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Articolo 1137 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea

Dispositivo dell'art. 1137 Codice Civile

(1)Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.

Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio(2) ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire(3) l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti(4).

L'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria(5).

L'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I del Codice di procedura civile(6).

Note

(1) Articolo così modificato con legge 11 dicembre 2012 n. 220.
Il testo precedente disponeva:
"Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti
".
(2) Possono distinguersi due categorie di delibere invalide:
1. delibere inesistenti e nulle, aggredibili in ogni tempo da chiunque dimostri di avervi interesse (es. delibera assunta fuori dall'assemblea);
2. delibere impugnabili (o annullabili) che possono essere portate innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria entro 30 giorni (es. delibera assunta con il voto di un condomino fornito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento).
Solo le seconde, all'evidenza, sono sottoposte alla disciplina dell'articolo in commento.
(3) Poiché è scomparso il riferimento al "ricorso", l’impugnazione dovrà essere proposta con atto di citazione.
(4) La Corte costituzionale. con sentenza n. 49 del 1990, ha affermato l'illegittimità dell'art. 1 della L. 742, n. 1969 nella parte in cui non prevede che la sospensione dei termini nel periodo feriale si applichi altresì alla decadenza di trenta giorni di cui all'art. 1137 in materia di impugnazione delle delibere assembleari.
(5) La sospensione della delibera viene ordinata dal giudice ove sussista il pericolo di un danno irreparabile che fa seguito all'esecuzione del provvedimento.
(6) Comma riformulato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Ratio Legis

La disposizione permette ai condomini che non hanno espresso voto favorevole alla delibera adottata dall'assemblea, oltre che a coloro che non hanno votato, di impugnare la stessa, se contraria alla legge od al regolamento condominiale.
La disposizione non considera, però, le delibere viziate da nullità, in quanto illecite ovvero mancanti di un elemento essenziale, in riferimento alle quali è sempre possibile l'impugnazione in ogni tempo e da parte di chiunque (es.: le delibere adottate dall'assemblea alla quale non siano stati invitati tutti i condomini).
Essa, inoltre, non riguarda le delibere affette da nullità relativa: ne sono esempio quelle che pregiudicano la proprietà esclusiva di certi condomini, sempre impugnabili in ogni tempo solo singolarmente da ognuno di essi.

Spiegazione dell'art. 1137 Codice Civile

Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea. Termine di decadenza

Si è già rilevato che le deliberazioni prese dall'assemblea giusti gli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.

Intuitivamente a tale principio, i dissenzienti non possono in alcun modo provocare un esame della deliberazione nella sfera di discrezionalità dei partecipanti, ma possono ricorrere all'Autorità giudiziaria contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio.
Poiché la disposizione in commento ammette l'impugnazione della delibera assembleare solamente da parte dell'assente, del dissenziente e dell'astenuto, il condomino presente che abbia presenziato all'assemblea non può naturalmente impugnare la deliberazione se non è stato dissenziente o non si è astenuto.
Inoltre, l'interesse ad impugnare deve essere un interesse concreto, dovendo riguardare il conseguimento, per il condominio, di un vantaggio effettivo come effetto della caducazione della deliberazione adottata in sede di assemblea. Pertanto, la giurisprudenza ha affermato che, alla luce della necessità che tale interesse all'impugnazione rivesta i caratteri della concretezza, la domanda ex art. 1137 c.c. non può essere sorretta dal semplice interesse alla "legalità della gestione comune", poiché questo sarebbe un interesse astratto e, in quanto tale, inidoneo ad integrare gli estremi dell'interesse ad agire di cui all'art. 110 del c.p.c. (Trib. Milano 241/2001).

Ad evitare che il capriccio o la litigiosità di un partecipante intralci la esecuzione della deliberazione, il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'Autorità stessa.

Sotto pena di decadenza, ricorso deve essere proposto entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti, analogamente a quanto è stato disposto per la comunione in genere nell'ultimo comma dell' art. 1109 del c.c..

Le delibere adottate in sede assembleare possono essere nulle oppure annullabili.

Tuttavia, la disposizione in commento non disciplina espressamente le due ipotesi e non offre all'interprete un elenco di casi all'interno dei quali orientarsi, rimettendo all'interpretazione la scelta per l'una o l'altra patologia.
Tale differenza non è meramente teorica, ma ricade sul termine di impugnazione della delibera.
Le delibere nulle, infatti, non soggiacciono al termine decadenziale dei trenta giorni sopra indicato, poiché la nullità può sempre essere fatta valere da chi ne abbia interesse.

La dottrina annovera principalmente, tra i casi di nullità della delibera assembleare:
  • deliberazioni il cui oggetto sia illecito o impossibile;
  • deliberazioni il cui oggetto abbia ecceduto i limiti previsti dalla legge o che non rientra nelle competenze dell'assemblea;
  • deliberazioni affette da vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea o alla formazione della volontà della maggioranza prescritta dalla legge;
  • deliberazioni adottate con maggioranze inferiori alle prescritte;
  • deliberazioni che incidono su diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva dei condomini.

Viceversa, sono ritenute semplicemente annullabili:
  • deliberazioni contrarie alla legge che, tuttavia, riguardano un oggetto che rientra tra i poteri dell'assemblea;
  • deliberazioni affette da vizi formali attinenti al procedimento di convocazione dell'assemblea (cfr. art. 63 delle disp. att. c.c.) o di informazione della stessa.
  • deliberazioni viziate da eccesso di potere o da incompetenza.

La "Riforma Cartabia" (D. Lgs. 149/2022) ha da ultimo inciso sulla disposizione in commento, modificando il quarto comma. In particolare, è stato eliminato il riferimento al sesto comma dell'art. 669 octies del c.p.c..
Pertanto, attualmente, il ricorrente, dopo aver ottenuto la sospensione dell'efficacia della deliberazione condominiale in sede assembleare, non ha più l'onere di proporre la causa di merito, allorquando l'interesse alla causa di merito sia venuto meno in seguito a detta sospensione.
Tale scelta legislativa si colloca nell'ottica deflattiva del contenzioso che ispira tutta la "Riforma Cartabia".

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

532 Le attribuzioni dell'assemblea e la validità delle deliberazioni da essa adottate ricevono (art. 1135 del c.c. e art. 1136 del c.c.) una disciplina sostanzialmente conforme a quella che dettava il R. decreto-legge 5 gennaio 1934 (articoli 23 e 24). Per altro, riguardo alla costituzione dell'assemblea e alla validità delle deliberazioni, ho apportato alcuni ritocchi alle disposizioni dell'art. 24 del citato decreto-legge e ho stabilito che l'assemblea non può deliberare se tutti i condomini non sono stati invitati alla riunione. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ciascun condomino può ricorrere all'autorità giudiziaria nel termine di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti; ma il ricorso, in conformità di quanto è disposto in tema di comunione in generale (art. 1109 del c.c.), non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria (art. 1137 del c.c.). Circa i regolamenti di condominio, senza variare la maggioranza qualificata richiesta per la loro approvazione dall'art. 28, primo comma, del decreto-legge più volte citato, e assoggettandone l'impugnazione alle norme stabilite, in tema di comunione in generale, per gli altri regolamenti di comunione, ho creduto opportuno renderne obbligatoria la formazione quando il numero dei condomini è superiore a dieci (art. 1138 del c.c.). La pubblicità di tali regolamenti è assicurata dalla trascrizione di essi in apposito registro, da tenersi, come si precisa nelle disposizioni di attuazione del codice, dall'associazione professionale dei proprietari di fabbricati. In questo registro devono anche essere annotate, perciò i terzi ne abbiano conoscenza, la nomina e la cessazione per qualunque causa dell'amministratore dall'ufficio (art. 1129, ultimo, comma).

Massime relative all'art. 1137 Codice Civile

Cass. civ. n. 37852/2022

Allorché una clausola del regolamento di condominio, di natura convenzionale, obblighi i condomini a richiedere il parere vincolante dell'assemblea per l'esecuzione di opere che possano pregiudicare il decoro architettonico dell'edificio, la delibera, con la quale l'assemblea neghi al singolo condomino il consenso all'esecuzione dell'intervento progettato in quanto considerato lesivo dell'estetica del complesso, può essere oggetto del sindacato dell'autorità giudiziaria, agli effetti dell'art. 1137 c.c., al solo fine di accertare la situazione di fatto che è alla base della determinazione collegiale, costituendo tale accertamento il presupposto indefettibile per controllare la legittimità della delibera.

Cass. civ. n. 15320/2022

Il sindacato dell'autorità giudiziaria sulla contrarietà alla legge o al regolamento delle deliberazioni prese dall'assemblea dei condomini, ai sensi dell'art. 1137 c.c., nella specie in ordine alla ripartizione delle spese inerenti ad una locazione immobiliare stipulata nel comune interesse dal condominio in veste di conduttore ed avente ad oggetto il godimento di un immobile di proprietà di terzi, non può riguardare la convenienza economica dell'importo del canone pattuito o la legittimità dell'accollo in capo al condominio conduttore degli esborsi sostenuti per il mantenimento della cosa in buono stato locativo o per l'esecuzione di miglioramenti o addizioni alla stessa, né può concernere questioni relative alla nullità o all'inefficacia delle clausole del contratto di locazione.

Cass. civ. n. 12932/2022

In tema di condominio negli edifici, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può effettivamente abbracciare anche l'eccesso di potere, purché la causa della deliberazione risulti - sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito - falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all'art. 1137 c.c., non è finalizzato a controllare l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea.

Cass. civ. n. 5997/2022

In caso di impugnazione della delibera condominiale, la cessazione della materia del contendere può ravvisarsi soltanto quando il secondo deliberato modifichi le decisioni del primo in senso conforme a quanto richiesto dal condomino che impugna e non anche quando reiteri o comunque adotti una decisione nello stesso senso della precedente, presupponendo la stessa il sopravvenire di una situazione che consenta di ritenere risolta o superata lite insorta tra le parti, sì da comportare il venir meno dell'interesse a una decisione sul diritto sostanziale dedotto in giudizio.

Cass. civ. n. 40827/2021

In tema di assemblea di condominio, sebbene il relativo verbale dovrebbe contenere l'elenco nominativo dei condomini intervenuti, indicando assenti e dissenzienti, nonché il valore delle rispettive quote, la mancanza di tale indicazione non incide sulla validità della delibera, ove a tale incompletezza possa rimediarsi mediante un controllo "aliunde" della regolarità del procedimento. Sicché non è annullabile la deliberazione il cui verbale, ancorché non riporti l'indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, cionondimeno contenga l'elenco di tutti i condomini presenti, con i relativi millesimi e rechi, altresì, l'indicazione nominativa di quelli che si sono astenuti e di quelli che hanno votato contro, nonché del valore complessivo delle rispettive quote millesimali, consentendo tali dati di stabilire con sicurezza, per differenza, quanti e quali condomini hanno espresso voto favorevole, nonché di verificare che la deliberazione assunta abbia superato il "quorum" richiesto dall'art. 1136 c.c.

Cass. civ. n. 35794/2021

Nel giudizio di impugnazione avverso una delibera assembleare, ex art. 1137 c.c., la questione dell'appartenenza, o meno, di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, ovvero della titolarità comune o individuale di una porzione dell'edificio, in quanto inerente all'esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., può formare oggetto di un accertamento meramente incidentale, funzionale alla decisione della sola causa sulla validità dell'atto collegiale, ma privo - in assenza di esplicita domanda di una delle parti ai sensi dell'art. 34 c.p.c. - di efficacia di giudicato in ordine all'estensione dei diritti reali dei singoli, svolgendosi il giudizio ai sensi dell'art. 1137 c.c. nei confronti dell'amministratore del condominio, senza la partecipazione, quali legittimati passivi, di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario.

Cass. civ. n. 9839/2021

In tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c..

Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via d'azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, dell'eccezione con la quale l'opponente deduca solo l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.

Cass. civ. n. 4026/2021

In forza della disciplina vigente in data anteriore rispetto all'entrata in vigore del nuovo regime introdotto con la novella del 2012, all'assemblea condominiale deve essere convocato il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, che è volto essenzialmente all'esigenza di tutela dei terzi in buona fede, fra i quali non possono considerarsi i condomini. Ne consegue che, qualora, come nel caso di specie, sia stata omessa la convocazione del reale condomino, quest'ultimo può legittimamente impugnare la delibera assembleare per ottenerle l'annullamento ai sensi dell'art. 1137 c.c.

Cass. civ. n. 3847/2021

Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una posta di debito permanente di quel partecipante), una volta approvato dall'assemblea può essere impugnato ai sensi dell'art. 1337 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso.

Cass. civ. n. 2636/2021

Nel giudizio di impugnazione di una delibera assembleare ex art. 1137 c.c., i singoli condomini possono volontariamente costituirsi mediante intervento che, dal lato attivo, va qualificato come adesivo autonomo (con la facoltà di coltivare il procedimento nei vari gradi di lite, anche in presenza di rinunzia o acquiescenza alla sentenza da parte dell'originario attore), ove essi siano dotati di autonoma legittimazione ad impugnare la delibera, per non essersi verificata nei loro confronti alcuna decadenza, ovvero, se quest'ultima ricorra, come adesivo dipendente (e, dunque, limitato allo svolgimento di attività accessoria e subordinata a quella della parte adiuvata, esclusa la possibilità di proporre gravame); tale ultima è la qualificazione da riconoscersi, altresì, all'intervento, ove questo sia a favore del condominio, siccome volto a sostenere la validità della delibera impugnata, stante la legittimazione processuale passiva esclusiva dell'amministratore nei giudizi relativi all'impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea, non trattandosi di azioni relative alla tutela o all'esercizio dei diritti reali su parti o servizi comuni.

Cass. civ. n. 2127/2021

L'efficacia preclusiva e precettiva del giudicato di annullamento di una delibera condominiale è meramente negativa, in quanto essa pone soltanto un limite all'esercizio dell'attività di gestione dell'assemblea, impedendole di riapprovare un atto affetto dagli stessi vizi, atto che sarebbe altrimenti a sua volta invalido; la sentenza di annullamento resa ai sensi dell'art. 1137 c.c. ha, inoltre, effetto nei confronti di tutti i condomini, anche qualora non abbiano partecipato direttamente al giudizio di impugnativa promosso da uno o da alcuni di loro, ma con riguardo alla specifica deliberazione impugnata. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 19/12/2014).

Cass. civ. n. 28508/2020

n tema di impugnazioni delle delibere assembleari, il comma 2 dell'art. 1137 c.c., nel riconoscere ad ogni condomino assente, dissenziente o astenuto la facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri delle relative controversie, le quali, d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli articoli 806 e 808 c.p.c.. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 27/02/2019).

Cass. civ. n. 10847/2020

In tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'art. 2377, comma 8, c.c. dettato in tema di società di capitali, a condizione che la nuova deliberazione abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della deliberazione impugnata, ferma soltanto l'avvenuta rimozione dell'iniziale causa di invalidità. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO CATANIA, 26/07/2018).

Cass. civ. n. 5611/2019

In tema di impugnazione di delibere condominiali annullabili, la legittimazione ad agire spetta al condomino che sia stato assente all'assemblea nel corso della quale la delibera contestata è stata assunta o che, se presente, abbia espresso in merito il suo dissenso o si sia astenuto, ricadendo sullo stesso l'onere di provare tali circostanze. Il difetto di detta legittimazione può, invece, essere rilevato d'ufficio dal giudice ed il relativo accertamento non è soggetto a preclusioni, non potendosi accordare la facoltà di opporre la menzionata delibera a chi non ne abbia titolo. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 02/07/2013).

Cass. civ. n. 27162/2018

In tema di condominio, il generale potere ex art. 1137 c.c. di impugnare le deliberazioni condominiali in relazione alle spese necessarie per le parti comuni dell'edificio compete al proprietario della singola unità immobiliare, mentre non spetta all'utilizzatore di un'unità immobiliare in leasing, essendo lo stesso titolare non di un diritto reale, ma di un diritto personale derivante da un contratto ad effetti obbligatori che rimette il perfezionamento dell'effetto traslativo ad una futura manifestazione unilaterale di volontà del conduttore. Né, ai fini della legittimazione dell'utilizzatore in leasing alla partecipazione all'assemblea ed alla correlata impugnativa, può rilevare il principio dell'apparenza del diritto, dando valore dirimente al fatto che quegli si comportasse abitualmente come fosse un condomino, non trovando motivo di applicazione i principi di affidamento e di tutela dell'apparentia iuris nei rapporti fra condominio e singoli partecipanti ad esso.

Cass. civ. n. 20135/2017

In tema di condominio negli edifici, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l'eccesso di potere, purché la causa della deliberazione risulti - sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito - falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all'art. 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea. Ne consegue che esulano dall'ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti la vantaggiosità della scelta operata dall'assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni (quali, nella specie, l'erogazione del compenso all'amministratore, la stipulazione di un contratto di assicurazione, la predisposizione di un fondo cassa per le spese legali).

Cass. civ. n. 8839/2017

In tema di condominio, l'appello avverso la sentenza che abbia deciso sull'impugnazione, avanzata nelle forme del ricorso (secondo la formulazione dell'art. 1137 c.c. antecedente alla l. n. 220 del 2012), di una delibera assembleare, va proposto, in assenza di specifiche previsioni di legge, mediante citazione, in conformità alla regola generale di cui all'art. 342 c.p.c., sicché la tempestività del gravame va verificata in base alla data di notifica dell'atto e non a quella di deposito dello stesso nella cancelleria del giudice "ad quem".

Cass. civ. n. 6128/2017

Il condomino che intenda impugnare una delibera dell’assemblea, per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, il quale presuppone la derivazione dalla detta deliberazione di un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale.

Cass. civ. n. 16081/2016

La produzione delle delibere assembleari condominiali a corredo di una domanda monitoria avverso un condomino non è idonea a soddisfare l'onere di comunicazione agli assenti ex art. 1137 c.c., né comporta il sorgere della presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., che postula il recapito all'indirizzo del condomino del verbale contenente le decisioni dell'assemblea, né, comunque, obbliga quest'ultimo ad attivarsi per acquisire e conoscere il testo delle deliberazioni stesse, la cui conoscibilità, pertanto, non è ancorata alla data di notificazione del decreto ingiuntivo ma, eventualmente, a quella di proposizione dell'opposizione, dovendo la documentazione restare depositata fino alla scadenza di cui all'art. 641 c.p.c.

Cass. civ. n. 16562/2015

Nel giudizio di impugnazione della delibera dell'assemblea di condominio, il singolo condomino è legittimato ad impugnare la sentenza emessa nei confronti dell'amministratore e da questi non impugnata, anche qualora la delibera controversa persegua finalità di gestione di un servizio comune ed incida sull'interesse esclusivo del condomino soltanto in via mediata.

Cass. civ. n. 22634/2013

In tema di condominio negli edifici, è nulla - e non soggetta, quindi, al termine di impugnazione di cui all'art. 1137 c.c. - la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali (nella specie, sottotetti), cui non sia comune, né siano serviti dall'impianto di riscaldamento, trattandosi di delibera che inerisce ai diritti individuali di tali condomini e non alla mera determinazione quantitativa del riparto delle spese.

Cass. civ. n. 22240/2013

La prova dell'avvenuto recapito della lettera raccomandata contenente il verbale dell'assemblea condominiale all'indirizzo del condomino assente all'adunanza comporta l'insorgenza della presunzione "iuris tantum" di conoscenza, in capo al destinatario, posta dall'art. 1335 c.c., nonché, con essa, la decorrenza del "dies a quo" per l'impugnazione della deliberazione, ai sensi dell'art. 1137 c.c..

Cass. civ. n. 21742/2013

In tema di condominio negli edifici, la sospensione giudiziale di una deliberazione assembleare impugnata non impedisce all'assemblea di adottare sul medesimo punto, sanati eventuali vizi, una nuova deliberazione, esecutiva "ex lege" ove il condomino interessato non si attivi per conseguirne a sua volta la sospensione.

Cass. civ. n. 18117/2013

In tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari del condominio, qualora il giudizio di primo grado sia stato introdotto con ricorso, anziché con citazione, può essere introdotto con ricorso anche il giudizio di appello, e, in questo caso, il rispetto del termine di gravame è assicurato già dal deposito del ricorso in cancelleria, a prescindere dalla sua successiva notificazione.

Cass. civ. n. 16898/2013

Ai fini della determinazione della competenza per valore, riguardo all'impugnativa della deliberazione dell'assemblea condominiale di approvazione del rendiconto annuale e di ripartizione dei contributi, seppure l'attore abbia chiesto la dichiarazione di nullità o l'annullamento dell'intera delibera, deducendo l'illegittimità di un obbligo di pagamento a lui imposto, occorre far riferimento soltanto all'entità della spesa specificamente contestata.

Cass. civ. n. 11214/2013

L'interesse all'impugnazione per vizi formali di una deliberazione dell'assemblea condominiale, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ., pur non essendo condizionato al riscontro della concreta incidenza sulla singola situazione del condomino, postula comunque che la delibera in questione sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condomini nei confronti dell'ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell'enunciato principio, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito, la quale aveva dichiarato la carenza di interesse del condomino all'impugnativa di due delibere, l'una concernente la nomina di un tecnico per la verifica di necessità dei lavori di manutenzione sollecitati dallo stesso ricorrente, l'altra volta a precisare la portata della precedente espressione della volontà assembleare, proprio nel senso di eliminare il contenuto negativo ravvisato dal singolo partecipante nella prima deliberazione).

Cass. civ. n. 10081/2013

In tema di condominio, in presenza di una deliberazione di ripartizione dei contributi approvata dall'assemblea, il singolo condomino non può sottrarsi al pagamento delle spese a lui spettanti deducendo la mera mancanza formale delle tabelle millesimali, dovendo comunque opporsi al medesimo riparto mediante contestazione dei criteri seguiti.

Cass. civ. n. 8525/2013

In materia di condominio, vige il principio dell'esecutività della deliberazione dell'assemblea, pur in pendenza di impugnazione, rimanendo riservato al giudice il potere di sospendere l'esecuzione del provvedimento, a norma dell'art. 1137 c.c.; tuttavia, il credito del condominio nei confronti del singolo condomino, risultante da delibera assembleare impugnata, non è opponibile in compensazione ad estinzione delle reciproche obbligazioni, in quanto portato da un titolo la cui esecutività consente la sola temporanea esigibilità, laddove la compensazione postula il definitivo accertamento dei debiti da estinguere e non opera per le situazioni provvisorie.

Cass. civ. n. 2049/2013

In tema di condominio negli edifici, la deliberazione di approvazione delle spese, adottata dall'assemblea e divenuta inoppugnabile, fa sorgere l'obbligo dei condomini di pagare al condominio i contributi dovuti, rimanendo indipendenti l'obbligazione del singolo partecipante verso il condominio e le vicende delle partite debitorie del condominio verso i suoi creditori. Ne consegue che il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa, in attesa dell'evolversi delle relazioni contrattuali del condominio, così riversando sugli altri condomini gli oneri del proprio ritardo nell'adempimento, né può dedurre che il pagamento sia stato effettuato direttamente al terzo, in quanto ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio, ma deve, adempiere all'obbligazione verso quest'ultimo, salva l'insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso nei confronti della gestione condominiale, ove residuino avanzi di cassa per mancati esborsi o per la risoluzione dei contratti precedentemente stipulati.

Cass. civ. n. 10199/2012

Il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere delle assemblee condominiali non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità. Ne consegue che non è suscettibile di controllo da parte del giudice, attraverso l'impugnativa di cui all'art. 1137 c.c., l'operato dell'assemblea condominiale in relazione alla questione inerente alla mancata apertura di un conto corrente intestato al condominio, su cui depositare da parte dell'amministratore le somme ricevute, attenendo la stessa all'opportunità o alla convenienza dell'adozione delle modalità della gestione delle spese relative alle cose ed ai servizi comuni.

Cass. civ. n. 869/2012

Il potere di impugnare le deliberazioni condominiali compete, per il disposto dell'art. 1137 c.c., ai titolari di diritti reali sulle singole unità immobiliari, anche in caso di locazione dell'immobile, salvo che nella particolare materia dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria, per la quale la decisione e, conseguentemente, la facoltà di ricorrere al giudice, sono attribuite ai conduttori.

Cass. civ. n. 29386/2011

In tema di condominio negli edifici, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione delle delibere assembleari, in capo al condomino assente non può essere posto il dovere di attivarsi per conoscere le decisioni adottate dall'assemblea ove difetti la prova dell'avvenuto recapito, al suo indirizzo, del verbale che le contenga, giacché soltanto in forza di detto recapito sorge la presunzione, "iuris tantum", di conoscenza posta dall'art. 1335 c.c. e non già dal mancato esercizio, da parte dello stesso destinatario del verbale assembleare, della diligenza nel seguire l'andamento della gestione comune e nel documentarsi su di essa.

Cass. civ. n. 8491/2011

In tema di condominio negli edifici, le impugnazioni delle delibere dell'assemblea, in applicazione della regola generale dettata dall'art. 163 c.p.c., vanno proposte con citazione, non disciplinando l'art. 1137 c.c. la forma di tali impugnazioni; possono, comunque, ritenersi valide le impugnazioni proposte impropriamente con ricorso, sempreché l'atto risulti depositato in cancelleria entro il termine stabilito dall'art. 1137 citato.

Cass. civ. n. 7074/2011

In tema di condominio, qualora venga impugnata una delibera assembleare, il riparto di competenza deve avvenire in base al principio contenutistico, ossia con riguardo al tema specifico del deliberato assembleare di cui l'attore si duole; ne consegue che è devoluta alla competenza per materia del giudice di pace - in quanto attinente alle modalità di uso dei servizi condominiali, ai sensi dell'art. 7, quarto comma, n. 2, c.p.c. - la controversia relativa alle modalità di custodia della chiave di accesso al lastrico solare, a nulla rilevando che l'attore abbia dedotto come fondamentale motivo di censura la mancata inclusione di tale oggetto nell'ordine del giorno dell'assemblea condominiale.

Cass. civ. n. 5254/2011

Per il disposto degli artt. 1135 e 1137 c.c., la deliberazione dell'assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti, nel termine stabilito dall'art. 1137, terzo comma, c.c., non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ai sensi dell'art. 1418 c.c., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera, da considerare, perciò, annullabile.

Cass. civ. n. 26629/2009

Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate.

Cass. civ. n. 25128/2008

Il potere d'impugnazione delle delibere condominiali, per effetto del rinvio ex art. 1139 c.c. alle norme sulla comunione ed in particolare all'art. 1109 c.c., si estende anche alla decisione approvata dalla maggioranza che rechi grave pregiudizio alla cosa comune ed ai servizi che ne costituiscono parte integrante, potendo solo entro questo limite essere valutato il merito, sotto il profilo dell'eccesso di potere, della decisione dell'assemblea condominiale. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza della corte territoriale per avere questa rigettato, sull'assunto della non sindacabilità per eccesso di potere delle delibere condominiali, l'impugnazione della delibera con cui un condominio aveva respinto la proposta di licenziamento del custode perché assente nell'orario di lavoro in quanto impegnato in servizi a pagamento a condomini richiedenti).

Cass. civ. n. 14951/2008

Ove un condomino impugni una delibera assembleare con la quale gli siano state addebitate spese in misura asseritamente eccedente rispetto alla propria quota millesimale, tale giudizio non esige la pregiudiziale revisione della relativa tabella che deve avvenire con deliberazione unanime dei condomini o con provvedimento dell'autorità giudiziaria né, di conseguenza, la necessaria estensione del contraddittorio a tutti i condomini, essendo legittimato passivo il solo amministratore.

Cass. civ. n. 21298/2007

In tema di impugnazione di delibere di assemblea di condominio annullabili, la legittimazione ad impugnare va riconosciuta anche al condomino presente che si sia astenuto dal voto.

Cass. civ. n. 4421/2007

La sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., nell'ipotesi di giudizio promosso per il riconoscimento di diritti derivanti da titolo, ricorre quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si controverta dell'inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, poiché al giudicato d'accertamento della nullità la quale impedisce all'atto di produrre ab origine qualunque effetto, sia pure interinale si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo. Detto principio di inesecutività del titolo impugnato a seguito di allegazione della sua originaria invalidità assoluta è derogato, nella disciplina del condominio, da un sistema normativo che mira all'immediata esecutività del titolo, pur in pendenza di controversia, a tutela di interessi generali ritenuti prevalenti e meritevoli d'autonoma considerazione, sicché il giudice non ha il potere di disporre la sospensione della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., in relazione alla pendenza del giudizio in cui sia stata impugnata la relativa deliberazione condominiale, restando riservato al giudice dell'impugnazione il potere di sospendere ex art. 1137 comma secondo c.c. L'esecuzione della delibera. Non osta a tale disciplina derogatoria il possibile contrasto di giudicati in caso di rigetto dell'opposizione all'ingiunzione e di accoglimento dell'impugnativa della delibera, poiché le conseguenze possono essere superate in sede esecutiva, facendo valere la sopravvenuta inefficacia del provvedimento monitorio, ovvero in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell'indebito.

Cass. civ. n. 2362/2007

In tema di condominio, la legittimazione ad impugnare una deliberazione assembleare compete a chi abbia acquistato l'immobile in epoca successiva alla delibera condominiale, poiché, ai fini della legittimazione, occorre tener conto della situazione esistente al momento della proposizione della domanda, con la conseguenza che sussiste la legittimazione di chi sia divenuto donatario di una porzione condominiale nello stesso giorno in cui, mediante notifica della citazione, sia stata instaurata la controversia.

Cass. civ. n. 9641/2006

Ben può il giudice rilevare di ufficio la nullità quando, come nella specie, si controverta in ordine alla applicazione di atti (delibera d'assemblea di condominio) posta a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, la cui validità rappresenta elemento costituivo della domanda.

Cass. civ. n. 8440/2006

In tema di condominio, l'impugnazione della delibera dell'assemblea può avvenire indifferentemente con ricorso o con atto di citazione, ma, in quest'ultima ipotesi, ai fini del rispetto del termine di cui all'art. 1137 c.c., occorre tenere conto della data di notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, anziché di quella del successivo deposito in cancelleria, che avviene al momento dell'iscrizione a ruolo della causa.

Cass. civ. n. 14067/2005

Lo spoglio del possesso di un bene (nella specie, cortile condominiale) ben può rimanere integrato dalla messa in esecuzione da parte dell'amministratore di condominio, con la consapevolezza di agire contro la volontà espressa o presunta del possessore, di opere deliberate dall'assemblea (nel caso, chiusura dell'accesso mediante recinzione ed apposizione di cancello elettrico), non assumendo rilievo la circostanza che la domanda di sospensione delle delibere in questione risulti essere stata in precedenza giudizialmente rigettata, stante l'ontologica diversità tra il giudizio avente ad oggetto l'impugnazione delle delibere e quello possessorio.

Cass. civ. n. 13732/2005

Poiché alle delibere condominiali si applica il principio dettato in materia di contratti, secondo cui il potere attribuito al giudice dall'art. 1421 c.c. di rilevarne d'ufficio la nullità deve necessariamente coordinarsi con il principio della domanda ex art. 112 c.p.c., il giudice non può dichiarare d'ufficio la nullità della delibera sulla base di ragioni diverse da quelle originariamente poste dalla parte a fondamento della relativa impugnazione, cosicché è inammissibile in appello, perché nuova, la domanda con cui si chiede di dichiarare la nullità di una delibera assembleare per un motivo diverso da quello fatto valere in primo grado.

Cass. civ. n. 14560/2004

In tema di condominio di edifici, ai fini della tempestività dell'impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea dei condomini a norma dell'art. 1137 c.c., al deposito del ricorso nel termine di trenta giorni dalla data della adozione o comunicazione della deliberazione stessa è da ritenersi equipollente, in virtù del principio generale di conservazione degli atti quando essi conseguano lo scopo cui sono destinati, la notificazione della citazione introduttiva nel medesimo termine, anche quando l'iscrizione a ruolo sia avvenuta successivamente.

