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Articolo 1130 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Attribuzioni dell'amministratore

Dispositivo dell'art. 1130 Codice Civile

(1)L'amministratore, oltre a quanto previsto dall'articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve(2):

  1. 1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea, convocarla annualmente per l'approvazione del rendiconto condominiale di cui all'articolo 1130 bis e curare l'osservanza del regolamento di condominio;
  2. 2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;
  3. 3) riscuotere i contributi(3) ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;
  4. 4) compiere gli atti conservativi(4) relativi alle parti comuni dell'edificio;
  5. 5) eseguire gli adempimenti fiscali;
  6. 6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l'amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili;
  7. 7) curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell'amministratore e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali delle assemblee sono altresì annotate: le eventuali mancate costituzioni dell'assemblea, le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta; allo stesso registro è allegato il regolamento di condominio, ove adottato. Nel registro di nomina e revoca dell'amministratore sono annotate, in ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore del condominio, nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate;
  8. 8) conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio;
  9. 9) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;
  10. 10) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.

Note

(1) Articolo così sostituito dall’art. 10, L. 11 dicembre 2012, n. 220, in vigore dal 17 giugno 2013.

La precedente formulazione recitava:
"L'amministratore deve:
1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione
".
(2) La riforma del 2012 ha notevolmente ampliato le attribuzioni dell'amministratore, che diventa una figura sempre più professionalizzata.
(3) La riscossione dei contributi costituisce un obbligo, perché la sua inerzia si ripercuote sull'amministrazione dei beni comuni, di cui poi egli risponde.
Il comma 9 dell'art. 1129 del c.c. prevede che l'amministratore debba agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.
(4) L'espressione "atti conservativi" non comprende le azioni petitorie (art. 948-951 c.c.) ma include le azioni possessorie (artt. 1168 ss. c.c.) o quelle tendenti al recupero delle spese necessarie per il ripristino della cosa comune, senza la necessità che l'assemblea autorizzi previamente; inoltre, si ritiene che di regola possa attivare l'azione di responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 del c.c..

Ratio Legis

L'amministratore ha funzioni esecutive e di governo delle cose comuni. La norma enuncia le funzioni normali dell'amministratore, ma l'assemblea potrebbe estenderle o anche limitarle.

Spiegazione dell'art. 1130 Codice Civile

Compiti essenziali dell amministratore

Nell’ articolo sono riassunti i compiti essenziali dell'amministratore, per i quali egli è allo stesso tempo organo di esecuzione, per quanto riguarda la realizzazione delle deliberazioni dell'assemblea dei condomini e osservanza del regolamento di condominio; organo autonomo, per quanto riguarda la disciplina dell'uso delle case comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune in modo che tutti i condomini ne traggano miglior godimento; organo finanziario, per quanto attiene alla riscossione dei contributi ed alla erogazione delle spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni; organo di tutela, in quanto tenuto a compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.

Per l'attuazione di tali compiti e per quegli altri che possono essergli affidati dal regolamento di condominio o dall'assemblea dei condomini (art. 1121 del c.c.), l’ amministratore può trovarsi a dovere agire tanto contro i terzi quanto contro i singoli condomini, il che prova che egli assolve una funzione e non è un puro e semplice mandatario.

Naturalmente della sua gestione egli deve render conto alla fine di ciascun anno, ma potrà essere chiamato a rendere il conto anche prima, in caso di revoca, nel corso dell'anno, o quando vi siano delle ragioni che lo giustifichino.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

531 Nell'art. 1128 del c.c., che regola il caso di perimento totale o parziale dell'edificio, è riprodotto con lievi varianti l'art. 15 del R. decreto-legge 15 gennaio 1934. In forma più sintetica che negli articoli 17 e 18 del menzionato decreto-legge sono determinate (art. 1130 del c.c.) le attribuzioni dell'amministratore. Esse riguardano precisamente: l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea e l'osservanza del regolamento di comunione; la disciplina dell'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune; la riscossione dei contributi e l'erogazione delle spese per la manutenzione ordinaria delle parti comuni e per i servizi suddetti; il compimento degli atti conservativi dei diritti relativi alle parti comuni dell'edificio. Integrando la norma dell'art. 16, secondo comma, del R. decreto-legge 15 gennaio 1934 sulla obbligatorietà della nomina di un amministratore quando il numero dei condomini è superiore a quattro, ho demandato all'autorità giudiziaria tale nomina, su ricorso di uno o più condomini, se non provvede l'assemblea (art. 1129 del c.c., primo comma). Ho poi regolato casi in cui l'amministratore, su ricorso di ciascun condomino, può essere revocato dall'autorità giudiziaria. La revoca può essere pronunciata: se per due anni l'amministratore non ha reso conto della sua gestione; se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità; se, essendogli stato notificato un atto o provvedimento che esorbita dalle sue attribuzioni, non ne abbia dato senza indugio notizia all'assemblea dei condomini (art. 1129, terzo comma). Nel riprodurre le disposizioni dell'art. 20 del R. decreto-legge 15 gennaio 1934 circa la rappresentanza dei condomini, ho sostituito alla formula del secondo comma una formula che amplia l'ambito della rappresentanza conferita all'amministratore nelle liti promosse contro i partecipanti (art. 1131 del c.c., secondo comma). La rappresentanza passiva è infatti estesa a qualunque azione proposta contro i condomini, e pertanto anche alle azioni di carattere reale, purché si riferiscano alle parti comuni dell'edificio. Ho mantenuto (art. 1132 del c.c., primo comma) la disposizione dell'art. 21 del decreto-legge su indicato, che consente ai condomini dissenzienti, nelle deliberazioni relative alle liti, di separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze delle liti stesse per il caso di soccombenza; ma, poiché la separazione di responsabilità non opera nei rapporti esterni, ma soltanto nei rapporti interni, ho riconosciuto al condomino che ha separato la propria responsabilità, il diritto di rivalsa per tutto ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa nel giudizio (art. 1132, secondo comma). Può darsi però che l'esito della lite sia favorevole al condominio e il condomino dissenziente ne tragga vantaggio; in tal caso, se non è possibile ripetere dalla parte soccombente le spese del giudizio, è giusto che egli concorra in queste nei limiti del vantaggio che gli deriva, poiché altrimenti il vantaggio sarebbe da lui realizzato ad esclusivo carico degli altri partecipanti alla comunione (stesso articolo, terzo comma). Ho conservato (art. 1133 del c.c.) la facoltà del condomino, ammessa dall'art. 19 del decreto medesimo, di ricorrere all'assemblea contro i provvedimenti dell'amministratore, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria contro le deliberazioni dell'assemblea nei casi in cui l'impugnativa è ammessa. Ho infine circoscritto, al fine d'impedire dannose interferenze nell'amministrazione, il diritto di rimborso delle spese che il condomino abbia fatte per le cose comuni senza l'autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, riconoscendo tale diritto nel solo caso che la spesa abbia carattere di urgenza (art. 1134 del c.c.).

Massime relative all'art. 1130 Codice Civile

Cass. civ. n. 35278/2022

In tema di condominio, l'amministratore non è responsabile dell'esecuzione di un contratto afferente a lavori straordinari sul bene comune, quando risulti in modo univoco la volontà dell'assemblea dei condòmini, ancorché tacitamente espressa, di rendere efficace detto negozio, atteso che la ratifica consiste in una manifestazione di volontà del "dominus" diretta ad approvare l'operato del suo rappresentante o del mandatario, per la quale non sono richieste formule sacramentali, occorrendo che la volontà di fare propri gli effetti del negozio già concluso sia manifestata in modo chiaro ed inequivoco, non necessariamente per iscritto, ma anche con atti o fatti che implichino necessariamente la volontà di far proprio il contratto e i suoi effetti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità per inadempimento dell'amministratore di un condominio, il quale aveva dato esecuzione ai lavori di rifacimento del tetto senza che venissero rimosse e conferite in discarica, secondo la normativa di riferimento, le lastre in eternit di cui era composto, ritenendo che l'assemblea dei condòmini fosse consapevole che dette lavorazioni non avrebbero potuto essere eseguite in ragione dell'insufficienza del budget economico stabilito per esse.)

Cass. civ. n. 16613/2022

L'amministratore di condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l'esercizio delle parti e dei servizi comuni esclusivamente da ciascun condomino, e cioè dall'effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare, sicché è esclusa un'azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare, avendo il relativo diritto natura di diritto personale di godimento "sui generis".

Cass. civ. n. 40134/2021

È onere del nuovo amministratore del condominio indicare in modo specifico i documenti che chiede in consegna e specificare l'inerenza dei medesimi all'esercizio della gestione del bene comune, mentre spetta al precedente amministratore eccepire l'estraneità della documentazione agli adempimenti ed agli obblighi posti a carico dell'amministratore ovvero provare il verificarsi di fatti impeditivi o estintivi.

L'amministratore, alla cessazione dell'incarico, è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini compresa quella nella disponibilità dei singoli condomini; tale obbligo era configurabile anche prima della riforma disposta con l. n. 220 del 2012, sebbene non espressamente previsto dalla legge ma discendente dal dovere di diligenza posto a carico del mandatario, che comprende anche il dovere di collaborazione con il nuovo amministratore.

Cass. civ. n. 35576/2021

La peculiare natura del condominio, ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi componenti, i quali devono intendersi rappresentati "ex mandato" dall'amministratore, comporta che l'iniziativa giudiziaria di quest'ultimo a tutela di un diritto comune dei condomini non priva i medesimi del potere di agire personalmente a difesa di quel diritto, nell'esercizio di una forma di rappresentanza reciproca. Ne consegue che il condomino che interviene personalmente nel processo promosso dall'amministratore, per far valere diritti della collettività condominiale, non è un terzo che si intromette in una vertenza fra estranei, ma è una delle parti originarie determinatasi a far valere direttamente le proprie ragioni e, ove tale intervento sia stato spiegato in grado di appello, non possono trovare applicazione i principi propri dell'intervento dei terzi in quel grado, fissati nell'art. 344 c.p.c..

Cass. civ. n. 18185/2021

L'amministratore condominiale che sia cessato dall'incarico è tenuto a restituire tutta la documentazione in suo possesso ed afferente alla gestione condominiale, mediante riconsegna all'amministratore subentrante, ove l'assemblea abbia provveduto alla sua designazione - spiegando la relativa delibera di nomina efficacia anche nei confronti dei terzi, ai fini della rappresentanza sostanziale del condominio - ovvero al singolo condomino che gliene faccia richiesta, nel caso di mancata nomina del nuovo amministratore, non legittimando siffatta evenienza uno "ius retinendi" rispetto a detta documentazione, né un esonero dal rendiconto, stante la già avvenuta estinzione del mandato collettivo intercorrente tra l'amministratore uscente e ciascuno dei condomini e potendosi presumere che l'istanza di uno di essi interessi egualmente tutti gli altri, in quanto affare agli stessi comune.

L'amministratore condominiale che sia cessato dall'incarico è tenuto a restituire tutta la documentazione in suo possesso ed afferente alla gestione condominiale, mediante riconsegna all'amministratore subentrante, ove l'assemblea abbia provveduto alla sua designazione - spiegando la relativa delibera di nomina efficacia anche nei confronti dei terzi, ai fini della rappresentanza sostanziale del condominio - ovvero al singolo condomino che gliene faccia richiesta, nel caso di mancata nomina del nuovo amministratore, non legittimando siffatta evenienza uno "ius retinendi" rispetto a detta documentazione, né un esonero dal rendiconto, stante la già avvenuta estinzione del mandato collettivo intercorrente tra l'amministratore uscente e ciascuno dei condomini e potendosi presumere che l'istanza di uno di essi interessi egualmente tutti gli altri, in quanto affare agli stessi comune.

Cass. civ. n. 11200/2021

In tema di condominio negli edifici, ove l'assemblea abbia deliberato il recesso anticipato dal contratto di manutenzione dell'ascensore, spettano all'amministratore tanto la legittimazione passiva, quanto la facoltà di impugnare la sentenza resa nella controversia instaurata dall'appaltatore e volta a conseguire la declaratoria di illegittimità del recesso, nonché la condanna del condominio al pagamento dei canoni fino alla naturale scadenza contrattuale, senza che occorrano l'autorizzazione o la ratifica dell'assemblea, necessarie per le sole cause che esorbitano dalle attribuzioni dello stesso amministratore, ex art. 1131, commi 2 e 3, c.c., ma non per quelle che vi rientrano perché, come nella specie, attinenti all'esecuzione delle delibere assembleari, ex art. 1130, n. 1, c.c. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE AVELLINO, 18/11/2016).

Cass. civ. n. 6816/2021

In relazione a danni derivanti dal lastrico solare in proprietà esclusiva, sussiste una concorrente responsabilità del condominio, il quale abbia omesso di attivare gli obblighi conservativi delle cose comuni su di lui gravanti ai sensi dell'art. 1130, co. 4, c.c., ovvero nel caso in cui l'assemblea non adotti le determinazioni di sua competenza in materia di opere di manutenzione straordinaria, ai sensi dell'art. 1135, primo comma, n. 4, del c.c., e del proprietario esclusivo del lastrico solare ovvero del terrazzo a livello, il quale assume la veste di custode, e quindi responsabile ex art. 2051 c.c.

Cass. civ. n. 5443/2021

In materia condominiale, ciascun condomino ha diritto di prendere visione e di ottenere il rilascio di copia dall'amministratore dei documenti attinenti all'adempimento degli obblighi da questo assunti per la gestione collegiale di interessi individuali (nella specie, finalizzati al compimento di atti conservativi relativi alle parti comuni quali una diffida inoltrata per far cessare la realizzazione di lavori abusivi su aree condominiali), senza avere l'onere di specificare ulteriormente le ragioni della richiesta, purché l'esercizio di tale diritto non risulti di ostacolo all'attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza e non si risolva in un onere economico per il condominio, dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini richiedenti. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE NOLA, 09/10/2018).

Cass. civ. n. 2635/2021

La legittimazione passiva rispetto alla domanda, proposta in un giudizio pendente anteriormente alla l. n. 220 del 2012, volta alla determinazione o, come nella specie, alla revisione, ex art. 69 disp. att. c.c., della tabella millesimale, in applicazione aritmetica dei criteri legali, spetta all'amministratore, senza alcuna necessità di litisconsorzio tra tutti i condomini, trattandosi di controversia rientrante tra le attribuzioni allo stesso riconosciute dall'art. 1130 c.c. e nei correlati poteri rappresentativi processuali.

Cass. civ. n. 25782/2020

In tema di condominio, così come va riconosciuta la legittimazione attiva dell'amministratore - in base ad un'interpretazione estensiva dell'art. 1130, n. 4), c.c. - ad esercitare l'azione di reintegrazione nel possesso, allo stesso modo deve riconoscersi la sua legittimazione passiva, qualora un'azione relativa alle parti comuni venga svolta nei confronti del condominio e si tratti di compiere atti conservativi sui beni di proprietà comune del condominio.

Nel giudizio in cui sia costituito un condominio, il mutamento della persona dell'amministratore in corso di causa non ha immediata incidenza sul rapporto processuale che, in ogni caso, sia dal lato attivo che da quello passivo, resta riferito al condominio, operando quest'ultimo, nell'interesse comune dei partecipanti, attraverso il proprio organo rappresentativo unitario, senza bisogno del conferimento dei poteri rappresentativi per ogni grado e fase del giudizio. Pertanto, ferma l'inefficacia della procura conferita da chi, alla data di costituzione in giudizio, sia già cessato dalla carica di amministratore, perché dimissionario o sostituito con altra persona dall'assemblea, l'eventuale morte o cessazione del potere di rappresentanza del medesimo, già costituito in giudizio a mezzo di procuratore, possono comportare la sua interruzione, a norma dell'art. 300 c.p.c., soltanto se e quando l'evento sia stato dichiarato in udienza, ovvero sia notificato alle altre parti dal procuratore costituito, proseguendo altrimenti il rapporto processuale senza soluzione di continuità.

Cass. civ. n. 15702/2020

L'accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest'ultimo da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando pur sempre all'assemblea di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo, ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore. La sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO REGGIO CALABRIA, 06/06/2018).

Cass. civ. n. 10846/2020

Non rientra tra le attribuzioni dell'amministratore il potere di pattuire con i condomini morosi dilazioni di pagamento o accordi transattivi, spettando all'assemblea il potere di approvare una transazione riguardante spese d'interesse comune, ovvero di delegare l'amministratore a transigere, fissando gli eventuali limiti dell'attività dispositiva negoziale affidatagli.

Cass. civ. n. 5062/2020

In tema di condominio, l'accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente così come un pagamento parziale, a titolo di acconto di una maggiore somma, non costituiscono prove idonee del debito nei confronti di quest'ultimo da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando pur sempre all'assemblea di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell' amministratore. La sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 14/05/2018).

Cass. civ. n. 1186/2019

L'obbligo di rendiconto che, quale mandatario con rappresentanza dei condomini, l'amministratore è tenuto a osservare con riferimento alle somme detenute per conto del condominio, può dirsi adempiuto quando egli abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto della somma incassata e dell'entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi funzionali all'individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione (nella specie, la S.C., in una fattispecie anteriore all'entrata in vigore della l. n. 220 del 2012, ha confermato la decisione di merito che, sulla base delle prove raccolte nel processo, aveva ritenuto raggiunta la dimostrazione del versamento di una somma di pertinenza del condominio su un conto corrente di gestione intestato all'amministratore e del suo successivo impiego per coprire passività condominiali). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 26/11/2015)

Cass. civ. n. 2436/2018

In tema di condominio, l'art. 1130, n. 4, c.c., che attribuisce all'amministratore il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l'amministratore ha il potere - dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato; pertanto, rientra nel novero degli atti conservativi di cui all'art. 1130 n. 4 c.c. l'azione di cui all'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti dì costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto.

Cass. civ. n. 8521/2017

Nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, con la conseguenza che va ritenuta legittima la delibera assembleare che (in assenza di un esplicito divieto pattiziamente convenuto al momento della formazione del regolamento contrattuale) approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti.

Cass. civ. n. 454/2017

Il provvedimento camerale di revoca dell’amministratore del condominio ha efficacia, ex art. 741 c.p.c., dalla data dell'inutile spirare del termine per il reclamo avverso di esso, sì che gli atti compiuti dall'amministratore anteriormente al momento in cui tale revoca diviene efficace non sono viziati da alcuna automatica invalidità, continuando a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti del condominio.

Cass. civ. n. 19799/2014

In tema di condominio negli edifici, ciascun condomino ha diritto di accedere alla documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione all'assemblea condominiale, e a tale diritto corrisponde l'obbligo dell'amministratore di predisporre un'organizzazione, sia pur minima, che consenta di esercitare lo stesso e di informarne i condomini, sicché, a fronte della richiesta di un singolo condomino di accedere alla predetta documentazione, grava sull'amministratore, ovvero sul condominio che intenda resistere all'impugnazione della delibera assembleare proposta dal condomino dissenziente, l'onere della prova dell'inesigibilità ed incompatibilità della richiesta con le modalità previamente comunicate.

Cass. civ. n. 15401/2014

In tema di condominio negli edifici, qualora il rendiconto annuale sia redatto secondo il criterio di cassa, i crediti vantati da un singolo condomino vanno inseriti non nel bilancio relativo al periodo in cui gli stessi siano stati semplicemente avanzati, ma nel consuntivo relativo all'esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento.

Cass. civ. n. 8339/2014

L'amministratore è mandatario del condominio nell'erogazione della spesa per i servizi comuni, sicché egli, qualora sostituisca altri a se stesso nell'esecuzione di tale attività, senza esservi autorizzato dall'assemblea e senza che sia necessario per la natura dell'incarico, risponde dell'operato del sostituto, a norma dell'art. 1717, primo comma, cod. civ., non rilevando che la sostituzione sia conforme a una prassi nota ai condomini, fatto che, di per sé, non esprime la volontà del condominio.

Cass. civ. n. 14930/2013

In tema di condominio negli edifici, il potere di convocazione dell'assemblea spetta anche all'amministratore la cui nomina assembleare non sia stata immediatamente seguita dall'accettazione (nella specie, il nominato amministratore aveva subordinato l'accettazione dell'incarico a determinate condizioni, successivamente non avveratesi).

Cass. civ. n. 8498/2012

Il nuovo amministratore di un condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione, non ha il potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti da prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore e, pertanto, l'accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest'ultimo da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando, invece, all'assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore. (La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore quand'era già immesso nell'esercizio delle sue funzioni, non integrasse una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata).

Cass. civ. n. 25251/2008

L'amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi od agli stessi condòmini. Quest'obbligo non viene meno neanche nell'ipotesi in cui il condominio appalti a terzi lavori riguardanti le parti comuni dell'edificio condominiale, a meno che il compito di vigilare su tali lavori non venga affidato a persona diversa dall'amministratore. Ne consegue che l'amministratore stesso è responsabile del danno alla persona patito da uno dei condòmini, in conseguenza dell'inciampo in una insidia (nella specie, buca nel cortile condominiale) creata dall'impresa cui erano stati appaltati lavori di manutenzione dell'immobile condominiale.

Cass. civ. n. 1544/2004

In tema di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea condominiale, benché l'amministratore del condominio non abbia l'obbligo di depositare la documentazione giustificativa del bilancio negli edifici, egli è tuttavia tenuto a permettere ai condomini che ne facciano richiesta di prendere visione ed estrarre copia, a loro spese, della documentazione contabile, gravando sui condomini l'onere di dimostrare che l'amministratore non ha loro consentito di esercitare detta facoltà. (Nella specie, la S.C., in applicazione del succitato principio, ha confermato la sentenza di merito, secondo la quale la mancata indicazione nell'avviso di convocazione dell'assemblea del luogo e delle ore in cui sarebbe stato possibile l'esame della documentazione contabile era insufficiente a far ritenere dimostrato da parte dei condomini l'impossibilità di prenderne visione).

In tema di modalità di redazione del rendiconto da parte dell'amministrazione del condominio, deve escludersi che la mancata, analitica indicazione dei nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e degli importi da ciascuno di essi dovuti incida sulla validità della delibera di approvazione del medesimo, non comportando siffatta omissione neppure una irregolarità formale di detta delibera, sempre che le poste attive e passive risultino correttamente iscritte nel loro importo.

Cass. civ. n. 11940/2003

In tema di condominio, la mancata disponibilità della documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo da parte dei condomini comporta la violazione, da parte dell'amministratore, dell'obbligo di rendiconto e la conseguente invalidità della delibera di approvazione, ciò che non si verifica quando la disponibilità della documentazione manchi in sede di approvazione del preventivo dove, normalmente, l'approvazione della previsione di spesa viene fatta sulla base della gestione dell'anno precedente, e dove, soprattutto, la documentazione sulle spese potrà essere conseguita una volta che esse siano state effettuate, e non in via preventiva.

Cass. civ. n. 15159/2001

In tema di condominio negli edifici, ciascun condomino ha la facoltà di ottenere dall'amministratore l'esibizione dei documenti contabili non soltanto in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea, ma anche al di fuori di tale sede, senza la necessità di specificare la ragione per la quale egli intende prendere visione o estrarre copia dei documenti medesimi, sempre che l'esercizio di tale potere non intralci l'attività amministrativa e non sia contrario ai principi di correttezza, ed i relativi costi siano assunti dai condomini istanti.

Cass. civ. n. 10815/2000

L'amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Pertanto, a norma dell'art. 1713 c.c., alla scadenza l'amministratore è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell'esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono.

Cass. civ. n. 9099/2000

La contabilità presentata dall'amministratore del condominio non è necessario che sia redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma deve essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incassate, nonché dell'entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l'incarico è stato eseguito e di stabilire se l'operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione.

Cass. civ. n. 13504/1999

L'amministratore di un condominio, alla cessazione del suo mandato, ha l'obbligo di restituire ai condomini quanto ricevuto a causa dello svolgimento dell'incarico, tra cui i documenti concernenti la gestione, né può trattenerli finché non rimborsato delle somme anticipate per conto del condominio, avvalendosi del principio inademplenti non est adimplendum, non essendovi corrispettività né interdipendenza tra dette prestazioni, originate da titoli diversi.

Cass. civ. n. 5449/1999

Il nuovo amministratore di un condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione, non ha il potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti da prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore e pertanto l'accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest'ultimo da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando invece all'assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore.

Cass. civ. n. 8719/1997

Il regolamento condominiale (approvato per contratto o anche in virtù di deliberazione assembleare) può legittimamente sottrarre all'amministratore il potere di decidere autonomamente in ordine al compimento di eventuali atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, per conferirlo esclusivamente all'assemblea, subordinando alla deliberazione di questa l'esercizio da parte dell'amministratore della relativa azione giudiziaria, attesa la derogabilità da parte del regolamento condominiale, in favore dell'assemblea, della norma di cui all'art. 1130 c.c. sulle attribuzioni dell'amministratore, che ha carattere suppletivo e non imperativo.

Cass. civ. n. 10144/1996

Tra le incombenze spettanti all'amministratore del condominio ai sensi dell'art.1130 n. 2 c.c. rientra la vigilanza sulla regolarità dei servizi comuni anche per quanto attiene alle interferenze con i singoli appartamenti nonché il dovere di eseguire verifiche e di impartire le necessarie provvidenze intese a mantenere integra la parità del godimento dei beni comuni da parte di tutti i condomini.

Cass. civ. n. 4831/1994

Nel condominio degli edifici anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle fisse relative ai servizi comuni essenziali richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea dei condomini essendo questa espressamente richiesta dall'art. 1135 n. 2 c.c. per tutte le spese occorrenti durante l'anno e non solo per le spese di straordinaria manutenzione alle quali si riferisce il citato art. 1135 n. 5. È pertanto annullabile la delibera dell'assemblea che autorizza l'amministratore ad aumentare i contributi previsti dal preventivo di spese approvato.

Cass. civ. n. 8804/1993

L'amministratore del condominio, che è responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei poteri e in genere di qualsiasi inadempimento degli obblighi legali o regolamentari, non può essere ritenuto responsabile, ancorché sia tenuto a far osservare il regolamento condominiale, dei danni cagionati dall'abuso dei condomini nell'uso della cosa comune, non essendo dotato di poteri coercitivi e disciplinari nei confronti dei singoli condomini — salvo che il regolamento di condominio, ai sensi dell'art. 70 att. c.c., preveda la possibilità di applicazione di sanzioni nei confronti dei condomini che violano le norme da esso stabilite sull'uso delle cose comuni — né obbligato a promuovere azione giudiziaria contro i detti condomini in mancanza di una espressa disposizione condominiale o di una delibera assembleare.

Cass. civ. n. 5160/1993

Nell'ipotesi di un bene comune (nella specie: centrale termica) che sia al servizio di più edifici condominiali (cosiddetto supercondominio), i comunisti debbono nominare un amministratore che ne assicuri la gestione, nell'interesse comune. Pertanto, gli amministratori dei singoli condomini, potendo esercitare i poteri previsti dagli artt. 1130 e 1131 c.c. soltanto con riferimento all'edificio cui sono preposti, non sono legittimati a pretendere dai singoli condomini i contributi relativi all'esercizio della centrale termica, salvo che tale potere sia stato loro attribuito con deliberazione dell'assemblea dei comproprietari della centrale.

Cass. civ. n. 3159/1993

Nei poteri attribuiti all'amministratore di condominio dall'art. 1130 c.c. rientra quello di stipulare contratti necessari per provvedere, nei limiti della spesa approvata dall'assemblea, tanto all'ordinaria manutenzione, quanto alla prestazione dei servizi comuni. Detti contratti sono, pertanto, vincolanti per tutti i condomini ai sensi dell'art. 1131 c.c.

Cass. civ. n. 4437/1985

Il licenziamento del portiere di un edificio condominiale disposto dall'amministratore, ai sensi dell'art. 1130 n. 2 c.c., non esclude il potere dell'assemblea dei condomini - la quale sia intervenuta sul medesimo oggetto su richiesta dell'amministrazione per ratificarne l'operato - di «revocare» il licenziamento stesso.

Cass. civ. n. 2220/1984

In tema di condominio degli edifici, il potere del singolo condominio di controllare la gestione dell'amministratore e la documentazione ad essa inerente sussiste, normalmente, in sede di rendiconto annuale presentato dall'amministratore medesimo, nonché di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea, mentre, all'infuori di tale sede, il diritto del condominio stesso di ottenere dall'amministratore l'esibizione di determinati documenti contabili può essere riconosciuto solo ove si deduca e dimostri uno specifico interesse al riguardo.

Cass. civ. n. 5076/1983

In tema di condominio degli edifici, il dovere dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 2 c.c., di controllare e disciplinare il godimento di locali comuni (nella specie, locali destinati ad alloggio del portiere dopo la soppressione del servizio di portierato), implica, in mancanza di diverse disposizioni della assemblea, il diritto di detenere le chiavi dei suddetti locali, per assicurarne l'uso da parte dei singoli condomini in condizione di parità.

