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Articolo 2048 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte

Dispositivo dell'art. 2048 Codice Civile

Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi(1). La stessa disposizione si applica all'affiliante.

I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti(2) nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto [1900, 2047 comma 1, 2054].

Note

(1) A differenza di quanto stabilisce l'art. 2047 c.c., nella norma in commento i minori o i tutelati non sono necessariamente privi della capacità di intendere o volere: si tratta di situazioni che afferiscono all'incapacità di agire (2 c.c.).
(2) Si tratta di fattispecie al confine con il successivo art. 2049 c.c..

Ratio Legis

La responsabilità di genitori e tutore e dei precettori si fonda su una loro colpa nell'educazione di chi ha commesso l'illecito (c.d. culpa in educando).

Brocardi

Culpa in educando
Culpa in vigilando

Spiegazione dell'art. 2048 Codice Civile

Casi di responsabilità indiretta

Riproduzione quasi fedele dei commi 2, 3, 5 e 6 dell'art. 1153 del codice del '65. Sono, questi, casi di responsabilità indiretta (genitori pei figli minori, tutore pei minore affidato alla sua tutela, precettore e maestro di mestiere o di arte per l'allievo od apprendista). Il criterio cui si ispira la legge e quella della presunzione di omessa vigilanza di persona, onde la condizione della « coabitazione » pei genitori e pei tutori, e la condizione del « tempo in cui sono sotto la loro vigilanza» per i precettori e per i maestri d’arte; mentre, agli effetti della irresponsabilità, occorre la prova che sia stato « impossibile » da parte dei genitori, del tutore ecc. impedire il fatto, dimostrazione, questa, che può farsi con ogni mezzo di prova.


Innovazioni rispetto alla norma corri­spondente del codice del '63

Del fatto illecito dei figli minori non emancipati e coabitanti coi genitori sono tenuti costoro. Il requisito della coabitazione va inteso anche oggi con sano criterio. Minore non coabitante è quello che per motivi legittimi non abiti coi genitori, non colui che, per vagabondaggio, per fuga dalla casa paterna (fatti che rivelano il più delle volte debole educazione, imputabile ai genitori) se ne sia allontanato. Anche il fatto illecito del mino­renne che per ragion di studio sia stato mandato in località ove rimanga ab­bandonato a sé stesso, può rendere responsabile il genitore: non così se venne collocato in un istituto.

Due innovazioni sul precedente sistema: quella della coobbligazione dei genitori, quella della loro irresponsabilità se i figli minori sono emanci­pati. La prima elimina la questione se per la mancanza del padre (locuzione del codice del ’63) si dovesse intendere la mancata esistenza (per morte, per mancato riconoscimento, assenza di significato legale, separazione dei coniugi ed assegnazione dei figli alla madre) o anche il momentaneo allontanamento, e risponde a più elevato senso di giustizia, ed al rafforzamento dei vincoli familiari.

Invero, la patria potestà è esercitata di regola dal padre, ma qui non si tratta di obbligo che deriva strettamente dall’esercizio, bensì di obbligazione nascente dal diritto di appartenenza della patria potestà, appartenenza che impone doveri di ambedue i genitori verso i figli, quali, mantenere, educare, istruire la prole, in proporzione alle sostanze dei genitori. Il fatto illecito del minore deriva da presunta colpa dei genitori nel vigilarlo, da trascuranza nella educazione, e simili, doveri che competono ad entrambi genitori, non è apparso giusto ritenere liberata la madre solo perché padre sia presente. D'altra parte, sarebbe iniquo che, nonostante lo stato di possidenza della madre, solo perché il marito sia impossidente il danneggiato non debba essere risarcito.

Con l'altra innovazione si rendono irresponsabili i genitori del minore emancipato. Si risolve così il dubbio che apparve agl'interpreti del codice del '65, e fu risoluto con la distinzione tra minore emancipato per matrimonio, pel quale si rilevò che divenuto esso stesso, se di sesso maschile, capo di fa­miglia, o passato, se di sesso femminile, sotto l'autorità maritale, sarebbe illogico mantenere il genitore responsabile dei suoi fatti illeciti, e minore emancipato volontariamente, per il quale si ritenne permanere gli obblighi del genitore. La soluzione non sembrò a tutti soddisfacente; comunque, oggi non giova fermarsi su di essa. La innovazione radicale passò inosservata in seno alla Commissione Parlamentare (la sola novità di questo articolo, disse il relatore, è la coobbligazione del padre e della madre), né della irre­sponsabilità dei genitori pel fatto illecito del minore emancipato si accenna nei progetti precedenti.

Evidentemente poiché la emancipazione è causa di estinzione della patria potestà (dr. art. 316) si è voluto liberare il genitore da una responsabilità nei riguardi di un figlio a questa non più soggetto, nè si volle estendere al curatore, tale essendo divenuto il padre con la prati­cata emancipazione, un dovere proprio del genitore, o del tutore.

La legge parla genericamente di padre e madre, senza altra aggiunzione, ma intende riferirsi non solo ai genitori legittimi, ma anche al padre ed alla madre che hanno legittimato od anche riconosciuto figli. Anche il riconoscimento importa doveri analoghi a quelli derivanti dalla patria potestà, per il combinato disposto degli artt. 147 e 261 del libro I. Nella relazione ministeriale al progetto si legge che lo norma è applicabile anche al genitore adottivo, ed all'affiliante « che hanno gli stessi obblighi derivanti dalla patria potestà ». L'art. 2048 non menziona espressamente l'adottante, sembrando superflua tale menzione, data la natura del vincolo, con l'adottato.


Confronto tra l'articolo in esame e il precedente

Questa norma va mantenuta rigorosamente distinta dalla pre­cedente, onde sarebbe erroneo pensare che con le ipotesi di cui all’art. 2048 si faccia applicazione di un principio generale contenuto nella prima parte dell' art. 2047 del c.c.: si tratta di disposizioni sostanzialmente diverse.

Quando il danneggiante sia persona incapace d' intendere e di volere colui che era tenuto alla sorveglianza o vigilanza rimane obbligato per re­sponsabilità diretta, propria, l'obbligo derivando dalla omissione di vigilanza. Esso non nasce, dunque, da una colpa dell'agente (incapace), perché il danno sofferto per opera di persona che non abbia capacità d' intendere e di volere si traduce sostanzialmente in un fortuito, ma deriva dall'esserci reso possi­bile il fatto con la omessa sorveglianza. Viceversa nei casi di cui all'art. 2048 presupposto è la capacità d' intendere e di volere del minore, e la responsa­bilità pel fatto dannoso deriva dal concorso di due responsabilità distinte, per quanto concorrenti. Responsabile principale (per dolo, o colpa) è il minore, e con esso son tenuti i genitori, o il tutore, o il precettore, o il mae­stro di mestiere e di arte per responsabilità indiretta.

