Fisionomia della transazione nella nuova legislazione. La transazione e il negozio di accertamento. Problema dell’efficacia costitutiva o dichiarativa della transazione. Rinnovazione e novazione con riguardo alla transazione. Onerosità e bilateralità della transazione
La dottrina della transazione è stata sottoposta in questi ultimi anni ad una intensa revisione critica. Questa è apparsa necessaria, oltre che per i grande rinnovamento di idee e di metodi portato dalla nuova teoria generale del processo e per le conseguenti ripercussioni su ogni istituto anche di diritto sostanziale che incide sul processo, soprattutto in seguito agli studi che solo di recente si sono venuti svolgendo in Italia sul cosiddetto negozio di accertamento. Ma, sia per le difficoltà specifiche inerenti al concetto di un accertamento privato, sia, e forse ancor più, per la mancanza di una nozione generale di accertamento giuridicamente e logicamente fondata, questi studi non hanno avuto sinora che risultati essenzialmente problematici, e la loro problematicità si è estesa su tutta la dottrina della transazione, sicché oggi non vi è, si può dire, alcuno degli aspetti teorici di questo negozio che non sia oggetto di vive controversie. Non e questa la cede più adatta per trattare una serie di problemi che, già notevolmente ardui in rapporto al sistema del diritto positivo, sconfinano necessariamente in un campo pressoché inesplorato di concetti scientifici complessi e delicati, non appena si cerchi di dar loro una impostazione adeguata. L'argomento, tuttavia, deve essere almeno sfiorato: ci limiteremo, dunque, a titolo di una prima presa di contatto col nostro istituto, a richiamare le discussioni agitate in dottrina, i punti principali messi a fuoco, le questioni che ancora rimangono aperte.
La dottrina moderna ha esattamente compreso che non può definirsi la funzione e la natura della transazione senza prendere in esame il negozio di accertamento. Ma è proprio la determinazione dei rapporti concettuali intercorrenti tra negozio transattivo e negozio di accertamento, che ha fatto sorgere it maggior numero di discussioni. A parte coloro, i quali vorrebbero eliminato il problema negando diritto di cittadinanza, nel nostro ordinamento giuridico positivo, all'accertamento negoziale, tutte le possibili soluzioni hanno trovato in dottrina tenaci sostenitori e non meno tenaci oppositori. Vi e chi nega autonomia all'accertamento negoziale configurandolo come una delle possibili forme in cui può atteggiarsi il negozio transattivo, vi è chi, di contro, considera il negozio transattivo come una delle possibili incarnazioni dell'accertamento negoziale ; altri, poi, contrappone risolutamente le due figure per ciò che l'uno avrebbe come sua causa l'eliminazione dell'incertezza e l'altro la composizione della lite, ovvero per ciò che l'uno realizza una funzione dichiarativa attraverso una struttura costitutiva, mentre la transazione, attraverso una struttura costitutiva realizza una funzione pure costitutiva ; vi è, infine, chi nega autonomia tanto alla transazione quanta al negozio di accertamento, sostenendo che la prima si risolve in un mezzo di rafforzamento e la c. d. funzione di accertamento in un semplice motivo dei negozi giuridici.
Le obiezioni mosse contro la figura dell'accertamento negoziale non sembrano concludenti. Chi a tale risultato perviene affermando la correlatività tra funzione di accertamento e potere statuale, non è poi in grado di fornire una persuasiva spiegazione di tale aprioristica affermazione. Non pare che sia possibile contestare la validità in sede logica e la rilevanza in sede giuridica della funzione di accertamento privato. Comunque si intenda, infatti, la funzione di accertamento non si vede perché debba considerarsi prerogativa degli organi statuali (de che implicherebbe l'irrilevanza o peggio dell'accertamento privato), l’ esistenza, d'altra parte, nel nostro diritto positivo, dell'istituto della transazione, che al negozio di accertamento per tanti aspetti — soprattutto per quello generale riflettente la funzione, legislativamente definita in relazione alla eliminazione della lite — si avvicina, induce a sottoscrivere, sul punto in discussione, quanto e stato autorevolmente detto da un nostro processualista : « Se non c’è una norma, la quale, espressamente o per analogia, interdica la auto-composizione e, in particolare, la transazione di una lite, assoggettata al processo di accertamento, negare che vi sia un contratto, anzi un negozio di accertamento non si può ».
