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Articolo 1172 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Denunzia di danno temuto

Dispositivo dell'art. 1172 Codice Civile

Il proprietario [832], il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all'autorità giudiziariae ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo(1)(2).

L'autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea garanzia per i danni eventuali [1179](3).

Note

(1) Tale azione è esperibile in forza del presupposto del pericolo di un danno futuro derivante da una situazione pericolosa legata ad un immobile, un albero od un'altra cosa inanimata purché il danno minacciato sia grave, tale cioè, da compromettere in modo irreversibile la cosa in pericolo, e prossimo, potendosi, cioè, verificare in un qualsiasi momento. A parere di alcuni, diverso e necessario presupposto dell'azione consiste nell'antigiuridicità del comportamento del denunciato, e quindi, nella colpa dello stesso soggetto.
(2) Non sono stabiliti in tale ipotesi termini di decadenza (a differenza di quanto dispone l'art. 1171 del c.c.).
(3) Il secondo comma dell'articolo 1171 dispone che l'autorità giudiziaria ordini le "opportune cautele".

Ratio Legis

L'azione di denunzia di danno temuto è esperibile qualora, dall'inottemperanza ad un obbligo che si doveva osservare, cioè, da un comportamento omissivo, avente ad oggetto la eliminazione di una situazione pericolosa per il bene oggetto del diritto reale o del possesso altrui, possa derivare un danno grave. In tale ipotesi, il denunciante può ricevere dal giudice provvedimenti atti alla rimozione della situazione pericolosa, ed, in tale sede, il giudice ha poteri più estesi di quanti non ne abbia ai sensi dell'art. 1171. Mentre in quella ipotesi, egli non può ordinare, infatti, la demolizione delle opere, in via di realizzazione, se non per le parti ultimate successivamente all'ordinanza di sospensione dei lavori, nel caso in questione può ordinare la demolizione di quanto provochi pericolo alla cosa sulla quale il denunciante vanti il diritto od eserciti il possesso.

Brocardi

Cautio damni infecti
Damnum infectum
Damnum infectum est damnum nondum factum, quod futurum veremur
Feci, sed iure feci

Spiegazione dell'art. 1172 Codice Civile

Legittimazione attiva

Anche con riferimento a questa azione è stato precisato che essa compete, oltre che al possessore, al titolare del diritto ed inoltre che essa spetta solo nell'ambito dei diritti reali di godimento.


Cauzione

Il capoverso dell'articolo è stato poi opportunamente redatto in modo da consentire che l'obbligo della cauzione possa venire imposto anche in aggiunta ai provvedimenti per ovviare al pericolo e non solo alternativamente con essi, come sembrava doversi argomentare dalla lettera dell'articolo 699 codice del 1865.


Termine entro il quale l'azione può essere proposta

A differenza della denuncia di nuova opera, quella di danno temuto può proporsi anche dopo l’anno, non essendo stabilito alcun termine di decadenza, e, per di più, secondo il nuovo sistema anche dopo l’anno essa era di competenza del pretore (art. 8 del c.p.c., ora abrogato, che non ripeteva più la limitazione dell’art. 82 del vecchio c.p.c.)


Presupposti per la proponibilità dell'azione

I presupposti per la proponibilità dell’azione (pericolo di danno da cosa a cosa, ragionevole timore, gravità e prossimità ci esso) non richiedono illustrazione.

L’articolo in esame non distingue tra il caso in cui la situazione di pericolo sia prodotta dal fatto dell’uomo e quello in cui essa invece derivi dalla cosa in sé o da cause naturali: è però evidente che in quest’ultima ipotesi il giudice si limiterà a dare i provvedimenti per ovviare il pericolo, ma non disporrà la prestazione di alcuna cauzione.

Circa la ragionevolezza del timore, è da ripetere quanto già rilevato con riferimento alla denuncia di nuova opera: si tratta di un concetto relativo ed apprezzabile dal giudice secondo le circostanze, cioè con criteri discrezionali più che non rigorosamente tecnici.

Che poi si richieda il pericolo di un danno grave e prossimo, mentre la denuncia di nuova opera compete anche di fronte alla possibilità di danno lieve e non prossimo, si spiega ove si ponga mente alla diversità delle situazioni cui si riferiscono l’uno e l’altro rimedio.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

553 Queste due azioni trovavano nel codice del 1865 la loro disciplina sotto il titolo del possesso; ma la collocazione era impropria, trattandosi di azioni cautelari o assicurative, che possono essere esercitate così a tutela del possesso come a tutela della proprietà o di altro diritto reale di godimento. Data l'impossibilità di ricondurle sotto altro titolo, ho regolato le due azioni sotto un titolo autonomo. Salvo alcuni emendamenti di forma, rimane immutata nell'art. 1171 del c.c. e nell'art. 1172 del c.c. la disciplina dettata dagli articoli 698 e 699 del codice anteriore.

Massime relative all'art. 1172 Codice Civile

Cass. civ. n. 30009/2019

In tema di azioni di nunciazione nei confronti della pubblica amministrazione, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario qualora il "petitum" sostanziale della domanda si fondi sulla tutela di un diritto soggettivo e non coinvolga la contestazione della legittimità di atti o provvedimenti ricollegabili all'esercizio di poteri discrezionali spettanti alla pubblica amministrazione; pertanto, quando fonte del danno siano il "se" o il "come" dell'opera progettata, e non le sole sue concrete modalità esecutive, la "causa petendi" involge un comportamento della pubblica amministrazione (o di chi per essa ha agito) che si traduce in manifestazione del potere autoritativo di quella - qualificandosi necessario, per le sue caratteristiche in relazione all'oggetto del potere, al raggiungimento del risultato da perseguire e non già meramente occasionato dall'esercizio del potere medesimo - e sussiste allora la giurisdizione del giudice amministrativo sulle pretese del privato basate sull'illegittimità dell'azione pubblica.

Cass. civ. n. 21491/2018

In tema di azioni di nunciazione, il procedimento cautelare termina con l'ordinanza di accoglimento o rigetto del giudice monocratico o del collegio in caso di reclamo, mentre il successivo processo di cognizione richiede un'autonoma domanda di merito. Il processo di cognizione che si svolga in difetto dell'atto propulsivo di parte, a causa dell'erronea fissazione giudiziale di un'udienza successiva all'ordinanza cautelare, è affetto da nullità assoluta per violazione del principio della domanda, rilevabile d'ufficio dal giudice e non sanata dall'instaurarsi del contraddittorio tra le parti.