Cass. civ. n. 8135/2004

La legittimazione generale prevista dall'art. 1421 c.c. all'azione di nullità non esime l'attore dall'onere di dimostrare il proprio, concreto interesse ad agire, e perciò, se oggetto dell'impugnazione è una delibera condominiale, essa non può esser impugnata per nullità da un terzo estraneo al condominio, bensì per l'esperibilità di detta azione è necessaria la qualità di condomino — presente o assente, consenziente o dissenziente che sia stato all'approvazione della delibera impugnata — la quale costituisce requisito essenziale per la configurabilità del suo interesse ad agire per la nullità della delibera medesima.

Cass. civ. n. 6361/2003

La delibera di una assemblea, sia essa di soci, di condomini o di associati (nel caso di specie, assemblea di un Fondo pensioni tra ex dipendenti di banca) può essere annullata per abuso o eccesso di potere solo quando, anche se adottata nelle forme legali e con le maggioranze prescritte, risulti arbitraria e fraudolentemente preordinata al solo perseguimento, da parte della maggioranza, di interessi diversi da quelli della compagine associativa oppure volutamente lesivi degli interessi degli altri soci, e sia priva di una propria autonoma giustificazione causale sulla base dei legittimi interessi dei soci di maggioranza; grava su chi impugna la delibera l'onere di fornire la dimostrazione dell'effettiva sussistenza dell'abuso o dell'eccesso di potere.

Cass. civ. n. 4531/2003

In tema di condominio di edifici, la nullità della delibera assembleare per omessa comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea può essere fatta valere da ciascun condomino, trattandosi di nullità assoluta, ma quando il condomino nei cui confronti la comunicazione è stata omessa è presente in assemblea si presume che ne abbia avuto comunque notizia, rimanendo l'eventuale irregolarità della sua convocazione conseguentemente sanata.

Cass. civ. n. 12564/2002

In tema di condominio, la legittimazione ad impugnare una deliberazione assembleare compete individualmente e separatamente agli assenti e ai dissenzienti (nonché ai presenti e consenzienti, senza limiti di tempo, quando si verte in tema di nullità) e ognuno può esercitare l'azione verso il condominio rappresentato dall'amministratore, senza necessità di chiamare in causa gli altri. (Nella specie, la S.C., nell'enunciare il suddetto principio, ha cassato la sentenza della Corte di merito che aveva annullato la pronuncia di primo grado, avendo ritenuto che al processo avrebbero dovuto partecipare tutti i proprietari degli appartamenti con terrazzi, in quanto la domanda di annullamento della delibera assembleare concerneva la ripartizione della spesa del rifacimento dei rispettivi frontalini).

Cass. civ. n. 5889/2001

In tema di impugnazioni di delibere condominiali annullabili, la legittimazione ad agire compete al condomino che abbia espresso in merito il suo dissenso; ne consegue che è specifico onere dello stesso di provare ai fini della relativa impugnativa, la propria qualità di condomino dissenziente.

Cass. civ. n. 4270/2001

In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni.

Cass. civ. n. 15377/2000

Con riguardo alla impugnazione di delibere condominiali invalide, la valutazione dell'interesse alla impugnazione si pone in termini di strumentalità rispetto alla decisione sulla rilevabilità d'ufficio della nullità. Infatti, posto che il giudice può e deve rilevare la eventuale nullità dell'atto posto a fondamento della domanda, non ha senso, ove ad essa la parte non abbia interesse, che detta nullità sia effettivamente rilevata. L'interesse ad impugnare la delibera condominiale deve essere concreto, dovendo concernere la posizione di vantaggio effettivo che dalla pronunzia di merito può derivare, e non solo astratto. La valutazione della relativa sussistenza è questione di merito, potendo solo quella sull'esistenza dell'interesse in astratto configurare una questione di diritto. Pertanto, essa, se motivata in modo logicamente corretto e sufficiente dal giudice di merito, non è censurabile in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto correttamente e logicamente motivata la decisione della Corte territoriale che aveva escluso l'interesse del ricorrente ad impugnare la delibera condominiale con la quale erano state modificate le tabelle millesimali in seguito alle mutate condizioni di una parte dell'edificio, come conseguenza delle innovazioni di vasta portata, consistenti nel mutamento della destinazione degli immobili sottotetto — la cui legittimità era già stata confermata in una parte della sentenza di primo grado alla quale il ricorrente aveva prestato acquiescenza — senza che da tale modifica derivasse al ricorrente stesso alcun pregiudizio, non potendosi considerare concretamente tale il dedotto minor peso che allo stesso sarebbe derivato dalla delibera in conseguenza della diminuzione dei millesimi del suo appartamento, né la circostanza che questo, in seguito alla trasformazione del sottotetto, non si trovasse più all'ultimo piano e, perciò, avesse subito una diminuzione di valore).

Cass. civ. n. 14078/1999

Dall'entrata in vigore del codice civile la competenza a decidere l'impugnazione di una delibera assembleare da parte di un condomino non appartiene più, ratione materiae, al Tribunale perché l'art. 1137 c.c. non riproduce il contenuto dell'art. 26 del R.D. 15 gennaio 1934 n. 56, e pertanto il criterio per individuare il giudice competente è il valore, desumibile dalla delibera impugnata, salvo che l'oggetto di essa rientri nella competenza per materia di un determinato giudice, come ad esempio se la delibera concerne la misura e le modalità d'uso dei servizi di condominio di case. (Nella specie la delibera impugnata aveva ad oggetto l'approvazione del piano di riparto delle spese condominiali per un valore complessivo non superiore ai due milioni e la Cassazione ha affermato la competenza del giudice di pace).

Cass. civ. n. 14037/1999

In tema di impugnazioni di delibere dell'assemblea condominiale, mentre la relativa annullabilità può essere fatta valere dal solo condomino assente o dissenziente, la nullità di esse (nella specie, delibera di modifica a maggioranza di una tabella millesimale contrattualmente approvata) può legittimamente essere fatta valere, nei confronti dell'amministratore di condominio, unico legittimato passivo, anche dal condomino che abbia espresso voto favorevole.

Cass. civ. n. 8116/1999

In difetto di norme particolari, i rapporti fra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato debbono ritenersi disciplinati dalle regole generali sul mandato, con la conseguenza che solo il condomino delegante o quello che si ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere gli eventuali vizi della delega o la carenza del potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto.

Cass. civ. n. 1165/1999

Il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere dell'assemblea di condominio non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità.

Cass. civ. n. 313/1999

Le deliberazioni di un'assemblea condominiale aventi contenuto negativo sono legittimamente impugnabili dinanzi all'autorità giudiziaria al pari di tutte le altre, limitandosi l'art. 1137 c.c. a stabilire la possibilità del ricorso all'autorità giudiziaria contro le delibere contrarie alla legge o al regolamento di condominio, senza operare nessuna distinzione tra quelle che abbiano approvato proposte o richieste e quelle che le abbiano, invece, respinte. (Fattispecie in tema di delibera condominiale con cui era stata respinta la proposta di ripristino degli ascensori di servizio).

Cass. civ. n. 2912/1997

In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni.

Cass. civ. n. 1511/1997

La nullità di una delibera condominiale è disciplinata dall'art. 1421 c.c., a norma del quale chiunque vi ha interesse può farla valere e quindi anche il condomino che abbia partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione di detta delibera, salvo che con tale voto egli si sia assunto o abbia riconosciuto una sua personale obbligazione.

Cass. civ. n. 1093/1996

La obbligatorietà della delibera dell'assemblea per tutti i condomini, espressamente prevista dal primo comma dell'art. 1137 c.c., comporta l'automatica operatività della stessa fino all'eventuale sospensione del provvedimento nel giudizio di impugnazione, ai sensi del secondo comma del citato articolo. Ne deriva che, in difetto di sospensione, l'esecuzione di una delibera assembleare non dà luogo a spossessamento in danno di taluno dei condomini, in quanto a venire in considerazione è la nuova situazione di fatto e non quella modificata dalla delibera.

Cass. civ. n. 4009/1995

La decadenza del diritto di impugnare la deliberazione dell'assemblea dei condomini dinanzi all'autorità giudiziaria, prevista dal terzo comma dell'art. 1137 c.c., trattandosi di materia non sottratta alla disponibilità delle parti (art. 2969 c.c.), non può essere rilevata di ufficio dal giudice, per cui la parte che denuncia in cassazione la violazione della predetta norma, sostenendo che il giudice di merito ha omesso di rilevare tale decadenza, ha l'onere di indicare l'atto in cui la relativa eccezione è stata da lei opposta nel giudizio di merito.

Cass. civ. n. 1890/1995

In materia di condominio negli edifici, al potere dell'assemblea del condominio di deliberare, nelle forme e con le maggioranze prescritte, l'esecuzione delle opere necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per l'esercizio dei servizi condominiali, fa riscontro l'obbligo di ciascun condomino di contribuire alle relative spese, discendente dalla titolarità del diritto reale sull'immobile ed integrante un'obbligazione propter rem preesistente all'approvazione, da parte dell'assemblea, dello stato di riparto, ed in concreto direttamente correlato alla precedente deliberazione, di esecuzione delle opere. Ne consegue che, quando la contestazione del condomino investa, prima ancora che il quantum dell'obbligo di contribuzione, il relativo an, è tale ultima deliberazione che deve essere impugnata: nel termine di decadenza di cui all'art. 1137, comma terzo, c.c., ove si assuma essere la deliberazione affetta da vizi formali, perché presa in violazione di prescrizioni legali, convenzionali o regolamentari attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, o da eccesso di potere o da incompetenza; svincolata da tale termine nel caso di delibera radicalmente nulla perché esorbitante dai limiti delle attribuzioni dell'assemblea o concernente innovazioni lesive dei diritti di ciascun condomino sulle cose o servizi comuni o su quelle di proprietà esclusiva di ognuno di essi.

Cass. civ. n. 11064/1994

Ove un immobile (nella specie: una strada privata di passaggio e collegamento fra più edifici) consti di parti distinte e ben specificate, ciascuna delle quali appartenga ad un diverso complesso condominiale, la deliberazione relativa alle modalità del suo uso, benché adottata congiuntamente in un'unica assemblea dai partecipanti ai condomini proprietari, non è riferibile ad un cosiddetto condominio complesso od orizzontale ma va scissa idealmente in varie distinte deliberazioni riferite a ciascuno dei condomini interessati, le quali, di conseguenza, vincolano i condomini soltanto per la parte riguardante il condominio cui essi partecipano. (Fattispecie relativa alla delibera di chiusura, continua ed anche diurna, dei cancelli d'accesso di una strada di passaggio e collegamento fra tre edifici, con applicazione di un meccanismo di apertura elettromeccanica azionabile solo dai condomini).

Cass. civ. n. 2393/1994

Il principio per cui, essendo il condominio un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere, di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, né quindi del potere d'intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell'amministratore stesso, che vi abbia fatto acquiescenza, non trova applicazione con riguardo alle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni dell'assemblea condominiale che, come quelle relative alla gestione di un servizio comune (nella specie, l'ascensore), tendono a soddisfare esigenze soltanto collettive della gestione stessa, senza attinenza diretta all'interesse esclusivo di uno o pia partecipanti, con la conseguenza che, in tali controversie, la legittimazione ad agire — e, quindi, anche ad impugnare — spetta in via esclusiva all'amministratore, la cui acquiescenza alla sentenza esclude la possibilità d'impugnazione proposta dal singolo condomino.

Cass. civ. n. 8755/1993

L'art. 10 della L. 27 luglio 1978, n. 392, il quale attribuisce al conduttore il diritto di votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente con il rinvio alle disposizioni del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all'inquilino il potere generale di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell'assemblea condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di condominio e del bilancio preventivo.

Cass. civ. n. 3302/1993

Il condomino opponente a decreto ingiuntivo emesso ex art. 63 disp. att. c.c. per il pagamento di contributi condominiali, sulla base di una deliberazione assembleare non impugnata nel termine di cui all'art. 1137 c.c., non può contestare il titolo dell'avversa pretesa con il dedurre l'inosservanza dei termini previsti dalla legge o dal regolamento condominiale per la convocazione della relativa adunanza, posto che l'irregolarità denunziata è suscettibile di dar luogo ad un'annullabilità che può essere denunciata nel termine di cui all'art. 1137 cit., con la conseguenza che, in mancanza di impugnazione, l'efficacia della deliberazione diviene incontestabile.

Cass. civ. n. 10611/1990

L'annullabilità in sede giudiziaria di una delibera dell'assemblea dei condomini per ragioni di merito attinenti all'opportunità ed alla convenienza della gestione del condominio è configurabile soltanto nel caso di decisione viziata da eccesso di potere che arrechi grave pregiudizio alla cosa comune (art. 1109 c.c.). Il riscontro esercitato dall'autorità giudiziaria sotto l'anzidetto profilo non può mai riguardare il contenuto di convenienza ed opportunità della delibera, in quanto il giudice deve solo stabilire se la delibera sia o meno il risultato di un legittimo esercizio dei poteri discrezionali dell'assemblea.

Cass. civ. n. 5620/1990

In tema di condominio negli edifici, l'attività dell'amministratore, nell'esercizio del suo potere - dovere (art. 1130 c.c.) di curare l'osservanza delle norme del regolamento di condominio concernenti l'uso delle parti comuni, che sia stata successivamente approvata dall'assemblea dei condomini, deve ritenersi dalla stessa ratificata con efficacia retroattiva, a norma dell'art. 1399 c.c., senza pregiudizio per il diritto dei condomini assenti o dissenzienti di impugnare la delibera assembleare di ratifica, nè del regime giuridico relativo alle forme ed ai termini di esercizio del diritto medesimo, quali previste dall'art. 1137 c.c., con la conseguenza che, allorquando, a seguito delle contestazioni mosse da un condomino in ordine all'operato dell'amministratore (nella specie, in tema di utilizzazione dell'area di parcheggio condominiale ed ai criteri, nel regolamento dettati, concernenti l'assegnazione per sorteggio dei posti auto disponibili), tale operato, sottoposto all'assemblea dei condomini, sia dalla stessa approvato, è dalla data della relativa deliberazione (o, per gli assenti, da quella della comunicazione del verbale della decisione) che decorre il termine per impugnare di trenta giorni stabilito, a pena di decadenza, dall'art. 1137, terzo comma, c.c.

Cass. civ. n. 3291/1989

In tema di condominio, l'approvazione del preventivo delle spese e della ripartizione delle stesse, nonché l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore rientrano tra le attribuzioni dell'assemblea dei condomini, le cui deliberazioni se non impugnate tempestivamente, con riguardo a pretesi vizi che ne causino l'annullabilità, sono obbligatorie per tutti i condomini, con la conseguenza che il condomino dissenziente non può, in mancanza di formale impugnazione a termini dell'art. 1137 c.c. — alla quale non può essere equiparata una contestazione scritta —, sottrarsi al pagamento di quanto da lui dovuto in base alla ripartizione approvata.

Cass. civ. n. 6671/1988

In tema di condominio degli edifici, tutti i condomini che non hanno votato in maniera conforme alla deliberazione assembleare sono legittimati ad impugnarla, siano stati presenti alla seduta ovvero assenti (l'unica differenza consistendo nel dies a quo per proporre l'opposizione, che decorre dalla data della deliberazione per i primi e dalla data della comunicazione per gli altri), ivi compresi, pertanto, gli astenuti — i quali sostanzialmente non hanno approvato la delibera — a nulla rilevando che questi, al momento del voto, abbiano formulato riserva da sciogliere dopo la seduta.

Cass. civ. n. 3701/1988

I rendiconti e la ripartizione delle spese predisposti dall'amministratore del condominio ed approvati validamente dall'assemblea divengono operative in caso di mancata impugnazione della deliberazione di approvazione da parte dei singoli condomini assenti o dissenzienti nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'ultimo comma dell'art. 1137 c.c., salve le ipotesi di nullità per violazione di norme inderogabili o per menomazione dei diritti di ciascun condomino derivanti dall'atto d'acquisto o dalle convenzioni che possono essere fatte valere ai sensi dell'art. 1418 c.c.

Cass. civ. n. 731/1988

Sulle delibere dell'assemblea di condominio edilizio il sindacato dell'autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che si estende anche al riguardo dell'eccesso di potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo d'essere, in quanto, pure in tal caso il giudice, non controlla l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma deve solo stabilire se la delibera sia o meno il risultato del legittimo esercizio dei poteri discrezionali dell'assemblea. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione del giudice del merito che aveva annullato per eccesso di potere la delibera dell'assemblea condominiale che aveva approvato un rendiconto non veridico, al riguardo di debiti del condominio).

Cass. civ. n. 5905/1987

In materia di impugnazione di delibere dell'assemblea dei condomini ex art. 1137 c.c., il sindacato del giudice è di mera legittimità, ma ciò non esclude la possibilità, anzi la necessità, di un accertamento della situazione di fatto che è alla base della determinazione assembleare, allorquando tale accertamento costituisca il presupposto indefettibile per controllare la rispondenza della delibera alla legge. (Nella specie, la delibera aveva per oggetto l'assunzione di un secondo portiere nel complesso condominiale, ed occorreva stabilire se si fosse in presenza di una innovazione non consentita, oppure di un semplice adeguamento alle necessità obiettive del servizio di portierato già esistente; la S.C. ha annullato la decisione del merito per una insufficiente valutazione al riguardo).

Cass. civ. n. 3232/1982

Il condomino il quale abbia partecipato all'assemblea, anche se abbia espresso voto conforme alla deliberazione che si assume nulla, è legittimato a far valere la nullità sol se alleghi e dimostri di avervi interesse e cioè che la deliberazione, se non annullata, gli arrechi un qualche apprezzabile pregiudizio, in quanto da una parte il principio di cui all'art. 1421 c.c., secondo cui la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, salvo diverse disposizioni di legge, non risulta derogato dalle norme in tema di comunione o di condominio e dall'altra la regola per la quale chi ha dato causa ad una nullità non può farla valere (art. 157 c.p.c.) è propria della materia processuale, ma è estranea alla materia sostanziale, dove l'azione è concessa anche a chi abbia partecipato alla stipulazione di un atto nullo.

Cass. civ. n. 3775/1981

Il rimedio dell'impugnazione offerto dall'art. 1137 c.c. nei confronti delle deliberazioni assembleari condominiali — e la disciplina relativa, anche in ordine alla decadenza — riguarda unicamente le deliberazioni annullabili e non quelle nulle. Pertanto, il provvedimento con cui l'amministratore del condominio, esorbitando dai suoi poteri, leda i diritti dei singoli condomini sulle cose comuni, in quanto affetto da radicale nullità, è impugnabile davanti all'autorità giudiziaria, con azione non soggetta ai termini di decadenza di cui agli artt. 1133 e 1137 comma terzo c.c.

Cass. civ. n. 3177/1978

In tema di condominio negli edifici, l'annullabilità in sede giudiziale di una delibera dell'assemblea dei condomini per ragioni di merito, attinenti all'opportunità ed alla convenienza della gestione del condominio è configurabile solo nel caso di decisione viziata da accesso di potere, cioè per un grave pregiudizio per la cosa comune (art. 1109 primo comma n. 1 c.c.). Pertanto, con riguardo ad una delibera (nella specie, revoca di precedente licenziamento del portiere), che risulti fondata su dati ed apprezzamenti obiettivamente rivolti alla realizzazione degli interessi comuni ed alla buona gestione dell'amministrazione (nella specie, constatazione del ripristino del rapporto di fiducia con il portiere), deve ritenersi precluso il sindacato del giudice dei merito, in ordine all'uso da parte dell'assemblea dei condomini della detta facoltà di apprezzamento, oltre i limiti consentiti dall'indagine per l'accertamento dell'eccesso di potere.

Cass. civ. n. 1946/1978

L'acquirente di un appartamento in un edificio in condominio, mentre può far valere la sua qualità di condomino e contestare efficacemente la validità delle deliberazioni dell'assemblea condominiale, prese con l'intervento del venditore, solo ove abbia provveduto previamente alla notificazione o comunicazione al condominio dell'atto del suo acquisto, per contro non può pretendere di non rispondere, nella qualità di effettivo condomino, delle obbligazioni relative alle spese per aver omesso di comunicare il suo acquisto al condominio, che ne sia comunque a conoscenza.

Cass. civ. n. 1898/1977

L'accordo di tutti i condomini che, anche imponendo divieti (nella specie proibizione di occupare temporaneamente le parti comuni dell'edificio), tenda ad assicurare ai condomini stessi un migliore e più funzionale godimento delle cose e dei servizi comuni, attenendo alla disciplina delle modalità di uso di questi, è sempre modificabile con una deliberazione assembleare, senza necessità di un successivo consenso di tutti i condomini che l'hanno in precedenza stipulata.

Cass. civ. n. 4137/1976

Il successore a titolo particolare nella proprietà condominiale ha interesse ad impugnare di nullità le deliberazioni, dell'assemblea dei condomini, prese prima del suo acquisto, per mancata convocazione del suo dante causa, allorché esse abbiano avuto per oggetto materiale (nella specie, tra l'altro, il completamento di opere condominiali e la tabella millesimale) destinate ad incidere nella sua (nuova) sfera giuridica.

Cass. civ. n. 1561/1976

Qualora la delibera assembleare di un condominio di edificio venga annullata (nella specie: per mancata formazione delle tabelle millesimali), alla manifestazione di voto, a suo tempo espressa dai singoli condomini che concorsero alla sua approvazione, non può attribuirsi l'efficacia di un'assunzione di obblighi a titolo personale nei confronti dei terzi. Infatti, le manifestazioni di voto espresso dai singoli condomini, essendo diretta a formare la volontà dell'assemblea con effetto vincolante per tutti i condomini, anche dissenzienti o assenti, vincolano i soggetti che lo hanno espresso soltanto a condizione che si formi una valida deliberazione assembleare. Peraltro, in base al principio dell'apparenza accolto dall'art. 2377, comma secondo, c.c. per le società ed applicabile, per identità di ratio, anche in tema di condominio, restano salvi, e sono, pertanto, azionabili nei confronti del condominio e dei singoli condomini i diritti acquistati da terzi in buona fede, in esecuzione della deliberazione impugnata, anteriormente al suo annullamento.

Cass. civ. n. 1281/1976

In materia di condominio le deliberazioni assembleari non sono di regola mai irrevocabili e possono, perciò essere modificate o revocate da un valida deliberazione successiva; le nuove deliberazioni, infatti, purché approvate nei modi e con le formalità di legge o di regolamento, sono perfettamente valide e sono obbligatorie per tutti i condomini, anche se, eventualmente, quelle anteriori, revocate o modificate, siano state prese all'unanimità e le seconde con la maggioranza minima prevista in ordine all'oggetto di ciascuna deliberazione ed al tipo di assemblea.

Cass. civ. n. 1716/1975

La contestuale domanda, proposta all'autorità giudiziaria, di revoca dell'amministratore, non esonera il condomino dissenziente, il quale impugni una deliberazione dell'assemblea per contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, dall'osservanza del termine di decadenza di trenta giorni, di cui all'ultimo comma dell'art. 1137 c.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1137 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. V. chiede
giovedì 28/11/2024
“Buongiorno , avrei bisogno di una informazione . Circa 2 anni addietro è stata approvata , in una riunione dove eravamo assenti , una delibera condominiale , con una ripartizione di spese inerenti i garage del condominio . Siamo stati inclusi , io e mia moglie , nella suddetta ripartizione , pur non possedendo nessun garage . Non abbiamo impugnato la delibera , perché l’abbiamo sottovalutata , pensando che fosse stato un errore . Siamo ancora in tempo per opporci al pagamento che ci sollecitano ?
Restiamo in attesa di riscontro .Grazie.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 02/12/2024
Come regola generale la delibera è divenuta inoppugnabile e obbligatoria per tutti i condomini loro eredi e aventi causa in quanto è ormai da tempo decorso il termine per impugnarla previsto dall’art.1137 del c.c.

Tuttavia, se le sono state attribuite spese inerenti a parti dell’edificio di cui non è proprietario (o comproprietario), questo potrebbe concretizzare una ipotesi di nullitàche è possibile far valere in ogni tempo, anche se sono decorsi i brevi termini perentori previsti dall’art. 1137 del c.c. Per dare una risposta precisa si dovrebbe analizzare la delibera che si assume essere affetta da nullità.

E. G. chiede
venerdì 18/10/2024
“C'è un immobile costituito da due corpi ad angolo retto, dotati di due numeri civici e con dei servizi in comune (in particolare centrale termica): ci sono pertanto 2 condominii (A - B) ed un supercondominio (C), tutti e tre con proprio codice fiscale e proprio conto corrente bancario, ma con un unico amministratore.
Può l'amministratore convocare l'assemblea del solo supercondominio (C) ed inserire nell'ordine del giorno argomenti che riguardino esclusivamente il condominio A o B?
Poiché la formalizzazione del supercondominio è di data recente, dovrebbe essere dotato di un proprio regolamento condominiale, diverso da quello dei due condominii (A - B).”
Consulenza legale i 23/10/2024
L’autore del quesito dimostra di aver ben compreso il funzionamento del supercondominio e le sue specificità. Il supercondominio è infatti caratterizzato dalla presenza di diversi enti condominiali tra di loro autonomi all’interno di un complesso edile suddiviso in corpi di fabbrica separati. Ciascuno di questi enti condominiali è composto da organi di gestione distinti: quindi avremo tante assemblee e tanti organi amministrativi quanti sono i condomini esistenti nel complesso di interesse.

Ovviamente gli organi dei tre enti condominiali saranno competenti ad amministrare e a gestire solo le parti comuni che riguardano quello specifico condominio: per tale motivo l’assemblea del condominio A (così come quella del condominio B) non potrà per esempio deliberare sulla manutenzione della centrale termica. Tale argomento rientra, invero, tra le attribuzioni della assemblea del supercondominio C, la quale sebbene composta da tutti i proprietari dei due corpi di fabbrica A e B, deve considerarsi un organo con poteri ben distinti rispetto alle assemblee degli altri due condomini.
Per tale motivo se l’amministratore, in merito alla manutenzione della centrale termica, fa deliberare l’assemblea del condominio A o quella del B, quanto deciso da tali organi collegiali è completamente nullo: essi hanno infatti deciso su beni comuni che non rientrano nella gestione dei loro condomini e la relativa delibera potrà quindi essere impugnata in ogni tempo, anche oltre i rigidi termini previsti dall’art.1137 del c.c.

Lo stesso discorso fatto per le assemblee vale anche per l’organo amministrativo: nel supercondominio vi sono tanti uffici di amministratori quanti sono i condomini da cui è composto. Tali uffici amministrativi possono essere ricoperti da soggetti tra loro totalmente distinti o anche dalla medesima figura professionale: ovviamente l’amministratore, seppur unico, nel gestire l’intero complesso deve rispettare l’autonomia di ciascun condominio che amministra. Ad esempio, egli dovrà predisporre dei regolamenti autonomi per ciascun ente condominiale: nel caso specifico vi saranno quindi due regolamenti di condominio per gli edifici A e B che si affiancano al regolamento del supercondominio C. Ciascun regolamento dovrà poi essere approvato dalle rispettive assemblee con le maggioranze previste dagli artt.1138 e 2° comma art. 1136 del c.c., ovvero maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).

A. I. chiede
lunedì 18/03/2024
“Buongiorno,
in assemblea ordinaria di condominio del 31.1.24 per mancanza di tempo non riuscivamo a deliberate sostituzione centrale termica e centrale idrica, malmesse. In assemblea straordinaria del 14.3.24 eravamo in 21 su 60 rappresentanti 409 millesimi e tutti all'unanimità abbiamo deliberato di affidare i lavori a due imprese. Non avremo riscaldamento l'anno prossimo se non sostituiamo caldaia e autoclavi.
Se entro 30 gg. nessuno chiede impugnazione della delibera, data l'urgenza e la gravità, possiamo procedere? Se raccogliamo raccomandate A R di ulteriori 110 millesimi, con loro nulla osta a procedere come da noi 400 millesimi scelto?”
Consulenza legale i 22/03/2024
Per quanto si è capito, nella riunione del marzo del 2024, l’assemblea ha deliberato di eseguire i lavori di sostituzione centrale termica e centrale idrica; tuttavia, la delibera è stata adottata con delle maggioranze inferiori a quelle previste dalla legge. In linea teorica, ai sensi dei commi 2° e 4° dell’ art. 1136 del c.c. , tali tipologie di interventi straordinari dovrebbero essere approvati dalla maggioranza degli intervenuti alla riunione di condominio che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio, quindi 500 millesimi.

Si presti tuttavia attenzione, poiché, a mente di quanto dispone il primo comma dell’art. 1137 del c.c., anche se gli interventi di sostituzione sono stati approvati con un quorum inferiore rispetto a quelli legislativamente previsti, quanto deliberato è allo stato attuale efficace e vincolante, e l’amministratore deve comunque attuare quanto deciso dalla assemblea, anche se la delibera è esposta alle possibili impugnazioni dei condomini assenti o dissenzienti. Tali impugnazioni, tuttavia, hanno un tempo limitato. Esse devono essere proposte per mezzo di un’istanza di mediazione entro 30 giorni, i quali decorrono: per i condomini assenti alla riunione dal giorno in cui viene a loro comunicato ciò che l’assemblea ha deliberato, per i condomini presenti e che hanno espresso voto contrario dal giorno in cui la riunione ha avuto luogo. Decorso il termine indicato dall’art. 1137 del c.c. la delibera che dispone la sostituzione della caldaia diviene inoppugnabile e quindi deve essere rispettata da tutti i condomini, anche se adottata con delle maggioranze inferiori rispetto a quelle prescritte dalla legge.

Per tale motivo, è assolutamente importante sincerarsi che l’amministratore abbia comunicato con pec o, in alternativa, con raccomandata con ricevuta di ritorno ai condomini la delibera del 14.03 a coloro che erano assenti alla riunione: tali mezzi di comunicazione danno infatti certezza del momento in cui i destinatari hanno recepito la comunicazione a loro inviata e da quindi certezza, nel caso specifico, del momento in cui iniziare a conteggiare il termine di impugnazione di cui all’art. 1137 del c.c.
Decorso tale termine l’amministratore sarà obbligato a dar corso a quanto deciso nella riunione del 14.03 e nessun’altra iniziativa dovrà essere intrapresa dai condomini favorevoli alla sostituzione della caldaia.


G. S. chiede
giovedì 06/07/2023
“Ho una proprietà in un palazzo condominiale oggetto di un progetto di manutenzione ordinaria e straordinaria delle facciate e dei lastrici condominiali. Parte delle facciate sono piastrellate con piastrelle (messe in opera al momento della costruzione del palazzo 20 anni fa circa) che presentano qualche problema di infiltrazione all'altezza dei marcapiani, altre parte delle facciate sono invece intonacate. Il progetto presentato dal tecnico incaricato ha previsto la rimozione di tutte le piastrelle e la sostituzione con intonaco simile alle altre parti delle facciate. Questa decisione è stata presa in assemblea stante le difficoltà legata alla difficoltà del lavoro per reperire nuove piastrelle simili a quelle soggette ad eventuale sostituzione. Ora un condomino, assente all'assemblea dove fu deciso l'intervento, ha contestato il tipo di intervento invocando che quella decisione, trattandosi di una alterazione del decoro architettonico, andava presa con una maggioranza di due terzi del valore dell'edificio.
Alla luce di tutto ciò vi chiedo di spiegarmi innanzi tutto se questo tipo di lavoro possa essere inquadrato come alterazione del decoro architettonico ammesso che delle normali pannelli piastrellati possono essere considerati tali? Chi giudica se vi è una alterazione di questo presunto decoro? Infine è legittima la delibera presa a maggioranza semplice.”
Consulenza legale i 11/07/2023
Per giurisprudenza assolutamente costante un intervento condominiale (sia esso una manutenzione straordinaria o una innovazione), lede il decoro architettonico quando comporta una significativa alterazione delle linee architettoniche dello stabile.
Ovviamente l’organo deputato a valutare se vi sia stata una lesione di questo fondamentale bene condominiale è il giudice che dovrà essere adito dal proprietario che ritiene sussistente tale tipo di lesione. L’esito di tali tipologie di contenzioso ovviamente è fortemente influenzato dalle caratteristiche del caso concreto e certamente non è possibile in questa sede dire se la rimozione delle piastrelle abbia causato una lesione rilevante del decoro, anche perché non si hanno le giuste competenze per poter esprimere un giudizio di questo tipo, competenze proprie invece di un tecnico edile.

