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Articolo 1442 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Prescrizione

Dispositivo dell'art. 1442 Codice Civile

L'azione di annullamentosi prescrive in cinque anni.

Quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso [1427] o da incapacità legale [1425], il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l'errore o il dolo, è cessato lo stato d'interdizione o d'inabilitazione [429], ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età [2](1).

Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto [1326].

L'annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto, anche se è prescritta l'azione per farla valere(2).

Note

(1) Spetta alla parte che intende far valere l'annullabilità dimostrare che, anche se sono trascorsi cinque anni dalla conclusione del contratto, non sono ancora trascorsi cinque anni dal verificarsi di una di queste ipotesi (v. 2697 c.c.).
(2) L'eccezione di annullamento è, a differenza dell'azione, imprescrittibile.

Ratio Legis

Nelle ipotesi di annullabilità il vizio che inficia il contratto è meno grave rispetto alle ipotesi di nullità (v. 1418 ss. c.c.) pertanto se le parti non lo fanno valere è lecito che la situazione si consolidi definitivamente.
Il dies a quo dal quale decorre il termine di prescrizione coincide con il momento in cui cessa la causa che ha originato il vizio nelle ipotesi di vizio del consenso (v. 1427 c.c.) ed incapacità legale (v. 1425, 1426 c.c.), in coerenza con le ratio sottese a tali istituti.
Infine, l'eccezione di annullamento è imprescrittibile: questo perchè, altrimenti, il contraente contro il quale l'annullamento può essere fatto valere potrebbe attendere il compiersi della prescrizione ed agire, quindi, per l'adempimento.

Brocardi

Quae temporalia sunt ad agendum perpetua sunt ad excipiendum

Spiegazione dell'art. 1442 Codice Civile

Il problema dell'assorbimento della prescrizione speciale dalla prescrizione speciale

A differenza della nullità, nella quale la sanatoria ha carattere eccezionale (v. retro), l’annullabilità è di regola sanabile. Due sono i mezzi generali, valevoli cioè per ogni caso di annullabilità, di sanatoria: la prescrizione dell'azione e la convalida o conferma.

Come in genere tutti i diritti e le azioni, anche l'azione di annullamento si prescrive se il legittimato non l'esercita entro un determinato periodo di tempo. Per quanto l'esigenza della certezza del traffico giuridico voglia che questo periodo sia il più possibile ristretto, il nuovo legislatore non ha accolto la proposta, formulata durante l'elaborazione del nuovo codice, di abbreviare il periodo prescrizionale ed ha mantenuto il vecchio termine di cinque anni, applicabile, data la norma dell'articolo 1324 cod. civ., anche agli atti unilaterali tra vivi.

Il termine, a cui è stata esplicitamente attribuita la qualifica di prescrizionale, decorre, per le cause generali di annullabilità, eccezion fatta per l'incapacità naturale (art. 428 cod. civ.), dal giorno di cessazione di detta causa e per l'errore e il dolo dal giorno in cui fu scoperto l'errore o l'inganno; per le altre cause particolari di annullabilità il termine decorre dalla conclusione del contratto.

Il nuovo codice non ha risolto la vecchia questione se la prescrizione speciale dell'azione di annullamento venga assorbita dalla prescrizione ordinaria. E’ da preferirsi la soluzione negativa; se è vero che il legislatore ha sancito la più breve prescrizione dell'azione di annullamento allo scopo di sottrarre più rapidamente gli effetti del negozio all'incertezza derivante dall'annullabilità, è altrettanto vero che, fissando il dies a quo di questa prescrizione, egli ha inteso escludere ogni altra prescrizione a partire da un diverso momento. L'annullamento del negozio può avvenire, oltre che per via di azione, anche per via di eccezione, quando il soggetto è convenuto per l'esecuzione del negozio; a differenza dell'azione, l'eccezione non è soggetta ad alcun termine prescrizionale in omaggio al noto brocardo «quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum».