Cass. civ. n. 21301/2016

In considerazione della struttura unica, ancorché bifasica, dei procedimenti nunciatori, le domande possessorie di merito proposte oltre il termine annuale fissato ex artt. 1168 e 1170 c.c. non sono soggette alla decadenza prevista da tali norme, alla duplice condizione che l'interessato, che abbia agito ai sensi degli artt. 1171 o 1172 c.c., abbia tempestivamente chiesto, in quella sede, l'adozione di provvedimenti provvisori e le successive domande possessorie concernano la medesima lesione del possesso trattata con la denuncia di nuova opera o con quella di danno temuto; tanto, ancorché il giudice, nel definire il solo procedimento nunciatorio, manchi di rinviare la causa per il merito possessorio e quest'ultimo costituisca oggetto di un procedimento successivamente introdotto ad iniziativa di chi lamenti lo spoglio o la turbativa del possesso. (Fattispecie successiva alla l.n. 353 del 1990).

Cass. civ. n. 5336/2016

Nell'azione di danno temuto è legittimato passivo, non solo, il titolare del diritto reale, ma anche il possessore e colui che, in ogni caso, abbia la disponibilità del bene da cui si assume che derivi la situazione di pericolo di danno grave, in quanto l'obbligo di custodia e manutenzione sussiste in ragione dell'effettivo potere fisico sulla cosa.

Cass. civ. n. 1778/2007

In tema di azioni di nunciazione, la denunzia di danno temuto non presuppone l'esclusiva altruità della cosa da cui deriva il pericolo, giacché diversamente da quanto dall'art. 1171 c.c. previsto con il fare riferimento all'opera da «altri» intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, per l'ipotesi della nuova opera l'art. 1172 c.c. indica espressamente quale fonte generatrice di danno «qualsiasi edificio, albero o altra cosa» in tale generica formulazione dovendo pertanto ritenersi compresa anche la cosa di cui è comproprietario l'istante, che non sia in grado di ovviarvi autonomamente, giacché anche in tal caso risulta integrato il «rapporto tra cosa e cosa» che ne costituisce il presupposto essenziale.

In tema di danno temuto, il pericolo di danno alla salute, ai fini dell'ammissibilità dell'istanza cautelare ex art. 1172 c.c., non assume rilievo caratterizzante ed esclusivo ove tale pericolo costituisca conseguenza della menomazione delle facoltà di godimento pieno ed esclusivo della cosa in proprietà. (Nel pronunziare in merito alla domanda di tutela cautelare proposta in presenza di una situazione per cui il bagno dell'istante risultava invaso dai rigurgiti della fognatura, e nell'escludere che fosse stata nel caso richiesta la tutela del solo diritto alla salute, di per sé estraneo alla proposta azione nunciatoria, la S.C. ha enunziato il principio di cui in massima).

Cass. civ. n. 10282/2004

In tema di azioni di nunciazione, la condizione dell'azione di danno temuto non deve individuarsi in un danno certo o già verificatosi, bensì anche nel (solo) ragionevole pericolo che il danno si verifichi.

Nel procedimento di denuncia di nuova opera e di danno temuto, la fase cautelare e quella, successiva, di merito, sono, tra loro, del tutto autonome, sicché le valutazioni correttamente compiute in sede di convalida della misura cautelare non possono, sic et simpliciter legittimamente porsi a fondamento della decisione della fase di merito, necessitando, per converso, in quella sede, una valutazione affatto completa ed esaustiva di ogni tema di giudizio introdotto dalle parti, ivi inclusa, ovviamente, quella relativa alla situazione di fatto addotta a fondamento della richiesta introduttiva del giudizio, onde regolare definitivamente il rapporto tra soggetto autore della situazione di pericolo e soggetto esposto alla stessa (l'uno e l'altro nella qualità di titolari di diritti reali sui due fondi confinanti), sulla base della effettiva entità di quel pericolo, della individuazione dell'intervento idoneo ad eliminarlo, della definitiva identificazione dell'onerato all'intervento e della misura di tale onere.

Cass. civ. n. 14561/2001

In tema di denuncia dei danno tenuto, i provvedimenti temporanei ed urgenti di natura cautelare assunti ai sensi dell'art. 1172 c.c. caratterizzano ed esauriscono la fase cautelare del procedimento cui dà luogo il ricorso del denunciante, mentre del tutto distinto ed autonomo rimane, rispetto ad essa, il successivo giudizio di merito a cognizione piena diretto ad accertare l'esistenza del diritto per la cui tutela erano stati chiesti quei provvedimenti. Pertanto, in caso di azione proposta a tutela del possesso, il giudizio di merito successivo alla chiusura della fase cautelare del procedimento ha ad oggetto la verifica della ricorrenza dell'effettiva esistenza del pericolo di danno, della sua riconducibilità al comportamento del denunciato e dell'illiceità di tale comportamento, sicché, ricorrendo siffatti elementi, i provvedimenti emessi con sentenza a chiusura del giudizio di merito non rilevano di per sé ma in funzione della effettiva e piena tutela della situazione di possesso invocata. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto, con accertamento di fatto congruamente motivato, che la tutela del possesso non avrebbe potuto essere realizzata se non mediante la realizzazione di complesse ed articolate opere sugli immobili dei denuncianti, indispensabili a consentire l'effettivo ripristino della relazione di possesso intercorrente tra i medesimi e i loro beni, disponendo a tale stregua opere di rifacimento e di consolidamento riguardanti direttamente tali immobili, ravvisate necessarie a garantire, nel giudizio di merito, la tutela possessoria invocata).

Cass. civ. n. 10403/2001

La denuncia di danno temuto ex art. 1172 c.c., prevista nel titolo IX del libro III del codice civile, proponibile dal proprietario, dal titolare di altro diritto reale di godimento o dal possessore, il quale abbia ragione di temere che da qualsiasi edificio albero o altra cosa derivi pericolo di grave danno al bene che forma oggetto del suo diritto o del suo possesso, al fine di ottenere, secondo le circostanze, dall'autorità giudiziaria che si provveda per ovviare il pericolo, è istituto diverso dall'azione ex art. 1170, contemplata nel precedente titolo VIII dello stesso codice, ed in virtù della quale che è molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di una universalità di mobili può chiedere la manutenzione del possesso medesimo; detta diversità si riverbera anche sui termini entro i quali le rispettive azioni possono essere esercitate: la prima entro l'ordinario termine prescrizionale di cui all'art. 2946 c.c., mentre per l'azione di manutenzione il termine previsto è di un anno dalla turbativa.

