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Articolo 1668 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Contenuto della garanzia per difetti dell'opera

Dispositivo dell'art. 1668 Codice Civile

Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore(1), oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno(2) nel caso di colpa(3) dell'appaltatore [1223].

Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto(4).

Note

(1) L'eliminazione del difetto rappresenta una eccezionale ipotesi di azione di adempimento, generalmente non prevista dal nostro ordinamento (v. 1512 c.c.).
(2) Ad esempio, il committente può subire un danno dal ritardo nella consegna e dalla connessa necessità di procurarsi temporaneamente altrove la medesima opera.
(3) Dalla formulazione della norma sembra doversi dedurre che la colpa sia necessaria ai soli fini del risarcimento del danno, per cui il committente potrebbe non esservi tenuto se dimostra, appunto, che il danno non dipende da sua colpa (1218 c.c.). Secondo altri la colpa deve essere riferita all'intera garanzia, per cui è necessario che sussista anche per legittimare la riduzione del prezzo e l'esatto adempimento.
(4) Anche tale comma è espressione del principio di conservazione del contratto in quanto restringe la possibilità di risoluzione rispetto all'azione generale (1453 c.c.).

Ratio Legis

Nel caso di appalto il legislatore consente che il committente, oltre che la risoluzione del contratto e la riduzione del prezzo (v. 1492 c.c.), possa agire per l'eliminazione dei vizi: questo, che è espressione del più generale principio di conservazione del contratto, si spiega in quanto la natura dell'opera può giustificare che essa non sia totalmente rifiutata e nemmeno accettata nello stato in cui si trova (ad esempio un immobile: per il committente potrebbe essere inutilizzabile se non conforme alle regole dell'arte ma egli potrebbe non voler attendere tempi lunghi per farlo edificare da altri).

Spiegazione dell'art. 1668 Codice Civile

Diritti del committente

Nel caso in cui vien chiesto il rifacimento, la eccessività della richiesta può nuocere al committente nel senso di diminuire la ragione del danno risarcibile. Il codice infatti ammette, tanto nel caso di rifacimento quanto in quello di riduzione di prezzo, il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore: ora la misura del risarcimento può essere diminuita qualora l'assuntore provi vittoriosamente che, pur in presenza di una sua colpa, il danno poteva attenuarsi senza le eccessive pretese del committente.

È da dire tuttavia che qui entriamo in un campo delicato ove l'indagine deve procedere con molta cautela. Il codice non specifica quale sia il danno risarcibile, e per quanto si possa ammettere che nell'ampia dizione siano compresi anche i danni indiretti (si pensi nella costruzione di un palazzo ai mancati affitti per il periodo intercedente tra la data di consegna fissata in contratto e quella effettiva ritardata a causa di rifacimento) tuttavia un limite si impone e tale limite sarà naturalmente cercato dal giudice tenendo conto dell' importanza dei difetti in rapporto all'importanza della costruzione e anche tenuto conto della possibilità di una loro riparazione più o meno pronta a seconda della maggiore o minore legittima arrendevolezza delle due parti.

Se le difformità o i vizi siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione il committente può chiedere la risoluzione del contratto.
Il punto essenziale da chiarire è quello concernente il giudizio dell'inettitudine dell'opera costruita. Trattandosi di giudicare una circostanza di fatto, l'elemento subiettivo sembrerebbe che dovesse esulare; riteniamo tuttavia che il giudice non possa prescindere anche dalla considerazione dalla quale era stato mosso il committente nell'ordinare l'opera e dal giudizio che egli si è formato dell'opera compiuta in difformità alle sue intenzioni e prescrizioni.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

479 Poiché il progetto non determinava quale fosse il contenuto della garanzia dell'appaltatore per i vizi e difformità dell'opera, ho predisposto una norma (articolo 543) nella quale sono compiutamente disciplinati i vari aspetti della garanzia.
Il principio generale è che l'appaltatore deve eliminare a proprie spese il vizio o la difformità, a meno che il committente non ritenga di chiede una proporzionata riduzione del prezzo. Ma, se i difetti dell'opera sono gravi al punto da rendere del tutto inadatta la cosa all'uso normale cui è destinata, all'uso eventualmente dedotto in contratto, e non possono essere eliminati, allora il committente può legittimamente rifiutare l'opera, con la conseguenza della restituzione del prezzo che sia stato eventualmente pagato.
In entrambe le ipotesi il committente avrà diritto di essere risarcito dei danni se l'appaltatore era in colpa.

Massime relative all'art. 1668 Codice Civile

Cass. civ. n. 7267/2023

In tema di garanzia per difformità e vizi nell'appalto, una volta che l'opera sia stata accettata senza riserve dal committente, anche "per facta concludentia", spetta a quest'ultimo, che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate e, qualora essi risultino provati, si presume la colpa dell'appaltatore, al quale spetta, in base alle regole generali sulla responsabilità del debitore, non solo dimostrare di avere adoperato la diligenza e la perizia tecnica dovute, ma anche il fatto specifico, a lui non imputabile, che abbia causato il difetto

Cass. civ. n. 7041/2023

In tema di inadempimento del contratto d'appalto, laddove l'opera risulti ultimata, il committente, convenuto per il pagamento, può opporre all'appaltatore le difformità ed i vizi dell'opera, in virtù del principio "inadimpleti non est adimplendum" al quale si ricollega la più specifica disposizione dettata dal secondo periodo dell'ultimo comma dell'art. 1667 c.c., analoga a quella di portata generale di cui all'art. 1460 c.c. in materia di contratti a prestazioni corrispettive, anche quando la domanda di garanzia sarebbe prescritta ed, indipendentemente, dalla contestuale proposizione, in via riconvenzionale, di detta domanda, che può anche mancare, senza pregiudizio alcuno per la proponibilità dell'eccezione in esame.

Cass. civ. n. 31378/2022

In caso di vizi delle opere eseguite in virtù di contratto di appalto, dal rifiuto opposto dal committente all'impegno assunto dall'appaltatore, dopo la consegna delle opere, di eliminazione dei difetti, il giudice non può far discendere automaticamente l'esigibilità del credito di quest'ultimo dovendo, piuttosto, valutare comparativamente il comportamento delle parti ed accertare se sia contraria a buona fede la mancata cooperazione del committente rispetto al rimedio proposto dall'appaltatore, alla stregua tanto delle obbligazioni principali del contratto di appalto, quanto di quelle collaterali di collaborazione e, comunque, considerando che il committente non può dirsi obbligato ad adempiere se non dopo l'effettiva esecuzione dell'intervento diretto ad eliminare i difetti e le difformità dell'opera.

Cass. civ. n. 21188/2022

A differenza della vendita, di cui può essere chiesta la risoluzione, ex art. 1490 c.c., quando i vizi della cosa venduta siano tali da diminuire in modo apprezzabile il suo valore, la disciplina dettata dell'art. 1668 c.c., in materia di appalto, consente al committente di chiedere la risoluzione del contratto soltanto nel caso in cui i difetti dell'opera, incidendo in modo notevole sulla struttura e sulla funzionalità della stessa, siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione oggettiva ovvero all'uso particolare cui debba essere specificamente destinata in base al contratto, autorizzandolo, invece, a richiedere a sua scelta uno dei provvedimenti di cui al primo comma dell'art. 1668 c.c. nel caso in cui i vizi e le difformità siano facilmente eliminabili, salvo il risarcimento del danno in caso di colpa dell'appaltatore.

Cass. civ. n. 19343/2022

Il semplice riconoscimento dei vizi e delle difformità dell'opera da parte dell'appaltatore implica la superfluità della tempestiva denuncia da parte del committente, ma da esso non deriva automaticamente, in mancanza di un impegno in tal senso, l'assunzione in capo all'appaltatore dell'obbligo di emendare l'opera, che, ove configurabile, è una nuova e distinta obbligazione soggetta al termine di prescrizione decennale; ne consegue che il predetto riconoscimento non impedisce il decorso dei termini brevi della prescrizione previsti in tema di appalto.

Cass. civ. n. 11606/2022

In tema di responsabilità dell'appaltatore per difetti di costruzione di un immobile condominiale, ai sensi degli artt. 1667 e 1668 c.c., la relativa azione, di natura contrattuale, spetta soltanto al committente, ossia ai singoli condòmini, nei cui confronti l'appaltatore si è obbligato, con esclusione della solidarietà attiva, sicché, se ad agire in giudizio è il singolo condòmino, egli, in difetto di un idoneo titolo negoziale preesistente legittimante la rappresentanza comune, può ottenere, con riferimento ai danni delle parti comuni, il risarcimento corrispondente alla sua quota parte sull'intero, spettando invece ai singoli proprietari la legittimazione ad agire per il risarcimento dei danni provocati agli immobili di proprietà esclusiva, con esclusione del litisconsorzio necessario.

Cass. civ. n. 8432/2022

In materia di appalto, atteso che il committente può chiedere in via alternativa, ex art. 1668 c.c., l'eliminazione delle difformità o dei vizi dell'opera a spese dell'appaltatore o la riduzione del prezzo, la quale postula la verifica che l'opera eseguita abbia un valore inferiore a quello che avrebbe avuto se realizzata a regola d'arte, la domanda di riduzione del prezzo deve ritenersi ricompresa nella domanda di reintegra in forma specifica, sicchè il rigetto della seconda comporta l'inequivoco rigetto anche della prima, ancorchè dichiaratamente proposta in via subordinata; ne consegue che non sussiste il vizio di omessa pronuncia qualora il giudice, rigettata la domanda di eliminazione delle difformità o dei vizi, per intervenuta prescrizione, abbia evitato di pronunciarsi sulla domanda di riduzione del prezzo.

Cass. civ. n. 23291/2021

Nel contratto di appalto il committente, che lamenti difformità o difetti dell'opera, può a sua scelta richiedere l'eliminazione delle difformità o dei difetti dell'opera a spese dell'appaltatore ex art. 2931 c.c., con ulteriore ed alternativa istanza di risarcimento per equivalente subordinatamente alla mancata esecuzione specifica, ovvero domandare direttamente la riduzione del prezzo. Ne consegue che, mentre il risarcimento per equivalente può essere chiesto solo quando sia stata proposta la domanda per l'eliminazione dei difetti, essendo ancorato al costo necessario per la loro eliminazione, viceversa, ove la domanda abbia ad oggetto solo la riduzione del prezzo, l'entità del risarcimento è costituita esclusivamente dalle spese già sostenute per rifare l'opera.