Palesemente inaccettabile è poi la tesi che esclude la esistenza del negozio di accertamento e della transazione come figure negoziali autonome : tesi che, per quanto riguarda la prima figura, si accontenta di una formulazione empirica (mezzo di rafforzamento) del tutto priva di qualsiasi significato tecnico, e, per quanto concerne la seconda figura, si riporta ad una vecchia ed ormai definitivamente scontata concezione del negozio transattivo quale causa generale di acquisto e di perdita dei diritti.
Non potendo scendere a precisazioni e dettagli circa le altre tesi prospettate dalla dottrina ci limitiamo a due rilievi.
Non sembra, innanzitutto, che si possa negare la esistenza, la legittimità e la tipicità di un intento volto ad accertare una determinata situazione giuridica, di un intento, cioè, atto a costituire il substrato di una causa negoziale. Spiegare in che questo intento si concreta significa, da un verso affrontare il problema della dichiarazione, di scienza e di volontà, e dall'altro penetrare nella teoria degli effetti giuridici. Sotto il primo profilo si dovrebbe precisare se la dichiarazione di accertamento possa o meno farsi rientrare tra le dichiarazioni di volontà e se, nel caso di adesione alla tesi negativa, possa ritenersi compromessa la natura negoziale della dichiarazione di accertamento : dovrebbe, in altre parole, riesaminarsi la distinzione tra dichiarazioni di volontà e dichiarazioni di scienza, in rapporto al concetto di negozio giuridico.
Sotto il secondo profilo, si tratta di stabilire se la situazione giuridica, che deve realizzare l'intento, diciamo così, accertativo, possa farsi rientrare nello schema tradizionale del mutamento del mondo giuridico, ovvero si atteggi in modo del tutto peculiare qualora si dovesse accedere a questa seconda soluzione, come fanno coloro che discorrono di un effetto dichiarativo o conservativo o rafforzativo, verrebbe a schiudersi un vasto e pressoché inesplorato campo di indagini, a conclusione delle quali sarebbe necessario proporre una totale revisione dei concetti dominanti circa le possibili manifestazioni dell'effetto giuridico. Si tratta, come chiaro, di ricerche a largo raggio elle qui non possono venire se non accennate, nel modo che si e fatto, per segnare le linee direttrici di un'indagine, che ancora si attende, sull'accertamento negoziale.
Ora, è evidente come la fondamentale riserva prospettata intorno alla natura dell'accertamento negoziale, e soprattutto intorno alla natura dell'effetto che la funzione di accertamento tende a realizzare non consenta di prendere posizione sulle accennate questioni dei rapporti tra negozio di accertamento e transazione. È possibile, tuttavia, indicare qualche generale criterio direttivo : e veniamo così al secondo rilievo.
È certo innegabile la esistenza di una stretta affinità tra le due figure negoziali : tale affinità è costituita dal risultato giuridico ultimo, al quale entrambe danno luogo, e che si pus indicare, in via del tutto approssimativa, come segue : eliminare lo stato di contestazione intorno ad una situazione giuridica data, ed escludere it condizionamento della validità, del regolamento negoziale convenuto alla sua congruenza con la reale situazione giuridica preesistente. Ma queste stesse indicazioni di momenti effettuali, sono, come si è detto, approssimative. La « messa fuori contestazione », di cui parla la dottrina, e una espressione non tecnica, giacché resta da stabilire in che modo si elimina la contestazione, anzi in che propriamente consista la stessa contestazione ; come si traduce la « messa fuori contestazione » nella situazione giuridica rispettiva dei soggetti : interrogativi, questi, che hanno accompagnato e accompagnano altre formule proposte dalla dottrina per designare la funzione generale dell'accertamento, come quelle che tale funzione individuano nella composizione della lite o nella eliminazione dell'incertezza. Lo stesso è a dire per il secondo effetto, sul quale peraltro la dottrina non si è soffermata.