Cass. civ. n. 345/2001

Ai fini dell'azione di «danno temuto», l'obbligo di rimuovere la situazione di pericolo di danno, grave e prossimo, incombe su colui che abbia la proprietà, il possesso o comunque la disponibilità della cosa (edificio, albero, o altra cosa inanimata sul fondo) dalla quale promana la minaccia di danno per la proprietà (o altro diritto reale) o per il possesso di colui che denunci la situazione di pericolo.

Cass. civ. n. 11221/1997

Qualora la fase sommaria del giudizio di nunciazione si chiuda con un provvedimento di rimessione delle parti dinanzi al tribunale, quale giudice competente per valore, il contenuto ed i limiti della domanda di merito vanno determinati con esclusivo riferimento all'atto di citazione in riassunzione, senza tener conto della causa petendi - eventualmente diversa - adombrata nella fase sommaria.

Cass. civ. n. 9783/1997

Poiché l'azione di danno temuto (art. 1172 c.c.) postula un rapporto di cosa a cosa — nel senso che il fondo altrui deve costituire pericolo per quello proprio — è improponibile da colui che l'esperisce a tutela di un suo diritto personale (nella specie all'incolumità fisica, prospettata dagli utenti di una strada, di cui veniva denunciata la pericolosità per l'eccessiva pendenza, dovuta all'arbitraria modifica del tracciato precedente).

Cass. civ. n. 1237/1989

Poiché l'azione di danno temuto (art. 1772 c.c.) postula un rapporto tra cosa e cosa da cui possa derivare danno, mentre quella di denunzia di nuova opera (art. 1171 c.c.) presuppone una attività posta in essere sulla cosa propria o altrui, deve ritenersi che ricorra l'ipotesi di danno temuto quando da parte del ricorrente si assuma che da un'opera eseguita sull'altrui proprietà possa derivare danno al proprio fondo, non in considerazione dell'attività in sé posta in essere, bensì per il pericolo di danno cui soggiace il fondo in conseguenza della situazione determinatasi per effetto dell'opera portata a compimento.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1172 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

C. M. chiede
lunedì 30/09/2024
“Buongiorno,
ecco il tema :
parte del tetto del mio vicino di casa finisce contro la parete della mia abitazione. le rispettive abitazioni si trovano in una via in centro paese dove le case sono una conseguente all'altra senza soluzione di continuità.
Il tetto del vicino è più basso del mio e quindi usufruisce, in parte, della copertura della parte spiovente del mio tetto.
Questa parte di tetto del mio vicino (che si appoggia contro la parete di casa mia) è frequentata da un notevole gruppo di piccioni che creano abbondante sporcizia e guano che non è mai stato oggetto di pulizia. Il tetto del vicino, purtroppo, si trova adiacente al mio balcone e per di più a pari altezza del balcone stesso. Questa vicinanza estende al mio balcone tutte le conseguenze derivanti dalla presenza costante e continuativa del guano e cioè il rischio sanitario derivante dalla presenza di parassiti e possibili patogeni. In più occasioni, infatti, abbiamo trovato sul balcone numerose larve provenienti inequivocabilmente dal tetto inquinato del vicino.
Secondo il mio vicino tutti i problemi del guano sulla sua porzione di tetto derivano dal fatto che i piccioni si posizionano sulla mia grondaia e sporcano la superficie sottostante che, per l'appunto, è il suo tetto stesso.
Ora, io ritengo che quanto sopra possa anche avvenire ma non credo che tutto il problema possa essere ricondotto solamente alla mia grondaia vista l'ampia superficie coperta dal guano ( tre/ quattro metri quadri). Ritengo infatti che i piccioni abbiano eletto quella porzione di tetto del mio vicino come spazio di loro dimora e rifugio. Si consideri il fatto che naturalmente io sono disponibile ad intervenire, tramite professionisti, nel porre dei dissuasori sul mio tetto per le competenze che mi competono.


Ora le domande che pongo sono :
1) come convincere il mio vicino a pulire e sanificare la superficie del suo tetto inquinata e ad installare eventuali dissuasori meccanici contro la presenza futura dei piccioni ? ( Circa tre/quattro metri quadri ).
2) A quale ente pubblico (ASL, comune, ecc..) segnalare il rischio sanitario se il mio vicino non volesse (come credo) provvedere in merito ?
3) Se il guano sul tetto del mio vicino derivasse, come ritiene lui, unicamente dalla presenza dei piccioni sulla mia grondaia, posso "pretendere" ugualmente il suo intervento volto alla pulizia e sanificazione del suo tetto ?
Cordiali saluti

Consulenza legale i 14/10/2024
Sotto un profilo civilistico, in relazione ai quesiti sub 1 e 3, si rileva quanto segue.
Indipendentemente da quali siano i motivi per cui il tetto del vicino è sempre sporco di guano, su di esso vige un obbligo di custodia ai sensi dell’art. 2051 del c.c. per cui il proprietario è tenuto a rispondere degli eventuali danni causati dal proprio bene, nel caso di specie il proprio tetto.

Ciò significa che il proprietario del tetto sporco ed inquinato dovrà rispondere dei danni subiti dal vicino e intraprendere tutte le strategie possibili per evitare che questa situazione dannosa si protragga.

Poiché però sembra che al momento danni non ce ne siano stati, colui che rischia di subire un danno alla sua proprietà, può intraprendere un’azione per danno tenuto ai sensi dell’art. 1172 c.c. in modo da ottenere una pronuncia che obblighi il vicino ad intervenire per ovviare al pericolo.
La presenza di questa sporcizia implica che il proprietario non possa godere pienamente del proprio balcone e che sussista un pericolo per la propria salute.
La giurisprudenza ha ritenuto che questo pericolo di danno “pur non costituendo condizione caratterizzante e esclusiva per l'ammissibilità dell'istanza cautelare ex art. 1172 c.c. rileva come conseguenza mediata della menomazione delle facoltà di godimento pieno ed esclusivo del diritto di proprietà la cui compromissione giustifica il ricorso all'azione di nunciazione”. (Cass. civ. n. 1778/2007).
La compromissione del proprio diritto di proprietà e del rischio per la propria salute giustificherebbe dunque un’azione per danno temuto come sopra descritta.

In risposta alla domanda sub 2, è possibile presentare un esposto all’ASL competente per territorio per segnalare la scarsa igiene e il rischio sanitario connesso alla presenza di guano sul tetto del suo vicino. La denuncia all’ASL deve essere fatta per iscritto e deve contenere una descrizione circostanziata della situazione per la quale si chiede l’intervento. Successivamente al ricevimento, l’ASL, se ritiene fondata la denuncia, effettuerà un sopralluogo per verificare la situazione e, di concerto con le altre autorità eventualmente coinvolte, anche di polizia, adotterà i provvedimenti necessari per la disinfestazione.

Analogamente si potrebbe effettuare una segnalazione al Comune illustrando la situazione e chiedendone per ordinare la disinfestazione dell’area: a tal proposito si segnala che tra i poteri astrattamente esercitabili dal Sindaco vi è quello previsto dall’art. 50 del T.U.E.L. che consente a quest’ultimo di adottare ordinanza contingibili ed urgenti “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica”. In questo caso, però, si noti che la presenza di guano dovrebbe essere tale da costituire un pericolo per la salute propriamente "pubblica" intesa come collettiva e non solo del singolo soggetto.

A.A. chiede
lunedì 19/08/2024
“Buongiorno.
Cercherò di spiegare nel modo più chiaro possibile la situazione.
Abito in una casetta accostata a forma di L rovesciata verticalmente il cui cortile va a completare lo spazio di questa L facendola diventare sostanzialmente un rettangolo.
Sul lato corto di questa L, il confine con la casa del vicino segue il confine del cortile fino a circa la metà, dopodiché è presente un muretto che arriva a completare il predetto rettangolo.
Il muro della casa del vicino è irregolare e, soprattutto, presenta delle sporgenze sulla base (ad un'altezza non superiore al mezzo metro) dovute anche ad una vecchia costruzione insistente sul mio cortile, probabilmente abusiva, rimossa prima dell'acquisto da parte mia di questa proprietà. Queste sporgenze, in linea d'aria, tracciando la linea del confine, vanno ad insistere sulla mia proprietà e arrecano pericolo in quanto più volte io e i miei familiari le abbiamo colpite con le gambe.
La domanda è questa: Posso eliminare queste sporgenze facendo diventare il muro della casa del vicino dritto e a filo con il mio cortile (ripristinando ovviamente a mie spese l'eventuale parte di intonaco danneggiata dai lavori) o senza il suo permesso devo tenermi il tutto così com'è?
Grazie”
Consulenza legale i 21/08/2024
Va premesso che, pur essendo la descrizione dei luoghi contenuta nel quesito piuttosto dettagliata, permangono comunque alcuni dubbi, non essendo del tutto chiare né la natura e la conformazione delle “sporgenze” che si vorrebbero eliminare, né la tipologia e l’entità dei lavori necessari per la loro rimozione.
Ad ogni modo, se il muro di cui trattasi è di proprietà del vicino, non è consigliabile intervenire sul manufatto altrui senza il consenso, se non addirittura contro la volontà, del proprietario.
Chiaramente, però, se la presenza delle citate sporgenze crea un pericolo per chi transita nel cortile o, quanto meno, ne pregiudica la libera fruizione, il proprietario del predetto cortile avrà diritto di chiedere l’eliminazione delle sporgenze medesime, ove necessario ricorrendo al giudice (anche se la strada auspicabile è sempre quella dell’accordo, tanto più che chi pone il quesito si offre di sostenere i relativi costi).
Infatti l’art. 1172 c.c. - che disciplina la denuncia di danno temuto - prevede che "il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo”.
Peraltro, la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. II, sentenza 29/01/2007, n. 1778) ha affermato che “in tema di danno temuto, il pericolo di danno alla salute, ai fini dell'ammissibilità dell'istanza cautelare ex art. 1172 c.c., non assume rilievo caratterizzante ed esclusivo ove tale pericolo costituisca conseguenza della menomazione delle facoltà di godimento pieno ed esclusivo della cosa in proprietà”. In effetti le sporgenze di cui si parla potrebbero comportare una limitazione nel godimento del cortile, oltre che un pericolo per l’integrità fisica. Tuttavia, trattandosi di azione cautelare, i presupposti andranno valutati con particolare attenzione.

D. G. chiede
venerdì 28/04/2023
“Buongiorno,

ho di recente acquistato una porzione di villetta bifamiliare e mi ritrovo come vicino un'azienda adibita a magazzino di materiale edile, la quale tiene una scaffalatura che utilizzano come stoccaggio merce attaccata al muretto di mia proprietà.
Il problema consiste nel fatto che la scaffalatura è nettamente più alta del mio muretto e nella parte superiore tiene del materiale edile (esempio: bancali ti tegole) non fisse. Chiedo se l'attività possa tenere quella tipologia di materiale pericolante così vicino e così in alto, ho paura che alla prima folata di vento possa finirmi in casa o addosso a qualcuno.”
Consulenza legale i 05/05/2023
Il codice civile all’art. 890 del c.c. prescrive che i materiali pericolosi o i macchinari che possono essere fonte di un pericolo di danni, devono essere posti alla distanza prevista dai regolamenti o, in mancanza, a quella necessaria per preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza.

Sebbene questo sia il riferimento normativo più calzante alla fattispecie, è piuttosto dubbia la sua applicabilità.
La ratio legis della norma, infatti, è quella di tutelare la proprietà dal nuovo posizionamento di materiali o dalla nuova costruzione di macchinari potenzialmente pericolosi nel fondo vicino.
Nel caso di specie, invece, la fabbrica pare sussistere già da tempo ed è il nuovo vicino che si pone il problema della sicurezza o meno dei bancali di tegole poste al di sopra del muro che divide le due proprietà.
Inoltre, non si ha notizia di decisioni giurisprudenziali che considerano i bancali di tegole come rientranti nella categoria di "impianto" che può far sorgere un pericolo di danno.

L’unica azione civilistica che si potrebbe intraprendere per tutelare la propria proprietà, è la denuncia di danno temuto ai sensi dell’art. 1172 c.c.
Con questa azione di tipo cautelare il proprietario può chiedere all’autorità giudiziaria di prendere i provvedimenti necessari per ovviare al pericolo di danno grave e prossimo che può derivare al bene oggetto del proprio diritto, da parte di qualsiasi cosa lo sovrasti.
L’analisi sulla pericolosità o meno del posizionamento dei bancali per il fondo vicino, dovrà poi essere eseguita in concreto.
Prima di intraprendere una determinata azione, quindi, si consiglia di rivolgersi ad un legale e ad un tecnico che possano valutare se ci sono gli estremi per intraprendere questo giudizio con discrete possibilità di successo.


A.M. chiede
sabato 23/10/2021 - Veneto
“Buongiorno,

I miei vicini, per delimitare la loro proprietà, hanno costruito una staccionata pericolante con bancali di legno, assi di legno e pezzi di ferro.. il tutto sembra molto pericolante.
Ci sono gli estremi per una denuncia atta a verificare la correttezza idoneità della staccionata e, nel caso di mancata idoneità, obbligarli a toglierla per costruirne una a norma di legge?