Quello che si può dire con certezza è che una eventuale violazione delle norme che disciplinano l’approvazione delle delibere assembleari, in particolare i quorum deliberativi previsti dall’ art. 1136 del c.c. comportano un vizio di annullabilità della delibera che deve essere fatto valere ai sensi dell’art.1137 del c.c. entro 30 giorni decorrenti per coloro non presenti alla riunione condominiale dal giorno in cui è stato comunicato loro il verbale della assemblea. Quanto detto è un altro principio assolutamente granitico del diritto condominiale confermato da ben due sentenze a Sezioni Unite della Corte di Cassazione la n.4806/2005 e la successiva n.9839/2021.

Per questo motivo, al di là delle lamentele di un qualche condomino, si può certamente dire che se sono decorsi i termini di cui si è detto poco sopra la delibera che ha disposto i lavori è divenuta inoppugnabile e pertanto obbligatoria per tutti i condomini e loro eredi e aventi causa ai sensi del 1°co. dell’art.1137 del c.c.
Ovviamente ciò non fa venir meno la possibilità per un gruppo di condomini di convenire in giudizio il condominio (previa instaurazione di un tentativo obbligatorio di mediazione), lamentando una lesione del decoro architettonico apportata dalla rimozione delle piastrelle.

Si tenga presente che per sostenere un tale tipo di giudizio l’attore con ogni probabilità oltre al costo dell’assistenza legale dovrà sostenere anche quello di un tecnico edile che perizi l’intervento e valuti l’entità della lesione al decoro. Sicuramente, quindi, stiamo parlando di una causa che richiede un costo iniziale non irrilevante. Il giudice poi dovrà nominare a sua volta un perito per instaurare una consulenza tecnica di ufficio per valutare la consistenza dell’alterazione delle linee del fabbricato. Solitamente, parte delle spese iniziali necessarie per iniziare le attività peritali vengono provvisoriamente poste a carico da chi incardina il giudizio e ha quindi richiesto la nomina del consulente medesimo.


Anonimo chiede
sabato 29/04/2023
“Nel corso dell'adeguamento elettrico delle parti comuni per ottenere la DIRI, l'impresa elettrica per sua comodità a tolto dal muro l'alimentatore dell'impianto citofonico, perfettamente funzionante in quanto sostituito completamente nel 2006, lasciandolo penzoloni ma funzionante, come e tuttora, al momento di riposarlo in modo fisso, ha avanzato delle problematiche per la sua ricollocazione, convincendo qualche condomino che era necessaria la completa sostituzione dell'impianto citofonico, per un importo di circa Euro 8000,00, alla votazione con 777 millesimi è stato approvato. Il sottoscritto e diversi condomini sono contrari, in quanto non c'è nessuna miglioria, ecc.
La stessa cosa e per 23 punti luce fra corridoi box, cantine e giardino, perfettamente funzionanti e regolamentari, per altri Euro 4000,00. Resto in attesa di un Vostro riscontro.”
Consulenza legale i 05/05/2023
Purtroppo il fatto di non concordare con le scelte fatte dalla maggioranza non significa che la minoranza sia legittimata a proporre una impugnazione della delibera assembleare.

L’art 1137 del c.c. al primo comma dice chiaramente che le delibere adottate dalla assemblea a norma di legge sono obbligatorie per tutti i condomini.
L’impugnazione quindi può scattare solo nel caso in cui vi sia una violazione di una norma di legge o del regolamento condominiale, ma in questo caso nulla di tutto ciò si è effettivamente concretizzato, almeno stando ai fatti riferiti nel quesito.

L’assemblea nell’ambito delle prerogative che gli vengono attribuite a norma dell’art. 1135 del c.c. ha deciso di approvare un intervento sull’impianto citofonico e ha quindi adottato la delibera conseguente, tra l’altro con una ampia maggioranza.
Il fatto che una parte dei condomini non concordi con l’opportunità di tale intervento resta un fatto del tutto irrilevante.

Inoltre, vi è da dire che l’intervento che è stato approvato non può considerarsi una innovazione in senso tecnico, ma un semplice lavoro straordinario su un impianto comune condominiale già esistente: non trovano applicazione quindi le limitazioni previste dall’art. 1121 del c.c. relative alle innovazioni gravose e voluttuarie

Anonimo chiede
mercoledì 12/04/2023
“Abito in un condominio, abbiamo aderito al 110% tutti quanti, firmando l'Assemblea, sulla base di questo io e mia moglie abbiamo dovuto spostare due sedi di 2 ditte individuali che avevano sede presso la nostra abitazione con ovviamente costi. All'ultimo momento, quando tutto era pronto per cominciare i lavori, molti condomini, senza nessuna ragione, hanno voluto rifiutare e non aderire più a questa opportunità, in pratica hanno impugnato la delibera dell'Assemblea.
Ora il nuovo Amministratore di condominio chiede anche a no, che eravamo favorevoli ad effettuare i lavori, di pagare le spese di consulenza fatte per preparare la pratica 110% (era tutto già pronto), sono circa 700 euro che non vorremmo pagare in quanto se fossimo andati avanti con i lavori queste spese sarebbero entrate nel 110% . Noi siamo in tutto 4 condomini che volevano effettuare i lavori, gli altr, che hanno voluto sospendere tutto, sono 10 condomini. Possiamo rifiutarci di pagare la nostra quota? Anche perché io e mia moglie abbiamo sostenuto spese ingenti per cambio di sede legale e spese per la domiciliazione. Cordiali saluti

Consulenza legale i 19/04/2023
Si ignorano i motivi che hanno portato la compagine condominiale a ritirarsi dalla fruizione del bonus fiscale e dalla conseguente esecuzione dei lavori, ma questo non esonera coloro che avevano espresso voto favorevole a corrispondere il compenso dei professionisti che hanno prestato la loro opera.
La fruibilità potenziale del bonus 110% non deroga infatti alla normativa civilistica e condominiale ed in particolare non deroga al principio sancito dal1° co. dell’art.1137 del c.c., secondo il quale le delibere adottate dalla assemblea di condominio a norma di legge sono obbligatorie per tutti i condomini, loro eredi o aventi causa.

L’assemblea ha deliberato di dare incarico ad un professionista affinché lo stesso rediga tutte le perizie necessarie per inoltrare la domanda per l’ottenimento del bonus 110%, approvando nel contempo una determinata spesa a tale scopo: inoltre, tale delibera, a quanto è dato capire, è stata approvata con il voto favorevole dell’autore del quesito. Questo impedisce che nei confronti del condominio ci si possa sottrarre al pagamento degli oneri condominiali già deliberati.

Forse, fermo restando l’obbligo nei confronti del condominio, si potrebbe ipotizzare la possibilità di richiedere il rimborso di tale somma a quei condomini che hanno di fatto bloccato l’ottenimento del bonus 110%, ma bisognerebbe prima capire meglio le cause che hanno portato ad un blocco dei lavori, e il quesito non offre spunti per approfondire tale aspetto. Ad ogni modo va precisato che tale possibilità resta comunque piuttosto remota.



G. M. chiede
sabato 01/04/2023
“Avrei bisogno di una consulenza relativa al comportamento di un amministratore condominiale.<br />
Allego documenti.<br />
<br />
Consulenza legale i 06/04/2023
Innanzitutto è giusto premettere come i vizi riguardanti la convocazione della assemblea condominiale e la violazione delle norme di regolamento e di legge conseguenti comportano una annullabilità della delibera assembleare che può essere fatta valere innanzi ad un giudice nei rigidi termini previsti dall’art. 1137 del c.c. (Cass.SS.UU n.4806 del 07.03.2005). Pertanto tale delibera diverrebbe completamente obbligatoria per tutti i proprietari, nonostante il vizio da cui è affetta, se non impugnata entro 30 giorni decorrenti per i condomini assenti alla riunione dal giorno in cui il verbale della riunione gli è stato comunicato.

Il 5° co. dell’ art. 66 delle disp. att. c.c. dispone che con un unico avviso di convocazione l’amministratore possa fissare più giorni consecutivi in cui proseguire la riunione, se egli prevede che gli argomenti all’ordine del giorno, per la loro complessità, non permetteranno lo svolgimento e la conclusione del dibattito in un unico incontro. La legge però non prevede nulla nel caso in cui l’amministratore non abbia esercitato tale facoltà e siano gli stessi componenti della assemblea a decidere di aggiornare la riunione ad un altro giorno.
La Cassazione con sentenza n. 4648 del 16.07.1981 considera tale comportamento del tutto legittimo e ci dice: "l'assemblea condominiale riunita in seconda convocazione ai sensi del comma 3 dell' art. 1136 del c.c. può, con la prescritta maggioranza, aggiornarsi ad altra data per completare l'esame degli argomenti posti all'ordine del giorno, ma - non prevedendo la legge, per alcuna ragione, una convocazione successiva alla seconda - tale aggiornamento va considerato alla stregua della convocazione di una nuova assemblea che, di conseguenza, non può validamente deliberare se non consti che tutti i condomini siano stati tempestivamente invitati a parteciparvi, integrando la preventiva convocazione un requisito essenziale per la validità di qualsiasi deliberazione".

In altre parole la decisione di aggiornare l'adunanza ad altra data costituisce di per sé una nuova riunione condominiale in parte distinta da quella da cui ha avuto origine, per la cui validità è necessario procedere al re-invio di un nuovo avviso di convocazione nei confronti di quei condomini che non erano presenti alla precedente riunione.
Nel caso specifico, considerando che il regolamento di condominio vigente nello stabile prevede che l’avviso di convocazione venga inviato almeno 8 gg. prima del giorno fissato per la adunanza, vi è stata da parte dell’amministratore una evidente violazione delle norme sulla convocazione della assemblea, in relazione alla prosecuzione della adunanza al 15 febbraio. Per quanto si è capito, infatti, l’autore del quesito è stato avvisato della nuova riunione solo il giorno stesso in cui la stessa ha avuto luogo.

Ciò potrebbe giustificare, da parte dell’autore del quesito, una impugnazione ex art. 1137 del c.c. per violazione delle norme di legge e di regolamento, quantomeno di ciò che è stato deliberato durante il nuovo incontro del 15 febbraio. Come si è già accennato all’inizio del parere però tale impugnazione deve essere proposta, notificando un invito di mediazione al condominio, entro 30 giorni dal giorno in cui si è avuta comunicazione di quanto deliberato.
Pertanto, per capire se è ancora possibile proporre una qualche iniziativa, è necessario capire se si è ancora nei termini richiesti dall’art. 1137 del c.c. Considerando che nel momento in cui si sta scrivendo siamo nell’aprile del 2023 e le due riunioni si sono tenute nel gennaio e nel febbraio del 2023, con ogni probabilità tali termini sono già decorsi, rendendo quanto deliberato nella riunione assolutamente obbligatorio ed inoppugnabile per tutti i condomini, anche se assenti e non convocati alla riunione. Ciò, però, a condizione che l’amministratore abbia ancora provveduto a consegnare all’autore del quesito il verbale delle due riunioni. Se così non fosse, nonostante il lasso di tempo ormai trascorso, si sarebbe ancora perfettamente nei termini per adire le sedi competenti.

Si tratta ora di un altro aspetto molto importante emerso dalla lettura del quesito.
A quanto pare di capire l’amministratore non ha, all’oggi, reso il conto di gestione per una o più annualità di bilancio, e ciò ai sensi dell’art.1129 del c.c. costituisce senza dubbio una grave irregolarità, che può giustificare ai sensi del 11° co. dell’art. 1129 del c.c. una istanza alla autorità giudiziaria per richiedere la revoca del professionista. Tale istanza è proponibile anche su ricorso e iniziativa di un solo condomino con ovviamente l’ausilio di un legale. Il procedimento che deriverebbe da tale istanza, sarebbe piuttosto celere: la decisione infatti verrebbe resa in camera di consiglio dopo un breve contraddittorio con l’amministratore in carica. Nel caso in cui venisse disposta la revoca, l’autorità giudiziaria provvederebbe nel contempo a nominare un nuovo amministratore con il quale si potrebbe agevolmente verificare la situazione contabile della gestione attuale e di quella pregressa, valutando con un legale eventuali ulteriori iniziative nei confronti dell’amministratore inadempiente.

A. G. chiede
sabato 01/04/2023
“buongiorno, vivo in un condominio è ho dei problemi con la gestione dell'amministratore di condominio. più precisamente il nostro amministratore cerca in tutti i modi di proporre delle nuove spese di manutenzione dell'edificio esibendo preventivi di valore che ritengo non essere congrui rispetto al lavoro da realizzare - di più ho il sospetto che tali spese siano "gonfiate"- pertanto essendo prossima una riunione condominiale nella quale alla maggioranza verrà chiesto di deliberare su un preventivo di nuova spesa (pari a circa 3.500 euro a testa) chiedo che tutele ho io di fronte a tale delibera in qualità di condomino dissenziente rispetto alla spesa? - posso far verbalizzare in verbale che io non sono d'accordo con l'opportunità di porre in essere la nuova spesa in quanto a mio parere si tratta di spesa non congrua? - tale mossa mi tutela nel caso in cui poi, si decida a maggioranza di fare la spesa, e io non versi le relative rate condominiali? in sostanza posso non essere perseguito per mancato versamento delle rate se ho verbalizzato prima il mio dissenso? Oppure ci sono altre tutele contro la maggioranza? grazie”
Consulenza legale i 13/04/2023
Il diritto civile in tema di Condominio prevede come tutela per le minoranze dissenzienti, i condomini assenti o astenuti, la possibilità di impugnare la delibera dell’assemblea, o alcuni punti di essa, ai sensi dell’art. 1137 c.c. per contrarietà alla legge o al regolamento condominiale.
In tal caso di accoglimento dell’impugnazione, la delibera sarà annullata.
Le delibere possano essere alternativamente dichiarate nulle, in via residuale, quando mancano gli elementi sostanziali, abbiano un oggetto impossibile o illecito o riguardino la modifica a maggioranza dei generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea ai sensi dell’1135 n. 2) e 3) del c.c. (Cass. civ. SS.UU. n. 9839/2021).

Il rinvio dell’art. 1139 del c.c. alle norme sulla comunione, rende applicabile l’art. 1109 del c.c. anche all’ambito condominiale estendendo così il potere di impugnazione delle delibere anche alla decisione approvata dalla maggioranza che rechi grave pregiudizio alla cosa comune quale esercizio di un eccesso di potere (Cass. civ. n. 25128/2008).
Per consolidato principio giurisprudenziale, però, l’Autorità giudiziaria non può sindacare l’opportunità o la convenienza di una delibera assembleare, se non nel caso in cui si ravvisi un eccesso di potere da parte dell’assemblea che costituisca un grave pregiudizio effettivo, e non meramente potenziale, alla cosa comune (Cass. civ. n. 5061/2020, Cass. civ. n. 20135/2017).

Non si hanno elementi a sufficienza per poter definire quale sia l’eventuale motivo di impugnazione e quindi la sua fondatezza.
Si ritiene che sia utile rivolgersi ad un legale dopo aver ricevuto il verbale dell’assemblea con i punti all’ordine del giorno che si vogliono impugnare e per i quali è necessario aver votato contro.

Fondamentale, però, per il condomino dissenziente ricordare che le spese condominiali, approvate dalla maggioranza e non annullate o dichiarate nulle, sono obbligatorie per tutti i condomini ai sensi dell’art. 1137 comma 1 c.c.
È quindi irrilevante che abbia o meno espresso la sua contrarietà alle spese.
L’art. 1137 comma 3 c.c. prevede che la delibera non possa essere sospesa se non con una pronuncia dell’Autorità Giudiziaria.
La sospensione può quindi essere disposta dal Giudice solo a seguito di un’istanza cautelare, da proporre prima o unitamente al giudizio di impugnazione.
Si ricorda, però, che per il giudizio di impugnazione è obbligatorio esperire il tentativo di conciliazione davanti all’Organismo di mediazione, come previsto dalla legge Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali; tale tentativo non è richiesto invece per la procedura cautelare.

Solo l’eventuale annullamento della delibera o l’approvazione di una nuova delibera in sostituzione della precedente, permetterà ai condomini di non pagare le spese condominiali deliberate dall’assemblea in precedenza.

L’amministratore di Condominio è tenuto, inoltre, ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito è compreso (l'art.1129 comma 9 del Codice civile) con la presentazione di un ricorso per decreto ingiuntivo ex art. 63 delle disp. att. c.c..

A. M. chiede
martedì 07/03/2023 - Campania
“Condominio di 8 persone. A seguito di abuso edilizio, eseguito anni or sono, un condomino ha aumentato di 60 mq coperti la sua unità immobiliare. A seguito di ristrutturazione, un condomino, retroattivamente,v uole far valere questo incremento ai fini della ripartizione delle spese sostenute anche se le tabelle millesimali non sono state aggiornate e l'abuso non è stato sanato. Sostiene che il Direttore dei lavori avrebbe dovuto considerarlo nel formulare il capitolato di spesa. Da segnalare che la richiesta viene inoltrata dopo aver già pagato la ristrutturazione. Si può fare?”
Consulenza legale i 13/03/2023
La richiesta non ha alcun fondamento giuridico. L’art.1137 del c.c. al suo 1°co. ci dice che le delibere assembleari assunte a norma di legge sono obbligatorie per tutti i condomini. I successivi commi di tale articolo disciplinano le modalità di impugnazione delle delibere assembleari, e come è noto per impugnare una delibera assembleare vi sono tempi piuttosto ristretti: 30 giorni, i quali decorrono dalla data di delibera per i condomini presenti alla riunione che hanno espresso voto contrario o si sono astenuti, oppure dal giorno della comunicazione della delibera per i condomini che erano assenti alla riunione.

Decorso questo termine perentorio (salvo casi di nullità della delibera che a quanto sembra qui non sono presenti) non è più possibile rimettere in gioco la validità di quanto deliberato dalla assemblea e quindi, nel caso specifico, rimettere in gioco la delibera con la quale si approvavano i riparti di spesa per gli anni pregressi. Essi quindi sono senz'altro divenuti obbligatori per tutti i proprietari in forza di quanto dispone il 1° co. dell’art.1137 del c.c.



M. M. chiede
giovedì 15/09/2022 - Lazio
“Gentile Avvocato,

La questione riguarda il condominio in cui abito, che comprende solamente 6 unità.
Durante l'ultima assemblea, con me assente e delegante un altro condomino, è stato affrontato e deliberato un tema non presente all'ordine del giorno.

Il suddetto tema, sollevato da una compagine di inquilini o distaccatisi dal riscaldamento centralizzato o non utilizzatori abituali dell'appartamento (casa vuota, sfitta, riscaldamento non utilizzato), riguardava l'abbattimento delle quote fisse del riscaldamento centralizzato.

Queste sono attualmente fissate al 30% del consumo globale. Non sono in grado di ricostruire quando e come sia stato stabilita questa suddivisione che va avanti da almeno 20 anni, probabilmente fu deliberato in analoga assemblea molto tempo fa, ma di cui evidentemente non è facile risalire al verbale..

Ad ogni modo questi condomini (4 su 6), hanno deliberato a maggioranza una riduzione dal 30% all'1%.
Ho chiesto ed ottenuto dall'amministratore il riesame di questo punto in altra assemblea, proprio perchè esulava dall'ordine del giorno.

La mia domanda è semplice, oltre ad ascoltare con grande interesse tutto ciò che potrete aggiungere sul tema: possono a maggioranza alcuni condomini modificare la struttura/suddivisione delle spese, o per fare ciò è necessaria l'unanimità?

Grazie anticipatamente

Consulenza legale i 26/09/2022
Innanzitutto è giusto precisare che se alla riunione di condominio l’assemblea ha deliberato su un argomento che non era stato preventivamente inserito all’ordine del giorno, quanto deliberato può essere annullato impugnando la deliberazione ai sensi dell’art. 1137 del c.c. (Tribunale di Roma n.14537 del 22.10.2020).
Come ha chiarito a più riprese la dottrina e la giurisprudenza la voce “varie ed eventuali”, permette certamente che al termine della riunione l’assemblea possa discutere di determinati argomenti non indicati preventivamente nell’ ordine del giorno, ma senza la possibilità di deliberare sull’argomento o comunque di assumere con il voto un impegno di spesa per il condominio.

Vi sarebbero quindi i presupposti per impugnare quanto arbitrariamente deliberato nella prima riunione di condominio in merito al riparto delle spese di riscaldamento, tenendo altresì conto del fatto che, come si vedrà meglio tra poco, la decisione presa non è affetta dalla sola annullabilità ma dal più grave vizio della nullità.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con l’importante pronuncia n. 9839/2021 hanno precisato che devono considerarsi affette da nullità le delibere che a maggioranza modificano i generali criteri di ripartizione delle spese previste dalla legge o dal regolamento, da valere per i successivi riparti di spesa. Tale importante principio fatto proprio dalle Sezioni Unite è stato in precedenza applicato, anche dai giudici di merito, proprio a proposito di quelle delibere condominiali che andavano a modificare a colpi di maggioranza i criteri di ripartizione degli oneri attinenti al riscaldamento condominiale (si cita ad esempio tra le tante Tribunale di Udine n.916 del 26.07.2018).

Per tale motivo alla domanda posta nel quesito è necessario dare una risposta affermativa: è necessario pertanto raggiungere l’unanimità dei consensi per la modifica dei criteri di riparto relativamente agli oneri di riscaldamento da valersi per i futuri consuntivi e preventivi condominiali.
Quanto deliberato quindi nell’ultima riunione condominiale deve considerarsi nullo e nella prossima riunione se si vorrà procedere ad una revisione dei criteri di spesa si dovrà ottenere l’unanimità dei consensi, oltre ad inserire preventivamente l’argomento all’ordine del giorno.


G. D. chiede
mercoledì 04/05/2022 - Lombardia
“Al mio condominio è stata presentata l’analisi preliminare che descrive i lavori di cappotto necessari per ottenere il salto di 2 classi energetiche per avere diritto al superbonus.
Il mio appartamento è su due livelli sopra l’appartamento di un altro condomino e ha due terrazzi a livello (uno copre parte del soffitto dell’appartamento sottostante) l’altro copre in parte il soffitto del 1° piano del mio appartamento. Entrambi i terrazzi sono miei privati, hanno affaccio e sono accessibili esclusivamente dal mio appartamento. Lo studio prevede tra i vari lavori anche il rifacimento dei suddetti due terrazzi di mia proprietà. Tale rifacimento sarebbe totale dato che richiede eliminazione delle piastrelle e del massetto, stesura isolante, nuovo massetto e nuove piastrelle. Oltre a ciò, il terrazzo superiore, già stretto per sua conformazione, con l’ispessimento della facciata vedrebbe di molto ridotta la superficie calpestabile riducendone notevolmente la funzionalità.
Vorrei sapere se l’Assemblea con la maggioranza richiesta dal Superbonus, nonostante la mia contrarietà, può obbligarmi a permettere l’esecuzione di tali lavori sui miei due terrazzi che secondo me rappresentano proprietà privata e non rientrano quindi nelle parti comuni condominiali oggetto del superbonus 110%.”
Consulenza legale i 09/05/2022
Analizzando l’intero corpus normativo del codice civile che ha ad oggetto la disciplina del condominio, si ricava il principio, che finora è stato assolutamente granitico in giurisprudenza, secondo il quale l’assemblea di condominio ha il potere di deliberare a colpi di maggioranza innovazioni o lavori di straordinaria amministrazione che coinvolgono solo le parti comuni dell’edificio e non le parti in proprietà individuale, come appunto i terrazzi descritti nel caso specifico. Una delibera assembleare che imponesse a colpi di maggioranza l’esecuzione di lavori su parti in proprietà esclusiva deve considerarsi radicalmente nulla per carenza di potere e impugnabile quindi in ogni tempo anche oltre i rigidi termini impugnatori prescritti dall’art.1137 del c.c.

Questo principio è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza a partire dalla famosa sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.4806 del 07.03.05 e da tutte le pronunce che ne sono seguite. Applicando il principio descritto al caso di specie, possiamo dire che l’assemblea non può imporre l’esecuzione di lavori sulle terrazze private neppure se necessari per l’accesso al bonus 110%.

Per completezza si precisa che si sta affacciando una giurisprudenza, per ora solo di merito, che pare ritenere valida la delibera condominiale che imponga determinati lavori su parti in proprietà esclusiva dell’edificio (come ad esempio il restringimento della zona di calpestio del balcone aggettante), quando tali lavori siano necessari per l’esecuzione d'interventi che comportino un miglioramento globale dell’efficientamento energetico del fabbricato: tuttavia, tali pronunce sono per ora assolutamente sporadiche (e ci si augura che rimangano tali) e quindi non sufficienti a poter dire che siamo di fronte ad un cambio di orientamento da parte dei giudici.

Si fa peraltro presente che esistono intonaci isolanti speciali, parecchio costosi, che nello spessore di 2 cm isolano come quelli tradizionali. Questa soluzione viene spesso adottata in casi come questi. Potrebbe essere un'idea pretendere che il condominio si faccia carico del maggior costo di questo particolare materiale al fine di non compromettere l'intera operazione di ristrutturazione.




G. T. chiede
venerdì 18/03/2022 - Emilia-Romagna
“sono proprietario di un appartamento in un condominio dove esiste un regolamento (datomi dall'amministratore) tipo contrattuale ma incompleto (termina con l'art 21 a fine pagina senza riportarlo. l'art 3 "ripartizione delle spese " cita: "in proporzione al valore dei millesimi assegnati a ciascuna proprietà come risulta dalle allegate tabelle". (il palazzo risale agli anno 70) mi sono state anche consegnate delle tabelle firmate dall'ex amministratore - in data 14/3/14 che riportano delle spese (manutenzioni, scale e uguali) suddivise per unità e non per millesimi o come da c.c. ho chiesto all'amministratore di dimostrare la legittimità delle tabelle ma non mi ha risposto. se le tabelle non sono state approvate all'unaminità nell'assemblea perchè c'erano degli assenti, passati i 30 giorni sono comunque valide oppure no? e io posso ora impugnarle?”
Consulenza legale i 23/03/2022
Il quesito è piuttosto confuso ma proviamo a fare chiarezza. Innanzitutto se nel palazzo vige un regolamento di condominio di natura contrattuale con ogni probabilità esso è ancora agli atti del notaio che lo ha rogato (se il professionista esercita ancora), oppure è possibile estrarne copia presso l’archivio notarile competente per territorio. Pertanto attraverso tali canali sarebbe possibile reperire una copia completa del regolamento.

In merito alla suddivisione delle spese condominiali, per quanto ci è dato capire, l’autore del quesito si lamenta del fatto che esse sono state ripartite per unità e non per millesimi come espressamente prevede l’art. 3 del regolamento, e chiede se è possibile procedere ad una sua impugnazione innanzi alla autorità giudiziaria.
A tal proposito si deve citare la recente pronuncia delle Sezioni Unite la n. 9839 del 14.04.2021, la quale ha precisato che devono considerarsi meramente annullabili le delibere che ripartiscono in maniera errata le spese condominiali violando le norme del codice civile o quelle previste dai regolamenti condominiali contrattuali.

Come è noto, le delibere annullabili ai sensi dell’art. 1137 del c.c. sono impugnabili entro 30 giorni decorrenti dal giorno della riunione per i proprietari presenti alla medesima e che si sono astenuti o hanno espresso voto contrario, mentre, per coloro che erano assenti, il termine per impugnare decorre dal giorno in cui viene loro comunicato il verbale della riunione.
Nel caso specifico, quindi, se è già decorso il termine indicato dall’art.1137 del c.c. non è più possibile procedere a contestare il riparto delle spese effettuato in violazione delle norme del regolamento di condominio, anche se esso è di natura contrattuale.

Si consiglia, quindi, di procedere al pagamento degli oneri condominiali richiesti dall’amministratore per non incorrere in spiacevoli procedure di recupero incardinate dal condominio.
Eventualmente se tale modalità di riparto verrà utilizzata dall'amministratore anche in futuro, si potrebbe pensare di muovere una qualche contestazione per i prossimi rendiconti condominiali, ma non per quelli già approvati dalla assemblea.

C. D. D. R. chiede
lunedì 07/02/2022 - Veneto
“Spett.le Redazione,
faccio riferimento alla Vostra consulenza n°Q202230015, del 22/01/2022, relativa alla mancata applicazione dell'articolo 9 del D.legs. 73/20 e dell'articolo 1123 C.C., per quanto concerne la ripartizione dei costi del riscaldamento e e dell'acqua calda sanitaria. Infatti, non sono stati conteggiati i millesimi dell'acqua calda sanitaria, ma solo quelli del riscaldamento climatico.

Vorrei sapere se l'ultima assemblea condominiale ordinaria (gestione amministrativa 2020-2021), convocata, in differita, per il giorno di sabato 18 settembre 2021, ma senza specificare se in prima o seconda convocazione, e senza specificare data e ora della seconda convocazione, e tenutasi, con un ristretto numero di partecipanti, domenica 19 settembre 2022, sia valida o possa essere ritenuta nulla, poiché non era stata precisata la data esatta della seconda convocazione, che deve avvenire nei dieci giorni seguenti. Avevo cercato di collegarmi on line il giorno 18/09 (le assemblee si erano sempre tenute di sabato), ma non vi ero riuscito e avevo pensato ad un disguido tecnico o a mia imperizia nell'usare il computer. Stupidamente non ho pensato a ritentare il giorno seguente alla stessa ora, quando, in realtà, si è tenuta questa assemblea condominiale.

Già l'assemblea 2019-2020, con la amministrazione precedente a quella attuale, probabilmente poteva essere ritenuta nulla perché l'amministratrice aveva riportato l'approvazione alla unanimità di un consuntivo da correggere (i millesimi del riscaldamento erano sbagliati) e ancora da calcolare e da scrivere, per cui si sarebbe dovuta tenere una ulteriore seconda assemblea per la approvazione. Tramite lettera raccomandata avevo precisato che non avevo, come nei due anni precedenti, approvato il consuntivo e che avevo solo detto di correggere i millesimi e la ripartizione.

Per il mancato conteggio dei millesimi del consumo involontario dell'acqua calda sanitaria avevo chiesto un parere ed un preventivo per una eventuale azione legale ad un avvocato di Belluno, ma questi si è limitato ad evidenziare (non fornendo preventivi di sorta) i costi troppo elevati di una azione giuridica rispetto alla somma, sia pure non irrilevante, rappresentata da una immotivato aggravio di spesa contro la normativa vigente, e a consigliarmi di prospettare la vantaggiosità di applicare la normativa per intero, cioè comprensiva anche dei millesimi dell'acqua calda sanitaria, per tutti i condomini in un normale periodo di ferie annuali, senza le restrizioni per la pandemia. Insomma, che era meglio non farne una questione di principio, nonostante l'incomprensibile e ostinata mancata applicazione della normativa per quanto concerne i millesimi non conteggiati dell'acqua calda sanitaria.
E, in effetti, ho inviato una e-mail ai condomini e alla amministratrice per raccomandare l'opportunità di applicare per intero la normativa 73/20. Ma, purtroppo, mi sono dimenticato, questa volta, di inviare una PEC alla amministrazione dicendo che non avevo approvato il consuntivo-preventivo.