Cass. civ. n. 17453/2021

Nel caso di risoluzione dell'appalto per totale inesecuzione del contratto da parte dell'appaltatore, il risarcimento dovuto al committente, liberato dall'obbligo del pagamento del prezzo, non può comprendere l'intero corrispettivo dal committente medesimo sostenuto per procurarsi, mediante la conclusione di un altro appalto, la stessa utilità perseguita con il contratto risolto, ma solo la differenza fra l'importo pattuito con l'appaltatore inadempiente ed il maggior costo sopportato per la stipulazione di un contratto maggiormente oneroso. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 01/02/2018).

Cass. civ. n. 2037/2019

In tema d'appalto, la domanda di riduzione del prezzo in presenza di difetti dell'opera può essere proposta, in luogo di quella originaria di risoluzione per inadempimento, sia nel giudizio di primo grado sia in quello d'appello, giacché, essendo fondata sulla medesima "causa petendi" e caratterizzata da un "petitum" più limitato, non costituisce domanda nuova. Infatti, all'appalto non può essere esteso il principio, dettato per la vendita dall'art. 1492, comma 2, c.c., dell'irrevocabilità della scelta, operata mediante domanda giudiziale, tra risoluzione del contratto e riduzione del prezzo; inoltre, nel caso di inadempimento dell'appaltatore, il divieto di cui all'art. 1453, comma 2, c.c. impedisce al committente, che abbia proposto domanda di risoluzione, di mutare tale domanda in quella di adempimento, ma non anche di chiedere la riduzione del prezzo.

Cass. civ. n. 27640/2018

In tema di appalto, gli effetti recuperatori della risoluzione in ordine alle prestazioni già eseguite operano retroattivamente, in base alla regola generale prevista dall'art. 1458 c.c., verificandosi, per ciascuno dei contraenti ed indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempienza, una totale "restitutio in integrum". Ne consegue che, nel caso di risoluzione del contratto per colpa dell'appaltatore, quest'ultimo ha diritto, in detrazione alle ragioni di danno spettanti al committente, al riconoscimento del compenso per le opere effettuate e delle quali, comunque, il committente stesso si sia giovato.

Cass. civ. n. 21327/2018

La responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente per i difetti dell'opera a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c. non ammette esclusioni (salvo quelle dipendenti dall'accettazione senza riserve dell'opera e del venir meno della garanzia per effetto di decadenza) e neppure limitazioni, dato che l'art. 1668, comma 1, c.c. pone a carico dell'appaltatore tutte le conseguenze dell'inesatto adempimento, obbligandolo a sopportare, a seconda della scelta operata dal committente, l'onere integrale dell'eliminazione dei vizi, o la riduzione del prezzo, salvo il risarcimento del danno, senza alcun riguardo alla consistenza e al costo dei lavori di riparazione o alla misura massima della diminuzione del corrispettivo dell'appalto.

Cass. civ. n. 24305/2017

Nel contratto di appalto il committente, che lamenti difformità o difetti dell'opera, può richiedere, a norma dell'art. 1668, comma 1, c.c., che le difformità o i difetti siano eliminati a spese dell'appaltare mediante condanna da eseguirsi nelle forme previste dall'art. 2931 c.c., oppure che il prezzo sia ridotto e, in aggiunta o in alternativa, che gli venga risarcito il danno derivante dalle difformità o dai vizi. La prima domanda, infatti, che postula la colpa dell'appaltatore, è utilizzabile per il ristoro del pregiudizio che non sia eliminabile mediante un nuovo intervento dell'appaltatore (come nel caso di danni a persone o a cose, o di spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a fare eseguire direttamente); la seconda, che prescinde dalla colpa dell'appaltatore tenuto comunque alla garanzia, tende a conseguire un "minus" rispetto alla reintegrazione in forma specifica, della quale rappresenta il sostitutivo legale, mediante la prestazione della "eadem res debita", sicché deve ritenersi ricompresa, anche se non esplicitata, nella domanda di eliminazione delle difformità o dei vizi.

Cass. civ. n. 15846/2017

In tema di responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 c.c., il risarcimento del danno riconosciuto al committente per l'eliminazione dei difetti di costruzione dell'immobile può giungere a consentire la completa ristrutturazione di quest’ultimo, comportando tale responsabilità un'obbligazione risarcitoria per equivalente finalizzata al totale ripristino dell'edificio, e non una reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva condannato l’appaltatore a sostenere tutti i costi necessari per la definitiva eliminazione dei difetti, ancorché più elevati di quelli originariamente previsti per la realizzazione dell’opera).

Cass. civ. n. 3199/2016

In tema di appalto, l'art.1668 c.c., nell'enunciare il contenuto della garanzia prevista dall'art.1667 c.c., attribuisce al committente, oltre all'azione per l'eliminazione dei vizi dell'opera a spese dell'appaltatore o di riduzione del prezzo, anche quella di risoluzione del contratto, salvo il risarcimento del danno in caso di colpa dell'appaltatore; sicché, trattandosi di azioni comunque riferibili alla responsabilità connessa alla garanzia per vizi o difformità dell'opera e destinate ad integrarne il contenuto, i termini di prescrizione e di decadenza di cui al citato art. 1667 c.c. si applicano anche all'azione di risoluzione del contratto ex art. 1668, comma 2, c.c., atteso che il legislatore ha inteso contemperare l'esigenza della tutela del committente a conseguire un'opera immune da difformità e vizi con l'interesse dell'appaltatore ad un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni in ordine a un suo inadempimento nell'esecuzione della prestazione.

