(massima n. 1)
In tema di estorsione, una minaccia dall'esteriore apparenza di legalità, come quella di convenire in giudizio il soggetto passivo, formulata, però, non già con l'intenzione di esercitare un diritto, ma con lo scopo di coartare l'altrui volontà e di attingere risultati non conformi a giustizia, può costituire una illegittima intimidazione idonea ad integrare il delitto di cui all'art. 629 c.p. Ne consegue pertanto che è da escludere che la prospettazione dell'esercizio di un'azione civile, diretta a conseguire in via giudiziaria il medesimo risultato che viene negato altrimenti, possa configurare il reato de quo. (Nella fattispecie l'azione civile era stata effettivamente esercitata, restando immutati petitum e causa petendi. Questa Corte nell'affermare il principio suddetto, ha escluso l'antigiuridicità di tal genere di minaccia, rilevando che diversamente argomentando, sarebbe automatico ed inevitabile il collegamento tra la responsabilità aggravata di cui all'art. 96 c.p.c. e il delitto di cui all'art. 629 c.p.).