Pur cercando di evitare, nei limiti del possibile, costose azioni legali, che pure possono rappresentare una soluzione civile a strane e arbitrarie situazioni, anche per questo vorrei sapere se l'ultima assemblea condominiale possa essere considerata nulla (molto probabilmente lo era la precedente assemblea), per la mancata precisazione della data della seconda convocazione, o se, invece, possa considerarsi valida perché tenutasi, comunque, entro i dieci giorni dalla data indicata.
Invio cordiali saluti.”
Consulenza legale i 10/02/2022
Come è noto anche ai non addetti ai lavori, l’art. 1137 del c.c. prevede la possibilità di impugnare le delibere adottate dalla assemblea di condominio, sottoponendo però tale possibilità a rigorosi limiti.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, può essere proposto impugnazione innanzi alla autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento, ma questo può essere fatto solo dal condomino assente alla riunione di condominio o se presente che abbia espresso voto contrario o si sia astenuto. L’ impugnazione deve poi essere proposta nel rigido termine perentorio di 30 giorni, decorrenti dal giorno della riunione per i condomini presenti e per gli assenti dal giorno in cui viene a loro comunicata la delibera assembleare.

Il motivo per cui il legislatore sottopone la possibilità di impugnare le decisioni della assemblea a brevi e ferree tempistiche è piuttosto evidente: si vuole evitare che un proliferare di impugnazioni, oltre ad intasare gli uffici giudiziari, porti ad una paralisi di quanto deciso dalla assise con conseguente blocco della gestione del condominio.
Per tale motivo la giurisprudenza con due importanti pronunce a Sezioni Unite la n. 4806 del 07.03.2005 e la recentissima n. 9839 del 14.04.2021, è intervenuta tentando di chiarire quando una delibera possa essere nulla, e quindi impugnabile anche oltre i rigidi termini indicati dall’art. 1137 del c.c., e quando essa deve considerarsi annullabile e quindi contestabile si, ma nel rispetto dei ristretti limiti dettati dal codice civile.
In merito ai vizi che riguardano l’atto di convocazione della assemblea di condominio, le Sezioni Unite hanno precisato che essi devono considerarsi vizi meramente formali, che possono essere portati a giustificazione di una impugnazione della delibera assembleare ma ciò deve essere fatto entro i rigidi termini indicati dall’art. 1137 del c.c. e solo dai condomini assenti contrari o astenuti.

Il caso descritto nel quesito è un tipico vizio di convocazione della delibera, ma visto che la riunione si è tenuta in seconda convocazione in data 19 settembre 2021, pare proprio che ormai il termine per impugnare sia decorso inesorabilmente, con l’effetto che qualsiasi vizio che potesse avere l’avviso di convocazione e la delibera della assemblea è stato sanato. L’ unica possibilità per sperare nella possibilità di riaprire i termini per impugnare, sarebbe quella di verificare se l’amministratore non abbia ancora comunicato ai condomini assenti il verbale della riunione, comunicazione che ovviamente deve avvenire con un mezzo che permetta di provare il giorno esatto in cui essa è avvenuta.
Se l’amministratore non ha compiuto il suo dovere e non ha fatto in modo di rendere noto ai condomini assenti ciò che è stato deciso dagli altri proprietari, il termine di 30 giorni indicato dall’art.1137 del c.c. non è ancora decorso per coloro che non erano presenti il giorno in cui la riunione ha avuto luogo, riaprendo solo per tali condomini la possibilità di impugnare. Vi è da dire però che questa possibilità nella pratica è di assai rara verificazione.

Le Sezioni Unite con la sentenza n.9839 del 14.04.2021 si sono inoltre soffermate a riflettere sulla suddivisione delle spese, chiarendo quando una suddivisione errata possa portare alla nullità della delibera e quando invece, fermo restando l’errore, la delibera che approva il rendiconto condominiale possa considerarsi solo annullabile.
Sono nulle, dicono le SS.UU., solo quelle delibere assembleari che a colpi di maggioranza stabiliscono per i futuri riparti nuovi e diversi criteri di suddivisione degli oneri condominiali non previsti dalle norme del regolamento di condominio o dalla legge; sono meramente annullabili, invece, quelle delibere che approvano un rendiconto condominiale in cui sono ripartite le spese in violazione delle norme del regolamento di condominio e di legge attualmente vigenti.

È ovvio che le Sezioni Unite con l’ultimo intervento del 2021 hanno voluto ulteriormente restringere l’ambito di applicazione della nullità della delibera assembleare, allargando ulteriormente quello della annullabilità: ciò, però, non avvantaggia le ragioni dell’autore del quesito.
Infatti, gli errori nella suddivisione della acqua calda sanitaria sono, è vero, compiuti in violazione dell’art. 9 del D.Lgs n.73/20, ma questo non comporta la nullità della delibera di approvazione del bilancio. In pratica, nessuna impugnazione può essere proposta per i bilanci che sono stati già da tempo approvati, potendo tuttalpiù essere impugnata solo l’approvazione del prossimo bilancio di esercizio, con il risultato che la somma di rimborso che si potrebbe teoricamente richiedere al condominio sarebbe troppo esigua per giustificare i costi di una qualsiasi azione legale.


G. C. chiede
mercoledì 02/02/2022 - Lazio
“Richiesta consulenza sul Superbonus 110 %
Siamo due condòmini dissenzienti su un condominio di nove che a maggioranza ha deliberato a favore del Superbonus 110% che noi riteniamo assolutamente non necessario. Per tale motivo non abbiamo permesso al tecnico di effettuare il sopralluogo per la verifica dello stato di efficienza energetico dei nostri appartamenti. Ultimamente ci è stato inviato un modulo denominato “MODULO DI NON ADESIONE AL SUPERBONUS 110%” da compilare e restituire all’amministratore. Tale Modulo vi verrà inviato.
Si è deciso di non compilare e restituire il Modulo in questione all’amministratore in quanto lo riteniamo un sostituto del sopralluogo.
QUESITO:
Siamo obbligati a compilare ed inviare il modulo o no? Per quali motivi nei due casi?
In caso di non obbligo che succede al Superbonus?”
Consulenza legale i 09/02/2022
Dalla documentazione che viene allegata si evince come la procedura per l’ottenimento del bonus 110% sia ferma nella fase iniziale di prefattibilità. In altre parole, il condominio ha semplicemente dato incarico ad un tecnico per verificare se nell’edificio è possibile aderire al bonus 110% e quali lavori sarebbero realizzabili.
Posto che, con ogni probabilità, l’incarico è stato dato dall’amministratore a seguito di una specifica delibera assembleare adottata a norma di legge, gli autori del quesito sono obbligati a compilare tale modulo. L’art. 1137 del c.c. ci dice infatti che le delibere adottate dalla assemblea a norma di legge sono obbligatorie per tutti i condomini, anche quindi per la minoranza che ha espresso un legittimo voto contrario. Non restituire quel modulo firmato oltre ad impedire al tecnico di portare a termine il suo lavoro, comporterebbe con ogni probabilità la violazione dell’art. 1137 del c.c. con possibili richieste risarcitorie, che potrebbero sfociare in contenziosi.

Si presti però attenzione, in quanto avere l’obbligo di riconsegnare il modulo, non significa dare il proprio consenso! È ovvio che nel momento in cui si firmerà la dichiarazione fornita dal tecnico ci si limiterà semplicemente a confermare la volontà di non aderire al bonus fiscale, possibilità espressamente prevista nel documento dato in visione.

Questo, al contrario di quanto si possa pensare, non comporta una agevolazione per il condominio nel lungo percorso che porta all’ottenimento del bonus 110% o una sostituzione del sopraluogo del tecnico, ma al contrario con ogni probabilità la firma di quel modulo potrebbe comportare un ostacolo per il condominio.
Il tecnico, infatti, non potendo ispezionare l’appartamento dei condomini dissenzienti e non potendo contare sui lavori da realizzarsi nelle abitazioni private (inevitabilmente con il consenso del singolo proprietario), potrebbe essere costretto a concludere il suo incarico dicendo che il condominio non può accedere al bonus fiscale.

Come è noto una delle condizioni affinché si possa accedere al bonus 110% è che l’edificio compia un salto di due categorie nella sua classificazione energetica. Spesso si può avere tale balzo solo se si portano a termine interventi non solo su parti comuni dell’edificio (il cappotto termico), ma anche all’ interno delle singole unità immobiliari (il cambio degli infissi). Tale ultima categoria di lavori, però, dovendosi realizzare su parti dell’edificio in proprietà esclusiva possono portarsi a termine solo se il singolo proprietario dà il suo consenso, consenso che sicuramente non arriverà da chi è contrario al bonus 110%. Ciò potrebbe, quindi, impedire quel balzo termico assolutamente necessario per ottenere l’agevolazione fiscale.



R.P. chiede
giovedì 18/11/2021 - Piemonte
“Assemblea condominiale tenutasi, in cortile, alle ore 18 del 18/10/2021. verbale pervenuto in data 27/10/2021 - ero assente ad assemblea perché non ho ricevuto convocazione assemblea. Presenti ad assemblea 17 condomini su 24.
Il verbale al punto 2 riporta: nomina amministratore e sua retribuzione. I condomini riconfermano all'unanimità quale amministratore il geom. xxx yyy con lo stesso compenso.
E' dal 2015 che il geometra viene riconfermato e non specifica più ammontare compenso e mansioni per il compenso. Il compenso lo si può riscontrare nei conti consuntivi.
Domanda: si può contestare la nomina amministratore avvenuta nel modo sopra indicato? La mancata convocazione è sufficiente a legittimarmi per un ricorso contro la nomina o devo altri interessi? in che modo forma e tempi posso, eventualemente, contestare?
grazie”
Consulenza legale i 22/11/2021
L’art 66 disp. att del c.c. al suo terzo comma ci dice che l’avviso di convocazione della riunione condominiale deve essere consegnato ai partecipanti almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione. La consegna può avvenire a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano.

L’omissione della consegna dell’avviso di convocazione è una delle cause più frequenti di opposizione alla delibera assembleare. Lo stesso art 66 disp. att del c.c. ci dice che in caso di omessa convocazione la delibera assembleare è impugnabile ai sensi dell’art.1137 del c.c. dai condomini che hanno espresso voto contrario o da chi era assente. In altre parole, in caso di omessa convocazione il soggetto “dimenticato” dall’amministratore può ricorrere al giudice impugnando la delibera assembleare, ma il ricorso deve essere presentato entro il rigido termine perentorio di 30gg decorrente per il condomino assente dal giorno che ha avuto conoscenza della delibera. Nel caso specifico questo giorno pare essere il 27.10. u.s., pertanto il termine è prossimo alla scadenza che avverrà il 26.11 p.v., giorno non festivo e quindi non prorogabile al primo giorno feriale successivo. Il termine è quindi prossimo alla scadenza ma vi è una possibilità per evitare di perdere la possibilità di contestare la delibera assembleare.

L’impugnazione della delibera assembleare è la più classica delle controversie condominiali e ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs n.28/2010 tali tipologie di contenziosi devono essere obbligatoriamente precedute da un tentativo obbligatorio di conciliazione a pena di improcedibilità. Per giurisprudenza costante il deposito della istanza di mediazione presso un organismo abilitato, interrompe il computo del termine perentorio previsto dall’art. 1137 del c.c. Fortunatamente presentare una istanza di mediazione richiede molto meno studio e molti meno formalismi per un professionista rispetto a redigere un atto introduttivo di un giudizio, pertanto trovando in tempi rapidi un avvocato del posto sarebbe ancora possibile fare qualcosa.

La legge legittima all’impugnazione il condomino per il solo fatto che egli non ha ricevuto l’avviso di convocazione, non essendo necessario che egli si faccia istante anche di altri interessi.

Giungendo alla fine del quesito è giusto precisare che nel caso in cui si vada in giudizio sarà onere del condominio convenuto, e non del proprietario attore, eccepire che l’impugnazione è tardiva, in quanto presentata oltre il termine di cui all’art.1137 del c.c.; per fare questo il condominio, nella persona del suo amministratore, dovrà fornire prova del momento in cui la delibera è stata comunicata al condomino attore. Tale onere probatorio viene assolto solitamente nel momento in cui si deposita la ricevuta di ritorno della raccomandata con la quale si è spedito copia della delibera condominiale al destinatario. Capita a volte, però, che l’amministratore non sia così preciso nell’inviare le delibere condominiali a chi era assente alla riunione e comunichi le decisioni dell’assise con altri mezzi che non forniscono una prova certa del momento in cui la comunicazione si stata spedita prima e ricevuta poi (si pensi ad esempio quando si inserisce copia del verbale nella cassetta delle lettere).
Se anche in questo caso fosse avvenuta una situazione simile, sarebbe molto arduo per il condominio convenuto eccepire la tardività di una ipotetica opposizione.

S. D. G. chiede
mercoledì 17/11/2021 - Puglia
“Fungevo da presidente, il verbale dell'assemblea è stato redatto successivamente, tra l'altro, senza indicazione della data di compilazione. Nelle condizioni contrattuali del regolamento del condominio sembra sia riportato (dico sembra poiché nel regolamento di condominio allegato al registro delle assemblee, manca proprio la pagina dove dovrebbe erre riportata detta clausola, e quindi non ne ero a conoscenza) che il verbale debba essere redatto al momento della tenuta dell'assemblea. Si chiede innanzitutto il vostro parere sulla validità dell'assemblea e circa la responsabilità mia e dell'amministratore che fungeva da segretario e come comportarsi alla eventuale citazione che il condominio dovrebbe ricevere a breve, richiesta da alcuni condomini.”
Consulenza legale i 18/11/2021
La Corte di Cassazione a più riprese ha precisato che non vi è alcun divieto nel correggere, modificare o anche addirittura redigere per intero il verbale della riunione di condominio anche in un momento successivo alla sua tenuta. In questo senso è molto chiara Cass. Civ. Sez. II, n. 6552 del 31.03.2015.
I giudici arrivano a tale conclusione rilevando il fatto che tra le norme che disciplinano il funzionamento della assemblea di condominio, non è previsto alcun obbligo di redigere il verbale contestualmente allo svolgimento della riunione.

Deve essere chiaro però che, indipendentemente dal momento in cui il documento viene materialmente redatto, il verbale deve riportare in maniera fedele i fatti che sono effettivamente avvenuti.
La funzione del verbale è infatti quella di ricostruire ciò che è accaduto durante la riunione e verbalizzare su di essi accadimenti falsi, comporta che la delibera debba considerarsi radicalmente nulla con il rischio che quanto deciso dalla assise possa essere soggetta ad impugnazione anche oltre i rigidi termini indicati dall’art. 1137 del c.c. In altre parole, la delibera assembleare sarebbe sempre soggetta al rischio di essere impugnata anche decorsi svariati anni dalla sua adozione, sempre che in giudizio chi ha assunto l’iniziativa processuale riesca a raggiungere la prova che un falso si sia effettivamente realizzato.

Non ci preoccupiamo molto della disposizione del regolamento di condominio citata, in quanto, se esistente, se ne potrebbe sostenere l’invalidità in quanto derogatoria alle norme disciplinanti il funzionamento della assemblea di condominio. Per disposizione degli artt. 1138 del c.c. e 72 disp.att. del c.c. il regolamento di condominio, sia esso di natura assembleare o contrattuale, non può andare a derogare alle norme previste dal codice civile disciplinanti le modalità di funzionamento dell’organo assembleare introducendo adempimenti non legislativamente previsti. Una norma di questo tenore contenuta in un regolamento di condominio dovrebbe essere quindi disapplicata dal giudice al quale si chiede di farla valere.

Nel quadro descritto si ritiene che la posizione del Presidente e del Segretario della assemblea di condominio sia di assoluto vantaggio: se dovesse giungere una qualche contestazione formale da parte degli altri proprietari si suggerisce di riscontrarla negando la fondatezza del contenuto e attendendo poi eventuali, ma non certe, iniziative processuali, verso le quali comunque si avrebbero buone chances di difesa.


A.F. chiede
mercoledì 13/10/2021 - Campania
“Vorrei impugnare il verbale di assemblea condominiale datato 8 ottobre 2021 relativo ad una palazzina in Napoli alla Via (omissis), in quanto io quale usufruttuaria dell'appartamento al primo piano, ove ho anche la residenza, non sono stata mai convocata, precisando che non ho mai comunicato all'Amministratore del condominio di essere usufruttuaria dell'appartamento, mentre nuda proprietaria è mia sorella con la quale non convivo, la quale è stata sempre convocata via PEC. Inoltre, ho appreso per caso che anche i due figli di altro condomino sono nudi proprietari e non sono stati mai convocati, mentre è stato convocato sempre il di loro padre titolare di diritto di abitazione, sulla sua email personale.”
Consulenza legale i 19/10/2021
Gli errori che attengono alla convocazione dei condomini alla riunione condominiale possono essere messi a fondamento di una eventuale impugnazione della delibera assembleare. Ai sensi del 2° co. dell’art. 1137 del c.c. l’impugnazione deve essere proposta entro il termine perentorio e obbligatorio di 30 gg., che per i condomini non presenti alla riunione decorrono dal giorno in cui viene loro comunicato il verbale della assemblea.

Visto che la riunione di condominio ha avuto luogo il giorno 8 ottobre scorso, si è ancora nei termini per avanzare una qualche contestazione a ciò che l’assise ha deciso. Tale probabilità è resa ancora più reale dal fatto che il termine indicato dall’art. 1137 del c.c. può ritenersi rispettato nel momento in cui si propone davanti ad un organismo abilitato un'istanza di mediazione: atto che può sicuramente redigersi anche in tempi molto brevi e ristretti rispetto ad un atto di citazione nei confronti del condominio, che dovrà essere poi notificato all’amministratore e iscritto successivamente a ruolo.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs n.28/2010, nelle cause condominiali l’instaurazione del procedimento di mediazione diviene un passaggio obbligatorio e condizione necessaria per proporre poi opposizione innanzi al giudice.

Se da un punto di vista processuale si è nei termini per proporre opposizione, non è però detto che poi la stessa possa essere considerata fondata nel merito. I commi 6°e 7° dell’art. 67 disp.att. del c.c. ci dicono che l’usufruttuario ha diritto di voto in assemblea, e quindi vi è l’obbligo di convocarlo, solo se l’assise è chiamata a discutere affari di ordinaria amministrazione, salvo che egli non intenda avvalersi del diritto di cui all’art. 1006 del c.c. ovvero si tratti di opere o lavori ai sensi degli art.985 e 986 del c.c. In tutti gli altri casi, il diritto di voto, e quindi l’obbligo di convocazione, spetta al nudo proprietario.

Per capire quindi se una ipotetica contestazione possa trovare accoglimento è necessario sapere gli argomenti che sono stati trattati durante la riunione dell’8.10 us.
Se tale riunione era la classica riunione condominiale annuale è molto probabile che tra i suoi argomenti all’ordine del giorno siano stati trattati affari attinenti alla ordinaria amministrazione dello stabile, come approvazione del bilancio, nomina revoca amministratore, incarico ad impresa di giardinaggio, etc. In questo caso vi era sicuramente l’obbligo di convocare l’usufruttuario.
Se la riunione, invece, aveva ad oggetto la discussione circa lavori straordinari da eseguirsi nel palazzo, allora il diritto di voto spettava senz'altro al nudo proprietario, salvo che quest’ultimo si rifiuti di partecipare alla spesa: in questo caso l’usufruttuario può sopportare lui i costi d'intervento invocando la facoltà di cui all’ art. 1006 del c.c., avendo quindi diritto di voto nell'assemblea condominiale che tratta detti interventi.

Lo stesso discorso può dirsi nel caso in cui l’assemblea discuta sulla realizzazione di determinate innovazioni sulla cosa comune ai sensi degli artt. 1120e ss. del c.c. e l’usufruttuario voglia esercitare le facoltà di cui agli art. 985 e 986 del c.c.



GIACINTO L. P. chiede
domenica 11/07/2021 - Lazio
“SPETT. STUDIO:
Vivo in un condominio romano dagli anni 70, Non ho mai ricevuto il regolamento del condominio redatto dal notaio ( anni 70), ne ho avuto uno da un vecchio amministratore ma privo delle tabelle millesimali. Solo recentemente sono entrato in possesso delle tabelle con il timbro notarile in possesso di un precedente amministratore e che ho trovate difformi da quelle utilizzate dall’attuale amministratore

Suppongo una inversione di riga dall'int 29 (vicino) al 30 (io) e viceversa.

Tabella millesimale C30 MIA PROPRIETA’ dal regolamento condominiale:
SCALA Interno Tabella A Tabella B Tabella C Tabella D
........C 30......... 12,5....... 20,0....... 61......... 18,0

Tabella millesimale C29 PROPRIETA’ del mio coinquilino vicino di casa
SCALA Interno Tabella A Tabella B Tabella C Tabella D
.........C 29.........14.70 .......24,0....... 72 .........21,4
Si può osservare che al mio vicino (C29)pur avendo una casa molto più piccola della mia (C30) ma ugualmente esposta e sullo stesso piano sono, state attribuiti millesimi maggiori dal regolamento condominiale (errore?)

Tabella millesimale C30 MIA PROPRIETA’ utilizzata sempre per anni dall’Amministratore:
SCALA Interno Tabella A Tabella B Tabella C Tabella A5 (?)
......C 30 ..........14,7...... 24,0 ..........72 ..........14,70

Come si vede sono le tabelle condominiali del regolamento riferite al C29 ma utilizzate dall’amministratore per il mio C30

Tabella millesimale C29 PROPRIETA’ del mio coinquilino vicino di casa utilizzata dall’amministratore,
SCALA Interno Tabella A Tabella B Tabella C Tabella A5 (?)
.......C 29......... 12.50...... 20,0........ 61.......... 12,50

In realtà al C30 e al C29 sono state invertite le righe forse per sanare un ritenuto errore ma non risulta nella mia memoria storica
RISULTA QUINDI CHE I MILLESIMI A ME ATTRIBUITI DALL’AMMINISTRATORE NON SIANO I MIEI ma quelli del mio vicino C29; la cosa può essere anche giusta perché la mia casa C30 è realmente più grande di quella del vicino C28, ma questa correzione non credo sia di competenza (silenziosa) dell’amministratore, bensì dell’assemblea che dovrà nominare un perito per rifare e rivedere i conteggi che dovranno poi essere approvati dall’assemblea o peggio imposti da un giudice.
CHIEDO QUINDI:
L’amministratore anche se non ha commesso il falso non ha mai controllato i conti e perciò è colpevole di un reato penale da denunciare? Porei avere restituzione dei soldi e il suo allontanamento,
Ultima cosa: sono valide le decisioni prese con millesimi non attribuiti dal regolamento ma da un ignoto?

Ci devo pensare, ma in caso di denuncia e processo,mi consigliereste un avvocato bravo e corretto romano?

Grazie sempre per la vostra cortesia e professionalità.”
Consulenza legale i 17/07/2021
Recentemente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno depositato una importante pronuncia in materia condominiale, la n. 9839 del 14.04.2021 che offre una puntuale risposta al quesito posto.

Le Sezioni Unite hanno chiarito che devono considerarsi nulle, e quindi impugnabili in ogni tempo anche oltre le rigide condizioni previste dall’art.1137 del c.c., solo quelle delibere condominiali con le quali a maggioranza siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalle convenzioni e a valersi per i futuri riparti. Sono meramente annullabili, e quindi impugnabili entro il perentorio termine di 30 gg. ai sensi dell’art. 1137 del c.c., tutte quelle delibere che non vanno a modificare i criteri generali di riparto ma semplicemente li violino, suddividendo una determinata spesa con modalità differente da quanto da essi disposto.
Nel caso di specie non si è provveduto a modificare per il futuro i criteri di riparto previsti dal regolamento di condominio, ma semplicemente l’amministratore arbitrariamente ha applicato dei millesimi errati nel ripartire le singole voci di spesa.

Seguendo il nuovo insegnamento delle Sezioni Unite, questo tipo di delibera doveva quindi essere impugnata ai sensi dell’art. 1137 del c.c. solo dai condominiassenti, astenuti o dissenzienti entro 30 gg., decorrenti per i proprietari presenti alla riunione dal giorno in cui la stessa si è tenuta, e per i proprietari assenti dal giorno in cui viene loro comunicato il verbale dellaassemblea.

E’ ovvio che a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite non vi sia spazio per impugnare i precedenti rendiconti condominiali, ma se alla prossima assemblea l’amministratore si ostinasse a non applicare puntualmente le tabelle millesimali vigenti nel condominio, sarebbe opportuno che l’autore del quesito esprimesse voto contrario all'pprovazione del bilancio e poi valutasse con un legale la proposizione di una contestazione giudiziale della delibera di approvazione nel rispetto da quanto dispone l’art. 1137 del c.c. e ovviamente preceduta da un tentativo obbligatorio di conciliazione.

In merito alla parte di diritto penale del quesito si precisa che allo stato, sulla base della narrazione dei fatti, è impossibile supporre la sussistenza di qualsivoglia fattispecie penale per due ragioni, di ordine probatorio e prettamente giuridico.
Quanto al primo aspetto, non vi è alcun indizio sulla presunta "falsificazione" da parte dell'amministratore delle tabelle millesimali; per quanto attiene, invece, alle ragioni giuridiche, va detto che a seguito della depenalizzazione di alcune ipotesi di falso previste dal nostro codice penale, quand'anche l'amministratore avesse commesso un falso dopo la stipula dell'atto notarile, lo stesso non avrebbe rilievo penale.


GIACINTO L. P. chiede
mercoledì 30/06/2021 - Lazio
“Sono condomino di un vasto condominio formato da un palazzo con tre scale e un palazzetto esterno al primo di una scala.
Il regolamento di condominio recita: il vebale dell'assemblea deve essere controfirmato dal presidente, dal segretario e da un altro condomino. Questo non è successo da 1970, anno di costituzione del condominio. La firma, dopo uno sgangherato resoconto viene apposta solo dal presidente e dal segretario. Sono nulle o annullabili le decisioni delle assemblee? grazie”
Consulenza legale i 05/07/2021
Il verbale della assemblea condominiale assolve alla fondamentale funzione di documentare ciò che è successo durante la riunione, ma nonostante ciò il codice civile non si sofferma in maniera puntuale sulle modalità di redazione dello stesso, dovendosi sul punto fare riferimento ai principi generali in materia e soprattutto alle norme previste per le assemblee dei soci nelle società per azioni.

A ben guardare, il codice non prevede neppure le figure del Presidente e del Segretario della assemblea di condominio, ruoli che per prassi ormai consolidatissima vengono nominati in tutte le riunioni proprio perché in ogni organo collegiale (come è appunto l’assemblea di condominio), tali figure sono sempre normativamente previste.
Per fare un esempio tra i tanti, l’art. 2371 del c.c. prevede che l’assemblea sia presieduta dalla persona indicata nello statuto e che essa sia assistita dal Segretario.
Nell’ambito del condominio non esiste una norma analoga e quindi si deve concludere che non vi è alcun obbligo della loro nomina.
Ai vuoti normativi spesso sopperiscono i regolamenti vigenti nei vari condomini nei quali sovente viene prevista la nomina del Presidente della Assemblea di condominio e del Segretario, i quali poi devono sottoscrivere il verbale della riunione dopo la sua conclusione. Addirittura nel caso di specie il regolamento prevede che il verbale sia firmato non solo dal Presidente e dal Segretario ma anche da un proprietario.

Se il verbale della riunione non è controfirmato da tali figure che spazi di manovra vi sono per una eventuale impugnazione?

Come è facile immaginare, il problema della invalidità delle delibere assembleari ha provocato vari contenziosi e ciò ha comportato due interventi estremamente rilevanti delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il primo nel 2005, il n. 4806 del 07.03.2005, e l’ultimo nel 2021, il n.9839 del 14.04.2021. Dall’analisi di tali importanti pronunce possiamo dire che le delibere assembleari affette da semplici violazioni delle norme del regolamento attinenti alla costituzione e informazione dell’organo assembleare (come nel caso specifico), devono considerarsi semplicemente annullabili. Ai sensi dell’art. 1137 del c.c. le delibere annullabili sono sì contestabili innanzi alla autorità giudiziaria, ma solo da parte dei condomini astenuti, assenti o dissenzienti ed entro il termine di 30 giorni decorrenti dalla data di svolgimento della riunione per chi era presente, e dalla data di comunicazione del verbale per i condomini assenti.


A.D.R. chiede
mercoledì 30/06/2021 - Piemonte
“Gentili Signori, ricevo già il Vostro Brocardo del giorno che apprezzo e condivido nella forma.
Abbiamo concluso Assemblea condominiale il 25/06/2021, svoltasi dalle ore 18,30 su richiesta dell'Amministratrice nel cortile del giardino condominiale e terminata alle 21.00 e, ormai alla sola luce dei cellulari anche per la lunga spiegazione da parte di un architetto invitato sul posto dalla stessa Amministratrice per illustrare le caratteristiche normative del superbobus 110 , si era quindi nell'impossibilitò per l'Amministratrice di fare le normali fotocopie ben leggibili sul posto e a quell'ora, del verbale e contestuale delibera (scritta all'impiedi). L'Assemblea e' stata sciolta con accordo verbale con l'Amministratrice che lei avrebbe inviato le copie ben riprodotte tramite raccomandata
1(uno) Poste Italiane al massimo entro tre giorni lavorativi e comunque non oltre giovedì p.v.01-06-2021. Pare ad oggi, dal comportamento anche telefonico della medesima, che l'Amministratrice intenda prendersela comoda e non sia più così ben intenzionata ad osservare questi termini e poichè io desidero fare opposizione alla Delibera ( ma più che altro al Verbale poichè, vista la bozza sul momento, mancava il Deliberato formalmente scritto) vorrei sapere se la legge ed il c.c. contemplano un termine entro il quale tale documento deve essere fatto giugere al sottoscritto che ne ha diritto, in quanto alla fine condomino presente e votante ma, come è noto, con termine perentorio di 30 giorni per agire in tal senso. Siamo solo quattro condomini ma sempre discordanti in tutto. Vi sarei grato se mi comunicaste se esiste un obbligo da parte dell'Amministratrice per inviare il documento citato a termini di legge oppure per ottenerlo dovrò ricorrere ad una citazione o una ingiunzione o ad altra veste legale. Grazie e buon lavoro. Credo che sia opportuno anche precisare che io, essendo medico operante attualmente in Sicilia, ho perciò un delgato ed ho trasmesso a tempo debito all'Amministratrice i dati completi di quest'ultimo con tutte le coordinate possibili anche telematiche per raggiungerlo ma nonostante tutto ( e nonostante che l'amministratrice gli abbia fatto giungere tre mail ben prima del 25-06-21) mi viene scritto dalla stessa che lei non ha i recapiti soliti e telematici il che non corrsponde al vero. Il tutto per non avvisare l'interessato delegato ed obbligare me alla presenza , come io ho avuto occasione di contestarle poichè ritengo che se delegato esiste sia quello a dover essere avvisato e poi eventualmente il sottoscritto per conoscenza, e se sono riuscito ad intevenire nel termine richiesto è stato solo perchè per puro caso (ma probabilmente a lei noto) ero di passaggio dalla mia città quale tappa momentanea per recarmi in Milano e ricevere Direttive Superiori. Ancora grazie.”
Consulenza legale i 15/07/2021
L’art 1137 del c.c. dispone che contro le delibere della assemblea contrarie alla legge o al regolamento di condominio è possibile proporre opposizione innanzi alla autorità giudiziaria. Tale opposizione può essere proposta solo dai condomini che erano assenti il giorno della riunione o, anche se presenti (personalmente o per mezzo di persona delegata), si sono astenuti dall’esprimere il proprio voto o hanno espresso un voto contrario.
Tenendo conto quindi che, per quanto ci è dato capire, l’autore del quesito il giorno della riunione era presente per mezzo di un delegato, per capire se è possibile proporre una eventuale opposizione è necessario sapere che voto egli ha espresso in merito allo specifico punto all’ordine del giorno della riunione. Se, per esempio, il delegato ha espresso voto favorevole per ogni punto all’ordine del giorno nessuna opposizione potrà mai essere presentata.

Oltre a questo per proporre l’opposizione si deve rispettare un termine preciso e rigoroso. Il codice civile ci dice che l’autorità giudiziaria può essere adita entro il termine perentorio di 30 giorni, i quali decorrono per i condomini assenti dal giorno in cui la delibera è stata loro comunicata e per i proprietari presenti, dal giorno della riunione. Considerando che l’autore del quesito era presente il giorno della riunione il termine per impugnare sta già decorrendo e scadrebbe il giorno 26.07.2021, visto che l’ultimo giorno, 25.07.2021 è festivo.

La situazione di stallo descritta può sicuramente essere superata attraverso l’istituto della mediazione. L’art. 5 del D.lg.28/2010 dispone che chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio (come appunto deve considerarsi l’opposizione ad una delibera della assemblea), è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, quindi senza la conclusione di tale tentativo non si potrebbe neppure coltivare il giudizio innanzi al giudice competente, ma questo ha sicuramente reso meno gravoso rispettare il termine di 30 giorni previsto dall’art.1137 del c.c.

Redigere una istanza di mediazione è sicuramente molto più semplice che predisporre l’atto che introduce un giudizio: è sufficiente, infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, compilare un modulo ed esporre anche molto sommariamente i fatti, senza neanche l’obbligo di allegare documentazione, la quale potrà essere offerta in visione durante la procedura. Il deposito di una istanza di mediazione quindi può essere effettuato anche molto velocemente a ridosso della scadenza del termine di cui all’art. 1137 del c.c.

Il semplice deposito della istanza di mediazione inoltre impedisce il decorso di qualsiasi decadenza e, argomentando ai sensi del 6° co. dell’art. 5 D.lg.28/2010, in caso di esito negativo della mediazione si avrebbero ulteriori 30 giorni decorrenti dal deposito del verbale per riproporre l’impugnazione innanzi alla autorità giudiziaria.

Stante l’imminente decorso del termine di opposizione (26.07.2021), si esorta quindi l’autore del quesito a rivolgersi nel più breve tempo possibile ad un legale per la predisposizione di una istanza di mediazione da depositare presso un organismo abilitato: si è convinti che tale mossa indurrà anche l’amministratore in carica ad abbandonare comportamenti ostruzionistici e a rendere disponibile il verbale della assemblea.


Giacinto L. P. chiede
martedì 18/05/2021 - Lazio
“L’Amministratore del mio condominio (circa 100 condomini e due palazzi di 8 piani) ha fissato un’assemblea da tenersi nel parcheggio condominiale. Il parcheggio è chiuso da una da una facciata alta 8 metri con affaccio di oltre il 40 % di finestre e balconi condominiali (dal primo all’ottavo piano) comprese le finestre della guardiola-casa del portiere del palazzo, e, per il resto è contornato da un basso muretto che lo separa da una strada comunale. L’ingresso – uscita del parcheggio è fornita di cancello che rimane però sempre aperto giorno e notte. Vorrei conferma che la decisone di tenere un’assemblea condominiale in tale contesto è in contrasto con tutte le norme della Privacy e in particolare con il divieto di registrazione dell’assemblea senza il consenso di tutti i condomini.
1) Richiedo, se il mio parere è giusto, di fornirmi, se possibile, i riferimenti legali che confermano quanto sostengo e cioè che riunirsi in tale cortile per tenere un’assemblea è in contrasto con la legge e che oltre le penali che i partecipanti rischiano, tale assemblea è nulla.
2) C’è la possibilità che l’assemblea si sposti nel corridoio del palazzo. Ma su tale livello si aprono 8 portoni di piccoli appartamenti abitati e affittati e l’ingresso del portiere con rispettiva guardiola vetrata. Per tale corridoio passano liberamente i condomini e i loro eventuali ospiti. Credo che anche in questo caso ci sia un contrasto con le norme della Privacy, e ne vorrei conferma.
3) Vi prego di volermi confermare la possibilità di utilizzare il vostro parere e comunicarlo in assemblea e/o in sede legale.
Grazie”
Consulenza legale i 25/05/2021
Da un punto di vista di diritto condominiale il codice civile non pone alcun divieto al fatto che l'assemblea venga convocata in uno spazio comune del palazzo e nello specifico nell'area di parcheggio, a patto che l'amministratore rispetti pedissequamente tutte le procedure prescritte dall'art. 66 disp. att. del c.c. e a patto che nell'avviso di convocazione sia individuato con chiarezza il luogo in cui si svolgerà la riunione.
La Corte di Cassazione con la sentenza n.14461/1999 ha chiarito che, in assenza di disposizioni specifiche nel regolamento di condominio, spetti all'amministratore la scelta del luogo più idoneo presso il quale si terrà l'assemblea del condominio e questo può essere tranquillamente il cortile dello stabile. È interessante notare come la Cassazione abbia sottolineato il fatto che il luogo debba essere idoneo, e quindi deve essere tale da garantire la comoda partecipazione simultanea e di persona di tutti i componenti dell'assise. Visto che il condominio del quesito è composto da un numero considerevolmente elevato di proprietari, ci si chiede se il luogo scelto dall'amministratore abbia caratteristiche tali da permettere a tutti i proprietari di partecipare alla riunione, tenendo conto delle esigenze dettate anche dalla attuale emergenza sanitaria ancora in essere. In questo senso potrebbe essere interessante ipotizzare una eventuale impugnazione ai sensi dell'art. 1137 del c.c.

Pr quanto attiene invece al tema della riservatezza riguardante la disciplina del condominio, questo è alquanto complesso e si articola con riferimento a molteplici aspetti.
In questa sede ci occuperemo solo di trattare le implicazioni riguardanti l’assemblea condominiale.
Anzitutto le persone che possono partecipare all’assemblea sono il proprietario che, previa convocazione dell’amministratore, presenzia personalmente oppure delega per iscritto un soggetto terzo al condominio medesimo.

In taluni casi è ammesso in via eccezionale anche colui che vanti un diritto di usufrutto al fine di partecipare alle riunioni o all’assemblea, esercitando il diritto di voto in relazione alla manutenzione o semplice godimento di specifici beni.
Si può anche rendere necessaria la presenza di tecnici o consulenti chiamati a relazionare su specifici lavori da svolgere oppure in relazione a questioni particolari, quali le spese di riscaldamento.

In tal senso l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha stabilito con apposito provvedimento del 18 maggio 2006, che la presenza in assemblea di soggetti non legittimati produrrebbe un’illecita comunicazione di dati personali a terzi
Tale evenienza potrebbe essere esclusa solo con il consenso unanime degli interessati

Si segnala, dal punto di vista bibliografico, il vademecumIl condominio e la privacy”, pubblicato dall’Autorità Garante nel 2013.
Tale documento risulta utile in quanto analizza le questioni problematiche che si possono verificare con più frequenza nelle realtà condominiale.

Tuttavia, è opportuno precisare come un trattamento illecito dei dati personali non comporta automaticamente l’irrogazione di sanzioni a carico del responsabile.
In tal senso la stessa giurisprudenza di legittimità ha precisato che ogni valutazione deve essere rapportata al concetto di “danno”, con la conseguenza che le mere irregolarità procedimentali (o le violazioni formali) della disciplina in materia di privacy devono produrre un danno patrimoniale concretamente misurabile, un danno che sia quindi “apprezzabile giuridicamente”.

L’assemblea condominiale può essere video-registrata ma solo con il consenso di tutti i condomini e la medesima registrazione deve essere conservata su un supporto idoneo, al riparo da accessi indebiti.


Giancarlo C. chiede
venerdì 07/05/2021 - Sardegna
“Dobbiamo eseguire lavori di ristrutturazione delle facciate dell'edificio condominiale. Il proprietario del piano terra, dove dovremo installare i ponteggi, non risponde alle richieste per sopralluogo congiunto per definire le modalità di collaborazione. Il condominio cosa deve attivare per avere l'accesso nella proprietà privata. Nel caso scadessero i termini per il bonus fiscale si possono chiede danni al proprietario del fondo?”
Consulenza legale i 12/05/2021
Il 1°co. dell’art.1137 del c.c. detta un principio estremamente importante per la vita condominiale: le delibere adottate a norma di legge dalla assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini. In forza di ciò, tutti i proprietari devono offrire la loro massima collaborazione per dare attuazione a quanto deciso dalla assemblea anche acconsentendo l’accesso alla loro abitazione in proprietà esclusiva se le circostanze lo richiedono.

Se uno dei condomini oppone reticenze o adotta dei comportamenti ostruzionistici, l’amministratore può adire l’autorità giudiziaria, anche senza una preventiva autorizzazione della assemblea di condominio, per ottenere un provvedimento del giudice che lo autorizzi ad accedere alle proprietà private e porre in esecuzione quindi la delibera dell’assise. È ovvio che se il comportamento del condomino comporta un danno alla compagine condominiale nel suo complesso o ai suoi singoli componenti (come ad esempio la decadenza dei termini per richiedere un beneficio fiscale), è ben possibile ricorrere al giudice richiedendo un risarcimento del danno.

Molto pertinente al caso descritto è Cass.Civ.,Sez.II, n.21242 del 09.08.2019. Secondo la Cassazione: "Il condominio ha il diritto di provvedere alla riparazione e alla manutenzione dei beni comuni dell’edificio ed ha l’obbligo di farlo onde evitare danni alle proprietà esclusive dei condomini e dei terzi e che, ove manchi la collaborazione dei condomini all’esercizio di tale diritto, l’amministratore può agire in giudizio, in rappresentanza del condominio, per fare valere tale diritto, sia in sede cautelare (ex art. 1130 n. 4 c.c.) che di merito (ex art. 1131 c.c.)".
I principi indicati dalla Corte possono essere pacificamente applicati anche nel caso in cui i lavori non rivestano il carattere di urgenza ma sono stati comunque autorizzati da una regolare delibera della assemblea.


Maurizio P. chiede
mercoledì 07/04/2021 - Lazio
“Abito in un condominio costruito negli anni ’60 le cui facciate sono rivestite in cortina. Alcuni condòmini, adducendo esigenze di manutenzione, intendono promuovere il ricorso alle agevolazioni del superbonus 110% (eco o sisma), quali interventi che in ogni caso richiederebbero la rimozione dell’attuale rivestimento delle facciate, con conseguente alterazione dell’estetica e del grado di protezione dell’edificio da agenti esterni, essendo l’immobile ubicato in località marittima.
Domando se le maggioranze semplificate (1/3 del valore dell’edificio e maggioranza degli intervenuti in assemblea condominiale) previste dalla recente normativa siano applicabili anche nella circostanza suesposta nella quale sia l’intervento antisismico che di isolamento termico (installazione cappotto termico), richiederebbero la rimozione dell’attuale rivestimento con impatto sull’estetica dell’edificio.
In caso contrario, quali maggioranze condominiali sarebbero necessarie e quali motivazioni tecnico - giuridiche andrebbero dichiarate nel verbale di Assemblea per opporsi a tali tipi di interventi, tutelando i diritti del singolo proprietario in dissenso con la decisione assunta a maggioranza semplificata o comunque non unanime.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 12/04/2021
Il legislatore del superbonus 110% ha previsto in effetti delle maggioranze assembleari molto semplificate per l’adozione delle delibere aventi ad oggetto gli interventi agevolabili.
Il comma 9bis dell’art. 119 del D.L. n. 34 del 19.05.2020 prevede che le decisioni per la realizzazione degli interventi agevolabili con il bonus 110%, possono essere approvati con la maggioranza dei presenti che rappresentano almeno 1/3 del valore dell’edificio. In sostanza, innovazioni anche molto consistenti potranno essere approvate con gli stessi quorum deliberativi necessari per far approvare in seconda convocazione decisioni assolutamente ordinarie, come ad es. l’incarico ad una nuova impresa di giardinaggio!

E’ appena il caso di precisare che tale quorum deliberativo agevolato è applicabile a prescindere che si qualifichi l’intervento come innovazione o come lavoro straordinario. Quindi, dando per presupposto che l’assemblea venga regolarmente convocata seguendo le procedure prescritte dal codice, se si raggiungono le maggioranze previste dal comma 9bis dell’art. 119 del D.L. n. 34 del 19.05.2020, la delibera deve considerarsi valida e quindi obbligatoria per tutti i condomini, anche se dissenzienti.

Al di là di quanto detto finora però, se si ritiene che l’intervento che gli altri proprietari vogliono realizzare sia lesivo del decoro architettonico del palazzo, è sempre possibile teorizzare una ipotetica impugnazione di quanto deciso dalla assise, impugnazione che sarebbe meglio avvenisse nei termini indicati dall’art.1137 del c.c., quindi entro 30 giorni decorrenti (in linea di massima), dal giorno della riunione di condominio. Se si desidera perseguire questa strada, è importante che il giorno della riunione venga messo a verbale il nostro voto contrario a quanto deciso dalla maggioranza.

Sotto l’aspetto della lesione del decoro architettonico, essa si realizza nel momento in cui l’opera che si intende realizzare vada ad alterare in maniera consistente e significativa le linee architettoniche del fabbricato. Il problema di queste tipologie di contenzioso risiede proprio nello stesso concetto di decoro, soggetto per sua stessa natura ai gusti estetici personali di ognuno. Quindi, prima di muovere qualsiasi contestazione, è altamente consigliabile chiedere un parere ad un tecnico edile, come un architetto, per verificare l’effettiva sussistenza di tale lesione e il grado di intensità.



Alberto D. chiede
venerdì 19/02/2021 - Campania
“Premessa
Il condominio ha un regolamento di tipo contrattuale; l' anagrafe è stata aggiornata di recente; l' amministratore è un avvocato.
Evento
Per la costituzione dell'assemblea l' amministratore accredita gli aventi-diritto con quote di valore DIVERSE da quelle spettanti secondo la tabella di proprietà; il presidente dichiara l' assemblea validamente costituita.
Quesito
Quali sono le azioni civili e/o penali da intraprendere avverso l' amministratore ed il presidente ?”
Consulenza legale i 11/03/2021
Sulla base di quanto riferito, non esistono gli estremi per contestazioni, sia da un punto di vista civile che penale, da muovere direttamente nei confronti dell’amministratore.

Vi sarebbero gli estremi, però, per impugnare la delibera assembleare innanzi alla autorità giudiziaria, se si dimostrasse che l’assemblea non si è regolarmente costituita poiché sono stati erroneamente conteggiati i quorum costitutivi dell’assise, previsti dall’art. 1136 del c.c. Ovviamente per fare ciò si dovrebbe dimostrare che, al di là di quanto effettivamente verbalizzato, alla riunione erano presenti un numero di proprietari, personalmente o a mezzo di delegato, non sufficienti a rappresentare 1/3 del valore dell’edificio e 1/3 dei partecipanti al condominio, conteggiati secondo le tabelle millesimali effettivamente vigenti, e ciò dando per presupposto che l’assemblea si sia riunita in seconda convocazione, come solitamente accade.

Si presti però attenzione al fatto, che il vizio di costituzione della assemblea condominiale è un chiaro motivo di annullabilità della delibera e come tale, ai sensi dell’art. 1137 del c.c., può essere fatto valere davanti al giudice nel rigido termine perentorio di 30 giorni; tale termine è decorrente dal giorno della riunione, per i condomini presenti che hanno espresso voto contrario e dal giorno in cui viene loro comunicato il verbale della assemblea per gli assenti. Se in sede assembleare si è dato voto favorevole a quanto discusso non si ha alcuna possibilità di impugnazione.

Al di là della sussistenza o meno del vizio di costituzione, la delibera diviene pienamente legittima, efficace ed incontestabile se il termine di cui all’art. 1137 del c.c. decorre senza che si presenti l’impugnazione innanzi alla autorità giudiziaria, o in alternativa si faccia istanza di mediazione innanzi ad un organismo abilitato.


Antonella D. G. chiede
domenica 08/12/2019 - Trentino-Alto Adige
“Si tratta di una questione condominiale complessa che nasconde altre questioni gravi: ho infatti ricevuto un decreto ingiuntivo con atto di precetto che mi ingiunge il pagamento di oltre 3000 euro entro 10 giorni da parte dell'Avvocato del Condominio.
La somma che il Condominio pretende consiste nelle spese di un atto notarile avvenuto a seguito di una Mediazione tra i singoli proprietari facenti parte del condominio e il proprietario di un fondo e di una strada adiacenti alle nostre proprietà.
La questione legale alla base dell'atto di precetto che mi ha recentemente inviato l'Avvocato del Condominio:
Per stabilire se conviene effettuare una opposizione credo che occorra conoscere la risposta ai seguenti quesiti:
1. per la legge è più importante una delibera condominiale fatta alcuni mesi prima di quando avrebbe dovuto essere firmato l'atto, oppure ha maggior peso il fatto che io non abbia partecipato alla Mediazione e a tale atto motivando il mio ritiro che è stato fatto per motivi seri ed ora io sono comunque obbligata a pagare anche se mi sono ritirata dalla Mediazione e non ho firmato l'atto (non vi apparivo neppure) e non ho quindi acquistato nessuna servitù di servizi? (testo della delibera: “i condomini deliberano di procedere con la regolarizzazione della servitù legata ai sottoservizi che interessa la strada di accesso di proprietà di …. e di utilizzare il conto Corrente Condominiale per la gestione dell'intera operazione)
2. L'anticipazione da parte del Condominio delle spese per la Mediazione, che è terminata con l'acquisto di una servitù di servizi da parte di chi ha partecipato alla Mediazione (tutti i proprietari esclusa me e il proprietario di una strada e di un terreno limitrofi), l'importo per l'acquisto e le spese dell'atto notarile per effettuarlo sono indicate come spesa ordinaria.
Può essere considerata una “spesa ordinaria”? E se non fosse una spesa ordinaria, deve rispondere a leggi o regolamenti diversi che la rendono più difficile da pretendere? (Ciò perché ho la sensazione che le spese straordinarie vengano fatte passare per spese ordinarie e non avrebbe senso se non ci fosse una motivazione)
Tale delibera (che fu fatta in una apposita riunione, ma invece, ho scoperto recentemente, è stata inserita nella riunione fatta per l'approvazione del consuntivo 2017, purtroppo non l'avevo letta) dispose:
-che il condominio avrebbe anticipato le spese relative ad una Mediazione tra i singoli proprietari delle case a schiera e il proprietario di una strada e di un terreno limitrofi alle case a schiera di nostra proprietà. Infatti le case a schiera fanno parte del Condominio, ma questo non è intervenuto né nell'atto né nella Mediazione, è entrato solo marginalmente nella questione per permettere ai proprietari di rateizzare il costo dell'atto e della Mediazione (una vicina mi disse che aveva pensato di chiedere al Condominio di anticipare i soldi perché aveva pensato che per me sarebbe stato un problema pagare tutti quei soldi in un unica soluzione, ma che non conveniva perdere quella occasione perché l'Avvocato era stato particolarmente abile e aveva trovato un accordo favorevole a noi e quindi non conveniva dargli modo di ripensarci, ma per fare ciò occorreva che il proprietario del terreno fosse pagato subito e conveniva non dargli il tempo per cambiare idea).
-che tali proprietari avrebbero dovuto poi restituire a rate tale importo al Condominio.
Spiegazione alla base del quesito n.1 e n. 2:
In pratica io dovrei pagare anche se mi sono accorta solo successivamente alla riunione condominiale che tale atto serviva a consolidare il fatto che erano stati effettuati dei lavori di cui io in realtà non ero consapevole (io sono infatti ormai certa che le tubature contenenti gli scarichi dei proprietari delle case a monte della casa a schiera di proprietà mia e dei miei figli siano state deviate al di sotto della nostra proprietà approfittando di lunghissimi periodi di nostra assenza e siano state fatte passare sotto a garage, locale caldaia, cantina ecc.. e che la proprietà sia anche stata ristretta lateralmente per far si che tali tubature risultassero inserite dietro ai muri tra me e i miei vicini). Il condominio non è intervenuto in alcun modo nell'atto, sono i singoli proprietari ad aver effettuato la Mediazione.
Ho recentemente visto che nella delibera condominiale di fine anno 2017 (in cui si sono approvati “consuntivo ”2017 e “preventivo”2018) vi è scritto: “i condomini deliberano di procedere con la regolarizzazione della servitù legata ai sottoservizi che interessano la strada di accesso di proprietà di…. e di utilizzare il conto Corrente Condominiale per la gestione dell'intera operazione”, però non vi é scritto “i condomini si obbligano a....” , può essere significativo per un'eventuale opposizione? Se la decisione di anticipare le spese legate alla Mediazione è stata inserita nella delibera che approvava il bilancio 2018 e sono state inserite nella tabella riguardante la rateizzazione delle spese condominiali sono automaticamente da considerare spese ordinarie del Condominio? (Io sono certa che fu fatta una apposita riunione condominiale allo scopo di autorizzare che il condominio anticipasse le spese legate alla Mediazione e che tale decisione non fu presa nel corso della riunione per l'approvazione del consuntivo e del preventivo. Se però sono state inserite nel preventivo 2018 deve esserci un motivo. Basta solo quello a stabilire che si tratta di una spesa ordinaria?)
Le mie domande dovrebbero essere 2 anche se ho poi praticamente posto delle sottodomande al fine di farmi spiegare bene ed in maniera articolata le risposte.
Chiedo cortesemente di scrivermi nelle risposte tutti i riferimenti di legge che regolano tali questioni.
Chiedo cortesemente anche che non vengano resi pubblici i miei dati personali.”
Consulenza legale i 19/12/2019
Proviamo innanzitutto a fare un piccolo riassunto, per quanto ci è dato capire, dei fatti che rilevano per dare una risposta giuridicamente compiuta al quesito.
  1. Vi è stata una controversia in merito alla costituzione di una servitù, tra il condominio (o una parte di esso) e il proprietario di fondo ad esso confinante;
  2. tale controversia è stata definita a seguito di una procedura di mediazione che è terminata con un accordo transattivo sottoscritto personalmente da quasi tutti i condomini interessati;
  3. tale accordo costituiva o obbligava a costituire a favore del condominio una determinata servitù;
  4. l’autrice del quesito e un altro condomino si sono rifiutati di sottoscrivere l’accordo transattivo;
  5. prima di definire il procedimento di mediazione, i proprietari in seno alla assemblea condominiale hanno deliberato di utilizzare il conto corrente condominiale per pagare tutte le spese riferibili al procedimento di mediazione;
  6. per permettere ciò, inevitabilmente l’amministratore ha dovuto inserire tale spesa nel bilancio di condominio, ripartirla tra i condomini coinvolti nella mediazione e poi richiedere il rimborso di tale somma per mezzo del pagamento delle rate dei contributi annuali.
Fatta questa sintesi dei fatti bisogna precisare alcuni importanti aspetti giuridici. L’assemblea di condominio ha tra i suoi poteri ai sensi dell’art. 71 disp.att. del c.c., quello di autorizzare l’amministratore di condominioad aderire a procedimenti di mediazione e di firmare accordi di conciliazione che coinvolgono il condominio e le sue parti comuni. L’amministratore però rimane sempre e comunque un rappresentante dei singoli condomini: in sostituzione del professionista, pertanto, i singoli proprietari interessati possono intervenire nel procedimento di mediazione e firmare l’accordo transattivo che dallo stesso deriva personalmente. In questo senso, la legittimazione dell’amministratore e dei singoli condomini è assolutamente concorrente.

In ogni caso, l’assemblea di condominio non ha alcun potere di imporre ad un singolo proprietario di sottoscrivere un qualsiasi accordo volto alla costituzione di un diritto di servitù anche favorevole alla sua proprietà. Una delibera così congeniata sarebbe nulla, in quanto l’assise lederebbe la libertà contrattuale del singolo condomino prevista dall’art. 1322 del c.c.
Vi è da dire però che, da quello che si è capito, la delibera assembleare non ha costretto i condomini interessati a firmare, cosa che è rimasta assolutamente una loro libera scelta, prova ne sia che sono stati direttamente i condomini ad intervenire in mediazione, ma ha acconsentito che il conto corrente condominiale potesse essere usato come cassa comune per il pagamento di ogni spesa derivante dalla operazione.

In questo senso l’assise ha deliberato di sostenere una spesa, spesa che è stata inserita nel bilancio condominiale e conseguentemente ripartita.
Come è noto l’art. 1137 del c.c. ci dice che le delibere assembleari sono obbligatorie per tutti i condomini, salvo che le stesse non siano impugnate nel rigido termine di 30 giorni il quale decorre per i condomini presenti in assemblea dal giorno della riunione condominiale.
Una volta quindi decorso detto termine la delibera diventa inoppugnabile, assolutamente vincolante per i condomini. Se non vengono pagati i contributi condominiali che dalla stessa derivano l’amministratore è pertanto obbligato ai sensi del n. 3) dell’art.1130 del c.c. ad intraprendere tutte le azioni tese al recupero della somma.

Ad avviso di chi scrive una eventuale opposizione al decreto ingiuntivo è assolutamente sconsigliabile proprio perché la stessa delibera condominiale da cui il titolo monitorio trae origine è divenuta non più contestabile.
Posto le reticenze che l’autrice del quesito aveva nel firmare l’accordo di mediazione, nella riunione in cui gli altri proprietari hanno deliberato di utilizzare il conto corrente condominiale per pagare le spese di mediazione, la condomina avrebbe dovuto far mettere a verbale le sue perplessità, dichiarare che non avrebbe aderito all’accordo di mediazione e quindi chiedere che le spese di mediazione fossero ripartite tra solo i condomini firmatari.

Vacca I. chiede
lunedì 11/11/2019 - Sardegna
“il Giudice ha annullato la delibera per il rifacimento della facciata, ovviamente nel frattempo i lavori sono stati ultimati. Avendo io vinto la causa legale, posso richiedere che mi rimborsino i soldi versati per la facciata a causa della nullità della delibera dichiarata nulla?
Grazie dell'attenzione”
Consulenza legale i 13/11/2019
L’annullabilità della delibera assembleare ex art.1137 del c.c., costituisce una applicazione in ambito condominiale della azione di annullamento prevista dagli artt. 1441 e ss. del c.c. Una volta che il giudice emette sentenza con la quale dispone l’annullamento di un contratto o, nel caso delcondominio, di una delibera condominiale, gli effetti giuridici medio tempore prodotti dall’ atto impugnato vengono meno a partire dal momento in cui l’atto giuridico si è formato: nel caso di una delibera assembleare dal momento in cui la stessa è stata approvata dalla assise.

In particolar modo con il venir meno degli effetti giuridici prodotti, viene meno la giustificazione degli spostamenti patrimoniali causati dall’atto annullato, con conseguente possibilità di richiedere la restituzione ai sensi dell’art.2033 del c.c. di quanto eventualmente pagato in esecuzione del contratto annullato. Applicando il ragionamento appena fatto alla impugnazione della delibera condominiale, l’accoglimento della domanda di annullamento porta con sé la possibilità di richiedere la restituzione dei contributi condominiali pagati in esecuzione di una delibera non più giuridicamente esistente.

Proprio perché l’azione di restituzione è un naturale corollario di quella di annullabilità della delibera condominiale, essa viene solitamente richiesta al giudice nel medesimo processo avente ad oggetto l’annullamento della delibera.

Daniela P. chiede
venerdì 30/08/2019 - Umbria
“Nel condominio in cui abita mia madre è stato deciso di effettuare un lavoro di manutenzione straordinaria: la sostituzione delle tubazioni di fornitura acqua potabile dal locale autoclave al rubinetto di chiusura all’interno degli appartamenti + tubazione condominiale di servizio ad ogni piano dal piano terra all’attico.
Il 16 luglio 2019 si è tenuta un assemblea straordinaria (di cui allego il verbale) in cui erano presenti 17 condomini su un totale di 18. In tale assemblea si è scelto il fornitore tra i preventivi presentati. L’amministratore durante l’assemblea ha detto che la modalità di ripartizione della spesa sarebbe stata in base ai metri impiegati ma ha fornito solo il valore globale del lavoro senza specificare come tale spesa sarebbe stata effettivamente distribuita tra i condomini. Solo il 1 agosto è stato consegnato ai condomini la tabella con il preventivo di spesa tubazioni ripartito sui singoli condomini. Dalla tabella si evince che non si tiene in nessun conto dei millesimi di proprietà (ci sono 2 appartamenti al 1° piano che pagano più degli appartamenti dell’attico). Volevo capire:
1. È corretta questa ripartizione di spesa per lo specifico lavoro? So che l’articolo 1123 del Codice Civile stabilisce che le spese di norma sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (e che la norma può essere derogata solo dall’unanimità dei condomini).
2. È stata convocata un’assemblea di approvazione del preventivo per il 9 settembre. È possibile in tale sede che il condomino non confermi la decisione precedente, (cioè votare no anche se nella precedente assemblea il voto era stato positivo)?
3. È possibile procedere con i lavori anche se non tutti i condomini sono d’accordo? Nell’assemblea uno dei condomini non era presente e non ha approvato il lavoro.
Volevo sottolineare che mia madre non è contraria all’esecuzione del lavoro ma reputa iniqua la suddivisione delle spese e vuole capire se è possibile impugnare la decisione dell’amministratore e sottoporre all’approvazione dei condomini una diversa modalità di suddivisione delle spese.”
Consulenza legale i 06/09/2019
Le perplessità descritte nel quesito sono del tutto condivisibili. L’art 1123 del c.c. al suo 1°co. ci dice molto chiaramente che le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell’edificio sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, fatta salva diversa convenzione. Il criterio di riparto previsto dal codice civile potrà, quindi, essere derogato solo da un regolamento condominiale di natura contrattuale, o da un successivo accordo firmato da tutti i proprietari eventualmente predisposto per un intervento specifico, oppure da una delibera condominiale approvata con l’unanimità dei consensi.
In mancanza di ciò, qualsiasi decisione della assise che approvasse a colpi di maggioranza criteri differenti per ripartire le spese relative a lavori di ristrutturazione straordinari delle parti comuni, deve considerarsi nulla, e come tale impugnabile in ogni tempo oltre i rigidi termini previsti dall’art. 1137 del c.c. L’impugnazione, inoltre, potrà essere proposta da chiunque vi abbia interesse, quindi anche da chi, paradossalmente, abbia contribuito con il suo voto favorevole alla approvazione della delibera viziata. In questo senso la giurisprudenza è chiara: si veda ad es. su tutte Cass. Civ., Sez.II, n.28679 del 23.12.2011.

Esaminando il verbale della riunione condominiale del 16.07.2019 allegato al quesito, vi sono, a parere di chi scrive, diversi aspetti critici.
Il primo, è che si decide a semplice maggioranza e non all’unanimità dei consensi, di suddividere la spesa per il rifacimento delle tubazioni condominiali: “in base alla lunghezza della tubazione da inserire per ogni appartamento” e non attraverso i millesimi di proprietà. Uno dei proprietari, infatti, non era presente alla riunione né personalmente né a mezzo delega e quindi non si sarebbe mai potuto raggiungere quel giorno l’unanimità dei consensi. Ciò costituisce un grave vizio di nullità che, come si è visto poco sopra, può essere impugnato in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse. Paradossalmente, anche dopo 10 anni dalla realizzazione dei lavori, un condomino potrebbe decidere di punto in bianco di rimettere in discussione l’intero sistema di riparto!
Ma non è solo quella la critica che si può muovere al verbale dato in visione. Come è noto l’art. 1136 del c.c. distingue due diverse tipologie di quorum con funzioni completamente differenti: quello costitutivo e quello deliberativo. Il primo rappresenta il numero di teste e di millesimi che devono essere presenti in assemblea affinché l’organo possa validamente deliberare. In questo senso nel verbale vengono chiaramente indicati i soggetti presenti e quelli assenti e il numero dei millesimi rappresentati durante la riunione (941,70). Il quorum deliberativo, invece, indica le maggioranze necessarie di teste e millesimi, calcolate sul numero dei condomini presenti personalmente o per delega il giorno della riunione, necessarie affinché un determinato punto all’ordine del giorno possa essere approvato dalla assise. Sotto questo aspetto nulla è stato verbalizzato: non ci viene detto, infatti con quante teste e millesimi è stato approvato il preventivo relativo ai lavori straordinari, e il “curioso” metodo di riparto. La Cass. Civ. Sez.II, n.697 del 22.01.00 ha precisato che la mancata verbalizzazione del numero dei condomini votanti a favore e contro la delibera approvata, oltre che dei millesimi da ciascuno di essi rappresentati, invalida la delibera stessa, impedendo il controllo sulla sussistenza di una delle maggioranze richieste dall'art. 1136, comma 3, c. c.
In questo caso, trovandoci di fronte ad un caso di annullabilità della delibera (e non di nullità, come quello visto precedentemente), il vizio può essere fatto valere ai sensi dell’art.1137 del c.c. nel termine perentorio di 30 gg. che decorre: dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.
In merito al termine indicato dall’art. 1137 del c.c., è necessario precisare che in forza della famosa sentenza della Corte Cost. n. 49 del 02.02.1990, il suo computo rimane sospeso nel periodo di sospensione feriale dei termini che va, nel momento in cui si scrive, dal 01.08. al 31.08 di ogni anno.

Alla luce di quanto detto, dando per presupposto che l’autrice del quesito fosse regolarmente presente alla riunione condominiale del 16.07.2019, si è ancora perfettamente nei termini (che scadono lunedì, 16.09.2019) per eventualmente far valere anche questo ulteriore vizio della delibera assembleare.
Le controversie condominiali, in cui rientrano le impugnazioni delle delibere assembleari, devono essere precedute dal tentativo obbligatorio di mediazione di cui al D.Lgs. 28/2010: dalla introduzione di tale importante novità legislativa, per impugnare tempestivamente una delibera condominiale è sufficiente depositare l’istanza di mediazione presso un organismo regolarmente iscritto presso il registro del Ministero di Giustizia. Ciò ha reso molto più semplice impugnare ai sensi di legge anche una delibera condominiale i cui termini di cui all’art. 1137 del c.c. siano prossimi alla scadenza.
Rispondendo anche agli altri punti del quesito, è chiaro che la successiva delibera che scaturirà dalla riunione del 9 settembre p.v., chiamata ad approvare il piano di riparto predisposto dall’amministratore, sarà comunque da considerarsi nulla, in quanto viene approvato un riparto basato su un criterio totalmente contrario alla legge e nello specifico dall’art. 1123 del c.c. In questo senso, sulla base di quanto detto precedentemente si potrebbe anche ipotizzare una doppia impugnazione innanzi al giudice sia della delibera del 16.07.2019 che quella del 09.09.19

Onde evitare fastidiosi contenziosi legali sarebbe opportuno convocare una ulteriore riunione dopo il 9 di settembre, in cui all’ordine del giorno venga inserito: la riconferma del preventivo già scelto nella riunione del 16.07.2019 e l’approvazione di un nuovo piano di riparto predisposto applicando la tabella di proprietà in luogo della lunghezza delle tubazioni. Entrambi i punti all’ordine del giorno dovranno essere approvati con le maggioranze di cui al co. 2° dell’art. 1136 del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio: 500 millesimi). Nel verbale della riunione, dovranno chiaramente evincersi: i condomini presenti (personalmente o per delega, con i relativi millesimi di cui sono portatori), i condomini assenti e, al fine del computo delle maggioranze di cui all’art. 1136 del c.c., chi, tra i presenti, ha votato a favore e chi contro i punti all’ordine del giorno e i millesimi di cui sono ciascuno portatori.
Ovviamente se si raggiungeranno le maggioranze indicate dalla legge i condomini in minoranza dovranno adeguarsi a quanto deciso: ai sensi del co. 1 dell’art. 1137 del c.c. le deliberazioni prese dalla assemblea secondo i termini di legge sono, infatti, obbligatorie per tutti i condomini.

Giorgio P. chiede
domenica 16/06/2019 - Lombardia
“Buongiorno.
Ecco il problema,suddivisione spese condominiali.

Si verifica la caduta di una pianta all'interno del giardino condominiale.
Danneggia un parapetto di una delle tre scale esterne la quale serve solo due condomini.
Uno accede al primo piano del proprio appartamento tramite scala e quello al piano terreno possiede un ripostiglio nel sottoscala al quale accede dall'interno del suo appartamento.

La scala prima del danneggiamento era già fortemente degradata, 40 anni senza manutenzione.

L'assicurazione risponde quasi totalmente del danno ad eccezione della pitturazione che paga solo per la parte danneggiata e non nei totali mq della scala in quanto "avrebbe rappresentato un miglioria delle condizioni originarie" come comunicatomi a voce dal perito stesso.

Vengono liquidato euro 2250 (2500-10% franchigia) su un totale di 3300 iva inclusa

Il condomino del piano primo in sede di riunione condominiale a voce dice che pagherà la parte rimanente della tinteggiatura a spese sue anche per il condomino del pianterreno.
Successivamente l'amministratore a seguito di una mia mail nella quale sostengo che la manutenzione è sempre a carico di chi ne usufruisce comunica

"Dalle eventuali coperture e/o mancate coperture dell'assicurazione alla scala dei Sig.xxxxx (quelli del ripostiglio)resterà sicuramente escluso il lavoro che era a carico degli stessi prima che la scala venisse danneggiata.

In successiva mail.

Parte di questa somma come detto in sede di assemblea sarà a carico dei Sig XXXXxx (quelli del piano primo)
Per la rasatura /Tinteggiatura della scala che erano già previsti in esecuzione a suo carico prima che accadesse il sinistro.

Purtroppo alla riunione non ero ne assente ne dissenziente, ne contrario (mi è sfuggita la cosa)
Sono passati più di trenta giorni

La somma rimanente viene invece successivamente divisa in millesimi.
L'incongruenza oltre che da quanto comunicato e da quanto invece fatto nasce anche da due considerazioni.

1)Nella perizia viene riconosciuta la rasatura e la posa della rete sui totali Mq.
é solo la tinteggiatura che viene pagata solo parzialmente, circoscritta alla sola parte danneggiata
Diverso da quanto comunicato dall'amministratore.

2) il totale imputato ai due condomini che si servono della scala è uguale a euro 160 indubbiamente insufficienti per la tinteggiatura di circa 35 mq.

Chiedo se valgono le precedenti mail dell'amministratore e se posso rifiutarmi di pagare la mia quota, come devo agire.


Distinti saluti.


Consulenza legale i 19/06/2019
Purtroppo la risposta al presente quesito non può che essere, perentoria, breve ed estremamente lapidaria: non è possibile muovere oramai alcuna contestazione.

L’assemblea condominiale ha approvato la suddivisione dei lavori di rifacimento della scala con una delibera che, essendo oramai decorsi 30 giorni dalla sua approvazione, è diventata inoppugnabile e, pertanto, assolutamente obbligatoria, ai sensi del co.1 dell’art.1137 del c.c., per tutti i condomini siano essi favorevoli o contrari a quanto deliberato. Tra l’altro, se anche fosse ancora possibile procedere ad una impugnazione di quanto deciso dalla assemblea, l’autore del quesito non avrebbe comunque alcuna legittimazione ad agire in quanto ha egli stesso contribuito ad approvare la suddivisione delle spese esprimendo il suo voto favorevole.

È utile in questo senso ricordare che ai sensi dell’art.1137 del c.c. la delibera assembleare che presenta vizi di annullabilità può essere impugnata entro 30 giorni, termine che decorre: per i condomini assenti alla riunione, dal giorno in cui la stessa viene a loro comunicata, per i condomini presenti ma che si sono astenuti o che hanno espresso voto contrario, dal giorno in cui si è tenuta l’assise. Nessuna possibilità di impugnazione è prevista, salvo i rari casi in cui la delibera possa considerarsi nulla (comunque non presenti nel caso prospettato), per i condomini che hanno contribuito con il loro voto favorevole ad approvare la delibera.

In conclusione l’autore del quesito non può far valere alcunché e deve procedere al pagamento di quanto legittimamente dovuto al condominio


Francesco G. chiede
lunedì 05/03/2018 - Veneto
“Il Condominio ha deliberato lavori di straordinaria manutenzione alla copertura e alla facciata.
i costi dei ponteggi e dell’occupazione degli spazi comunali rappresentano un costo notevole. I ponteggi sono stati utilizzati non solo per lavori condominiali ma anche per lavori esclusivi. da parte del proprietario A) Per la coibentazione della copertura dell’ultimo piano e da parte del proprietario B) per la sostituzione di una canna fumaria in eternit. Sia i ponteggi per la coibentazione sia quelli per la sostituzione della canna NON sono stati quindi utilizzati esclusivamente per lavori condominiali, La delibera che approva la ripartizione dei lavori di straordinaria manutenzione ha attribuito i costi dei ponteggi utilizzati per la sostituzione della canna fumaria in via esclusiva al proprietario della canna sostituita, i costi dei ponteggi utilizzati anche per la coibentazione sono ripartiti invece tra tutti i condomini e nemmeno parzialmente in via esclusiva al proprietario dell’ultimo pano. . la ripartizione delle spese dunque utilizza per lo stesso tipo di spesa due criteri opposti . Penalizzanti per il condomino B e premianti per il condomino A. Il condomino A è stato anche determinante con i suoi millesimi alla approvazione del criterio di ripartizione Nella stessa delibera vengono ripartiti a tutti condomini i costi per la riparazione di balconi esclusivi e la riparazione di una terrazza di uso esclusivo del condomino A). I termini per annullare la delibera sono trascorsi, resta da valutare la nullità, soprattutto per la ripartizione della spesa per la riparazione del balconi e della terrazza che mi pare contro la legge art . 1126 del c.c Comunque tutta la delibera di ripartizione dei lavori mi è affetta da molteplici aspetti discutibili e il mio obiettivo sarebbe quello di chiedere la nullità della intera delibera di approvazione assembleare e non solo relativamente a 1) uso dei ponteggi – 2) riparazione balconi, 3) riparazione terrazza Mentre per i punti 2 e 3 riesco a individuare le motivazioni che possono portare a questa conclusione in principi generali e consolidati anche dalla Cassazione –Vi chiedo comunque conferma- non so analizzare il punto 1) criteri difformi nella attribuzione dei costi per l’uso dei ponteggi.”
Consulenza legale i 12/03/2018
L’art. 1137, 2° co., del c.c. impone dei termini molto ristretti per l’annullamento della delibera condominiale. La stessa infatti può essere impugnata entro 30 giorni decorrenti per i condomini astenuti o dissenzienti dalla data della delibera; per i condomini assenti dalla data di comunicazione della stessa da parte dell’amministratore di condominio. La ragione di queste ristrette tempistiche per mettere in discussione le decisioni della assemblea, sta nella necessità di rendere sicure e inoppugnabili le decisioni del consesso, garantendo una maggiore stabilità nei rapporti condominiali e nella gestione delle cose comuni da parte dell’amministratore.
Vi è un caso in cui però si può ovviare a questo termine rigoroso previsto dalla legge per impugnare la delibera: e cioè quando la stessa possa considerarsi affetta da vizio di nullità. Un atto giuridico può considerarsi nullo quando presenta un vizio talmente grave che la legge non gli consente di produrre alcun effetto giuridico. L’azione di nullità, infatti, ai sensi dell’art.1422 del c.c. non è soggetta a termini di prescrizione diversamente dalla annullabilità ex art. 1137 2° co. del c.c. L’atto annullabile, al contrario, presentando dei vizi che sono considerati dal legislatore meno e gravi, diventa pienamente efficace se non lo si impugna entro i termini previsti dalla legge innanzi alla autorità giudiziaria. Proprio per la necessità di sfuggire agli stretti termini impugnatori previsti dall’art. 1137 2° co. del c.c. si è tentato negli anni di allargare sempre di più i casi in cui si possa considerare una delibera condominiale radicalmente nulla, suscitando un forte dibattito tra i giudici di merito e di legittimità. Tale dibattito ha raggiunto un punto fermo con la famosa sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 4806 del 7 marzo 2005. Le Sezioni Unite ci indicano chiaramente i casi in cui una delibera condominiale possa considerarsi affetta da nullità:
- contrarietà a norme imperative di legge;
- quando la delibera decide sui diritti individuali dei singoli condomini o sul loro diritto di comproprietà sulle parti comuni dell’edificio condominiale;
- delibere adottate in materie non di competenza dell’assemblea dei condomini e quindi viziate dal c.d. eccesso di potere.

Fatte queste dovute premesse andiamo ad analizzare se la delibera condominiale descritta nel quesito sia affetta da vizi di nullità che possano giustificare la sua impugnazione innanzi al giudice anche se sono decorsi i termini di legge.

1) Costi di coibentazione dell’appartamento del condomino A).
Dal quesito sembra di intendere che detti lavori sono stati eseguiti per l’esigenza di garantire una maggiore comodità e aumentare il valore della unità abitativa dell’ultimo piano. I costi relativi devono essere pertanto sostenuti esclusivamente dal proprietario di quell’appartamento, in quanto vanno ad incidere su parti dell’edificio di sua proprietà esclusiva. La delibera, attribuendo all’ intera compagine condominiale le spese relativa alla coibentazione, è affetta da nullità per eccesso di potere. La stessa, infatti, occupandosi della manutenzione di beni di proprietà esclusiva in luogo della manutenzione dei beni condominiali, statuisce su argomenti non di sua competenza.

2) I lavori per la riparazione dei balconi. Sui balconi occorre fare una riflessione in più, in quanto gli stessi assumono una doppia funzione: essi sono pertinenze dei singoli appartamenti ai quali accedono, e quindi di proprietà dei singoli còndomini, ma nel contempo elementi della facciata dell’edificio, e pertanto concorrono a formare un bene comune dello stesso. L’orientamento della giurisprudenza in merito alla natura condominiale dei balconi, dopo diversi arresti, si è ormai assestato stabilendo che:” i balconi aggettanti, costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa; soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni comuni a tutti, quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole.” (Cass.Civile Sez.II Sent.N. 1990 del 02.02.2016). In attuazione del principio sopra esposto, numerose sentenze della Corte di Cassazione, in merito alle nullità delle delibere che statuiscono sui lavori dei rifacimenti dei balconi hanno stabilito:”… nel caso di lavori di manutenzione di balconi di proprietà esclusiva degli appartamenti che vi accedono, è valida la deliberazione assembleare che provveda al rifacimento degli eventuali elementi decorativi e cromatici, che si armonizzano con il prospetto del fabbricato, mentre è nulla quella che disponga in ordine al rifacimento della pavimentazione o della soletta dei balconi,che rimangono a carico dei titolari degli appartamenti che vi accedono.” ( da ultima Cass. Civ. Sez. VI Ord. N.6652 del 15.03.2017). Quindi, seguendo gli insegnamenti della giurisprudenza, la delibera del quesito in merito ai balconi è affetta da nullità, nella parte in cui attribuisce alla compagine condominiale nella sua totalità le spese per il rifacimento del calpestio o della soletta dei balconi, rimanendo pienamente valida per la parte che statuisce sulle spese degli elementi decorativi degli stessi e delle facciate esterne. Anche in questo caso la delibera si è occupata infatti di argomenti che non le competono, andando a statuire sulla manutenzione di beni in proprietà esclusiva.

3) Il rifacimento della terrazza dell’appartamento del còndomino A).
Le terrazze si distinguono dai balconi in quanto a differenza di questi ultimi non si sporgono dalla facciata dello stabile, pertanto non hanno quella funzione decorativa e di composizione del prospetto del fabbricato tipica dei balconi. Esse, salvo che il rogito di acquisto degli appartamenti non disponga diversamente, si presumono di proprietà esclusiva dei proprietari delle unità abitative a cui accedono. Le terrazze possono assolvere anche ad una funzione di copertura dell’edificio in luogo del tetto o del lastrico solare: la ripartizione delle spese per la loro manutenzione deve farsi quindi secondo quanto dispone l’art. 1126 del c.c. In applicazione di tale articolo 1/3 delle spese deve essere attribuita al proprietario esclusivo della terrazza (il condomino A) gli altri 2/3 si devono ripartire tra tutti i condomini dell’edificio o della parte di esso che viene ricoperto dalla terrazza. Questi 2/3 vengono ripartiti tra i restanti còndomini, in proporzione del valore del piano o della porzione del piano di ciascuno. In merito alla derogabilità da parte della assemblea condominiale dell’art.1126 del c.c. la Corte di Cassazione ha stabilito che:” Le attribuzioni dell'assemblea condominiale… sono circoscritte alla verifica e all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri legali di riparto delle spese, con la conseguenza che deve ritenersi nulla e non meramente annullabile, anche se assunta all'unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare stabilito dall'articolo 1126 del C.c…”(Cass.Civ.Sez.II Sentenza n.5814 del 23.03.2016). Tale principio stabilito dalla giurisprudenza può trovare tranquillamente applicazione anche in caso di terrazza a livello, avendo sia la terrazza che il lastrico solare la medesima funzione di copertura dell’edificio. In conclusione anche in questo caso la delibera condominiale andando oltre ai poteri che gli sono propri può essere impugnata innanzi alla autorità giudiziaria sostenendone la sua nullità.


FRANCESCO G. chiede
venerdì 02/03/2018 - Friuli-Venezia
“Posso partecipare ad una assemblea di condominio per delega e darmi assente personalmente come condomino. Questo per abbassare il quorum dei millesimi e dei condomini presenti, poter verificare quel che viene deliberato, e sulla base di quali documenti, poter prendere il verbale, ed avere un termine per l’impugnativa da far decorrere da quando mi viene notificato il verbale?”
Consulenza legale i 12/03/2018
La domanda è alquanto singolare.
Diciamo che, in generale e teoricamente, la risposta al quesito potrebbe essere positiva.
La partecipazione alle assemblee è infatti libera e ciascuno ha il diritto di presenziarvi o meno senza doversi giustificare davanti ai condomini o all’amministratore.

Tuttavia, va altresì detto che la presenza fisica in assemblea potrebbe essere “esclusa” dalla verbalizzazione esclusivamente con il consenso dell’amministratore.
Quest’ultimo, in effetti, ha l’obbligo (art. 1130 c.c.) di tenere il registro dei verbali delle assemblee e, benché non sia specificato espressamente, il senso della disposizione normativa è quello per cui è importante che quanto accade in assemblea sia riportato per iscritto a fini di verifica e controllo, in rapporto al diritto di impugnativa che ogni condomino può esercitare.
E’ evidente e logico, dunque, che quanto viene trascritto debba corrispondere al vero ed a quanto effettivamente accaduto in assemblea: pertanto, se un condomino è presente fisicamente a quest’ultima ma viene verbalizzato che non c’è (evidentemente con il tacito accordo di amministratore e condòmini) ciò si traduce in una falsità.

A tal proposito, la trasposizione di fatti non rispondenti al vero nei verbali di assemblee condominiali integra una falsità ideologica in scrittura privata, fattispecie che non costituisce reato perché - a norma dell'articolo 485 cod. pen. – è sanzionabile solo la falsità materiale in scrittura privata.
Questo perché, se è vero che la falsità commessa nel verbale potrebbe costituire un “artificio” idoneo a indurre in errore una persona, manca tuttavia l'elemento dell'”ingiustizia del profitto con altrui danno” prescritto dalla fattispecie penale, importante poiché l'artificio dev'essere finalizzato proprio all'induzione in errore dell'altra parte, parte che dovrebbe decidere per un atto di disposizione patrimoniale che altrimenti non avrebbe deciso di effettuare.
Neppure al fine di contestare la veridicità dei fatti riportati nel verbale di assemblea dei condòmini è possibile o necessario proporre querela di falso, in quanto il verbale fornisce una prova meramente presuntiva della verità dei fatti che si affermano essere accaduti in assemblea.

Anche si esclude la commissione di reati, però, rimane il fatto che il verbale falso legittima l’impugnazione della delibera da parte di qualunque condomino che voglia provare che i fatti si sono svolti diversamente da quanto riportato.
Ciò già di per sé giustificherebbe il rifiuto dell’amministratore di prestarsi ad una falsa verbalizzazione.
In più, ciò renderebbe comunque costui complice di un comportamento scorretto e come tale contrario ai doveri che gli sono imposti per legge.
L’art. 1136 c.c., infatti, all’ultimo comma stabilisce che “Delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore”.
Tale precisazione sgombra il campo a qualsiasi dubbio in merito al fatto che la mancata tenuta del registro sia considerata grave irregolarità dell'amministratore e possa comportarne dunque la revoca, secondo quanto previsto dall'articolo 1129, n.7, cod. civ..
Infine, non si dimentichi quanto affermato dalla Cassazione sul punto del valore probatorio del verbale di assemblea: “poiché la delibera condominiale deve risultare in forma documentale (art. 1136 ultimo comma c.c.), è inammissibile la prova testimoniale volta a dimostrare una volontà assembleare difforme da quella che risulta dal verbale (…)" (ex multis: Cass. Civile, sez. II, 8 marzo 1997, n 2101).

Pertanto, per rispondere alla prima parte del quesito, il suggerimento – se proprio non si vuol comparire - è di non presentarsi in assemblea.

In merito alla seconda parte del quesito, se sussistono validi motivi per l’impugnazione della delibera, ciò potrà essere fatto entro il termine, previsto a pena di decadenza, di trenta giorni a decorrere dal momento in cui la delibera stessa verrà comunicata al condòmino (formalmente) assente (art. 1109 c.c.).

E’ opportuno specificare, sotto quest’ultimo profilo, che l’espressione “comunicazione” utilizzata nelle norme (art. 1109 o art. 1137 c.c..) non equivale a “notifica”. La comunicazione in questione è possibile sotto qualsiasi forma, l’importante è che il condòmino assente venga messo nelle condizioni di conoscerne il contenuto in maniera adeguata alle sue ragioni.

FRANCESCO G. chiede
lunedì 12/02/2018 - Veneto
“Sono stati eseguiti dei lavori condominiali di manutenzione straordinaria per 190.000€. Nella ripartizione delle spese le riparazioni dei balconi (2.5.00 €) e di una terrazza (1.500€)di uso esclusivo sono state ripartite per 1.000mi. Io ho 165/1000 € Quindi sarei danneggiato per una somma molto modesta. (660 €) e sono debitore di una rata di 14.000€ Gli importi son modesti rispetto al complessivo dei lavori fatti e al mio debito; questa ripartizione può determinare la nullità dell’assemblea che ha approvato il rendiconto?”
Consulenza legale i 20/02/2018
La soluzione alla fattispecie in esame impone dapprima di capire se, la delibera che si ritiene di dover impugnare, sia affetta da nullità o da annullabilità.

La distinzione è di fondamentale importanza in quanto le delibere annullabili devono essere impugnate entro 30 giorni, mentre le delibere nulle possono essere impugnate in ogni momento da chiunque vi abbia interesse.

Si considerano nulle le delibere:
- che siano prive di tutti gli elementi essenziali;
- che abbiano un oggetto illecito o impossibile;
- che incidano sui diritti individuali dei singoli condomini;
- che incidano sulla proprietà esclusiva di un condomino.

Sono annullabili le delibere:
- che abbiano vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea;
- quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale;
- quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea;
- quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione;
- quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto.

Orbene, nel caso in esame riteniamo che la delibera che si vuole impugnare sia affetta da nullità trattandosi di delibera sulla ripartizione delle spese e che ha inciso sulla proprietà esclusiva di alcuni condomini.

Anche la Cassazione ha stabilito che “la deliberazione sulla ripartizione delle spese dell’opera deve essere nulla per aver deliberato l’assemblea su oggetto impossibile e non rientrante nella competenza della stessi nei termini di ripartizione delle spese, attenendo chiaramente a proprietà esclusiva (Cassaz. sent. n. 21199 del 31.10.2005).

Trattandosi, quindi, di delibera nulla, la stessa potrà essere impugnata in ogni momento.

L’impugnativa si propone con atto di citazione nel tribunale del luogo dove si trova il condominio.

Tuttavia, a seguito della riforma in materia di condominio, dovrà prima essere attivato il procedimento di mediazione.

In presenza di più delibere assunte in una medesima assemblea, il condomino ha la possibilità di contestare anche solo una delle delibere assunte e lasciare non contestate le altre.

La deliberazione nulla è inidonea a sortire qualsiasi effetto.

Alla luce di quanto detto, pertanto, nel caso in esame, potrà essere impugnata, eccependone la nullità, la delibera assunta nell'assemblea del 15.12.2017, nella parte in cui ha deliberato la ripartizione della spese dei lavori straordinari includendo anche lavori effettuati su beni di proprietà esclusiva di alcuni condomini.

Se si ritiene che la delibera sia nulla per il solo motivo sopra citato, ben si potrà impugnare la delibera solo per la nullità della ripartizione delle spese.

Al riguardo riteniamo infondato il Suo timore di far apparire la sua azione come pretestuosa per non pagare il suo debito.

Se il suo debito verso il condominio è un debito certo, liquido ed esigibile dovrà sicuramente adempierlo.

Per impugnare la delibera bisognerà attivare il procedimento di mediazione e, in caso di esito negativo, ricorrere all’autorità giudiziaria, ossia al Tribunale del luogo in cui si trova il condominio.


Onofrio C. chiede
giovedì 04/01/2018 - Puglia
“Sono un amministratore di condominio. Giovedì 30/11/2017 ore 19:49, a mezzo pec, ho trasmesso ad un condòmino assente all'assemblea del 02/10/2017 il relativo verbale con i suoi allegati.
Martedì 02/01/2018 ore 19:02, a mezzo pec, mi è stato notificato il seguente messaggio: "Spett.le Condominio, in riferimento al procedimento di mediazione prot. n. 21/2018 del 02/01, rimettiamo in allegato l’invito a partecipare all’incontro del 26/01.".
L'oggetto dell'invito è: impugnativa delibera assembleare condominiale per irregolare costituzione dell'assemblea, per mancato intervento di tanti condòmini che rappresentano almeno 1/3 dei partecipanti al condominio.
Trattasi quindi di impugnazione per annullabilità e non per nullità.
Quesito: L'impugnativa, pervenuta esclusivamente a 1/2 dell'organismo di mediazione, è nei termini di cui al 1137 c.c. oppure è tardiva? Un'impugnativa proposta con istanza di mediazione soggiace a quanto disposto dal 155 c.p.c. in ordine al conteggio dei 30 giorni?
Grazie.”
Consulenza legale i 12/01/2018
In base all’articolo 1137 cod. civ. il termine per l’impugnativa della delibera assembleare decorre, per gli assenti, dal momento in cui la delibera viene loro comunicata.
Comunicazione valida, ai sensi di legge, è senz’altro la pec che l’amministratore, nel caso di specie, ha mandato al condòmino che non si era presentato in assemblea in ottobre.
La forma dell’impugnativa può essere solo una, ovvero la notifica di un atto di citazione davanti al Giudice. Tuttavia, il decorso del termine per la notifica viene per legge sospeso dall’avvio del procedimento di mediazione obbligatorio in materia di condominio e rimane tale per tutta la durata di tale procedimento.

Il problema – nel caso di specie – è l’individuazione del momento in cui si verifica la sospensione: quando la domanda di mediazione viene presentata/depositata presso l’Organismo di mediazione oppure quando viene comunicata/notificata alla controparte che viene invitata a partecipare?

Le norme di riferimento sono gli artt. 4 e 5 del Decreto Legislativo n. 28/2010, i quali recitano “1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. (…). Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza. (…)” (art. 4) e “(…) 6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo.” (art. 5).

La lettera della norma è molto chiara: la domanda di mediazione si ritiene “proposta” nel momento del deposito della stessa presso l’Organismo preposto, ma agli effetti della prescrizione – e quindi anche della sospensione del termine di 30 giorni per l’impugnativa della delibera assembleare – il momento determinante è quello della “comunicazione” alle altre parti: “In tema di mediazione, il termine decadenziale di trenta giorni per l'impugnazione della delibera assembleare rimane sospeso - per una sola volta - non dal giorno della presentazione dell'istanza, bensì dal momento in cui la stessa è comunicata alle altre parti. In caso di insuccesso, con il deposito del verbale di mancato accordo riprende a decorrere il residuo termine originario, entro il quale - quindi - deve essere proposta la domanda giudiziale.” (Tribunale Palermo, sez. II, 18/09/2015, n. 4951).

Nella fattispecie, il termine di 30 giorni per proporre impugnazione alla delibera assembleare decorreva dal 30/11/2017, dal momento che in questa data è stata inviata la pec (diamo ovviamente per scontato che non vi siano stati problemi tecnici nell’invio e che quindi la mail sia stata non solo spedita ma anche ricevuta nella medesima data del 30/11) e quindi è scaduto il 30/12/2017.
E’ probabile – viste le date riportate nel quesito – che la domanda di mediazione sia stata presentata in tempo (il 30/12 o anche prima) ma è stata in ogni caso comunicata all’amministratore solo in data 2/1/2018, ovvero fuori termine.
Il condòmino assente, pertanto, a nostro parere, ha perso il diritto di impugnativa della delibera e dovrà accettare la valida costituzione dell’assemblea sotto il profilo del quorum costitutivo.

Carla S. chiede
giovedì 04/02/2016 - Lazio
“L'amministratore nel 2011 ha affittato una soffitta condominiale ad un condomino. Da allora posso entrare a controllare il contatore solo chiedendo le chiavi della soffitta al portiere, poiché il locatore ha dato questa disposizione. Il mio diritto pertinenziale è leso da questa situazione. Come agire?”
Consulenza legale i 10/02/2016
La locazione di un bene condominiale non è infrequente e viene ammessa dalla stessa giurisprudenza. Normalmente essa viene disposta con delibera condominiale; quanto alle maggioranze richieste, se si tratta di locazione ultranovennale si ritiene necessaria l'unanimità, secondo quanto dispone l'art. 1108 del c.c. in tema di comunione, applicabile al condominio giusto il richiamo dell'art. 1139 del c.c.. Per quelle di durata inferiore, invece, la Cassazione ha reputato sufficiente la delibera a maggioranza, anche con eventuale ratifica successiva dell'operato dell'amministratore: "La conclusione del contratto di locazione di un appartamento condominiale è da considerarsi atto di amministrazione ordinaria, essendo possibile conseguire la finalità del «miglior godimento delle cose comuni» anche attraverso l'accrescimento dell'utilità del bene mediante la sua utilizzazione indiretta (locazione, affitto); ne consegue che, ove l'amministratore del condominio abbia locato il bene condominiale anche in assenza di un preventivo mandato che lo abilitasse a tanto, deve ritenersi valida la ratifica del suddetto contratto di locazione disposta dall'assemblea dei condomini con deliberazione adottata a maggioranza semplice" (Cass.10446/1998 ).