Cass. civ. n. 4161/2015

In tema di appalto, il committente, qualora esperisca i rimedi riparatori di cui all'art. 1668, primo comma, cod. civ., deve conseguire la medesima utilità economica che avrebbe ottenuto se l'inadempimento dell'appaltatore non si fosse verificato, la cui determinazione va commisurata - nei limiti del valore dell'opera o del servizio - al "quantum" necessario per l'eliminazione dei vizi e delle difformità ovvero al "quantum" monetario per cui gli stessi vizi e difformità incidono sull'ammontare del corrispettivo in denaro pattuito, e non può tradursi nell'acquisizione di una utilità economica eccedente.

Cass. civ. n. 1186/2015

In tema di appalto, quando sia richiesta l'eliminazione dei vizi per le opere già eseguite, ma non ancora ultimate, è esclusa l'operatività della speciale garanzia ex art. 1668 cod. civ., la quale presuppone il totale compimento dell'opera, mentre può essere fatta valere la comune responsabilità contrattuale ex artt. 1453 e 1455 cod. civ., non preclusa dalle disposizioni di cui agli artt. 1667 e 1668 cod. civ., in quali integrano, senza negarli, i normali rimedi in materia di inadempimento contrattuale.

Cass. civ. n. 19482/2014

In tema di appalto, l'art. 1668, primo comma, cod. civ., si interpreta nel senso che l'appaltatore ha l'obbligo di eseguire gli interventi di correzione e di riparazione dell'opera senza diritto ad alcun ulteriore compenso - salva la possibilità, per il committente, in caso di rifiuto del primo, di avvalersi del procedimento per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare - e non anche che i vizi debbono necessariamente essere eliminati da un terzo, ponendosi a carico dell'appaltatore il solo rimborso delle spese.

Cass. civ. n. 15563/2014

In materia di appalto, il committente può chiedere, in via alternativa ex art. 1668 cod. civ., l'eliminazione delle difformità o dei vizi dell'opera a spese dell'appaltatore o la riduzione del prezzo, la quale postula la verifica che l'opera eseguita abbia un valore inferiore a quello che avrebbe avuto se realizzata a regola d'arte. Ne consegue che non sussiste il vizio di extrapetizione o di omessa pronuncia qualora il giudice, richiesto di condannare l'appaltatore al pagamento della somma necessaria per eliminare i vizi dell'opera, abbia determinato il conseguente minor valore della stessa, in tal modo procedendo alla riduzione del prezzo.

Cass. civ. n. 15093/2013

Ai fini della risoluzione del contratto di appalto ex art. 1668 c.c., non è necessario che l'appaltatore sia stato previamente posto in condizione di eliminare i difetti, né che l'eventuale tentativo sia stato esperito senza esito, di guisa che è del tutto irrilevante che l'opera sia stata smantellata dal committente senza consentire all'appaltatore di emendarne i vizi o le difformità, considerato altresì che, per la dimostrazione dei vizi redibitori, non occorre una prova legale consistente in un esame tecnico dell'opera ancora in essere, ben potendone essere accertata l'inidoneità alla destinazione sua propria attraverso la prova storica.

Cass. civ. n. 19103/2012

In tema di appalto, il risarcimento del danno in caso di vizi dell'opera appaltata, rimedio alternativo ed autonomo rispetto alle tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall'art. 1668 c.c., e normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall'appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori, deve essere raccordato con la particolare natura dell' "opus" commissionato. Ne consegue che, se l'oggetto dell'appalto sia costituito dalla realizzazione di una "res", gli interventi emendativi si rapportano all'opera come sarebbe dovuta risultare, ove realizzata a regola d'arte; mentre, se oggetto dell'appalto sia l'esecuzione di un'attività sul bene del committente, alla luce dei medesimi criteri di proporzionalità tra oggetto dell'appalto e danno, il risarcimento non può concretarsi in un radicale intervento di ripristino della cosa (come avvenuto nella specie, per la messa a punto dei motori di un natante), facendo altrimenti conseguire al danneggiato una "res" qualitativamente migliore rispetto a quella anteriore, nella quale pure l'originario oggetto dell'appalto viene ricompreso.

Cass. civ. n. 16291/2012

Nel caso di risoluzione, per inadempimento dell'appaltatore, di un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un immobile su fondo del committente, è facoltà di quest'ultimo, il quale non ritenga di poter utilizzare il manufatto, chiedere la demolizione dello stesso ovvero il risarcimento del danno pari al costo dei lavori a tale scopo necessari. Se invece il committente intenda ritenere le opere, divenute di sua proprietà per accessione, e queste siano suscettibili di essere utilizzate, spetta all'appaltatore un compenso nei limiti in cui il medesimo committente abbia ricavato vantaggio, senza che trovi applicazione, nella specie, la preclusione del rimedio della risoluzione, prevista in tema di compravendita dall'art. 1492, terzo comma, c.c., per l'ipotesi in cui il compratore abbia alienato o trasformato il bene consegnato, dal momento che tale norma, dettando una peculiare disciplina relativa alla garanzia per i vizi della cosa venduta, non è espressione di un principio generale in materia di risoluzione del contratto.