Ma l'affinità, della quale si è parlato, non sembra possa condurre in ogni caso al dissolvimento dell'una o dell'altra figura negoziale entro lo schema di quello che si vuole salvare. Se anche si dovesse ammettere una pia generale raffigurazione comune — che, come il lettore esperto ha già intuito, opera su un piano diverso da quello in cui dalla dottrina il negozio di accertamento e la transazione sono stati ricondotti a categoria unitaria — non potrebbe mai disconoscersi che tra i due fenomeni vi è qualcosa di essenzialmente diverso, anzi di contrapposto. Nel negozio di accertamento, comunque poi si consideri in concreto la funzione logico-giuridica dell'accertare, sembra infatti che le parti intendano eliminare lo stato di contestazione, attraverso un regolamento che sia congruente alla situazione giuridica preesistente, e che il loro sforzo consista appunto nel rispecchiare, con le clausole del regolamento, tale situazione ; nel negozio transattivo sembra, invece, che tale considerazione sia indifferente, poiché le parti muovono non già dalla situazione giuridica contestata, ma dalle loro reciproche pretese — pendenti come tali, dall'effettivo contenuto della situazione giuridica - e che tali parti mirino a raggiungere una soluzione di compromesso della controversia, con un comune sacrificio delle loro rispettive pretese originarie.
Questo punto di vista renderebbe inaccettabili le due opposte tesi della unificazione del negozio di accertamento e della transazione con la riduzione di entrambe le figure all'unico schema negoziale del primo, rispettivamente, della seconda. Ma rimarrebbe sempre aperto il problema della costruzione di una generale causa di accertamento che si specifichi poi nella causa dell'accertamento negoziale e della transazione che naturalmente quando si riconosca, in sede di diritto positivo, la legittimità del concetto di causa generica in contrapposto al tradizionale concetto di causa specifica.
L'avere stabilito che la transazione assolve al compito di porre fine ad una lite mediante una soluzione di compromesso tra le opposte pretese delle parti, lascia aperte molte questioni, ed in particolare le seguenti : che tipo di efficacia è da ascrivere al negozio transattivo? Qual è il significato della parola lite nella definizione legale della transazione?
Cominciamo con la prima questione, che è strettamente aderente ai problemi finora accennati. È noto come la dottrina abbia impostato il dibattito, intorno alla efficacia della transazione, sulle contrastanti tesi della natura dichiarativa ovvero della natura costitutiva di questo negozio. Ma i termini del dibattito non sono univoci poiché diversi sono i significati con cui si intende la costitutività, e, rispettivamente, la dichiaratività della transazione : del resto, anche fuori del campo del contratto che qui si studia, ai termini predetti viene attribuita una pluralità di significati.
Solitamente, a proposito del negozio transattivo, la costitutività viene spiegata in funzione di irretroattività e la dichiaratività in funzione di retroattività. I termini della duplice correlativa equivalenza così instaurata non risultano tuttavia adeguatamente approfonditi e ad una spregiudicata analisi la stessa equivalenza postulata appare illegittima Un primo punto da mettere in chiaro è il seguente : che la retroattività è un modo di essere dell'effetto e non già del fatto. Di conseguenza nulla dalla natura del fatto (sia esso dichiarazione di scienza — giudizio o dichiarazione di volontà — comando) può argomentarsi per la efficacia ex nunc o ex tunc del fatto medesimo : il fatto appartiene al mondo della storia, e, in massima parte, ai soggetti, l'effetto alla legge. Gli atti giuridici sono di solito liberamente atteggiati dai soggetti ; non vi e dubbio che la legge e sempre libera nel configurare l'effetto. Perciò è astrattamente possibile che la legge attribuisca efficacia ex nunc ad una dichiarazione di scienza, ed efficacia ex tunc ad una dichiarazione di volontà. A quest'ordine di idee si informa la dottrina, quando rileva che la sola retroattività di cui meriti conto parlare è quella reale, cioè opponibile ai terzi, e non quella obbligatoria, cioè operante nei soli rapporti tra le parti, e che una tale retroattività deve essere voluta e disposta, dal legislatore, non rientrando essa nell'ambito delle facoltà diapositive dei soggetti. Ciò significa che la retroattività, secondo il punto di vista che appare più esatto, null'altro e se non un ulteriore arricchimento dei consueti effetti degli atti giuridici, per cui tali effetti vengono congegnati in modo da essere, per quanto possibile, identici a quelli che si sarebbero avuti qualora il negozio fosse stato posto in essere nel momento al quale viene retrodatata l'efficacia dell'atto. Questa concezione, in sostanza, condividono anche coloro che ricorrono alla finzione per spiegare il fenomeno giuridico della retroattività.
Appare quindi più corretto porre la questione in termini diversi, e domandarci se la transazione abbia o meno effetto innovativo in generale e se, inoltre, abbia o meno effetto retroattivo. Problemi, questi, che vanno tenuti distinti, poiché l'effetto innovativo e l'effetto retroattivo, non essendo collegati da alcun rapporto di implicazione, possono benissimo essere disgiunti La disciplina positiva che il legislatore ha apprestato per la transazione svela il punto di vista che il legislatore ha voluto, sul primo problema, imporre:
a) è innanzitutto scomparso, come si è già detto, il primo alinea dell'art. 1772 cod. 1865, da cui qualche seguace della teoria dichiarativa traeva l'argomento principale a sostegno della dottrina sostenuta. La soppressione di questo alinea, in cui piuttosto enfaticamente veniva equiparata la transazione al giudicato, ha notevole peso : non soltanto come significativo indice del pensiero del legislatore, ma anche in ordine alle questioni che si accendevano intorno alla equiparazione instaurata nel codice del 1865 sul presupposto della efficacia normalmente dichiarativa della sentenza.
b) è stata poi introdotta, nel capoverso dell'art. 1865, una notevole innovazione, il cui contenuto, peraltro, era già ammesso, sotto il codice abrogato, dalla nostra migliore dottrina: « con le reciproche concessioni si possono creare, modificare ed estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti ». La formulazione di tale articolo non e impeccabile. Data la posizione della particella « anche » nella struttura del periodo riportato, i tre verbi « creare, modificare, estinguere » dovrebbero riferirsi tanto al rapporto controverso quanto ai rapporti ad esso estranei : ma mentre è ben chiara l'ipotesi della modificazione o della estinzione, lascia assai perplessi l'ipotesi della creazione del rapporto controverso ; d'altra parte se e facile intendere come possa crearsi con la transazione un nuovo rapporto, non si riesce invece ad intendere come possa venire modificato od estinto un rapporto « diverso », senza che questo sia venuto a far parte della materia della transazione, sia venuto ad incidere, cioè, nel rapporto controverso. Ma quel che importa qui rilevare è l’affermazione dell’ efficacia innovativa della transazione e la possibilità che dalla transazione scaturiscano effetti, i quali non possono essere considerati come semplici modificazioni interne del controverso.
c) la disposizione ora indicata preclude a contenuta nell'art. 1976, che assume un particolare rilievo nella questione che qui interessa. In essa infatti si viene a riconoscere la compatibilità dello schema contrattuale della transazione col fenomeno della novazione, la cui fonte non pile avere, e naturale, se non natura costitutiva.
d) va infine ricordata la disposizione dell'art. 1976, che, riconoscendo esplicitamente nel nostro istituto, della risoluzione per inadempimento, fornisce una ulteriore riprova dell'intenzione del legislatore di riconoscere efficacia innovativa alla transazione.
Non riteniamo che possa considerarsi valido argomento, a favore della tesi della efficacia innovativa della transazione, quello delle reciproche concessioni, al quale invece la dottrina dà solitamente il massimo risalto. Infatti l'aliquid datum et retentum non riguarda la reale situazione giuridica delle parti, ma solo le pretese e le contestazioni da queste reciprocamente avanzate, siche come casuale è l'eventuale coincidenza tra il regolamento transattivo e la reale situazione giuridica delle parti, altrettanto casuale e la loro discordanza : e non è certo legittimo costruire una definizione concettuale su un semplice calcolo quantitativo di probabilità.
A questo punto però occorre domandarsi come mai debba intendersi la contrapposizione tra efficacia innovativa ed efficacia dichiarativa. E ciò perché, essendosi tradizionalmente definito come effetto giuridico la costituzione, modificazione od estinzione di una situazione giuridica, appare necessaria la illazione che dove non si riscontra un mutamento nel mondo del diritto non si riscontra neppure un effetto giuridico. Cosicché si cade in contraddizione quando, non contestandosi la validità del concetto comune di effetto giuridico, si parla di un effetto dichiarativo (o fissativo, confermativo, rafforzativo ecc.). Se sia legittima la definizione corrente di effetto giuridico o se invece si richieda una radicale revisione di essa, e problema di teoria generale che qui non pub essere affrontato.