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

281 Per esigenze di organicità ho trasferito in questo capo l'art. 227 del progetto del 1936, e ne ho integrato il testo (art. 303) dichiarando che, eccettuate le ipotesi di impossibilità di agire previste dal 2° comma, in ogni altro caso (ad esempio: annullabilità del contratto per conflitto di interessi), il termine di prescrizione dell'azione di annullamento decorre dal giorno in cui il contratto è stato concluso.
Seguendo la dottrina prevalente ho stabilito che il compimento della prescrizione ordinaria assorbe quella speciale e che l'annullabilità può essere opposta in via di eccezione anche se è prescritta l'azione per farla valere.
Noto che nel testo dell'art. 300 si è eliminato ogni dubbio sul carattere del termine speciale, e si è parlato di termine prescrizionale.

Massime relative all'art. 1442 Codice Civile

Cass. civ. n. 384/2018

Il principio "quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum", operante in materia contrattuale in forza dell'art. 1442, ultimo comma, c.c., presuppone che la parte che propone l'eccezione sia convenuta per l'esecuzione della prestazione posta a suo carico, rimasta inadempiuta, e solleva tale parte dell'onere di agire in giudizio per evitare la prescrizione dell'azione di annullamento: deve, pertanto, escludersi che il principio possa trovare applicazione in materia di deliberazioni assembleari, il cui annullamento può essere conseguito attraverso un'impugnazione soggetta ad un termine di decadenza e non di prescrizione.

Cass. civ. n. 10016/2017

In caso di proposizione di azione giudiziale di annullamento del licenziamento, il termine di prescrizione di cui all'art. 1442 c.c. è validamente interrotto dal solo deposito del ricorso introduttivo del giudizio nella cancelleria del giudice adito, senza che, a tali fini, sia necessaria anche la notificazione dell'atto al datore di lavoro, dovendosi evitare che sul soggetto che agisce in giudizio ricadano i tempi di emanazione del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, con una compressione del termine assegnato dal legislatore per l’esercizio del diritto.

Cass. civ. n. 4267/2017

L’azione di reintegra nel posto di lavoro per il personale addetto a pubblici servizi di trasporto in concessione è soggetta, malgrado l'inapplicabilità dell'onere di impugnativa di cui all'art. 6 della l. n. 604 del 1966, al termine di prescrizione quinquennale ex art. 1442, comma 1, c.c., in quanto la mancanza di giusta causa o di giustificato motivo deve essere fatta valere con l’ordinaria azione di annullamento e non con quella di nullità.

Cass. civ. n. 24675/2016

In tema di licenziamento privo di giusta causa o di giustificato motivo, una volta osservato, con l'impugnazione stragiudiziale, il termine di cui all'art. 6 della l. n. 604 del 1966, la successiva azione giudiziale di annullamento del licenziamento illegittimo può essere proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 1442 c.c., decorrente dalla comunicazione del recesso, senza che tale termine possa restare interrotto dal compimento di una diversa attività, quale l'istanza per il tentativo di conciliazione stragiudiziale.

Cass. civ. n. 18248/2016

Il termine di prescrizione dell'azione di annullamento del contratto per errore, esercitata degli eredi del contraente, decorre dalla scoperta da parte degli stessi del vizio inficiante la volontà del proprio dante causa se l'errore si manifesti successivamente alla morte del "de cuius", rimastone ignaro.

Cass. civ. n. 20586/2015

Nel caso di licenziamenti successivi, l'azione giudiziale di annullamento del secondo va proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 1442 c.c., che decorre dalla comunicazione del recesso, senza che, ai fini dell'individuazione del termine "a quo", ex art. 2935 c.c., possa attribuirsi rilevanza al passaggio in giudicato della sentenza che annulli il primo licenziamento, data l'autonomia e la mancanza di pregiudizialità tra i due provvedimenti.

Cass. civ. n. 12083/2015

Quando ricorre l'esistenza di un vizio comportante l'annullamento del contratto, il convenuto per l'adempimento ha la facoltà di chiedere l'annullamento, ove non sia ancora decorso il termine prescrizionale, ovvero, pur in assenza di apposita domanda giudiziale, di sollevare apposita eccezione di annullamento ai sensi dell'art. 1442, ultimo comma, c.c., non soggetta ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento, limitandosi così a denunziare il vizio all'unico scopo di paralizzare la pretesa di controparte.

Cass. civ. n. 10638/2012

L'esistenza di un vizio che comporti l'annullabilità del contratto, così come può essere eccepita dal convenuto per paralizzare la pretesa attorea senza limiti di tempo, allo stesso modo può essere invocata, senza limiti di tempo, dall'attore allorché, chiesto l'adempimento del contratto, si sia visto eccepire l'esistenza d'un patto aggiunto impeditivo della domanda di condanna, ma annullabile per vizio del consenso.