Cass. civ. n. 26965/2011

In tema di appalto, la disciplina la disciplina dettata dell'art. 1668 c.c., in deroga a quella stabilita in via generale in materia di inadempimento del contratto, consente al committente di chiedere la risoluzione del contratto soltanto nel caso in cui i difetti dell'opera, incidendo in modo notevole sulla struttura e sulla funzionalità della stessa, siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione ovvero all'uso cui sia preordinata, non assumendo, al riguardo, rilevanza il profilo estetico dell'opera.

Cass. civ. n. 13983/2011

Nel caso in cui l'appaltatore non abbia portato a termine l'esecuzione dell'opera commissionata, restando inadempiente all'obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c., mentre la speciale garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l'opera sia stata portata a termine, ma presenti vizi, difformità o difetti. Ne consegue che, in caso di omesso completamento dell'opera, anche se questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme, non è comunque consentito, al fine di accertare la responsabilità dell'appaltatore per inesatto adempimento, fare ricorso alla disciplina dell'anzidetta garanzia che, per l'appunto, richiede necessariamente il totale compimento dell'opera.

Cass. civ. n. 8889/2011

In tema di appalto, il risarcimento del danno che si aggiunge alla risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1453, primo comma, e 1668 c.c., non può avere natura di reintegrazione in forma specifica; nel senso che non può essere richiesto il ripristino della situazione esistente anteriormente all'esecuzione del contratto e, contemporaneamente, anche la realizzazione di quella che sarebbe conseguita all'esatto adempimento del medesimo, determinandosi altrimenti un illegittimo duplice beneficio conseguente dalla restituzione di ciò che si è dato e dal conseguimento dell'utilità che l'adempimento avrebbe determinato.

Cass. civ. n. 6181/2011

Nel contratto di appalto il committente, che lamenti difformità o difetti dell'opera, può richiedere, a norma dell'art. 1668, primo comma, c.c., che le difformità o i difetti siano eliminati a spese dell'appaltare mediante condanna da eseguirsi nelle forme previste dall'art. 2931 c.c., oppure che il prezzo sia ridotto e, in aggiunta o in alternativa, che gli venga risarcito il danno derivante dalle difformità o dai vizi. La prima domanda, infatti, che postula la colpa dell'appaltatore, è utilizzabile per il ristoro del pregiudizio che non sia eliminabile mediante un nuovo intervento dell'appaltatore (come nel caso di danni a persone o a cose, o di spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a fare eseguire direttamente); la seconda, che prescinde dalla colpa dell'appaltatore tenuto comunque alla garanzia, tende a conseguire un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica, della quale rappresenta il sostitutivo legale, mediante la prestazione della eadem res debita, sicché deve ritenersi ricompresa, anche se non esplicitata, nella domanda di eliminazione delle difformità o dei vizi. 

Cass. civ. n. 936/2010

In tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali dettate dal legislatore attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell'opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all'art. 1667 c.c., ma non derogano al principio generale che governa l'adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, il quale comporta che l'appaltatore, il quale agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto, abbia l'onere - allorché il committente sollevi l'eccezione di inadempimento di cui al terzo comma di detta disposizione - di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte. 

Cass. civ. n. 24948/2007

In tema di appalto, il committente che, per difetti dell'opera, abbia esperito azione di risoluzione del contratto per inadempimento dell'appaltatore, può successivamente, sia in primo grado che in appello, modificare la domanda in quella di riduzione del prezzo. Infatti, non soltanto non è estensibile all'appalto il principio, dettato per la vendita dall'art. 1492, comma 2, c.c., dell'irrevocabilità della scelta, operata mediante domanda giudiziale, tra risoluzione del contratto e riduzione del prezzo; ma nel caso di inadempimento dell'appaltatore, il divieto posto dall'art. 1453, comma 2, c.c. impedisce al committente che abbia proposto domanda di risoluzione di mutare tale domanda in quella di adempimento, ma non anche di chiedere la riduzione del prezzo (domanda, questa, che non integra una domanda nuova rispetto a quella originaria di risoluzione perché fondata sulla stessa causa petendi e caratterizzata da un petitum più limitato).

Cass. civ. n. 9295/2006

In materia di appalto, la disciplina dettata dell'art. 1668 in tema di difetti dell'opera, in deroga a quella stabilita in via generale in tema di inadempimento del contratto, concede al committente la possibilità di domandare la risoluzione del contratto soltanto nel caso in cui i difetti dell'opera siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, mentre negli altri casi il committente può agire con le alternative azioni di eliminazione dei vizi o di riduzione del prezzo, soltanto nell'ottica del mantenimento del contratto. Pertanto, nel caso in cui il committente abbia domandato il risarcimento del danno in correlazione con la domanda di risoluzione e i difetti non siano risultati tali da giustificare lo scioglimento del contratto, la domanda di risarcimento non può essere accolta per difetto della causa petendi. 

Cass. civ. n. 9033/2006

La tutela apprestata al committente dall'art. 1668 c.c. si inquadra nell'ambito della normale responsabilità contrattuale per inadempimento e pertanto, qualora l'appaltatore non provveda direttamente alla eliminazione dei vizi e dei difetti dell'opera, il committente può sempre chiedere il risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla spesa necessaria alla eliminazione dei vizi, senza alcuna necessità del previo esperimento dell'azione di condanna alla esecuzione specifica.