Grazie”
Consulenza legale i 29/10/2021
Va premesso che nel caso di manufatti realizzati su un fondo, tali da costituire un pericolo per il fondo vicino, il codice civile prevede, con presupposti diversi, la denuncia di nuova opera (art. 1171 c.c.) - la quale, in particolare, postula che l’opera non sia iniziata da oltre un anno e non sia stata terminata - e la denuncia di danno temuto (art. 1172 c.c.). Si tratta di procedimenti cautelari, in cui il giudice può dettare i provvedimenti necessari per l’eliminazione del pericolo in tempi più brevi di quelli necessari per una causa ordinaria.
Tuttavia, nel nostro caso potrebbe risultare sufficiente sollecitare un sopralluogo da parte dell’ufficio tecnico comunale, al fine di verificare la conformità o meno dell’opera realizzata rispetto alle norme urbanistiche ed edilizie. La realizzazione di una recinzione non richiede, infatti, necessariamente un titolo abilitativo; tuttavia, occorre quanto meno verificare che il manufatto in questione rispetti il regolamento edilizio comunale.

Giorgio L. A. chiede
giovedì 25/03/2021 - Lombardia
“Buongiorno,
sono proprietario al 60% di un alpeggio/rudere in Val D'Aosta.

L'immobile sta collassando, metà del tetto è crollato ed i muri stanno cedendo.

All'interno il pavimento che divide 2 piani è crollato.

Visto che sono proprietario di un rustico vicino che è in procinto di ristrutturazione, vorrei mettere in sicurezza anche il rustico che mi appartiene parzialmente, per evitare di avere vicino un pericolo per i miei familiari che potrebbero avvicinarsi e per evitare problemi con eventuali turisti che potrebbero subire danni e rivalersi su di me.

Visto che il comproprietario non vuole intervenire e probabilmente mi impedirebbe anche di intervenire, ho titolo legale per forzarlo ad autorizzare la messa in sicurezza ristrutturando muri e tetto o comunque rendere il rudere non pericoloso?

Grazie”
Consulenza legale i 01/04/2021
Alla domanda posta nel quesito va data risposta affermativa.
Lo strumento processuale cui ricorrere in questi casi è rappresentato dall’art. 1172 c.c., che disciplina la denuncia di danno temuto.
Ora, l’orientamento giurisprudenziale più recente ammette espressamente l’utilizzabilità di tale azione anche nei rapporti tra comproprietari.
In particolare, Cass. Civ., Sez. II, 29/01/2007, n. 1778, ha chiarito che “la denunzia di danno temuto non presuppone l'esclusiva altruità della cosa da cui deriva il pericolo, giacché diversamente da quanto previsto dall'art. 1171 c.c. con il fare riferimento all'opera da "altri" intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, per l'ipotesi della nuova opera l'art. 1172 c.c. indica espressamente quale fonte generatrice di danno "qualsiasi edificio, albero o altra cosa", in tale generica formulazione dovendo pertanto ritenersi compresa anche la cosa di cui è comproprietario l'istante, che non sia in grado di ovviarvi autonomamente, giacché anche in tal caso risulta integrato il "rapporto tra cosa e cosa" che ne costituisce il presupposto essenziale”.
Nella stessa pronuncia la Suprema Corte ha precisato che "l'appartenenza, in regime di comunione indivisa, della cosa, da cui proviene il pericolo, anche a soggetti diversi dagli istanti, giustifica il ricorso all'azione cautelare suddetta, nonostante questi ultimi siano contitolari della relativa proprietà, nei casi in cui la mancanza di accordo non consenta di poter ovviare alla denunciata situazione di pericolo".
Occorre, dunque, che la parte istante non sia in condizione di provvedere autonomamente ad eliminare la situazione di pericolo (presupposto che, a quanto è dato comprendere, sembra sussistere nel nostro caso).

Nicolo' M. chiede
venerdì 31/07/2020 - Lombardia
“Salve, in riferimento alla pratica già da voi analizzata ( cod Q202025637), vorrei richiedere il vostro parere circa la possibilità di procedere verso il proprietario e il comune con una "denuncia di danno temuto" . per quanto riguarda la corresponsabilità del comune vedasi Sentenza Cassazione n. 20448/2014 che presumiamo possa essere pertinente al nostro caso.
nel caso si potesse optare per tale denuncia , quali documenti dovrei presentare nel ricorso esempio perizia? e cosa comporterebbe in caso in caso di accettazione del ricorso? grazie”
Consulenza legale i 04/08/2020
Nel nostro precedente parere avevamo già accennato alla possibilità di esperire l’azione civile di danno temuto (art. 1172 c.c.) a fronte di un pericolo di danno grave ed imminente in caso di persistente inerzia del vicino.
Il soggetto verso cui azionare tale tutela giudiziaria (il legittimato passivo, in gergo tecnico) è “non solo, il titolare del diritto reale, ma anche il possessore e colui che, in ogni caso, abbia la disponibilità del bene da cui si assume che derivi la situazione di pericolo di danno grave, in quanto l'obbligo di custodia e manutenzione sussiste in ragione dell'effettivo potere fisico sulla cosa” (Cass. civ. n. 5336/2016).

Nella presente vicenda, stando a quanto riportato nel precedente quesito, tale pericolo di danno parrebbe potenzialmente sussistere.
Tuttavia, laddove si intendesse adire il giudice sarebbe opportuno farsi fare preventivamente una perizia da un tecnico (possibilmente un agronomo) che attesti la pericolosità degli alberi.
Tale perizia andrebbe poi allegata al ricorso.

In risposta alla prima domanda, quindi, gli allegati da presentare unitamente al ricorso sarebbero:
- perizia tecnica dello stato dei luoghi che evidenzi la situazione attuale;
- foto dei luoghi.
Ovviamente, il ricorso andrebbe presentato tramite un avvocato.

Quanto alle conseguenze in caso di accoglimento del ricorso, il giudice potrebbe ordinare la messa in sicurezza degli alberi oppure (laddove ciò non sia possibile) il loro abbattimento onde evitare che creino in futuro danno a persone e/o cose all’interno della vostra proprietà.

Da ultimo, come già evidenziato nel nostro precedente parere, ribadiamo che si tratta di una controversia prettamente di vicinato priva di profili pubblicistici.
Pertanto, è assai improbabile poter sollevare questioni nei confronti del Comune sia sotto il presente profilo sia sotto il profilo risarcitorio.

Per inciso, la sentenza menzionata nel quesito (la n.20448/2014) ci risulta sia in materia di comodato della casa familiare e quindi non pertinente al caso in esame.

