e spiegata dai più in termini di incertezza, consegue, che la res dubia viene ad atteggiarsi come possibile presupposto esclusivo della transazione, ed il negozio transattivo, a sua volta, oltre che alla, rimozione, può risultare preordinato alla prevenzione della lite, ottenuta mediante la eliminazione dell'incertezza.

Da qui l'idea che la transazione, quando concerne una lite futura, assolve ad una funzione di accertamento.

Si urta così con un altro concetto tormentato, quello di incertezza che, inteso in senso soggettivo non ha alcuna giuridica consistenza (il diritto non si preoccupa, ne sarebbe in grado, di rimuovere dubbi), inteso in senso oggettivo viene in contraddizione col principio logico della determinatezza dcl passato. D'altra parte l'affermazione secondo cui il negozio transattivo, quando concerne una lite futura, si atteggia come negozio di accertamento o assolve ad una funzione di accertamento, implica l'assurda conseguenza che un unico schema negoziale possa contenere in se due cause specifiche non solo diverse ma, come si e detto di sopra, tra loro incompatibili.

A nostro vedere non vi e difficoltà ad ammettere che lite non ancora nata significhi possibilità, in contrapposto all'attualità, della lite (lite non ancora cominciata, dice l'art. 764 cod. civ.) : ciò che di concreto vi è in tale previsione consiste non soltanto nella generica eventualità della lite, ma anche nella specifica determinatezza del possibile contenuto della lite. E necessario, cioè, che le reciproche pretese, per quanto non ancora operanti, si siano almeno delineate in modo the, una volta verificatisi i presupposti di fatto, possano essere fatte valere nelle previste loro modalità. Si comprende allora come sia dato alle parti, sulla base di pretese che esse prevedono come probabili, porre in essere un regolamento transattivo che realizzi oggi una soluzione di compromesso di quella lite che potrebbe sorgere domani. Rimane in tal modo salva la possibilità di tenere distinta la transazione su lite futura dal negozio di accertamento.

Evidentemente errato è poi il punto di vista sostenuto da chi, muovendo dalla fallace idea che nel momento in cui le parti avviano trattative amichevoli cessa il conflitto di pretese, esclude che la causa della transazione possa rinvenirsi nella composizione della lite.

Si è sollevata in dottrina la questione : se la transazione possa venire ricondotta sotto lo schema della riproduzione (o rinnovazione) dei negozi giuridici. La questione avrebbe un rilievo meramente teorico, se non venisse ad interferire con quella riguardante la efficacia novativa della transazione. Dalla risoluzione di quest'ultima in un senso piuttosto che in un altro, discendono infatti conseguenze opposte in ordine alla impugnabilità del negozio per cause inerenti al rapporto originario, al mantenimento dei mezzi di garanzia che accompagnavano it rapporto nella primitiva configurazione, alla applicabilità delle norme sulla risoluzione per inadempimento, ecc. Del primo argomento ci occupiamo quindi solo al fine di spianare la via all'esame del secondo, evitando di proposito una indagine in profondità nel campo tutt'altro che pacifico della riproduzione del negozio.

Partendo dal concetto della renovatio quale sostituzione della nuova dichiarazione alla precedente nel regolamento futuro del rapporto, non si è avuta difficolta ad ammettere che anche la transazione costituisse un fenomeno di rinnovazione in senso tecnico. Tale illazione si pub con qualche riserva ammettere, purché alla enunciazione non si voglia dare carattere di assolutezza, dovendosi tenere in conto, a questo proposito, it disposto dell'art. 1976. Se davvero la causa della seconda dichiarazione deve riporsi nella creazione del nuovo regolamento, della nuova disciplina concreta del rapporto, un limite concettuale indeclinabile, che in certo modo ne determina i confini, tale fenomeno trova nella necessità. che, pur avverandosi la sostituzione della fonte nella disciplina giuridica del rapporto, quest'ultimo tuttavia, per quanto possa subire a causa della renovatio delle modificazioni più o meno profonde, permanga tuttavia nella sua primitiva identità ; il limite concettuale della rinnovazione del negozio consiste cioè nel fatto che alla sostituzione dei negozi non si accompagna una sostituzione dei rapporti; consiste in altre pa­role, nella efficacia meramente modificativa del secondo negozio. Sicché non si ha rinnovazione negoziale in senso tecnico tutte le volte che per effetto della successiva dichiarazione il precedente rapporto viene ad estinguersi per essere sostituito da un rapporto diverso ed in conseguenza non possono coincidere i fenomeni della renovatio e della novatio.

Con ciò non si esclude che alla sostituzione dei negozi possa accompagnarsi la sostituzione dei rapporti si afferma soltanto che in tal caso non siamo nei confini logici della rinnovazione, giacché quanto al requisito dell'aliquid novi previsto espressamente dall'art. 1230 deve riconoscersi che, concernendo la sostanza del rapporto e non semplici elementi accessori, esso contrasta col principio della permanenza del rapporto — requisito indeclinabile della renovatio, se a quest'ultima voglia darsi una sia pur minima concretezza — ; mentre quanto al requisito dell'animus novandi, costituendo la rinnovazione in tale senso lato un semplice ed occasionale strumento mediante il quale può venire attuato il fenomeno novativo, esso fa perdere qualsiasi colore all'animus renovandi. D'altra parte, se si ammette la possibilità di coesistenza dei fenomeni della novazione e della rinnovazione si attenuano le linee già troppo vaghe che la dottrina menzionata assegna al fenomeno in esame, aprendosi l'adito ad ulteriori fenomeni, quali, ad esempio, la risoluzione di un precedente rapporto preordinata alla costituzione di rapporto diverso che farebbe smarrire ogni possibilità di ricomporre in una configurazione tecnica apprezzabile il fenomeno della novatio. Occorre notare infine che novazione e rinnovazione operano con strumenti affatto opposti : la prima mediante un raccordo di rapporti sotto il profilo della causalità; la seconda mediante un raccordo di negozi in processo di assorbimento. Ciò rende ragione della opposta disciplina dettata dalla legge, ad esempio per quanto concerne le garanzie del rapporto originario — le quali si estinguono, tranne un'espressa riserva, in caso di novazione (art. 1232), mentre permangono, tranne un contrario patto, in caso di rinnovazione —; ovvero per quanto concerne i riflessi che hanno sul rapporto rinnovato, e, rispettivamente, su quello novato, i vizi che affettavano il rapporto originario, giacché mentre la novazione e nulla se non esisteva l'obbligazione originaria e non è neppure valido se discende da un titolo annullabile, del quale il debitore ignorava il vizio (art. 1234), la rinnovazione invece è sempre valida anche se il primo negozio era nullo o annullabile, ed anche quando non se ne conoscessero i vizi .

Si esamineranno ora i rapporti che intercorrono tra i fenomeni della rinnovazione e della novazione nei confronti dell'istituto della transazione.

Partendo da un concetto molto lato della renovatio, taluno, come si è detto, riconosce, che nella transazione opera un fenomeno di rinnovazione del contratto. Ma questa dottrina non può avere un carattere assoluto, giacché per la necessità della permanenza del rapporto — the, come si e osservato, rappresenta un limite necessario al concetto di rinnovazione — deve escludersi che ricorra it fenomeno della renovatio tutte le volte che nella transazione non si abbia la permanenza del precedente rapporto. A questo riguardo è significativo l'art. 1976, il quale prevede l'ipotesi in cui attraverso la transazione venga a realizzarsi una novazione. Ma occorre più precisamente definire il significato che nel problema in esame viene ad assumere questo richiamo testuale.

La dottrina si è soffermata poco sui rapporti tra gli istituti della novazione e della transazione, ma si è di massima pronunciata contro la compatibilità giuridica dei due fenomeni, fondandosi principalmente sulle seguenti considerazioni : a) che di fronte alla causa della transazione, consistente nella composizione della lite, perde qualsiasi rilievo l'animus novandi, che invece e un requisito istituzionale della novazione (art. 1230) ; b) che la transazione esclude la necessità per le parti di accertare il precedente stato di diritto, mentre la novazione presuppone accertata l'esistenza dell'obbligazione che si vuole estinguere per crearne un'altra; c) che se la transazione avesse causa novandi dovrebbe cadere tutte le volte che fosse poi dimostrato che non sussiste l'obbligazione novata, cioè estinta con la novazione .

Non tutte queste considerazioni sono decisive : ad esempio la prima null'altro può significare se non che nella transazione opera un'inversione nel compito normale della novatio, nel senso che mentre negli altri negozi e la causa novandi che assorbe la causa tipica — si che quest'ultima degrada da causa a mezzo attraverso cui la novazione si attua — nella transazione invece tale assorbimento non si produce, permanendo sempre la transazione quale strumento per la composizione della lite. Il vero è che la funzione della transazione non e compatibile con la struttura della novazione, e null'altro che questa incompatibilità, con mezzi non sempre perfettamente adeguati, esprimono le considerazioni sopra riportate. E infatti carattere fondamentale della novazione il legame di causalità che intercorre tra il rapporto novato ed il nuovo rapporto, tanto che in termini significativi, per quanto non troppo precisi, si suol dire in dottrina che la creazione della nuova obbligazione costituisce l'adempimento della prima. Tale legame di causalità invece è in contrasto col fine della transazione, rispetto al quale e necessario che la costituzione del nuovo.

Qualche questione, tuttavia, va risolta con l'ausilio dei principi, in mancanza di espressi riferimenti testuali. Così non è valida la transazione che implichi alienazione di beni costituiti in patrimonio familiare, se non intervenga l'autorizzazione del tribunale (art. 170) ; non è valida la transazione che implichi alienazione di beni ovvero riduzioni o restrizioni di ragioni dotali, se non e stato espressamente consentito nell'atto di costituzione o non intervenga autorizzazione del tribunale in uno col consenso di entrambi i coniugi (art. 187).

Quanto alla comunione degli utili, è da ritenere che il marito amministratore possa transigere in ordine ai beni che cadono in comunione, essendo egli autorizzato ad alienarli a titolo oneroso (art. 220): non così la moglie, a lui sostituita nell'amministrazione, per causa di lontananza od altro impedimento, perché essa pub alienare i beni ricadenti nella comunione solo con l'autorizzazione del tribunale (art. 222).

Anche l'erede beneficiato dev'essere autorizzato dal tribunale per compiere transazioni che possono implicare alienazione dei beni ereditari, sotto pena di decadenza dal beneficio dell'inventario (art. 493): naturalmente, anche con la detta autorizzazione, egli potrà concludere la transazione, quando abbia fatto nei termini l'inventario (art. 486).

Il curatore fallimentare può transigere ove sia autorizzato dal giudice delegato (art. 35, R. D. 16 marzo 1942, n. 267).

La norma contenuta nel secondo alinea richiama la distinzione tra diritti disponibili e diritti indisponibili. Il testo legislativo non si può considerare, nella sua formulazione, impeccabile. Infatti, la distinzione tra diritti indisponibili per natura e diritti indisponibili per legge, non è teoricamente fondata. I diritti, come entità giuridiche, sono qualificabili e classificabili unicamente sulla base delle norme del diritto : ne ha importanza l'identificazione della fonte di produzione delle norme giuridiche in base alle quali vanno fatte le classificazioni medesime. Piuttosto, la norma in esame può significare che quando un diritto sia dichiarato indisponibile per espressa disposizione di legge, sarà sufficiente attenersi al criterio meramente formate, senza indagare ulteriormente sulla natura di quel diritto, per vedere se essa sia presa in considerazione da altre norme giuridiche, magari non legali, ai fini della determinazione della sua disponibilità o indisponibilità.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

629 Nel trattare i caratteri del contratto di transazione (articolo 738), fermo il concetto che il suo elemento causale è la composizione di una lite mediante reciproche concessioni, ho anzitutto chiarito, adottando un analogo indirizzo della nostra dottrina, che il contenuto di tale concezione può essere svariato e può incidere sui rapporti diversi da quello controverso.
Ciò significa che, mediante la transazione, le parti realizzano lo scopo di comporre una lite attuale o potenziale, non soltanto operando esclusivamente sulle pretese rispettive concernenti il rapporto in contesa, ma mediante la costituzione di nuovi rapporti, o mediante la modificazione e l'estinzione di rapporti preesistenti.

Massime relative all'art. 1965 Codice Civile

Cass. civ. n. 6821/2023

L'effetto novativo della transazione può essere ritenuto sussistente solo allorquando esso discenda direttamente dal negozio transattivo che tale effetto contempla, mentre non può ritenersi immediatamente novativa la transazione che colleghi l'effetto novativo eventualmente contemplato, non alla conclusione in sé della transazione medesima, ma alla sua regolare esecuzione, ponendo quest'ultima come condizione dello stesso effetto novativo che, quindi, deve ritenersi precluso in caso di mancato avverarsi della suindicata condizione.

Cass. civ. n. 1067/2023

Affinché una transazione sia validamente conclusa, è necessario, da un lato, che essa abbia ad oggetto una "res dubia", e, cioè, che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall'altro, che, nell'intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito nella parte in cui aveva escluso che potesse essere posta a fondamento di una domanda proposta da una compagnia aerea nei confronti di una società di gestione di servizi aereoportuali, una transazione conclusa tra le medesime parti avente ad oggetto la riduzione di tariffe di servizi aeroportuali, per essere venuta meno, attraverso la conclusione dell'iter giudiziale, composto da ricorso ad AGCOM e successiva pronuncia del Consiglio di Stato, nelle more tra la sottoscrizione della transazione e l'atto di citazione, la res dubia relativa alle tariffe medesime).

Cass. civ. n. 26118/2021

L'eccezione di intervenuta transazione non forma oggetto di un'eccezione in senso stretto sottratta al rilievo officioso, come quelle per le quali la legge richiede espressamente che sia soltanto la parte a rilevare i fatti impeditivi, estintivi o modificativi, e pertanto essa può essere rilevata dal giudice d'ufficio, anche in appello, non essendo il relativo rilievo subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte, purché i fatti risultino documentati "ex actis". (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che fosse ammissibile in appello l'eccezione di transazione intervenuta nel corso del giudizio, indipendentemente dalla sua natura novativa o non novativa). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO MILANO, 03/10/2018).

Cass. civ. n. 17869/2021

La transazione può atteggiarsi come atto di composizione dell'originario rapporto litigioso mediante la conclusione di un rapporto costitutivo di obbligazioni autonome, diverse da quelle originarie (transazione novativa), ovvero come atto di composizione del rapporto litigioso esclusivamente mediante modifiche alle obbligazioni preesistenti, senza elisione del collegamento con l'originario rapporto (transazione semplice), sicché, in ragione della propria natura e dei propri effetti, quella novativa si sottrae al regime di alternatività Iva-registro riferibile al rapporto originario.

Cass. civ. n. 16154/2021

In tema di transazione, le reciproche concessioni, cui si riferisce il primo comma dell'art. 1965 c.c., devono essere intese in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti.

Cass. civ. n. 21371/2020

L'efficacia novativa della transazione presuppone una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall'accordo transattivo, in virtù della quale le obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti devono ritenersi oggettivamente diverse da quelle preesistenti, con la conseguenza che, al di fuori dell'ipotesi in cui sussista un'espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l'originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni.

Cass. civ. n. 18489/2020

Nei contratti come la transazione, per i quali la forma scritta è richiesta soltanto "ad probationem", poiché la legge non prescrive la contestuale sottoscrizione delle parti contraenti, l'eventuale mancanza di sottoscrizione di una di esse può essere sostituita dall'inequivocabile manifestazione della volontà di avvalersi del negozio documentato nella scrittura incompleta, in particolare mediante la produzione della stessa in giudizio o l'intervenuta accettazione della medesima fatta allo scopo di avvalersi dei suoi effetti negoziali. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 15/10/2015).

Cass. civ. n. 15411/2020

La transazione è estranea al rapporto di lavoro ed agli obblighi contributivi, perché alla base del calcolo degli oneri previdenziali deve sempre essere posta la retribuzione prevista per legge o per contratto, individuale o collettivo; ne consegue che le somme pagate a titolo di transazione dipendono da quest'ultimo contratto e non dal diverso contratto di lavoro, sicché l'assoggettabilità a contribuzione delle poste contenute nell'accordo transattivo è conseguenza dell'accertata natura retributiva delle stesse. (Nella specie, è stato esclusa l'assoggettabilità a contribuzione dell'incentivo all'esodo previsto in una transazione novativa che definiva una lite concernente esclusivamente la risoluzione del rapporto di lavoro).

Cass. civ. n. 28170/2019

Il principio generale secondo cui la transazione - stipulata nel corso di una lite - non dedotta in giudizio è travolta dal giudicato è applicabile solo nel caso in cui essa abbia ad oggetto il diritto controverso, laddove, nell'ipotesi in cui le parti si siano limitate a concordare, rispettivamente, l'una la rinuncia agli atti del giudizio e l'altra la rinuncia alle spese già liquidate in proprio favore, la transazione è valida anche se stipulata anteriormente alla sentenza di condanna, trattandosi di un tipico "pactum de non petendo" (per le spese da liquidare) o "de non exequendo" (per le spese già liquidate). (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di gravame con il quale una delle parti lamentava di essere stata condannata, pur dopo la transazione, al pagamento in favore dell'altra delle spese del giudizio di appello, ritenendo che, poiché l'accordo transattivo restava valido e non travolto dal giudicato, la parte ricorrente non aveva giuridico interesse ex art. 100 c.p.c. a rimuovere detta pronuncia).

Cass. civ. n. 18219/2019

In riferimento al contratto di transazione, deve distinguersi la cosiddetta "transazione generale" dalla "transazione speciale": mediante la prima le parti in lite chiudono definitivamente ogni contestazione su tutti i loro pregressi rapporti, costituendo una nuova situazione, all'interno della quale non è necessario individuare una concessione in relazione ad ogni singola vicenda implicata nel contratto, potendo la concessione di ciascuna parte tradursi anche nel totale sacrificio di una sola posizione, relativa ad uno dei vari affari coinvolti nel compimento di interessi. Si ha, invece, transazione speciale quando l'accordo ha ad oggetto un affare determinato, essa produce l'effetto preclusivo della lite limitatamente al solo affare transatto.

Cass. civ. n. 8240/2019

Ai fini dell'interpretazione di un negozio come transazione divisionale, nel quale la causa transattiva prevale su quella divisionale, non è possibile presumere la volontà di transigere con rinuncia ai propri diritti, sulla base della semplice consapevolezza della sproporzione delle quote o dei beni indicati nell'accordo divisorio, in mancanza non soltanto dell'"aliquid datum aliquid retentum", ma anche di un mero disaccordo tra gli eredi e di qualsiasi espressa rinuncia o menzione della volontà di comporre future controversie. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 26/11/2013).

Cass. civ. n. 7194/2019

In materia di transazione novativa, è necessario che l'accordo raggiunto dalle parti disciplini per intero il nuovo rapporto negoziale, ricorrendo altrimenti una novazione conservativa, perché la novazione oggettiva si configura come un contratto estintivo e costitutivo di obbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un diverso rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche. Di tale contratto sono elementi essenziali, oltre ai soggetti e alla causa, l'"animus novandi", consistente nella inequivoca, comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l'originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e l'"aliquid novi", inteso come mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione o del titolo del rapporto.

Cass. civ. n. 26168/2018

La rinuncia in sede transattiva avente a oggetto non il contratto illecito, quanto l'azione di nullità volta all'accertamento di tale illiceità, costituisce una rinuncia ai diritti conseguenti alla declaratoria giudiziale della nullità, in contrasto con l'art. 1972, comma 1, c.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha statuito che la rinuncia a un'azione di nullità di un contratto per violazione del patto commissorio traente causa da un contratto di transazione, volto a chiudere la lite pendente, fosse priva di fondamento causale, siccome fondata su una transazione nulla per contrasto con il divieto stabilito dall'art. 1972 c.c.).

Cass. civ. n. 13367/2018

L'accordo transattivo tra il difensore della parte vincitrice in primo grado, dichiaratosi antistatario, e la parte soccombente avente ad oggetto i soli compensi professionali del primo, non può ritenersi esteso anche al rapporto oggetto della controversia tra le parti processuali e non denota alcuna acquiescenza alla sentenza di primo grado, in quanto il procuratore ha partecipato alla stipula dell'atto solo in qualità di procuratore antistatario, essendo titolare di un autonoma pretesa a conseguire direttamente la prestazione dalla parte processuale soccombente e non avendo alcuna procura "ad negotia" idonea a vincolare stragiudizialmente la propria assistita.

Cass. civ. n. 23482/2017

L'oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì in relazione all'oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre attraverso reciproche concessioni, giacchè la transazione - quale strumento negoziale di prevenzione di una lite - è destinata, analogamente alla sentenza, a coprire il dedotto ed il deducibile.

Cass. civ. n. 20590/2017

La natura transattiva di un accordo stipulato tra datore di lavoro e lavoratore può essere esclusa quando, oltre al dato formale della mancata esplicitazione dei presupposti del negozio transattivo, sia riscontrabile, sulla base di una complessiva valutazione del medesimo, nonché della condotta tenuta dalle parti, una carenza assoluta degli elementi tipici del negozio stesso, quali la “res litigiosa”, le reciproche concessioni, la volontà di porre fine a una lite. (Nella specie, la S.C., dando applicazione al principio, ha confermato la pronuncia di merito che aveva escluso la natura transattiva di un negozio in cui non erano enunciate le diverse posizioni contrapposte, né la specifica pretesa economica del lavoratore, risultando solo una sua generica dichiarazione di non avere nulla a pretendere e di accettazione di una somma di denaro “in via transattiva”, a fronte di un rapporto lavorativo durato circa quattordici anni, di cui dieci non formalizzati).

Cass. civ. n. 8342/2017

La transazione avente efficacia novativa del rapporto in ordine al quale era insorto conflitto tra le parti (nella specie, un contratto di finanziamento) ha effetto estintivo delle garanzie reali originariamente prestate, salvo che i contraenti non abbiano convenuto di conservarle anche in relazione al nuovo contratto, ma, in tale caso, il patto opera esclusivamente "inter partes", occorrendo, ai fini della conservazione di garanzie prestate da terzi, il necessario consenso del garante; peraltro, la novazione dell’obbligazione garantita determina l’estinzione anche delle garanzie personali, ove non espressamente mantenute, sia "accessorie", in considerazione del nesso di dipendenza che lega la obbligazione di garanzia a quella principale, sia "autonome" in considerazione del nesso indissolubile che lega la causa concreta di garanzia autonoma alla esistenza del rapporto garantito.

Cass. civ. n. 14432/2016

La transazione può avere funzione traslativa soltanto con riguardo a rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti, dovendosi ritenere inconcepibile il trasferimento tra le parti in lite, mediante transazione, di un diritto la cui appartenenza sia incerta perché oggetto di contestazione.

Cass. civ. n. 8917/2016

Dalla scrittura contenente la transazione devono risultare gli elementi essenziali del negozio, e quindi, la comune volontà delle parti di comporre una controversia in atto o prevista, la "res dubia", vale a dire la materia oggetto delle contrastanti pretese giuridiche delle parti, nonché il nuovo regolamento di interessi, che, mediante le reciproche concessioni, viene a sostituirsi a quello precedente cui si riconnetteva la lite o il pericolo di lite.

Cass. civ. n. 15444/2011

La transazione può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato nell'accordo transattivo, di guisa che dall'atto sorgano reciproche obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti. Pertanto, al di fuori dell'ipotesi di un'espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l'originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni, ovvero se esse si siano limitate ad apportare modifiche alle obbligazioni preesistenti senza elidere il collegamento con il precedente contratto, il quale si pone come causa dell'accordo transattivo che, di regola, non è volto a trasformare il rapporto controverso.

Cass. civ. n. 11632/2010

Nella transazione c.d. "conservativa", con cui le parti si limitano a regolare il rapporto preesistente mediante reciproche concessioni, senza crearne uno nuovo (come avviene invece nel caso di transazione c.d. "novativa"), il rapporto che ne discende è comunque regolato dall'accordo transattivo e non già da quello che in precedenza vincolava le parti medesime, con la conseguenza che la successiva scoperta di inadempimenti non rilevati al momento della transazione (nella specie, relativa ad un contratto di appalto privato di lavori) può essere eventualmente fatta valere con l'impugnazione per errore dell'accordo transattivo, siccome rilevante ove abbia ad oggetto il presupposto della transazione e non già le reciproche concessioni. L'accertamento relativo alla natura ed alla portata dell'accordo transattivo integra un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se la relativa motivazione sia immune da vizi logici e giuridici. 

Cass. civ. n. 13717/2006

Deve essere qualificata novativa la transazione che determina l'estinzione del precedente rapporto e ad esso si sostituisce integralmente, di modo che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello dell'accordo transattivo, con la conseguente insorgenza dall'atto di un'obbligazione oggettivamente diversa dalla precedente. È qualificabile, invece, come transazione semplice o conservativa l'accordo con il quale le parti si limitano ad apportare modifiche solo quantitative ad una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti (anche) in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali. Il relativo accertamento, circa la ricorrenza dell'una o dell'altra ipotesi di transazione, integrando un apprezzamento di fatto, è come tale riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso e confermato l'impugnata sentenza, rilevando che il giudice di merito si era attenuto ai riportati criteri distintivi, ravvisando correttamente, in ordine alla natura del credito oggetto del contratto, il carattere novativo della transazione intercorsa tra una società assicuratrice e il ricorrente, in considerazione dello specifico accordo che contemplava l'attribuzione di una rendita vitalizia stabilita con connotati quantitativi e normativi diversi dal trattamento che sarebbe spettato per i contributi previdenziali omessi).

Cass. civ. n. 4455/2006

Si ha transazione novativa qualora sussistano contestualmente due elementi, uno di natura oggettiva e uno di natura soggettiva: sul piano oggettivo è necessario che le parti, onde risolvere o prevenire una lite, siano addivenute ad una rinunzia reciproca, anche parziale, alle proprie pretese, volta a modificare, estinguendola, la situazione negoziale precedente e ad instaurarne una nuova in quanto tra i due rapporti, il vecchio e il nuovo, vi sia una situazione di obiettiva incompatibilità; sul piano soggettivo, è necessario che sussista una inequivoca manifestazione di volontà delle parti in tal senso, ovvero che esse abbiano palesato il loro intento di instaurare tra loro un nuovo rapporto e di estinguere quello originario, dando a tale volontà forma e contenuto adeguati. (Nella specie la S.C., riformando la sentenza di merito, ha ritenuto che dovesse in concreto escludersi la configurabilità della transazione novativa, essendosi le parti limitate al rilascio di cambiali per importo non inferiore all'ammontare del debito — ciò che non integra una rinuncia da parte del creditore, ma al contrario un rafforzamento del credito — e alla modifica dei termine di pagamento).

Cass. civ. n. 421/2006

La transazione può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello avente causa nell'accordo transattivo. In tal caso, l'animus novandi può essere desunto anche per implicito da fatti concludenti, e il relativo accertamento, unitamente all'esame delle clausole contrattuale, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione.

Cass. civ. n. 27448/2005

L'eventuale efficacia novativa della transazione dipende dalla situazione di oggettiva incompatibilità nella quale i due rapporti — quello preesistente e quello nuovo — vengono a trovarsi. Pertanto, per determinare il carattere novativo o conservativo della transazione, occorre accertare se le parti, nel comporre l'originario rapporto litigioso, abbiano inteso, o meno, addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, diretto a costituire, in sostituzione di quello precedente, nuove autonome situazioni.

Cass. civ. n. 690/2005

L'oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì in relazione all'oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre attraverso reciproche concessioni, giacché la transazione - quale strumento negoziale di prevenzione di una lite - è destinata, analogamente alla sentenza, a coprire il dedotto ed il deducibile. (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato che, in mancanza di specifiche limitazione, l'efficacia dell'accordo transattivo raggiunto dalle parti si estendeva a tutti i diritti scaturenti dal rapporto di locazione della cassetta di sicurezza, ivi compresa l'obbligazione per la responsabilità della banca derivante dal comportamento di un suo dipendente, accertato solo in un momento successivo alla stipulazione della transazione.

Cass. civ. n. 11142/2003

Per la validità della transazione è necessaria la sussistenza della res litigiosa , ma a tal fine non occorre che le rispettive tesi delle parti abbiano assunto la determinatezza propria della pretesa, essendo sufficiente l'esistenza di un dissenso potenziale, anche se ancora da definire nei più precisi termini di una lite e non esteriorizzata in una rigorosa formulazione.

Cass. civ. n. 10794/2003

Ai sensi del primo comma dell'art. 1965 c.c., la transazione può avere ad oggetto, per la realizzazione della sua funzione, anche diritti estranei alla controversia che, con essa, si vuole evitare.

Cass. civ. n. 10456/2003

Nell'ambito dell'autonomia privata le parti possono limitare l'ambito della transazione, definendo soltanto parte della controversia fra di loro insorta.