Bisogna tuttavia avvertire che, comunque, l' efficacia innovativa della transazione non deve andare confusa con la sua pretesa traslatività. Quando si identifica il concetto di effetto innovativo col concetto effetto traslativo, e si vuole, conseguentemente, dalla situazione giuridica determinata dalla transazione trarre argomento per sostenere che la situazione giuridica preesistente, tra le parti, al regolamento transattivo doveva essere diversa nel suo contenuto da quella che risulta dal regolamento transattivo medesimo, si dimentica la reale funzione della transazione, per la quale è indifferente che la situazione giuridica predisposta nel regolamento transattivo coincida o meno con la situazione giuridica esistente prima tra le parti. E ciò a prescindere dal rilievo che la nozione di effetto innovativo appare più estesa di quella di effetto traslativo.
Rimane ora da considerare il secondo aspetto della questione : la retroattività o la irretroattività dell'effetto della transazione. La dottrina era orientata prevalentemente, sotto il codice del 1865, verso la efficacia retroattiva della transazione tesi, alla quale taluno accedeva anche riconoscendo al negozio natura costitutiva. L'argomento principale, che si soleva addurre a sostegno di tale tesi era la inesistenza, nel codice abrogato, di una disposizione che richiedesse la trascrizione del negozio transattivo. Così, col medesimo ragionamento, si riconosce adesso alla transazione efficacia ex nunc perché il nuovo codice ha espressamente previsto l'onere della trascrizione (art. 2643, n. 13). Tuttavia dobbiamo contestare la correlatività dei fenomeni della trascrizione e della irretroattività, non essendo essa meno arbitraria di quella che si era voluta rinvenire tra i fenomeni della costitutività e della irretroattività. La retroattività e la irretroattività attengono infatti al contenuto della situazione effettuale, mentre la trascrizione sta al di fuori di tale situazione, della quale condiziona la (estensione della) efficacia nei confronti dei terzi. La retroattività e la irretroattività sono modi di essere dell'effetto rispetto al tempo; la trascrizione e invece condizione di efficacia dell'effetto oltre la sfera giuridica dei soggetti dell'atto. E come la trascrizione tardiva di un negozio dotato di efficacia ex nunc implica la inopponibilità di tale negozio rispetto ai terzi che abbiano tempestivamente trascritto un negozio successivo ; così egualmente, un negozio avente efficacia ex tunc, può prevalere rispetto a negozi anteriori ma non ancora trascritti e finché non trovi, nella sua efficacia a ritroso, una trascrizione di altri negozi con esso incompatibili. E da ritenere, quindi, che non si può avere riguardo alla trascrizione per stabilire se la transazione abbia o meno efficacia retroattiva.
La retroattività, in quanto peculiare ed anomalo atteggiarsi del contenuto di una situazione effettuale, può prodursi solo se esplicitamente disposta dal legislatore o dalle parti. E certo che tale retroattività, per la transazione, non 6 disposta in alcuna norma di legge. Si deve trarre pertanto la conseguenza che la transazione non è essenzialmente retroattiva, anzi e normalmente irretroattiva. Ciò non toglie, tuttavia, che la retroattività possa essere convenuta dai contraenti : in tal caso la situazione effettuale si atteggerà in modo da presentare i caratteri dell'efficacia anticipata.
Ma allora tale retroattività — volontaria — sari opponibile ai terzi , purché costoro non abbiano acquistato diritti incompatibili con (mei radicati nella transazione, e non abbiano provveduto a trascrivere, prima della trascrizione della transazione, i negozi da cui tali diritti derivano.
Non memo arduo è il secondo problema, relativo al significato del testo dell'art. 1965 cod. civ. Il capoverso di tale articolo ferma già un punto di indubbia importanza : vale a dire che lite deve intendersi controversia nascente da pretesa e contestazione. Ma non appena si cerchi di approfondire il concetto di lite in rapporto alla transazione, sorgono subito le questioni : può formare oggetto della transazione una qualsiasi lite o soltanto una lite incerta ? che significato deve darsi all'espressione legislativa « lite che può sorgere » specie in riguardo al requisito dell'incertezza ?
La dottrina tradizionale, avuto riguardo soprattutto al principio della inefficacia della transazione su lite temeraria, era unanime nel riconoscere che non ogni lite potesse formare oggetto valido della transazione, ma soltanto una lite incerta o dubbia, perché soltanto una tale lite si riteneva potersi accompagnare alla buona fede delle parti. Contro questo indirizzo reagì vigorosamente un nostro illustre studioso, quale, pur non approfondendo il problema quanto la difficoltà dell'argomento avrebbe richiesto, sostenne la perfetta coincidenza tra il campo della transazione e quello della lite : tesi, questa, che dopo aver trovato tenaci oppositori si va rapidamente imponendo.
Tuttavia, se i campi della transazione e della lite coincidono, rimane da stabilire come deve intendersi, rispetto alla transazione, il concetto di a lite che può sorgere . Taluno, che vuole essere rigorosamente conseguente al principio della coincidenza tra i campi della lite e della transazione, ed all'ulteriore e coordinato principio della inessenzialità dell'incertezza come requisite della lite, considera la lite che pub sorgere quale lite non ancora portata nel processo, cioè quale uno stadio antecedente al processo, in cui il processo si presenta come probabile. Altri poi, con maggiore aderenza ai testi di legge, definisce la lite che può sorgere quale lite futura e probabile. Ma poiché la lite futura o probabile e spiegata dai più in termini di incertezza, consegue, che la res dubia viene ad atteggiarsi come possibile presupposto esclusivo della transazione, ed il negozio transattivo, a sua volta, oltre che alla, rimozione, può risultare preordinato alla prevenzione della lite, ottenuta mediante la eliminazione dell'incertezza.
Da qui l'idea che la transazione, quando concerne una lite futura, assolve ad una funzione di accertamento.
Si urta così con un altro concetto tormentato, quello di incertezza che, inteso in senso soggettivo non ha alcuna giuridica consistenza (il diritto non si preoccupa, ne sarebbe in grado, di rimuovere dubbi), inteso in senso oggettivo viene in contraddizione col principio logico della determinatezza dcl passato. D'altra parte l'affermazione secondo cui il negozio transattivo, quando concerne una lite futura, si atteggia come negozio di accertamento o assolve ad una funzione di accertamento, implica l'assurda conseguenza che un unico schema negoziale possa contenere in se due cause specifiche non solo diverse ma, come si e detto di sopra, tra loro incompatibili.
A nostro vedere non vi e difficoltà ad ammettere che lite non ancora nata significhi possibilità, in contrapposto all'attualità, della lite (lite non ancora cominciata, dice l'art. 764 cod. civ.) : ciò che di concreto vi è in tale previsione consiste non soltanto nella generica eventualità della lite, ma anche nella specifica determinatezza del possibile contenuto della lite. E necessario, cioè, che le reciproche pretese, per quanto non ancora operanti, si siano almeno delineate in modo the, una volta verificatisi i presupposti di fatto, possano essere fatte valere nelle previste loro modalità. Si comprende allora come sia dato alle parti, sulla base di pretese che esse prevedono come probabili, porre in essere un regolamento transattivo che realizzi oggi una soluzione di compromesso di quella lite che potrebbe sorgere domani. Rimane in tal modo salva la possibilità di tenere distinta la transazione su lite futura dal negozio di accertamento.
Evidentemente errato è poi il punto di vista sostenuto da chi, muovendo dalla fallace idea che nel momento in cui le parti avviano trattative amichevoli cessa il conflitto di pretese, esclude che la causa della transazione possa rinvenirsi nella composizione della lite.
Si è sollevata in dottrina la questione : se la transazione possa venire ricondotta sotto lo schema della riproduzione (o rinnovazione) dei negozi giuridici. La questione avrebbe un rilievo meramente teorico, se non venisse ad interferire con quella riguardante la efficacia novativa della transazione. Dalla risoluzione di quest'ultima in un senso piuttosto che in un altro, discendono infatti conseguenze opposte in ordine alla impugnabilità del negozio per cause inerenti al rapporto originario, al mantenimento dei mezzi di garanzia che accompagnavano it rapporto nella primitiva configurazione, alla applicabilità delle norme sulla risoluzione per inadempimento, ecc. Del primo argomento ci occupiamo quindi solo al fine di spianare la via all'esame del secondo, evitando di proposito una indagine in profondità nel campo tutt'altro che pacifico della riproduzione del negozio.