C. D. chiede
giovedì 22/11/2018 - Sicilia
“Buonasera, sono proprietario di un appartamento sito al primo piano di un edificio di tre unità abitative. Il proprietario del piano terra da circa 10 anni ha locato l'immobile alle poste italiane. Da tale momento la nostra pace è finita. Continue rapine ed eventi criminosi, soprattutto notturni. Essere continuamente svegliati nel pieno della notte dal rumore di escavatori che mirano allo sventramento del postamat, posto nella parte antistante l'edificio condominiale o dalle insufflazioni di gas gpl all'interno dell'ufficio postale con l'intento di fare esplodere il postamat. A seguito dell'ultimo evento criminoso che ha sradicato il postamat, l'Ufficio postale, su nostra diffida, non riposizionava il postamat, ma a distanza di un anno sta provvedendo a reinstallarlo. Possiamo noi condomini avvalerci dell'azione di cui all'art. 1172 c.c. al fine di fare rimuovere definitivamente tale postamat per tutelare la nostra incolumità fisica/psichica oltre che i nostri immobili?
Grazie.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 24/11/2018
L’azione di danno temuto disciplinata dall’art. 1172 del codice civile è esercitabile laddove vi sia un pericolo di un danno futuro che derivi da una situazione connessa ad un edificio, un albero od un’altra cosa inanimata purché il danno minacciato sia grave e imminente.
Il pericolo deve derivare da una cosa ed avere ad oggetto un’altra cosa che sia nella proprietà o nel possesso di chi esercita l’azione.
Ciò significa che l’azione di danno temuto “postula un rapporto tra cosa e cosa da cui possa derivare danno” (Cass. n. 1237/1989): pertanto, come aveva statuito la Suprema Corte nella sentenza n. 9783/1997, essa “è improponibile da colui che l'esperisce a tutela di un suo diritto personale (nella specie all'incolumità fisica [...])” .
Nel caso in esame, invece, con tale azione si vorrebbe proprio tutelare non già una cosa in particolare, ma lo stato fisico/psichico di chi andrebbe ad esercitare l’azione.
Oltretutto, nella presente vicenda, il pericolo non deriverebbe dalla cosa in sé (lo sportello del postamat), ma dal fatto illecito di un terzo su di essa.

Il rischio dunque è che esperendo l’azione di danno temuto essa venga dichiarata inammissibile per carenza dei presupposti di legge.

Esclusa quindi questo tipo di azione, si potrebbe comunque agire nel modo seguente.

Se lo sportello del postamat sta per essere installato su di una parte condominiale (e non quindi di proprietà esclusiva del condomino che ha concesso in locazione l’immobile), laddove la diffida stragiudiziale di rimozione non sortisca effetto, si potrebbe comunque esperire una azione possessoria di manutenzione entro l’anno dalla collocazione dello sportello ai sensi dell’art. 1170 c.c.
Infatti, in mancanza di preventiva autorizzazione o comunque contro la volontà di chi ha il diritto di escluderlo, la collocazione di un postamat su di un’area di proprietà altrui costituisce atto arbitrario e, quindi, integra la fattispecie della molestia nell’esercizio del possesso.
Chiaramente, si sottolinea, ciò è possibile soltanto laddove lo sportello venga ad essere collocato su di un’area condominiale.
Laddove invece esso si venisse a trovare in un’area di proprietà esclusiva (ad esempio, nella vetrina del locale di proprietà del locatore) tale tipo di azione non sarebbe esperibile per difetto di legittimazione attiva.

Giuseppe M. chiede
martedì 25/10/2016 - Calabria
“Con decreto Regionale il mio Comune ha ricevuto un finanziamento per costruire un canale di raccordo per acque piovane.
Tale canale e' compreso in una zona protetta (PAI) per pericolo di inondazione.
Il Comune ha fatto un progetto in cui il canale di raccordo non esiste, sostituito da altre condotte non approvate dalla Regione.
Questo comporta, come da perizia di parte, un pericolo di nuovi allagamenti.

Domanda:
bisogna ricorrere al Giudice ordinario (art. 700),al Tribunale delle acque o ad altro Giudice?”
Consulenza legale i 31/10/2016
La competenza del Tribunale delle acque è sancita dall’art. 140 TU Acque (Regio Decreto 11/12/1933 n. 1775) all’art. 140, il quale prevede che “appartengono in primo grado alla cognizione dei Tribunali delle acque pubbliche:
a) le controversie intorno alla demanialità delle acque;
b) le controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro alvei e sponde:
c) le controversie, aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica:
d) le controversie di qualunque natura, riguardanti la occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le indennità previste dall’articolo 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza dell’esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione utilizzazione delle acque”.

Nel caso concreto sottoposto al nostro esame pare dunque da escludersi del tutto la competenza del Tribunale delle acque e pacifica, invece, la cognizione del giudice ordinario.

Fatta questa necessaria premessa, tra i vari strumenti offerti dall'ordinamento, quello più consono al caso esposto è la c.d. denuncia di danno temuto: si tratta di una azione c.d. di nunciazione, prevista dall’art. 1172 c.c., con la quale si intende porre fine ad una minaccia che potrebbe tradursi in un danno concreto. Si tratta di un’azione cautelare (quindi precedente rispetto ad un giudizio ordinario di cognizione) con la quale si ricorre al Giudice competente (che altri non è che quello del luogo in cui si trova l’edificio che può essere danneggiato).
Si propone con ricorso e legittimato all’azione è il proprietario, il possessore o il titolare di altro diritto reale di godimento, mentre legittimato passivo (il soggetto contro cui esperire l’azione) è il proprietario del fondo da cui si teme possa scaturire il danno (nel caso di specie, il Sindaco in quanto legale rappresentante del Comune proprietario del canale di raccordo). Il procedimento che consegue al ricorso si articola in due fasi: quella cautelare, finalizzata a dare i provvedimenti urgenti per evitare che il danno temuto si verifichi e quella di merito che si svolge come un normale processo di cognizione, dove si valuta per bene tutta la situazione e le relative responsabilità.

Per completezza narrativa, il ricorso al TAR avente ad oggetto l'impugnativa dell’atto e/o del provvedimento adottato dalla Pubblica Amministrazione (il progetto adottato dal Comune senza tenere conto del raccordo delle acque) implica due presupposti precisi: avere un “interesse a ricorrere” (vale a dire, avere un beneficio concreto dall’accoglimento del ricorso) , ed essere titolari di un interesse legittimo, vale a dire di una posizione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento. Nel caso concreto non pare essere possibile procedere per questa via.