Cass. civ. n. 3302/2006

Nel caso in cui l'appaltatore non abbia portato a termine l'esecuzione dell'opera commissionata, restando inadempiente all'obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli artt.1453 e 1455 c.c., mentre la speciale garanzia prevista dagli artt.1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l'opera sia stata eseguita, ma presenti vizi, difformità o difetti.

Cass. civ. n. 25921/2005

In tema di appalto, ai sensi dell'art. 1668 c.c. l'azione del committente per il risarcimento dei danni derivanti dai vizi dell'opera appaltata si aggiunge, nel caso di colpa dell'appaltatore, all'azione diretta alla eliminazione dei vizi a spese dell'appaltatore o a quella di riduzione del prezzo; infatti, tale azione riguarda il ristoro dei pregiudizi patrimoniali non realizzabile tramite l'esperimento dell'azione per la eliminazione dei vizi o di quella di riduzione del prezzo, in quanto concerne la lesione di interessi del committente tutelati dall'ordinamento, quali il danno a persone o a cose derivanti dai vizi o le spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a fare eseguire direttamente; pertanto, nell'ambito di tale azione risarcitoria rientrano i danni conseguenti al ridotto godimento dell'immobile di proprietà del committente riconducibili alla necessità di procedere ad interventi finalizzati alla eliminazione dei vizi dell'opera appaltata o ancora quelli relativi al ritardo nell'adempimento, essendo configurabile un pregiudizio derivante al committente dalla eventuale ridotta utilizzazione dell'appartamento conseguente all'ingiustificata protrazione dei lavori da eseguire rispetto ai termini pattuiti. 

Cass. civ. n. 8140/2004

Non configura domanda di adempimento del contratto di appalto in quanto tale proponibile soltanto dal committente della costruzione e non dall'acquirente della stessa, perché costui è un terzo rispetto a detto contratto la domanda con cui l'acquirente di un immobile, in base ai difetti costruttivi del medesimo, chiede la condanna del costruttore al pagamento delle somme necessarie per l'eliminazione di detti difetti, perché la domanda di eliminazione diretta degli stessi, ancorché proponibile anche dall'appaltatore nei confronti del committente, costituisce domanda di risarcimento del danno in forma specifica da responsabilità extracontrattuale e non domanda di adempimento del contratto di appalto.

Cass. civ. n. 5250/2004

La garanzia dell'appaltatore per le difformità ed i vizi dell'opera si configura non come una garanzia in senso tecnico, ma come un' esplicazione particolare della comune responsabilità per inadempimento, attuabile — a scelta del committente — con la riduzione proporzionale del prezzo o con l'eliminazione delle carenze a spese dell'appaltatore. Le due azioni non sono surrogabili l'una con l'altra, per cui se il committente non ha chiesto l'eliminazione dei vizio delle difformità, può essere disposta soltanto la riduzione del prezzo pattuito. L'appaltatore, quindi, non può chiedere di eseguire spontaneamente le opere necessarie per l'eliminazione dei vizi se la relativa domanda non è stata proposta dal committente, mentre può procedere alla detta eliminazione, prima della sentenza, se il committente ha chiesto la condanna dell'appaltatore al pagamento della somma occorrente.

Cass. civ. n. 12704/2002

In tema di appalto, il committente si trova, rispetto ai materiali acquistati dall'appaltatore presso terzi e messi in opera in esecuzione del contratto, in una posizione analoga a quella dell'acquirente successivo nell'ipotesi della c.d. vendita a catena, potendosi, conseguentemente, configurare, in suo favore, due distinte fattispecie di azioni risarcitorie: quella contrattuale (esperibile soltanto nei confronti del «venditore immediato» e cioè dell'appaltatore), in quanto, nonostante l'identità dell'oggetto e del contenuto delle rispettive obbligazioni, ciascuna vendita conserva la propria autonomia strutturale, sicché non è consentito trasferire nei confronti dei precedenti venditori l'azione risarcitoria dell'acquirente danneggiato (ciò che legittima, poi, l'appaltatore, in quanto rivenditore ultimo, ed ogni rivenditore precedente, a rivolgersi al proprio venditore per essere tenuto indenne di quanto versato al subacquirente ove quanto dovuto a quest'ultimo debba considerarsi parte integrante del danno subito per la violazione degli obblighi contrattuali assunti dal precedente venditore nei confronti di esso venditore successivo), quella extracontrattuale, con la quale il committente — destinatario finale dei materiali è legittimato a far valere, anziché la responsabilità contrattuale dell'appaltatore (in quanto proprio venditore, o in concorso con essa, relativa ai danni propriamente connessi all'inadempimento in ragione del vincolo negoziale, e deducibili con l'azione contrattuale ex art. 1668 — corrispondente, per l'appalto, a quella ex art. 1494, secondo comma, relativa alla compravendita —), quella aquiliana del fabbricante in ragione dei danni sofferti per i vizi dei materiali posti in opera in relazione a propri interessi sorti, e svolgentesi al di fuori del contratto di appalto (ed aventi, perciò, natura di diritti assoluti).