Di regola vengono concessi in locazione beni dismessi (es: il locale caldaia quando viene meno il riscaldamento centralizzato ecc.). Ci si deve chiedere, quindi, se sia ammissibile la locazione di un bene comune se in esso si trovano i contatori (comuni o dei singoli), come nel caso di specie.
La locazione persegue lo scopo di consentire un uso indiretto della cosa comune, permettendone un miglior godimento. Tale scopo va quindi soppesato con quello, opposto, dell'uso da parte dei singoli del bene. La norma di riferimento è l'art. 1102 del c.c., ai sensi del quale ciascuno può servirsi della cosa comune purché non alteri la destinazione del bene e non impedisca il pari uso altrui.
Tra le facoltà di uso del bene la Cassazione riconosce anche il c.d. uso indiretto, che si può realizzare anche con la sua locazione: "In tema di condominio negli edifici, l'uso indiretto della cosa comune mediante locazione può essere disposto con deliberazione a maggioranza solo quando non sia possibile l'uso diretto dello stesso bene per tutti i partecipanti alla comunione, proporzionalmente alla loro quota, promiscuamente ovvero con sistema di frazionamenti degli spazi o di turni temporali" (Cass. 22435/2011; v. anche Cass. 4131/2001).

Presupposto per l'uso indiretto mediante locazione è, quindi, che non sia possibile l'uso diretto per tutti i condomini, anche promiscuamente o con turni: infatti in tal caso si ammette che il "sacrificio" dei singoli sia giustificato dall'utilità che tutti traggono. Orbene, sembra da ritenersi che una simile conclusione possa essere ragionevole anche quando la locazione del bene, pur se esso non sia dismesso totalmente (es: soffitta con i contatori), realizzi una lesione minima del diritto del singolo. Nel caso di specie, se l'accesso della richiedente è finalizzato solo a leggere il contatore ed è comunque consentito a determinate condizioni (cioè chiedendo le chiavi al portiere), si potrebbe ritenere che si abbia appunto una compressione minima del suo diritto, a fronte di un vantaggio complessivo del condominio (naturalmente la questione andrà poi valutata con più precisione rispetto al caso concreto).

Sul piano pratico, in ogni caso, si dovrà innanzitutto verificare se la locazione sia stata posta in essere legittimamente, secondo quanto detto in precedenza; naturalmente, si dovrà anche verificare se il regolamento condominiale disponga in materia. Nel merito, si dovrà verificare l'effettiva lesione del diritto pertinenziale. Se la si ritenesse sussistente, si dovrebbe procedere ad impugnare la delibera con cui si è concessa la locazione, ex art. 1137 c.c.. In particolare, se la delibera contenesse un vizio di nullità l'impugnazione potrebbe essere fatta valere in ogni tempo, anche dai condomini votanti a favore; in caso di vizio che legittima l'annullabilità, la delibera va impugnata entro 30 giorni, secondo la disciplina dell'art. 1137 co. 2 c.c.. In mancanza di delibera, si dovrebbe portare anche tale questione in assemblea, facendo presente sia all'amministratore che al locatario anche l'irregolarità del procedimento, oltre che la lesione del diritto pertinenziale che si ritenesse sussistente.

Giancarlo M. chiede
mercoledì 13/01/2016 - Toscana
“Abito in un fabbricato di circa 70 appartamenti e negozi al piano terra. I quali negozi furono dotati di contatori per la misurazione dell'acqua mentre gli appartamenti non li hanno mai avuti, a prescindere da un regolamento approvato se ben ricordo con poco più dei 2/3 dei millesimi nel '91, che conferma i contatori del piano terra ma non dice nulla circa il resto sulla ripartizione dell'acqua premesso che, scusate se mi ripeto ancora, da sempre, sempre, l'acqua è stata ripartita per gli appartamenti in base ai millesimi.
Purtroppo sono costretto a ricominciare a riproporre il problema, poiché quel condomino che d'accordo con l'amministratore si è fatto posare il contatore la sta spuntando, almeno per adesso.
In pratica, trattandosi di bilancio o consuntivo o rendiconto annuale che si voglia chiamare,quello del condominio, che chiude col 31.12 di ogni anno, l'amministratore ha fatto fare la lettura anche di quel contatore posato da un condomino proprietario di appartamento, unico contatore in appartamenti nel condominio tutto. Unico appartamento che ha il contatore.
E, da notizie che mi sono giunte, l'amministratore sta predisponendo la chiusura dell'anno, ripartendo le spese dell'acqua per quel condomino sulla base della lettura fatta del contatore da lui posato- e per tutti gli altri, ripeto ancora, come da sempre fatto per tutto il condominio fin dalla nascita, sulla base dei millesimi.
Quindi tra non molto mi troverò a dover partecipare ad una assemblea per l'approvazione del consuntivo 2015, con quel condomino che ha sempre pagato l'acqua sulla base dei millesimi come sempre fatto per tutti e come sempre da me riferito, il quale l'amministratore attribuisce invece, adesso, la spesa sulla base dell'unico contatore in appartamenti; non più sulla base dei millesimi ma come già detto, sulla base dei mc da esso consumati.
Per effetto di quanto sopra sono pertanto a chiederVi ancora dei "lumi" e questa volta sul come comportarmi in presenza di un consuntivo che potrebbe essere approvato in quanto al totale delle spese sostenute per la gestione acqua, ma non in quanto a ripartizione delle spese dell'acqua.
Ho tentato un contatto telefonico con l'amministratore per segnalargli che sta sbagliando ma ho perso anche il tempo per parlargli. Pertanto, in assemblea posso approvare il totale della spesa ma non la ripartizione??!! E' il minimo!! A prescindere da cosa intenderanno al proposito gli altri condomini premesso che, anche se sono io da solo che contesto l'operato dell'amministratore, la delibera , qualunque essa sia, anche con il solo mio dissenso, non ha nessun valore, proprio per tutto quanto sopra detto da me nella presente mail e da Voi nelle risposte sempre avute. Sempre con altra premessa che non sono da solo (nel condominio) a giudicare errato l'operato dell'amministratore a prescindere dal fatto che la grande maggioranza dei condomini, come credo di aver già riferito, non vuole i contatori, anche per motivi già espressi in altre mie mail. "Disastri nel condominio e disastri soprattutto nella maggior parte degli appartamenti per i lavori da farsi".
E........ come dovrò procedere, quando mi troverò a dover affrontare il problema in assemblea , da solo o con altri condomini che non vogliono sentir parlare di contatori ??
Approvo-approviamo le spese per la gestione dell'acqua e non la ripartizione e faccio mettere a verbale la dichiarazione, manifestando il convinto ed errato comportamento dell'amministratore e di quel condomino?
E poi, se l'amministratore non si convince di aver sbagliato e neanche poco e non dovesse convincersi di rifare e.o modificare lo stato di riparto, a prescindere dalla dichiarazione a verbale, devo ulteriormente muovermi con atti concreti, diffide e.o altro del genere ??Fino a ricorre in giudizio?? Ci tengo precisare che per me come per tutti gli altri condomini che la pensano come me e sono informati da me circa l'impossibilità di praticare una ripartizione delle spese per la gestione acqua nel modo che ci ritroveremo nella chiusura predetta, non è per una questione di spesa, di risparmio o altro del genere bensì per una questione di "principio", senza neanche sapere adesso se alla fine quel condomino col contatore risparmia rispetto alla ripartizione della spesa con i millesimi. Ripeto e spero possiate ben comprendere e condividere con me- che è una questione di principio che andrò a difendere, qualora dovesse passare inosservata (certamente non da me) l'operazione che ci ritroveremo a discutere, ed evitare soprattutto di ritrovarci in futuro con delle regole che non verranno più osservate, regole che sotto certi aspetti tengono in piedi tutto il Condominio, a cominciare dalla ripartizione della spesa dell'acqua e che per modificare lo stato delle cose attuale ( ripartizione in base ai millesimi) necessita la totalità dei millesimi.
Per concludere. A mio modesto parere non è un problema di maggioranza e.o minoranza nella votazione!! Delibera nulla e.o annullabile!! E' proprio "balordo" l'operato di quel condomino e dell'amministratore. Quindi il problema è come affrontare l'argomento in assemblea, anche se io da solo (non credo).”
Consulenza legale i 13/01/2016
Nell'ambito dell'assemblea condominiale ciascun condomino partecipe esprime il proprio voto sulle deliberazioni da adottare, in modo favorevole, approvandole, o in modo contrario, respingendole. Può anche astenersi.
Nel caso di specie il richiedente è contrario all'approvazione di uno stato di riparto delle spese dell'acqua che non segue il criterio finora adottato, cioè quello della ripartizione tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà (si deduce che non sia contrario alla definizione del totale della spesa: quindi potrà approvare quest'ultimo documento e non il primo).
Secondo la Cassazione, in effetti, in mancanza di contatori in ogni unità abitativa, la ripartizione delle spese va fatta, salvo diversa convenzione, in base ai millesimi mentre sarebbe viziata la delibera che, a maggioranza, adottasse un criterio di riparto diverso (Cass. 17557/2014).

Quanto al vizio della decisione (ed al suo regime di impugnazione), alcuni importanti principi arrivano dalla Cassazione stessa, che nell'ambito delle delibere con le quali si ripartiscono le spese comuni distingue tra quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati i criteri in difformità dall'art. 1123 del c.c. e quelle con cui l'assemblea, esercitando i poteri ex art. 1135 n. 2 e 3 c.c., determina in concreto la ripartizione discostandosi dall'art. 1123 c.c.: mentre le prime devono essere approvate all'unanimità e quindi se approvate a maggioranza sono nulle, le seconde sono annullabili (Cass. 8010/2012). Quelle nulle possono essere impugnate da tutti i condomini, anche quelli che hanno votato favorevolmente e senza limiti di tempo, quelle annullabili devono essere impugnate entro il termine di decadenza di 30 giorni che decorrono dalla deliberazione per astenuti e dissenzienti e dalla comunicazione per gli assenti (art. 1137 del c.c.).

Nel caso di specie, se si applicano i principi della sentenza da ultimo citata, possiamo ritenere che la delibera con cui si approva la ripartizione delle spese dell'acqua in difformità rispetto al criterio sempre usato dei millesimi, sia annullabile. Di conseguenza, il richiedente dovrà in primo luogo esprimere il proprio dissenso in assemblea circa l'adozione da parte dell'amministratore di un criterio difforme a quello sempre adottato, chiedendo espressamente che ciò venga verbalizzato. In seguito, se la delibera dovesse essere comunque approvata, dovrà impugnarla dinanzi all'autorità giudiziaria ex art. 1137 c.c. entro il termine predetto di 30 giorni.

Peraltro, come visto, la ripartizione sulla base dei millesimi rispecchia un criterio legittimo per la cui modifica servirebbe l'unanimità secondo la citata sentenza Cass. 17557/2014. Questo costituisce un argomento spendibile dal richiedente in assemblea, al fine di prospettare sia l'invalidità di una delibera contraria a questo criterio sia i probabili esiti di un giudizio di impugnazione della delibera stessa. Argomenti che dovrebbero essere fatti presenti all'amministratore ma anche agli altri condomini.

Salvatore A. chiede
martedì 13/10/2015 - Sardegna
“Il sottoscritto, avendo già usufruito di Vostre consulenze per problemi di Condominio (perdita da una colonna fognaria condominiale e attribuzione delle relative spese - Quesito n. 13289 e ancora Quesito n. 13368) ed avendo dette consulenze soddisfatto le mie aspettative, con la presente, e sembrerebbe la continuazione dei miei primi quesiti, sono ad esporvi quanto segue.

1°) Il 3 Agosto 2015 l’amministratore del Condominio comunicò a tutti e 9 (nove) componenti del condominio l’evento dannoso verificatosi nella colonna fognaria di tre Condomini, nel blocco condominiale questa volta diverso dal mio. La stessa tipologia di danno che tempo prima si era verificato nel mio blocco. Tre blocchi uniti con unico ingresso composti da tre appartamenti sovrapposti uno all’altro.

2°) Risposi con lettera, alla quale l’Amministratore non ha mai dato risposta specifica

3°) Il 16 settembre 2015 l’Amministratore convoca una Assemblea di Condominio per il 23 settembre 2015

4°) Il 23 settembre 2015 non potendo essere presente all’assemblea né personalmente né volendo delegare nessuno, comunico le mie intenzioni di voto su tutti i punti all’o,d,g,

5°) Il 23 settembre si svolge la 1° assemblea perché poi verrà aggiornata al 30/9 per la prosecuzione dell’o.d.g. Su detto verbale mi corre l’obbligo di segnalare quanto segue:

a) Viene messo in discussione il primo punto all’o,d,g. (assegnazione lavori di ristrutturazione varie parti edificio) e dopo breve esposizione dell’amministratore solo dopo le 21,30, dopo che il condomino B. abbandonò la riunione, viene deliberata all’unanimità l’assegnazione dei lavori.
Alle 21,35 viene dichiarata chiusa la riunione ed aggiornata al 30 settembre 2015. Nell’intermezzo tra l’esposizione del 1° punto all’o,d,g, (19,30) e la sua votazione (21,30)come sopra riportato l’Assemblea ha discusso di tutto e di più e votato, ma cosa?
Di nessun punto specifico all’o.d.g., ma della richiesta del condomino B. che venisse acquisita a verbale il deliberato dell’assemblea di condominio del 17 Gennaio 2015 dove al punto 4 (VARIE ED EVENTUALI) su proposta dell’amministratore di allora venisse deliberato, e si delibera all’unanimità, che tutti i lavori riguardanti le colonne e le fognature dovevano essere a carico di tutto il CONDOMINIO. A me questo poteva andare ancora bene perché riproponeva in sostanza il dettato del REGOLAMENTO DI Condominio, che in proposito non viene mai citato pur esistendo fin dall’origine , oltre 45 anni)

Il problema invece è che vogliono attribuire per la stessa tipologia di danno con interpretazioni di comodo e comunque contro il Regolamento, per il danno subito nella mia colonna fognaria ripartito per 3(tre) perché avvenuto prima del deliberato del 17 gennaio 2015, mentre per il secondo danno interessante altra colonna fognaria, questa perché verificatasi dopo il 17 Gennaio 2015, è da dividere per 9(nove) tra tutti i Condomini.
Allora stando così le cose, può, ora per allora, essere considerata nulla detta deliberazione al punto 4, per quanto sopra esposto e soprattutto perché poteva andare a modificare o a limitare le disposizioni dell’art. 8 del Regolamento che disciplina l’attribuzione e ripartizione delle spese Comuni ripartibili fra tutti i Condomini e quindi per 9(nove), perché adottato in un o.d.g. non specifico ma tra le “varie ed eventuali” ed in assenza di due Condomini?

b) Tra l’altro credo che l’assemblea del 30 settembre 2015 debba essere nulla perché al sottoscritto mai niente è stato comunicato sulla data di rinvio o prosecuzione della riunione.

c) Inoltre, come riferito al punto 4 della presente dove il sottoscritto, comunicava all’amministratore, la sua assenza alla convocata assemblea del 23/09/2015 e tuttavia esprimeva il suo voto su tutti i punti all’o,d,g. richiedendo che venisse tenuto a verbale. Ebbene di tutto ciò nulla è dato di sapere. La mia lettera è stata scritta al vento, E’ giusto così oppure vi era l’obbligo di portarla a conoscenza dell’assemblea e ritenere validi i miei voti ed avere risposte alle mie domande?

Per ultimo chiedo, poiché è stata comunicata la spesa complessiva di euro 1.608/00 divisa per nove condomini comprensiva di Euro 915/00 per riparazione di colonna fognaria altrui e 693/00 per riparazione tetto, è mia intenzione pagare solo la quota per la riparazione del tetto lasciando in sospeso la quota per la riparazione della richiamata colonna fognaria fintanto che non verrà definita in eguale ripartizione il danno nella mia colonna fognaria. Faccio bene oppure come devo agire?

Gradirei quindi avere il vostro parere ed una traccia scritta della eventuale risposta che dovrei dare al Condominio.

Grazie e distinti saluti”
Consulenza legale i 15/10/2015
Il quesito richiede di rispondere a diverse sottodomande.

Per quanto riguarda lo svolgimento dell'assemblea e l'efficacia delle istruzioni scritte lasciate dal condomino assente all'amministratore, non costa purtroppo un obbligo di quest'ultimo di valorizzare a verbale il contenuto della missiva spedita dal primo.
Certamente, in base al rapporto di fiducia che dovrebbe legare il condomino al proprio amministratore, sarebbe stato opportuno che questi riferisse verbalmente agli altri condomini le intenzioni dell'assente, quantomeno a titolo informativo. Tuttavia, anche se ciò fosse stato fatto, la delibera non avrebbe potuto essere differente, in quanto l'assente che non abbia conferito delega non può essere conteggiato né ai fini del quorum costitutivo, né di quello deliberativo.

Pertanto, si ritiene che l'amministratore abbia commesso una scorrettezza nell'omettere di comunicare le intenzioni del condomino assente (e per tale motivo quest'ultimo potrà eventualmente decidere di non votarlo più in futuro quale amministratore), ma che in ogni caso egli non avesse l'obbligo di tenerle in considerazione ai fini della votazione.
Il condomino assente, infatti, è stato regolarmente convocato all'assemblea e ben avrebbe potuto delegare qualcun altro (anche un estraneo, come ad esempio un legale di sua fiducia) a partecipare all'assemblea, presentando tutte le sue istanze e le sue osservazioni. Non avendolo fatto, egli si è precluso, da solo, la possibilità di votare sui punti all'ordine del giorno.

Peraltro, la lettera all'amministratore non potrebbe nemmeno configurarsi come delega, non solo perché non ne ha il contenuto, ma anche perché il quinto comma dell'art. 67 disp. att. c.c. vieta di conferire la delega all'amministratore di condominio.

Punto problematico è, invece, quello del rinvio dell'assemblea senza avviso agli assenti.
Difatti, è opinione unanime che il rinvio di una assemblea o la fissazione di una nuova assemblea siano soggette alle ordinarie regole della convocazione della riunione.
La Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sul tema:
- Cass. n. 4648/81: "L’assemblea condominiale riunita in seconda convocazione ai sensi dell’art.1136 c.c. 3° comma può con la prescritta maggioranza, aggiornarsi ad altra data per completare l’esame degli argomenti posti all’o.d.g. non prevedendo la legge una convocazione successiva alla seconda; per cui tale aggiornamento deve considerarsi una nuova convocazione di una nuova assemblea, che, di conseguenza, non può validamente deliberare se non consti che tutti i condomini siano stati tempestivamente convocati, integrando la preventiva convocazione come requisito essenziale per la validità dell’assemblea";
- Cass. n. 1516/88: "Allorquando un’assemblea condominiale operante in seconda convocazione sia rinviata per il proseguo ad altra data sugli stessi argomenti all’o.d.g., con il debito accordo degli intervenuti e previo tempestivo avviso della data fissata a coloro che risultavano assenti, tale assemblea non può considerarsi di prima convocazione, risultando soltanto la legittima continuazione dell’assemblea in seconda convocazione".

Entrambe le pronunce, anche se differiscono sulla soluzione, chiedono che i condomini assenti siano prontamente avvisati del rinvio.

Poiché, nel caso di specie, l'avviso non è stato dato, il rimedio previsto dall'ordinamento è l'impugnazione della delibera entro 30 giorni: ciò è stato precisato anche dalla Corte di Cassazione con sentenza a Sezioni Unite del 7.3.2005, n. 4806 ("La mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l'annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall'articolo 1137 c.c., comma 3, (decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione, e, per i condomini dissenzienti, dalla sua approvazione), è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio").

Venendo al merito della delibera, ci si può senz'altro riportare ai nostri precedenti pareri, ribadendo che nel condominio de quo dovrà trovare applicazione il regolamento contrattuale a discapito della regola sancita dall'art. 1123 del c.c.: la suddivisione della spesa per la fognatura va divisa per nove in ogni caso e per qualsiasi colonna interessata.
La delibera assembleare appare, quindi, in contrasto con il regolamento del condominio.

La contrarietà di una delibera al regolamento contrattuale la rende impugnabile ai sensi dell'art. 1137 del c.c., norma che sancisce espressamente l'annullabilità delle "deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio". Il termine per chiedere l'annullamento è sempre di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

Circa l'intenzione del condomino assente di non procedere ad una parte dei pagamenti deliberati in assemblea, si rileva che ai sensi del terzo comma dell'art. 1137 l'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, quindi la somma rimane dovuta fino a che la delibera non sia annullata dall'autorità giudiziaria: pertanto, ipoteticamente, il condominio potrebbe agire in via coattiva nei confronti del condomino moroso.
Tuttavia, è facoltà del condomino che ricorre in giudizio quella di chiedere la sospensione dell'esecutorietà della delibera.

Nel caso di specie, per maggior sicurezza, è consigliabile impugnare la delibera assembleare anziché limitarsi a contestare all'amministratore il contenuto della stessa: così facendo, si farebbe inutilmente decorrere il termine di 30 giorni previsto per l'impugnazione e la decisione diverrebbe definitiva. Visti gli importi oggetto della decisione, la competenza dovrebbe essere quella del Giudice di pace.

Si può tentare, tuttavia, di chiedere l'indizione di una assemblea urgente che si tenga prima dello scadere del termine, in modo che l'assemblea possa nuovamente votare in merito alla ripartizione delle spese della conduttura fognaria.
Possiamo suggerire di scrivere immediatamente all'amministratore sottolineando i due aspetti, formale (rinvio dell'assemblea al 30 settembre) e sostanziale (contrarietà al regolamento condominiale), che rendono la delibera annullabile, evidenziando l'opportunità di convocare una nuova assemblea che "sovrascriva" la precedente per quanto concerne il punto interessato. E' possibile fare pressione sull'amministratore dichiarando che in assenza di convocazione tempestiva di nuova assemblea, si procederà con le impugnazioni di legge.

Francesco P. M. chiede
giovedì 09/07/2015 - Lazio
“Impresa di costruzione, il cui titolare, è marito dell'Amministratrice, vince gara di appalto per la ristrutturazione della facciata frontale e delle due laterali dell'edificio condominiale. Dopo un mese dal termine dei lavori, l'Amministratrice, convoca l'Assemblea Condominiale con un consuntivo delle maggiori spese sostenute, pari al 21,11%. L'Assemblea, con un solo dissenso, approva.E' una procedura legale? In attesa di una vs.risposta, ringrazio.”
Consulenza legale i 15/07/2015
La procedura descritta appare corretta, quantomeno sotto il profilo civilistico dell'approvazione in assemblea condominiale del consuntivo spese. Nulla può dirsi, invece, circa la gara di appalto vinta dal marito dell'amministratrice, non avendo elementi su cui basare una indagine.

Tornando alla questione condominiale, il quarto comma dell'art. 1136 del c.c. stabilisce che le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del medesimo articolo. Esso sancisce che l'assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio. Sono poi valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

Il concetto di "notevole entità" delle riparazioni straordinarie, dice la giurisprudenza (es. Cass. civ. 29.1.1999 n. 810) "deve ritenersi affidata, in assenza di un criterio normativo, alla valutazione discrezionale del giudice del merito, rispetto alla quale quello della proporzionalità tra la spesa ed il valore dell'edificio e la ripartizione di tale costo tra i condomini configurano non un vincolo, bensì un ulteriore ed eventuale elemento di giudizio, nel senso della possibilità per il giudice di tener conto, nei casi dubbi, oltre che dei dati di immediato rilievo, cioè dell'ammontare complessivo dell'esborso occorrente per la realizzazione delle opere, anche del rapporto tra tale costo, valore dell'edificio ed entità della spesa ricadente sui singoli condomini".

Ci si può legittimamente chiedere se il quorum deliberativo necessario per l’approvazione della contabilità finale sia il medesimo, cioè quello di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c.
Secondo la giurisprudenza più recente, se ad essere approvato è un consuntivo per somme sostanzialmente già approvate in precedenza – anche in caso di notevole entità dei lavori – non si applica il quorum deliberativo del secondo comma dell'art. 1136 ma quello pari ad un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio.

Se, invece, il consuntivo è "lievitato" in maniera consistente, tanto da far rientrare la delibera nuovamente nel concetto di opere di "notevole entità" (concetto sopra chiarito), sarà nuovamente necessario il quorum più elevato.

Nel caso di specie, la maggiorazione di spese appare significativa, anche se si dovrebbe analizzare nel dettaglio l'entità degli esborsi. Quindi, appare necessaria una approvazione ai sensi del secondo comma dell'art. 1136. Se tale maggioranza è stata raggiunta (ricordiamo che all'assemblea devono aver partecipato tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio), la delibera è valida. Diversamente, essa potrà essere impugnata dal condomino dissenziente.

Marco C. N. chiede
venerdì 29/05/2015 - Lazio
“NEL MIO CONDOMINIO L'AMMINISTRATORE -SU UNA QUESTIONE MOLTO CONTROVERSA- AL MOMENTO DEL VOTO (per ragioni di tempo) NON VORREBBE INDICARE NOMINATIVAMENTE LA POSIZIONE DEI SINGOLI CONDOMINI SUL PROBLEMA IN DISCUSSIONE.
GRADIREI CONOSCERE SE VI E' UNA NORMA PRECISA CHE REGOLA MATERIA, IN MERITO ALL'INDIVIDUAZIONE PERSONALE PRESA DA OGNI SINGOLO CONDOMINO.
PREGO INDICARE TESTO NORMATIVO, EVENTUALMENTE.
GRAZIE”
Consulenza legale i 05/06/2015
Non esiste una articolo di legge che regoli precisamente lo svolgimento dell'assemblea condominiale e le modalità di verbalizzazione. Scorrendo tutte le norme del codice civile in materia (artt. 1117-1139 c.c. e artt. 61-72 delle disposizioni di attuazione del codice civile), non si ravvisa infatti alcuna regola specifica.

Si deve, quindi, guardare alle pronunce della giurisprudenza sul tema.
La Corte di Cassazione, con orientamento dominante, sostiene che risulti annullabile la delibera il cui verbale dà atto del risultato della votazione senza indicare analiticamente i nomi dei partecipanti e il valore della loro proprietà in millesimi, "specificazione necessaria onde verificare la validità della costituzione dell'assemblea ai sensi dell'art. 1136 del c.c., nonché il nome e il valore della quota proporzionale dei condomini assenzienti e dissenzienti, necessaria onde verificare la validità della delibera adottata sia in relazione ai quorum, se le quote sono diseguali, sia in relazione ad un eventuale conflitto di interessi tra condomino e condominio" (Cass. civ., sez. II, 19.10.1998, n. 10329).

Nello stesso senso si possono leggere le sentenze Cass. civ., sez. II, 22.5.1999 n. 5014 ("Nel condominio negli edifici, poiché la redazione del verbale di assemblea costituisce una delle prescrizioni di forma che devono essere osservate al pari delle altre formalità richieste dal procedimento collegiale (avviso di convocazione, ordine del giorno, ecc.) e la cui inosservanza importa l'impugnabilità della delibera in quanto non presa in conformità con la legge (art. 1137 c.c.), una volta che l'assemblea sia stata convocata, occorre dare conto, tramite la verbalizzazione, di tutte le attività compiute, anche se le stesse non si sono perfezionate e non siano state adottate deliberazioni, allo scopo di permettere a tutti i condomini, compresi quelli dissenzienti ed assenti, di controllare lo svolgimento del procedimento collegiale e di assumere le opportune iniziative") e Cass. civ., sez. II, 22.1.2000, n. 697 ("In tema di delibere di assemblee condominiali, la mancata verbalizzazione del numero di condomini votanti a favore e contro la delibera approvata, oltre che dei millesimi da ciascuno di essi rappresentati, invalida la delibera stessa, impedendo il controllo sulla sussistenza di una delle maggioranze richieste dall'art. 1136 c.c.").

Esistono certamente anche pronunce meno rigorose, ma si reputa che quelle sopra indicate facciano parte di un orientamento piuttosto pacifico.

Di conseguenza, nel caso di specie, i condomini hanno il diritto di chiedere che sia verbalizzata la posizione di ciascuno in merito alla questione oggetto della delibera: se l'amministratore omette queste informazioni, la decisione assembleare risulterà annullabile e quindi impugnabile entro 30 giorni (art. 1137 c.c.).

D. S. chiede
sabato 06/07/2024
“Buongiorno. Da gennaio 2018 sono proprietario di un appartamento all’interno di una palazzina (che per semplicità chiameremo d’ora in avanti PALAZZINA ALFA) con dieci appartamenti (incluso il mio), 5 depositi (box) situati al piano interrato e 4 ripostigli situati al piano terra. Tale palazzina si trova all’interno di un residence composto da altre 7 palazzine (8 in tutto compreso la palazzina dove abito e della quale sono stato nominato caposcala, per un totale di circa 80 condomini): per tale situazione, presenza di 8 palazzine, è anche presente un supercondominio (che per semplicità chiameremo d’ora in avanti SUPERCONDOMINIO) che ha propria partita iva/codice fiscale e propria sede, distinta da quelle delle palazzine. La PALAZZINA ALFA è gestita ed amministrata dall’amministratore L.M. mentre il SUPERCONDOMINIO è gestito dall’amministratore M.T. che è stato nominato a giugno 2023 ma è entrato effettivamente in carica a marzo 2024 poiché la sua nomina, per espressa richiesta di M.T., era subordinata ad alcune condizioni sospensive verificatesi solo in tale ultima data (es.: approvazione rendiconti, anagrafica condominiale, elenco morosità, consegna chiavi locali, trasferimento atti, ecc); prima di tale data, il supercondominio era gestito da altro amministratore, sig. T.R.M., padre di L.M.. Orbene, dal 2018, il sottoscritto (come tutti gli altri condomini) non ha mai ricevuto dagli amministratori L.M. o T.R.M., per le loro rispettive cariche, alcuna richiesta di versamento di quote per il supercondominio; oltretutto fino a dicembre 2023 il conto corrente utilizzato per l’incasso delle quote era UNICO sia per le singole palazzine sia per il supercondominio quindi in totale contravvenzione a quanto disposto dall’art. 1129 del codice civile (PRIMO GRAVE MOTIVO). Inoltre, in tutti i rendiconti condominiali presentati per l’approvazione vi è la totale assenza non solo della “nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti” ma anche del “registro di contabilità” che, come espressamente previsto dall’art. 1130 del codice civile e dalla giurisprudenza consolidata in merito, sono elementi inscindibili (SECONDO GRAVE MOTIVO). Si tenga ulteriormente presente, inoltre, che nei rendiconti presentati dall’amministratore (e da me non approvati fino al 31/12/2023 e per quest’ultimo effettuata mediazione per richiesta di modifiche, accolta dall’assemblea) quest’ultimo riportava (oltretutto in maniera errata e non completa) i movimenti bancari delle sole spese condominiali e non anche per quelle relative al consumo idrico che veniva presentato tramite altro modello di calcolo completamente sganciato e scollegato al rendiconto, con ciò quindi palesando delle movimentazioni finanziarie in entrata ed uscite carenti poiché non complete (proprio perché non contemplano tale entrate e uscite collegate al consumo idrico). Il rendiconto condominiale, infatti, contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica: se una parte di esse (riferite per l’appunto all’AQP) viene omessa, viene inevitabilmente a mancare il rispetto delle disposizioni del codice civile (TERZO GRAVE MOTIVO).
Si rappresenta, inoltre che (QUARTO GRAVE MOTIVO), al fine dell’approvazione del bilancio condominiale, l’amministratore deve convocare l’assemblea dei condomini entro 180 giorni dalla fine dell’esercizio (v. art. 1130, n. 10, cod. civ.). Sia la Corte di Cassazione, come molti Tribunali, infatti, hanno affermato che non è possibile procedere ad un’approvazione del bilancio condominiale pluriennale, in quanto la norma prevede l’obbligo annuale di approvazione del rendiconto condominiale anche al fine di vigilare, in un periodo breve, sul corretto operato dell’amministratore (Cass, sent. n. 28764/2017). Invece:
1) i rendiconti consuntivi 2016 e 2017 sono stati approvati il 29/05/2018 (quindi non solo ben oltre il termine dei 180 giorni ma anche mediante approvazione pluriennale);
2) il rendiconto consuntivo 2019 è stato approvato a luglio 2020;
3) il rendiconto consuntivo 2021 è stato approvato a fine luglio 2022;
4) il rendiconto consuntivo 2022 è stato approvato ad agosto 2023;
5) il rendiconto consuntivo 2023 è stato approvato ad aprile 2024 ma da me impugnato con richiesta di mediazione richiedendo l’annullamento della delibera di tale punto (approvazione del rendiconto 2023) per gravi carenze contabili richiedendo all’amministratore, con successiva pec, tutta una serie di verifiche. Basti pensare che, recentissimamente, l’amministratore L.M. ha risposto a tale pec approvando i miei conteggi dai quali risulta un ingente credito a differenza di paventati debiti (per quote condominiali e quote idriche) risultanti rispettivamente dal rendiconto e dal prospetto di calcolo del consumo idrico. Il rendiconto 2023, tuttavia, alla data odierna, non è ancora stato oggetto di nuova assemblea.
Aggiungasi che, tutti i bonifici da me effettuati all’unico conto corrente utilizzato fino a dicembre 2023, riportavano come causale il riferimento alla PALAZZINA ALFA e giammai al SUPERCONDOMINIO: nonostante tale mia espressa volontà, in sede di elaborazione dei rendiconti condominiali, di proprio arbitrio, l’amministratore LM ha attribuito parte di tali versamenti al SUPERCONDOMINIO e non alla PALAZZINA ALFA (QUINTO GRAVE MOTIVO).
Tra i condomini, poi, c’è una situazione di (unica per fortuna) morosità cronica e molto elevata, la cui posizione contabile è scaduta da ben oltre i 6 mesi, riferimento temporale richiesto dalla normativa per il compimento di azioni di recupero da parte dell’amministratore anche senza autorizzazione prevetiva dell’assemblea: nonostante ciò l’amministratore LM non ha mai agito per il recupero legale del credito (SESTO GRAVE MOTIVO) adducendo (a mio avviso in maniera del tutto stupida, superficiale e a-professionale e solo per favorire tale suo amico condomino moroso) che nell’allora atto di vendita fu commesso un errore sulla particella oggetto di trasferimento. Da diversi anni, quindi, non solo ci troviamo ad anticipare le quote di questo moroso, ma l’amministratore non fa nulla di nulla per recuperare tale credito nonostante da mie personali indagini patrimoniali ho riscontrato che ci sarebbero beni aggredibili (oltre la proprietà all’interno della palazzina).
Inoltre in tutti i verbali assembleari della PALAZZINA ALFA è sempre stata omessa la verifica circa la regolarità degli avvisi di convocazione e quindi non c’è traccia in alcun verbale (SETTIMO GRAVE MOTIVO).