Nell’ ipotesi dell' art. 2047 del c.c. uno solo è il colpevole, cioè chi era tenuto alla sorveglianza; qui due, cioè l'agente (minore) in quanto opero con dolo o con colpa, il genitore ecc. in quanto con la presunta omessa educazione, vigilanza ecc. ne resero possibile l'operato. Da ciò consegue che verificandosi danno cagio­nato da fatto del minore la prima indagine deve versare sul se questi avesse capacità d'intendere e di volere quando pose in essere il fatto. Nella negativa, obbligato è colui che aveva dovere di sorveglianza, ed è tenuto ad un com­pleto risarcimento, integro rimanendo il patrimonio dell'incapace, sul quale, invece, il danneggiato avrà diritto ad un indennizzo, e su di una base equi­tativa, solo se chi era tenuto alla vigilanza non abbia potuto impedire fatto o non possa risarcire il danno. Nell'affermativa, cioè se il minore abbia capacità d' intendere e di volere, tenuto è lui, con le sue sostanze, e, solidal­mente, ma per responsabilità indiretta, sono tenuti i genitori, il tutore ecc.


Prova liberatoria di responsabilità

La presunzione pei genitori, e per gli altri di cui nella norma, è iuris tantum, onde la loro liberazione se provino di non avere potuto impe­dire il fatto. Pei genitori si è assai discusso sul modo come intendere la di­sposizione, ed una interpretazione non corretta dell'art. 1153 del codice del '65 ha tratto talora ad affermare che se il fatto sia avvenuto fuori la loro presenza, pure non essendovi stato affidamento del minore ad altri, la impos­sibilità materiale d' impedirlo generi irresponsabilità. Errore evidente, perché restringe il significato di « impedimento ad evitare il fatto » ad una impos­sibilità materiale che da sola non basta. Occorre invece tener presente un concorso di circostanze, precipua quella se l'omesso affidamento ad altri sia giustificato, data l' indole del minore, e se il fatto risponda a cattive tendenze del medesimo che una sana educazione avrebbe potuto eliminare, o ridurre. Questa indagine specialmente va praticata in tema di fatti dolosi, ma anche pei colposi non va omessa, ogni genitore o tutore avendo l'obbligo d'indagare sulla natura del minore, se avventato o riflessivo in relazione alla età, ed a quel tanto di libertà che gli si concede, per addestrarlo, gradatamente, alla vita sociale.

Nel tempo in cui il minore si trova affidato al precettore od a colui che gli insegna un'arte od un mestiere, i genitori, od il tutore, sono legittimamente esonerati dall'obbligo della vigilanza, sostituendosi ad essi il precettore od il maestro d'arte (se gratuitamente o contro prezzo è irrilevante). Responsabilità solidale potrà sorgere solo se il fatto illecito del minore sia imputabile ad entrambi, come se il genitore, tenendo incustodita in casa un'arma, non abbia saputo evitare che il figlio minore se ne impossessi nell'atto di uscire in strada, ed il precettore o maestro non abbia saputo impedire l'uso ti' questa, causativo dì danno al terzo, mentre l'allievo si trovava con lui. Sulla responsabilità del maestro potrebbe sorgere qualche, dubbio, allorché il mestiere o l'arte che si insegni importi che il minori si allontani da la sfera immediata di vigilanza materiale di esso maestro. È ovvio che se il fatto del minore non si collega all' insegnamento, ma derivi da mala educazione, risponderà il genitore; se connesso all’ insegnamento, il maestro.

Se il maestro trasformando, come spesso avviene, l'apprendista in commesso, gli fa eseguire per suo conto lavoro, e nell'esercizio di questo il minore arrechi danno risponderà il maestro, ed in base alla più rigorosa norma dell' art. 2049 del c.c., cui si rimanda: dicasi lo stesso se il genitore si avvalga del figlio quale commesso.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2048 Codice Civile

Cass. civ. n. 4303/2023

La responsabilità dei genitori ai sensi dell'art. 2048 c.c. configura una forma di responsabilità diretta per fatto (anche) proprio - in particolare, per non avere, con idoneo comportamento, educativo e di sorveglianza, impedito il fatto dannoso - che concorre con quella del minore; ne consegue, sul piano processuale, che l'azione ex art. 2048 c.c. può essere proposta sia autonomamente rispetto a quella ex art. 2043 c.c., sia nello stesso processo, senza che ciò dia luogo a litisconsorzio necessario, e che - restando le due cause, per loro natura scindibili, comunque distinte - non è affetta da nullità la sentenza emessa nel giudizio a cui non ha partecipato il minore.

Nell'ipotesi di domanda risarcitoria proposta rispettivamente ex art. 2043 c.c. nei confronti di soggetto minore di età quale autore del danno ed ex art. 2048 c.c. contro il di lui genitore, si ha una situazione di litisconsorzio facoltativo nella quale, pur nella unicità del fatto storico, permane l'autonomia dei rispettivi titoli, del rapporto giuridico e della "causa petendi", con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte, con una propria individualità in relazione ai rispettivi legittimi contraddittori e con l'ulteriore conseguenza che la sentenza che le definisce - pur essendo formalmente unica - consta in realtà di tante pronunce quante sono le cause riunite, le quali conservano la loro autonomia anche in sede di impugnazione, sì da non poter produrre effetti preclusivi e limitativi, sul giudizio in corso, le pronunce non impugnate o altrimenti risolte sotto il profilo processuale.

Cass. civ. n. 21255/2022

La responsabilità della scuola per le lesioni riportate da un alunno minore all'interno dell'istituto, in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell'orario delle lezioni, in quanto il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni mediante l'adozione, da parte del personale addetto al controllo degli studenti, delle opportune cautele preventive, sussiste sin dal loro ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui gli stessi si trovino legittimamente nell'ambito dei locali scolastici.

Cass. civ. n. 19110/2020

La presunzione di responsabilità posta dall'art. 2048, comma 2, c.c. a carico dei precettori trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell'allievo; essa pertanto non è invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l'allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso.

Cass. civ. n. 31894/2019

In materia di rapporti tra giudizi civile e penale, la dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova, pur costituendo una modalità alternativa di definizione del giudizio penale, non contiene alcun accertamento di merito in ordine alla sussistenza del reato ed alla responsabilità del minorenne, ne consegue che il giudice civile deve indagare e valutare, alla luce delle regole probatorie che governano il giudizio civile e del materiale acquisito, la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda, compresa la conseguente sussistenza della responsabilità dei genitori per la condotta del proprio figlio ex art. 2048 c.c.

Cass. civ. n. 22541/2019

L'età ed il contesto in cui si è verificato il fatto illecito del minore non escludono né attenuano la responsabilità che l'art. 2048 c.c. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tali fattori, hanno l'onere di impartire ai figli l'educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, nonché di vigilare sul fatto che l'educazione impartita sia adeguata al carattere e alle attitudini del minore, dovendo rispondere delle carenze educative cui l'illecito commesso dal figlio sia riconducibile.

Cass. civ. n. 11198/2019

La responsabilità del genitore per il danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore non emancipato, a norma dell'art 2048 c.c., è subordinata al requisito della coabitazione, perché solo la convivenza può consentire l'adozione di quelle attività di sorveglianza e di educazione, il cui mancato assolvimento giustifica la responsabilità medesima.