Cass. civ. n. 3402/1981

In tema di amministrazione condominiale, una volta che il bilancio consuntivo sia stato approvato con la maggioranza prescritta dalla legge, l'amministratore, per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso, non è tenuto a sottoporre all'esame dei singoli condomini i documenti giustificativi delle spese effettuate (cosiddette «pezze d'appoggio»), dovendo gli stessi essere controllati prima dell'approvazione del bilancio, senza che sia ammissibile la possibilità di attribuire ad alcuni condomini la facoltà di contestare i conti, rimettendo così in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza.

Cass. civ. n. 954/1977

L'obbligo dell'amministratore di eseguire le delibere dell'assemblea di condominio e di curare l'osservanza del regolamento — con la conseguente rappresentanza dei partecipanti anche in giudizio, sia contro i condomini, sia contro i terzi — si riferisce soltanto alle cose e alle parti comuni a tutti i condomini, ma non riguarda quelle clausole contenute negli atti di acquisto del bene da parte di ciascun partecipante al condominio concernenti la costituzione di servita di passaggio su beni di un altro condominio, poiché tali clausole interessano i singoli condomini quali proprietari esclusivi ed esulano dall'autonomo potere dell'amministratore del condominio.

Cass. civ. n. 3936/1975

L'obbligo dell'amministratore del condominio di sottoporre, alla fine di ciascun anno, il conto della sua gestione all'approvazione dell'assemblea dei condomini può essere assolto senza l'osservanza di particolari formalità, essendo a tal fine sufficiente - quanto meno nel caso in cui il conto di riferisce a condomini di modeste proporzioni - che esso, anche se non redatto in rigorosa forma contabile, contenga gli elementi essenziali occorrenti per rendere intelligibili, ai singoli condomini, le modalità di impiego dei fondi anticipati dai medesimi per la gestione del condominio, con enunciazione delle spese, suddivise per categorie e ripartite tra i condomini in proporzione delle rispettive quote. E' prerogativa dell'assemblea dei condomini di procedere ad interpretazione del regolamento di condominio, correttiva di altra precedentemente adottata, ed essa può essere censurata solo quando la diversa interpretazione non sia giuridicamente corretta, e ciò sia alla stregua dei principi di ermeneutica che avrebbero dovuto essere osservati in subiecta materia per identificare l'esatta portata dei criteri stabiliti nel regolamento, sia in relazione ai risultati che siano derivati dalla loro concreta applicazione, in quanto non consentiti da norme legislative inderogabili.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1130 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

V. M. chiede
lunedì 22/07/2024
“Un condomino ha presentato ricorso ex art. 700 c.p.c. in corso di causa affinché ai sensi del combinato disposto degli artt. 700 e 669-quater c.p.c. si voglia: 1) con decreto inaudita altera parte, circa il lastrico del fabbricato, ordinare l'esecuzione dei lavori 2) in subordine, qualora non sia disposto l'invocato decreto inaudita altera parte, fissare la comparizione delle parti. Il Tribunale fissa la comparizione delle parti in una definita data. L'amministratore p.t. di professione avvocato convoca l'assemblea condominiale per le decisioni da assumere. L'assemblea è regolarmente costituita, ma prima della discussione del punto all'O.d.G. il condomino attore lascia l'assemblea facendo venire meno il numero legale di 501/1000 e l'assemblea viene chiusa. Poiché l'udienza fissata dal Giudice cadeva cinque giorni dall'assemblea di cui innanzi, quindi non era possibile convocarne ulteriori, l'amministratore p.t. , nominato legale del condominio per la causa di merito mediante ricorso ex art. 702 bis c.p.c. con fissazione dell'udienza ex art. 183 c.p.c., poteva e doveva costituirsi senza alcuna deliberazione e, in subordine, essendo andata deserta l'assemblea convocata per mancanza del numero legale (numero legale fatto venir meno dall'allontanamento del condomino attore), portare a ratifica in una successiva assemblea la eventuale necessaria nomina ? Nell'udienza fissata per la comparizione l'amministratore non si è neanche presentato motivando l'assenza per attendere ai suoi impegni professionali.
Domanda : Il comportamento dell'amministratore p.t. è rispondente alle norme vigenti e alla deontologia professionale ?
In attesa si porgono
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 26/08/2024
Il quesito presenta diversi punti di discussione, non del tutto pacifici in giurisprudenza.
Anche dopo la riforma del condominio, che è intervenuta pesantemente nel disciplinare il ruolo dell’amministratore, tale figura rimane una professione non normata e quindi non collegata ad uno specifico albo, a differenza di altre professioni intellettuali come ad esempio: l’architetto, il commercialista e la stessa professione forense. Ciò fa sì che l’avvocato possa affiancare alla tipica attività forense anche l’attività di amministratore di stabili: questo è stato ribadito anche dalla Commissione consultiva del Consiglio Nazionale Forense con parere reso in data 20.02.2013 dopo l’introduzione della nuova legge che regolamenta la professione forense. Il CNF precisa come non vi sia incompatibilità tra l’esercizio della professione forense e quella di amministrazione degli stabili proprio perché questa ultima attività rientra anche in quelle prerogative che appartengono anche alla attività di un legale: il CNF nel sostenere questo, precisa anche come l’avvocato nel momento in cui accetta di amministrare uno stabile deve ovviamente sottostare non solo alla specifica normativa chiamata a disciplinare la figura dell’amministratore, ma anche a quelle disposizioni che regolamentano la professione di avvocato: su tutte, la L. 247/2012 sull’ordinamento professionale forense e lo stesso Codice Deontologico Forense.

Chiarito che un avvocato può ricoprire tranquillamente l’ufficio di amministratore di condominio, bisogna ora soffermarsi sui doveri dell’amministratore - avvocato nel caso in cui sorgano dei contenziosi che coinvolgano la compagine condominiale.
La norma da cui iniziare tale analisi è sicuramente l’art.1131 del c.c.: essa ci dice al suo primo comma che l’amministratore ha la rappresentanza processuale del condominio nei limiti delle attribuzioni che gli vengono riconosciute dall’ art. 1130 del c.c. ; qualora la lite esorbiti tali attribuzioni, il successivo 3° comma precisa che l’amministratore è tenuto a darne senza indugio notizia alla assemblea, la quale sarà chiamata a prendere le decisioni conseguenti. In questa seconda ipotesi solitamente la assemblea delibererà di promuovere o resistere alla lite e nominerà un legale che lo assisterà in giudizio: se l’amministratore svolge anche la professione forense è possibile che l’assemblea dia incarico allo stesso amministratore legale di assistere il condominio, ma nulla vieta che i condomini decidano di dare l’incarico difensivo ad un avvocato terzo.
Nella pratica non è sempre agevole capire quando una determinata lite rientri o meno nelle attribuzioni di cui all’art. 1130 del c.c.: per tale motivo, l’amministratore saggio, indipendentemente dal fatto che egli sia un avvocato o meno, in caso di lite richiederà sempre la autorizzazione alla assemblea a promuovere o a resistere ad un giudizio.

Nel quesito si sbaglia a dare per scontato che l’amministratore in quanto avvocato potesse stare in giudizio in nome e per conto del condominio senza una qualsivoglia delibera autorizzativa: se il professionista rappresenta in giudizio il condominio senza le necessarie autorizzazioni assembleari potrebbe certamente correre il rischio di compiere gravi irregolarità nell’espletamento del mandato ricevuto sia come amministratore, ma anche come avvocato, soprattutto se l’assemblea non deliberasse di rettificare quanto finora fatto dal rappresentante dello stabile sfornito di una preventiva autorizzazione.
Non si deve infatti confondere la delibera di conferimento dell’incarico con la sottoscrizione da parte del legale rappresentante del condominio della procura alle liti ex art. 83 del c.p.c.: questi sono due atti assolutamente distinti, anche se nella pratica per un non addetto ai lavori possono sembrare la medesima cosa. In quanto avvocato l’amministratore può rappresentare in giudizio la compagine da lui amministrata in proprio ai sensi dell’art. 86 del c.p.c., senza quindi munirsi di una preventiva procura alle liti, ma ciò non lo esime dal farsi autorizzare con apposita delibera assembleare a promuovere o resistere ad un determinato contenzioso.

Nel caso specifico, quindi, bene ha fatto il collega, prima di costituirsi in giudizio in nome e per conto del suo condominio, a chiedere una preventiva autorizzazione della assemblea: ma a questo punto il legale amministratore si doveva porre il problema di come gestire la riunione, posto che il condomino che ha promosso il contenzioso è in palese conflitto di interessi con l’intera compagine condominiale. In altre parole, è opportuno chiedersi se l’abbandono della riunione da parte del condomino in conflitto di interessi con la compagine condominiale era idonea a far chiudere l’assemblea senza che la stessa prendesse una valida decisione in merito alla lite promossa dallo stesso condomino. Purtroppo, in tema di conflitto di interesse all’interno dell'assemblea condominiale, si deve registrare un contrasto di orientamenti non ancora risolto all’interno della giurisprudenza della Corte di Cassazione che certamente non aiuta l’addetto ai lavori.

Recentemente, Cass. Civ. -Sez. II -, Ord. n. 3192 del 02/02/2023 ha stabilito che: "In ipotesi di deliberazione assembleare volta ad autorizzare l'esercizio di un'azione o la prosecuzione di una controversia giudiziaria tra il condominio e un singolo condòmino, venendosi la compagine condominiale a scindere, di fronte al particolare oggetto della lite, in base ai contrapposti interessi, non sussiste il diritto del singolo condòmino a partecipare all'assemblea…" (nello stesso senso, Cass.Civ. Sez. II, Sentenza n. 10683 del 22/07/2002). Seguendo questo orientamento l’abbandono del condomino in conflitto di interessi non poteva far venir meno il numero legale: la riunione, quindi, ben avrebbe potuto proseguire e l’amministratore avrebbe dovuto insistere affinché i condomini rimanenti lo autorizzassero a resistere in loro nome e per conto.

A questo orientamento se ne contrappone un altro meno recente ma non per questo da considerarsi superato secondo il quale: "…le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del "quorum" costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio" (Cass. Civ., Sez. II, Sentenza n. 19131 del 28.09.2015; conforme Cass.Civ. Sez. II, Sentenza n. 1201 del 30.01.2002). Secondo tale orientamento, l’abbandono della riunione di condominio da parte di colui che è in conflitto di interessi, facendo venir meno il quorum costitutivo della assemblea, né causa il non funzionamento e quindi la riunione si doveva chiudere con un nulla di fatto: sarebbe stato poi onere di un condomino diligente impugnare il verbale innanzi alla autorità giudiziaria per mancato funzionamento dell’assise.

Non è possibile sostituirsi al collega amministratore di condominio: quello che si può dire è che non è stato certamente opportuno lasciare il condominio privo di difese alla udienza già fissata, anche se non si può escludere che questa assenza del legale possa far parte di una strategia difensiva più complessa, ma sotto questo aspetto non si hanno sufficienti elementi per dare una valutazione pertinente.
Chi scrive, a fronte del conflitto di interessi presente in assemblea e forte del primo orientamento della giurisprudenza, non avrebbe chiuso la riunione di condominio con un nulla di fatto. Si doveva quantomeno fare in modo che i condomini rimanenti deliberassero in merito alla lite in corso, concedendo all’ amministratore l’autorizzazione a costituirsi in giudizio nel loro interesse: questo avrebbe permesso di non lasciare il condominio privo di difese a processo in corso.
Ad ogni modo stante la complessità della vicenda non è possibile in questa sede spingersi oltre e valutare i comportamenti dell’amministratore avvocato sotto gli aspetti risarcitori e deontologici.


D. C. chiede
sabato 10/02/2024
“Buongiorno,
Nel condominio in cui abito è stato variato l'amministratore nell'anno 2021. A partire da quella data non sono state mai convocate assemblee condominiali di alcun genere, quindi non è mai stata effettuata la delibera assembleare sui rendiconti annuali, i quali tra l'altro non sono stati neanche inviati tramite posta ai condomini. L'amministratore invia mensilmente una nota spese ad ogni condomino e nient'altro. Oggi ricevo una raccomandata in cui mi viene intimato, pena azioni esecutive, il pagamento di circa €. 260,00 relativo alla nota spese facenti riferimento l'ultimo anno circa. E' possibile opporsi sino alla convocazione dell'assemblea e approvazione di tutti i bilanci approvati ? Tra l'altro il ns. regolamento condominiale cita testualmente "L'esercizio finanziario si chiude ogni 31 dicembre. La somma risultante a debito dei singoli condomini dovrà essere corrisposta entro i dieci giorni dalla comunicazione dell'amministratore." Non parla in nessun caso del frazionamento delle quote mensilmente. Posso pretendere per il futuro il pagamento in unica soluzione dopo approvazione del bilancio ?”
Consulenza legale i 14/02/2024
I presupposti affinché sorga l’obbligo di corrispondere al condominio gli oneri condominiali sono due: il primo è quello di essere proprietario di una unità immobiliare ricompresa nel palazzo, la seconda è quella che gli oneri condominiali siano previsti nel rendiconto regolarmente approvato dalla assemblea. È anche per questo motivo che l’art.1130 del c.c. indica come primo dovere dell’amministratore, quello di convocare annualmente l’assemblea affinché essa provveda ad approvare il bilancio del condominio.

Sulla base di quanto riferito nel caso specifico manca proprio tale secondo requisito, e quindi nessuna somma può essere pretesa dall’amministratore: anzi, ci si chiede in che stato possono trovarsi i conti della sua gestione. Sarebbe molto opportuno che qualche condomino diligente prenda l’iniziativa e tenti di spodestare l’amministratore in carica, andando poi a verificare, con l’ausilio di un nuovo professionista, la situazione contabile del palazzo.
Il 12° comma dell’art.1129 del c.c. indica come primo grave inadempimento dei doveri dell’amministratore l’omessa convocazione della assemblea per l’approvazione del rendiconto. Per tale motivo se l’assemblea non vi provvedesse autonomamente, vi sarebbero tutti i presupposti per adire l’autorità giudiziaria e chiedere la revoca dell’amministratore in carica e la sua sostituzione con un nuovo professionista. Una volta ottenuto ciò, il nuovo amministratore dovrà verificare lo stato dei conti e quindi si valuteranno i successivi passi da intraprendere verso l’ex amministratore inadempiente. Si consiglia quindi di rivolgersi quanto prima ad un legale per verificare le difese più opportune.


R. P. chiede
lunedì 15/01/2024
“Un condominio ha stipulato, con un operatore telefonico, un contratto di locazione commerciale di parte del tetto comune dell’edificio per l’installazione di stazione di telefonia mobile. Il contratto prevede che annualmente il canone di locazione debba essere aggiornato del 75% delle variazioni istat riferite all’anno precedente. Negli anni antecedenti al 2021/22 le variazioni sono sempre risultate vicino allo zero per cui non è stato mai richiesto l’aggiornamento ISTAT. Nell’anno, però, settembre 2022/settembre 2023 la viariazione ISTAT e’ risultata pari al 5,1% corrispondente al 3,825 del 75%. Il canone quindi di € 28.000 risulterebbe integrato di ulteriori € 1.071. L’amministratore, malgrado la messa mora di un condominio, omette di chiedere l’Istat. L’amm.re è revocabile giudizialmente?”
Consulenza legale i 20/01/2024
Il n.3) dell’art 1130 del c.c. prevede che uno dei doveri attinenti allo svolgimento dell’ufficio di amministratore di condominio sia quello di curare la riscossione dei contributi; il successivo n.4) del medesimo articolo precisa, inoltre, come l’amministratore debba compiere tutti gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio. Dalla semplice lettura di tali due norme se ne ricava come l’amministratore sia obbligato a curare la corretta riscossione di tutti i crediti vantati dal condominio, anche quelli, come nel caso descritto, derivati da contratti locazione aventi ad oggetto parti comuni dell’edificio. Tali crediti, infatti, non sono altro che frutti civili prodotti dai cespiti condominiali messi a reddito a seguito di una decisione adottata dai proprietari in sede assembleare. Ovviamente affinché tale obbligo possa considerarsi puntualmente adempiuto da parte del professionista, è necessario che egli si accerti che il canone di locazione venga regolarmente e puntualmente corrisposto nelle casse condominiali nella misura e con le modalità contrattualmente pattuite, come è parimenti necessario che l’amministratore solleciti all’ inquilino l’adeguamento istat del canone di locazione, se le clausole contrattuali lo prevedono.

Se, quindi, si verifica un inadempimento parziale nel pagamento del canone l’amministratore è obbligato ad attivarsi per tutelare le ragioni del condominio da lui amministrato, anche dando specifico mandato ad un legale, tra l’altro senza che per fare ciò sia obbligato a procurarsi una preventiva autorizzazione della assemblea.

È evidente, quindi, nel caso prospettato, il grave inadempimento tenuto dall’amministratore nel far fronte ai doveri assunti con il mandato ricevuto dai condomini, e tale condotta certamente potrebbe essere il punto di partenza per richiedere al giudice, ai sensi del comma undicesimo dell’art. 1129 del c.c., una revoca giudiziaria del professionista, qualora l’assemblea non vi provveda autonomamente.

Seppur tale inadempimento rimanga una condotta grave e censurabile, non è però detto che da esso possa discendere la possibilità per il condominio di richiedere al professionista un risarcimento danni una volta che lo stesso venga rimosso dal suo ufficio. Sulla base di quanto descritto infatti, non pare che il credito derivante dal contratto di locazione sia prescritto. (ai sensi del n. 3 dell’art. 2948 del c.c., i canoni di locazione si prescrivono in 5 anni, decorrenti dalla scadenza delle singola mensilità) o che comunque il condominio sia decaduto dalla possibilità di richiedere l’aggiornamento ISTAT per la corrente annualità: per tale motivo, dall’inadempimento non discende in capo al condominio un danno patrimoniale, anzi la revoca dell’amministratore sarebbe proprio funzionale ad evitare che tale danno possa concretamente realizzarsi.


G. G. chiede
domenica 07/01/2024
“1) L' Art. 1130 CC impone all'Amministratotre di "compiere gli adempimenti fiscali".

2) L' emissione dei Certificati per le detrazioni fiscali E' un adempimento fiscale.
(Ricordo che tali certificati vanno spediti contestualmente ai Condomini e all' AdE.)

3) L' Amministratore, nei fatti, e per sua stessa documentata ammissione, non lo fa.

I punti di cui sopra mi appaiono incontestabili e vorrei sapere se possano essere valutati sufficienti affinché un Giudice possa emettere un provvedimento ingiuntivo, e magari anche sanzionatorio, senza attendere una eventuale recidività.

In subordine richiedo se in Brocardi esiste un Servizio Legale che possa prendere in carico il caso, ed a quali condizioni.”
Consulenza legale i 09/01/2024
L’art. 1130 del c.c. indica in maniera chiara e precisa quali sono i compiti propri dell’amministratore del condominio, e al n.5) viene indicato puntualmente l’esecuzione degli adempimenti fiscali. Nel perimetro applicativo di tale articolo certamente rientra l’obbligo di predisporre la documentazione necessaria per ottenere determinati vantaggi fiscali e di curarne gli adempimenti conseguenti, i quali devono essere eseguiti dall’amministratore in qualità di legale rappresentante del condominio.
Si tenga inoltre conto del fatto che il diritto alla detraibilità fiscale, a cui l’adempimento dell’amministratore di condominio è preordinato, è un diritto proprio del singolo condomino che non può essere derogato, limitato o comunque messo in discussione dalla assemblea dei condomini: anzi, tale adempimento rientra negli obblighi ricompresi nel rapporto che intercorre tra il professionista e il singolo condomino, e certamente l’assemblea non avrebbe sotto questo aspetto nessun potere di intervento.
Come le è stato già più volte riferito in altre precedenti consulenze vi sarebbero tutti gli estremi per procedere legalmente contro l’attuale amministratore, se quello che lei sostiene corrisponde a verità ed è dimostrabile in giudizio: non avendo un servizio legale vicino alla sua zona di residenza, la invitiamo se vorrà a rivolgersi in autonomia ad un legale per concordare con il professionista ogni iniziativa che si riterrà opportuna.


M. G. chiede
giovedì 08/06/2023
“Egregi buongiorno,
all'interno di un condominio da noi pro-tempore amministrato, su parte comune, è presente fin dalla costituzione/costruzione dello stesso (1998) un gazebo in legno, un campetto sportivo ed un'area giochi dotata di un'altalena ed una torre scivolo, entrambe in legno. Dalle risultanze tavolari (in Alto Adige vige il doppio sistema tavolare/catastale), risultano intavolati il gazebo ed il campo sportivo, ma non l'area giochi, che figura come semplice "giardino". Poichè il gazebo e l'area giochi versavano in cattivo stato di manutenzione/usura (struttura in legno poco stabile, presenza di parti marcite, parti in legno mancanti), si è richiesto inizialmente ad imprese specialiste del settore di effettuare una manutenzione/messa in sicurezza. Le imprese coinvolte, visto lo stato di usura, hanno declinato il proprio interesse a manutenere tali aree, o quantomeno hanno dichiarato di non voler assumersi nessuna responsabilità. Premettiamo che tali attrezzature, dal 1997, non sono mai state sottoposte a verifica periodica, come previsto dalla norma EN 1176 e non abbiamo evidenza della presenza di una dichiarazione di corretta posa o attestato similare. Per ragioni di sicurezza, a tutela del condominio e dei rispettivi utilizzatori, abbiamo provveduto pertanto ad inibire l'accesso a tali dispositivi, tramite comunicato alla compagine condominiale, cartelli in loco e segregazione di tali attrezzi con nastro rosso-bianco. Poichè più di una volta ci è stato segnalato il persistente utilizzo di tali aree, nonostante l'inibizione di cui sopra, sempre per ragioni di sicurezza abbiamo provveduto d'ufficio (ex Art. 1135_2°comma C.C.) ad incaricare impresa con lo smontaggio e smaltimento di tali strutture pericolanti e ri-messa in sicurezza dell'area, in attesa di sottoporre future decisioni all'assemblea ordinaria.
L'ultima assemblea ordinaria è stata quindi chiamata a deliberare la posa di nuovo gazebo e di nuova area giochi, previa analisi dei preventivi raccolti. L'assemblea a maggioranza (ex Art. 1136 C.C.) ha respinto l'installazione di nuova area giochi e nuovo gazebo. I condòmini favorevoli all'intervento, ora, lamentano incostituzionalità, poichè sostengono che tale area giochi comune fosse presente dalla costituzione del condominio eppertanto alienabile solo con unanimità (ex Art. 1108 C.C. e correlata Cass. n.4258 del 24/02/2006).
Viste le premesse di cui sopra, sono a formularVi alcuni quesiti: qual è la discriminante che definisce quando un certo manufatto condominiale possa essere annoverato fra i beni comuni alienabili con unanimità? Le risultanze tavolari/catastali sono discriminanti univoche in tal senso (nel caso di specie, il gazebo risulta intavolato, l'area giochi no), oppure è sufficiente che tali manufatti/accessori fossero presenti già dalla costituzione/costruzione per rientrare fra i beni ex Art. 1117 C.C.? Sostanzialmente, è corretto subordinare il reintegro di tali manufatti all'assemblea (che ha respinto la proposta), oppure in quanto inalienabili l’amministratore è obbligato d'ufficio alla loro re-installazione? Trattandosi di opera gravosa (l'importo di spesa sarebbe di circa 25.000 Euro), ci sono particolari adempimenti per tutelare l'incasso degli importi a finanziamento di tali interventi? Grazie e buon lavoro.”
Consulenza legale i 15/06/2023
A parere di chi scrive la vicenda va affrontata da un altro punto di vista, ovvero facendo applicazione di tutti principi espressi dalla giurisprudenza attorno alla tematica dell’abbattimento di alberi presenti nei giardini condominiali, principi assolutamente applicabili anche al caso descritto.
In via generale l’abbattimento di un albero condominiale può essere effettuato solo con il consenso unanime di tutti i proprietari, questo perché l’abbattimento rappresenta una dismissione di un bene comune (Cass.Civ. n.24396/05; Corte di Appello di Roma n.478 del 06.02.08). Lo stesso discorso può tranquillamente farsi per la rimozione dei giochi bimbi nel giardino: la totale rimozione di tali attrezzature, costituendo dismissione di beni condominiali, come principio generale deve essere subordinata alla unanimità dei consensi (i.e.: rilasciato da tutti i proprietari).

In applicazione della giurisprudenza citata, la delibera che a colpi di maggioranza disponga la rimozione di un bene condominiale deve considerarsi radicalmente nulla e quindi impugnabile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, anche oltre i rigidi termini previsti dall’art. 1137 del c.c.. Posta la radicale nullità di una delibera di questo tipo, in un ipotetico contenzioso non ci si dovrebbe solo limitare a chiedere la nullità di quanto deliberato (cosa che di per sé avrebbe poco senso pratico), ma ovviamente ci si deve spingere a chiedere al giudice la condanna del condominioa ripristinare la comunione sui beni illegittimamente rimossi, ad esempio ripiantando l’albero abbattuto o rintroducendo quello specifico manufatto. È proprio in un contenzioso di questo tipo che è stata emessa la pronuncia che viene citata nel quesito: essa però non è applicabile nel caso specifico, poiché qui la rimozione dei giochi bimbi è stata effettuata del tutto legittimamente dall’amministratore (e non su delibera assembleare) nell’ambito dei suoi poteri previsti dall’art. 1130 del c.c.

La giurisprudenza, infatti, precisa che qualora l’albero condominiale versi in una situazione accertata di grave necrosi o malattia, l’amministratore, nell’ambito dei suoi poteri di cui al n.4) dell’art. 1130 del c.c., può procedere autonomamente all’abbattimento senza richiedere una preventiva autorizzazione unanime dei proprietari: questo per evitare schianti improvvisi del vegetale e quindi possibili pericoli per i proprietari e per i terzi (Tribunale di Roma n.679 del 14.01.2016).
Lo stesso principio deve ovviamente applicarsi al caso specifico in cui vi sono dei giochi bimbi che versano in pessime condizioni di stabilità: essi se usati possono rappresentare un pericolo per gli stessi condomini o anche per terzi estranei all’edificio. L’amministratore quindi ha agito correttamente quando, nell’esercizio dei poteri a lui conferiti direttamente dalla legge, ha deciso di rimuovere il manufatto pericolante, il cui utilizzo improprio avrebbe potuto causare gravi conseguenze sul piano civile e penale, che sarebbero ben potute ricadere direttamente in capo all’amministratore medesimo.

Posto quindi che la rimozione dei giochi bimbi è avvenuta legittimamente, non vi è alcun obbligo di ricostruire la comunione. Ovviamente l’assemblea nell’ambito dei suoi poteri può certamente deliberare la reintroduzione di tali beni comuni: questo potrà avvenire con una delibera adottata con le maggioranze di cui al 1° co. art.1120 e 5° co. art. 1136 del c.c.: la reintroduzione dei giochi bimbi infatti costituirebbe una innovazione, poiché si andrebbe a inserire un bene condominiale che allo stato attuale non è più presente nel complesso edile amministrato. Nel caso in cui si deliberasse tale innovazione, visto il considerevole importo dei lavori, l’assemblea ai sensi del n.4) dell’ art. 1135 del c.c. con le medesime maggioranze di cui sopra dovrebbe deliberare anche l’istituzione di un fondo speciale.

Nel contesto che si è descritto sarebbe stato opportuno che l’amministratore, prima di procedere alla rimozione dei manufatti, avesse commissionato una piccola perizia sui medesimi, al fine di evidenziare lo stato in cui essi versavano: questo soprattutto a tutela dell’amministratore medesimo, in quanto è ben possibile che qualche condomino contrario alla rimozione dei giochi possa sostenere che egli abbia agito impropriamente e possa quindi pretendere che sia l’amministratore medesimo a reintrodurre a sue spese i giochi nel condominio. Vi è da dire che in caso di un ipotetico contenzioso vi sono buone armi di difesa se si conservano le foto di quanto rimosso, sulla base delle quali ben si potrebbe commissionare anche oggi un elaborato peritale. Si può contare anche sulla testimonianza di alcuni condomini.



