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Articolo 1130 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Rendiconto condominiale

Dispositivo dell'art. 1130 bis Codice Civile

(1)Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. L'assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese(2). Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione.

L'assemblea può anche nominare, oltre all'amministratore, un consiglio di condominio(3) composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo.

Note

(1) Articolo aggiunto con legge 11 dicembre 2012, n. 220.
(2) La norma, introdotta nel 2012, sancisce espressamente un diritto dei condomini che era riconosciuto anche nel silenzio della legge: essi hanno diritto, in qualsiasi momento, di prendere visione ed estrarre copia della documentazione contabile condominiale.
(3) E' stato istituito un nuovo organo condominiale, privo di poteri. Il comitato ha solo funzioni di consiglio e controllo dell'amministratore e funge più che altro da intermediario tra questi e gli altri condomini, nei condomini particolarmente affollati.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1130 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 9544/2023

Costituendo onere dell'amministratore la corretta redazione del bilancio e derivando dalla violazione di quest'obbligo l'illegittimità del bilancio e conseguentemente della delibera che lo ha approvato, non può che gravare sul condominio l'onere di provare di avere operato secondo le indicazioni di legge, approvando un rendiconto correttamente redatto, e al condòmino che vi si oppone di dimostrare la scorrettezza dei dati ivi riportati, anche attraverso la produzione della documentazione giustificativa delle maggiori somme corrisposte, onde ottenere l'annullamento della decisione assembleare.

Cass. civ. n. 1370/2023

In tema di condominio degli edifici, per la validità della delibera di approvazione del rendiconto consuntivo è necessario che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione. (Nella specie, la S.C. ha affermato la sussistenza di una obiettiva mancanza di intellegibilità dalla situazione patrimoniale del condominio nel rendiconto che non riportava un debito del condominio verso un condomino derivante da una sentenza esecutiva, con conseguente riconoscimento dell'interesse del condomino ad agire per la declaratoria di invalidità della relativa delibera di approvazione).

Cass. civ. n. 15996/2020

Gli artt. 1129, comma 2, c.c. e 1130-bis c.c., come novellati dalla l. n. 220 del 2012, prevedono la facoltà dei condomini di ottenere l'esibizione di registri e documenti contabili condominiali in qualsiasi tempo, non necessariamente in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea, semprechè l'esercizio del diritto di accesso non si risolva in un intralcio all'amministrazione, ponendosi in contrasto con il principio della correttezza ex art. 1175 c.c.; al condomino istante - il quale non è tenuto a specificare le ragioni della richiesta - fa capo l'onere di dimostrare che l'amministratore non gli abbia consentito l'esercizio della facoltà in parola.

Cass. civ. n. 33038/2018

Il registro di contabilità, il riepilogo finanziario e la nota sintetica esplicativa della gestione, che compongono il rendiconto condominiale ai sensi dell'art. 1130-bis c.c. (disposizione introdotta dalle L. n. 220/2012), perseguono lo scopo di soddisfare l'interesse del condomino ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati del conto, è così consentire in assemblea l'espressione di un voto cosciente e meditato.

Cass. civ. n. 15401/2014

In tema di condominio negli edifici, qualora il rendiconto annuale sia redatto secondo il criterio di cassa, i crediti vantati da un singolo condomino vanno inseriti non nel bilancio relativo al periodo in cui gli stessi siano stati semplicemente avanzati, ma nel consuntivo relativo all'esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento.

Cass. civ. n. 2049/2013

In tema di condominio negli edifici, la deliberazione di approvazione delle spese, adottata dall'assemblea e divenuta inoppugnabile, fa sorgere l'obbligo dei condomini di pagare al condominio i contributi dovuti, rimanendo indipendenti l'obbligazione del singolo partecipante verso il condominio e le vicende delle partite debitorie del condominio verso i suoi creditori. Ne consegue che il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa, in attesa dell'evolversi delle relazioni contrattuali del condominio, così riversando sugli altri condomini gli oneri del proprio ritardo nell'adempimento, né può dedurre che il pagamento sia stato effettuato direttamente al terzo, in quanto ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio, ma deve, adempiere all'obbligazione verso quest'ultimo, salva l'insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso nei confronti della gestione condominiale, ove residuino avanzi di cassa per mancati esborsi o per la risoluzione dei contratti precedentemente stipulati.

Cass. civ. n. 1405/2007

In tema di condominio di edifici, l'istituto della "prorogatio imperii" - che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministratore - è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell'opera dell'amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129, secondo comma, cod. civ., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina. Ne consegue che l'assemblea può validamente essere convocata dall'amministratore la cui nomina sia stata dichiarata illegittima non ostando al riguardo il dettato di cui all'art. 66, secondo comma, cod. civ., in quanto il potere di convocare l'assemblea, da tale norma attribuito a ciascun condomino, presuppone la mancanza dell'amministratore, che è ipotesi diversa da quella che si verifica nei casi di cessazione per qualsivoglia causa del mandato dell'amministratore o di illegittimità della sua nomina. (Rigetta App. