Nozione del negozio di convalida
Oltre che per prescrizione dell'azione, la annullabilità del negozio può sanarsi mediante un successivo atto del titolare del diritto all'annullamento, chiamato nel codice abrogato e nella dottrina relativa conferma o ratifica, e nel nuovo codice convalida. L'innovazione terminologica è discutibile; se era indubbiamente opportuno abbandonare il termine di ratifica, che veniva usato anche a proposito di due altri distinti istituti, la ratifica della gestione rappresentativa e la ratifica del rappresentante legale (detta quest'ultima da taluni anche ratifica-accettazione), non era però necessario creare un termine nuovo, che per di più non è univoco (v.
retro), mentre vi era già l'altra espressione, tradizionale ed univoca, di conferma. A parte questa innovazione terminologica, la disciplina della convalida nel nuovo codice non diverge sostanzialmente, salvo punti particolari, dalla disciplina del codice del codice abrogato.
La convalida del negozio annullabile può essere definita una manifestazione di volontà del titolare del diritto all'annullamento che rende definitivi gli effetti prodotti dal negozio annullabile, eliminando la facoltà di agire per l'annullamento dei medesimi.
Da questa definizione si ricava innanzitutto che la convalida è un negozio giuridico. Ciò significa che l'eliminazione della facoltà di agire per l’annullamento va riportata ad un atto di libera volontà del titolare della facoltà medesima. Questa volontà può essere espressamente manifestata, e allora si ha la convalida
espressa oppure può risultare da un comportamento concludente, ed allora si ha la convalida
presunta, o, come si dice comunemente, la convalida tacita.
Con l'affermazione che la convalida è un negozio giuridico si viene ad escludere che possa ricondursi alla figura della convalida la sanatoria per prescrizione dell'azione. Questa opinione è stata sostenuta in epoca meno recente da diversi autori, per i quali l'inerzia del titolare della facoltà di chiedere l’annullamento per tutto il periodo necessario per 1a prescrizione estintiva costituirebbe una forma di convalida presunta. L'affermazione, che è contraria alla sistemazione legislativa e che, se vera, porterebbe logicamente ad attribuire la natura di negozio abdicativo a qualsiasi ipotesi di prescrizione, non è accettabile: nella sanatoria del negozio per prescrizione viene in considerazione esclusivamente il fatto oggettivo dell'inerzia del titolare indipendentemente da ogni elemento soggettivo, come risulta tra l'altro dalla irrilevanza degli ostacoli di fatto all'esercizio dell'azione. Alla equiparazione dei due istituti osta poi la diversità dell'effetto, che è l'estinzione della facoltà nel caso di prescrizione e l'eliminazione della costituzione di tale facoltà nella convalida.
Sue caratteristiche. La convalida è: a) un negozio patrimoniale; b) un negozio di natura abdicativa
Il negozio giuridico di convalida presenta una propria struttura, diversa da quella del negozio convalidato. Più precisamente, per limitarsi ad esaminarne le caratteristiche fondamentali, esso è:
a) un negozio patrimoniale;
b)un negozio di natura abdicativa. Questa affermazione corrisponde all'insegnamento della dominante dottrina, la quale configura la convalida come un atto di rinunzia alla facoltà di chiedere l'annullamento. A tale atto è attribuita efficacia retroattiva, il che non deve essere inteso nel senso che vengano riportati al passato effetti che solo ora il negozio produce, perché allora è facile rilevare, come hanno fatto diversi autori, l'inesattezza di questa affermazione
(ratihabitio nihil dat novi), ma nel senso che anziché estinguere, come fa la prescrizione, la facoltà di agire per l'annullamento, la convalida elimina la costituzione di questa facoltà, per modo che gli effetti del negozio si debbono considerare come se mai fossero stati annullabili. Pertanto si dovrebbe parlare più esattamente di rinunzia eliminativa, per differenziare questo atto dalla rinunzia traslativa o estintiva, oppure, se si ritiene la retroattività estranea al concetto di rinunzia, semplicemente di negozio eliminativo.