G. G. chiede
venerdì 20/01/2023 - Lombardia
“Buongiorno ! Faccio riferimento alla presente Consulenza Quesito Q202025357 per chiedervi se esistano documenti legislativi e/o Sentenze che specifichino esattamente il contenuto dell' Anagrafe Condominiale in termini di "dati sensibili", con un' eventuale distinzione tra dati obbligatori e dati facoltativi. La richiesta nasce dal rifiuto dell' Amministarore di mettermi a conoscenza degli indirizzi e-mail disponibili di tutti i condomini . Di seguito riporto testualmente la motivazione data dall' Amministratore.
QUOTE
Quanto detto sopra, in parte, fa effettivamente parte dei documenti presenti in anagrafe condominiale che di fatto sono: nominativo proprietario, dati catastali immobile, codice fiscale ed indirizzo di residenza. Numeri di telefono ed indirizzi e-mail sono un “surplus” e quindi informazioni non cedibili se non che con previa autorizzazione.
UNQUOTE
Se la distinzione sopra riportata fosse legittima, si dovrebbe addivenire al un qualche compromesso tipo richiedere a ciascun condomino l' autorizzazione alla divulgazione dell' indirizzo e-mail. Se invece la distinzione è del tutto capziosa, il passo successivo dovrebbe essere un' ingiunzione all' Amministratore che lo faccia recedere dalla sua posizione ostruzionistica. Grato per la Consulenza”
Consulenza legale i 09/02/2023
L’anagrafe condominiale è disciplinata dall’art. 1130 del c.c. e contiene i dati principali dei proprietari e dei titolari di diritti reali e diritti personali di godimento.
Nello specifico l’amministratore di condominio inserisce all’interno del registro:
a) generalità di coloro che vivono nelle unità abitative;
b) dati catastali di ciascuna unità immobiliare;
c) dati riguardanti le condizioni di sicurezza delle parti comuni del condominio.

Al fine di tutela da possibili abusi e/o utilizzi impropri dei dati raccolti, l’attuale normativa in materia privacy prevede che l’amministratore può trattare solo i dati pertinenti e necessari alle attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni e dei singoli utenti alla collettività condominiale.

Il tema del consenso è quindi molto rilevante in questo ambito.

La dottrina prevalente ritiene che l’amministratore debba fornire i dati dei condomini, quali residenza o domicilio, solo qualora almeno due condomini (che rappresentino un sesto del valore dell'edificio) abbiano necessità di convocare l’assemblea condominiale ai sensi e per gli effetti dell’art. 66 delle disp. att. c.c.
Ad ogni buon conto, anche in quest’ultima ipotesi, non rientrano gli indirizzi di posta elettronica ordinaria o il numero di cellulare, non essendo mezzi idonei per la suddetta convocazione.

Premesso quanto sopra, questa redazione concorda con quanto scritto dall’amministratore di condominio all’interno del quesito, atteso che l’indirizzo e-mail e il numero di cellulare sono elementi aggiuntivi e non essenziali del predetto registro e, di conseguenza, non cedibili senza previa autorizzazione dell’interessato.


RENATO P. chiede
lunedì 09/01/2023 - Piemonte
“Condominio - amministratore eletto a giugno 2014 con allegato preventivo per € 1500 per attività ordinaria. Solo a dicembre 2022 (dopo che amministratore ha inviato fatture dal 2014 a 2021) è emerso che per il 2014 amministratore ha fatturato € 1500 (09.10.2014: fattura nr. del 09.10.2014:tali prestazioni riguardano l'acconto per l'amministrazione dello stabile per la gestione 2014 - 20.02.2015 fattura nr. 33/2015 del 20/02/2015: tali prestazioni riguardano il saldo per l'amministrazione dello stabile per la gestione 2014). i consuntivi condominiali sono fatti dal 01.01 a 31.12 di ogni anno. Premesso quanto sopra la domanda è: amministratore ha violato norme penali eventualmente ancora perseguibili? Amministratore ha violato norme contrattuali che sebbene non scritte vanno rispettate?”
Consulenza legale i 19/01/2023
Tra l’Amministratore e il Condominio si insatura un contratto di mandato con rappresentanza disciplinato dall’art. 1703 del c.c. e seguenti, che obbliga il mandante a pagare al mandatario il compenso che gli spetta e a rimborsargli le anticipazioni sostenute (art. 1720 del c.c.).
Il ruolo dell’Amministratore è poi disciplinato dalle norme speciali in tema di Condominio per quanto riguarda la nomina, la revoca e i suoi obblighi, come stabilito dall’art. 1129 del c.c..
Le attribuzioni specifiche dell’Amministratore sono invece contenute nell’ art. 1130 c.c.

Dalla lettura di questa norma di legge si può desumere come la gestione ordinaria di un Condominio implichi alcuni incarichi gèstori e altri di tipo amministrativi e fiscali.

La gestione ordinaria del Condominio si configura con attività di raccolta, conservazione di dati relativi ai condomini e alle loro proprietà, alla contabilità condominiale e allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del Condominio.
Inoltre, l’Amministratore, alla fine del periodo di gestione, deve redigere il rendiconto consuntivo e il preventivo dell’anno successivo, che devono poi essere approvati dalla assemblea, e che riguardano uscite e entrate di tutto l’anno di riferimento.
L’Amministratore deve stilare questi documenti raccogliendo e analizzando queste voci annuali di spese indipendentemente da quando gli è stato assegnato l’incarico.
C’è sicuramente una parte di compiti che spettano all’Amministratore di cura e conservazione delle parti comuni che devono essere svolti in caso di necessità durante tutto l’anno.
Anche gli adempimenti fiscali hanno date precise e devono essere compiuti dall’Amministratore in carica nel momento specifico.

Il compenso deve essere specificato analiticamente al momento della nomina come previsto dall’ art. 1129 c. 14 c.c.
In occasione dell’assemblea in cui è stato nominato il nuovo Amministratore, i condomini dissenzienti avrebbero dovuto contestare il compenso richiesto se ritenuto non congruo e non approvare la delibera sul punto, riservandosi così la possibilità di impugnare il verbale entro 30 giorni ai sensi dell’art. 1137 del c.c..
Se nessun condomino ha opposto obiezioni e impugnato la delibera, questa è diventata esecutiva vincolando il Condominio al pagamento della cifra pattuita.
Non si ritiene ci sia alcuna violazione di norme penali e nemmeno contrattuali.


R. L. chiede
lunedì 05/09/2022 - Calabria
“Buonasera, le scrivo alcune premesse utili per la consulenza.
Sono il proprietario di un appartamento in un Condominio di 6 unità immobiliari.
Ho convocato un’assemblea straordinaria con i punti all’ordine del giorno:
1- Irregolarità dell’amministratore per mancato rendiconto di gestione, mancata apertura conto corrente condominiale, mancata redazione dell’anagrafe condominiale; 2- Delibera di revoca dell’amministratore con contestuale nomina di altro amministratore pure in via provvisoria; 3- Lavori di manutenzione.
Poco prima della suddetta assemblea straordinaria sono pervenute tramite PEC le volontarie dimissioni dell’amministratore senza che lo stesso abbia fornito nessuna documentazione richiesta (rendiconto, conto corrente, ecc.)
L’assemblea si è regolarmente costituita e ha accettato le sue dimissioni all’unanimità inoltre ha considerato di soprassedere sulla discussione e conseguente deliberazione in riferimento ai punti 1 e 2 riguardanti l’amministratore discutendo gli altri punti dell’ordine del giorno.
Al termine dell’assemblea ho informato i condomini che successivamente avrei richiesto all’amministratore tutta la documentazione relativa alla sua amministrazione e i condomini non hanno espresso alcuna obiezione a verbale.
Ho successivamente richiesto all’amministratore, tramite PEC, le modalità per ottenere la documentazione del condominio (Contratti stipulati, fatture, compensi corrisposti a professionisti, eventuali polizze, ecc.) ma lo stesso amministratore mi risponde che la documentazione è disponibile solo per presa visione e che potrà essere consegnata se non ad un nuovo amministratore, visto che non è obbligatorio perché ci sono solo 6 condomini, solo ad un condomino indicato che faccia le sue veci e tutto deve essere scritto nel verbale assembleare perché è necessario comunicare all’agenzia delle entrate la revoca dello stesso ed il successivo condomino che ne fa le veci.
Le formulo la mia domanda:
In riferimento alla sentenza 18185 della sesta sezione civile della Corte di Cassazione e pubblicata il 24 giugno 2021 ho il diritto di ottenere tutta la documentazione inerente alla intercorsa amministrazione avendolo segnalato in assemblea ai condomini senza che gli stessi abbiano posto obiezioni oppure corre l’obbligo di essere nominato come sostituto dell’amministratore?
Vorrei solo la documentazione non ho intenzione di appropriarmi della nomina di amministratore che sarebbe oggetto di altra assemblea.
La ringrazio per l'attenzione”
Consulenza legale i 08/09/2022
Tralasciando le irregolarità che hanno portato alle dimissioni dell’amministratore, nel caso prospettato il professionista si sta comportando in maniera corretta: l’errore risiede nel fatto di non aver deliberato sul punto n.2 all’ordine del giorno e non aver quantomeno nominato in assemblea un condomino delegato ad effettuare il passaggio di consegne con l’amministratore uscente. Infatti, per un corretto passaggio di consegne che tuteli sia il condominio quanto l‘ex amministratore è quanto mai opportuno che quest’ultimo consegni i documenti attinenti il palazzo ad un soggetto espressamente autorizzato con una delibera assembleare.

Si tenga presente che ai sensi del co. 8° dell’art. 1130 del c.c. l’amministratore anche se dimissionario è tenuto a rimanere in carica per il disbrigo delle attività urgenti, senza, tra l’altro, poter pretendere un qualche compenso di sorta per questa sua attività ulteriore.

Per tale motivo sarebbe opportuno che l’amministratore uscente, sollecitato magari da un condomino, diligente convochi una assemblea che abbia all’ordine del giorno se non la nomina di un nuovo amministratore quantomeno l’individuazione di un condomino che possa curare il passaggio di consegne col professionista dimissionario.

V. L. chiede
venerdì 27/05/2022 - Toscana
“Premessa:

Problemi in un nuovo appartamento in un condominio (villette terratetto e appartamenti al piano rialzato - 10 condomini in totale) nel centro storico di Firenze, acquistato nel 2015 come abitazione principale.
Condominio molto complicato, 4 amministratori si sono succeduti nel giro di pochi anni.

Nostro appartamento (terratetto) danneggiato già 2 volte da allagamenti di acque reflue (chiare) condominiali. Seconda volta in maniera molto seria che ci ha costretto a non utilizzare la casa per quasi 3 anni.

Dopo il primo allagamento una perizia, richiesta dal condominio, giudicava il sistema di smaltimento reflui “a norma, anche se al limite” e raccomandava una sequenza regolare di svuotamento dei pozzetti condominiali (2 volte l’anno) per evitare problemi futuri. Su questa base non abbiamo ritenuto di poter intentare una causa contro il venditore.

Dopo il secondo allagamento (e un risarcimento danni - irrisorio rispetto al danno reale - da parte dell’assicurazione condominiale), su consiglio del nostro legale, abbiamo iniziato un’azione legale contro il condominio che si è conclusa con una addizionale quota di risarcimento da parte del condominio, accettata da noi anche se il danno subito era notevolmente superiore ai risarcimenti ottenuti.

Nel frattempo, abbiamo incaricato un tecnico molto competente di effettuare una perizia accurata per verificare in dettaglio la funzionalità del sistema smaltimento reflui del condominio.
Il risultato (perizia ufficialmente completata e firmata a marzo 2022) ha confermato i nostri sospetti sull'impianto smaltimento reflui completamente fuori norma, con gravi violazioni dei regolamenti edilizi vigenti.


Storia recente:

Nella situazione descritta nella premessa, si inserisce il comportamento degli ultimi 2 amministratori (il terzo e il quarto di questo condominio):

Nell’ultima assemblea (inizio febbraio 2022) la maggioranza dei condomini (noi astenuti) non ha confermato l’amministratore in carica fino a quel momento.
Subito dopo, in una assemblea convocata da condomini ( 22/2/2022), è stato nominato il nuovo amministratore, che subentrera’ nella carica quando gli saranno consegnati i documenti condominiali.

Da parte nostra e’ stato assunto che tutti gli incarichi di amministrazione del condominio fossero da questo momento in poi a carico del nuovo amministratore. Per cui abbiamo inviato la perizia a quest’ultimo.
Il 23/3/2022 e’ stata inviata dal nostro legale la “richiesta (PEC) di convocazione di assemblea straordinaria per informare doverosamente tutti i condomini del grave difetto di costruzione riguardante il sistema di smaltimento reflui.”
Aggiungendo: “E' importante che questa assemblea avvenga al più presto, per aggiornare tutti i condomini della situazione (in particolare i nuovi proprietari che hanno acquistato recentemente e sono del tutto all'oscuro di questi problemi...)”

Sembra che tutto vada a rilento nel passaggio di consegne tra i 2 amministratori. La giustificazione del ritardo sembra essere che alcuni condomini non hanno ancora pagato le quote del preventivo spese per l’anno 2022.

Il 12/4/2022, su richiesta di una condomina, il vecchio amministratore invia un messaggio in cui dice di non essere al corrente della nomina del nuovo.
Inviamo subito un messaggio ai 2 amministratori con tutte le indicazioni affinché possano comunicare tra di loro.

29/4/2022
Inviamo al nuovo amministratore un messaggio con questo testo:

…. questo ritardo nel passaggio di consegne sembra molto strano.
Lei, tra l'altro ha ricevuto, molto tempo fa, la comunicazione del nostro avvocato riguardante la grande criticità del sistema condominiale su cui è importante una presa di conoscenza da parte di tutti i condomini. Se non fossimo intervenuti noi con l'intervento di spurgo dei pozzetti condominiali niente sarebbe stato fatto per un problema molto critico.

La prego di fare tutto il possibile per accelerare il passaggio di consegne anche perché ci sono nuovi condomini, subentrati recentemente, che sono all'oscuro di tutto.


6/5/2022
Inviamo, a seguito di una richiesta di un condomino preoccupato per la situazione pozzetti e in assenza di informazioni dagli amministratori, un messaggio a tutti i condomini e al nuovo amministratore, l’informazione sullo spurgo dei pozzetti da noi effettuato prima che la perizia fosse completata.

Dopo una decina di giorni, viene inviato ai 2 amministratori (uscente / entrante), copiando tutti gli altri condomini, il seguente messaggio (concordato con il nostro legale):

….
scrivo la presente…… al fine di sollecitare il completamento del passaggio di consegne tra voi quale amministratore uscente e nuovo amministratore nominato.

Significo infatti che tale passaggio di consegne non può essere condizionato in alcun modo dalla situazione debitoria/creditoria di singoli condomini, che peraltro è stata sempre gestita e sanata rapidamente dagli amministratori entranti in passato nei precedenti avvicendamenti della carica.

Detto impasse sta creando notevoli malfunzionamenti al condominio e anche ai singoli proprietari come la sottoscritta, che comunque ha effettuato i pagamenti delle rate scadute, come presentate nel prospetto del preventivo spese 2022; nonché anticipato la spesa di svuotamento dei pozzetti condominiali (necessario per la situazione di entrambe le fosse - ho ampia documentazione al riguardo, altro che gestione di routine..) che dovrà essere considerato come mio anticipo per la quota condominiale di quest'anno.

Ricordo inoltre che in data 23/3/2022 il mio avvocato ha inviato una mail PEC con la richiesta di convocazione di assemblea straordinaria per informare doverosamente tutti i condomini del grave difetto di costruzione riguardante il sistema di smaltimento reflui, finalmente accertato senza ombra di dubbio e in tutti i suoi dettagli da una perizia professionale che include anche il progetto per la regolarizzazione dell'impianto.
E' importante che questa assemblea avvenga al più presto, per aggiornare tutti i condomini della situazione (in particolare i nuovi proprietari che hanno acquistato recentemente e sono del tutto all'oscuro di questi problemi..)
…..
Confido in un vostro rapido intervento al riguardo.


Quesito:

Come si vede dalle spiegazioni fatte il nuovo amministratore da tre mesi non si sta mostrando utile a divulgare apertamente il problema del difetto di costruzione dello smaltimento reflui ai condomini.
Cosa possiamo fare in modo che le cose si sblocchino al piu’ presto possibile? Sarebbe opportuno mandare la perizia anche al vecchio amministratore? Oltretutto, il comune a suo tempo aveva accettato la dichiarazione del progettista sulla regolarita’ dell’impianto condominiale dello smaltimento reflui, concedendo, anche in base a questo, l’abitabilita’ a tutti gli immobili. Potrebbe essere opportuno inviare la perizia anche alla direzione urbanistica edilizia residenziale del comune?
Infine, sappiamo che per fare un accertamento tecnico preventivo non puo’ passare più di un anno di tempo da quando il difetto e’ noto. Quale data deve essere considerata per conteggiare il passaggio dell’anno? La data in cui la PEC con la perizia e’ stata inviata al nuovo amministratore (22/3/2022) o la data in cui il condominio verra’ ufficialmente informato? Teniamo anche presente che la casa e’ stata venduta a Luglio del 2015.”
Consulenza legale i 17/06/2022
Le vicende narrate lasciano intendere gravi irregolarità amministrative e, forse, connivenze con il costruttore. Detto ciò da quanto narrato vi sono due aspetti paralleli che vanno trattati separatamente: il rapporto con l’amministratore (o amministratori) e l’accertamento tecnico preventivo (nel proseguo detto anche ATP).

L’amministratore di condominio.

È evidente che il condominio abbia avuto vicende piuttosto turbolente e sarebbe interessante scoprire i motivi che ritardano il passaggio di consegne tra nuovo e vecchio amministratore.
Detto ciò il n. 4) dell’art. 1130 del c.c. attribuisce all’amministratore in carica il preciso compito di compiere gli atti conservativi sulle parti comuni dell’edificio, quindi anche sull’impianto idrico del palazzo. Se tale impianto per una qualsivoglia anomalia costruttiva ha urgenza di essere riparato e vi è la necessità di compiere una ATP prima che queste riparazioni vengano eseguite, l’amministratore deve compiere tutti i passi necessari affinché l’impianto sia rimesso nella sua piena efficienza nel più breve tempo possibile.
Al di là del fatto che il passaggio di consegne tra amministratori si sia o meno realizzato, l’amministratore attualmente in carica non sta ottemperando ad una sua specifica responsabilità, compiendo ai sensi del comma 12° dell’art.1129 del c.c. una grave irregolarità nell’adempimento del suo mandato.
Per questo motivo vi sarebbero tutti gli estremi per chiedere la revoca dell’amministratore attualmente in carica sia per via assembleare sia ricorrendo alla autorità giudiziaria.
Ci si rende conto che così facendo si causerebbe un ulteriore cambio alla guida amministrativa dello stabile, ma questo è l’unico strumento per tentare di smuovere in maniera efficace l’attuale situazione di stallo.
Affianco a questa iniziativa si potrebbe ipotizzare una eventuale richiesta risarcitoria sia a carico dell’attuale che del precedente amministratore, ma sotto questo aspetto, per spingersi verso considerazioni più precise, si bisognerebbe avere qualche elemento in più.

L’accertamento tecnico preventivo.

È evidente la necessità e l’urgenza di effettuare sull’impianto idrico del palazzo gli opportuni interventi affinché lo stesso acquisisca quella naturale efficienza che non ha mai avuto, ma prima di arrivare a ciò è necessario instaurare una procedura di ATP ex art. 696 c.p.c. tesa a verificare la situazione attuale dell’impianto in vista del futuro giudizio che con ogni probabilità si espleterà nei confronti della impresa costruttrice.
Il procedimento di ATP è un tipico procedimento cautelare e d’urgenza a cui si ricorre proprio nelle situazioni descritte dal quesito in cui vi è la urgente necessità di fotografare una determinata situazione dei luoghi prima che il decorso del tempo possa andarne a modificare quei profili e caratteristiche che hanno una particolare rilevanza probatoria nel futuro giudizio che si intende instaurare.
Nel caso descritto, infatti, se si procedesse a riparare l’impianto idrico prima di aver espletato l’accertamento tecnico preventivo si andrebbero a eliminare i suoi malfunzionamenti che sono il presupposto imprescindibile per instaurare il successivo giudizio teso ad inchiodare l’impresa costruttrice alle sue responsabilità.
Posto questo, il giudizio di ATP può essere anche instaurato su iniziativa del singolo condomino scavalcando di fatto l’amministratore che all’oggi è una figura quanto mai assente.
La giurisprudenza in questo senso è molto chiara e si può dire costante: "Configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l’amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti, esclusivi e comuni, inerenti all’edificio condominiale." (Cass.Civ.,Sez.II, n.1011 del 21.01.2010).
Il consiglio, quindi, è quello di procedere autonomamente ad instaurare il procedimento di ATP nei confronti della impresa costruttrice: visto l’urgenza di intraprendere l’iniziativa giudiziaria, invocando l’art.1134 del c.c. si potrebbe poi ripetere dal condominio le spese giudiziarie sostenute di tasca propria.

I termini di decadenza e di prescrizione.

In merito ai termini decadenziali vigenti per proporre le opportune iniziative giudiziarie contro la impresa costruttrice, essi generalmente decorrono dal momento della consegna dell’immobile, ma non si vuole entrare troppo in argomento in quanto la conoscenza del caso specifico è troppo superficiale e si rischierebbe allo stato attuale di dire inesattezze. Ci si limita a dire che contro il costruttore dell’edificio si potrebbero usare sia le garanzie tipiche del venditore sia quelle dell’appaltatore, che hanno termini di prescrizione e di decadenza più lunghi e accessibili.


C. Z. chiede
venerdì 10/12/2021 - Lazio
“Il mio amministratore di condominio è stato nominato nel febbraio 2015. Nel dicembre 2019 è stato revocato dal Tribunale per gravi irregolarità nella gestione (mancata presentazione bilanci 2017 e 2018). A seguito di reclamo dell'amministratore, la Corte di Appello confermava la revoca nel giugno 2020. Nel luglio 2020 l'amministratore revocato convocava un'assemblea per la nomina del nuovo amministratore; in tale assemblea per mancanza di quorum non veniva nominato un nuovo amministratore. In una successiva assemblea tenutasi nel novembre 2021 veniva nominato il nuovo amministratore e venivano approvati anche i rendiconti 2017 e 2018. Dovranno essere redatti, ritengo dal nuovo amministratore, anche i rendiconti relativi al 2019 e 2020; poi a tempo debito anche il 2021.
Chiedo se l'amministratore revocato ha diritto al compenso nel periodo che va dalla sua revoca (dicembre 2019) fino alla nomina del nuovo amministratore (novembre 2021). Ho letto che in tale periodo non avrebbe diritto al compenso in quanto vi è stata la risoluzione per giusta causa (accertata giudizialmente) del contratto di mandato fiduciario (art. 1725 cod. civ.). Chiedo appunto Vostro parere al riguardo. Grazie.”
Consulenza legale i 16/12/2021
La condotta tenuta dall’amministratore uscente costituisce senza dubbio un grave inadempimento ai suoi doveri professionali, in particolare all’obbligo di rendicontazione previsto dal n.10) dell’art. 1130 del c.c. e dall’art. 1130 bis del c.c.

A fronte di questo, sicuramente se egli emettesse parcella nei confronti del suo ex condominio, ci sarebbero tutti i presupposti per rifiutare il pagamento opponendogli appunto il mancato adempimento nella presentazione del bilancio per gli anni accertati; si potrebbero valutare anche possibili richieste risarcitorie, se effettivamente da queste negligenze è derivato un danno risarcibile per il condominio. Ovviamente sul punto i proprietari riuniti in assemblea dovranno prendere le opportune decisioni unitamente al nuovo amministratore e ad un legale nominato ad hoc che possa consigliare per il meglio.

Ciò che si può dire in questa sede, è che con ogni probabilità se si decidesse di intraprendere il percorso descritto o se si dovesse negare all’ex amministratore il pagamento dei compensi da lui richiesti, l’aver ottenuto un provvedimento di revoca non fa venir meno la necessità per il condominio di affrontare procedure di mediazione o anche ulteriori contenziosi innanzi alla autorità giudiziaria. Ovviamente in tale sede il provvedimento di revoca in precedenza ottenuto avrebbe un peso specifico molto importante a sostegno delle ragioni del condominio

G. C. chiede
mercoledì 08/12/2021 - Lazio
“Quesito
Siamo un condominio di 9 condomini. Il 15 di questo mese iniziano o dovrebbero iniziare i lavori per avere accesso al Bonus Facciata 90%. L’amministratore per avere accesso ai benefici ci ha addebitato la quota parte del 10 % in base ai millesimi che va pagata entro la stessa data d’inizio lavori. Siamo due condomini dissenzienti e non sappiamo cosa succederà dopo il 15 dicembre se i lavori non dovessero iniziare entro il 31 dicembre. Inoltre avendo la maggioranza del condominio deliberato di lasciare la redazione del contratto di appalto all’amministratore che abbiamo conosciuto solo in bozza e che sarà firmato domani dall’amministratore e dal General Contractor, si teme una caporetto futura. I lavori da fare sono i seguenti:
• Parti comuni: pulitura cortina
• Parti di proprietà dei singoli condomini: rifacimento balconi privati aggettanti mediante demolizione, impermeabilizzazione e messa in opera di nuovo pavimento, rimozione e posa in opera di nuove copertine con gocciolatoio, rifacimento delle ringhiere metalliche deteriorate.
Abbiamo inviato la seguente lettera all’amministratore:
• …….. Non si sa se l’AdE ha concesso il visto di conformità.
• Il 10 % non è stato suddiviso tra i condomini in base alla suddivisione per lavori su parti comuni e lavori su parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini come richiesto dalla legge .
• Non conosciamo il compenso previsto per l’amministratore e tutte le altre spese non coperte dal beneficio fiscale.
• Non è noto il compenso del General Contractor che si suppone sia stato inserito nell’offerta economica in maniera “mascherata” il che comporterebbe la decadenza dal beneficio del Bonus.
• Non è stata data la possibilità al condominio di visionare gli allegati B, C e D. del contratto di appalto prima della sua firma.
• Non è chiaro se è stata stipulata e da chi una polizza assicurativa che copra il periodo di controllo dell’AdE.
• Qual è il motivo per cui pagando quel 10 % si possa accedere al Bonus Facciate mantenendo la percentuale del 90 % anche nel 2022.
Vogliamo sapere se abbiamo ragione di temere il peggio o no e cosa dovremmo fare al riguardo per salvaguardare le nostre tasche prima di pagare la quota suddetta richiesta. E cosa succede se non la paghiamo.”
Consulenza legale i 16/12/2021
Ciò che si può dire in questa sede è che l’amministratore di condominio non può agire di suo libero arbitrio ma egli sulla base di quanto recita l’art. 1130 del c.c. è obbligato ad attuare quanto deciso dalla assemblea, assemblea che comunque non può decidere in merito alla realizzazione di lavori da eseguirsi sulle parti del palazzo in proprietà esclusiva (come ad esempio i balconi): tali lavori potranno essere eseguiti solo su specifica autorizzazione del singolo condomino.

Non si è avuto modo di visionare quanto effettivamente deliberato dalla assemblea, ma se si volesse provare a bloccare i lavori si potrebbe pensare di incardinare una procedura di mediazione e un successivo contenzioso proprio facendo leva su tale aspetto. Non si hanno elementi sufficienti per dare un parere specifico sulle altre censure mosse a quanto deciso dall'assemblea, tuttavia è giusto precisare che vi è un preciso obbligo da parte dell’amministratore di relazionare l’assemblea stessa su come verranno eseguiti gli interventi e rendicontare l’ammontare dei lavori da eseguire, procedendo ad una loro corretta ripartizione in base alle norme di legge. Anche in questo senso potrebbe essere spendibile una qualche contestazione giudiziaria.

Sicuramente la soluzione a tali problemi non è quella di spedire lettere fai da te all’amministratore le quali sicuramente non impediranno allo stesso di pretendere anche da chi è dissenziente il pagamento delle spese condominiali per i lavori straordinari deliberati. Occorre rivolgersi ad un legale del posto per incardinare una procedura di mediazione, primo passo per un eventuale contenzioso.


Giorgio G. chiede
venerdì 19/03/2021 - Lombardia
“La legislazione fiscale ammette la detraibilità delle spese per Manutenzione Ordinaria delle parti comuni condominiali. La detrazione si può ottenere presentando delle apposite certificazioni rilasciate dall' Amministratore.
L' emissione di tali certificazioni fa parte degli "adempimenti fiscali" ex. Art. 1130 comma 5) del CC. ?
In altri termini , l' Amministratore può essere messo in mora se si rifiute di compiere questo adempimento ?”
Consulenza legale i 13/04/2021
La ristrutturazione delle parti comuni di edifici condominiali da diritto alle seguenti detrazioni:
  • 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati dall'amministratore) dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2019, con un limite massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare;
  • 36%, con il limite massimo di spesa di 48.000 euro per unità immobiliare, delle somme che saranno pagate dal 1° gennaio 2020.
Riguardo alle spese sostenute per interventi di adozione di misure antisismiche, sono previste detrazioni più elevate, che possono arrivare fino all'85% ed essere usufruite fino al 31 dicembre 2021 (agevolazioni note come “sisma bonus”).

Disposizioni specifiche sono dettate anche in riferimento a quelle che rientrano nell’ambito del c.d. “Superbonus 110 per cento” che, tuttavia, non vengono prese in considerazione dal momento che la richiesta è formulata con specifico riferimento alle spese di manutenzione ordinaria.
Per parti comuni si intendono quelle riferibili a più unità immobiliari funzionalmente autonome, a prescindere dall’esistenza di più proprietari.
Le parti comuni interessate sono quelle indicate dall’1117, numeri 1, 2 e 3 c.c.

Per gli interventi effettuati sulle parti comuni degli edifici residenziali le detrazioni spettano a ogni singolo condomino in base alla quota millesimale di proprietà o dei diversi criteri applicabili ai sensi degli articoli [n1123cc]] e seguenti c.c.
Il beneficio compete con riferimento all’anno di effettuazione del bonifico da parte dell’amministrazione del condominio.
In tale ipotesi, la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile, a condizione che quest’ultima sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

A tal fine, l’amministratore rilascia una certificazione dalla quale risultano, tra le altre cose, l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento e la quota parte millesimale imputabile al condomino.
Per far si che i condomini possano effettivamente usufruire dei benefici fiscali, l’amministratore sarà, quindi, tenuto a svolgere una serie di adempimenti.
Dovrà innanzitutto, effettuare un cosiddetto bonifico per detrazione fiscale, contenente il codice fiscale del pagante (il condominio), codice fiscale o numero di partita Iva del beneficiario del pagamento e la causale del versamento con riferimento alla norma (art. 16-bis del Dpr 917/1986).
In secondo luogo, dovrà poi compilare una dichiarazione riportante le somme effettivamente pagate dai singoli condomini.
Infine, avrà il compito di effettuare una comunicazione per via telematica all’Agenzia delle Entrate, con l’indicazione degli interventi effettuati e le quote di spesa relative ad ogni condomino.
In questo modo, la stessa Agenzia sarà in grado di verificare la validità delle detrazioni spettanti.
Sarà poi compito dell’amministratore conservare per 10 anni, tutta la documentazione, da poter esibire in caso di richiesta da parte degli uffici di controllo.
Nel caso in cui la certificazione dell’amministratore del condominio indichi i dati relativi a un solo proprietario, mentre le spese per quel determinato alloggio sono state sostenute anche da altri, questi ultimi, se possiedono i requisiti per avere la detrazione, possono fruirne a condizione che attestino sul documento rilasciato dall’amministratore (comprovante il pagamento della quota relativa alla spese) il loro effettivo sostenimento e la percentuale di ripartizione.

Questo vale anche quando la spesa è sostenuta dal familiare convivente, dal componente dell’unione civile o dal convivente more uxorio del proprietario dell’immobile, che possono portare in detrazione le spese sostenute per i lavori condominiali. Sul documento rilasciato dall’amministratore indicheranno gli estremi anagrafici e l’attestazione dell’effettivo sostenimento delle spese.

Nel caso di “condominio minimo”, ossia di un edificio composto da un numero non superiore a otto condòmini, i condomini che, non avendone l’obbligo, non hanno nominato un amministratore e non possiedono un codice fiscale, possono ugualmente beneficiare della detrazione per i lavori di ristrutturazione delle parti comuni.
Con la circolare n. 3/E del 2 marzo 2016, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, anche in tal caso:
  • il pagamento deve essere sempre effettuato mediante l’apposito bonifico bancario/postale (sul quale è operata la ritenuta d’acconto da parte di banche o Posta);
  • in assenza del codice fiscale del condominio, i contribuenti riporteranno nei modelli di dichiarazione le spese sostenute indicando il codice fiscale del condomino che ha effettuato il bonifico.

In sede di controllo si dovrà dimostrare che gli interventi sono stati effettuati sulle parti comuni dell’edificio. Se per la presentazione della dichiarazione il contribuente si rivolge a un Caf o a un intermediario abilitato, sarà tenuto a esibire, oltre alla documentazione generalmente richiesta, un’autocertificazione che attesti i lavori effettuati e che indichi i dati catastali degli immobili del condominio.

Entrando nel merito degli interventi sulle parti comuni degli edifici residenziali, per i quali ogni condomino può richiedere la detrazione, occorre fare riferimento a quelli indicati alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del Dpr 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).
In particolare, si tratta degli interventi di:
Pertanto, oltre agli stessi interventi realizzati sulle proprietà private, sono agevolabili anche quelli di manutenzione ordinaria effettuati sulle parti comuni.

Sono esempi di interventi di manutenzione ordinaria: le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici, quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, la sostituzione di pavimenti, infissi e serramenti, la tinteggiatura di pareti, soffitti, infissi interni ed esterni, il rifacimento di intonaci interni, l'impermeabilizzazione di tetti e terrazze, la verniciatura delle porte dei garage.
Tra i lavori ammessi all’agevolazione rientrano anche gli interventi per i quali si può usufruire della detrazione quando sono effettuati sulle singole unità abitative.
Sono quelli indicati nell’art. 16-bis del Tuir e, più in particolare, quelli:
  • necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi;
  • effettuati per eliminare le barriere architettoniche o finalizzati a favorire la mobilità a persone con disabilità gravi (articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992);
  • utili a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi;
  • finalizzati alla cablatura degli edifici e al contenimento dell'inquinamento acustico;
  • effettuati per il conseguimento di risparmi energetici;
  • per l’adozione di misure antisismiche;
  • di bonifica dell’amianto e di esecuzione di opere volte a evitare gli infortuni domestici.

Da quanto prima detto si evince che, ogni condomino per poter usufruire dei benefici fiscali dovrà per prima provvedere ad effettuare il saldo delle spese condominiali previste.
Una volta effettuato il versamento, potrà poi richiedere all’amministratore un certificato che attesti l’avvenuto pagamento, sul quale sarà riportato la quota, delle spese condominiali detraibili, riferita al singolo condomino.
In particolare, l’amministratore rilascia, in caso di effettivo pagamento delle spese da parte del condomino, una certificazione dalla quale risultano:
  • le sue generalità ed il suo codice fiscale;
  • gli elementi identificativi del condominio;
  • l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento;
  • la quota parte millesimale imputabile al condomino.
Tale documento verrà poi utilizzato in sede di dichiarazione, presentata in relazione al periodo di imposta in cui si provvederà a detrarre la quota parte prevista per quell’anno, rispetto all’imponibile. I singoli condòmini devono infatti indicare, nell’apposito quadro della propria dichiarazione dei redditi, il codice fiscale del condominio e conservare la documentazione rilasciata dall’amministratore del condominio, in cui lo stesso attesti di avere adempiuto a tutti gli obblighi previsti e indichi la somma di cui il contribuente può tenere conto ai fini della detrazione.

Le disposizioni legislative introdotte in materia di dichiarazione precompilata (art. 1-9 del D. Lgs. n. 175/2014) comportano l’onere, a carico dell’amministratore di condominio, di compilare il quadro K per effettuare i seguenti adempimenti:
1) comunicazione dei dati identificativi del condominio oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati sulle parti comuni condominiali. Il decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011, entrato in vigore il 14 maggio 2011, ha eliminato l’obbligo di inviare tramite raccomandata la comunicazione di inizio lavori al Centro Operativo di Pescara, al fine di fruire della detrazione d’imposta delle spese sostenute per l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione edilizia. In luogo della comunicazione di inizio lavori, il contribuente deve indicare nella dichiarazione dei redditi:
-? i dati catastali identificativi dell’immobile;
-? gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione.
In relazione agli interventi sulle parti comuni condominiali iniziati a partire dal 14 maggio 2011, per i quali nell’anno 2019 sono state sostenute spese che danno diritto alla detrazione, l’amministratore di condominio indica nel quadro K i dati catastali identificativi del condominio sul quale sono stati effettuati i lavori;

2) comunicazione annuale all’Anagrafe Tributaria dell’importo complessivo dei beni e servizi acquistati dal condominio nell’anno solare e dei dati identificativi dei relativi fornitori (art. 7, comma 8-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605). Tale obbligo sussiste anche se la carica di amministratore è stata conferita nell’ambito di un condominio con non più di otto condomini.
Tra i fornitori del condominio sono da ricomprendere anche gli altri condomìni, super condomìni, consorzi o enti di pari natura, ai quali il condominio amministrato abbia corrisposto nell’anno somme superiori a euro 258,23 annui a qualsiasi titolo.

Non devono essere comunicati i dati relativi:
-? alle forniture di acqua, energia elettrica e gas;
-? agli acquisti di beni e servizi effettuati nell’anno solare, che risultano, al lordo dell’IVA gravante sull’acquisto, non superiori complessivamente a euro 258,23 per singolo fornitore;
-? alle forniture di servizi che hanno comportato da parte del condominio il pagamento di somme soggette alle ritenute alla fonte. I predetti importi e le ritenute operate sugli stessi devono essere esposti nella dichiarazione dei sostituti d’imposta che il condominio è obbligato a presentare per l’anno 2019.

Qualora sia necessario compilare più quadri in relazione ad uno stesso condominio i dati identificativi del condominio devono essere riportati su tutti i quadri.
In presenza di più condomìni amministrati devono essere compilati distinti quadri per ciascun condominio.
In ogni caso, tutti i quadri compilati, sia che attengano a uno o più condomìni, devono essere numerati, utilizzando il campo “Mod. N.”, con un’unica numerazione progressiva.
Nei casi in cui l’amministratore di condominio sia esonerato dalla presentazione della propria dichiarazione dei redditi, la comunicazione deve essere presentata utilizzando il quadro AC che deve essere presentato unitamente al frontespizio del mod. REDDITI 2020 con le modalità e i termini previsti per la presentazione di quest’ultimo modello.
Da un punto di vista di diritto condominiale, non si può che ribadire quanto già detto negli altri pareri resi sul punto: l’emissione delle certificazioni fiscali è un preciso dovere dell’amministratore e rientra nei compiti del suo ufficio, dovere a cui non può essere in alcun modo esentato da una delibera assembleare, neppure se presa all’unanimità.
Il diritto alla detrazione appartiene, infatti, alla sfera giuridica del singolo proprietario e non può essere escluso o anche solo limitato da una decisione della assise condominiale.
Ovviamente il diritto per il singolo proprietario, e il corrispondente dovere per l’amministratore, scatta nel momento in cui il condominio ha sostenuto durante l’anno spese che possono essere detratte secondo la vigente legge fiscale.

E’ chiaro, quindi, che se dietro specifica richiesta l’amministratore non rilascia le certificazioni prescritte, egli sarà tenuto a risarcire il danno e se ne potrà richiedere la rimozione tramite provvedimento del giudice ai sensi dei commi 11 e 12 dell’1129 c.c.

In merito alla questione del risarcimento del danno e alla giurisprudenza da lei da ultimo citata, ci si limita a dire che quanto precisato dalla Cassazione non è per nulla ridondante.
In materia di risarcimento del danno ormai da diverso tempo la giurisprudenza tende a rifiutare qualsiasi forma di danno in re ipsa.
In altri termini, per ottenere un risarcimento nel caso specifico non sarà sufficiente dimostrare la negligenza professionale cioè , il mancato rilascio delle certificazioni fiscali, ma anche che da questa negligenza è derivato un danno.
Tale danno, argomentando ex 1223 c.c., deve essere conseguenza immediata e diretta della negligenza medesima. Nel caso specifico, si dovrà dimostrare che il singolo condomino aveva diritto alla agevolazione fiscale sfumata poi per il mancato adempimento da parte del professionista.


FRANCESCO L. chiede
venerdì 19/03/2021 - Marche
“Buongiorno,
nel mio condominio sono stati eseguiti lavori straordinari. L'amministratore ha fatto iniziare i lavori senza avere prima riscosso l'intera cifra della spesa, come previsto da art.1135 n.4 (fondo speciale) senza avere prima riscosso l'intera cifra. Sussiste una responsabiltà da parte dell'amministratore? (possiamo obbligarlo a pagare lui l'impresa che ha eseguito i lavori per le quote dei condomini morosi?)
Consulenza legale i 26/03/2021
Tra le novità più rilevanti apportate dalla riforma del diritto condominiale del 2012, vi è sicuramente l’obbligo per l’assemblea, previsto dal n.4) dell’art. 1135 del c.c., di costituire un fondo speciale nel momento in cui la stessa debba deliberare l’esecuzione di lavori attinenti alla manutenzione straordinaria dell’edificio. Tale fondo deve essere di un importo pari all’ammontare dei lavori da realizzare, o, se le opere devono eseguirsi a stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti.

E’ importante sottolineare che la costituzione del fondo è un atto proprio dei condomini riuniti in assemblea e contestuale alla deliberazione dei lavori straordinari e non un compito che spetta all’amministratore, il quale è però chiamato a dare esecuzione a quanto deciso dalla assise, costituendo contabilmente il fondo e curando la riscossione dei pagamenti dovuti dai proprietari.

Se l’amministratore non ha curato l’integrale riscossione delle somme che dovevano farsi confluire nel fondo, egli è sicuramente venuto meno ad uno dei suoi principali doveri professionali che è quello, ai sensi del n.3) dell’art. 1130 del c.c., di riscuotere i contributi condominiali; inoltre, ha dato esecuzione alla delibera circa i lavori straordinari prima che la stessa potesse essere eseguita, in quanto i contributi destinati al fondo non erano stati ancora interamente raccolti. La legge, infatti con l’istituzione del fondo vuole garantire che ci sia già la presenza delle sostanze necessarie a far fronte ai lavori, e ciò per evitare eventuali default nella gestione dello stabile garantendo la solvibilità del condominio a tutela anche dei fornitori dello stesso.

Con la sua condotta l’amministratore venendo meno a fondamentali doveri propri del suo ufficio ha compiuto una grave irregolarità ai sensi del co. 11° e 12° dell’art. 1129 del c.c. e come tale può essere revocato dalla autorità giudiziaria su istanza anche di un solo proprietario se l’assise non provvede a revocare l’incarico di sua iniziativa.

Il fatto, però, che l’amministratore abbia compiuto una grave irregolarità nella sua gestione non significa di per sé che si possa a lui contestare anche un eventuale risarcimento del danno.
Se andiamo ad analizzare gli artt. 1218 e 1223 del c.c. e li applichiamo al caso in questione, possiamo dire che l’amministratore che non attende al suo ufficio in maniera puntuale compiendo una grave irregolarità è tenuto a ristorare i condomini della perdita subita e del mancato guadagno che sia però conseguenza immediata e diretta del suo inadempimento. Questa ultima condizione di fatto impedisce che si possa pretendere che l’amministratore paghi di tasca propria i debiti degli altri condomini.
Non si riesce infatti a raggiungere la prova in giudizio che tale insolvenza sia dovuta proprio al comportamento negligente dell’amministratore in quanto essa potrebbe trovare le sue ragioni, ad esempio, nella situazione economica in cui versano le famiglie morose e quindi in circostanze del tutto slegate dal comportamento dell’amministratore.


Francesco L. chiede
lunedì 17/08/2020 - Lombardia
“Abito in un Condominio di 12 Famiglie, diviso in due scale (A e B) io abito in quella A, ognuna di queste scale serve 6 appartamenti disposti 3 a sinistra e tre a destra in cui ogni fila di 3 appartamenti a la sua colonna discarico, in totale ci sono 4 colonne.
Da poco è stata sostituita una delle 2 colonne di scarico (con una esterna in rame) nella scala B che serve 3 dei 6 condomini, l'Amministratore continua a insistere che dobbiamo pagare tutti e 12 anche se quella colonna serve solo 3 appartamenti,io non sono d'accordo con l'Amministratore perché secondo me devono pagare solo i tre appartamenti che la utilizzano, secondo Voi chi ha ragione? Posso io andare contro la decisione dell'Amministratore, il quale tra l'altro ha deciso di procedere ai lavori senza convocare un'assemblea che approvasse la Ditta e il Preventivo per eseguirli.
Speranzoso in una vostra risposta positiva per me:
Vi porgo un cordiale saluto”
Consulenza legale i 20/08/2020
Il n. 3) dell’art. 1130 del c.c. indica tra i compiti dell’amministratore di condominio quello di erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’erogazione dei servizi comuni. Dato che la manutenzione ordinaria sulle parti comuni è un potere direttamente attribuito dalla legge all’amministratore, egli, senza la necessità di ricorrere alla assemblea, può dare incarico direttamente ad una singola ditta fornitrice affinché si provveda ad effettuare piccole riparazioni necessarie e frequenti nel corso dell’anno. Tutte queste spese vengono poi fatte confluire in un capitolo di spesa del rendiconto condominiale generalmente denominato:” Spese varie” o similare.

All’infuori della manutenzione ordinaria, l’amministratore non può procedere di suo arbitrio a dare incarico ad una ditta per effettuare determinati lavori, salvo che essi non siano giustificati da una particolare urgenza: si pensi ad esempio al pericolo di crollo di un cornicione che richiede un immediato intervento per mettere in sicurezza l’area. Il potere di intervento dell’amministratore per lavori urgenti ed indifferibili trova il suo aggancio normativo nel n. 4) dell’art. 1130 del c.c., il quale dispone che l’amministratore è tenuto: "a compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio".
In caso di lavori urgenti l’amministratore dovrà ovviamente provvedere a convocare prontamente l’assemblea di condominio affinché la stessa ratifichi l’operato del professionista e poi prenda tutte le decisioni necessarie a ripristinare la normale funzionalità delle parti comuni dell’edificio.

Alla luce di quanto detto finora, quindi, possiamo prevedere le seguenti ipotesi.

A. L’amministratore provvede a dare incarico ad una ditta senza la preventiva autorizzazione della assemblea per effettuare lavori di manutenzione ordinaria: in questo caso il comportamento tenuto è perfettamente legittimo ai sensi del n. 3) dell’art.1130 del c.c.

B. L’amministratore provvede a dare incarico ad una ditta senza la preventiva autorizzazione della assemblea per effettuare lavori indifferibili ed urgenti: anche in questo caso il comportamento è legittimo e giustificato dal n. 4) dell’art.1130 del c.c., qualora però l’assise ritenga tali lavori indefettibili ed urgenti e ratifichi quanto compiuto dal professionista.

C. L’amministratore dà l’incarico ad una ditta per effettuare lavori che lui considera urgenti: l’assemblea però non ratifica l’operato del professionista, non ritenendo che i lavori siano da considerarsi non rinviabili. In questo caso l’unica strada che rimane all’amministratore è quella di ricorrere alla autorità giudiziaria, sperando di convincere il giudice che quanto compiuto rientrava nel concetto di urgenza richiesto dal n.4) dell’art.1130 del c.c. Se così non fosse sarebbe lo stesso amministratore a rimanere obbligato nei confronti della ditta che ha eseguito i lavori (in questo senso si veda Cas. Civ., Sez.II, n. 2807 del 02.02.2017).

D. L’amministratore da l’incarico direttamente ad una ditta per effettuare lavori non urgenti, senza chiedere la preventiva autorizzazione alla assemblea. In questo caso l’amministratore ha compiuto un atto totalmente estraneo alle sue attribuzioni e pertanto contrario alla legge, anche se è sempre possibile per l’assemblea dei proprietari ratificare successivamente l’operato dell’amministratore facendolo proprio e quindi obbligando direttamente il condominio nei confronti della ditta che ha eseguito i lavori. È ovvio che se detta ratifica non dovesse arrivare, l’amministratore rimarrebbe l’unico soggetto chiamato a rispondere nei confronti della ditta che ha eseguito i lavori, in forza della giurisprudenza che si è sopra citata.

A questo punto veniamo a trattare l’altra domanda che ci viene rivolta, ovvero capire come devono essere suddivisi gli oneri relativi ai lavori eseguiti sulla colonna di scarico della scala B.
In questo caso parrebbe trovare applicazione il 3°co. dell’art. 1123 del c.c. secondo il quale: "Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità".
In applicazione di questa norma solo i 3 condomini della scala B che si servono della colonna di scarico dovrebbero sopportare le spese per la sua sostituzione, come dovrebbero essere solo loro a decidere a quale ditta affidare i lavori.

Se l’amministratore nel ripartire gli oneri dei lavori non rispettasse quanto disposto dalla norma appena citata e nonostante ciò l’assemblea approvasse il relativo bilancio, si avrebbe quindi la possibilità di impugnare la delibera di approvazione dinnanzi alla autorità giudiziaria nei termini previsti dall’art.1137 del c.c.
È giusto dire, però, che per dare una risposta esauriente al quesito si dovrebbe conoscere con esattezza le caratteristiche dell’impianto fognario del palazzo: se, infatti, la sostituzione della colonna di scarico dovesse influenzare il funzionamento anche delle altre colonne, è chiaro che non troverebbe più applicazione il 3° co. dell’art. 1123 del c.c., ma la regola generale prevista al primo comma del medesimo articolo: la spesa in questo caso si dovrebbe ripartire tra tutti i proprietari.


Adriano O. chiede
venerdì 14/08/2020 - Lombardia
“Buongiorno.
Abito in un condominio di 6 unità abitative, 3 piani in provincia di Milano.
C'è un regolamento condominiale approvato da 6 mesi, con 950 millesimi in cui i bambini possono giocare dalle 11 alle 12 e dalle 17 alle 19.
No pallone, no bici, no pattini e con presenza di un adulto.
Possibilità di giocare solo a bambini residenti, no estranei al condominio
Il cortile è molto piccolo (larghezza 4 mt) e serve per passaggio auto per entrare nei box sul retro, in più ci sono due piccoli pezzi di giardino sul frontale circa 30 mq l'uno
Le due famiglie che abitano all'ultimo piano, hanno 2 bambini ciascuno.
Quando sono in cortile fanno un macello infernale (in più portano altri amichetti). Io praticamente è come se li avessi in casa. È un inferno continuo, non posso neanche sentire la tv
Siamo stati costretti a fare questo regolamento perché non ne potevamo più (è stato accettato e firmato anche da queste due famiglie), che però regolarmente non lo rispettano.

Scendono mezz'ora prima salgono 1 ora dopo, portano amici etc etc...
Perché non si prendono i loro figli e non se li portano al parco? fra l'altro distante solo 100 mt.
Si può vietare il gioco del tutto?
Visto che con mia zia abbiamo la maggioranza sia dei millesimi che delle teste, vogliamo almeno che sia rispettato il regolamento
L amministratore gli ha già mandato delle lettere personali, ma questi fanno orecchie da mercante.
L amministratore (che è molto fiacco) può partire con una causa legale contro queste due famiglie, senza richiedere l'autorizzazione all'assemblea?
C'è una famiglia che vuole rimanere neutra, in caso di causa cosa succede?
Che azioni si possono intraprendere per risolvere il problema?”
Consulenza legale i 21/09/2020
Tra le attribuzioni che il codice civile affida direttamente all’amministratore, vi è sicuramente il compito di far rispettare il regolamento, il quale è un documento fondamentale per la vita condominiale poiché reca le norme per l’uso e la gestione dei servizi e degli spazi comuni. Il n.2) dell’art. 1130 del c.c. dice chiaramente, infatti, che l’amministratore è tenuto a disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi condominiali: il regolamento attua proprio questo importante aspetto richiesto dalla norma.
Per tale motivo, in caso di violazioni alle norme del regolamento, l’amministratore avrebbe il dovere di procedere finanche giudizialmente nei confronti dei condomini trasgressori, e ciò si potrebbe fare anche in assenza di una specifica autorizzazione assembleare. Vi è da dire che il bravo e corretto amministratore, prima di procedere giudizialmente contro un condomino, anche se non obbligato, convoca l’assise mettendo all’ordine del giorno l’opportunità o meno di agire in tal senso.

La svogliatezza dell’amministratore, che comunque a stretto rigore costituisce un inadempimento professionale e un venir meno ai suoi doveri, è dovuta al fatto che tali tipi di violazioni al regolamento, come per esempio il non rispetto delle ore di riposo, il far giocare i bambini quando invece ciò è vietato, è molto arduo da provare in giudizio, poiché ci si dovrebbe essenzialmente affidare
  • a prove testimoniali dei condomini, il cui contenuto non sempre è prevedibile nel momento in cui si è chiamati a rendere testimonianza davanti ad un giudice
  • e a prove fotografiche, che comunque non devono immortalare il singolo episodio in cui si infrange la normativa condominiale, ma la sistematica e continua violazione alle norme del regolamento, prova non facile da raggiungere in giudizio.
Mancando questi due elementi difficilmente un ipotetico contenzioso potrebbe avere un esito felice. E’ giusto sottolineare, inoltre, che a fronte dell’inerzia dell’amministratore il singolo condomino, da solo, potrebbe agire in giudizio chiedendo il rispetto delle norme del regolamento.
In ogni caso, una controversia di questo tipo, in quanto rientrante, appunto, nella materia condominiale, deve per forza essere preceduta da un tentativo di conciliazione di cui al D.Lgs. n.28/2010, e forse è proprio in mediazione la sede ove una vicenda del genere può trovare una felice conclusione, augurandosi che le parti coinvolte facciano appello al loro buon senso.

Posto che ci sembra di capire che l’autore del quesito è in grado di influenzare la maggioranza della assemblea, ci si sente di consigliare una modifica al regolamento vigente in cui venga previsto il pagamento di una sanzione nel caso di violazione delle norme in esso previste ai sensi dell’art. 70 del c.c. Tale modifica potrebbe essere approvata con le maggioranze di cui al 2° co. dell’art. 1136 del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio: 500 millesimi).
Non si nasconde che l’istituto dell’art. 70 disp. att. del c.c. presenta diverse difficoltà applicative, ma forse nella situazione descritta potrebbe avere una buona efficacia deterrente.


Giorgio G. chiede
lunedì 04/05/2020 - Lombardia
“QUESITO
E' legittimo che un Amministratore si rifiuti di rilasciare le previste Certificazioni per la detrazione fiscale di spese condominiali, motivando il suo rifiuto con una delibera dell' Assemblea Condominiale che lo
dispensa dal farlo ?

I FATTI.
L' art. 1130 CC obbliga l' Amministratore all' adempimento di alcuni atti, ivi inclusi quelli inerenti tematiche fiscali. Uno degli adempimenti fiscali è costituito dal rilascio dei previsti Certificati che consentano al condomino di richiedere pro quota la detrazione per le spese condominiali sostenute.
Tra le spese condominiali fiscalmente detraibili risultano le spese per la Manutenzione Ordinaria Condominiale. L' Amministratore rilascia le certificazioni SOLO per spese di Manutenzione,
espressamente votate in Assemblea, riducendo in modo significativo il monte spese detraibile. E' noto infatti che la Manutenzione Ordinaria di norma NON ha come presupposto una delibera assembleare.
Essendo stato contestato per questo atteggiamento illegittimo, l' Amministratore ha ottenuto una delibera assembleare che lo autorizza ad operare in questa maniera. La delibera, che io credo "in odore di
circonvenzione di incapace", non è stata impugnata nei termini previsti anche se non per questo vengono a mancare le caratteristiche di nullità, sempre a mio modesto parere.”
Consulenza legale i 06/05/2020
Prima di rispondere al quesito è giusto premettere che chi scrive si occupa di diritto condominiale e non è un fiscalista: per questo motivo, ogni considerazione circa la sussistenza o meno di detrarre fiscalmente certe spese condominiali piuttosto che altre non verranno affrontate nello specifico, limitandosi ad una risposta solo da un punto di vista di diritto condominiale in senso stretto.

Posto questo, ci si sente di condividere appieno le lamentele illustrate dall’autore del quesito. L’art. 1130 del c.c. indica in maniera chiara e precisa quali sono i compiti propri dell’amministratore del condominio, e al n.5) viene indicato puntualmente l’esecuzione degli adempimenti fiscali.
Tali compiti devono essere eseguiti dall’amministratore in quanto rientranti nei doveri che caratterizzano il suo ufficio e non possono essere in alcun modo limitati o alleggeriti da una delibera della assemblea di condominio. La redazione e la trasmissione dei certificati fiscali ai prestatori d’opera e l’obbligo, conseguente, di presentare la dichiarazione dei sostituti sono adempimenti inderogabili previsti dalla normativa fiscale, in quanto il condominio è considerato dal fisco sostituto di imposta. Ovviamente tali adempimenti devono essere compiuti dall’amministratore quale legale rappresentante del condominio.
Si tenga inoltre conto del fatto che il diritto alla detraibilità fiscale, a cui l’adempimento dell’amministratore di condominio è preordinato, è un diritto proprio del singolo condomino che non può essere derogato, limitato o comunque messo in discussione dalla assemblea dei condomini.

Per questi motivi si ritiene che quanto deciso dalla assise debba considerarsi radicalmente nullo per violazione della legge fiscale imperativa ed eccesso di potere, e quindi impugnabile innanzi alla autorità giudiziaria anche oltre il termine di 30 gg. previsto dall’art. 1137del c.c. L’ impugnazione, inoltre, potrà essere proposta da qualsiasi condomino, anche da chi, paradossalmente, abbia contribuito col proprio voto a far adottare la delibera gravemente viziata.
Vi è da dire inoltre che il mancato adempimento degli obblighi fiscali da parte dell’amministratore costituisce grave irregolarità ai sensi del co.11 e 12 dell’art. 1129 del c.c. che giustifica una revoca giudiziaria del professionista su ricorso del singolo condomino, e in tale sede l’amministratore non potrà portare a giustificazione quanto deciso dalla assemblea. Sussiste, inoltre, la possibilità di richiedere all’amministratore negligente il risarcimento del danno se dalla sua condotta possa derivare pregiudizio per la compagine condominiale. Si pensi, sotto questo ultimo aspetto, a tutte le sanzioni e multe che l’Agenzia delle Entrate potrebbe contestare al condominio se gli adempimenti fiscali non fossero puntualmente e tempestivamente eseguiti.

Vi è il forte sospetto che l’amministratore tenti con l’ottenimento di tale delibera, del cui valore legale si è già detto, di mascherare una sua negligenza già concretizzata. Non ci si stupirebbe se egli nel corso degli anni abbia omesso di presentare le certificazioni e le dichiarazioni fiscali di competenza e l’Agenzia delle Entrate abbia già contestato qualcosa in questo senso al condominio, contestazione opportunamente celata ai proprietari. Si consiglia a tal proposito di richiedere all’amministratore un accesso agli atti condominiali per verificare tale circostanza.


Giorgio G. chiede
sabato 25/04/2020 - Lombardia
“Può l'Amministratore rifiutare di accogliere la richiesta di un Condomino di conoscere il contenuto dall'Anagrafe condominiale ? Nello specifico il Condomino desidera conoscere unicamente gli indirizzi degli altri Condomini per meglio comunicare con gli altri Condomini e con l' Amministrazione.
Esiste una norma precisa su questo SPECIFICO caso o il tutto verrebbe demandato alla libera interpretazione del Giudice.”
Consulenza legale i 28/04/2020
La riforma del 2012 ha introdotto nuove incombenze in capo all’amministratore di condominio, tra cui la tenuta del registro di anagrafe condominiale, di cui al n. 6), comma 1 dell’art. 1130 del c.c., è uno dei più noti e delicati. In tale registro devono essere indicate le generalità (nome cognome, codice fiscale, indirizzo di residenza e mail) dei proprietari delle singole unità immobiliari, o di chi ha su di esse diritti reali (es. l’usufruttuario) e personali di godimento (es. l’inquilino che occupa l’appartamento in affitto). La delicatezza di tale documento, è rappresentata dal fatto che esso costituisce un trattamento dei dati personali ai sensi del vigente Regolamento Ue n. 679 del 2016, e come tale sottoposto alla relativa disciplina.

In tema di trattamento dei dati personali, oltre agli atti legislativi europei e nazionali, fonti normative autorevoli non possono non essere gli atti del garante della Privacy, in quanto autorità indipendente che ha il compito di governare il settore con i suoi regolamenti e i suoi poteri sanzionatori.
Ovviamente negli anni successivi alla entrata in vigore della L. n.220/2012, il garante ha dovuto chiarire come la nuova riforma del condominio e le novità da esse introdotte abbiano impattato sulla privacy e sul trattamento dei dati dei condomini.
Nella nota del 16 dicembre 2015 (allegata alla relazione del 2015), il garante ha chiarito che il registro di anagrafe condominiale può essere visionato dal singolo condomino, previa richiesta avanzata dall’amministratore, e si può eventualmente estrarne copia, sopportando ovviamente i costi per la produzione di tali copie. Il garante ha quindi ribadito il concetto, già espresso nel provvedimento del 18 maggio 2006, di come la conoscibilità dei dati dei partecipanti alla compagine condominiale deve rimanere impregiudicata quando ciò sia consentita dalla normativa civilistica-condominiale in presenza dei presupposti fissati dalla legge.
In questo senso, il co.2° dell’art. 1129 del c.c., come modificato dalla L. n.220/2012, ha previsto che l’amministratore ha l’obbligo di indicare i locali dove si può accedere al registro di anagrafe condominiale, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata. Viene quindi introdotto un vero e proprio diritto soggettivo del singolo condomino a visionare ed eventualmente estrarre copia del registro di anagrafe condominiale.
In conformità a quanto detto dal garante e in applicazione della norma di legge citata, il Tribunale di Roma con sentenza del 09 aprile 2018 ha annullato una delibera dell’assemblea di condominio che faceva divieto all’amministratore di rilasciare copia dell’elenco dei recapiti dei singoli condomini. Il provvedimento citato specifica che: "…ciascun condomino ha diritto alla consultazione dei documenti inerenti al condominio e che tra questi l’art. 1130, comma 1, n. 6), cod. civ. comprende anche il registro dell’anagrafe condominiale, contenente le generalità dei singoli proprietari, tra cui include espressamente la loro residenza e domicilio."Il giudice romano chiarisce, inoltre, come i dati di recapiti forniti nell’ambito della esecuzione di un determinato rapporto giuridico, non possa considerarsi: "un dato sensibile e per questo non ostensibile, tanto meno nei confronti di chi partecipa a tali rapporti e tanto meno con riferimento ai rapporti che si stabiliscono nell’ambito della comunità condominiale".

Per quanto illustrato, è evidente che a fronte della richiesta avanzata dall’autore del quesito di prendere visione dei dati racchiusi nel registro di anagrafe condominiale, il rifiuto opposto dall’ amministratore è del tutto pretestuoso ed infondato. Se tale comportamento dovesse permanere, vi potrebbero essere gli estremi per ricorrere alla autorità giudiziaria al fine di costringere l’amministratore a rendere visibili tali dati, e ciò costituirebbe, inoltre, un grave inadempimento che giustificherebbe la revoca del professionista ai sensi dei co. 11 e 12 dell’art. 1129 del c.c.

Fortunato M. chiede
martedì 14/04/2020 - Calabria
“Sono amministratore del condominio X che ha le fondazioni e lo scheletro del fabbricato in comunione con il condominio Y.
Ad oggi non si è mai costituito formalmente il super-condominio, nonostante io abbia più volte sollevato questa necessità, ma di fatto si è trovato un accordo bonario con l’altro condominio per la compartecipazione di una spesa che ha riguardato entrambi i condomini.
Condomino X compre il 70% delle spese e condominio Y il restante 30%.
Due anni fa con l’approvazione di entrambi i condomini è stato dato incarico ad un tecnico al fine di eseguire delle prove strutturali sui pilastri e travi ovvero carotaggi sul calcestruzzo.
Di seguito uno stralcio tratto della relazione del tecnico, a seguito dei risultati ottenuti dalle analisi di laboratorio,
“I risultati dimostrano come la struttura entra in crisi anche per sisma di ridotta entità in quanto non risultano verificati i nodi travepilastro.
Tali verifiche non risultano soddisfatte per via della ridotta resistenza posseduta dal calcestruzzo in opera.
Vista la scarsa qualità del calcestruzzo, qualsiasi intervento di consolidamento ai nodi non garantisce un miglioramento sismico della struttura.
Un ulteriore punto di debolezza, inoltre, interessa la resistenza a taglio di alcuni pilastri posti tra il piano seminterrato e il piano primo.”
Per tale ragione, è stata convoca l’assemblea per informare i condomini dei risultati ottenuti dalla relazione e successivamente , con altre convocazione , sono state vagliate tutte le proposte per poter adeguare lo stabile alle normative antisismiche e poter usufruire del Sisma Bonus.
Nonostante varie assemblee, non si è arrivati ad un quorum deliberativo e ad oggi la situazione è ferma. Al piano terra, si trova collocata un istituto bancario, che ha sempre manifestato l’interesse per l’approvazione dei lavori, ma visto la situazione, e per poter tutelare , a suo dire , l'incolumità dei suoi dipendenti, lascerà lo stabile , con la possibilità di poter denunciare il condominio per danni arrecati, visto le spese che dovranno sostenere per poter ristrutturare un nuovo immobile per trasferire la filiale.
Visto le premesse di cui sopra le domande sono le seguenti:
• Come posso tutelare i miei condomini, e tutelare la mia posizione?
• Nel caso in cui, i miei condomini , con la maggioranza prevista dal c.c. , approvano i lavori, è necessario che anche l’altro condominio sia d’accordo per l’esecuzione dei lavori o possiamo procedere con i lavori senza il loro consenso?
• Inoltre, mi è stato chiesto più volte di avviare ugualmente i lavori senza delibera dell’assemblea, trattandosi di interventi di assoluta necessità dal punto di vista dell’istituto bancario, ma visto la complessità dei lavorare che dovranno essere eseguiti e l’importo elevato della spesa, come posso assumermi tale responsabilità
Consulenza legale i 24/04/2020
La fattispecie descritta nel quesito pare rientrare perfettamente nell’ istituto del supercondominio, in quanto abbiamo due condomini, “x” e “y”, che hanno in comune le fondamenta e parte dei muri portanti.

La giurisprudenza assolutamente dominante chiarisce come il supercondominio sia una situazione di fatto giuridicamente rilevante, che sorge indipendentemente dalla esistenza di una delibera assembleare costitutiva “ad hoc”, oppure al di là che vi sia un unico codice fiscale che ricomprenda tutti i palazzi del complesso edile. Ad esempio, la Corte di Cassazione, Sez.II, con sentenza n. 1344 del 19.01.2018 ha statuito che: "al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. Cod.civ., anche il c.d. supercondominio, viene in essere ipso iure et facto (di fatto n.d.r), se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’ approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi".
Alla luce di quanto dispone la giurisprudenza, nel complesso composto dai condomini “x” e “y” è già in essere un supercondominio e come tale vige l’obbligo di applicare la relativa normativa.

Il supercondominio, che battezzeremo per comodità “xy”, sarà chiamato a gestire tutto ciò che è comune ai due condomini che lo compongono e quindi le fondamenta e i muri portanti; esso avrà organi separati e distinti rispetto ai condomini che lo compongono, e quindi vi dovrà essere un amministratore del supercondominio, il quale potrà coincidere o meno con uno dei due amministratori già in carica, e un proprio organo assembleare, in cui avranno diritto di voto e di partecipare tutti i proprietari dei condomini “x” e “y”.

Alla luce di quanto detto non è possibile per l’assemblea del solo condominio “x” prendere decisioni circa la ristrutturazione e il rifacimento delle fondamenta, bene supercondominiale, in quanto organo privo di qualsiasi potere decisionale. Una delibera in tal senso sarebbe radicalmente nulla, e quindi impugnabile in ogni tempo, anche oltre il termine di 30 gg. prescritto dall’art.1137 del c.c.; tale impugnazione potrebbe essere proposta da chiunque vi abbia interesse, anche da un condomino o dall’amministratore del condominio y.
L’unico organo a decidere sulla ristrutturazione delle fondamenta è, pertanto, l’assemblea del supercondominio xy il quale dovrà essere convocata ad opera di entrambi gli amministratori e dovrà avere all’ordine del giorno le decisioni da prendersi in merito alla ristrutturazione delle fondamenta e anche la nomina di un amministratore supercondominiale ad hoc. A ricoprire tale ruolo potrà, ovviamente, proporsi uno dei due amministratori dei condomini x e y. Il momento più delicato nello svolgimento di tale assemblea sarà sicuramente capire come calcolare i quorum costitutivi e deliberativi dell’assise, in quanto, ovviamente, non potranno essere utilizzate le tabelle generali di una delle parti dell’edificio. L’ideale è che a suo tempo fossero state elaborate delle tabelle generali che tenessero conto della totalità delle unità immobiliari, diversamente sarebbe opportuno farle elaborare da un tecnico.

Chiarito quale deve essere l’organo competente a decidere su tempi, modi e costi dei lavori è opportuno chiarire se l’amministratore, o per meglio dire, in questo caso, gli amministratori, a fronte della situazione in cui versa l’edificio possano compiere delle scelte in autonomia rispetto alla assemblea dei condomini.
E’ giusto dire che anche dopo la riforma apportata nel 2012 che vede l’amministratore di condominio accrescere l'importanza del suo ruolo (e le sue responsabilità), egli rimane sempre e comunque un organo esecutivo, chiamato a dare attuazione a quanto deciso dalla assemblea ai sensi del n.1) dell’art.1130 del c.c. Come regola generale egli non può in autonomia scegliere una impresa edile e decidere di eseguire dei lavori sulle parti comuni, senza una preventiva delibera assembleare.
Questa regola però ha una importante eccezione, rappresentata dal n.4) dell’art.1130 del c.c.: secondo tale norma l’amministratore è tenuto a compiere gli atti conservativi sulle parti comuni. Nei casi in cui vi sia un imminente pericolo di crollo o rovina di parti dell’edificio, tale norma legittima l’amministratore a compiere in autonomia quegli interventi di messa in sicurezza necessari per evitare che la situazione del palazzo possa creare danni a cose o persone. In altri termini, il n.4) dell’art.1130 del c.c. legittima l’amministratore a compiere le attività urgenti e non rinviabili sulle parti comuni, ma non certo a realizzare di sua scelta una ristrutturazione radicale e definitiva. Una volta messo in sicurezza l’edificio egli, infatti, dovrà convocare d’urgenza l’assise dei proprietari affinché in tale sede si prendano gli opportuni provvedimenti.
Chi scrive non ha la competenza per dire se la situazione in cui versa l’edificio sia tale da giustificare un intervento di messa in sicurezza immediato da parte degli amministratori; in questo senso il soggetto più idoneo per dare un parere è il tecnico che ha redatto la perizia, ma in ogni caso chi è chiamato a prendere la decisione su una ristrutturazione definitiva e permanente rimane solo ed esclusivamente l’assemblea del supercondominio xy. E' assolutamente infondata, quindi, la richiesta dell'istituto bancario, il quale pretenderebbe che l'amministratore si sostituisse alla assemblea, e scavalcando di fatto l'assise, provvedesse di sua iniziativa a dare il via ai lavori.

In sede di assemblea supercondominiale, convocata con le modalità che si sono prima descritte, se dovesse permanere questa situazione di stallo, è giusto che l’amministratore mediti anche delle dimissioni immediate durante la riunione, facendo mettere a verbale che i motivi di tale gesto sono dovuti proprio alla non volontà da parte dei proprietari di affrontare con decisione la situazione in cui versano le fondamenta del palazzo, situazione che par di capire essere non più rinviabile. Si crede che questa sia l’unica strada per tutelarsi come professionista sia da un punto di vista di responsabilità civile che penale, nella malaugurata ipotesi in cui, perdurando la situazione di indecisione dei proprietari, le condizioni statiche dell'edificio dovessero peggiorare.

Federico P. chiede
lunedì 27/05/2019 - Veneto
“L'amministrazione di condominio è tenuto a sottoscrivere il contratto di assicurazione "globale fabbricati" senza il preventivo consenso dell'assemblea? Rientra questa tra le funzioni del buon padre di famiglia?”
Consulenza legale i 30/05/2019
L’amministratore di condominio è principalmente un rappresentante della intera compagine condominiale, chiamato in prima battuta ai sensi del n.1) dell’art.1130 del c.c. a dare esecuzione alle delibere adottate dalla assemblea condominiale.
Come principio generale, quindi, ogni contratto che l’amministratore sottoscrive in nome e per conto delcondominio con i fornitori dello stabile, affinché lo stesso possa considerarsi valido deve essere preventivamente autorizzato dalla assemblea.

A tale principio non sfugge neppure la sottoscrizione della polizza “globale fabbricati”: il bravo amministratore, conseguentemente, prima di firmare una qualsiasi polizza assicurativa che vincola il condominio, dovrà convocare il consesso dei proprietari secondo le modalità di legge, in sede di riunione presentare i vari preventivi dei suoi assicuratori di fiducia (e quelli eventualmente procurati da altri condomini diligenti),lasciare che i proprietari facciano le loro valutazioni sul punto e mettere ai voti la proposta che i condomini ritengono più vantaggiosa. Solo quando in assemblea si forma la maggioranza su un determinato preventivo, ovviamente verbalizzato nel verbale della riunione, l’amministratore potrà procedere alla sottoscrizione della polizza assicurativa.

Le considerazioni fin qui svolte trovano conforto in una pronuncia della Corte di Cassazione, Sez.II, la n.8223 del 30.04.2007,la quale specifica che la sottoscrizione della polizza fabbricati da parte dell’amministratore non può farsi rientrare neppure tra gli atti conservativi urgenti che, ai sensi del n.4) dell’art.1130 del c.c. l’amministratore può compiere senza alcuna autorizzazione assembleare.
La norma sopra citata secondo la Cassazione trova infatti applicazione solo per:”…atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto d’assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la norma dell’art. 1130 c.c., ma ha come suo unico e diverso fine quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato”.

Posto quindi che l’autorizzazione assembleare diventa condizione imprescindibile per la valida sottoscrizione della polizza condominiale da parte dell’amministratore, è opportuno chiedersi quali rischi corre il professionista il quale sottoscrive una “globale fabbricati” senza il bene placito dei proprietari e le sorti del contratto firmato.
Sotto il primo aspetto, a parere di chi scrive, potrebbe integrarsi una ipotesi di giusta causa che ai sensi del co.11 dell’art. 1129 del c.c. che permetterebbe a ciascun proprietario di adire l’autorità giudiziaria per chiedere la revoca dell’amministratore, oltre al fatto che la compagine condominiale potrebbe chiedere un risarcimento danni all’ex amministratore negligente.

Per quanto riguarda invece il contratto di assicurazione sottoscritto esso deve considerarsi viziato, in quanto la volontà di una delle parti contraenti (il condominio), non si è correttamente formata, poiché manca appunto la delibera assembleare di autorizzazione.
Un contratto che presenta vizi nella formazione della volontà può essere annullato ai sensi degli artt. 1441 e ss. del c.c. adendo l’autorità giudiziaria entro 5 anni dalla conclusione del contratto o ai sensi del 2°co. dell’art. 1442 del c.c. dal giorno, che si deve dimostrare in giudizio, in cui i condomini hanno scoperto la mancanza della autorizzazione assembleare alla sottoscrizione. La legittimazione ad instaurare tale azione spetta ovviamente al condominio nella persona del suo amministratore.

Se l’azione di annullamento verrà accolta l’assicurazione dovrà restituire tutti i premi assicurativi incassati durante il periodo di vigenza del contratto; e’ necessario porre, però, l’attenzione su un aspetto: se durante la vigenza del contratto di assicurazione impugnato, la compagnia ha provveduto a risarcire il condominio a seguito della apertura di un sinistro, l’accoglimento della domanda di annullabilità del contratto comporta il venir meno della copertura dal giorno della sua originaria sottoscrizione e, conseguentemente, l’obbligo per la compagine condominiale di restituire i risarcimenti eventualmente incassati.

Ai sensi dell’art. 1444 del c.c. il contratto annullabile può essere sanato attraverso un atto di convalida; applicando tale norma al contesto condominiale, è quindi ben possibile per l’assemblea dei proprietari, opportunamente convocata secondo i termini di legge, fare proprio l’operato del proprio amministratore, ratificando e quindi convalidando la sottoscrizione del contratto di assicurazione con una apposita delibera assembleare successiva.
La stessa Corte di Cassazione, Sez. II, con sentenza n. 16011 del 07.07.2010, ha ammesso che l’autorizzazione assembleare alla sottoscrizione della polizza fabbricati possa essere rilasciata sia prima sia dopo la materiale firma del documento da parte dell’amministratore. Curioso notare che tale pronuncia ritiene, che l’autorizzazione all’amministratore debba essere approvata dalla assemblea con le maggioranze di cui al 2°comma dell’art. 1136 del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio:500 millesimi). Tale pronuncia è comunque in contrasto con la giurisprudenza che pare ancora oggi dominante, la quale ritiene la scelta della assicurazione fabbricati una deliberazione che richiede la maggioranza ordinaria. Ai sensi del 3° comma dell’art. 1136 del c.c., in seconda convocazione della assise, il quorum deliberativo ordinario è quello costituito dalla maggioranza dei partecipanti che rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio.

Per finire è opportuno precisare che il discorso fin qui fatto muta radicalmente nel caso in cui l’amministratore di condominio debba pagare, perché oramai sopraggiunta la scadenza, il premio di una polizza assicurativa regolarmente sottoscritta con autorizzazione assembleare.
Come sappiamo sovente, si può dire sempre, le assicurazioni condominiali sono ancora tipologie di polizze in cui sono inserite clausole di tacito rinnovo: pertanto se l’amministratore non invia, sempre previa autorizzazione assembleare, alla compagnia assicurativa entro un determinato periodo di tempo (solitamente 30 o 60 giorni dalla scadenza del contratto), una raccomandata o pec in cui manifesta la volontà del condominio di recedere dal contratto, la polizza si rinnoverà automaticamente e quindi sorgerà l’obbligo per la compagine condominiale di corrispondere il premio assicurativo per il nuovo anno. Il pagamento quindi non è una condizione per rinnovare il contratto, ma l’obbligo che sorge da un contratto pienamente valido e vincolante. Se, quindi, è sopraggiunta la scadenza di pagamento, rientra tra gli obblighi dell’amministratore ai sensi del n.3) dell’art.1130 del c.c. corrispondere alla compagnia il premio assicurativo, senza che necessiti alcuna autorizzazione assembleare.




Francesco C. chiede
martedì 22/01/2019 - Campania
“C'è una legge che obbliga l'amministratore ad eseguire opere di manutenzione ordinaria senza l'obbligo di dover chiedere consensi assembleari?
Ad es. rimettere paletti divelti e/o piegati, posti come limiti ad auto; riverniciare strisce colorate di segnaletica orizzontale per limiti e/o sosta auto; riposizionare cartelli divelti e/o ripararli; potare alberi e/o rasare tappeti erbosi; tappare buche nei pavimenti; ripristinare lampadine; riparare antenne centralizzate e/o citofoni ed altro; ripristinare avvisi subito strappati; o altro ...”
Consulenza legale i 24/01/2019
Il n. 4 dell’art 1130 del c.c. impone all’ amministratore di: "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio". Nella espressione di atti conservativi rientra senza dubbio l’obbligo di compiere sui servizi e le parti comuni dell’edificio le attività di manutenzione ordinaria. È opportuno precisare che tutti compiti che vengono elencati dall’art 1130 del c.c., essendo funzioni che vengono attribuiti all’organo amministrativo direttamente dalla legge, non necessitano di una espressa autorizzazione della assemblea. Al fine di poter assolvere le attività di manutenzione ordinaria sulle parti comuni, l’amministratore coscienzioso dovrà prevedere nel bilancio preventivo di gestione specifiche voci di spesa per quelle attività manutentive che si presentano con regolarità annuale (ad es. pulizia scale, manutenzione giardino ecc.ecc.), e dovrà prevedere una voce di spesa (solitamente nominata nei bilanci “spese varie”), che va a coprire quei piccoli imprevisti che solitamente possono accadere durante l’anno (ad esempio la rottura della serratura del portone, il cambio della lampadina delle scale ecc. ecc.).

E’ opportuno precisare il fatto che l’amministratore sia tenuto ad effettuare le manutenzioni ordinarie sulle parti comuni, non significa che lo stesso sia tenuto ad predisporre sul palazzo una stretta e serrata vigilanza al fine di verificare direttamente l’esistenza di un qualsiasi malfunzionamento. Un corretto rapporto tra amministratore e proprietari impone, al contrario, che sia chi vive quotidianamente nello stabile ad accertare l’esistenza di un qualsiasi guasto nelle parti e nei servizi comuni e a segnalare la cosa a chi amministra, il quale avrà l’obbligo di rispondere prontamente alla segnalazione, inviando idonea impresa la quale eseguirà la manutenzione. Nulla vieta, anzi è buona norma, che in caso di rottura o guasto urgente, sia lo stesso condomino ad avvisare direttamente l’impresa che eseguirà i lavori, dando però pronto avviso dell’accaduto all’amministratore.


Francesco C. chiede
martedì 22/01/2019 - Campania
“L'Amministratore deve passivamente far verbalizzare e/o attuare i punti deliberati in Assemblea oppure, rappresentando anche la memoria storica e legale ed altro (es, comportarsi come un buon pater familias), deve far presente eventuali contrasti con deliberati precedenti od addirittura nella stessa Assemblea e/o impossibilità di applicazione e/o contrasti con le leggi?”
Consulenza legale i 24/01/2019
Se in epoca più remota l’attività di amministratore di stabili era caratterizzata da una sorta di “improvvisazione”, la quale comportava nei fatti che tutti potevano avvicinarsi a tale attività senza avere una preparazione specifica, con il passare degli anni le competenze tecniche richieste a tale importante figura per la vita condominiale sono sempre più aumentate, imponendo a chi amministra, ed in particolare a chi amministra per mestiere, una sempre maggiore professionalizzazione.
Tale esigenza è stata fatta propria dal legislatore della riforma del diritto condominiale, apportando con la L. n.220/2012 delle importanti novità in merito all’accesso alla attività di amministratore, la quale si trasforma in una vera e propria professione. Per diventare, infatti, amministratore di stabili non solo è necessario frequentare appositi corsi prima di iniziare ad amministrare, ma è anche obbligo di chi già esercita di frequentare appositi corsi di formazione.

Tutta questa premessa si è resa necessaria, per dire che oggi l’amministratore di condominio ha sicuramente l’obbligo, sia durante le riunioni assembleari, che nelle occasioni di appuntamento privato con i singoli proprietari, di informare i condomini circa le conseguenze legali delle scelte che essi vogliono compiere. Solitamente l’amministratore di condominio non è un avvocato, anche se le due professioni all’oggi possono coincidere in capo ad una medesima persona, ma egli ha il dovere professionale di conoscere in maniera approfondita le leggi che caratterizzano la sua attività e di informare i propri clienti, i condomini, delle scelte che si debbono compiere per una opportuna amministrazione dei beni condominiali.

L’amministratore, quindi, ha il dovere di informare e di consigliare la compagine condominiale, non può e non deve, però, imporre una determinata scelta alla assemblea dei condomini, anche se da tale "omissione" possano derivare conseguenze dannose per la compagine condominiale: ai sensi del n. 1 dell’art. 1130 del c.c. l’amministratore rimane in prima battuta solo l’esecutore della volontà dei condomini.

Chiaramente l’amministratore coscienzioso, qualora non riesca a convincere la compagine condominiale circa la erroneità di una scelta compiuta in un punto all’ordine del giorno, è opportuno che faccia registrare nel verbale della riunione assembleare di aver informato i proprietari circa le conseguenze delle proprie decisioni.
Qualora, infine, i contrasti circa l'andamento della vita condominiale dovessero acuirsi e permanere, è ovviamente opportuno che il professionista valuti la possibilità di dimettersi, in quanto è evidente che è venuto meno il rapporto fiduciario che deve sempre sussistere in qualsiasi rapporto tra l’amministratore e i condomini amministrati.

Per finire, è necessario precisare alcuni aspetti circa il contrasto tra diverse delibere adottate dall’organo assembleare.
L’assemblea di condominio nell’ambito delle funzioni che le sono attribuite dall’art.1135 del c.c., è assolutamente libera di ritornare sulle proprie decisioni tutte le volte che lo ritiene opportuno, non essendo minimamente vincolata a rispettare quanto precedentemente deliberato. Se però un condomino o lo stesso amministratore vuole far si che l’organo assembleare ritorni su un certo argomento, è necessario che la ridiscussione sia rimessa all’ordine del giorno del consesso il quale dovrà essere comunicato ai proprietari secondo quanto dispone l’art 66 disp. att. del c.c.
In conclusione, la delibera della assemblea condominiale, adottata secondo le disposizioni di legge, è sicuramente vincolante per i singoli proprietari, ma non vincola l’organo assembleare nel suo complesso.



FRRANCESCO C. chiede
giovedì 10/01/2019 - Campania
“Se invio all'Amministratore una Raccomandata chiedendo che il suo contenuto venga reso noto a ciascun condomino prima della presentazione e discussione in assemblea e chiedo anche che detta missiva deve essere allegata alla Relazione assembleare, l'Amministratore è tenuto ad eseguire le mie richieste ?”
Consulenza legale i 24/01/2019
Il n. 8 dell’art.1130 del c.c. impone all’amministratore di: "conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio”. In virtù dei suoi poteri di rappresentanza della compagine condominiale, inoltre, l’indirizzo dell’ufficio del professionista, o l’abitazione del condomino che ha assunto l’ufficio amministrativo del palazzo, diventa il domicilio legale del condominio e la destinazione naturale di tutta la documentazione rilevante per la vita condominiale: dalle fatture dei fornitori sino alle raccomandate inviate dagli stessi condomini o da terzi soggetti.

In applicazione dei principi generali sul mandato e sulla rappresentanza, inoltre, l’amministratore è tenuto ad informare prontamente i condomini di tutte le circostanze rilevanti per la vita condominiale, esercitando il suo potere di convocazione dell’assemblea previsti dall’art, 66 disp.att del c.c.

Alla luce di tutto quanto detto, a fronte del fatto che l’amministratore ha ricevuto una raccomandata da un condomino, egli, se l’oggetto della missiva è particolarmente urgente o se lo ritiene opportuno, può convocare appositamente l’assemblea condominiale mettendo all’ordine del giorno la discussione del suo contenuto, o, in alternativa, rinviare il tutto alla annuale riunione del consesso prevista dal 1°comma dell’art 66 disp. att. del c.c. La legge non prevede espressamente che l’amministratore debba informare preventivamente i singoli condomini del contenuto della raccomandata, l’importante è che di tale contenuto sia data contezza ai proprietari durante la riunione assembleare.
Nulla vieta, tuttavia, che un amministratore particolarmente scrupoloso possa allegare alla convocazione della assemblea, anche copia di una raccomandata particolarmente rilevante, ma questo non è assolutamente un obbligo.
Allo stesso modo nessuno vieta ad un condomino di spedire una raccomandata al condominio nella persona del suo amministratore, ed inviare per conoscenza la medesima raccomandata anche a ciascun proprietario.


Giorgio F. chiede
lunedì 06/08/2018 - Piemonte
“Buongiorno,
vi sottopongo il quesito:
il proprietario di un immobile ha locato l'appartamento ad un inquilino che però nel corso degli anni non ha mai pagato le spese condominiali a suo carico.
L'amministratore del condominio non ha mai avvisato il proprietario delle morosità accumulate e solo dopo anni chiede a quest'ultimo il pagamento in una soluzione unica di tutto il dovuto da parte dell'inquilino.
Gentilmente vorrei conoscere se e quali responsabilità ha un amministratore condominiale rispetto al proprietario in questo frangente.

Cordiali saluti.

Giorgio”
Consulenza legale i 20/08/2018
L’amministratore di condominio raffigura, secondo la giurisprudenza consolidata, un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza. L’amministratore, in qualità di legale rappresentante del condominio, si impegna a gestire e tutelare i diritti ad esso correlati e, per la sua qualità di mandatario, è tenuto ad eseguire gli obblighi contrattualmente assunti con la “diligenza del buon padre di famiglia”.
Se non compie esattamente la prestazione dovuta, è tenuta al risarcimento del danno in base ai principi sulla responsabilità contrattuale, che derivano dall’art. 1218 c.c.
In base all’obbligo di diligenza, l’amministratore deve adempiere ai propri doveri con precisione, scrupolo e oculatezza, criteri che dovranno essere accertati di volta in volta in base al caso concreto.
La diligenza richiesta è quella “che è lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza”.
Pertanto, deve valutarsi la condotta in concreto avuta dall’amministratore, onde stabilire se egli sia venuto meno alle sue obbligazioni (Cass. 23/12/2003, n. 19778).
Quanto agli obblighi, l’amministratore è tenuto, ex art. 1130 c.c., a predisporre il rendiconto per certificare le condizioni economiche e finanziarie del condominio; lo stesso deve poi essere approvato dall’assemblea condominiale che deve essere convocata allo scopo entro 180 giorni.
L’amministratore ha l’obbligo di inviare ai proprietari i bilanci consuntivo e preventivo unitamente ai relativi piani di riparto.
Nel bilancio consuntivo sono indicati le situazioni di ciascun condomino e quindi anche quello dei morosi e la esatta somma di cui sono debitori.

Alla luce di quanto detto, riteniamo che Lei avrebbe dovuto conoscere della morosità nel pagamento delle spese condominiali laddove l’amministratore abbia redatto il rendiconto ed il bilancio ed abbia convocato regolarmente l’assemblea per l’approvazione, giacché all’assemblea partecipa il proprietario e non l’inquilino.
In tal caso, allora, sarebbe da escludere una responsabilità dell’amministratore.
Andrebbe certamente verificato (è la prima e la più elementare delle verifiche che si possono fare) se egli ha le prove di invio delle raccomandate inviate per indire le assemblee annuali che approvavano il bilancio.
Laddove l’amministratore non abbia svolto i suoi compiti (approvazione del rendiconto, dei bilanci e regolare convocazione dell’assemblea), allora ha certo commesso una grave irregolarità, per la quale potrebbe essere revocato dall’incarico, oltre a dover rispondere di persona di eventuali danni arrecati.

In ogni caso occorre precisare che, in tema di spese condominiali non pagate, il debitore nei confronti del condominio è sempre il locatore (il quale, certamente, potrà poi rivalersi contro il suo conduttore in base al contratto di locazione).

Si ricorda, infine, che le spese condominiali dovute dal proprietario si prescrivono in 5 anni.
Il termine inizia a decorrere dalla data della delibera assembleare di approvazione del rendiconto delle spese e del relativo stato di riparto.
Pertanto, se sono trascorsi 5 anni e non sono stati inviati solleciti di pagamento, si potrà invocare l’intervenuta prescrizione e non pagare (almeno) tutte le spese più antiche di 5 anni.


M. G. chiede
giovedì 28/06/2018 - Trentino-Alto Adige
“Buongiorno, ho un problema in un condominio da me amministrato, situato a (omissis). Il condominio consiste in un pianterreno (sede di un supermercato), due piani interrati (parcheggio clienti supermercato + garage privati), due piani fuori terra (29 appartamenti privati). Gli appartamenti, presso il primo ed il secondo piano, sono disposti perimetralmente alla superficie globale: questo aspetto crea un'area comune centrale, delimitata dagli appartamenti, sopra al supermercato, aperta verso il cielo sul lato superiore, fruibile da tutti gli appartamenti (ovviamente non dal supermercato). L'area è pavimentata con piastrelle ed al suo interno sono collocate una decina di fioriere in muratura alte circa 50 cm dal pavimento (anch'esse parte comune) nelle quali vivono piccoli arbusti, fiori e piante. Catastalmente tutta l'area comune calpestabile che corre intorno alle fioriere è registrata come "passaggio": si tratta di veri e propri camminamenti, larghi da 1 a 4 metri, che collegano i vari appartamenti ai due giroscala laterali (lato dx e sx rispetto alla suddetta area).
Nel regolamento condominiale contrattuale non sono specificati divieti specifici per l'utilizzo di quest'area comune, se non indicazione generale sull'orario del silenzio e sul fatto che i bambini non possono essere lasciati incustoditi sulle parti comuni condominiali. Il problema consiste nel fatto che i bambini, figli dei proprietari, utilizzano questi passaggi comuni come pista per biciclette, monopattini, oltre che come campetto da calcio o hockey. Davanti a ciascun appartamento sono presenti piccole "fasce" di rispetto, di proprietà delle singole unità immobiliari, che non sono separate fisicamente (tramite recinzione o muretto) rispetto a quest'area comune. Risulta quindi frequente "invasione di campo" da parte dei bimbi e da parte dei palloni che vanno a colpire porte e finestre degli appartamenti. Molti condomini si lamentano degli schiamazzi e dell'utilizzo improprio di quest'area, nella fattispecie non esiste concretamente un elenco di attività ludiche che su quest'area, per ragioni estranee al regolamento di condominio, dovrebbero probabilmente essere vietate dalla normativa catastale/di sicurezza.
Poiché l'area è accatastata come "passaggio", è possibile inibire il suo utilizzo come parco giochi/pista per monopattini/campetto da calcio? Non di rado i "passanti" devono "fare slalom" fra i molti bambini, per raggiungere i giroscala ed i propri appartamenti, e stare attenti a non ricevere pallonate in faccia. Regolarmente le pallonate danneggiano i fiori collocati nelle fioriere comuni e/o nelle fasce di rispetto private. È possibile fare leva sulla pura "destinazione d'uso" di quest'utilità comune, ovvero mero passaggio e niente altro? È possibile fare leva su aspetti di sicurezza, ad esempio sul fatto che il passaggio deve essere sempre lasciato libero per permettere evacuazione di emergenza dagli appartamenti? Chiaramente non posso e non voglio vietare che i bambini giochino nelle piccole aree di rispetto private, ma posso vietare che giochino a pallone in queste aree private se questo tipo di gioco, per sua natura, va ad invadere le fioriere pubbliche? Attendo Vs gradito responso, ringrazio anticipatamente e resto a disposizione per inviare documentazione di supporto (mappe catastali /piano divisione in porzioni materiale). Grazie, buon lavoro.”
Consulenza legale i 01/07/2018
Le domande poste dal quesito sono perfettamente conformi alla normativa condominiale e rientrano perfettamente nei doveri di un amministratore di immobili.
L’ art. 1102 del c.c., norma generale che trova applicazione anche in ambito condominiale, dispone infatti che il partecipante alla comunione, ovvero il condomino, non possa utilizzare la cosa comune in modo tale da alterarne la destinazione. La tutela delle cose comuni e delle relative destinazioni d’uso trova, poi, un importante rafforzamento nella disciplina del condominio.

Il nuovo art. 1117 quater del c.c., introdotto dalla riforma del 2012, dispone che in caso di attività dei proprietari che incidono in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso, l’amministratore o anche autonomamente il singolo partecipante al condominio, possono diffidare l’esecutore di tali condotte vietate, chiedendo che le stesse vengano cessate immediatamente. Nel caso in cui tale invito non trovi riscontro nei fatti, l’amministratore o il singolo condomino possono chiedere la convocazione dell’organo assembleare affinché la stessa deliberi sulle azioni da intraprendere per far cessare eventuali usi impropri delle parti comuni dell’edificio, anche attraverso il ricorso alla autorità giudiziaria. Su tali delibere l’assemblea si pronuncia con le maggioranze di cui al 2° comma dell’art. 1136 del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio).

Tale norma si aggiunge ai poteri che sono già riconosciuti all’amministratore di condominio nella tutela e gestione delle cose comuni; l’amministratore, infatti, secondo quanto prevede il 1° comma n. 2) dell’art. 1130 del c.c., ha tra i suoi numerosi compiti quello di:” disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;”. Rientra quindi perfettamente nelle sue attribuzioni, l’adozione di un provvedimento ex art. 1133 del c.c., con il quale l’organo esecutivo del condominio vieti utilizzi della cosa comune che ne alterino la sua funzione naturale.

Venendo al caso concreto posto dal quesito, è sicuramente contrario all’art. 1102 del c.c., il comportamento dei bambini i quali utilizzano come area gioco una parte comune la cui funzione catastale è quella di garantire il passaggio delle persone. Seppur le così dette aree di rispetto siano da considerarsi aree pertinenziali alle singole unità abitative, e quindi parti in proprietà esclusiva del complesso edile, all’interno delle stesse non si devono comunque tenere comportamenti che impediscano o rendano più difficoltoso l’utilizzo dell’area di passaggio comune e l’esplicazione della sua funzione.
E’ perfettamente lecito, quindi, l’adozione da parte dell’amministratore di un provvedimento ex art. 1130 del c.c. che inibisca l’utilizzo dell’area di passaggio come area giochi per bambini; eventualmente si potrà far precedere tale provvedimento da una diffida ex art. 1117 quater c.c., indirizzata a quei genitori che, non vigilando adeguatamente sui propri figli, permettono che gli stessi tengano un comportamento del tutto contrario alle norme condominiali.

Qualora questi comportamenti non dovessero cessare si potrebbe ipotizzare una azione giudiziaria da parte della compagine condominiale contro i condomini inadempienti, previa delibera assembleare. In un eventuale ipotetico giudizio, si dovrà dimostrare la destinazione dell’area di passaggio, attraverso la produzione delle piante catastali dell’edificio, e dimostrare la condotta tenuta dai bambini contraria all’art. 1102 del c.c., presumibilmente attraverso prova testimoniale e documentazione fotografica. Si potrà in tal modo ottenere un provvedimento giudiziario che inibisca per il futuro la tenuta di condotte contrarie a quanto prevede la normativa condominiale.

Per concludere si ritiene opportuno precisare che qualora dalle condotte descritte dal quesito dovessero derivare danni a terzi estranei al condominio o agli stessi partecipanti al condominio, i soggetti chiamati a risponderne in prima battuta sarebbero, ai sensi dell’ art. 2048 del c.c., gli stessi genitori dei minori che hanno tenuto una condotta illecita e dannosa. Ad ogni modo, qualora dovessero derivare da tali condotte domande risarcitorie proposte da terzi all'indirizzo dell’intera compagine condominiale, la stessa avrebbe comunque pieno titolo per riversare ogni conseguenza dannosa sulle famiglie dei minori coinvolti.

Alessandro R. chiede
martedì 24/01/2017 - Emilia-Romagna
“Spett.le Redazione Brocardi, il condominio dispone di riscaldamento centralizzato, il locale caldaia è posto nel cortile e l'unica chiave che serve per accedere al suddetto locale è appesa in cantina nel quadro dei contatori elettrici a disposizione di tutti i condomini e di chi debba effettuare i lavori di manutenzione; questo stato di fatto è rimasto immutato dal 1965, anno in cui è nato il condominio sino a poco tempo fa.
Nel mese di aprile 2016 abbiamo cambiato amministratore il quale senza avvisare o chiedere il permesso ha sostituito la serratura della porta del suddetto locale trattenendo con sé la nuova chiave, nel mese di settembre 2016 si effettua la lettura dei contatori dell'acqua per il consuntivo di fine anno, il contatore dell' acqua comune è sito nel locale summenzionato; mi occupo personalmente di raccogliere i dati e ho contattato l'amministratore pretendendo la consegna della nuova chiave al condominio ma ciò non è avvenuto, l' amministratore si è rifiutato ed il locale caldaia è tuttora inaccessibile ai condomini.
Ritengo che l'amministratore abbia ecceduto nei poteri conferitogli dal mandato, il locale caldaia è una parte comune e i condomini hanno libero accesso a tutte le parti comuni, questo è stabilito anche da un articolo del regolamento di condominio di tipo contrattuale, in qualità di condomino la parte comune è considerata mio domicilio così come la mia parte privata e di conseguenza è mia facoltà concedere o negare l'accesso, l'amministratore si è arrogato un diritto esclusivo su di una parte comune peraltro non di sua proprietà.
Il mio intento è di riportare tutta la situazione alla normalità, anche agendo tramite autorità giudiziaria.
Grazie.”
Consulenza legale i 29/01/2017
Il rifiuto da parte dell’amministratore di consegnare la chiave richiestagli con cui poter accedere al locale caldaia di proprietà condominiale si ritiene che possa trovare una giustificazione nella responsabilità che su di lui incombe ex D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, contenente le norme per l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici.
Infatti, ai sensi dell’art. 1 lettera j) di tale D.P.R. per proprietario dell’impianto termico, nel caso di edifici dotati di impianti termici centralizzati e amministrati in condominio, deve intendersi l’amministratore del condominio.
Egli, come dispone il successivo art. 11 del D.P.R. 412/1993, ha l’obbligo di assumersi la responsabilità dell’esercizio e manutenzione dell’impianto, salva l’ipotesi in cui decida di affidarla ad un terzo. In quest’ultimo caso, l'eventuale atto di assunzione di responsabilità da parte del terzo, che lo espone peraltro alle sanzioni amministrative previste dal comma 5 dell'articolo 34 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, deve essere redatto in forma scritta e consegnato all’amministratore (in termini pratici si tratta del contratto di assistenza stipulato con aziende specializzate nel settore).

Inoltre, in conformità alla normativa civilistica, si tenga conto che tra le attribuzioni dell’amministratore di condominio vi è quella, prevista dall’art. 1130n. 2 c.c., di disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, il che può legittimare lo stesso a decidere di non voler consentire l’accesso al locale caldaia ai singoli condomini al fine di non incorrere in eventuali responsabilità per incidenti che ivi potrebbero verificarsi.
Tale atteggiamento, peraltro, seppure a prima vista sembra porsi in contrasto con quanto dettato dal regolamento di condominio, nella parte in cui riconosce a ciascun condomino il diritto di accedere liberamente a tutte le parti comuni, di fatto così non è, avendo l’amministratore agito in vista di un interesse superiore, qual è quello tutelato dalla normativa di cui al D.P.R. 412/1993.

Tuttavia, ciò non esclude che i condomini, con la maggioranza semplice, possano deliberare di affidare ad un custode, che potrà essere uno dei condomini, una copia della suddetta chiave, giustificando l’adozione di tale delibera con la necessità di effettuare la lettura dei contatori dell’acqua posti anch’essi in quel locale, ma con esplicito divieto di effettuare alcun tipo di intervento o manovra non autorizzata sulla caldaia.
La formalizzazione con delibera della consegna di una copia della chiave del locale caldaia a persona diversa dall’amministratore e per la finalità sopra specificata esonererebbe l’amministratore da responsabilità per eventuali danni occorsi agli stessi condomini o a persone estranee che a tale luogo abbiano fatto accesso manomettendo l’impianto termico (magari per tentare di rimediare ad un blocco improvviso della caldaia in orario notturno).

Per l’adozione di tale delibera, come prima detto, sarà sufficiente la maggioranza semplice, trovando applicazione la norma di cui all’art. 1105 c.c. dettata in materia di comunione in generale e qui applicabile per effetto dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 1139c.c.
Tale norma, dopo aver precisato che tutti i condomini hanno diritto di partecipare all’uso della cosa comune, dispone che gli atti di ordinaria amministrazione (tale è quello che si andrà ad adottare) possono essere deliberati dalla maggioranza dei partecipanti calcolata secondo il valore della loro quota.

Per l’ipotesi in cui l’amministratore si rifiuti, come è probabile, di convocare l’assemblea, soccorre il disposto di cui all’art. 66 disp. Att. c.c., il quale prevede che l’assemblea può essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando ne sia fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio e che, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possano provvedere direttamente alla convocazione.

Qualora, infine, la deliberazione adottata non venga eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria, la quale provvederà in camera di consiglio (si tratta di un semplice provvedimento di volontaria giurisdizione), nominando se del caso un amministratore ad acta ed autorizzandolo a sostituire la serratura.

Ettore F. chiede
mercoledì 20/07/2016 - Veneto
“Buonasera, Ho avuto danni alla mia cantina provenienti dalla parte comune (tromba scala antincendio garage) la caduta intonaco esterno per continue infiltrazioni ha provocato il distacco anche di mattoni all interno della cantina creando un foro passante, dopo raccomandate non risposte ho deciso di interpellare un avvocato, tesi sostenuta sostenuta dall'amministratore anche dopo inviate le foto che non vi sono crepe o rotture da parti condominiali, dal mio legale ottenuto risposta dall amministratore e le mie foto ha dato all amministratore diffida a rifare le parti o risarcire il danno, in assemblea i condomini hanno bocciato tale rifacimento o riparazione del muro e praticamente in emergenza dopo vari cospicui allagamenti ho deciso di tamponare il buco in emergenza e ho avvisato l'amministratore ha tinteggiato la mia riparazione volante ma nessuna sostituzione dei mattoni caduti, invece a un altro condomino ha eseguito lavori sempre per problemi dalla parte comune senza interpellare l'assemblea e ci ha invitato a pagare tale lavoro anticipato. Ora anche se ho pagato tutte le rate e dato le ricevute insiste che io non pago le spese condominiali ma non mi dà alcun riscontro. Che posso fare, posso revocarla per trattamento disuguale tra condomini o contro condomine?
In attesa porgo distinti
Saluti

Consulenza legale i 01/08/2016
Da quel che viene riferito nel quesito, l’amministratore in questione ha assunto un comportamento discutibile in più occasioni, violando i precisi obblighi che la legge gli impone.

L’amministratore condominiale agisce in forza di un mandato che gli è stato conferito dai condomini, e risponde di questo mandato in relazione all’obbligo di diligenza: conseguentemente, la sua responsabilità si avrà sia in caso di negligenza nell’agire che di omissione totale nell’assolvimento dei suoi compiti.
Trattandosi di responsabilità contrattuale egli sarà tenuto al risarcimento del danno qualora il singolo condomino abbia subìto un danno a causa del suo comportamento negligente od omissivo.

L’unico modo, per l'amministratore, di andare esente da colpa è agire in esecuzione di una delibera assembleare: tuttavia, anche in questo caso, se la delibera è illegittima, la sua responsabilità si aggiungerà a quella di chi ha approvato la delibera e concorrerà con essa.
A tale ultimo proposito, è bene però distinguere tra delibera annullabile e delibera nulla:
a) nel primo caso - che ricorre, per esemplificare, nelle ipotesi in cui venga violata una disposizione di legge relativa al “funzionamento” del condominio e dell’assemblea condominiale, provocando un vizio che può essere comunque sanato – la delibera andrà impugnata, secondo le legge (art. 1137 c.c.) entro 30 giorni; in questo caso, quindi, se il singolo condomino dissenziente non si attivi entro tale termine, non potrà neppure far valere una concorrente responsabilità dell’amministratore che a quella delibera abbia dato corso;
b) nel secondo caso, invece – che ricorre in ipotesi di delibere aventi oggetto illecito o impossibile – poiché l’azione di nullità è proponibile in ogni tempo, anche la responsabilità dell’amministratore potrà essere fatta valere senza incorrere in termini di scadenza.

Vi è, invece, responsabilità esclusiva dell’amministratore quando egli abbia agito al di fuori delle proprie attribuzioni e senza autorizzazione dell’assemblea (eccesso di mandato).
Ovviamente la sua responsabilità sarà valutata in relazione al limite costituito dall’oggetto del mandato, che è limitato alle parti ed agli impianti comuni dell’edificio; inoltre, si tenga presente che è sufficiente, perché si configuri una responsabilità, l’elemento soggettivo della colpa (dunque non necessariamente il dolo), colpa esistente nel caso di negligenza, imperizia, cattivo uso dei poteri di cui l’amministratore dispone e nell’inadempimento di uno qualsiasi degli obblighi che la legge gli impone, con obbligo di risarcimento dei danni causati.
Un importante riferimento per valutare la responsabilità dell’amministratore di condominio sono gli articoli 1129 cod. civ. e 1130 cod. civ., che recitano (nelle parti che qui più interessano):

“La revoca dell'amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell'articolo 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. Nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero 3) del dodicesimo comma del presente articolo, i condomini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore. In caso di mancata revoca da parte dell'assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all'autorità giudiziaria; in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.
Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità:
1) l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge;
7) l'inottemperanza agli obblighi di cui all'articolo 1130, numeri 6), 7) e 9); e “L'amministratore, oltre a quanto previsto dall'articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve:
1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea, convocarla annualmente per l'approvazione del rendiconto condominiale di cui all'articolo 1130 bis e curare l'osservanza del regolamento di condominio;
2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio;”.

Nel caso di specie, l’amministratore ha senz’altro violato diverse disposizioni dei citati articoli: egli era tenuto a curare le cose comuni nell’interesse di tutti i condomini ed al contempo in modo che ne fosse assicurato il miglior godimento a ciascuno di essi e non l'ha fatto.
Per rispondere quindi al quesito in esame, il condomino avrà allora due possibilità di fronte al comportamento negligente tenuto dall’amministratore:

a) nel caso in cui (come avvenuto per i danni da infiltrazioni, in cui l’assemblea non ha voluto far eseguire i lavori di ripristino e riparare il danno) egli abbia agito in esecuzione di una delibera illegittima, potrà rivolgersi all’Autorità Giudiziaria e chiedere l’accertamento delle concorrenti responsabilità di chi ha deliberato e dell’Amministratore (tenendo ben presente, però, quanto sopra specificato in ordine alla distinzione, anche relativa alle modalità ed ai tempi di impugnazione, tra delibere nulle ed annullabili);
b) nel caso invece in cui l’amministratore abbia agito al di là del mandato ricevuto (come avvenuto quando non ha interpellato l’assemblea ei condomini, pur essendo tenuto a farlo), il condomino potrà innanzitutto ricorrere all’assemblea dei condomini, esprimendo il proprio dissenso motivato e chiedendo una delibera in merito (art. 1133 cc: “(..) Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'articolo.”, la quale potrebbe anche avere come oggetto la revoca del mandato all’amministratore e la sua sostituzione con un altro; diversamente, qualora si tema che l’assemblea possa ratificare l’operato dell’amministratore, ci si potrà rivolgere all’autorità giudiziaria direttamente.

In entrambi i casi, si noti bene, si potrà richiedere l’accertamento della negligenza dell’amministratore e – eventualmente – la revoca dello stesso, mentre si potrà richiedere un risarcimento solo se, evidentemente, venga provata l’esistenza di un danno a carico del singolo condomino e che quest’ultimo è stato conseguenza diretta dell’operato dell’amministratore (cosa che, in effetti, si è verificata nel caso si specie).

In definitiva, pertanto, nel caso in esame, il condomino potrà agire nei confronti dell’amministratore sia coinvolgendo l’assemblea, che potrà revocarne il mandato, sia rivolgendosi direttamente all’autorità giudiziaria: la ragione non sarà, evidentemente, il trattamento discriminatorio nei confronti dei condomini quanto piuttosto la violazione dei doveri di amministratore dettati dagli artt. 1129 e 1130 c.c.. L’azione sarà limitata all’accertamento della responsabilità ed alla rimozione forzata dell’amministratore, nel caso di assenza di pregiudizio individuale, mentre nel caso, al contrario, in cui il condomino abbia subito un danno derivante dalla condotta dell’amministratore, la domanda potrà essere quella di risarcimento del danno in questione, con onere della prova ovviamente a carico di chi agisce in giudizio.

Giancarlo M. chiede
lunedì 18/04/2016 - Toscana
“Buongiorno !!! Come avevo previsto l'assemblea è andata semideserta ( tranne 1 condomino ). Quindi ho redatto comunque un verbale della situazione venutasi a creare, verbale che vorrei inviare a tutti i condomini insieme ad una lettera di dimissioni irrevocabili. Per effetto di ciò, dovrei comunque convocare una nuova assemblea per ripresentare le dimissioni irrevocabili e far si che i condomini possano nominarne un altro?? E se anche questa dovesse andare deserta, dovrei ricorrere all'autorità giudiziaria??
In definitiva, pur in attesa della nomina del nuovo amministratore che spero avvenga con la prossima assemblea straordinaria che dovrei convocare, non vorrei addossarmi delle responsabilità, cosciente che - fino ad allora, purtroppo sarò costretto comunque a condurre il condominio almeno fino all'agosto prossimo , quando dovrebbe aver luogo l'assemblea ordinaria??!!
E per mandare avanti il condominio fino ad allora - in mancanza di fondi - dal momento che il tribunale non recupera i soldi del condomino moroso, cosa posso fare, come detto, per non addossarmi io delle responsabilità e soprattutto non rimetterci io dei soldi??”
Consulenza legale i 25/04/2016
E’ bene innanzitutto ricordare che le dimissioni dell’amministratore sono un atto unilaterale recettizio, ovvero hanno effetto dal momento in cui sono portate a conoscenza dell’assemblea dei condomini; non devono pertanto essere accettate da quest’ultima, che ha solo il diritto di chiedere il rendiconto della gestione. Tuttavia, se è corretto comunicare le dimissioni ai condomini mediante raccomandata, è necessario altresì convocare comunque un’assemblea ai fini della sostituzione del dimissionario con un nuovo amministratore.

Purtroppo, finché questo non accade, il precedente amministratore è tenuto a continuare nell'incarico di gestione per non incorrere in responsabilità: è il cosiddetto periodo di prorogatio, durante il quale egli deve continuare a provvedere alla riscossione dei contributi condominiali e ad erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni.

Ciò detto, il ricorso all’Autorità Giudiziaria è, purtroppo e/o per fortuna, inevitabile non solo in caso di inerzia dell’assemblea nella nomina di un nuovo amministratore ma altresì, in generale, nel caso di inerzia nella gestione della cosa comune.

I riferimenti normativi in proposito sono due. Il primo è l’art. 1129 del codice civile, il quale al primo comma stabilisce che “Quando i condomini sono più di otto, se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario”. Nel ricorso vengono solitamente esposte le cause che hanno costretto il ricorrente a chiedere l’intervento del Giudice ed illustrati i presupposti minimi per la richiesta in questione (numero dei condomini superiore a nove ed inesistenza di un amministratore). Nel caso di specie, poi, va data la prova dell’inutile convocazione di una o più assemblee.

Il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria non ha carattere giurisdizionale ma solo amministrativo, per cui non entra nel merito della regolamentazione degli interessi in gioco, ma ha semplicemente lo scopo di assegnare al condominio un nuovo amministratore che ha esattamente gli stessi poteri e facoltà di quello normalmente nominato in sede assembleare.

Il secondo riferimento normativo che viene in aiuto nella fattispecie è l’art. 1105 del codice civile, il quale è dettato in materia di comunione ma si può applicare anche al condominio negli edifici per effetto del richiamo operato dall’art. 1139 c.c. (che appunto rinvia, per quanto non previsto, alle norme sulla comunione in generale) (si veda, tra le tante Cass. Civ. 30 maggio 2003 n. 8803).
L’art. 1105, all’ultimo comma, stabilisce: “Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore”.
Questa norma ha lo scopo di tutelare la normale amministrazione di un edificio a fronte di due eventuali situazioni concrete:
- inerzia dell’assemblea nel decidere sull’esecuzione di atti necessari ed indifferibili di amministrazione (è il caso, come quello che ci occupa, in cui più di un’assemblea sia andata deserta e l’amministratore abbia un’oggettiva difficoltà a prendere decisioni non più procrastinabili);
- inerzia dell’organo esecutivo nell’eseguire le decisioni assembleari.

Nella prima ipotesi il Giudice può adottare un provvedimento “diretto”, ovvero che sostituisca totalmente la volontà dell’assemblea dei condomini.