Cass. civ. n. 25945/2011

Il principio "quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum", operante in materia contrattuale in forza dell'art. 1442, ultimo comma, c.c., presuppone che la parte che propone l'eccezione sia convenuta per l'esecuzione della prestazione posta a suo carico, rimasta inadempiuta, e solleva tale parte dell'onere di agire in giudizio per evitare la prescrizione dell'azione di annullamento: deve, pertanto, escludersi che il principio possa trovare applicazione in materia di deliberazioni assembleari, il cui annullamento può essere conseguito attraverso un'impugnazione soggetta ad un termine di decadenza e non di prescrizione. (Nella specie, la C.S. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva negato che il socio di cooperativa, convenuto per il rilascio dell'alloggio in seguito a deliberazione assembleare di esclusione, possa eccepire in ogni tempo l'annullabilità della deliberazione stessa per opporsi a detto rilascio).

Cass. civ. n. 15925/2009

In tema di impugnativa di licenziamento illegittimo, intervenuta l'estinzione di un primo giudizio di annullamento, la successiva azione deve essere proposta entro il termine quinquennale di prescrizione ex art. 1442 c.c. decorrente dall'atto interruttivo, ad effetto istantaneo, costituito, ai sensi dell'art. 2945, terzo comma, c.c., in relazione all'art. 2943 c.c., dalla notifica dell'atto introduttivo del giudizio estinto, senza che, a tal fine, assuma rilievo interruttivo la notifica tardiva del ricorso in riassunzione del precedente processo.

Cass. civ. n. 14781/2009

L'atto posto in essere da un soggetto dopo che allo stesso, nel corso di un procedimento di interdizione, sia già stato nominato un tutore provvisorio, è annullabile, perché compiuto da un soggetto legalmente incapace, tutte le volte in cui il procedimento nel corso del quale è intervenuta la nomina del tutore provvisorio si concluda con la dichiarazione di interdizione, risultando irrilevanti le vicende che vengano a verificarsi nel corso del procedimento (come, nella specie, la revoca della nomina del tutore provvisorio successivamente al compimento dell'atto e la contestuale nomina di un curatore provvisorio). Ne consegue che il termine di prescrizione dell'annullamento decorre, ai sensi dell'art. 1442, secondo comma, c.c., dalla data di cessazione dell'incapacità legale e non da quella di compimento dell'atto annullabile.

Cass. civ. n. 15573/2005

La parte che abbia proposto azione di annullamento del contratto e sia destinataria, in via riconvenzionale, della domanda della controparte di esecuzione dello stesso, non può validamente opporre, in grado di appello, l'eccezione di annullabilità dei contratto al fine di paralizzare la domanda di adempimento, qualora, rimasta soccombente in primo grado, non abbia provveduto ad impugnare anche il capo della decisione che ha respinto la sua domanda, trovando l'opponibilità dell'eccezione ostacolo nel giudicato formatosi sulla pronuncia di rigetto della domanda di annullamento.