L'art. #1309# del codice abrogato conteneva un inciso che faceva salvi, in caso di conferma, i diritti dei terzi. Questo inciso, derivato dal codice Napoleone (art. 1338) e che la dottrina costruiva come un limite al carattere retroattivo della conferma, non è stato, ed a ragione, riprodotto nel nuovo codice. Si deve tuttavia precisare che una simile limitazione non avrebbe nulla a che fare con il carattere retroattivo della conferma, come a torto viene ripetuto anche nella Relazione del Guardasigilli (n. 128); che i diritti acquistati dai terzi in base ad un atto di colui che aveva già disposto della
res con un contratto annullabile, vengano fatti salvi o meno in caso di successiva conferma da parte del soggetto medesimo, è cosa che non amplia né limita il carattere retroattivo della conferma, consistente nel fatto che gli effetti prodotti si considerano come già
ab origine definitivi. Di una vera limitazione alla retroattività della conferma si potrebbe parlare solo intendendo la retroattività nel senso che la conferma del negozio annullabile attribuisce al negozio sino dal momento della sua conclusione gli effetti che le parti intendevano produrre e che non si erano prodotti, il che è in contrasto con la nozione stessa di annullabilità e si armonizza invece con quella di nullità.
E’ evidente che la configurazione tradizionale della conferma come un atto di rinunzia può essere accolta solo in quanto si ammetta l'esistenza dei diritti potestativi, nei quali rientrerebbe il diritto all'annullamento, a cui si rinunzia; ove invece si aderisca all'opinione che nega la categoria dei c. d. diritti potestativi, si dovrà dare una diversa costruzione alla convalida, e precisamente costruirla come un negozio giuridico impeditivo, cioè un negozio che non opera nel campo delle vicende del rapporto giuridico, ma nel campo delle fattispecie, in quanto toglie il valore di fattispecie al successivo fatto della sentenza di annullamento.
Partendo da un diverso punto di vista si è voluto da altri criticare la configurazione tradizionale della convalida, in base all'osservazione che colui che ha manifestato, in modo esplicito o tacito, la sua volontà di convalidare il negozio annullabile intende essenzialmente rendere valido l'atto convalidato, eliminando la situazione di incertezza collegata alla possibilità di annullamento del negozio, mentre l'estinzione del diritto all'annullamento che ne deriva non sarebbe che una mera conseguenza, un risultato secondario di rilevanza processuale dell'atto di conferma. La conferma avrebbe pertanto una funzione principale, intrinseca e positiva, consistente nel sanare il vizio dell'atto, trasformando il negozio da negozio invalido in negozio valido, ed in via accessoria, data l'incompatibilità di questo effetto principale con la permanenza dell'azione di annullamento, la funzione di estinguere la facoltà di chiedere l'annullamento. A parte osservazioni particolari nei confronti di questa teoria, della quale è traccia anche nei lavori preparatori del nuovo codice, è da rilevare che, anche aderendo ad essa, resta sempre la possibilità di un negozio diretto in via esclusiva a rinunciare alla facoltà di agire per l'annullamento, il quale costituirebbe un mezzo autonomo di convalescenza del negozio annullabile, rivolto ad ottenere per via processuale quegli stessi effetti che la convalida in senso stretto conseguirebbe agendo direttamente sulla sostanza del negozio.
E’ infine appena necessario rilevare che non si può in alcun modo accogliere quella vecchia ed isolata teoria, la quale, confondendo nullità ed annullabilità, attribuisce alla convalida il carattere di atto di rinnovazione del contratto.
c) Un negozio, di regola, unilaterale e non recettizio
c) un
negozio, di regola, unilaterale e non recettizio. E’ pertanto sufficiente la sola volontà del legittimato ad agire e non occorre che questa volontà sia indirizzata e notificata alla controparte. Fa eccezione il caso in cui la convalida fa parte di un contratto bilaterale (convalida dietro corrispettivo), nel qual caso la convalida assume natura contrattuale. La convalida può anche assumere eccezionalmente la struttura di atto unilaterale recettizio
(infra, sub d);
d)
un negozio, di regola, formale. Mentre il negozio convalidato può essere un negozio formale o meno, la convalida è, di regola, un negozio formale. Per quanto la convalida non debba avvenire nella stessa forma del contratto convalidato, se questo è un contratto formale, sembra tuttavia risultare dalla norma in esame, che parla di atto di convalida, che sia richiesta la forma scritta. In ogni caso poi la convalida è un negozio formale nel senso che la norma fissa il preciso contenuto della relativa dichiarazione, richiedendo che essa contenga la menzione del contratto annullabile (e cioè, secondo l’insegnamento dominante, gli elementi necessari per individuare il contratto convalidato, che possono in concreto, consistere anche nella semplice indicazione della data, in modo da non lasciare dubbio che chi conferma vuole confermare proprio quel contratto) e la menzione del motivo di annullabilità, nel che si deve ravvisare la necessità della conoscenza da parte del convalidante non solo del fatto che causa l'annullabilità, ma anche della conseguenza che la norma riconnette a questo fatto.
Alla regola del carattere formale della convalida si sottrae la c.d. convalida tacita, consistente nell'esecuzione volontaria del contratto annullabile da parte del soggetto a cui competeva l'azione di annullamento e che conosceva il motivo di annullabilità. Se si tratta di esecuzione di prestazione per cui è necessaria la cooperazione del creditore, allora la convalida, oltre che il carattere di negozio formale, perde anche quello di negozio non recettizio.
Dato che nella c.d. convalida tacita la volontà di eseguire il contratto e la volontà di convalidarlo non sono due aspetti dello stesso atto volitivo, come avviene invece, ad esempio, nel caso di revoca tacita del testamento per incompatibilità oggettiva delle disposizioni nei confronti della volontà del nuovo testamento e della revoca del vecchio, ma si tratta invece di due volontà distinte, dalla sussistenza di una delle quali si presume l'altra, è meglio parlare, anziché di convalida tacita, di convalida presunta. Chiarito ciò, ci si domanda se l'individuazione del fatto (esecuzione volontaria), che serve di base per l'illazione della sussistenza di una volontà di convalidare abbia un carattere tassativo o solo esemplificativo. Questa vecchia questione è risolta nel secondo senso dalla maggioranza della dottrina, la quale ravvisa la figura della convalida presunta in qualsiasi atto del titolare del diritto all'annullamento che sia incompatibile con la volontà di far annullare il contratto (ad esempio, domanda di dilazione del pagamento da parte del debitore, accettazione della prestazione da parte del creditore, novazione, alienazione o consumazione della cosa che ha formato oggetto del contratto, ricognizione documentale del medesimo).
La prima soluzione sembra tuttavia, preferibile, e questo non tanto per il fatto che il secondo comma dell'articolo in esame configuri un'eccezione al principio, in verità assai discutibile, secondo cui le rinunce non possono mai presumersi, quanto perché il codice, là dove, invece di procedere ad una individuazione specifica del fatto che serve di base all'illazione su cui si fonda la figura della dichiarazione presunta, intende limitarsi a fissare un criterio generale, non manca di sancirlo espressamente (v., ad esempio, gli articoli 476 e 2937 cod. civ.). Si aggiunga poi che l'assenza di una disposizione espressa in questo senso assume un particolare significato nel nuovo codice, date le gravi dispute sussistenti in proposito sotto l'impero del codice abrogato. Né in favore dell'opposta soluzione può argomentarsi dall'art. 768 cod. civ., trattandosi di una norma di carattere speciale, la quale se mai, data la minuzia con cui la norma precisa i fatti concludenti da cui si desume la conferma della divisione annullabile, conferma e non avversa la soluzione accolta.
L'art. #1309# del codice civile abrogato, sull'esempio del codice albertino, richiedeva che l'esecuzione del negozio annullabile fosse relativa alla maggior parte del medesimo; il nuovo codice, ritornando al sistema del codice Napoleone, non pone tale limitazione, rimettendo alla discrezione del giudice la valutazione del significato di una esecuzione anche parziale. L'innovazione è opportuna, perché — come è detto nei lavori preparatori, anche l’esecuzione di una parte minima, per l'importanza sostanziale che riveste, può esprimere la volontà di convalidare il contratto.
Il requisito della volontarietà dell’esecuzione
L'esecuzione del contratto, per dar luogo alla convalida presunta, deve avvenire volontariamente. Ci si domanda se questo avverbio, che corrisponde a quello «spontaneamente» usato nei confronti dell'esecuzione della obbligazione naturale (art. 2034 cod. civ.), debba essere inteso nel senso che non ha effetto esecuzione viziata da violenza o coazione o nel senso più ampio che il comportamento di colui che esegue il contratto annullabile non deve essere determinato dal comportamento altrui. La seconda interpretazione è preferibile. Chiarito ciò, occorre poi ancora precisare se qualsiasi comportamento del terzo è rilevante o se questo comportamento deve assumere la configurazione precisa della violenza o del dolo. Interpretando nel primo senso la norma, l'avverbio «volontariamente» si mostra inutile, data già la sussistenza delle norme di cui agli articoli 1434-1440 cod. civ. e all'ultimo comma dell'articolo in esame. Si deve pertanto ritenere che il comportamento del terzo è rilevante anche se non rientra esattamente nella fattispecie della violenza o del dolo, in particolare anche se si tratta di una minaccia di un male non notevole, o di un raggiro non proveniente dalla controparte e da questa non conosciuto. Resta invece dubbio se, in conformità di quanto è detto nei lavori preparatori a proposito dell'esecuzione dell'obbligazione naturale, anche la semplice istanza del creditore escluda la volontarietà.
e) Un negozio al quale non è applicabile l’istituto dell’annullabilità; f) un negozio irrevocabile
e) un
negozio al quale non è applicabile l'istituto dell’annullabilità. Il negozio di convalida o produce effetti definitivi o non produce effetti; le normali cause di annullabilità assumono, nei confronti del negozio di convalida, il valore di cause di nullità.
Per quanto il tenore letterale dell'ultimo comma dell'art. 1444
cod. civ. si riferisca solo alle ipotesi di incapacità del soggetto o, al più, alle cause soggettive di annullabilità, in considerazione di quanto risulta dal requisito della volontarietà dell'esecuzione (v.
retro, sub d) e soprattutto dell'identità della
ratio,si deve ritenere la norma applicabile a tutte le ipotesi di annullabilità.
f) un
negozio irrevocabile.
La convalida parziale
Delineate le linee fondamentali della convalida del negozio annullabile, resta da dire rapidamente di alcune questioni particolari che riguardano questo istituto.
Si discute se sia ammissibile una convalida parziale del contratto annullabile. Di convalida parziale si può parlare in due sensi, e cioè con riferimento al soggetto dell'atto di convalida, nel caso di più titolari dell'azione di annullamento e con riferimento all'oggetto dell'atto di convalida.
Nel primo senso è certa la possibilità di una convalida parziale, la quale non produrrà i suoi effetti, cioè l'attribuzione alle vicende di un carattere definitivo, che quando e se seguirà la convalida degli altri soggetti, restando nel frattempo esclusa la possibilità di un'annullamento ad opera del soggetto che ha effettuato la convalida. Praticamente, trattandosi di annullabilità assoluta, è ben difficile, per non dire impossibile, che tali effetti vengano raggiunti, dato il gran numero di soggetti che dovrebbero procedere alla convalida. Si tratta però esclusivamente, come si è detto, di un'impossibilità di fatto, che non incide sulla sanabilità in astratto dell'annullabilità.
Per quanto riguarda la questione della ammissibilità di una convalida parziale nel secondo senso, o, come suol dirsi comunemente, della divisibilità o indivisibilità della convalida, l'opinione negativa non è seguita dalla maggioranza della dottrina, la quale però suole porre alcune limitazioni all'ammissibilità di una tale convalida. Così, per non limitarci ad esporre che gli atteggiamenti principali della teoria positiva, il Sintenis subordina tale convalida al consenso dell'altra parte; il Bekker distingue tra negozi a titolo gratuito, per i quali ammette la divisibilità, e negozi a titolo oneroso; il Barassi fissa come criterio di massima il principio che la convalida non deve in alcun modo alterare la natura giuridica ed economica del contratto e fa due interessanti applicazioni pratiche di questo principio: dato un contratto in cui si tratta della vendita di un mulino e di un magazzino esistente nella città per il deposito o lo smercio della farina, non è ammissibile la convalida di una parte sola del contratto, in quanto l'utilità dell'oggetto di ognuno dei due negozi è in funzione dell'utilità dell'altro; se invece con un unico atto di compera acquisto da un gioielliere parecchi oggetti estranei l'uno all'altro, se a me piace limitare la convalida ad alcuni soli, non si vede perché non lo dovrei fare, a meno che - aggiunge - gli oggetti venduti non costituiscano una fornitura che nel suo insieme ha un valore, per esempio storico, assai più del valore dei singoli oggetti separati. Per il Macchia infine l'oggetto del negozio deve essere divisibile in parti non solo naturalmente, ma anche giuridicamente ed economicamente indipendenti tra di loro, in modo che la situazione che si viene a determinare per talune di esse non possa ripercuotersi sulle altre.