Cass. civ. n. 9983/2019

In tema di danni conseguenti ad un infortunio sportivo subito da uno studente durante una gara svoltasi all'interno della struttura scolastica nell'ora di educazione fisica, ai fini della configurabilità della responsabilità della scuola ai sensi dell'art. 2048 c.c., è necessario: a) che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente partecipante alla gara, il quale sussiste se l'atto dannoso sia posto in essere con un grado di violenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato o con il contesto ambientale nel quale l'attività sportiva si svolge o con la qualità delle persone che vi partecipano, ovvero allo specifico scopo di ledere, anche se non in violazione delle regole dell'attività svolta, e non anche quando l'atto sia compiuto senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole della disciplina sportiva, né se, pur in presenza di una violazione delle regole dell'attività sportiva specificamente svolta, l'atto lesivo sia a questa funzionalmente connesso; b) che la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee ad evitare il fatto. Ne consegue che grava sullo studente l'onere di provare l'illecito commesso da un altro studente, mentre spetta alla scuola dimostrare l'inevitabilità del danno, nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee ad evitare il fatto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità della scuola rispetto all'infortunio, verificatosi durante una partita di pallamano svoltasi nella palestra scolastica sotto il controllo dell'insegnante, ai danni di un alunno il quale, mentre rincorreva un avversario che gli aveva sottratto il possesso della palla senza toccarlo, era caduto scivolando all'esterno del campo da gioco ed urtando contro una panchina la quale, essendo destinata ai giocatori di riserva, era stata ritenuta dal giudice di merito un ordinario completamento dello stesso campo da gioco). (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 02/03/2016).

Cass. civ. n. 14216/2018

Il precettore o il maestro d'arte, per liberarsi della presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2048, comma 2, c.c., ha l'onere di provare che né lui, né alcun altro precettore diligente, ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., avrebbe potuto, nelle medesime circostanze, evitare il danno. Tale prova non può prescindere dalla dimostrazione della presenza fisica del precettore al momento della commissione dell'illecito da parte dell'apprendista, integrando la stessa un dovere primario del precettore diligente ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c.

Cass. civ. n. 2334/2018

n tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori per fatto illecito dell'allievo, il raggiungimento della maggiore età (o di un'età ad essa prossima) da parte di quest'ultimo, seppure di per sé inidoneo a rendere inapplicabile la responsabilità ex art. 2048, comma 2, c.c., incide sul contenuto della prova liberatoria a carico dell'insegnante, nel senso che l'età maggiorenne deve ritenersi ordinariamente sufficiente ad integrare il caso fortuito, per essere stato l'evento posto in essere da persona che non necessita - quantomeno per attività materiali non specificamente correlate ad un insegnamento tecnico - di vigilanza alcuna poiché munita di completa capacità di discernimento tale da far presumere la non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere, salva prova contraria da fornirsi da parte del soggetto danneggiato. (Fattispecie relativa a danno provocato ad una compagna di scuola dall'accalcamento e dalle spinte verificatesi all'uscita della palestra al termine della lezione di educazione fisica tra gli allievi frequentanti l'ultimo anno di scuola superiore).

Cass. civ. n. 10516/2017

In tema di danni subiti dall’alunno, la natura contrattuale della responsabilità ascrivibile all’istituto scolastico ed al singolo insegnante, che deriva, rispettivamente, dall’iscrizione scolastica e dal contatto sociale qualificato, implica l’assunzione dei cd. doveri di protezione, enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c., i quali devono essere individuati e commisurati all’interesse del creditore del rapporto obbligatorio, sicché, nel caso di minore affidato dalla famiglia per la formazione scolastica, essi impongono il controllo e la vigilanza del detto minore fino a quando non intervenga un altro soggetto responsabile, chiamato a succedere nell’assunzione dei doveri connessi alla relativa posizione di garanzia. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente la responsabilità contrattuale dell’amministrazione scolastica e dell’insegnante per avere quest’ultimo, accompagnando spontaneamente gli allievi allo scuolabus fermo nelle vicinanze della scuola, come da consuetudine invalsa da tempo e non contrasta dal dirigente scolastico, omesso di verificare che tutti gli scolari fossero saliti a bordo ed indotto, così, il conducente ad avviare la marcia, in tal modo causando la morte di uno di loro, rimasto incastrato nella porta del pullman e quindi travolto dallo stesso mezzo).

Cass. civ. n. 14701/2016

La responsabilità della scuola per le lesioni riportate da un alunno minore all'interno dell'istituto, in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell'orario delle lezioni, in quanto il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni mediante l'adozione, da parte del personale addetto al controllo degli studenti (bidelli), delle opportune cautele preventive, sussiste sin dal loro ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui gli stessi si trovino legittimamente nell'ambito dei locali scolastici.

Cass. civ. n. 9337/2016

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, il superamento della presunzione di responsabilità gravante, ex art. 2048 c.c., sull'insegnante per il fatto illecito dell'allievo, postula la dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l'inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, e di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di quella serie, commisurate all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto, dovendo la sorveglianza dei minori essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in tenera età, sicché, con riguardo ad uno stato dei luoghi connotato dalla presenza di un manufatto in grado di ostacolare la piena e totale visibilità dello spazio da controllare, non costituiscono idonee misure organizzative la mera presenza delle insegnanti "in loco", se non disposte in prossimità del manufatto stesso, e l'avere le medesime impartito agli alunni la generica raccomandazione "di non correre troppo durante la ricreazione" senza l'adozione di interventi correttivi immediati, diretti a prevenire e ad evitare il verificarsi di eventi dannosi.

Cass. civ. n. 23202/2015

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, non è sufficiente, per superare la presunzione di responsabilità a loro carico ex art. 2048 c.c., la dimostrazione di aver esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta ed il carattere imprevedibile e repentino dell'azione dannosa ove sia mancata l'adozione delle più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la corte territoriale - in relazione al danno determinato dalla caduta a terra di uno studente di una scuola media inferiore, in conseguenza della contesa di una sedia con un compagno - avesse omesso di verificare l'approntamento, in via preventiva, di cautele idonee a scongiurare situazioni di pericolo in un caso nel quale gli alunni erano stati affidati al personale ausiliario nello svolgimento di attività extracurricolare).

Cass. civ. n. 3964/2014

La precoce emancipazione dei minori frutto del costume sociale non esclude né attenua la responsabilità che l'art. 2048 cod. civ. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tale precoce emancipazione, hanno l'onere di impartire ai figli l'educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, dovendo rispondere delle carenze educative a cui l'illecito commesso dal figlio sia riconducibile. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale aveva escluso la responsabilità dei genitori di una sedicenne che, attraversando la strada con il semaforo rosso, aveva provocato un sinistro stradale).

Cass. civ. n. 19160/2012

In tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., gli obblighi di sorveglianza e di tutela dell'istituto scolastico scattano solo allorché l'allievo si trovi all'interno della struttura, mentre tutto quanto accade prima può, ricorrendone le condizioni, trovare ristoro attraverso l'attivazione della responsabilità del custode, ex art. 2051 c.c. (Fattispecie in cui una alunna della terza elementare era caduta, all'entrata di scuola, sui gradini esterni sdrucciolevoli e instabili dell'istituto scolastico, riportando gravi lesioni).