Cass. civ. n. 7830/2003

La transazione, pur modificando la fonte del rapporto giuridico preesistente, non ne determina necessariamente l'estinzione in quanto, al di fuori dell'ipotesi di un'espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, l'eventuale efficacia novativa della transazione dipende dalla situazione di oggettiva incompatibilità nella quale i due rapporti quello preesistente e quello nuovo vengono a trovarsi ; pertanto, per determinare il carattere novativo o conservativo della transazione, occorre accertare se le parti, nel comporre l'originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, diretto a costituire, in sostituzione di quello precedente, nuove autonome situazioni ; il relativo apprezzamento è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione logica, coerente e completa. (Nella specie, un architetto aveva convenuto in giudizio un comune per il pagamento del compenso dovutogli per la redazione di un progetto per la realizzazione di una piscina comunale ed aveva transatto la lite, obbligandosi a modificare il progetto e ad adattare l'opera ad una area diversa da quella ordinaria ; la S.C., nell'enunciare il succitato principio di diritto, ha ritenuto incensurabile la motivazione con la quale il giudice del merito aveva escluso l'efficacia novativa della transazione, in quanto era rimasta immutata la natura giuridica del rapporto e l'oggetto delle prestazioni assunte dalle parti consistenti, rispettivamente, nella redazione di un progetto e nel pagamento del corrispettivo essendo state convenute modificazioni concernenti esclusivamente le caratteristiche e l'ubicazione dell'opera ).

Cass. civ. n. 5139/2003

In riferimento al contratto di transazione, va distinta la cosiddetta «transazione generale» dalla «transazione speciale»: con la prima le parti in lite chiudono definitivamente ogni contestazione su tutti i loro pregressi rapporti, costituendo una nuova situazione, all'interno della quale non è necessario individuare una concessione in relazione ad ogni singola vicenda implicata nel contratto, potendo la concessione di ciascuna parte tradursi anche nel totale sacrificio di una sola posizione, relativa ad uno dei vari affari coinvolti nel componimento di interessi; si ha invece transazione speciale quando l'accordo ha ad oggetto un affare determinato; in quest'ultimo caso, essa produce l'effetto preclusivo della lite solo limitatamente all'affare transatto.

Cass. civ. n. 729/2003

Ai fini della qualificazione di una dichiarazione liberatoria sottoscritta dalla parte come quietanza o piuttosto come transazione, occorre considerare che la quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa costituisce, di regola, una semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell'interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e pertanto concreta una dichiarazione di scienza priva di alcuna efficacia negoziale, laddove nella dichiarazione liberatoria sono ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto soltanto quando, per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili aliunde, risulti che la parte l'abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti (in applicazione di questo principio di diritto, la S.C. ha ritenuto esente da vizi di motivazione la sentenza di merito che qualificava il documento sottoscritto dalle parti come transazione — e non come semplice quietanza liberatoria — avendo il giudice di merito accertato che le parti si erano scambiate delle reciproche concessioni).

Cass. civ. n. 615/2003

In tema di transazione, le reciproche concessioni alle quali fa riferimento l'art. 1965, primo comma, c.c., possono riguardare anche liti future non ancora instaurate ed eventuali danni non ancora manifestatisi, purché questi ultimi siano ragionevolmente prevedibili; il relativo accertamento è riservato all'apprezzamento del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione logica e completa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva rigettato la domanda proposta dal locatore nei confronti del conduttore per il risarcimento degli asseriti danni provocati all'immobile condotto in locazione, sul rilievo che le parti, all'atto della risoluzione del rapporto, avevano stipulato una transazione con la quale avevano inteso prevenire liti future, senza apporre alcuna riserva in ordine ad eventuali danni all'immobile).

Cass. civ. n. 15245/2002

La quietanza rilasciata dal creditore al debitore ha natura di atto unilaterale recettizio contenente il riconoscimento, da parte del creditore stesso, dell'avvenuto pagamento, con la conseguenza che, di regola, non è legittimo desumere, dal suo rilascio, l'esistenza di una volontà transattiva o di rinuncia ad altre pretese del creditore, salvo che ciò non emerga da specifici elementi di fatto e dal complessivo contenuto del documento, secondo l'accertamento compiuto dal giudice di merito che, ove sorretto da adeguata e corretta motivazione, si sottrae al sindacato di legittimità.

Cass. civ. n. 6724/2000

La quietanza rilasciata ad un istituto assicuratore può assumere natura e consistenza di contratto transattivo, ove risulti la comune volontà delle parti di evitare ogni contesa mediante reciproche concessioni (indipendentemente dall'equivalenza tra il datum e il retentum ) in relazione ad un dissenso sia pure potenziale.

Cass. civ. n. 11117/1999

Affinché una transazione sia validamente conclusa, è necessario, da un lato, che essa abbia ad oggetto una res dubia, e, cioè, che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di incertezza, e, dall'altro, che, nell'intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche. L'oggetto della transazione, peraltro, non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, che possono consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali.

Cass. civ. n. 2526/1999

L'intento di prevenire liti giudiziarie può configurare la causa del negozio mediante il quale una parte assume verso un'altra un'obbligazione personale di facere, indipendentemente dalla preesistenza di un diritto di quest'ultima che la giustifichi, e pertanto tale preesistenza non è necessaria per la validità del negozio sotto il profilo della causa. (Nella specie una parte si era obbligata al ripristino, a richiesta della controparte, del serbatoio installato nel cortile comune, affermando che ciò non voleva costituire menomazione della preesistente servitù attiva ad utilizzarlo, e la sentenza impugnata, non cassata, aveva accolto la domanda ravvisando la funzione economico-sociale del negozio nell'evitare una lite).

Cass. civ. n. 710/1999

Sussiste l'ipotesi della transazione novativa, di cui — a norma dell'art. 1976 c.c. — non può essere chiesta la risoluzione per inadempimento, solo quando dall'esame dell'intenzione delle parti e delle clausole contrattuali risulti che la transazione sia incompatibile con alcune delle obbligazioni oggetto del precedente rapporto, e cioè che dall'atto sorga un'obbligazione oggettivamente diversa da quella preesistente, sicché l'obbligazione posteriore sostituisca la precedente. (Nella specie, sulla .base del riportato principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso il carattere novativo della transazione — contenuta in una conciliazione giudiziale — con i cui lavoratori, cui era riconosciuta una cospicua somma di denaro, avevano accettato i contestati licenziamenti loro , intimati e rinunciato anche alle.pretese conseguenti a un precedente licenziamento e derivanti a qualsiasi titolo dai rapporti di lavoro e dalla loro cessazione).