Cass. civ. n. 6733/2005

La categoria dell'accertamento costitutivo in via incidentale si può considerare categoria generale, in quanto le norme degli artt. 1442 quarto comma, e 1449, secondo comma, c.c., che espressamente la prevedono, sono suscettibili di applicazione analogica, non potendo qualificarsi come norme eccezionali. Ne consegue che, in tema di azione costitutiva non necessaria (quale deve ritenersi quella avanzata ai sensi dell'art. 1453 c.c., in relazione alla quale l'effetto giuridico della risoluzione del rapporto negoziale non necessariamente deve verificarsi per via giudiziale, potendo trovare realizzazione anche attraverso un accordo di scioglimento del contratto), l'effetto giuridico della risolubilità del contratto per inadempimento può essere invocato anche in via di eccezione dalla parte non inadempiente che sia stata convenuta in giudizio dall'altra per la tutela di un qualche effetto giuridico che debba ricollegarsi alla vigenza attuale o pregressa del contratto, realizzandosi in tal modo un fenomeno per cui l'accertamento incidentale della risolubilità per via di eccezione è funzionale alla elisione dell'effetto giuridico del negozio (principio affermato dalla S.C. in relazione ad un giudizio di opposizione a precetto, nel quale l'opponente, per paralizzare gli effetti del titolo esecutivo giudiziale azionato nei suoi confronti, aveva invocato una intervenuta transazione e l'opposto aveva dedotto in appello in via di azione riconvenzionale la risolubilità della transazione non avente carattere novativo ed il giudice d'appello aveva dichiarato inammissibile, perché nuova, la riconvenzionale e non aveva esaminato la risolubilità sub specie di eccezione, come tale ammissibile, trattandosi di processo pendente al 30 aprile 1995 e, quindi, soggetto all'art. 345 c.p.c. nel testo previgente alla riforma di cui alla legge n. 353 del 1990). La categoria dell'accertamento costitutivo in via incidentale si può considerare categoria generale, in quanto le norme degli artt. 1442 quarto comma, e 1449, secondo comma, c.c., che espressamente la prevedono, sono suscettibili di applicazione analogica, non potendo qualificarsi come norme eccezionali. Ne consegue che, in tema di azione costitutiva non necessaria (quale deve ritenersi quella avanzata ai sensi dell'art. 1453 c.c., in relazione alla quale l'effetto giuridico della risoluzione del rapporto negoziale non necessariamente deve verificarsi per via giudiziale, potendo trovare realizzazione anche attraverso un accordo di scioglimento del contratto), l'effetto giuridico della risolubilità del contratto per inadempimento può essere invocato anche in via di eccezione dalla parte non inadempiente che sia stata convenuta in giudizio dall'altra per la tutela di un qualche effetto giuridico che debba ricollegarsi alla vigenza attuale o pregressa del contratto, realizzandosi in tal modo un fenomeno per cui l'accertamento incidentale della risolubilità per via di eccezione è funzionale alla elisione dell'effetto giuridico del negozio (principio affermato dalla S.C. in relazione ad un giudizio di opposizione a precetto, nel quale l'opponente, per paralizzare gli effetti del titolo esecutivo giudiziale azionato nei suoi confronti, aveva invocato una intervenuta transazione e l'opposto aveva dedotto in appello in via di azione riconvenzionale la risolubilità della transazione - non avente carattere novativo - ed il giudice d'appello aveva dichiarato inammissibile, perché nuova, la riconvenzionale e non aveva esaminato la risolubilità sub specie di eccezione, come tale ammissibile, trattandosi di processo pendente al 30 aprile 1995 e, quindi, soggetto all'art. 345 c.p.c. nel testo previgente alla riforma di cui alla legge n. 353 del 1990).

Cass. civ. n. 6755/2003

La disposizione dell'art. 1442, quarto comma, c.c., secondo cui la parte convenuta per l'esecuzione del contratto può opporne l'annullabilità anche se è prescritta l'azione per farla valere (quae temporalia ad agendum perpetua sunt ad excipiendum), essendo una norma di chiusura si riferisce non solo alle due ipotesi considerate nel precedente secondo comma (annullabilità dipendente da incapacità legale o da vizio del consenso), ma anche e tutti gli «altri casi» richiamati dal terzo comma e, pertanto, deve ritenersi applicabile anche nel caso di annullamento del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato.

Cass. civ. n. 2787/2003

In tema di impugnativa di licenziamento, una volta che, a mezzo di atto stragiudiziale, sia stata evitata la decadenza prevista dall'art. 6 della legge n. 604 del 1966, la successiva azione giudiziale di annullamento del licenziamento illegittimo deve essere in ogni raso proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 1442 c.c., che decorre dal giorno di ricezione dell'atto di intimazione, a nulla rilevando che a seguito alla successiva assoluzione da imputazioni penali sia emersa l'erroneità del presupposto alla base del provvedimento del datore di lavoro, atteso che l'errore rilevante ai fini del decorso della prescrizione dalla sua scoperta è quello in cui è incorsa la parte che esercita l'azione di annullamento e non quello della controparte.

Cass. civ. n. 11182/2002

Ove ricorra un vizio che comporti l'annullamento del contratto, pur in assenza di apposita domanda giudiziale, l'art. 1442, ultimo comma, c.c. consente a chi sia convenuto per la esecuzione dello stesso di far valere il vizio in via di eccezione: tale eccezione, non tendente alla eliminazione dell'atto asseritamente viziato, ma all'unico fine, di paralizzare la pretesa della controparte all'adempimento, non è soggetta ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento e può perciò essere sollevata in ogni tempo.