Cass. civ. n. 3242/2012

In tema di responsabilità civile, l'applicabilità dell'art. 2048 c.c. postula l'esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto sono configurabili la "culpa in educando" e la "culpa in vigilando"; ne consegue che, ove il minore incapace, con il proprio comportamento illecito, cagioni un danno a se stesso, sono applicabili le disposizioni di cui agli artt. 1218 o 2043 c.c., a seconda che ricorra una responsabilità contrattuale o extracontrattuale del soggetto tenuto alla vigilanza. Peraltro, a causa del richiamo contenuto nell'art. 2056 c.c. all'art. 1227 c.c., il fatto del minore incapace di intendere e di volere che con il suo comportamento abbia contribuito alla produzione del danno a se stesso è valutabile dal giudice al fine di stabilire il concorso delle colpe e l'eventuale riduzione proporzionale del danno da risarcire. (Nella specie, si trattava del comportamento tenuto da un bambino di tre anni, ritenuto dal giudice di merito valutabile ai fini dell'art. 1227 c.c.).

Cass. civ. n. 26200/2011

I genitori, per superare la presunzione di colpa prevista dall'art. 2048 c.c., debbono fornire non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere e all'indole del minore. L'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell'art. 147 c.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in assenza di alcuna motivazione in ordine alla sussistenza della prova liberatoria, da apprezzarsi nei termini di cui all'enunciato principio di diritto, aveva escluso la responsabilità dei genitori per le lesioni cagionate dal proprio figlio ad altro minore, colpito alla bocca con una violenta testata nel corso di una partita di calcio, mentre il gioco era fermo e senza aver subito alcuna precedente aggressione da parte del danneggiato).

Cass. civ. n. 21881/2009

Della violazione amministrativa commessa da minore degli anni diciotto, incapace "ex lege", risponde in via diretta, a norma dell'art. 2, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, applicabile anche agli illeciti amministrativi previsti dal codice della strada (art. 194), colui che era tenuto alla sorveglianza dell'incapace, che, pertanto, non può essere considerato persona estranea alla violazione stessa. Ne consegue che, in caso di circolazione di minore alla guida di ciclomotore non rispondente alle prescrizioni indicate nel certificato di idoneità tecnica, ben può essere ordinata la confisca del ciclomotore di proprietà del genitore in relazione alla violazione dell'art. 97, comma sesto, del codice della strada, senza che sia applicabile, nella specie, l'art. 213, comma sesto, dello stesso codice, che esclude detta misura qualora il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione amministrativa.

Cass. civ. n. 9556/2009

La responsabilità dei genitori peri fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente, prevista dall'art. 2048 c.c., è correlata ai doveri inderogabili posti a loro carico all'art. 147 c.c. ed alla conseguente necessità di una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti ed a realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito. Per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono pertanto dimostrare di aver impartito al figlio un'educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini ed alla sua personalità, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la prova di circostanze (quali l'età ormai raggiunta dal minore e le esperienze lavorative da lui eventualmente avute) idonee ad escludere l'obbligo di vigilare sul minore, dal momento che tale obbligo può coesistere con quello educativo, ma può anche non sussistere, e comunque diviene rilevante soltanto una volta che sia stata ritenuta, sulla base del fatto illecito determinatosi, la sussistenza della "culpa in educando".

Cass. civ. n. 9542/2009

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità che ex art. 2048 c.c. grava sull'insegnante per il fatto illecito dell'allievo, non è sufficiente per detto insegnante la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l'inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale. (Nella specie la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto corretta l'attribuzione di responsabilità ad un insegnante di educazione musicale, e, quindi, all'amministrazione scolastica in relazione ai danni patiti da un allievo che, mentre teneva tra le labbra un flauto, era stato colpito da altro allievo con una gomitata, riportando la rottura dei denti incisivi).

Cass. civ. n. 24997/2008

In tema di responsabilità dell'amministrazione scolastica "ex" art. 61 della legge n. 312 del 1980, sul danneggiato incombe l'onere di provare soltanto che il danno è stato cagionato al minore durante il tempo in cui lo stesso era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico, il che é sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell'obbligo di sorveglianza, mentre spetta all'amministrazione scolastica dimostrare di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto. La valutazione circa il raggiungimento o meno della prova liberatoria, da parte di detta amministrazione, attiene al merito della vicenda ed è, pertanto, insindacabile in sede di legittimità e congruamente motivata.

Cass. civ. n. 7050/2008

Ai sensi dell'art. 2048 c.c., i genitori sono responsabili dei danni cagionati dai figli minori che abitano con essi, sia per quanto concerne gli illeciti comportamenti che siano frutto di omessa o carente sorveglianza sia con riguardo agli illeciti riconducibili ad oggettive carenze nell'attività educativa che si manifestino nel mancato rispetto delle regole della civile coesistenza, vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trovi ad operare. (Nella specie la S.C., accogliendo il proposto ricorso e cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha ritenuto che il temporaneo allontanamento del minore dalla casa dei genitori, per motivi di lavoro, non esima costoro da responsabilità, essendo ascrivibile a oggettive carenze educative l'illecito comportamento manifestatosi nella inosservanza delle norme sulla circolazione stradale).

Cass. civ. n. 8067/2007

In tema di responsabilità dei soggetti obbligati alla sorveglianza di minori, nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso, sia che si invochi la presunzione di responsabilità posta dal secondo comma dell'art. 2048 c.c., sia che si configuri la responsabilità come di natura contrattuale, la ripartizione dell'onere della prova non muta, poiché il regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c. impone che, mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile all'obbligato.

Cass. civ. n. 10042/2006

Il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore si trova in rapporto organico con l'amministrazione statale e non con il singolo istituto, con la conseguenza che, per effetto dell'art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, sono riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione i comportamenti, anche illeciti, posti in essere dagli insegnanti del suddetto personale docente, sicché sussiste la legittimazione passiva di detto Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando degli stessi docenti. In particolare, in tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza (e, quindi, anche nell'eventualità in cui questa omissione sia consistita nella circostanza di aver delegato la funzione stessa ad un terzo), la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell'applicabilità nei loro confronti della presunzione stabilita dall'art. 2048, comma secondo, c.c., nei giudizi di danno per culpa in vigilando è attuata dall'indicato art. 61 della legge n. 312 del 1980, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sull'operatività dello stesso art. 2048, comma secondo, c.c. nei menzionati giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l'esonero dell'insegnante statale dal processo, nel quale l'unico legittimato passivo è il Ministero della Pubblica Istruzione. (Nella specie, sulla scorta dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, con la quale era stata affermata, oltre a quella del Ministero della Pubblica Istruzione, anche la responsabilità di un insegnante preposto alla vigilanza di un allievo di un istituto professionale di Stato infortunatosi ad un occhio in quanto colpito da una scheggia metallica durante un'esercitazione senza che gli venissero fatti usare gli occhiali protettivi, con la conseguente relativa decisione nel merito dell'appello, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto)

Cass. civ. n. 20322/2005

In relazione all'interpretazione della disciplina prevista nell'art. 2048 c.c., è necessario che i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa dalla suddetta norma desumibile, offrano non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere e all'indole del minore. L'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell'art. 147 c.c. Non è conforme a diritto, invece, per evidente incompatibilità logica, la valutazione reciproca, e cioè che dalle modalità del fatto illecito possa desumersi l'adeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata.

La responsabilità dei genitori a norma dell'art. 2048 c.c. (unitamente agli altri soggetti nella stessa disposizione normativa indicati) configura una forma di responsabilità diretta, per fatto proprio, cioè per non avere, con idoneo comportamento, impedito il fatto dannoso, ed è fondata sulla loro colpa, peraltro presunta.

Cass. civ. n. 2839/2005

In tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza, la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell'applicabilità nei loro confronti della presunzione di cui all'art. 2048, secondo comma, c.c., nei giudizi di danno per culpa in vigilando è attuata dall'art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sulla operatività dell'art. 2048, secondo comma, c.c. nei detti giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l'esonero dell'insegnante statale dal processo, nel quale l'unico legittimato passivo è il Ministero dell'istruzione, nei cui confronti continuerà ad applicarsi, nei casi (come quello di specie) di danno provocato da un alunno ad un altro alunno, la presunzione di responsabilità prevista dalla norma citata, mentre la prova del dolo o della colpa grave dell'insegnante rileva soltanto ove l'amministrazione eserciti, successivamente alla sua condanna, l'azione di rivalsa nei confronti del medesimo.

Cass. civ. n. 2272/2005

In tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., il dovere di vigilanza dell'insegnante per il danno subito dall'allievo — obbligo la cui estensione va commisurata all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto — presuppone che l'allievo gli sia stato affidato. Pertanto colui che agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l'evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l'alunno era sottoposto alla vigilanza dell'insegnante, restando indifferente che invochi la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, suggerite dall'ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, affinché sia salvaguardata l'incolumità dei discenti minori. (Nella specie la Corte Cass. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell'amministrazione scolastica con riguardo al ferimento con arma da fuoco di un minore da parte di un nomade con il quale aveva avuto un litigio il giorno precedente, in quanto avvenuto in un cortile antistante la scuola, non addebito ad esclusivo uso della stessa, essendo transitabile ed accessibile da terzi per il parcheggio di autoveicoli, neppure rilevando l'uso di tale luogo per la sosta dei ritardatari, atteso che era stato accertato che l'alunno ferito aveva deliberatamente deciso di non entrare a scuola alla prima ora, ma di allontanarsi dal cortile per recarsi in un vicino bar).

Cass. civ. n. 11241/2003

Ai sensi dell'art. 2048, secondo comma, c.c., va qualificato precettore il soggetto al quale l'allievo è affidato per ragioni di educazione ed istruzione, sia nell'ambito di una struttura scolastica (come avviene per i maestri), sia in virtù di un autonomo rapporto privato (quale è quello che intercorre con un institore), sempre che l'affidamento, se pur limitato ad alcune ore del giorno o della settimana, assuma carattere continuativo e non sia, quindi, meramente saltuario. (Enunciando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza di appello, la quale aveva escluso che potesse essere qualificato tale il soggetto, non dipendente dell'istituto scolastico, occasionalmente intervenuto, in rappresentanza del CONI, alla premiazione delle gare ginniche di fine anno degli alunni di una scuola elementare, nel corso delle quali uno degli scolari era stato ferito da un sasso scagliato da un compagno).

Cass. civ. n. 15243/2002

La prova liberatoria richiesta ai genitori dall'art. 2048 c.c. non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di avere anche adottato, in via preventiva, le misure idonee ad evitarlo.

Cass. civ. n. 9346/2002

Nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso, la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che – quanto all'istituto scolastico – l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo alla scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso; e che – quanto al precettore dipendente dell'istituto scolastico – tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico e dell'insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall'art. 1218 c.c., sicché, mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all'insegnante.

In tema di responsabilità degli insegnanti di scuole statali, l'art. 61, secondo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 – nel prevedere la sostituzione dell'Amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi – esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da culpa in vigilando, quale che sia il titolo – contrattuale o extracontrattuale – dell'azione. Ne deriva, pertanto, che l'insegnante è privo di legittimazione passiva non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell'ambito di un'azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all'art. 2048, secondo comma, c.c.), ma anche nell'ipotesi di danni arrecati dall'allievo a se stesso (ipotesi da far valere secondo i principi della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.), fermo restando che in entrambi i casi, qualora l'Amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all'alunno autodanneggiatosi, l'insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo e della colpa grave, limite, quest'ultimo, operante verso l'Amministrazione ma non verso i terzi.

La presunzione di responsabilità posta dall'art. 2048, secondo comma, c.c. a carico dei precettori trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell'allievo; essa pertanto non è invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l'allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso.

Cass. civ. n. 8740/2001

L'art. 2048 c.c. postula l'esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto è configurabile la culpa in educando e la culpa in vigilando. Pertanto la responsabilità dei genitori o precettori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore.

Cass. civ. n. 5668/2001

L'art. 2048 c.c., dopo aver previsto la responsabilità dei precettori e maestri per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza, dispone che tali soggetti sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto. Peraltro, per vincere la presunzione di responsabilità a carico della P.A., in virtù del rapporto organico con gli insegnanti, nel caso in cui il fatto dannoso si sia verificato nell'ambito di una scuola pubblica, occorre la dimostrazione di avere esercitato la vigilanza nella misura dovuta, il che presuppone anche l'adozione, in via preventiva, di misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare una situazione di pericolo, nonché la prova dell'imprevedibilità e repentinità, in concreto, dell'azione dannosa.

Cass. civ. n. 4481/2001

La prova liberatoria richiesta ai genitori dall'art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore capace di intendere e di volere si concreta, normalmente, nella dimostrazione, oltre che di aver impartito al minore un'educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari, anche di aver esercitato sullo stesso una vigilanza adeguata all'età e finalizzata a correggere comportamenti non corretti e, quindi, meritevoli di un'ulteriore o diversa opera educativa. A tal fine non occorre che i genitori provino la propria costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio — ricadendosi, altrimenti, nell'obbligo di sorveglianza che l'art. 2047 c.c. impone ai genitori di minore incapace — quanto per l'educazione impartita, per l'età del figlio e per l'ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l'ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano costituire fonte di pericoli per sé e per i terzi. (Nella specie, alla stregua dei principi di cui alla massima, la Suprema Corte ha escluso la responsabilità dei genitori di un minore che, alla guida di un motociclo, aveva investito un uomo provocandogli gravi danni alla persona, per avere essi fornito la prova di aver fatto tutto il possibile per educare adeguatamente il figlio e prepararlo alla necessaria autonomia, in particolare, per ciò che rilevava nella fattispecie, avviandolo al lavoro e facendogli conseguire la patente «A»).