Cass. civ. n. 9229/1995

Per la fattibilità della transazione è sufficiente la sola presenza di discordanti valutazioni in ordine a certe situazioni reali o giuridiche ed ai diritti ed obblighi delle parti e la disponibilità del diritto in contestazione, senza che rilevi la posizione psicologica della parte o delle parti sulla situazione di diritto della controversia, compresa la certezza assoluta della intangibilità della propria posizione.

Cass. civ. n. 9114/1990

In tema di transazione, le reciproche concessioni, cui si riferisce il primo comma dell'art. 1965 c.c., devono essere intese in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti.

Cass. civ. n. 8330/1990

In tema di transazione le reciproche concessioni tra cui non è richiesto a pena di validità un equilibrio economico — non debbono necessariamente esaurirsi nell'ambito del rapporto controverso, potendo esse non riguardare le pretese litigiose alle quali s'intenda porre fine, bensì incidere su diritti e beni estranei alla causa, giacché per il secondo comma dell'art. 1965 c.c. è consentito alle parti risolvere la lite costituendo, modificando od estinguendo rapporti diversi da quelli oggetto della pretesa e della contestazione.

Cass. civ. n. 6546/1990

La rinuncia di un soggetto ad un diritto nell'ambito di un rapporto contrattuale può essere subordinata alla condizione potestativa sospensiva di una rinuncia ad un altro diritto, derivante dal rapporto, dell'altro contraente ed in tal caso la prima rinuncia, che normalmente realizza un negozio giuridico unilaterale, può assumere, in relazione all'altra, la natura di negozio giuridico bilaterale, anche di carattere transattivo, ove le due rinunzie si pongano, secondo le volontà dei rinuncianti, non in modo autonomo, ma in posizione di corrispettività, tenuto conto dei reciproci sacrifici e vantaggi.

Cass. civ. n. 6326/1986

In tema di composizione contrattuale di una controversia tra più parti, la mancata partecipazione anche di una sola delle parti interessate impedisce il perfezionamento della fattispecie negoziale.

Cass. civ. n. 2633/1982

Nella transazione il presupposto della res dubia sussiste per la sola presenza di discordanti valutazioni in ordine a certe situazioni reali o giuridiche e ai rispettivi diritti ed obblighi delle parti, qualunque sia il grado di incertezza in cui queste possano versare e senza che rilevi il fatto che si accerti ex post l'infondatezza di una delle tesi contrapposte. Conseguentemente, intervenuto l'accordo transattivo, resta preclusa la possibilità di stabilire quale fosse realmente la situazione giuridica preesistente, essendo questa indagine consentita soltanto ove si alleghi alcuna delle ipotesi di cui agli artt. 1971 e seguenti cod. civ al fine di contestare la validità della transazione.

Cass. civ. n. 2089/1982

La transazione può ben configurarsi come contratto plurilaterale, in quanto risulti caratterizzata da una pluralità di centri di interesse, nel qual caso sono ad essa applicabili gli artt. 1420, 1446, 1459 e 1466 cod. civ., alla cui stregua, rispettivamente, la nullità, l'annullamento e la risoluzione riguardante il vincolo di una delle parti non importa, se non quando la partecipazione della medesima debba ritenersi essenziale, la nullità, l'annullamento o la risoluzione dell'intero rapporto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1965 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Antonio G. R. chiede
lunedì 12/04/2021 - Liguria
“In estrema sintesi: nella mia polizza rc professionale era compresa l’assistenza legale fino ad un massimo di euro 7500. L’assicurazione si è sempre rifiutata di pagarmi le parcelle dei miei avvocati perché l’agenzia, come dichiarato dall’ARAG SE ,"non aveva, erroneamente, aperto il sinistro per l’assistenza legale" (Il foglio con il parere dell’Arag era pervenuto al mio primo legale che nonostante i miei continui solleciti non mi mise al corrente di questo documento). Tolto il mandato a questo legale per la sua negligenza (si era dimenticato di andare ad una importante udienza), affidai l’incarico ad una nuova avvocatessa anche lei pur avendo ricevuto il documento in questione dal legale precedente si è ben guardata da mettermi al corrente, anzi ha preteso una parcella anticipata per denunciare l’agenzia e farmi restituire i soldi delle parcelle, ci sarebbero anche altre questioni che mi riservo di esporVi in caso di possibile richiesta danni agli avvocati. Il documento dell’Arpag in mio possesso mi e stato inviato via mail, per un proprio errore dalla stessa agenzia di assicurazioni. Il documento dell’Arpag è datato il 12/05/2016. Vi chiedo un consiglio su come muovermi e se è possibile affidare a voi il mandato per rappresentarmi.
Cordialmente