Escluse senz'altro l'opinione negativa, che non ha alcun fondamento ed è anzi contraria al principio della conservazione del negozio, e l'opinione positiva che richiede il consenso della controparte, nel qual caso non è dubbia la validità di un simile atto, che però non è più convalida di contratto annullabile, ma un nuovo e distinto contratto, mi sembra che la questione non sia stata bene impostata dagli altri sostenitori della tesi positiva. Invero la dottrina, nella soluzione di questo problema si fonda, esplicitamente o tacitamente, sul presupposto che la convalida parziale avrebbe l'effetto di convalidare il contratto per la parte a cui la convalida si riferisce e di annullarlo per la restante parte. Questo presupposto è inesatto; non solo chi convalida parzialmente un negozio può non volere anche l'annullamento immediato della parte residua, in quanto intende rimettere ad un tempo successivo la valutazione della convenienza o meno di detto annullamento, ma in ogni caso la convalida parziale non può produrre annullamento della parte non convalidata, dato che nel nostro ordinamento l'annullamento può avvenire solo per sentenza (v.
retro, pag. 672). Quindi alla convalida parziale non può essere attribuita altra efficacia che quella di rendere definitivi soltanto alcuni o parte (con riferimento cioè al
quantum della vicenda) degli effetti del negozio, lasciando impregiudicata l’annullabilità degli altri. Un altro appunto che può muoversi alla dottrina — e l'osservazione vale soprattutto nei confronti della dottrina del nuovo codice — è quello di non essersi preoccupata di ricercare una norma precisa che regoli un caso affine o una materia analoga sulla quale fondarsi per risolvere la lacuna in esame. Questa norma esiste nel nuovo codice ed è l’art. 1419 cod. civ.
Premesso ciò, si deve dire che una convalida parziale è di regola efficace, a meno che non si debba ritenere che l'altra parte non avrebbe concluso il contratto senza quella parte del medesimo che non forma oggetto della convalida (arg.
ex art. 1419 cod. civ.). In quest'ultimo caso la convalida non è tuttavia nulla, data la possibilità che intervenga successivamente una convalida per la parte residua o l'annullabilità venga meno per prescrizione, ma inefficace in senso stretto. Se segue detta convalida, il primo atto produce i suoi effetti; diversamente le vicende rimangono annullabili ed il successivo annullamento, anche se limitato nel suo oggetto, toglie ogni efficacia al contratto.
Risolto in questo senso il problema della convalida parziale, ci si domanda se questa debba essere necessariamente espressa o possa essere anche presunta. I dubbi che potevano sorgere in proposito per il vecchio codice in relazione alla limitazione ivi contenuta per cui l'esecuzione doveva avere per oggetto la maggior parte del contratto (art. #1309#), non hanno più ragione di sussistere nel nuovo codice che tale limitazione non riproduce. Pertanto, qualora l'esecuzione di una parte del contratto non sia tale da far presumer la volontà di convalidare l'intero contratto, detta esecuzione potrà valere come convalida di quella sola parte del contratto a cui l'esecuzione si riferisce.
Un altro punto delicato è quello concernente la validità di una convalida precedente o contestuale al contratto annullabile. Una rinuncia generica a far valere tutte le cause di annullabilità che eventualmente inficino il contratto che si conclude o si concluderà, non sarebbe mai valida, difettando il requisito della scienza del vizio. Non sussistono invece fondate ragioni per negare la ammissibilità di una convalida specifica; si deve piuttosto rilevare che, dato il disposto dell'ultimo comma dell'art. 1444 cod. civ., è ben difficile — per non dire impossibile — prospettare un caso in cui tale convalida sarebbe in concreto valida.