Da ultimo, sebbene non di marginale importanza, poiché da marzo 2024 è subentrato effettivamente il nuovo amministratore del SUPERCONDOMINIO, sig. MT, da tale data l’amministratore della PALAZZINA ALFA, sig. LT, ha comunicato (ufficiosamente) ai condomini di non voler più provvedere a raccogliere le quote dei singoli condomini sebbene afferenti al SUPERCONDOMINIO poiché per fare una tale attività (gestita da lui arbitrariamente e senza alcun compenso fino al giorno prima dell’insediamento del nuovo amministratore del supercondominio sig. MT) avrebbe preteso un compenso annuo. Di contro l’amministratore di supercondominio non può provvedere alla riscossione delle quote da ogni singolo condomino in quanto i rendiconti del supercondominio, fino al 31/12/2023 gestiti dal sig. TRM (padre di LM), non riportano i nominativi dei condomini quali creditori o debitori ma, indubbiamente per “favorire” condomini amici (ragionevolmente morosi), i rendiconti del supercondominio sono stati approvati riportando i nominativi delle singole palazzine quali soggetti creditori verso o debitori del supercondominio. Una tale situazione, quindi, rende impossibile per il nuovo amministratore sig. MT tale riscossione nominativa in quanto a lui ignoto, per ovvie ragioni di privacy ed anche giuridica, il collegamento PALAZZINA -> CONDOMINO. Pertanto la PALAZZINA ALFA, a breve, in assemblea discuterà sull’eventuale attribuzione del compenso all’amministratore sig. LM per riscossione quote dai condomini per le spese del supercondominio e successivo versamento all’amministratore di supercondominio, non indicando i nominativi dei condomini, quanto il riferimento alla palazzina ALFA; in ipotesi di debito della PALAZZINA ALFA verso il condominio, la messa in mora verrà fatta dall’amministratore del supercondominio all’amministratore della PALAZZINA ALFA, il quale poi andrà a mettere in mora il moroso solo da lui (amministratore della PALAZZINA ALFA) noto.
Alla luce di tutto quanto sopra, quindi, si richiede, sperando di aver ben letto e interpretato la normativa e alcune sentenze:
A) Per tutti i GRAVI MOTIVI ESPOSTI, potrei procedere con rimozione giudiziale dell’amministratore? In cosa consiste la procedura? Eventualmente potrei contare sul vostro supporto legale?
B) In riferimento al SETTIMO GRAVE MOTIVO, si potrebbe far dichiarare nulle tutte le assemblee incriminate?
C) Poiché ho adito diverse volte la mediazione per impugnazione di alcune delibere e in tutti i casi di mediazione l’assemblea ha poi annullato la delibera o il/i punto/i oggetto di mediazione, potrei richiedere il rimborso di tali somme versate per la mediazione? Le devo chiedere al condominio o all’amministratore?
D) Se in un’assemblea in cui si deliberano lavori di manutenzione straordinaria alla palazzina è presente la figlia di un condomino senza che ne avesse la delega del padre (proprietario dell’appartamento) tale presenza è legittima o illegittima? In tale ultimo caso, poiché non si sarebbero raggiunti i millesimi mini, la delibera è nulla o annullabile?
E) In riferimento al compenso aggiuntivo per riscossione quote di supercondominio, qualora l’assemblea non approvasse (sia perché tale attività era prima gestita gratuitamente sia perché il compenso richiesto sembra irragionevolmente alto), come può agire il condominio? Può/deve richiedere le dimissioni dell’amministratore sig. LM? Quest’ultimo è obbligato ad accettare le funzioni di raccolta quote e versamento al supercondominio senza ulteriore compenso poiché le faceva gratuitamente e nulla di fatto è cambiato nella gestione se non solo l’amministratore del supercondominio?
Grazie e saluti.”
Consulenza legale i 12/07/2024
Si risponde alle singole domande poste facendo riferimento alle lettere che le contraddistinguono.

A. sulla base di quanto viene riferito vi sono tutti gli estremi per procedere alla revoca dell’amministratore del condominio della palazzina alfa: diversi, infatti, e gravi, sono gli inadempimenti da lui commessi nella gestione dello stabile.

La procedura di revoca ex comma 11° art.1129 del c.c. si svolge in camera di consiglio previo breve contraddittorio con l’amministratore accusato senza particolari formalismi. L’istanza della revoca può anche essere fatta da un singolo condomino, il quale poi ha titolo per ripetere (i.e.: chiedere indietro) le spese legali sostenute dal condominio, il quale a sua volta può pretendere che gli vengano rimborsate dall’amministratore destituito. Una volta destituito e nominato un nuovo amministratore sarà poi possibile, per non dire necessario, valutare con lui e con un legale eventuali azioni risarcitorie da muovere nei confronti del professionista uscente, alla luce dei gravi inadempimenti da lui commessi.

B. No non è possibile. Le irregolarità degli avvisi di convocazione delle riunioni condominiali possono comportare solo l’annullabilitàdella delibera, la quale può essere fatta valere solo entro i rigidi termini di cui all’art.1137 del c.c. Decorsi detti termini la delibera, ancorché viziata, diviene incontestabile ex comma 1° dell’art. 1137 del c.c. e obbligatoria per tutti i condomini e loro aventi causa.

C. Per dare una risposta più precisa a questo quesito si dovrebbero valutare le singole ipotesi di mediazione, ma in linea di massima se l’accordo raggiunto in mediazione nulla dice al riguardo, non si ha titolo per pretendere le spese di mediazione dal condominio o dal suo amministratore.

D. Così come al punto B, anche i vizi di delega costituiscono un mero vizio di annullabilità che può essere fatto valere solo entro i rigidi termini di cui all’art. 1137 del c.c. Tra l’altro nel caso specifico, una ipotetica impugnazione potrebbe avere un esito favorevole solo se si dimostrasse che lo specifico punto all’ordine del giorno che si contesta è stato approvato grazie al voto favorevole del soggetto sfornito di regolare delega.

E. La posizione del supercondominio è senza dubbio quella che desta particolari perplessità. Innanzitutto, è assolutamente necessario che tale ente venga immediatamente fornito di un conto corrente condominiale, obbligo, tra l’altro, come ricordato dallo stesso autore del quesito, sancito da precise norme del codice civile. Su quel conto devono essere corrisposte le spese condominiali che devono essere pagate dai condomini per mezzo di bonifico bancario. Se l’attuale amministratore del condominio si rifiuta di raccogliere le quote condominiali corrisposte dai singoli condomini in contanti direttamente all’amministratore, questo è un rifiuto assolutamente legittimo anche alla luce delle vigenti normative non solo condominiali ma anche in materia di antiriciclaggio: il versamento delle spese condominiali va fatto con mezzi tracciabili direttamente dal singolo condomino.

Vi è un ulteriore aspetto del supercondominio che desta particolare perplessità. Per quanto si è capito, il suo rendiconto non reca il riferimento dei singoli condomini alla rispettiva posizione debitoria, ma quest’ultima è riferita alla singola palazzina nel suo complesso. Questo è assolutamente contrario ai più elementari principi di bilancio e contabilità a cui fa implicito richiamo l’art.1130 bis del c.c. Il rendiconto del supercondominio deve riportare il nominativo dei singoli condomini e indicare con esattezza la loro posizione contabile (a debito o a credito) nei confronti dell’ente supercondominiale.

E’ molto probabile anche alla luce dei profili di responsabilità che si intravedono in tutta la gestione del complesso (si veda l’accenno fatto all’inizio del parere alla lettera A), sia necessario affiancare alla figura dei nuovi amministratori e del legale anche quella di un revisore dei conti condominiali, necessario per separare le sorti contabili del supercondominio da quelle dei singoli condomini che lo compongono, e per poi valutare eventuali profili di responsabilità nei confronti dell’ amministratore o degli amministratori che lo hanno gestito.

Purtroppo, il quesito non offre elementi per approfondire ulteriormente le singole posizioni (ad esempio in merito alla posizione dell’amministratore del super condominio), ma si consiglia di rivolgersi ad un legale del posto per ogni opportuna iniziativa.


M. U. chiede
giovedì 04/04/2024
“Buonasera, vorrei sottoporre ai vostri esperti la seguente problematica.
Sono proprietaria di un immobile all’ interno di un villaggio dove per parecchi anni vi è stato un dipendente (ora in pensione dal 31/12/23 che identificheremo come A), assunto con qualifica di custode con alloggio ma che ha sempre svolto principalmente mansioni di giardiniere presso le proprietà private e manutentore (vascone raccolta acqua/depuratore ecc.). Già da parecchi anni aveva un aiutante (a tempo determinato che identificheremo B) che è stato poi assunto da maggio 2023 per sostituirlo (unica differenza senza alloggio).
Ora è stata convocata un’assemblea per il prossimo 12 aprile, con all’ordine del giorno:
1. l’assunzione (non si sa in che forma) di questo ex dipendente A che esce dalla porta e rientra dalla finestra paventando la “necessità di una persona esperta che conosce bene il villaggio”, ma secondo me con mansioni di custode per potergli riassegnare la casa/alloggio che utilizza per scopi personali.
Abbiamo sopportato parecchie situazioni difficili, contestando spesso le irregolarità ma pensavamo che con la pensione sarebbe finito l’incubo invece non è così. Questa persona A in tutti questi anni passati si presentava in assemblea con un numero di deleghe anche oltre i limiti previsti dal C.C., poiché la maggior parte dei proprietari vive fuori Sardegna. Ha sempre avuto la maggioranza dei millesimi in assemblea (a volte divisi con la moglie) dunque decideva su tutto, vantandosene pure.
Aveva carta bianca con gli amministratori per le spese e molto spesso abbiamo riscontrato irregolarità. Si occupava e lo fa tuttora di affittare alcune case, oltre a lavori di muratura, giardinaggio (con i mezzi del condominio di cui tutti paghiamo carburante e pezzi di ricambio). Inoltre lui e la moglie si occupavano del lavaggio della biancheria delle case affittate utilizzando luce e acqua della casa del custode. Nonostante gli sia stato intimato di lasciare la casa continua a occuparla sine titulo, sicuramente con l’ appoggio dell’amministratore.
Vorrei il vostro illustre parere in merito:
1) si può impedire la riassunzione di questa persona A? La maggioranza può imporcelo?
2) può il dipendente B assunto come custode senza alloggio svolgere l’attività prevalente di giardiniere (oltre a diversi altri lavoretti) quasi esclusivamente per la maggior parte del tempo presso proprietà private (solo in minima parte su parti condominiali) con esclusione della mia e altre cinque proprietà che però sono costrette ad accollarsi le spese.
Si ringrazia anticipatamente.”
Consulenza legale i 16/04/2024
Il principio generale previsto dal 1° comma dell’art.1137 del c.c. prevede che a fronte di una delibera assembleare regolarmente approvata dalla legge, la minoranza dissenziente debba sottostare alle decisioni prese dalla maggioranza. Ovviamente se l’iter per l’approvazione della delibera presenta delle irregolarità vi è la possibilità di impugnare quanto deciso entro i termini perentori indicati sempre dal medesimo art. 1137 del c.c.
Per dare quindi una prima risposta al quesito sub A) possiamo dire che, se la proposta di riassunzione raggiungerà le maggioranze previste dalla legge, la minoranza dovrà accettare la riassunzione di A, ovviamente a patto che la delibera non presenti una qualche violazione di legge. Per fare un esempio pratico è ovvio che, se A, o chi per lui, si presenterà in assemblea con un numero di deleghe che superano il limite previsto dall’art. 67 delle disp. att. c.c. (norma applicabile a condomini con più di venti partecipanti), vi sarebbero gli estremi per annullare per via giudiziaria la delibera che acconsente alla riassunzione del custode, a patto che l’impugnazione sia proposta tempestivamente.
La vicenda descritta tuttavia non può essere risolta solo dal punto di vista assembleare.

Il quesito infatti accenna a diversi comportamenti tenuti da A, pare con il beneplacito dell’organo amministrativo del complesso, che potrebbero anche costituire le basi per richiedere la revoca dell’amministratore e la sua sostituzione con un diverso soggetto nominato dal giudice, del tutto dissociato dall’ ex custode. Si fa riferimento in particolare: alla presenza di irregolarità nei bilanci condominiali, all’ utilizzo della casa del custode per fini estranei agli interessi comuni, il considerare come condominiali interventi di manutenzione fatti su proprietà esclusive di alcuni condomini, a quanto pare, compiacenti e, infine, il non vigilare adeguatamente sui lavoratori assunti dal condominio, ed in particolare sul loro rispetto da pare loro dell'obbligo di fedeltà previsto dall'art. 2105 del c.c. (sul punto si veda meglio la seconda parte del presente parere)

Tutti questi comportamenti potrebbero giustificare una richiesta di revoca dell’attuale amministratore, ma purtroppo il quesito non offre spunti sufficienti per poter approfondire meglio l’argomento in questa sede.

Per quanto riguarda il quesito sub. B è ovvio che tale soggetto in linea di massima è stato assunto per occuparsi delle parti comuni dell’edificio: nulla vieta che egli possa poi anche occuparsi di interventi di piccola manutenzione sulle proprietà degli altri condomini, ma il costo di tali lavori e i compensi dati a B non potranno essere inseriti nel bilancio del condominio e ripartiti tra tutti gli altri proprietari: una delibera che approvasse un bilancio così redatto sarebbe gravemente nulla e impugnabile davanti alla autorità giudiziaria in ogni tempo, anche a distanza di anni. Gli oneri attinenti alle parti in proprietà esclusiva dell’edificio devono essere infatti sopportati individualmente dai singoli condomini.

Vi è poi una questione sotto il profilo giuslavoristico.
Infatti, sia A che B, in quanto lavoratori subordinati, sono tenuti all’obbligo di fedeltà nei confronti del datore di lavoro, in questo caso il condominio.

L’obbligo di fedeltà del lavoratore ha come fonte principale l’art. 2105 cod. civ. che sancisce espressamente il divieto per il prestatore di lavoro di «trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio».
Ratio della norma è quella di tutelare l’interesse economico del datore di lavoro.

La portata dell’obbligo previsto dall’art. 2105 cod. civ. è stata ampliata dalla giurisprudenza di legittimità, fino a ricomprendere anche tutte quelle condotte «che, per la loro natura e le loro conseguenze, appaiono in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nella struttura e nella organizzazione dell’impresa o creano situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa stessa o sono idonei, comunque, a ledere il vincolo fiduciario del rapporto stesso» (Cfr. Cass sez. lav. 30/10/2017, n.25759; conforme: Trib. Milano n. 3221/2011).

La Cassazione, infatti, ritiene che il contenuto dell’obbligo di fedeltà del lavoratore non si limiti ai solo divieti espressamente sanciti dalla norma in esame, perché detta norma deve essere integrata con gli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono correttezza e buona fede anche nei comportamenti extra lavorativi.

Pertanto, sia A che B potranno svolgere i lavori di giardinaggio e simili sulle proprietà private al di fuori dell’orario di lavoro, come secondo lavoro, ma non potranno utilizzare i mezzi del condominio.

Infatti, utilizzando i mezzi del condominio per il loro secondo lavoro ledono di fatto gli interessi economici del condominio e, pertanto, vengono meno al loro obbligo di fedeltà.

In secondo luogo, sia A che B, devono svolgere le mansioni per le quali sono stati assunti. Per le mansioni specifiche si dovrà fare riferimento al CCNL applicato ed eventualmente ad ulteriori specificazioni contenute nel contratto individuale sottoscritto.

In generale, si tratterà presumibilmente di compiti che hanno a che fare con il condominio nella sua generalità, ma non con i singoli condomini.

Da un lato, svolgendo lavori per i singoli condomini durante l’orario di lavoro, sia A che B trascurano le mansioni per le quali sono stati assunti, rendendosi quindi inadempienti sia dal punto di vista contrattuale che disciplinare.

Dall’altro, vi è il rischio di un infortunio proprio mentre vengono svolti i lavori extra (ad esempio, mentre il custode si trova nel giardino di un condòmino per eseguire qualche lavoro): tale incidente non verrebbe coperto dall’assicurazione Inail, proprio perché al di fuori del luogo di lavoro, che è rappresentato dalla sua guardiola e dalle parti comuni del condominio.

Sia l’inadempimento delle mansioni, sia l’infedeltà del dipendente sono comportamenti che possono portare a sanzioni disciplinari e persino al licenziamento. Il lavoratore infedele è, peraltro, tenuto al risarcimento dei danni arrecati.

Naturalmente, si dovrà anche tenere conto delle direttive che sono state impartite. Infatti, nel caso in cui sia l’amministratore ad ordinare a B di svolgere i lavori di giardinaggio sulle proprietà private, o, addirittura, sia una delibera assembleare - per quanto illegittima - a prevedere tali mansioni, non si potrà imputare al custode la responsabilità. Infatti, B è tenuto a rispettare le direttive del datore di lavoro (rappresentato dall’amministratore di condominio). Il lavoratore può contestare che le mansioni affidate rientrino in quelle previste dal contratto. Tuttavia, il dipendente non può semplicemente rifiutarsi di eseguire la prestazione perché, a suo dire, le nuove mansioni sono illegittime: una condotta del genere sarebbe classificabile come insubordinazione e, quindi, passibile di licenziamento.


Anonimo chiede
venerdì 29/03/2024
“Buongiorno l’appartamento in cui vivo è di sola mia proprietà. Successivamente all’acquisto mi sono sposata e ho scelto la condivisione dei beni. L’invito alla partecipazione all’assemblea condominiale arriva da sempre a me ma in assemblea ci va da sempre mio marito ma senza delega da parte mia da. A me va benissimo sia lui a partecipare. Premetto che mio marito è stato per oltre 20 anni anche consigliere di condominio e ha fatto anche il presidente all’interno delle assemblee. Vengo al punto. Un condomino in disaccordo con le decisioni verbalizzate nell’ultima assemblea minaccia di impugnare il verbale e come ragione a cui appigliarsi dice che non è valida la riunione condominiale perché io sono la proprietaria e non mio marito quindi la riunione (56 famiglie coinvolte) non ha validità. Io non ho mai fatto deleghe per mio marito lui ha piena fiducia da parte mia. Questo condomino può impugnare il verbale?”
Consulenza legale i 03/04/2024
Il fatto che alla riunione abbia preso parte un soggetto che non era condomino e non munito di delega scritta da parte del proprietario potrebbe in teoria rappresentare una irregolarità della delibera assembleare: ma questo non deve destare preoccupazioni.

Innanzitutto, in caso di eventuali contestazioni da parte di condomini riottosi, tale irregolarità potrà essere repentinamente sanata ex post nel momento in cui l’autrice del quesito e condomina del palazzo per mezzo di due brevi righe scritte proceda a ratificare l’operato del marito, in forza di quanto previsto dall’ art. 1399 del c.c.
.
Inoltre, vi è da dire che eventuali vizi o mancanze di deleghe costituiscono una possibile causa di annullabilità della delibera assembleare ma l’impugnazione dovrà essere comunque proposta entro il rigido termine perentorio previsto dall’art. 1137 del c.c., decorso il quale ogni vizio viene irrimediabilmente sanato. Ad ogni modo, come già detto, nel caso in cui verranno proposte eventuali contestazioni alle delibere pregresse esse potranno facilmente essere respinte al mittente presentando due righe di ratifica.


A. B. chiede
lunedì 27/03/2023
“La domanda riguarda la ripartizione del costo dell'ATP
Si esegue un ATP su delibera condominiale per vedere di sbloccare una situazione di impass che riguarda la mancata manutenzione del tetto di competenza condominiale, decisa dall'intero condominio già molti anni fa. Cio' che blocca i lavori è una questione di carattere privato, il mancato accordo tra i tre proprietari, i cui locali verrebbero ad essere ingombrati dal cantiere, circa la modalità dell'intervento sul solaio di sottotetto assolutamente necessario per renderlo idoneo a sostenere il cantiere del tetto essendo allo stato attuale non calpestabile. Il solaio è di interpiano tra di sopra due ambienti privati di sottotetto (inabitabili senza consistenza nè reddito da rogito) di proprieta' di due condomini diversi e di sotto in proiezione l'appartamento abitato dalla terza proprietà.
Nell'ATP il legale incaricato (c'è da dire che anche i tre proprietari citati sono stati favorevoli al procedimento ed all'incarico a detto legale) indica il condominio in contradditorio con i tre condomini, i quali per anni hanno rifiutato le soluzioni tecnico progettuali di quattro ingegneri, incaricati sempre da tutti i condomini, perchè se una soluzione poteva essere accettata da un parte , l'altra parte si considerava danneggiata ed evidenzia anche come perdurando l'impossibilità di operare sul tetto data la precarietà delle strutture il condominio sia costretto a ricorrere ad una esecuzione coatta. Convengono in tribunale ( .. sezione.. nella causa civile..) le parti: Il Condominio Attore, le tre proprietà Convenuti .
Poi il proprietario di un ambiente di sottotetto lo vende al condomino sottostante, il quale diventando proprietario di sopra e sotto si rende disponibile a fare direttamente (eccetto la parte che compete al condominio) l'intervento al solaio per la parte che lo riguarda. Rimandono due proprietà sopra e sotto in proiezione a dover accordarsi sul solaio da rifare o da rinforzare.
Nella 1a udienza in tribunale il giudice rilevata l'ammissibilità del procedimento e dato l'incarico al CTU, assegna un fondo spese di € 1.000 per metà a carico del condominio RICORRENTE e l'altra metà divisa tra i due condomini rimasti CONVENUTI
In un'altra udienza nella quale compaiono il Condominio Ricorrente CONTRO i due Condomini Convenuti il giudice chiede un altro fondo spese da porre a carico del ricorrente condominio.
L'ATP si cinclude, il giudice stabilisce la liquidazione dell'onorario del CTU a carico della parte ricorrente pari ad € 7.000.
DOMANDE
1) Il legale che ha presentato il ricorso sostiene che ricorrente tutto il condominio, poichè trattasi di un procedimento amministrativo svolto a beneficio di tutti avendo poi anche i tre condomini espresso voto favorevole sia al procedimento che alla nomina del legale tutti dovrebbero pagare, poi che si indichi in udienza la terminologia " RICORRENTE , CONTRO, CONVENUTI" è una prassi. Non sono d'accordo le tre proprietà 2) La proprietà che ha venduto il suo sottotetto partecipa alla spesa ? 3) Il CTU per espletare il suo incarico è stato assistito da una impresa edile che ha prodotto un costo ( quindi extra il compenso del CTU) come va ripartita tale spesa? 4) Sempre nel sottotetto, come si è detto privato, è stato necessario rimuovere una certa quantità di pietriccio, messo sicuramente dai proprietari attuali o passati, chi deve pagare tale sgombero? Le proprietà interessate sostengono che in casa loro possono mettere cio' che vogliono, lo sgombero si è reso necessario per fare i rilievi del CTU. 5) Chi paga l'onorario del legale che ha fatto il ricorso dell'ATP?”
Consulenza legale i 13/04/2023
Con ogni probabilità nell’ambito della vicenda descritta si è deciso di fare ricorso al procedimento di cui all’art 696bis c.p.c., comunemente anche detto ATP conciliativo. Con tale strumento le parti decidono di richiedere al giudice la nomina di un consulente tecnico affinchè costui da una parte determini il credito dovuto per la mancata esecuzione di obblighi contrattuali o per un fatto illecito, e dall’altro, prima del deposito della relazione peritale tenti la conciliazione della lite.
Tale strumento è particolarmente utile in ambito condominiale quando vi sia la necessità di accertare, come nel caso specifico, difetti strutturali o danni causati ad una parte comune dell’edificio, poiché dà la possibilità di ottenere immediatamente, senza attendere le lungaggini di un processo ordinario, la nomina di un consulente tecnico. Il consulente potrà quindi accertare immediatamente lo stato in cui versa la parte comune, le cause di eventuali vizi di cui affetta e, soprattutto, i costi per una rimessa in pristino del bene.

Nel caso specifico pare che buona parte del condominio, compreso i tre proprietari dei locali sottotetto abbiano prestato il loro consenso in assemblea all’espletamento della procedura di ATP e a dare incarico ad un legale affinché assistesse il condominio nel portare avanti la vicenda.
Anche se da un punto di vista pratico l’ATP è stata promossa nell’interesse di tutti i proprietari, un procedimento giudiziario, deve essere sempre promosso da una parte detta "attrice" contro un'altra parte detta "convenuta". Può capitare in alcuni casi però, e nel caso specifico è avvenuto proprio questo, che la parte convenuta non sia contraria alla iniziativa giudiziaria e magari tenga un comportamento processuale ed extraprocessuale teso ad agevolare la parte attrice e non ad ostacolarla. I tre proprietari convenuti ad esempio hanno espresso voto favorevole in assemblea e non si sono neppure preoccupati di costituirsi in giudizio con un loro legale di fiducia, rimanendo con ogni probabilità formalmente contumaci.

Si dice questo sostanzialmente per concordare con le conclusioni del legale nominato dal condominio. Posto, infatti, che il giudice ha accollato le spese di procedimento al condominio nella sua interezza, e l’assemblea ha regolarmente deliberato di promuovere il giudizio, tutti i condomini che ne fanno parte e che con il loro voto favorevole hanno voluto l’ATP devono partecipare al pagamento delle spese conseguenti, e questo in virtù del principio della obbligatorietà delle delibere condominiali di cui al co. 1° dell’art.1137 del c.c. Questo vale anche per i tre condomini convenuti, che in realtà, come si è già detto, convenuti non sono, ma sono sostanzialmente attori assieme agli altri proprietari poiché anche grazie al loro voto favorevole si è giunti all’instaurazione della procedura di ATP.

La cosa sarebbe stata differente nel solo caso in cui qualche proprietario avesse manifestato il suo dissenso nelle modalità previste dall’art. 1132 del c.c.. In questo caso, in parziale deroga a quanto dispone il 1° co. dell’art.1137 del c.c., sarebbe stato possibile separare i destini processuali del condominio dissenziente dal gruppo di proprietari che hanno promosso la lite, ma questo non pare essere avvenuto nel caso specifico.

Ovviamente quanto detto finora non vale solo per le spese direttamente liquidate dal giudice, ma anche per tutti i costi che si sono resi necessari per far si che il perito portasse a termine il suo lavoro. Devono quindi essere sopportate dalla intera compagine condominiale: la parcella del legale che ha prestato la propria opera a favore del condominio, le spese della impresa edile che ha assistito il CTU e le spese di rimozione del pietriccio.
Salvo diversa convenzione tra i condomini, tutti questi costi dovranno essere suddivisi tra tutti i proprietari ai sensi del 1° co. dell'art. 1123 del c.c. utilizzando la tabella dei millesimi generali.
Prima di concludere è necessario soffermarsi un attimo in merito alle spese di sgombero del pietriccio.

Come già si è accennato, il 1°co. dell’art. 1137 del c.c. dispone che le delibere condominiali regolarmente approvate a norma di legge sono obbligatorie per tutti i condomini e devono quindi essere da essi osservate e rispettate.
La presenza di calcinacci nei sottotetti di proprietà di tre condomini si pone in contrasto con tale principio, in quanto ha parzialmente ostacolato il lavoro del perito che loro stessi hanno contribuito a nominare. Per tale motivo il condominio seppur in un primo momento deve sostenere di tasca propria le spese necessarie per la rimozione di tali materiali, avrebbe comunque titolo per pretendere il rimborso di quanto sostenuto dai tre proprietari dei locali sottotetto.


R. C. chiede
sabato 17/09/2022 - Lombardia
“Buongiorno, sottopongo il mio problema:
Nella prossima assemblea del mio condominio (otto condomini) si definirà se accettare o meno i lavori del cappotto esterno del palazzo aderendo alla Legge 110.
Il condominio pare in regola per iniziare detti lavori, manca solo il documento (copia del mio rogito di compravendita) che comproverebbe che anche la mia mansarda (65 mq.) è in regola, l’unico documento, a detta loro, mancante per dare il via ai lavori della 110, che io, contrario ai tanti rischi della 110, non intendo esibire, abortendo, di fatto, i lavori della 110 nel condominio.
La domanda: chi si occupa della pratica può accedere in qualche modo alla copia del mio rogito, scavalcandomi? In caso di forzatura posso oppormi o impugnare il modo in cui sono entrati in possesso della pratica?”
Consulenza legale i 20/09/2022
I repertori di qualsiasi notaio sono pubblici e quindi ciascun cittadino può accedervi per estrarre copia degli atti ivi contenuti: anzi, come ben chiarisce lo stesso art. 743 del c.p.c., il notaio è obbligato su richiesta a rilasciare copia dei suoi rogiti.
Si precisa, inoltre, che se i lavori sono stati regolarmente approvati trova applicazione l’importante principio racchiuso nel 1° co. dell’art. 1137 del c.c.: le deliberazioni prese dalla assemblea norma di legge sono obbligatorie per tutti i condomini. Quindi, qualsiasi comportamento teso ad ostacolare l’esecuzione da parte dell’amministratore delle decisioni prese dalla assemblea è contrario alla legge.

In casi estremi, l’amministratore potrebbe citarla in giudizio al fine di chiedere al giudice un provvedimento per costringerla a cessare ogni comportamento ostruzionistico con condanna al risarcimento del danno e alle spese processuali.


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