Cass. civ. n. 13959/2000

La violazione dell'articolo 7 della legge n. 300 del 1970 non dà luogo a nullità del recesso ma lo rende ingiustificato; la medesima deve essere pertanto ricondotta alla previsione di annullabilità di cui all'articolo 18, primo comma della legge cit. e l'azione di impugnazione è soggetta alla prescrizione quinquennale ai sensi dell'articolo 1442, primo comma c.c.

Cass. civ. n. 6526/1998

Ai fini del quarto comma dell'art. 1442 c.c. (a norma del quale l'annullabilità del contratto può essere opposta dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto stesso, anche se prescritta l'azione per farla valere), un contratto deve considerarsi «non eseguito» non solo quando non sia stato realizzato il suo effetto principale, ma anche tutte le volte che lo stesso non abbia avuto completa attuazione, ossia che non sia adempiuta una qualsiasi delle obbligazioni assunte. Correlativamente, ai fini della disposizione in oggetto, una parte si deve intendere «convenuta per l'esecuzione del contratto» tutte le volte che venga convenuta per l'adempimento di una qualsiasi delle obbligazioni da essa assunta con quel contratto, pur se accessoria rispetto a quella principale (la S.C. ha così considerato «non eseguito» un contratto di compravendita immobiliare relativamente al quale il venditore non aveva adempiuto alla propria obbligazione di consegnare il bene all'acquirente).

Cass. civ. n. 3337/1998

Una volta esclusa la decadenza di cui all'art. 6 della legge n. 604 del 1966 per mezzo di tempestiva impugnazione stragiudiziale, l'azione in giudizio diretta, in base all'art. 18, L. n. 300 del 1970, all'annullamento del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo può essere proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all'art. 1442 c.c., e la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l'acquiescenza al medesimo non possono essere desunte né dal lungo intervallo temporale tra l'intimazione del licenziamento e la sua impugnazione giudiziale, né dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, circostanze che di per sé non rivelano in maniera univoca, ancorché implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l'atto risolutivo del rapporto.

Cass. civ. n. 1279/1996

L'eccezione di annullamento del contratto è proponibile anche dopo il termine di prescrizione dell'azione di annullamento solo dalla parte convenuta per l'esecuzione del contratto (art. 1442 comma quarto c.c.) e non può essere utilmente opposta, quindi, dopo che il contratto ha avuto esecuzione, al fine di resistere alla domanda di accertamento della sua esistenza e della sua efficacia, neppure se, trattandosi del contratto di compravendita di un immobile stipulato con scrittura privata non autenticata, tale domanda sia strumentale a quella di trascrizione o di condanna alla stipulazione del contratto riproduttivo in forma pubblica dato che la trascrizione serve solo per rendere il contratto, già perfezionatosi con il semplice consenso delle parti, opponibile ai terzi e che il negozio pubblico riproduttivo serve solo per predisporre uno strumento giuridico necessario per la trascrizione del contratto riprodotto e che, conseguentemente, l'una e l'altro, rimanendo estranei sia agli effetti traslativi della proprietà già prodottisi sia alle altre obbligazioni nascenti dal contratto a carico delle parti (artt. 1476, 1477, 1498 c.c.), non attengono alla esecuzione di questo.

Cass. civ. n. 1027/1995

L'annullamento (rectius: l'annullabilità), a norma dell'ultimo comma dell'art. 1442 c.c. (il quale recepisce il principio secondo cui quae temporalia ad agendum perpetua sunt ad excipiendum), può essere opposta in via d'eccezione, senza limiti di tempo, nello stesso processo da chi sia convenuto per l'esecuzione del contratto. Ne consegue che, trattandosi di eccezione, essa è proponibile per la prima volta anche in appello a norma dell'art. 345, comma 2, c.c.

Cass. civ. n. 2725/1993

La norma di cui all'art. 1442, secondo comma, c.c., secondo la quale; qualora l'annullabilità di un contratto dipende da incapacità legale di uno dei contraenti, l'azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni decorrente dal giorno in cui è cessato lo stato d'interdizione (o d'inabilitazione) riguarda non soltanto il caso in cui il contratto sia stato stipulato direttamente dall'incapace, ma anche quello in cui il contratto sia stato concluso dal rappresentante legale senza le autorizzazioni degli organi tutelaci prescritte dalla legge per il compimento, in nome del minore, di alcune categorie di atti giuridici, ricorrendo anche in questo caso, caratterizzato, come il primo, da un vizio dell'atto determinato dalla sua stipulazione senza le garanzie previste dalla legge nell'interesse dell'incapace, l'esigenza di tutela di questo soggetto dagli effetti negativi dell'inerzia del tutore.

Cass. civ. n. 6278/1990

L'azione della società, per l'annullamento del contratto posto in essere dall'amministratore in conflitto di interessi o con se stesso (artt. 1394, 1395, 2391 c.c.), è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso dalla data dell'atto, ai sensi dell'art. 1442, terzo comma, c.c., (non essendo estensibile la diversa regola dettata dal secondo comma di tale disposizione per i soli casi dei vizi del consenso e dell'incapacità legale). Detta decorrenza non può subire differimenti per l'ipotesi in cui l'amministratore in conflitto sia anche il dominus della società, e quindi sia in grado di interferire sulle decisioni assembleari (inclusa quella d'impugnazione del contratto), trattandosi di eventuale impedimento di mero fatto all'esperimento dell'azione, non di causa giuridica ostativa all'esercizio del relativo diritto (art. 2935 c.c.).

Cass. civ. n. 4925/1990

La speciale disciplina dettata dalla L. 15 luglio 1966, n. 604 per l'impugnativa del licenziamento privo di giusta causa o di giustificato motivo, e, in particolare, la norma dell'art. 6 della stessa legge, relativa alla necessità dell'impugnazione nel termine di decadenza di sessanta giorni, trova applicazione, senza che possa invocarsi la normativa codicistica di diritto comune in tema di errore del negozio giuridico (ed il termine di prescrizione della relativa azione di annullamento), anche per l'azione del lavoratore di annullamento del recesso del datore di lavoro con riguardo al l'ipotesi in cui la volontà del detto recedente sia stata inficiata da una falsa rappresentazione dei fatti addotti a giustificazione del recesso, dei quali abbia per errore ritenuto l'esistenza.

Cass. civ. n. 3835/1983

L'art. 1442 c.c., per il quale il termine di prescrizione dell'azione di annullamento del contratto decorre dal giorno della scoperta dell'errore, deve essere riferito, dato il richiamo operato dall'art. 1433 c.c. (per l'errore ostativo) alla disciplina dell'errore vizio, non solo all'errore inteso come vizio del consenso, ma anche all'errore nella dichiarazione e nella sua trasmissione, dovendo conseguentemente escludersi che per quest'ultimo il termine suindicato decorra dal giorno della conclusione del contratto.

Cass. civ. n. 1717/1975

Per stabilire il momento dal quale comincia a decorrere la prescrizione dell'azione di annullamento del contratto per dolo, questo non viene in considerazione nella sua concreta esistenza — la quale formerà oggetto della successiva indagine di merito circa la fondatezza della domanda — ma è assunto nella sua astratta configurabilità, con riferimento alle allegazioni della parte circa i fatti che lo integrerebbero. Pertanto la scoperta del dolo, dalla quale decorre il termine quinquennale di prescrizione, non può essere identificato con la percezione del consistente divario tra il valore delle prestazioni dedotte in contratto, ma deve farsi coincidere con la percezione, da parte dell'attore, dei mezzi fraudolenti che sono stati messi in opera dalle controparti per carpire il suo consenso, in quanto con l'azione di annullamento si intende tutelare unicamente la libertà del volere dei contraenti, prescindendo da qualsiasi considerazione di equilibrio patrimoniale tra le prestazioni.

Cass. civ. n. 3713/1971

La prescrizione dell'azione di annullamento di un contratto (nella specie, di una transazione, al fine di ottenere una liquidazione del danno in misura superiore a quella convenuta transattiva-mente) può essere interrotta soltanto dalla domanda giudiziale e non anche dalla costituzione in mora; questa invero presuppone un debitore tenuto all'adempimento di una prestazione, onde la sua efficacia interruttiva è limitata ai diritti di credito e non può estendersi a un diritto potestativo, quale è quello all'annullamento del contratto, cui non corrisponde un obbligo di prestazione della controparte.

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