Nella fattispecie concreta in esame, non è purtroppo evitabile la gestione temporanea del condominio in attesa del nuovo amministratore: è per questo motivo che si consiglia – per evitare il protrarsi eccessivo del regime di prorogatio, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di responsabilità per la gestione – di rivolgersi quanto prima all’Autorità Giudiziaria affinché emetta un provvedimento sostitutivo dell’assemblea di nomina del nuovo amministratore; ciò, evidentemente, allegando ogni prova utile a dimostrare l’atteggiamento inerte dei condomini e l’urgenza di provvedere alla riscossione delle somme necessarie alla gestione, quantomeno ordinaria, del condominio.

Nel frattempo, ricordando che l’amministratore può agire anche senza l’ autorizzazione dell’assemblea per “disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini” (art. 1130 c.c.), l’amministratore potrà – per spingere il condomino moroso a pagare (con maggiore efficacia e celerità rispetto alla notifica di un decreto ingiuntivo di pagamento) sospendere quest’ultimo dall’uso dei servizi comuni “suscettibili di godimento separato” (art. 63 diposizioni di attuazione del codice civile: “In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”).
Ciò significa, ad esempio, che, negli edifici con acqua centralizzata, l’amministratore potrà chiudere i rubinetti che portano l’acqua all’appartamento del condomino moroso; ugualmente valga per il riscaldamento; ma si potrebbe ipotizzare del tutto legittimamente anche un divieto di parcheggio nel cortile condominiale l’ingresso nel quale è consentito da una sbarra elettrica.

Un’altra soluzione molto frequente alla quale gli amministratori ricorrono in situazioni come quella in esame è di chiedere agli altri condomini di farsi carico della morosità, per cui ognuno verserà una parte della quota di spese del condomino moroso. Anche se si tratta di soluzione non particolarmente apprezzata dall’assemblea, l'amministratore potrà tuttavia fare presente ai condomini che la situazione di morosità protratta a lungo nel tempo potrebbe ritorcersi a loro danno: se, infatti, l’amministratore non ha i fondi necessari a pagare le bollette, è molto probabile che vengano tagliate le utenze dei servizi condominiali (acqua, luce, riscaldamento), e di questo patirebbe non solo il condomino moroso ma, evidentemente, tutti quanti.
Questo perché per le aziende che erogano i servizi come la luce o il gas è molto più semplice e meno costoso sospendere il servizio erogato (a fini "ricattatori") anziché intraprendere una procedura di recupero forzoso nei confronti del condomino moroso.

Va, infine, fatto presente ai condomini diligenti che – dopo la riforma del condominio – è stata stabilita la responsabilità solidale tra condomini, pur nel rispetto del principio di sussidiarietà. Ciò significa che i creditori del condominio possono ora agire nei confronti anche degli altri condomini (non morosi) per recuperare il proprio credito, ma solamente dopo aver prima colpito il condominio moroso (in gergo tecnico si chiama “beneficio di preventiva escussione”).
Non è chiaro (perché la legge non lo dice) quando si possa affermare di aver tentato tutto il possibile per il recupero del credito dal soggetto moroso e così poter finalmente colpire gli altri condomini: la giurisprudenza, in ordine al principio dell’escussione preventiva, indica ad esempio che non è sufficiente per il creditore il solo tentativo di un’esecuzione mobiliare (Cass. Civ., 15 gennaio 1986, n. 190) o presso terzi (Cass. Civ. 3 marzo 2011, n. 5136).

Pertanto, per concludere, in attesa di un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria che – lo si ripete – va sollecitato quanto prima, si dovrà/potrà spingere l’assemblea dei condomini a farsi carico, temporaneamente, delle eventuali morosità, facendo leva sulle possibili conseguenze che potrebbero verificarsi a danno di tutti (taglio delle utenze); contemporaneamente, se ancora non lo si è fatto, si potrà agire anche nei confronti del condominio moroso impedendogli l’uso dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

Sergio B. chiede
venerdì 29/01/2016 - Piemonte
“QUESITO
PREMESSA al quesito:

Con la Vs. risposta 12728/2015 del 26/3/2015, al punto 1, sono riuscito, nell’assemblea del ..., a bloccare il preventivo “addomesticato” di X circa lo scarico dell’acqua piovana dal muro di cinta comune verso i box privati, rinviandolo con la nomina di altro consulente tecnico per altra soluzione da deliberare nella prossima assemblea. La soluzione partiva dal presupposto suggerito da mano innominata per ammissione dello stesso X presente in assemblea, che le vecchie infiltrazioni, dal lato esterno del muro di cinta, sul marciapiede, rimaste immutate dopo il rifacimento della pavimentazione del cortile e del medesimo marciapiede, non si dovevano riparare per il costo eccessivo.
Con l’attuale amministratrice, ex collaboratrice del predetto amministratore, ho eseguito un sopralluogo con l’architetto Y, suo conoscente, per un preventivo di CTP da sottoporre nella prossima assemblea, in alternativa all’ATP bocciata, per decisioni da prendere poi in apposita assemblea straordinaria. Su campo le considerazioni fatte dall’architetto le avevo ritenute valide per un intervento di modesto livello, quindi di risoluzione incerta, riguardo a tutte le infiltrazioni presenti.
Ho appena ricevuto il preventivo che sarà presentato in assemblea, con il quale il professionista ha rivisto quanto detto su campo “consigliando” di suddividere i lavori anche di studio in due lotti: uno interno al muro e limitato a una zona del cortile, per “sperimentare” la validità della soluzione, poi, “eventualmente” provvedere sul lato esterno con altro diverso tipo di intervento e con un quarto cantiere, evitando così, a mio parere erroneamente, di considerare tutte le infiltrazioni.
Ritengo assurdo che con il 3° cantiere si debba iniziare un’ennesima sperimentazione, senza giustificazione seria, rinviando ancora una volta il problema principale certo e pluridecennale sul marciapiede. Sembra che la mano invisibile dell’innominato persiste a voler dire “l’intervento in via Z non sa da fare” là proprio ove è necessario. Capisco la riluttanza di qualche condomino che lavora dietro le quinte ad affrontare il problema in modo efficiente e globale, ma se i tre precedenti professionisti ci hanno lasciato un danno enorme mi sembra sbagliato nascondere la testa sotto la sabbia. Quello che non capisco è l’atteggiamento dell’amministratrice che trascura il vero interesse del condominio dando input faziosi ai professionisti come prima a X e ora a Y. Proverò a spiegare in assemblea l’assurdità della relazione dell’architetto, evidenziando che il “tumore” presente sotto il marciapiede di via Z che non si vuole affrontare è costituito da due parti:
- errore di applicazione della guaina per aver violato le prescrizioni inderogabili dei costruttori di guaine “ : la guaina dev’essere saldata solo su superfici lisce, solo su superfici continue senza fessure o buchi, solo su strutture e non il loro rivestimento di intonaco o piastrelle. Ognuna di queste inosservanze fa cadere la garanzia del costruttore. Nel nostro caso sono state violate tutte e tre, presumo per ignoranza delle norme più elementari
- abuso di occupazione di suolo pubblico per avere ripiegato la guaina, male applicata sul muro di recinzione, verso la strada, sotto il piano di calpestio del marciapiede, per circa trenta centimetri verso la parte carrabile. Di avere appoggiato su tale guaina un tubo di drenaggio che scarica nel pozzetto comunale per lo scarico dell’acqua piovana. Ho verificato in Comune che simili realizzazioni non sono ammesse; sono ammesse solo quelle dei servizi pubblici. Devo dedurre che oltre all’ignoranza delle predette norme i nostri tre professionisti hanno ignorato anche quelle dei regolamenti Comunali.

DOMANDE sul quesito:

a)-tutte queste responsabilità abbuonate e ratificate dall’assemblea sono ora in capo al Condominio?
b)-l’amministratrice, che asseconda i disonesti condòmini che avendo già regalato 13.000,0 euro ai precedenti professionisti che ora pongono delle restrizioni su interventi a favore del condominio per “risparmiare” continuando a seguire il principio di “chi meno spende più spende”, ha delle proprie responsabilità che potrei esplicitare in assemblea?
c)-potrei usare la foto che illustra inequivocabilmente il predetto abuso, già mostrata in assemblea da X, unico documento possibile sull’abuso in quando deciso su campo e non previsto dal progetto e quindi non risultante nel fascicolo del condominio e non visibile perché interrato, per fare azione di sollecito a eliminare detta irregolarità e quindi prendere in considerazione l’intervento assolutamente necessario sotto il marciapiede di via Z?
d)-nel caso vi fosse discordanza tra il presidente, che sostiene che il quorum per le riparazioni sopra accennate è di 1/3 dei millesimi, e la segretaria, amministratore per regolamento, che ritiene invece la necessità di ½ dei millesimi, pur non essendo gravosa la spesa per un complesso di 4 edifici, chi dei due può e deve decidere?
e)-per contrastare l’inerzia dell’amministratrice e il boicottaggio di alcuni cinici condòmini, tenuto conto che esiste la soluzione radicale per evitare il continuo ingresso d’acqua nel solettone del cortile, oltre che in alcuni box, il quale si deteriora con intonaci che marciscono, con pignatte che marciscono come già visto durante i lavori e con i ferri d’armatura che arrugginiscono con futuri problemi di stabilità, quali azioni o strategie mi potete suggerire?

Ringrazio e porgo distinti saluti.”
Consulenza legale i 11/02/2016
I quesiti proposti (tutti in materia di condominio) possono essere riassunti come segue:
A) eventuali profili di responsabilità in capo al condominio per avere "ratificato" tramite le delibere assembleari, i lavori realizzati, non a regola d'arte, dall'impresa;
B) eventuali profili di responsabilità in capo all'attuale amministratore, poiché questo sembra opporsi alla realizzazione dei lavori allo stato necessari;
C) opportunità di evidenziare l'avvenuta occupazione di suolo pubblico, senza titolo, per la quale potrebbero sorgere profili di responsabilità anche in capo ai condomini;
D) individuazione del quorum necessario per adottare una delibera in assemblea condominiale, nel caso in cui vi sia discordanza sulla qualificazione dell'intervento da porre in essere;
E) individuazione delle possibili azioni da intraprendere per intimare la realizzazione dei lavori necessari al fine di evitare ulteriori danneggiamenti e mettere a rischio la stabilità dell'intero edificio.
Con riferimento a ciascun quesito esposto, si rileva quanto segue.
A. Come già anticipato nella risposta al quesito precedente, nel caso di realizzazione di lavori per un condominio da parte di un'impresa, la responsabilità per i lavori non eseguiti a regola d'arte è in capo all'appaltatore, poiché questo "è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera", ai sensi dell'art. 1667 del c.c., primo periodo.
La medesima norma prevede, al comma 1, secondo periodo, che la garanzia non sarebbe dovuta nel caso in cui il committente avesse accettato l'opera, nonostante le difformità o i vizi fossero conosciuti o riconoscibili da parte del committente.
Nel caso di specie, dalla ricostruzione fattuale, sembra emergere che il committente non abbia "accettato" i lavori (come si vedrà oltre), pertanto l'appaltatore è tenuto a rispondere per i lavori non eseguiti a regola d'arte.
La mancata accettazione dei lavori risulterebbe confermata dal fatto che: a) il verbale di fine lavori, asseritamente sottoscritto in data 18 dicembre 2013, è stato presentato solamente in data 24 febbraio 2014 (in sede di riunione informale); b) tale verbale di fine lavori non risulta approvato; c) in data 24 febbraio 2014, la stessa ditta che ha preteso il pagamento dell'intera quota pattuita in origine (sostenendo che i lavori sarebbero stati eseguiti a regola d'arte), si è impegnata a riparare eventuali vizi che sarebbero sorti entro i sei mesi successivi.
Per quanto riguarda i termini di decadenza e prescrizione che il committente deve rispettare si evidenzia che la garanzia è prestata dall'appaltatore solo se il committente denunzia all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta (art. 1667, comma 2, cc): anche tale ipotesi sembra ricorrere nel caso di specie poiché i vizi dei lavori sono stati tempestivamente rilevati sia dai condomini, sia dall'amministratore (ancorché non risulti pacifico che vi sia un nesso tra le modalità di esecuzione dei lavori e le problematiche non risolte o sopravvenute proprio in seguito ai lavori).
L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera (art. 1667, comma 3, del c.c.): a tale proposito, laddove volessimo considerare come data della consegna dell'opera (dato non pacifico) quella del 18 dicembre 2013, i due anni per proporre un'azione contro l'appaltatore sarebbero, in astratto, già trascorsi.
Tuttavia, sembrerebbe potersi sostenere che tale termine prescrizionale non sia estinto poiché: non risulta affatto pacifico che i lavori siano stati consegnati in data 18 dicembre 2013; inoltre, sembrano sussistere atti interruttivi della prescrizione nel lasso di tempo successivo al 18 dicembre 2013 (per esempio, in data 16 maggio 2014 dovrebbe risultare la convocazione della impresa che aveva realizzato i lavori al fine di mostrargli le problematiche già note dovute alla non corretta esecuzione dei lavori).
A conferma di ciò, il condominio convenuto dall'impresa per il pagamento del saldo (richiesta avanzata anche in data 24 febbraio 2014), ha fatto valere la garanzia dell'appaltatore (ai sensi dell'art. 1667, comma 3, del c.c.), in attuazione della delibera in cui si era deciso di liquidare 12.000 euro in meno rispetto al preventivo pattuito (anche se, nelle more, sono stati corrisposti dall'amministratore ulteriori euro 6.000 in favore dell'impresa).
In sostanza il condominio si è avvalso del dettato di cui all'art. 1668 del c.c., che consente al committente di richiedere che le difformità e i vizi venissero eliminate a spese dell'appaltatore (infatti l'appaltatore ha mostrato la propria disponibilità a riparare tali difformità) e consente altresì al committente di ridurre proporzionalmente il prezzo (12.000 euro in meno rispetto a quanto pattuito).
Un'ulteriore azione è esperibile contro l'appaltatore: l'art. 1669 del c.c. tutela infatti il committente per i vizi che si manifestano su edifici o altre cose immobili "destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti". L'appaltatore è infatti responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.
Come richiesto dalla norma, nel caso di specie, la denuncia risulta essere stata fatta tempestivamente (entro un anno dalla scoperta). Sembra altresì sostenibile che il diritto del committente, di azionare tale tutela, sarebbe ancora in piedi poiché sembrano essere stati posti in essere atti interruttivi della prescrizione.
Con riferimento all'eventuale ascrivibilità di responsabilità, per i danni arrecati a terzi dall'esecuzione dell'opera, in capo a soggetti diversi dall'appaltatore, si potrebbe configurare una corresponsabilità del committente "in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 del c.c. dal precetto di neminem laedere, ovvero in caso di riferibilità dell'evento al committente stesso per culpa in eligendo per essere stata affidata l'opera ad un'impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l'appaltatore in base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive" (cfr. Cassazione Civile, Sez. III, 30 settembre 2014, n. 20557).
Pertanto, accertata l'ascrivibilità della responsabilità dell'appaltatore, alla luce del fatto che i vizi (e/o le difformità dell'opera, le rovine e i difetti del condominio), sembrano essere stati ampiamente evidenziati in sede di assemblee, ed alla luce del fatto che non sembrano essersi verificate le ipotesi previste dalla sentenza richiamata (affinché possa parlarsi di responsabilità del committente), si ritiene che l'approvazione del rendiconto condominiale non dovrebbe determinare profili di responsabilità in capo ai condomini (con riferimento a lavori posti in essere non a regola d'arte rispetto al progetto originario concordato, sia che vadano a determinare delle violazioni di disposizioni di altro tipo).
Per comodità, si evidenzia che, ai sensi dell'art. 1130 bis "il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti".
Si ritiene di dovere precisare, in generale, che se l'errore di applicazione della guaina (consistente nel non avere saldato la guaina su superfici lisce, continue senza fessure o buchi, solo su strutture e non il loro rivestimento di intonaco o piastrelle) potrebbe fare venire meno la garanzia dell'impresa che realizza le guaine, d'altra parte, le modalità con cui la guaina è stata messa non fanno venire meno i profili di responsabilità dell'appaltatore.
B. Per quanto riguarda eventuali profili di responsabilità in capo all'attuale amministratore si potrebbe sostenere che sia venuto meno all'obbligo di cui all'art. 1130, comma 1, n. 2 del cc, consistente nel "disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini".
Tra l'altro, il pagamento sine titulo di euro 6.000 in favore dell'impresa che aveva realizzato i lavori avrebbe potuto essere contestato dai condomini in sede di assemblea e in sede giudiziaria, ai sensi dell'art. 1133 del c.c. e nei termini di cui all'art. 1137 del cc.
C. Per quanto riguarda l'opportunità di evidenziare l'avvenuta occupazione di suolo pubblico, senza titolo (stando alla ricostruzione dei fatti), si ritiene che:
a) come evidenziato, risulterebbe difficoltoso sostenere che il committente (quindi il condominio), debba rispondere di eventuali danni verso terzi e/o per la violazione di eventuali disposizioni di legge o regolamentari;
b) in ogni caso, l'Amministrazione, ove accerti la commissione di una violazione di questo tipo, provvederà ad intimare al condominio il ripristino dello stato dei luoghi (a spese del condominio), in senso conforme ai Regolamenti comunali vigenti;
c) per concludere, al fine di evitare che l'Amministrazione comunale possa intimare al condominio (il quale potrebbe eventualmente rifarsi sull'impresa che ha applicato la guaina in maniera non corretta), potrebbe essere opportuno ripristinare lo stato dei luoghi in senso conforme alla normativa di riferimento.
D. Con riferimento all'individuazione del quorum necessario per adottare una delibera in assemblea condominiale che abbia ad oggetto le riparazioni ad oggi necessarie, si rileva quanto segue.
Ai sensi dell'art. 1136, comma 3, del c.c., in seconda convocazione "l'assemblea è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio e la deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio.
Ai sensi del medesimo art. 1136, comma 4, del c.c., le deliberazioni che concernono le riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre approvate con numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Al fine di determinare se gli interventi da eseguire siano riconducibili alle "riparazioni straordinarie di notevole entità" la Giurisprudenza è consolidata nel ritenere che, "in assenza di un criterio normativo, il giudice può tenere conto, senza esserne vincolato, oltre che dell'ammontare complessivo dell'esborso necessario, anche del rapporto tra tale costo, il valore dell'edificio e la spesa proporzionalmente ricadente sui singoli condomini (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 26 novembre 2014, n. 25145).
Per cui, al fine di trovare un accordo in relazione al quorum necessario (rispettivamente un terzo del valore dell'edificio o la metà del valore dell'edificio), occorre eseguire tale conteggio. Laddove un condomino dovesse ritenere che il quorum non corrisponda alla maggioranza richiesta ex lege, ben potrebbe eccepire tale rilievo in sede giurisdizionale, impugnando la delibera.
E. Con riferimento all'ultimo quesito - individuazione delle possibili azioni da intraprendere per intimare la realizzazione dei lavori necessari al fine di evitare ulteriori danneggiamenti e mettere a rischio la stabilità dell'intero edificio - si evidenzia che, oltre a quanto già detto, l'amministratore deve "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio" (art. 1130, comma 1, n. 4 del c.c.).
Tra l'altro, l'omissione di lavori da parte dell'amministratore è considerata penalmente rilevante, ai sensi dell'art. 677 del c.p.:
1. "Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 154 euro a 929 euro.
2. La stessa sanzione si applica a chi, avendone l'obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione".
Pertanto, si potrebbe inviare una diffida all'amministratore, in cui si evidenzi che l'amministratore potrebbe rispondere anche penalmente per le sue omissioni (nella ricostruzione in fatto è stato evidenziato che i ferri d'armatura potrebbero essere radicalmente compromessi dalle continue infiltrazioni e potrebbe derivarne problemi di stabilità).
Laddove l'amministratore dovesse rimanere ancora inerte, si potrebbe pensare di proporre una denuncia di danno temuto ai sensi dell'art. 1172 del c.c.
Infatti "è legittima l'azione nunciatoria di danno temuto esercitata dal condomino nei confronti del condominio sussistendo la diversità di proprietari tra il bene pericoloso e quello minacciato, poiché i beni condominiali, pur restando beni comuni a tutti i condomini, sono soggetti ad un potere di gestione di pertinenza esclusiva dell'ente condomino, il quale ne diviene titolare unico e autonomo dai singoli condomini" (cfr. Tribunale Salerno, Sez. II, 27 gennaio 2005).

Patrizia P. chiede
venerdì 19/06/2015 - Trentino-Alto Adige
“Il mio nuovo amministratore condominiale non vuole dopo le mie innumerevoli richieste, consegnarmi il regolamento e nega l'esistenza delle tabelle millesimali. È evasivo nel rispondere a chiarimenti sulla sua procedura nell'eseguire i calcoli, che non sono ripartiti in ottavi come dice lui. Vuole affrontare lavori di ristrutturazione per 30.000,00 euro e oltre. Io ho sempre pagato ora non ho pagato perché il credito dell'anno precedente me lo ha messo debito dell'anno scorso e non mi ha ancora dato i chiarimenti richiesti. Inoltre mi addebita euro 50,00 per la riproduzione della copia della documentazione che tra il resto è fatta a caso e mal fotocopiata. Non so cosa fare perché se gli chiedo qualcosa strilla e insulta. Siamo meno di dieci unità abitative e nell'ultima assemblea fatta su mia richiesta per l'adozione tabelle millesimali, lui ha scritto nell'ordine del giorno, adozione nuove tabelle millesimali. Allora ho chiesto ma allora esistono e mi ha detto no però messa a votazione hanno bocciato la mia richiesta. Cosa posso fare?”
Consulenza legale i 24/06/2015
Il comportamento dell'amministratore potrebbe rilevare sotto il profilo della negligenza professionale, in quanto appare indubbio che egli sia tenuto a conservare copia del regolamento condominiale e delle tabelle millesimali, dovendo altresì fornirle a tutti i condomini su loro domanda (la richiesta di un compenso per le copie è in sua facoltà, anche se si potrebbe eventualmente contestare un costo eccessivamente sproporzionato). Si ravvisa, inoltre, una gestione delle entrate un po' confusa, visto che il condomino lamenta che la somma rimasta a credito nell'anno precedente risulta ora come un debito.
Tale condotta può essere sanzionata con la revoca dall'incarico.

In particolare, le nuove norme del codice civile riguardanti l'amministratore di condominio (artt. 1129-1130-1131 c.c.) prevedono che per la revoca possa essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina (quindi, da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio) oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. In questo caso, deve essere convocata una apposita assemblea.

La revoca, però, può essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal quarto comma dell'articolo 1131 c.c. (cioè quando l'amministratore non comunica all’assemblea un'azione proposta da terzi), se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità. In tale ipotesi, anche il singolo condomino può agire, pur senza il consenso di una maggioranza assembleare.

In ogni caso, la legge prevede ora anche un'altra possibilità per il singolo condomino, quella di chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all'amministratore, nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal numero 3) dell'undicesimo comma (mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale).

Se l'assemblea non raggiunge la maggioranza necessaria alla revoca, il condomino ha ancora il diritto di rivolgersi all'autorità giudiziaria per ottenere la revoca da parte del giudice (se risulta vittorioso, il ricorrente può rivalersi sul condominio per le spese legali, e il condominio a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato).

Si dovrà, quindi, valutare se l'amministratore si è reso colpevole di uno dei comportamenti sanzionati dalle norme sopra richiamati e chiederne quindi la revoca, anche in via giudiziale, se non c'è accordo sul punto con gli altri condomini.

Quanto alle tabelle millesimali, esse devono essere necessariamente approvate dall'assemblea, se non già predisposte dal costruttore.
La giurisprudenza è ormai concorde nel richiedere solo la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma secondo, c.c., ossia che la delibera sia approvata da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in sede di assemblea condominiale e almeno la metà del valore dell'edificio.
Quando la maggioranza non è raggiunta, si ritiene di regola (pur non esistendo una norma che lo preveda, nemmeno per i condomini con più di dieci partecipanti) che il singolo condomino abbia diritto di rivolgersi al Tribunale, convocando in giudizio il condominio, nella persona dell'amministratore. La ratio di tale facoltà sta nel fatto che quando i partecipanti ad un bene comune non trovano un accordo sulla suddivisione delle spese - sempre che non vi sia un regolamento contrattuale che già opera la ripartizione -, ciascuno ha diritto di adire il giudice per ottenere dei criteri di riparto obiettivi.

Francesco chiede
martedì 16/10/2012 - Marche
“Vorrei sapere se in un giudizio l'amministratore di condominio possa testimoniare in una causa dove ha interesse.

GRAZIE”
Consulenza legale i 20/10/2012

L'art. 246 del c.p.c. dispone che non possano essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio. Le persone in questione sono soggetti terzi, non parte della causa, ma che, in funzione di un interesse che li legittimerebbe alla causa, potrebbero diventare parti. Nelle cause che coinvolgono il condominio sussiste l'incapacità a testimoniare del condomino. Il suo interesse nel giudizio è diretto ed inesorabile. Inoltre, per ciò che concerne l'amministratore di condominio, giurisprudenza costante dà per scontato che l'incapacità concerna anche detta figura. Ciò riguarda, ovviamente, l'amministratore attuale, non certo l'ex amministratore, che non ha più alcun tipo di rapporto con il condominio.


Maurizio chiede
lunedì 19/03/2012 - Lazio
“gentili sig.
vi espongo una richiesta d’informazioni alquanto dubbiosa per tutti noi:
il nostro amministratore nel consegnarci il consuntivo del suo esercizio, relativo alla passata stagione, scaduto a fine aprile 2011, tra le spese addebitatici, ce ne sono alcune che non riusciamo a comprendere e precisamente svariate voci ripetute diverse volte con la dicitura:
SPESE DI SUPECONDOMINIO con un totale che si aggira sugli euro 8,500. Faccio presente che il nostro condominio si compone di 12 palazzine di 16 condomini.
ringraziandoVi della Vostra risposta che mi andrete a comunicami invio

distinti saluti
marinelli maurizio”
Consulenza legale i 20/03/2012

In tema di condominio degli edifici, per la validità della delibera di approvazione del bilancio, è sufficiente che la relativa contabilità sia tenuta dall'amministratore in modo da rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione. La mancata disponibilità della documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo da parte dei condomini comporta violazione, in capo all'amministratore, dell'obbligo di rendiconto e la conseguente invalidità della delibera di approvazione. Ciascun condomino, infatti, ha facoltà di ottenere dall'amministratore l'esibizione della documentazione contabile comprovante le spese indicate nelle varie voci del consuntivo, sempre che l'esercizio di tale potere non intralci l'attività amministrativa e non sia contrario ai principi di correttezza, ed i relativi costi siano assunti dai condomini istanti.


Maurizio chiede
lunedì 11/07/2011 - Lazio

“Egregi Signori
Torno a esporVi un quesito a mio punto di vista importante:
in data 26 giugno 2006 dal nostro primo amministratore sono stati approvati e deliberati alcuni lavori. Il più importante e significativo è la richiesta di installazione di dissuasori o dossi. Essendo la nostra una strada privata e senza uscita la notte e il giorno è divenuta una situazione insostenibile specie nel periodo estivo nel quale le finestre restano aperte. Nonostante i vari solleciti verbali da diversi condomini non si riesce ad avere quanto è stato deliberato e approvato. Per quanto esposto Vi chiedo se esistono strumenti o mezzi per obbligare l’attuale amministratore a eseguire quanto descritto e deliberato. Ringrazio della Vostra risposta che gentilmente mi comunicherete.
Con i migliori saluti
Maurizio”

Consulenza legale i 22/07/2011

In forza del rinvio operato dall’art. 1139 del c.c. alle norme sulla comunione in generale, nel caso di specie, trova senz’altro applicazione l’art. 1105 del c.c. quarto comma, in cui si legge “Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cos comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore”. Si applicano le norme dell’art. 737 del c.p.c. ed il ricorso va presentato alla volontaria giurisdizione del Tribunale competente.


Maurizio chiede
giovedì 13/01/2011

“Il nostro amministratore, finora ad ogni nostra segnalazione, afferma che non può eseguire interventi anche di urgenza (es. infiltrazioni di acqua piovana dal terrazzo condominiale) se la decisione non è preventivamente sottoposta all’approvazione dell'assemblea. Riteniamo che tale comportamento non sia veritiero. Ringrazio della risposta ed invio distinti saluti.”

Consulenza legale i 28/01/2011

L'art. 1135 del c.c. sancisce l'obbligo dell'amministratore di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente, dovendo poi riferirne nella prima assemblea.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9027 del 25 febbraio 2003, ha precisato che l’amministratore ha l’obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del neminem laedere, informando i condomini nella prima assemblea.