Infine, per ciò che concerne il ricorso ex art. 700 c.p.c., questo è considerato un rimedio sussidiario, vale a dire un rimedio percorribile solo qualora non sussista altra via per far valere il proprio diritto dinanzi ad un Giudice. Si tratta infatti di un rimedio d’urgenza che è subordinato alla sussistenza di una serie di presupposti, quali la dimostrazione da parte del ricorrente del periculum in mora (il possibile danno in cui potrebbe incorrere il diritto soggettivo), del fumus boni iuris (l’apparente sussistenza del diritto soggettivo vantato), della irreparabilità, gravità ed imminenza del danno, della atipicità e della sussidiarietà del tipo di tutela richiesta.

ENRICO C. chiede
martedì 07/04/2015 - Lombardia
“Ho una casa di abitazione di tre piani costruita nel 1926,sul confine con un bosco privato . Alcuni anni fa è stato disboscato ed hanno costruito 4 ville, una delle quali è situata dietro il muro(senza aperture)della mia abitazione, con lo scivolo del garage adiacente alla mia proprietà. E' stato costruito un muro di contenimento a circa un metro e mezzo dalle fondamenta di casa mia piantando una fitta schiera di alberi ad alto fusto (fam di cipressi o tuia ....? ),che hanno quasi raggiunto l'altezza della mia casa. Di recente ho notato chiazze di umidità sulla parete, che hanno danneggiato l'intonaco. L'esperto che ho interpellato mi ha detto che dipende dal fatto che i suddetti alberi impediscono l'arieggiamento ed il soleggiamento. Vorrei sapere quali sono i miei diritti.
Ringrazio e porgo distinti saluti”
Consulenza legale i 14/04/2015
La situazione descritta nel quesito evidenzia un'ipotesi di responsabilità - naturalmente da verificare in concreto - del confinante.
Si può configurare una responsabilità da custodia ai sensi dell'art. 2051 del c.c., cioè una responsabilità che sorge nei confronti del terzo che abbia subito un danno in ragione dell'esistenza di una cosa che è custodita da altri. Il custode risponde in modo oggettivo, salvo che possa provare il caso fortuito.
In alternativa, è sempre possibile far valere l'ordinaria responsabilità extracontrattuale prevista dall'art. 2043 (chiunque cagioni ad altri un danno ingiusto, con colpa o dolo, è tenuto a risarcire il pregiudizio subito dal danneggiato).
Questo, dal punto di vista del diritto sostanziale.

Quanto alla tutela processuale, è possibile ipotizzare una causa di risarcimento danni nei confronti del confinante, che però è assolutamente consigliabile far precedere da un procedimento di istruzione preventiva, come l'accertamento tecnico preventivo (art. 696 del c.p.c.; oppure art. 696 bis, se si punta ad una conciliazione immediata, ipotesi sempre da preferire) al fine di ottenere in contraddittorio con il proprietario del fondo confinante una perizia che accerti la causa dei danni alla proprietà del danneggiato.
In tal modo, un consulente tecnico incaricato dal tribunale si occuperà di mettere nero su bianco in un elaborato peritale la situazione di fatto, con possibilità per le parti di farsi seguire da un proprio consulente tecnico che possa controbattere o puntualizzare lo studio del c.t.u.
Una volta ottenuta la perizia giurata (il procedimento dovrebbe di regola concludersi in pochi mesi), si potrà valutare la reale responsabilità in relazione alla fattispecie concreta e decidere se conciliare la lite o se agire in via giudiziale per il risarcimento del danno, ove vi siano gli estremi (magari nel frattempo procedendo alla realizzazione di eventuali opere riparatrici, senza temere di non essere in grado di provare, nel futuro giudizio, la situazione dei luoghi prima degli interventi).

Altra possibilità dal punto di vista processuale è quella di esperire una azione di danno temuto ex art. 1172 del c.c.: "Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo".
Con questa azione, il proprietario della parete che evidenzia segni di infiltrazioni può denunciare che la presenza degli alberi di alto fusto potrebbe causargli ulteriori danni (dando prova di ciò), e chiedere che il vicino sia obbligato a prendere provvedimenti. Naturalmente sarà necessario verificare la sussistenza dei presupposti nella fattispecie concreta: il danno minacciato deve essere grave, tale da danneggiare notevolmente la cosa in pericolo, e prossimo, potendosi cioè verificarsi da un momento all'altro con un alto grado di probabilità.

In ogni caso, si può far valutare ad un tecnico se sia stata rispettata anche la distanza legale dal confine, che per gli alberi di alto fusto corrisponde a tre metri (art. 892, n. 1, c.c.): ai sensi dell'art. 894, il vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli articoli precedenti.

Dino S. chiede
venerdì 20/07/2012 - Emilia-Romagna
“Buongiorno.
Vorrei sapere se è applicabile l'art 1172 nel caso che mi riguarda. Sono proprietario di una casa su più piani soggetta a vincolo dei Beni Culturali, essendo stata dichiarata di particolare interesse storico-artistico ai sensi della legge 1089/39 con decreto 9443 del 05/07/1988. Tale vincolo è dovuto fondamentalmente all'esistenza di un salone contraddistinto da affreschi originali restaurati del ‘400 che corrono sotto l’imposta del soffitto ligneo lungo il perimetro. La casa in confine col suddetto salone è in fase di ristrutturazione. I dipendenti dell'impresa stanno usando spesso martelli pneumatici e "normali" con eccessiva intensità e violenza per la vetustà del muro di confine. Ho saputo che stanno creando tracce ove far passare tubi/fili per l'energia elettrica. La mia paura ovviamente non è solo che si formino "normali crepe" nel muro, ma che i suindicati affreschi o il soffitto cassettonato del salone subiscano danni difficilmente riparabili.
Posso quindi invocare questo articolo per chiedere il blocco dei lavori considerando la gravità del danno temuto, e considerando anche che, se si verificasse, dovrei tra l'altro interpellare all'istante la Soprintendenza?
Grazie in anticipo e cordiali saluti.

Consulenza legale i 20/07/2012

Si consiglia di avvisare repentinamente la Soprintendenza, inviando un fax o una raccomandata e invitando un addetto dell'ufficio a un immediato sopralluogo. In questo modo sarà l'Ente a farsi carico delle necessarie cautele.


Sonia N. chiede
giovedì 21/04/2011 - Veneto

“Una domanda sintetica : posso invocare l'articolo 1172 c.c. per quanto riguarda l'accesso a una corte comune da parte dei miei vicini che entrano a velocità esagerate con le autovetture? Mia madre cammina con il deambulatore in quanto ha un'invalidità al 100% ed un importante deficit uditivo. Grazie per un'eventuale risposta.