Cass. civ. n. 14484/2000

L'amministrazione scolastica è direttamente responsabile, in virtù del rapporto del collegamento organico con essa del personale dipendente, del danno che sia cagionato a minore nel tempo in cui è sottoposto alla vigilanza di detto personale. L'onere probatorio del danneggiato, in tale ipotesi, si esaurisce nella dimostrazione che il fatto si è verificato nel tempo in cui il minore è affidato alla scuola, essendo ciò sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell'obbligo di sorveglianza, mentre spetta all'amministrazione scolastica la prova liberatoria che è stata esercitata la sorveglianza sugli allievi con una diligenza idonea ad impedire il fatto. Ne consegue che, nel relativo giudizio per il risarcimento del danno, sussiste la legittimazione passiva del Ministero della pubblica istruzione, che si surroga al personale predetto per gli illeciti dallo stesso compiuti (con facoltà per lo Stato di rivalersi su detto personale, ove il difetto di vigilanza sia ascrivibile a dolo o colpa grave). Né alcuna rilevanza assume in contrario il fatto che l'infortunio si sia (come nella specie) verificato all'interno di un istituto tecnico commerciale, dotato, come tale, di personalità giuridica e di autonomia nel suo funzionamento, ai sensi dell'art. 3 della legge 15 giugno 1931, n. 889, ove il danno sia ascrivibile al comportamento del personale docente, in quanto verificatosi durante le ore di lezione (anche se il minore sia stato temporaneamente affidato a personale ausiliario, dipendente, nel caso di istituto tecnico commerciale, dalla Provincia, e, pertanto, non organicamente collegato allo Stato). Infatti, il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell'organizzazione statale si trova in rapporto organico con l'amministrazione della pubblica istruzione e non con i singoli istituti, dotati di mera autonomia amministrativa.

Cass. civ. n. 12501/2000

La responsabilità del genitore (ex art. 2048, primo comma c.c.) e quella del precettore (ex art. 2048, secondo comma, c.c.) — per il fatto commesso da un minore capace di intendere e volere mentre è affidato a persona idonea a vigilarlo e controllarlo — non sono tra loro alternative, giacché l'affidamento del minore alla custodia di terzi solleva il genitore dalla presunzione di culpa in vigilando (dal momento che dell'adeguatezza della vigilanza esercitata sul minore risponde il precettore cui lo stesso è affidato), ma non anche da quella di culpa in educando, rimanendo comunque i genitori tenuti a dimostrare, per liberarsi da responsabilità per il fatto compiuto dal minore in un momento in cui lo stesso si trovava soggetto alla vigilanza di terzi, di avere impartito al minore stesso un'educazione adeguata a prevenirne comportamenti illeciti.

Cass. civ. n. 5957/2000

La responsabilità (diretta) dei genitori, ai sensi dell'art. 2048 c.c., per il fatto illecito dei figli minori imputabili può concorrere con quella dei precettori, essendo esse rispettivamente fondate sulla colpa in educando e su quella in vigilando. La presenza di questi astratti titoli di responsabilità, fra loro concorrenti, non impedisce che - trattandosi di illecito commesso da minore nell'esercizio della sua attività di apprendista - possa essere accertata la responsabilità esclusiva, ex art. 2049 c.c., del datore di lavoro. Tale responsabilità, essendo fondata sul presupposto dell'esistenza di un rapporto di subordinazione fra l'autore dell'illecito ed il proprio datore di lavoro, e sul collegamento dell'illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente, prescinde del tutto dalla colpa in eligendo o in vigilando del datore di lavoro, è quindi insensibile all'eventuale dimostrazione dell'assenza di colpa dello stesso, e può ricorrere anche in caso di dolo del commesso.

Cass. civ. n. 3074/1999

L'istituto di istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui essi gli sono affidati, e quindi fino al subentro, almeno potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate; tale dovere di sorveglianza, pertanto, permane per tutta la durata del servizio scolastico, servizio che non può essere interrotto per l'assenza di un insegnante, non costituendo tale assenza fatto eccezionale, bensì normale e prevedibile. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato un istituto tecnico statale a risarcire i danni riportati da un minore che, uscito anticipatamente dalla scuola per l'assenza dell'insegnante che avrebbe dovuto tenere lezione nell'ultima ora, era stato accoltellato da alcuni giovani rimasti sconosciuti).

Cass. civ. n. 916/1999

L'art. 2048 c.c. pone una presunzione di responsabilità a carico dell'insegnante per il fatto illecito dell'allievo, collegata all'obbligo di sorveglianza scaturente dall'affidamento e temporalmente dimensionata alla durata di esso. La prova liberatoria non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di aver adottato in via preventiva, le misure organizzative idonee ad evitarlo. (Nel caso di specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la responsabilità dell'insegnante avuto riguardo alla circostanza dell'allontanamento ingiustificato della stessa dall'aula).

Cass. civ. n. 12424/1998

In tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., il dovere di vigilanza dell'insegnante va commisurato all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto.

Cass. civ. n. 6741/1998

La disposizione di cui all'art. 2048 c.c. — secondo cui i genitori (i tutori, i precettori e i maestri d'arte) sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto —pur escludendo la configurabilità di una responsabilità oggettiva (incompatibile con la possibilità di offrire l'indicata prova liberatoria), addossa a detti soggetti il rischio dell'impossibilità della prova stessa, nel caso in cui si rivelino inadeguate le circostanze, che in concreto si potrebbero provare, alla luce delle carenze, rese evidenti da un contegno del minore particolarmente riprovevole e pericoloso, che avrebbero resa necessaria la dimostrazione di una vigilanza più continua e più intensa rispetto a quella abitualmente richiesta nei confronti di un soggetto di una data età e di una data educazione.

Cass. civ. n. 6686/1998

Il genitore risponde, ai sensi dell'art. 2048 c.c., dell'atto illecito compiuto dal proprio figlio minore, quand'anche la responsabilità di quest'ultimo non sia accertata in concreto, ma sia stata presunta ex art. 2054, comma 2, c.c.

Cass. civ. n. 9815/1997

La norma di cui all'art. 2048 c.c. configura una ipotesi di responsabilità diretta dei genitori per il fatto illecito commesso dai figli minori (e non già indiretta, od oggettiva, per fatto altrui), poiché, ai fini della sua concreta applicazione, non è sufficiente la semplice commissione del detto illecito, ma è altresì necessaria una condotta (commissiva o, di regola, soltanto omissiva), direttamente ascrivibile ai medesimi, che si caratterizzi per la violazione dei precetti di cui all'art. 147 c.c., e rispetto alla quale, in seno alla struttura dualistica dell'illecito, lo stesso fatto del minore, nella sua globalità, rappresenta il correlato evento giuridicamente rilevante. Di tale responsabilità, configurabile soltanto a titolo di colpa (poiché, in caso di condotta dolosa, le conseguenze, penali e civili, risulterebbero diversamente disciplinate, ex artt. 111 e 185 c.p.), può legittimamente predicarsi la sussistenza, diversamente da quanto previsto, in via generale, dall'art. 2043, solo in presenza di una forma di colpa c.d. specifica, non essendo, all'uopo, sufficiente una colpa soltanto generica, attesa che la previsione di una praesumptio iuris tantum della sua esistenza, così che il genitore potrà dirsi liberato soltanto attraverso la positiva dimostrazione di una rigorosa osservanza dei precetti di cui al menzionato art. 147.

Cass. civ. n. 9742/1997

È corretta ed adeguatamente motivata la decisione del giudice di merito, il quale abbia stabilito un nesso causale tra l'assenza ingiustificata dell'insegnante dall'aula, ed il danno subito da uno degli allievi in conseguenza della condotta imprudente di un compagno di classe, maturata in un clima di generale irrequietezza causata proprio dall'assenza dell'insegnante.