Consulenza legale i 26/04/2021
Va premesso che, come confermato dall’esame della documentazione allegata, la polizza stipulata, comprendente la c.d. tutela legale, copre, nei limiti del massimale pattuito, “le SPESE LEGALI e PERITALI, stragiudiziali e giudiziali, che dovessero essere sostenute dall’Assicurato per tutelare i propri diritti e interessi a seguito di fatti involontari connessi all’attività dichiarata in polizza”.
Nel caso che ci occupa, la necessità di difesa, sia stragiudiziale che giudiziale, è sorta in conseguenza dell’azione risarcitoria promossa dai congiunti della paziente deceduta.
Risulta anche, tuttavia, che la vicenda in questione è stata “chiusa” mediante transazione, della quale abbiamo esaminato una copia soltanto informale, non sottoscritta dalle parti. Ad ogni modo, la transazione altro non è che un contratto (art. 1965 c.c.), con cui le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata (o prevengono una lite che può sorgere tra loro). Lo scopo della transazione non è, dunque, stabilire quale dei contendenti abbia “ragione”, ma di evitare l’inizio o la prosecuzione di una lite; in sostanza, ciascuno dei soggetti coinvolti rinuncia ad una parte della propria pretesa (ad esempio, accettando una somma di denaro inferiore rispetto a quella inizialmente chiesta a titolo di risarcimento danni, oppure pagando una somma che ritiene non dovuta), ottenendo in cambio un vantaggio (maggiore certezza e rapidità della definizione della lite, evitando le lungaggini di un processo e il rischio di spese ulteriori o, peggio, di una soccombenza in giudizio).
Con la transazione in esame, conclusa in via stragiudiziale (quindi non dinanzi al giudice), le parti hanno definito l’ammontare della somma da corrispondersi ai congiunti della vittima; hanno altresì concordato di abbandonare la causa già pendente ed hanno, altresì, regolato le rispettive posizioni in materia di spese legali.
In particolare, per quanto qui specificamente interessa, nella transazione si legge: “[la Compagnia assicuratrice] verserà un contributo spese all’avv. ssa Caia, difensore del dott. Tizio, pari ad € 5.000,00, oltre accessori di legge [...]”; inoltre, sempre la Compagnia “pagherà le spese di CTU alla dott.ssa Sempronia e alla dott.ssa Mevia nella misura di € 5000,00 (cinquemila) detratto l’acconto di € 1000,00 (mille) ove già pagato”.
Inoltre, a conclusione di ogni transazione vi è sempre la dichiarazione, che ogni parte fa, di non aver più nulla a pretendere in relazione al rapporto oggetto della transazione medesima. Anche nel nostro caso, e con specifico riferimento all’aspetto oggetto del quesito, si stabilisce che “Il dott. Tizio dichiara di non aver più nulla a pretendere a titolo contrattuale da [Compagnia assicuratrice] e manleva [Compagnia assicuratrice] da ogni e qualunque pretesa derivante dai fatti di causa ivi comprese spese di giudizio e di qualsiasi altra spesa e/o somma che dovesse essere pretesa da chi che sia a qualsiasi titolo e in qualsiasi momento”.
La circostanza che nell’atto di transazione sia stato espressamente e definitivamente regolato l’aspetto della spese legali da rimborsare all’assicurato, unitamente alla liberatoria sopra riportata, inducono ad escludere che, nei confronti della Compagnia assicuratrice, possano essere avanzate altre richieste in merito al rimborso delle spese legali, e ciò a prescindere dalla questione della mancata apertura del sinistro.

Gabriele D. N. chiede
martedì 20/12/2016 - Abruzzo
“Premesso
che in data 05 luglio u.s. ho transatto mediante verbale di conciliazione giudiziale la causa che avevo promosso contro il licenziamento per giusta causa irrogatomi dalla Spa a intero capitale pubblico dove ero assunto,
Vorrei sapere
se posso continuare, in caso di esito positivo dell’eventuale impugnazione del detto verbale a mente degli artt.1418 e 1970 del cc., a difendere i miei diritti con la causa previgente, che attualmente trovasi per via della suddetta transazione estinta, oppure con quale altro procedimento giudiziale ?
Nell’attesa, porgo Buone Feste !!!”
Consulenza legale i 26/12/2016
A mente dell’art. 1965 c.c., la transazione è un contratto con cui le parti si accordano, facendosi reciproche concessioni, per porre fine ad una lite già iniziata o per prevenire una lite futura. L’art. 1970 c.c., da Lei citato, afferma l’impossibilità di impugnare la transazione a causa di una lesione, posto che la ratio legis della transazione risiede nel fatto che occorre prescindere dall’equità delle concessioni che le parti si sono fatte per ovviare alla lite (sì come affermato da Trib. Bari, 12/9/2006), mentre l’art. 1418 c.c. postula la nullità del contratto.

È dunque lecito pensare che Lei abbia impugnato il contratto di transazione, intentando una causa ordinaria, facendo rilevare una delle cause (ordinarie) di nullità del contratto.
Per la giurisprudenza di legittimità, “ai fini della valida conclusione di una transazione, è necessario, da un lato, che essa abbia ad oggetto una “res dubia”, cioè che cada su un rapporto giuridico avente carattere di incertezza e, dall’altro, che, nell’intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare fra loro, i contraenti si facciano reciproche concessioni” (C. Cass., sez. II, 25/10/2013 n. 24164).
L’oggetto della transazione non è peraltro il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo e che le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni.

Per il caso in cui il Giudice dinanzi al quale è stata impugnata la transazione si pronunci affermandone la nullità, quel contratto non produce alcun effetto tra le parti: in altre parole, è come se la transazione non fosse mai stata stipulata tra le parti, mentre l’annullabilità comporta le stesse conseguenze ove fatta valere e salvo convalida della parte interessata (naturalmente non sarebbe questo il Suo caso).

A rendere il tutto più complicato vi è che la transazione è stata conclusa in sede di udienza (presumibilmente, stante quanto desumibile dal quesito). In tal caso non trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 2113 c.c., che fa salvi i diritti del lavoratore in caso di rinunzia e transazione, per espressa previsione di legge (ultimo comma).

Inoltre, ove il Giudice dichiari nulla/annullabile la transazione, non sarà più possibile proseguire nella “vecchia” causa di lavoro, ormai dichiarata estinta per intervenuta conciliazione delle parti.
L’estinzione però riguarda il processo e non l’azione, sì come stabilito dall’art. 310 c.p.c.: è ben possibile, dunque, radicare una nuova causa dinanzi al Giudice del Lavoro competente, rilevando nell’atto introduttivo tanto l’intervenuta transazione quanto – naturalmente – l’intervenuta impugnazione della stessa con conseguente pronuncia (di accoglimento) del Giudice.

In conclusione, per rispondere alla Sua domanda, Lei non può proseguire la causa dichiarata estinta ma dovrà, se ne ricorreranno i presupposti (nullità della transazione) radicarne una ex novo.