M. B. chiede
giovedì 24/10/2024
“Spett. Brocardi,
ho acquistato un immobile e abbiamo fatto il rogito in data 09.10.2024, al momento della trattativa vengo messo a conoscenza che nel mese settembre 2024 è stato sostituito l'amministratore e che in data 14.03.2023 l'assemblea condominiale approva la modalità di riparto e prospetto rateale di 10 rate inerenti lavori straordinari per rifacimento facciata per importo totale di 142.000,00 Euro, la quota del venditore è pari a 18.000,00Euro dei quali sono stati già pagati 3 rate, per importo complessivo di 5.000,00 euro, al precedente amministratore, il venditore salda la parte mancante con un assegno circolare di 13.000,00 Euro intestato al condominio consegnandolo al nuovo amministratore.
Al momento del rogito io ottengo le due liberatorie, una da parte del precedente amministratore che certifica che non c’è nulla da pagare per quanto riguarda gli oneri ordinari fino al 30.09.2024 e che sono state pagate le 3 rate inerenti i lavori straordinari deliberati il 14.03.23.
E l’atra liberatoria mi viene fornita dal nuovo amministratore dove certifica che il venditore salda la restante parte di Euro 13.000,00 inerenti i lavori straordinari con assegno circolare
In data 18/10/2024 viene convocata un’assemblea straordinaria con ordine del giorno presentazione del nuovo amministratore, dove vengo a conoscenza, solo in quel frangente che:
Era già stato incaricato, ad Agosto 2024, un Avvocato per una azione penale nei confronti del precedente Amministratore in quanto risultava vuoto il conto corrente adibito ai lavori straordinari, che non sono mai iniziati, dove all’interno dovevano esserci 37.000,00 Euro circa invece risultavano bonifici in entrata da parte dei condomini e successivamente prelievi bancomat.
E apprendo che la volontà dei condomini era quella di annullare la delibera del 14.03.23 inerenti il avori straordinari.
Le mie domande sono:
Erano tenuti, gli amministratori o il venditore, a dirmi che c’era un procedimento in corso nei confronti del precedente amministratore?
Se eventualmente la delibera viene annulla a chi verranno restituiti i 13.000,00 (più eventuali 5.000,00 qualora si riescono a recuperare) che sono stati pagati dal venditore, visto che l’immobile necessita di questi lavori straordinari e magari verranno proposti in un secondo momento con una nuova delibera?
Come mi consigliate di agire
Grazie”
Consulenza legale i 29/10/2024
Il n.9) dell’art.1130 del c.c. prevede espressamente che uno dei doveri dell’amministratore sia quello di: "fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso". Tale norma ha fatto in modo che si diffondesse sempre più nelle trattative per giungere alla vendita di immobili in condominio una prassi assolutamente virtuosa, in forza della quale, prima del perfezionamento della cessione di un appartamento, il venditore potesse pretendere dal suo acquirente una attestazione resa dall’amministratore sullo stato dei pagamenti degli oneri condominiali riconducibili alla unità immobiliare che ci si andrà ad acquistare da lì a poco, oltre che l’indicazione da parte del medesimo della esistenza di eventuali liti in corso. Questa prassi, anche se del tutto corretta, non deve trarre in inganno: l’amministratore è obbligato a rendere tali dichiarazioni solo ed esclusivamente al venditore, attuale proprietario dell’appartamento che ci si appresta a cedere, e quindi ancora condomino; l’amministratore, per tale motivo, non ha alcun obbligo nei confronti dell’acquirente. Quest’ultimo, infatti, non è ancora condomino (egli assumerà tale status solo dopo il perfezionamento del rogito notarile), e per tale motivo l’amministratore non può e non deve renderlo direttamente edotto della eventuale esistenza di liti in corso che coinvolgono la compagine condominiale.

Tale obbligo però incomberebbe sul venditore: egli, infatti, in forza del principio generale previsto dall’art. 1337 del c.c., durante la trattativa che porterà alla cessione del suo immobile ha il preciso obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede. Ciò implica – come chiarito dalla Cassazione – il "dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto" (Cass.Civ. sent. n. 19024/05). L'art. 1337 del c.c., quindi, è inevitabilmente violato se il futuro venditore omette di informare la controparte della esistenza di eventuali liti in corso che vanno a coinvolgere il condominio in cui è ricompreso l’unità immobiliare oggetto della trattativa.

Tale violazione non necessariamente comporta la possibilità di porre nel nulla la vendita che si è poi perfezionata da quella trattativa: certamente l’acquirente che non è stato adeguatamente informato dal suo venditore potrà però chiedere il risarcimento dei danni subiti che sono conseguenza immediata e diretta della omessa informazione. Ovviamente in caso di contenzioso sarà un preciso obbligo dell’acquirente provare durante il giudizio l’esistenza di tali danni e la loro consequenzialità con l’omessa informazione del venditore. È proprio sotto questo ultimo aspetto che la vicenda descritta nel quesito presenta il suo punto debole. Infatti, se è ben vero che vi è stato sicuramente una omessa informazione da parte del venditore, non pare, sulla base di quello che viene riferito nel quesito, che da tali comportamenti, seppur volutamente omertosi, sia derivato un danno per l’acquirente. Le spese condominiali per i lavori straordinari sono state infatti interamente corrisposte dal venditore: nessun esborso è stato fatto dall’autore del quesito. Al limite, in un potenziale contenzioso nei confronti del venditore per omesse informazioni durante la trattativa si potrebbe richiedere alla controparte il danno da deprezzamento dell’immobile acquistato: un conto infatti è il valore del bene dopo che i lavori condominiali di ristrutturazione sono stati puntualmente eseguiti, ma tale valore sarà sicuramente molto inferiore se il cespite è ricompreso in un condominio che necessita di rilevanti lavori di manutenzione straordinaria. Ad ogni modo, se lo si riterrà opportuno, la redazione rimane a disposizione per approfondire tale ulteriore aspetto in una consulenza ad hoc.

Una volta recuperati i denari sottratti dall’ex amministratore infedele (se sarà possibile farlo) essi dovranno rimanere nelle casse condominiali per fare in modo che i lavori straordinari già deliberati vengano effettivamente realizzati. Il venditore non avrebbe in questo senso alcun diritto di rimborso né nei confronti del condominio né nei confronti dell’acquirente: quando l’assemblea ha infatti deliberato la realizzazione di quei lavori straordinari era il venditore che rivestiva la qualifica di condominio: pertanto all’epoca, solo costui era obbligato a pagare tale somma al condominio.
In merito all'esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione delle parti comuni, la giurisprudenza più recente che si è occupata dell’argomento pare essersi attestata nel senso di ritenere comunque obbligato al pagamento degli oneri condominiali colui che era proprietario nel momento in cui dette spese furono deliberate (quindi, nello specifico colui che ha venduto il bene), anche se i lavori verranno poi materialmente eseguiti successivamente alla cessione dell’appartamento. In questo senso si può citare, ad esempio, Cass.Civ. Sez. 2 - , Ordinanza n. 19756 del 20/06/2022, Rv. 665005 – 01: "In tema di condominio negli edifici, non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, nè per il tramite del vincolo solidale di cui all'art. 63 disp. att. c.c., né attraverso la previsione dettata in tema di comunione ordinaria di cui all'art. 1104 c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l'obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali spese".
Il venditore tuttalpiù potrebbe avere un qualche diritto di rimborso nei confronti dell’acquirente, a condizione che tale possibilità venga espressamente convenuta dalle parti nel rogito di acquisto, ma questo non pare certamente essere avvenuto nel caso specifico.

U. P. chiede
giovedì 14/03/2024
“Buongiorno,
sono proprietario di un fondo commerciale in un condominio molto grande, costituito in parte da appartamenti e, minor misura, da fondi commerciali. All’interno di questo condominio è presente un’area destinata a parcheggio, ampia ma insufficiente per le necessità di tutti; all’interno di questa i posti non sono assegnati.
Storicamente l’accesso a quest’area era regolato nella misura di tre permessi per ciascun appartamento e di due per i fondi commerciali. Sulla base di questo ho affittato il fondo di mia proprietà e nel contratto, che è tuttora in vigore, erano previsti i due permessi di accesso.
Di recente l’assemblea condominiale, a maggioranza ma non all’unanimità, ha deliberato una stretta su questi permessi, che passeranno a due per gli appartamenti e a uno soltanto per i fondi commerciali.
La ditta locataria del mio fondo ha la necessità di avere i due permessi, e li reclama come da contratto. L’amministratore, interpellato, ha risposto picche a qualsiasi tentativo di soluzione del problema. È legittimo tutto questo? Quali alternative ci possono essere?
Grazie, cordiali saluti

Consulenza legale i 20/03/2024
Purtroppo, l’assemblea ha agito in maniera legittima e nell’ambito delle prerogative a lei conferitele dagli artt. 1130 e 1135 del c.c.
In questo senso l’orientamento della giurisprudenza è molto chiaro e assolutamente costante. Proprio in merito all’utilizzo di posti auto condominiali la Cassazione Sez. II con sentenza n. 12485 del 19.07.2012 ha statuito che: "… se la natura di un bene immobile oggetto di comunione non ne permette un simultaneo godimento da parte di tutti i comproprietari (come, per esempio, nel caso descritto n.d.r.), l'uso comune può realizzarsi o in maniera indiretta oppure mediante avvicendamento. Pertanto, l'assemblea, alla quale spetta il potere di disciplinare i beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, ben può stabilire, con deliberazione a maggioranza, il godimento turnario della cosa comune nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, non sia possibile l'uso simultaneo da parte di tutti i condomini, a causa del numero insufficiente dei posti auto condominiali".

Nel caso specifico, a fronte del fatto che l’area di parcheggio condominiale per ragioni di spazio non è in grado di garantire a tutti i condomini un simultaneo uso del bene, ben può l’assemblea a colpi di maggioranza deliberare regole per un suo uso turnario, il quale può avvenire anche con lo strumento dei permessi. Ovviamente nulla vieta che l’assise possa anche modificare le regole adottate in un primo momento, stabilendo nuove modalità di utilizzo più permissive o più restrittive.
Non possono essere opposte all'assemblea il fatto che un proprietario abbia assunto determinati obblighi contrattuali con il suo inquilino a proposito dell’utilizzo dell’area di parcheggio: ciò è assolutamente irrilevante per il condominio e i suoi organi, che rimangono liberi di adottare le decisioni che ritengono più opportune in merito.


Cliente chiede
venerdì 26/01/2024
“Salve vorrei dei chiarimenti per tre punti:
1) Il giorno 27.10.2022 al punto quattro dell’ordine del giorno (varie ed eventuali) è stato così riportato: l’assemblea invita l’amministratore ad indire una assemblea straordinaria al fine di individuare il professionista a cui affidare l’incarico per la redazione di un capitolato per il rifacimento delle facciate. Tutti i condomini sono invitati a individuare un professionista di loro gradimento che fornisca un preventivo.
Successivamente In data 19.05.2023 è stata indetta una nuova l’assemblea ordinaria e straordinaria con il seguente ordine del giorno:
- Deliberazione di esecuzione lavori facciate , terrazze, scale e androne del fabbricato e illustrazione del capitolato;
- Deliberazione sulle modalità di pagamento ed inizio dello stesso nonchè sui tempi delle opere.
L’amministratore ha allegato alla convocazione, un capitolato redatto da un professionista di sua fiducia , che ha presenziato anche alla convocazione. Nessun altro condomino ha presentato proposte di alcun tipo in quanto non richieste nella convocazione, ed è stato approvato (con delle riserve che una commissione di condomini dovrà sciogliere) quello presentato dall’amministratore. Si fa presente inoltre che per il momento non è stato costituito un fondo speciale. E’ regolare quello che ha fatto l’amministratore ? Io ho comunque contestato la decisione scrivendolo sul verbale.
2) Abbiamo fatto dei lavori straordinari nel condominio tra cui la messa in sicurezza degli intonaci di due facciate. La spesa comunque è notevole. Possiamo scaricarla?
3) Abbiamo affittato dal 2007 l’appartamento condominiale con un contratto che prevede l’adeguamento in caso di inflazione, ma a tutt’oggi dopo 15 anni l’affitto è aumentato solo del 0,4%. L’assemblea in questi anni ha comunque approvato la cifra riportata nel consuntivo spese. Dobbiamo rivalerci nei confronti dell’amministratore per il mancato guadagno?.

Si rimane in attesa di un cenno di riscontro . Cordiali saluti”
Consulenza legale i 05/02/2024
Punto n. 1)
Sulla base di quanto descritto il comportamento dell’Amministratore non presenta allo stato attuale particolari criticità.
Innanzitutto, rientra nelle prerogative dell’amministratore quello di raccogliere preventivi di ditte di sua fiducia per l’esecuzione dei lavori in condominio. Nulla vieta che anche i proprietari procedano ad individuare e a proporre in assemblea ditte di loro gradimento, ma a quanto pare, nonostante quanto deciso il giorno 27.10, nessun condomino si è preso la briga di procedere in questo senso, lasciando all’amministratore l’onere di occuparsi della cosa. Nella successiva riunione del 19.05. 2023 quindi si è proceduto ad esaminare l’unico preventivo presente elaborato dalla ditta individuata dall’ amministratore.
A quanto pare, in quella seconda riunione l’assemblea non ha preceduto a conferire immediatamente il mandato alla impresa individuata: una commissione di condomini dovrà “sciogliere alcune riserve” sul preventivo presentato.

Ovviamente una sottocommissione di condomini non ha alcun potere di approvare il preventivo dei lavori in sostituzione della assemblea: se così fosse, quanto deciso sarebbe gravemente nullo e privo di valore. Le decisioni prese dalla sottocommissione dovranno quindi essere ratificate dalla assemblea generale in una apposita riunione convocata ad hoc dall’ amministratore secondo le norme di legge. In questa terza riunione, che con ogni probabilità conferirà l’incarico definitivo alla impresa, l’assemblea dovrà anche deliberare sulle modalità di pagamento dei lavori e, ai sensi del n.4) dell’art. 1135 del c.c., sulla costituzione di un fondo speciale di un importo pari all’ammontare dei lavori. La costituzione di detto fondo speciale è condizione di validità della delibera da adottarsi, in mancanza del quale quanto deciso sarebbe nullo.
Allo stato attuale non si è verificata alcuna nullità a proposito della costituzione del fondo speciale previsto dalla legge in quanto l’assemblea con le due riunioni precedenti non pare aver preso una decisione definitiva e vincolante.

Punto n. 2)
Per rispondere al secondo quesito si specifica che per alcuni interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali, spetta la detrazione pari al 50% delle spese sostenute entro il 31.12.2024 con un limite massimo di spesa di euro 96.000,00 da ripartirsi in 10 anni. Non è più esistente per le spese sostenute nel 2023 e nel 2024 la possibilità di avvalersi del “bonus facciate”. Sulle opere effettuate sulle parti comuni dei condomini le detrazioni spettano a ogni singolo condomino in base alla quota millesimale di proprietà, salvo sia disposto diversamente a norma dell’art. 1123 e seguenti del c.c. Si potrà usufruire del beneficio fiscale con riferimento all’anno di effettuazione del bonifico da parte dell’amministratore del condominio; a tal proposito lo stesso amministratore deve rilasciare una certificazione dalla quale deve risultare l’ammontare delle spese sostenute nell’anno di riferimento e la quota parte imputabile a ciascun condomino.

Ai sensi dell’art. 16 bis del TUIR 1 comma lett. a), gli interventi sulle parti comuni che godono della detrazione fiscale sono quelli indicati alle lettere a), b), c) e d) dell’art. 3 DPR 680/2001 e cioè quelli di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia. In generale per quanto riguarda gli interventi sulle parti condominiali sono lavori che godono di agevolazione fiscale quelli effettuati sui muri esterni (che siano in riferimento al rifacimento della facciata/parete esterna, che siano in riferimento a intonaci e tinteggiatura esterna, che siano in riferimento alla riparazione o rifacimento dei muri esterni di contenimento) purchè gli stessi siano effettuati con materiali e colori uguali a quelli preesistenti. Pertanto, nella misura in cui il lavoro di messa in sicurezza degli intonaci sia stato effettuato mantenendo materiali e colori preesistenti, si ritiene si tratti di un intervento agevolabile.

Punto n. 3)
Diversamente dal punto n.1, in questo caso le censure sull’ operato dell’amministratore appaiono più severe.
Il n.3) dell’art 1130 del c.c. prevede che uno dei doveri attinenti allo svolgimento dell’ufficio di amministratore di condominio sia quello di curare la riscossione dei contributi; il successivo n.4) del medesimo articolo precisa, inoltre, come l’amministratore debba compiere tutti gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio. Dalla semplice lettura di tali due norme se ne ricava come l’amministratore sia obbligato a curare la corretta riscossione di tutti i crediti vantati dal condominio, anche quelli, come nel caso descritto, derivati da contratti locazione aventi ad oggetto parti comuni dell’edificio. Tali crediti, infatti, non sono altro che frutti civili prodotti dai cespiti condominiali messi a reddito a seguito di una decisione adottata dai proprietari in sede assembleare.

Ovviamente affinché tale obbligo possa considerarsi puntualmente adempiuto da parte del professionista, è necessario che egli si accerti che il canone di locazione venga regolarmente e puntualmente corrisposto nelle casse condominiali nella misura e con le modalità contrattualmente pattuite, come è parimenti necessario che l’amministratore solleciti all’ inquilino l’adeguamento istat del canone di locazione, se le clausole contrattuali lo prevedono.

Se quindi si verifica un inadempimento parziale nel pagamento del canone l’amministratore è obbligato ad attivarsi per tutelare le ragioni del condominio da lui amministrato, anche dando specifico mandato ad un legale, tra l’altro senza che per fare ciò sia obbligato a procurarsi una preventiva autorizzazione della assemblea.
Se l’amministratore ha omesso di pretendere l’aggiornamento istat al conduttore dell’appartamento comune facendo decadere il condominio dal diritto di poterlo pretendere egli sta compiendo un inadempimento dei doveri riconducibili al suo ufficio che possono giustificarne la revoca (anche per mezzo di intervento del giudice) ed eventualmente un risarcimento del danno per la perdita patrimoniale subita.

Sotto questo ultimo aspetto, tuttavia, si avrebbe bisogno di ulteriori elementi per capire se questo ipotetico contenzioso possa reggere il vaglio di un giudice e in quali termini possa essere proposto.
Se ad esempio l’amministratore si è accordato con l’inquilino per non procedere all’aumento ISTAT e di questo accordo è stata resa edotta l’assemblea che lo ha di fatto approvato con l’approvazione del rendiconto, difficilmente potranno essere mosse all’amministratore delle censure relativamente al mancato incasso del canone per gli anni più remoti.


C. F. chiede
lunedì 07/11/2022 - Campania
“Siccome, nel mese di agosto 2022, l'assemblea del mio condominio ha approvato i lavori per accedere al superbonus 110 ed è stato deciso di procedere solo con la cessione del credito ( senza prendere in considerazione lo sconto in fattura) cortesemente volevo sapere se ci sono i presupposti per impugnare tale delibera perché io sono intenzionato a chiedere lo sconto in fattura e non la cessione del credito.
Preciso che io ho chiesto di non eseguire interventi trainati sulle mie parti private e quindi dovrò partecipare solo per la mia quota relativa agli interventi trainanti sulle parti comuni. Inoltre dall'approvazione della citata delibera e dalla notifica, della stessa delibera, nei miei confronti sono trascorsi più di trenta giorni e che io non ho espresso il mio voto perché ero assente.
L'eventuale impugnazione quindi sarà solo per motivi di NULLITÀ.
L'assemblea mi può obbligare a procedere con la cessione del credito?
Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 10/11/2022

Uno dei principi caposaldo del diritto condominiale dice che l’assemblea è competente a deliberare ex art 1135 del c.c. solo su questioni attinenti alle parti comuni dell’edificio, non potendo in alcun modo incidere sui diritti soggettivi rientranti nella sfera giuridica dei singoli proprietari.
Nel caso specifico, la assemblea del condominio di cui fa parte l’autore del quesito è sicuramente competente nel deliberare la realizzazione di determinati lavori sulle parti comuni dell’edificio per un determinato importo e ad individuare la ditta appaltatrice che eseguirà i lavori. Tuttavia l’assemblea non può decidere a colpi di maggioranza con quali modalità un determinato proprietario potrà usufruire di una determinata agevolazione fiscale (il bonus 110%) a cui il condominio nel suo complesso del tutto legittimamente ha deciso di aderire: tale questione, infatti, è un diritto soggettivo del singolo proprietario ed è solo lui che può compiere le scelte conseguenti, non certo l’assemblea a maggioranza.

Questo aspetto è tenuto ben presente anche dalla stessa Agenzia delle Entrate la quale con la circolare n. 24 dell’08.08.2020 ha chiarito: "In particolare, per interventi sulle parti comuni degli edifici, non è necessario che il condominio nel suo insieme opti per lo sconto in fattura o per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante. Infatti, alcuni condomini potranno scegliere di sostenere le spese relative agli interventi e beneficiare così della detrazione, mentre altri potranno optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito".

Entra quindi in gioco il ruolo dell’amministratore di condominio il quale ai sensi del n. 5 dell’art. 1130 del c.c. è tenuto a compiere tutti gli adempimenti fiscali, anche attinenti alle varie agevolazioni edilizie previste dall’ordinamento.
In forza di tale obbligo dovrà essere quindi l’amministratore a raccogliere le scelte dei singoli condomini tra lo sconto in fattura o la cessione del credito. Sarà l’amministratore a gestire il totale della quota parte di detrazione cedibile a terzi su volontà espressa dei condomini e richiedere ai fornitori di acquistare il credito concedendone il relativo sconto in fattura per la somma equivalente alla detrazione di quei condomini che prediligono lo sconto immediato.

La delibera data in visione quindi è perfettamente legittima e non necessita di alcuna impugnazione, in quanto ciò che viene stabilito in merito alla fruizione del bonus 110% è del tutto irrilevante per chi non era presente alla riunione, potendo al massimo avere un significato, comunque allo stato attuale non ancora vincolante, per chi era presente alla riunione del 20.08. Invece, è importante verificare che l’amministratore compia diligentemente il suo dovere e permetta a ciascun proprietario di compiere la scelta che ritiene più consona in merito alla modalità di fruizione del bonus fiscale.
E' quindi opportuno rivolgersi direttamente all’amministratore per mezzo di comunicazione scritta a facendo a lui presente il desiderio di usufruire del bonus 110% attraverso lo sconto in fattura e quindi verificare direttamente sotto questo aspetto le sue intenzioni.



G. C. T. chiede
sabato 29/10/2022 - Sardegna
“Vorrei sapere se il seguente è l'unico modo di procedere legalmente per fare il rendiconto condominiale: prima si fa il registro di contabilità che equivale al c.c. bancario in quanto tutte le entrate e uscite devono passare per esso, poi il riepilogo finanziario (del registro di contabilità) la cui somma delle entrate e uscite corrispondono a quelle del c.c. bancario. Infine in fine la nota esplicativa che descrive i debiti e i crediti e le questioni pendenti. In sostanza è vero o no che le somme delle entrate e delle uscite del rendiconto sono uguali a quelle del c.c. bancario? A me non interessa rendiconto di cassa o di competenza interessa sapere ciò che comanda la legge. Se c'è un altro modo di fare il rendiconto vorrei sapere l'articolo del codice che lo descrive. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 07/11/2022
Il rendiconto condominiale è il documento contabile contenente le voci di entrata e di uscita, nonché ogni altro elemento e/o informazione inerente alla situazione economico-finanziaria e patrimoniale del condominio, per la cui redazione devono osservarsi stringenti principi, al fine di garantire la massima trasparenza e coerenza nella gestione condominiale.
Il riferimento normativo in materia di rendiconto condominiale è rappresentato dall’art. 1130 bis del c.c., che stabilisce espressamente che il bilancio si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti (in senso analogo anche, Tribunale di Catania, 12 aprile 2017).
Con riferimento al conto corrente condominiale, occorre rilevare che la legge di riforma condominiale (Legge 11 dicembre 2012, n. 220) ha sensibilmente modificato la normativa previgente in materia di gestione delle finanze in condominio, stabilendo all’art. 1129 del c.c. che l’amministratore ha l’obbligo di far transitare tutte le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché le uscite a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.
In altri più specifici termini, per effetto della riforma condominiale, qualsivoglia entrata imputabile al condominio (ad esempio quote condominiali) e uscita (pagamento dell’impresa di pulizie) deve avere chiara evidenza nel conto corrente condominiale.
L’obiettivo della riforma è chiaro: evitare pagamenti in contanti non tracciabili.
Chiarito tale preliminare aspetto, in merito al rapporto intercorrente fra il rendiconto e il conto corrente bancario o postale del condominio, è importante rilevare come questo debba fondarsi su una perfetta coerenza.
Ciò con specifico riferimento alla parte del rendiconto rappresentata dal registro della contabilità.
Come rilevato, una parte importante del rendiconto condominiale è rappresentata dal registro di contabilità ove, ai sensi dell’art. 1130 del c.c. sono annotati in ordine cronologico “i singoli movimenti in entrata ed in uscita”, ovverosia tutte le entrate e le uscite entro trenta giorni dall’effettuazione.
Il registro di contabilità è, dunque, un documento di natura continuativa di tutti i movimenti finanziari, che devono essere numerati e datati, secondo un ordine cronologico, con apposita indicazione della data di effettuazione e di registrazione dell’operazione, nonché l’indicazione dell’importo.
Occorre inoltre precisare che nel registro di contabilità confluiscono tutte le movimentazioni, sia quelle effettuate tramite mezzi tracciabili e individuabili nel conto corrente bancario o postale, sia quelle effettuate in contanti (a mero titolo esemplificativo eventuali quote condominiali versate dai condomini nei limiti stabiliti dalla legge o l’acquisto di beni o servizi di modico valore).
Ciò significa che, se nel conto corrente bancario o postale le entrate e le uscite hanno evidenza analitica, ovverosia sono annotate singolarmente, si ha perfetta coincidenza con il registro di contabilità che, come rilevato, per legge prevede l’annotazione dei singoli movimenti di entrata e in uscita. Allorquando tale annotazione bancaria non segua il criterio analitico (a esempio nel caso di quote condominiali versate in contanti da più condomini nei limiti stabiliti dalla legge e versate in una unica soluzione dall’amministratore nel conto corrente bancario o postale del condominio) si realizza una perfetta coincidenza solo a livello di saldo tra il registro di contabilità e conto corrente bancario o postale, ma non con riferimento alle specifiche movimentazioni.
È bene precisare che il denaro contante, ricevuto dai condomini e non versato sul conto corrente bancario o postale (casistica ormai rara), deve confluire e deve essere gestito in una “cassa contanti” gestita dall’amministratore.
In presenza di tale cassa contanti, al termine della gestione, il saldo del registro di contabilità deve coincidere con la somma del saldo del conto corrente bancario o postale e del saldo del conto cassa contanti.
In tal modo si realizza una coincidenza dei movimenti e dei saldi di conto corrente con le registrazioni effettuate nel registro di contabilità.
Ne deriva che nella situazione patrimoniale inclusa nel rendiconto condominiale, a fine gestione, è riportato il saldo finale di cassa (composto dal saldo di conto corrente bancario o postale e l’eventuale cassa contanti) dato dalla sommatoria del saldo iniziale di cassa a cui si aggiungono i movimenti di entrate e uscita effettuati nell’anno.
Alla luce di tali considerazioni non sussistono modalità alternative alla redazione e composizione del rendiconto condominiale, rispetto a quelle indicate dal codice civile e sopra delineate.
Con riferimento al tema della corrispondenza fra conto corrente e rendiconto, si precisa che, indipendentemente dal criterio adottato nella redazione del bilancio (criterio di cassa o criterio di competenza), principi di correttezza e trasparenza impongono che, a fine gestione, il saldo del conto corrente, indicato nella situazione patrimoniale del rendiconto condominiale, in cui sono riportati tutti gli incassi e gli esborsi effettivamente sostenuti nel corso dell’anno, così come riportati nel registro di contabilità, coincida con le movimentazioni bancarie.
Da ultimo si ritiene importante precisare che, da un punto di vista operativo, al fine di evidenziare gli effettivi costi sostenuti nel corso della gestione da parte del condominio è necessario ragionare con il criterio della competenza economica. Tale principio prevede la presentazione delle entrate e delle spese di competenza della gestione a prescindere dalla loro manifestazione finanziaria (incassi e pagamenti). Con tale modalità è possibile, infatti, determinare l’imputazione dei costi per i servizi resi al condominio e, dunque, la corretta attribuzione delle spese tra i diversi condomini e tra una gestione e l’altra. Tale modus operandi consente inoltre di rappresentare in maniera precisa i costi consuntivati nel corso della gestione e valutare quindi eventuali variazioni (in aumento o diminuzione) tra una gestione e l’altra, determinando quindi l’effettivo conguaglio di gestione (differenza tra quanto preventivato e quanto effettivamente speso). Solo attraverso questo esercizio sarà possibile determinare quanto effettivamente ciascun condomino è tenuto a contribuire, attraverso il pagamento delle rate condominiali, alla gestione del condominio.
Resta inteso che i costi di gestione non ancora pagati e i proventi (rate dei condomini o eventuali proventi derivanti da rimborsi o locazione di spazi condominiali) della gestione non ancora incassati verranno rappresentanti rispettivamente come debiti e crediti della gestione nella situazione patrimoniale del rendiconto condominiale.

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