Nel giudizio di risarcimento del danno, causato a terzi per culpa in vigilando del personale docente dell'amministrazione della pubblica istruzione, legittimato passivo non è il docente, ma unicamente l'amministrazione, ai sensi dell'art. 61 legge 11 luglio 1980, n. 312. L'amministrazione, adempiuta l'obbligazione risarcitoria, avrà poi azione di regresso nei confronti del docente.

Cass. civ. n. 7459/1997

Ai fini della responsabilità del genitore per il fatto illecito del minore a norma dell'art. 2048 c.c., la circostanza che il figlio abbia frequentato la scuola e sia avviato ad un mestiere, se può valere ad escludere la presunzione di culpa in vigilando non è idonea a fornire la prova liberatoria della presunzione di culpa in educando, all'uopo occorrendo che sia stata impartita al figlio un'educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini, alla sua personalità.

Cass. civ. n. 2606/1997

La responsabilità del genitore, per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore, trova fondamento, a seconda che il minore sia o meno capace di intendere e volere al momento del fatto, rispettivamente nell'art. 2048 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione ovvero nell'art. 2047 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di sorveglianza e di vigilanza. Le indicate ipotesi di responsabilità presunta pertanto, sono alternative - e non concorrenti — tra loro, in dipendenza dell'accertamento, in concreto, dell'esistenza di quella capacità.

Cass. civ. n. 1683/1997

Gli insegnanti delle scuole elementari rispondono dei danni cagionati dall'atto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza, se non provano ex art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto e, quindi, dimostrando di avere esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta e che nonostante l'adempimento di tale dovere il fatto dannoso per la sua repentinità ed imprevedibilità abbia impedito loro un tempestivo efficace intervento.

Cass. civ. n. 540/1997

In tema di responsabilità dei genitori per i danni cagionati dall'illecito del figlio minore, ove manchi, da parte dei primi, la prova liberatoria di non avere potuto impedire il comportamento dannoso e cioè la dimostrazione di avere impartito al minore l'educazione e l'istruzione consone alle proprie condizioni familiari e sociali e di avere vigilato sulla sua condotta, così da non potersi configurare a loro carico una culpa in educando o in vigilando i genitori medesimi sono obbligati a risarcire i detti danni nella stessa misura con cui tale obbligazione graverebbe sull'autore materiale dell'illecito e, quindi, nel caso sussistano le condizioni, anche al risarcimento dei danni non patrimoniali. (Nella specie, un minorenne, alla guida di un ciclomotore non assicurato, aveva cagionato lesioni ad un pedone; il giudice di merito aveva condannato i genitori dell'investitore al risarcimento dei danni, ritenendo che essi non avevano fornito la prova di avere adeguatamente vigilato sul minore, limitandosi solo a raccomandargli di «andare piano e di stare attento», e consentendogli, peraltro, di circolare senza copertura assicurativa. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza del merito, ritenendola congruamente motivata circa l'inadeguatezza dell'educazione impartita al minore e la vigilanza su di lui esercitata).

Cass. civ. n. 10723/1996

L'art. 2048 c.c., dopo aver previsto la responsabilità dei precettori e dei maestri d'arte per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza, dispone che tali soggetti sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto; cosicché, perché possa verificarsi una tal genere di responsabilità, è necessario che il fatto sia prevedibile, in quanto ciò che è imprevedibile è anche, per definizione, non prevenibile. Per accertare la prevedibilità del fatto il giudice del merito deve far riferimento alla sua ripetitività o ricorrenza statistica, non astrattamente intesa, ma correlata al particolare ambiente di cui si tratta, sulla base della ragionevole prospettazione secondo cui certi eventi, già verificatisi in date condizioni, possono, al riprodursi di queste, ripetersi. (Nella specie, il Ministero della Pubblica Istruzione veniva condannato al risarcimento del danno in relazione alle lesioni subite dall'allievo di una scuola in conseguenza del lancio, da parte di un suo compagno, di una pallina di carta che l'aveva colpito nell'occhio. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza del merito che, nell'affermare la prevedibilità del fatto, aveva tenuto conto del già avvenuto lancio di palline di carta in quella scuola e durante certe ore di insegnamento, nonché della situazione di indisciplina della classe).

Cass. civ. n. 8263/1996

La responsabilità dei genitori per il fatto illecito dei figli minori ai sensi dell'art. 2048 c.c. può concorrere con quella degli stessi minori fondata sull'art. 2043 c.c. se capaci di intendere e di volere. Del pari, il vincolo di solidarietà sussiste anche tra la responsabilità dei genitori da un lato e quella dei precettori dall'altro, fondate rispettivamente sulla culpa in educando e sulla culpa in vigilando, quando sia stata accertata una inadeguata educazione del minore alla vita di relazione.

Cass. civ. n. 3888/1996

In tema di responsabilità del precettore per i danni subiti dall'allievo nel tempo in cui è a lui affidato, il direttore didattico, per la sua attività meramente amministrativa di organizzazione e di controllo dei maestri, deve considerarsi non un precettore, bensì un organo interno dell'amministrazione della scuola pubblica primaria. Conseguentemente, deve essere esclusa la responsabilità ex art. 2048 c.c. per l'infortunio occorso ad un allievo, del direttore di una colonia, non essendo questi tenuto per i suoi compiti meramente amministrativi alla vigilanza sugli alunni, affidata a maestri assistenti.

Cass. civ. n. 8384/1995

Nell'ipotesi di azione di danno proposta nei confronti del genitore esercente la potestà sul figlio minore per il fatto lesivo ascrivibile a quest'ultimo e per la responsabilità da culpa in vigilando ex art. 2048 c.c., non è richiesta la presenza in lite del minore come litisconsorte necessario ed è irrilevante il conseguimento della maggiore età in corso di causa in ordine alla responsabilità civile per fatto antecedente.

Cass. civ. n. 5268/1995

L'art. 2048 c.c. — contemplante la responsabilità dei genitori, tutori, precettori e maestri d'arte — trova applicazione limitatamente ai casi in cui l'incapace cagioni ad altri un danno ingiusto, non anche nell'ipotesi in cui l'incapace si procuri una lesione, tenuto conto, altresì, che la prova liberatoria, prevista al terzo comma di detta disposizione, va opposta al terzo danneggiato, non già all'incapace che si sia autoprocurato un pregiudizio. (Nella specie, una minore si era procurata lesioni scivolando da un'altalena a seguito di un movimento erroneo, risultato del tutto imprevedibile da parte della persona che la sorvegliava, restando, così, esclusa anche la responsabilità di questa, a norma dell'art. 2048 c.c., per culpa in vigilando).

Cass. civ. n. 1623/1994

La responsabilità della P.A. ex artt. 28 Cost., 2043 e 2048 c.c. per le lesioni riportate da un alunno minore all'interno di un istituto di istruzione in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell'orario delle lezioni, ove ne sia consentito l'anticipato ingresso nella scuola o la successiva sosta, sussistendo l'obbligo delle autorità scolastiche di vigilare sul comportamento degli scolari per tutto il tempo in cui costoro vengono a trovarsi legittimamente nell'ambito della scuola fino al loro effettivo licenziamento.