Cass. civ. n. 5632/2002

In caso di appalto in presenza di vizi costruttivi che non pregiudicano in assoluto la destinazione dell'opera, pur limitandone in modo notevole l'ordinario godimento, il committente può, ai sensi dell'art. 1668 c.c., agire nei confronti dell'appaltatore anche soltanto con l'azione di risarcimento del danno, (ossia senza chiedere la risoluzione del contratto).

Cass. civ. n. 5496/2002

In tema di appalto, qualora il committente, rilevata l'esistenza di vizi nell'opera, non ne pretenda l'eliminazione diretta da parte dell'esecutore del lavoro, chiedendo, invece, il risarcimento del danno per l'inesatto adempimento, il credito dell'appaltatore per il corrispettivo non viene messo in discussione e, di conseguenza, il relativo, mancato soddisfacimento dà luogo a condanna del committente al pagamento dello stesso.

Cass. civ. n. 886/2002

In tema di contratto d'appalto, l'indagine circa l'esistenza di difformità o vizi dell'opera tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione — ciò che, solo, legittima il committente a richiedere la risoluzione del contratto — va fatta in base a criteri obiettivi soltanto se le parti abbiano omesso ogni pattuizione al riguardo, dovendo, invece, essere compiuta in base a criteri soggettivi quando siano state dedotte, in contratto, particolari caratteristiche dell'opera stessa per assicurarne un impiego e/o un rendimento determinati.

Cass. civ. n. 1836/2000

In difetto di esecuzione, nel termine concesso dalla sentenza di condanna, di primo grado, all'appaltatore per eliminare i vizi e le difformità dell'opera, il committente può provvedervi direttamente a sue spese, e ottenerne il rimborso con la sentenza di secondo grado, come misura del risarcimento del danno derivato dall'inadempimento dell'appaltatore già chiesto in primo grado, perché tale domanda può esser sia in aggiunta, sia in alternativa alla domanda di esecuzione in forma specifica.

Cass. civ. n. 1475/1999

In tema di appalto non è applicabile il principio stabilito per la vendita dal secondo comma dell'art. 1492 c.c. dell'irrevocabilità della scelta operata mediante domanda giudiziale, tra la risoluzione del contratto e la riduzione del prezzo, con la conseguenza che la domanda di risoluzione del contratto di appalto può proporsi nell'udienza di precisazione delle conclusioni dopo che con l'atto di citazione sia stata chiesta la riduzione del prezzo e che quest'ultima può essere nuovamente introdotta nel giudizio di appello in sostituzione di quella di risoluzione, in quanto fondata sulla stessa causa petendi e su un più limitato petitum. Pertanto, non incorre in vizio di ultrapetizione il giudice che, qualora ritenga di non poter accogliere la domanda di risoluzione del contratto perché i vizi dell'opera non sono tali da renderla inidonea alla sua destinazione, disponga soltanto la riduzione del prezzo pattuito, adeguandolo all'opera compiuta. 

Cass. civ. n. 10255/1998

In tema di appalto, la responsabilità dell' assuntore del lavoro inerente alla garanzia per vizi e difformità dell'opera eseguita, prevista dagli artt. 1667 e segg. c.c., può configurarsi unicamente quando lo stesso, nell'intervenuto completamento dei lavori, consegni alla controparte un'opera realizzata nel mancato rispetto dei patti o non a regola d'arte, mentre nel caso di non integrale esecuzione dei lavori o di ritardo o rifiuto della consegna del risultato di questi a carico dell'appaltatore può operare unicamente la comune responsabilità per inadempimento contrattuale di cui agli artt. 1453 e segg. c.c.

Cass. civ. n. 3239/1998

Gli artt. 1667, 1668, 1669 c.c., che disciplinano la responsabilità dell'appaltatore sul presupposto della realizzazione e consegna dell'opera commessa, non escludono l'applicabilità della disciplina generale dei contratti in base alla quale, in caso di omessa ultimazione dei lavori, il committente, ai sensi dell'art. 1453, primo comma, c.c., può chiederne il completamento, indipendentemente dall'esercizio della facoltà — e non onere — del committente di controllare lo svolgimento dei lavori e di assegnare un termine per il rispetto delle condizioni stabilite, previsto dall'art. 1662 c.c., per consentire, all'inutile decorso di esso, di domandare la risoluzione del contratto.

Cass. civ. n. 7364/1996

Le disposizioni speciali in tema di inadempimento del contratto di appalto (artt. 1667, 1668, 1669 c.c.) integrano, ma non escludono, l'applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale che sono applicabili quando non ricorrano i presupposti delle norme speciali, nel senso che la comune responsabilità dell'appaltatore ex artt. 1453 e 1455 c.c. sorge allorquando egli non esegue interamente l'opera o, se l'ha eseguita, si rifiuta di consegnarla o vi procede con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito, mentre la differente responsabilità dell'appaltatore, inerente alla garanzia per i vizi o difformità dell'opera, prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c., ricorre quando il suddetto ha violato le prescrizioni pattuite per l'esecuzione dell'opera o le regole imposte dalla tecnica. Pertanto, nel caso di omesso completamento dell'opera, anche se questa per la parte eseguita risulti difettosa o difforme, non è consentito, al fine di accertare la responsabilità dell'appaltatore per inesatto adempimento, far ricorso alla disciplina della suindicata garanzia che richiede necessariamente il totale compimento dell'opera.