Partendo dal concetto della renovatio quale sostituzione della nuova dichiarazione alla precedente nel regolamento futuro del rapporto, non si è avuta difficolta ad ammettere che anche la transazione costituisse un fenomeno di rinnovazione in senso tecnico. Tale illazione si pub con qualche riserva ammettere, purché alla enunciazione non si voglia dare carattere di assolutezza, dovendosi tenere in conto, a questo proposito, it disposto dell'art. 1976. Se davvero la causa della seconda dichiarazione deve riporsi nella creazione del nuovo regolamento, della nuova disciplina concreta del rapporto, un limite concettuale indeclinabile, che in certo modo ne determina i confini, tale fenomeno trova nella necessità. che, pur avverandosi la sostituzione della fonte nella disciplina giuridica del rapporto, quest'ultimo tuttavia, per quanto possa subire a causa della renovatio delle modificazioni più o meno profonde, permanga tuttavia nella sua primitiva identità ; il limite concettuale della rinnovazione del negozio consiste cioè nel fatto che alla sostituzione dei negozi non si accompagna una sostituzione dei rapporti; consiste in altre parole, nella efficacia meramente modificativa del secondo negozio. Sicché non si ha rinnovazione negoziale in senso tecnico tutte le volte che per effetto della successiva dichiarazione il precedente rapporto viene ad estinguersi per essere sostituito da un rapporto diverso ed in conseguenza non possono coincidere i fenomeni della renovatio e della novatio.
Con ciò non si esclude che alla sostituzione dei negozi possa accompagnarsi la sostituzione dei rapporti si afferma soltanto che in tal caso non siamo nei confini logici della rinnovazione, giacché quanto al requisito dell'aliquid novi previsto espressamente dall'art. 1230 deve riconoscersi che, concernendo la sostanza del rapporto e non semplici elementi accessori, esso contrasta col principio della permanenza del rapporto — requisito indeclinabile della renovatio, se a quest'ultima voglia darsi una sia pur minima concretezza — ; mentre quanto al requisito dell'animus novandi, costituendo la rinnovazione in tale senso lato un semplice ed occasionale strumento mediante il quale può venire attuato il fenomeno novativo, esso fa perdere qualsiasi colore all'animus renovandi. D'altra parte, se si ammette la possibilità di coesistenza dei fenomeni della novazione e della rinnovazione si attenuano le linee già troppo vaghe che la dottrina menzionata assegna al fenomeno in esame, aprendosi l'adito ad ulteriori fenomeni, quali, ad esempio, la risoluzione di un precedente rapporto preordinata alla costituzione di rapporto diverso che farebbe smarrire ogni possibilità di ricomporre in una configurazione tecnica apprezzabile il fenomeno della novatio. Occorre notare infine che novazione e rinnovazione operano con strumenti affatto opposti : la prima mediante un raccordo di rapporti sotto il profilo della causalità; la seconda mediante un raccordo di negozi in processo di assorbimento. Ciò rende ragione della opposta disciplina dettata dalla legge, ad esempio per quanto concerne le garanzie del rapporto originario — le quali si estinguono, tranne un'espressa riserva, in caso di novazione (art. 1232), mentre permangono, tranne un contrario patto, in caso di rinnovazione —; ovvero per quanto concerne i riflessi che hanno sul rapporto rinnovato, e, rispettivamente, su quello novato, i vizi che affettavano il rapporto originario, giacché mentre la novazione e nulla se non esisteva l'obbligazione originaria e non è neppure valido se discende da un titolo annullabile, del quale il debitore ignorava il vizio (art. 1234), la rinnovazione invece è sempre valida anche se il primo negozio era nullo o annullabile, ed anche quando non se ne conoscessero i vizi .
Si esamineranno ora i rapporti che intercorrono tra i fenomeni della rinnovazione e della novazione nei confronti dell'istituto della transazione.
Partendo da un concetto molto lato della renovatio, taluno, come si è detto, riconosce, che nella transazione opera un fenomeno di rinnovazione del contratto. Ma questa dottrina non può avere un carattere assoluto, giacché per la necessità della permanenza del rapporto — the, come si e osservato, rappresenta un limite necessario al concetto di rinnovazione — deve escludersi che ricorra it fenomeno della renovatio tutte le volte che nella transazione non si abbia la permanenza del precedente rapporto. A questo riguardo è significativo l'art. 1976, il quale prevede l'ipotesi in cui attraverso la transazione venga a realizzarsi una novazione. Ma occorre più precisamente definire il significato che nel problema in esame viene ad assumere questo richiamo testuale.