Cass. civ. n. 6937/1993

In tema di responsabilità civile degli insegnanti per i danni cagionati da fatti illeciti di loro allievi, il dovere di vigilanza imposto ai docenti dall'art. 2048, secondo comma, c.c. non ha carattere assoluto, bensì relativo, occorrendo correlarne il contenuto e l'esercizio in modo inversamente proporzionale all'età ed al normale grado di maturazione degli alunni, di modo che, con l'avvicinamento di costoro all'età del pieno discernimento, l'espletamento di tale dovere non richiede la continua presenza degli insegnanti, purché non manchino le più elementari misure organizzative dirette a mantenere la disciplina tra gli allievi. (Nella specie in base al principio così formulato la Corte Suprema ha confermato la decisione del merito che aveva respinto la richiesta di risarcimento di un allievo quindicenne di un istituto tecnico che, nel corso dell'intervallo ed in assenza di sorveglianza da parte degli insegnanti, aveva riportato lesioni personali dalla rottura di una vetrata causata da altri coetanei).

Cass. civ. n. 13424/1992

La responsabilità del genitore per fatto illecito del minore a norma dell'art. 2048 c.c. non è esclusa dall'impedimento del genitore stesso (lontananza o altro) all'esercizio della potestà, traducendosi la relativa prova liberatoria di cui all'ultimo comma dell'art. 2048 c.c. nella dimostrazione non del mero fatto materiale della lontananza, bensì di avere in adempimento dell'obbligo imposto ad entrambi i coniugi dall'art. 147 c.c. — ed indipendentemente, pertanto dall'esercizio della potestà — impartito al minore un'educazione e istruzione consona alle proprie condizioni familiari e sociali, vigilando altresì sulla sua condotta in misura adeguata all'ambiente, alle abitudini ed al carattere del soggetto e, quindi, a prevenire un suo comportamento illecito, nonché, in particolare, a correggere quei difetti come l'imprudenza e la leggerezza che il fatto del minore ha rivelato.

Cass. civ. n. 2995/1984

Ai fini della responsabilità dei genitori per i danni cagionati dai figli minori (art. 2048 c.c.), l'inadeguatezza dell'educazione impartita e della vigilanza esercitata può desumersi, in mancanza di una concludente prova contraria, dalle stesse modalità del fatto illecito commesso (nella specie: lancio di un pugno di calce viva nell'occhio di un coetaneo), perché tali modalità possono rivelare lo stato di maturità, il temperamento e, in genere, l'educazione del minore.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2048 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Simona chiede
giovedì 24/11/2011 - Calabria
“Vi scrivo nella speranza che il quesito che Vi pongo di seguito, sia ritenuto di importanza rilevante e di ricevere, quindi, al più presto una Vostra risposta.
Il Dirigente Scolastico dei nostri figli (Scuola Elementare - 7 e 9 anni)ci ha chiesto (ovviamente per iscritto) l'autorizzazione ad un'uscita con fini didattici chiedendo, però, di "ESONERARE L'ISTITUTO E GLI INSEGNANTI DA OGNI RESPONSABILITA' PER INIZIATIVE PRESE DALL'ALUNNO AL DI FUORI DELLE ISTRUZIONI IMPARTITE DAI DOCENTI".
Vorremmo cortesemente sapere se LA LEGGE consente questo tipo di richiesta di esonero. Noi non abbiamo dato il consenso con il risultato che i nostri figli sono stati fatti rimanere in Istituto, accorpati ad altre classi. Ora, quindi, ci chiediamo se per il futuro i nostri bambini dovranno rinunciare alle gite didattiche o se c'è una legge che sottolinea il loro diritto a parteciparvi senza, però, che l'Istituto chieda l'esonero da ogni responsabilità...
Grazie per l'attenzione e buon lavoro.”
Consulenza legale i 25/11/2011

Tra la scuola e l'alunno si instaura, per effetto della iscrizione di quest'ultimo, un rapporto di natura contrattuale (da c.d. contratto protettivo), in base al quale si pone a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e sull'incolumità dell'allievo nel periodo in cui questo fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, pertanto anche in occasione di gite scolastiche. Tale vigilanza ha anche lo scopo di evitare che l'alunno procuri danni a se stesso.

Nel caso di specie, va subito rilevato che, secondo il nostro ordinamento giuridico, è nullo il patto in forza del quale la responsabilità del debitore (nel nostro caso, la scuola) venga preventivamente esclusa o limitata per dolo o per colpa grave (art. 1229 del c.c., primo comma).

E' inoltre prescritta la nullità di qualsiasi patto di esonero o limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico (art. 1229 del c.c., secondo comma).

La clausola di esonero da "OGNI RESPONSABILITA' PER INIZIATIVE PRESE DALL'ALUNNO AL DI FUORI DELLE ISTRUZIONI IMPARTITE DAI DOCENTI" è del tutto generica e non idonea a realizzare una effettiva esclusione della responsabilità dell'istituto: se non sottoscritta dal genitore, è priva di qualsiasi efficacia in quanto vessatoria ex art. 1341 del c.c..

In ogni caso, anche se la clausola venisse sottoscritta, oltre ai casi di nullità già richiamati ai sensi dell'art. 1229 c.c., sussisterà la responsabilità dell'istituto in vigilando ex art. 2048 del c.c. qualora l'alunno cagioni danni a terzi durante il periodo in cui è assoggettato alla vigilanza degli operatori scolastici. L'istituto avrà l'onere di fornire la difficile prova liberatoria di aver adottato tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo.

Non va comunque scordato che in capo al genitore residua una responsabilità in educando per gli illeciti commessi dal proprio figlio: egli dovrà dimostrare di aver impartito al minore un'educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari (Cass. 20.4.2007 n. 9509).


Guglielmo chiede
sabato 12/02/2011 - Emilia-Romagna

“Vorrei sapere se in caso di infortunio in una scuola elementare, con mancanza di vigilanza del maestro, erano validi anche 40 (circa) anni fa le stesse leggi. Cordiali saluti.”

Consulenza legale i 16/02/2011

Sul piano squisitamente civile, il nostro codice, in vigore fin dal 1942, detta da sempre una norma specifica per il caso di responsabilità per culpa in vigilando del precettore, assicurando al danneggiato una tutela risarcitoria. Per configurarla, è necessario che l'evento lesivo derivi dall'omissione del sorvegliante, il quale non avrebbe impedito, pur essendo nelle condizioni di farlo, la condotta pregiudizievole posta in essere dal minore. Poiché, per poter andare esente da responsabilità, il precettore deve fornire la prova di non aver potuto impedire l'evento, si configura un obbligo di vigilanza gravante sul precettore in senso relativo: non si richiede, quindi, l'adozione di tutte le cautele necessarie ed idonee ad evitare l'evento pregiudizievole, ma solo di quelle necessarie in relazione alle circostanze del caso concreto. Come noto però, il diritto al risarcimento si estingue con il compimento della prescrizione; per il diritto al risarcimento dei danni vige il regime prescrizionale di 5 anni ai sensi dell’art. 2947 del c.c., decorrenti dal giorno in cui il fatto si è verificato.