Cass. civ. n. 3454/1996

Anche in presenza dei presupposti per domandare la risoluzione del contratto di appalto, il committente può limitarsi a chiedere l'eliminazione, a spese dell'appaltatore, delle difformità o dei vizi da cui l'opera risulta affetta, pure se tale eliminazione sia possibile solo attraverso l'integrale rifacimento dell'opera medesima. (Nella specie, era stato accertato che i difetti riscontrati nell'opera appaltata, costituita dalla pavimentazione di un grande locale adibito a deposito, potevano essere eliminati, sicuramente e definitivamente, solo mediante il totale rifacimento del pavimento difettoso. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio di diritto, ha cassato la sentenza del merito che aveva ritenuto esperibile soltanto la non proposta azione di risoluzione del contratto ed aveva pertanto respinto quella, in concreto esercitata, diretta ad ottenere la condanna dell'appaltatore ad eliminare a sue spese tali difetti).

Cass. civ. n. 4921/1993

In materia di appalto, le domande di risoluzione del contratto e quelle di riduzione del prezzo o di eliminazione dei vizi non sono reciprocamente incompatibili, onde ne è ammissibile la cumulativa proposizione in un unico giudizio, poiché l'actio quanti minoris non è richiesta di esatto adempimento, con la conseguenza che, quanto ai suoi rapporti con la domanda di risoluzione, non opera il divieto posto dall'art. 1453, secondo comma c.c. — che impedisce di chiedere l'adempimento dopo che sia stata domandata la risoluzione del contratto — mentre, per ciò che concerne i rapporti fra la domanda di risoluzione ed eliminazione dei vizi, l'esatto adempimento richiesto con questa seconda incorre nel divieto suddetto nei soli limiti in cui sussista l'interesse attuale del contraente che ha chiesto, la risoluzione, tal che non può escludersi la proponibilità di entrambe le medesime domande in un unico giudizio, per l'eventualità del venir meno di tale interesse e quindi in rapporto di subordinazione della seconda alla prima.

Cass. civ. n. 9001/1992

L'azione del committente per il risarcimento dei danni derivanti dalle difformità, i vizi o la mancanza di qualità dell'opera appaltata si aggiunge, nel caso di colpa dell'appaltatore, a quella diretta alla eliminazione, a spese dell'appaltatore, delle difformità e dei vizi o alla riduzione del prezzo, specificamente prevista dall'art. 1668 c.c., senza identificarsi con questa, né essere surrogabile con gli effetti della relativa pronuncia.

La responsabilità dell'appaltatore per le difformità ed i vizi dell'opera appaltata, specificamente regolata dall'art. 1668 c.c. senza escludere l'applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale, deve estendersi anche alla mancanza di qualità (essenziali o pattuite), non essendo ipotizzabile una diversità di disciplina tra le predette ipotesi, che in egual modo concretano forme di inadempimento contrattuale dell'appaltatore.

Cass. civ. n. 9613/1990

Ai fini della risoluzione del contratto di appalto per i vizi dell'opera si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la risoluzione della compravendita per i vizi della cosa, atteso che, mentre per l'art. 1668 secondo comma c.c. la risoluzione può essere dichiarata soltanto se i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inidonea alla sua destinazione, l'art. 1490 c.c. stabilisce che la risoluzione va pronunciata per i vizi che diminuiscono in modo apprezzabile il valore della cosa, in aderenza alla norma generale di cui all'art. 1455 c.c., secondo cui l'inadempimento non deve essere di scarsa importanza avuto riguardo all'interesse del creditore. (Nella specie la S.C. ha annullato per omesso esame di punto decisivo la sentenza impugnata che aveva dichiarato la risoluzione del contratto ai sensi degli artt. 1490 e 1492 c.c. sul presupposto della conclusione fra le parti di un contratto di compravendita e non di appalto senza addurre alcun argomento a giustificazione della contestata qualificazione giuridica attribuita alla fattispecie).

Cass. civ. n. 2073/1988

Qualora l'inadempimento dell'appaltatore si concretizzi in vizi o difformità dell'opera, i rimedi accordati al committente sono quelli previsti dalla norma speciale dell'art. 1668 c.c. (prevalente sulle regole generali dell'art. 1453 c.c.), ai sensi del quale, se il committente medesimo opti per la eliminazione di detti vizi a cura e spese dell'appaltatore, anziché per la riduzione del prezzo, l'azione risarcitoria resta utilizzabile solo in via integrativa, per il pregiudizio che non sia eliminabile attraverso tale nuovo intervento dell'appaltatore.

Cass. civ. n. 2573/1983

Nel contratto d'appalto il committente può rifiutare l'adempimento parziale (art. 1181 c.c.) oppure accettarlo, secondo la propria convenienza, sicché, quand'anche la parziale o inesatta esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, ciò non impedisce al committente stesso di trattenere la parte di manufatto realizzato e di provvedere direttamente al completamento e all'eliminazione degli eventuali difetti riscontrati, chiedendo poi (al giudice) il risarcimento dei danni, che può tradursi in una riduzione del prezzo pattuito, tenuto conto sia del valore dell'opera ineseguita che dell'ammontare delle spese sostenute dal suddetto, previo, se del caso, espletamento dei necessari incombenti istruttori.

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