Sonia Novi”

Consulenza legale i 22/04/2011

Un’azione di nunciazione ex art. 1172 c.c. è esercitabile sulla base del presupposto del pericolo di un danno futuro scaturente da una situazione pericolosa connessa ad un edificio, un albero od un'altra cosa inanimata. Si attaglia di più, al caso di specie, un’azione di manutenzione nel possesso ex art. 1170 del c.c. volta a fare cessare il comportamento tenuto dai soggetti che attraversano il cortile a gran velocità mettendo concretamente in pericolo la salute di chi si trova li. Tale comportamento configura chiaramente una turbativa e molestia nel possesso. L’azione va esercitata entro un anno dalla molestia arrecata che deve essere di apprezzabile intensità e deve essere accompagnata da un animus turbandi, cioè dall'intenzione di arrecare disturbo al possessore (in questo caso, compossessore). Nel ricorso proponibile ai sensi dell'art. 703 del c.p.c. e ss. potrebbe chiedersi, oltre all’emanazione dell’ordine di cessazione della turbativa, l’ulteriore prescrizione di installare (a spese comuni, se la corte, come pare, è di proprietà comune), alcuni dissuasori del traffico atti a far rallentare la velocità dei veicoli in entrata.


Emma chiede
venerdì 21/01/2011

“Vorrei sapere cortesemente quando e come l'attore (della denuncia di danno temuto) può adempiere all'ordinanza dell'obbligo di fare, nel caso in cui il convenuto non abbia adempiuto spontaneamente. Grazie”

Consulenza legale i 21/01/2011

Nell'ordinanza con cui il giudice ordina al resistente nel giudizio ex art. 1172 del c.c. il compimento di determinate attività volte ad ovviare il pericolo temuto, egli può autorizzare il ricorrente, in difetto di tempestiva ottemperanza da parte dei predetti obbligati, all'attuazione del provvedimento in danno dei medesimi.

Poiché si tratta di pericolo incombente, che richiede un immediato intervento, qualora il resistente non attui tempestivamente (ossia entro il termine stabilito dall'autorità giudicante) le attività predisposte dal giudice, il ricorrente è autorizzato ad intervenire immediatamente.

Se il resistente, al contrario, non è stato autorizzato ad attuare il provvedimento, sarà costretto ad instaurare il procedimento ex art. 612 del c.p.c. e ss. per ottenere coattivamente l'esecuzione dell'obbligo di fare.


Maria C. D. chiede
mercoledì 15/12/2010

“Vorrei sapere se è applicabile l'art 1172 nel caso che mi riguarda. Sono proprietaria di un appartamento sito in un condominio (30 appartamenti su 10 piani) che confina con un'area privata nella quale i proprietari hanno deciso di costruire una autorimessa interrata che si sviluppa per 4 piani sottoterra. Visto l'esiguo spazio a disposizione (appena 400 mq) sono costretti -per rendere l'opera interessante dal punto di vista economico- a scendere a quella profondità minacciando seriamente la stabilità dei quattro Condomini circostanti (tra i quali quello nel quale è sito il mio appartamento)anche in ragione della particolare conformazione geologica del terreno (costituito da terra di riporto e pervaso da importanti falde acquifere a bassa profondità).
Posso quindi invocare questo articolo per chiedere il blocco degli imminenti lavori considerando che la gravità del danno temuto può essere per ora solo dichiarata da una perizia tecnica-geologica di parte e la imminenza dello stesso è legata ai tempi ed ai metodi (a noi non completamente noti) di svolgimento dell'opera stessa?
Grazie e cordiali saluti”

Consulenza legale i 16/01/2011

E’ ammissibile l’azione cautelare promossa ex art. 688 del c.p.c., art. 669 bis c.p.c. e art. 1171 del c.c. da alcuni condomini avverso la costruzione su fondo contiguo che si assume essere lesiva della statica dell’edificio, essendo la medesima azione cautelare fondata sul pregiudizio al diritto di proprietà dei singoli condomini, ed ai correlati diritti di godimento vantati da quest’ultimi. La fattispecie concreta però ricade, più specificamente, sotto la prescrizione normativa contenuta nell’art. 1171 del c.c., in cui si trova espressamente descritto il caso in cui il proprietario di un fondo può esercitare l’azione nunciatoria qualora abbia ragione di temere la minaccia di danno proveniente da “una nuova opera”da altri intrapresa sul proprio come sull’altrui fondo. I presupposti dell’esercizio dell’azione sono che “questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio”. Si tratta di un procedimento di natura cautelare, a cognizione sommaria: le parti possono fare comunque produzione documentale che ben può consistere in una perizia di parte attestante le effettive motivazioni del timore di danno al proprio fondo. L’autorità giudiziaria, con ordinanza, può vietare la continuazione dell’opera (dietro versamento di idonea cauzione) o permetterla, a seconda che trovi più o meno fondata la prospettazione del danno. Alla causa, poi, può seguire un ordinario giudizio di merito, a cognizione piena in cui saranno assunte maggiori fonti di prova.


Piero chiede
mercoledì 24/11/2010

“Il mio vicino ha un pino posto a distanza regolare (3m) dal confine l'albero però è alto circa 18/20 metri ed ha un diametro di circa 7/8 metri. La mia casa è distante 5 m dal confine, se l'albero dovesse cadere (es. tromba d'aria o altro) la mia casa andrebbe distrutta e se ci siamo dentro anche noi potremmo morire. Cosa posso fare per obbligare il vicino di togliere la pianta o quantomeno abbassarla all'altezza di sicurezza? Inoltre la parte della casa esposta al pino non prende mai il sole ed ho problemi di muffa sui muri interni.
In attesa di un vostro consigli porgo cordiali saluti.”

Consulenza legale i 08/12/2010

Nel caso in esame sembra appropriato il ricorso all’azione di denunzia di danno temuto (art. 1172 del c.c.). L’azione può essere intrapresa dal proprietario che abbia ragione di temere che da qualsiasi cosa (anche un albero, come nel caso di specie) possa derivare il pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma oggetto del suo diritto.
Mentre è pacifico che il pericolo di danno futuro debba sussistere tra cosa e cosa, recente giurisprudenza ritiene che ad essere minacciato possa essere anche il diritto alla salute dei ricorrenti (v. Cass. civ., Sez. II, 29 gennaio 2007, n. 1778).
Il giudice adito potrà ordinare che si provveda a predisporre ed attuare le opere necessarie ad ovviare il pericolo: ad esempio, tagliare la parte superiore dell’albero. Il giudice può imporre al denunziato una cauzione.
Poiché non vi sono norme che disciplinano il termine dell’azione di danno temuto, troveranno applicazione le normali regole sulla prescrizione (10 anni).


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