La dottrina si è soffermata poco sui rapporti tra gli istituti della novazione e della transazione, ma si è di massima pronunciata contro la compatibilità giuridica dei due fenomeni, fondandosi principalmente sulle seguenti considerazioni : a) che di fronte alla causa della transazione, consistente nella composizione della lite, perde qualsiasi rilievo l'animus novandi, che invece e un requisito istituzionale della novazione (art. 1230) ; b) che la transazione esclude la necessità per le parti di accertare il precedente stato di diritto, mentre la novazione presuppone accertata l'esistenza dell'obbligazione che si vuole estinguere per crearne un'altra; c) che se la transazione avesse causa novandi dovrebbe cadere tutte le volte che fosse poi dimostrato che non sussiste l'obbligazione novata, cioè estinta con la novazione .
Non tutte queste considerazioni sono decisive : ad esempio la prima null'altro può significare se non che nella transazione opera un'inversione nel compito normale della novatio, nel senso che mentre negli altri negozi e la causa novandi che assorbe la causa tipica — si che quest'ultima degrada da causa a mezzo attraverso cui la novazione si attua — nella transazione invece tale assorbimento non si produce, permanendo sempre la transazione quale strumento per la composizione della lite. Il vero è che la funzione della transazione non e compatibile con la struttura della novazione, e null'altro che questa incompatibilità, con mezzi non sempre perfettamente adeguati, esprimono le considerazioni sopra riportate. E infatti carattere fondamentale della novazione il legame di causalità che intercorre tra il rapporto novato ed il nuovo rapporto, tanto che in termini significativi, per quanto non troppo precisi, si suol dire in dottrina che la creazione della nuova obbligazione costituisce l'adempimento della prima. Tale legame di causalità invece è in contrasto col fine della transazione, rispetto al quale e necessario che la costituzione del nuovo.
Qualche questione, tuttavia, va risolta con l'ausilio dei principi, in mancanza di espressi riferimenti testuali. Così non è valida la transazione che implichi alienazione di beni costituiti in patrimonio familiare, se non intervenga l'autorizzazione del tribunale (art. 170) ; non è valida la transazione che implichi alienazione di beni ovvero riduzioni o restrizioni di ragioni dotali, se non e stato espressamente consentito nell'atto di costituzione o non intervenga autorizzazione del tribunale in uno col consenso di entrambi i coniugi (art. 187).
Quanto alla comunione degli utili, è da ritenere che il marito amministratore possa transigere in ordine ai beni che cadono in comunione, essendo egli autorizzato ad alienarli a titolo oneroso (art. 220): non così la moglie, a lui sostituita nell'amministrazione, per causa di lontananza od altro impedimento, perché essa pub alienare i beni ricadenti nella comunione solo con l'autorizzazione del tribunale (art. 222).
Anche l'erede beneficiato dev'essere autorizzato dal tribunale per compiere transazioni che possono implicare alienazione dei beni ereditari, sotto pena di decadenza dal beneficio dell'inventario (art. 493): naturalmente, anche con la detta autorizzazione, egli potrà concludere la transazione, quando abbia fatto nei termini l'inventario (art. 486).
Il curatore fallimentare può transigere ove sia autorizzato dal giudice delegato (art. 35, R. D. 16 marzo 1942, n. 267).
La norma contenuta nel secondo alinea richiama la distinzione tra diritti disponibili e diritti indisponibili. Il testo legislativo non si può considerare, nella sua formulazione, impeccabile. Infatti, la distinzione tra diritti indisponibili per natura e diritti indisponibili per legge, non è teoricamente fondata. I diritti, come entità giuridiche, sono qualificabili e classificabili unicamente sulla base delle norme del diritto : ne ha importanza l'identificazione della fonte di produzione delle norme giuridiche in base alle quali vanno fatte le classificazioni medesime. Piuttosto, la norma in esame può significare che quando un diritto sia dichiarato indisponibile per espressa disposizione di legge, sarà sufficiente attenersi al criterio meramente formate, senza indagare ulteriormente sulla natura di quel diritto, per vedere se essa sia presa in considerazione da altre norme giuridiche, magari non legali, ai fini della determinazione della sua disponibilità o indisponibilità.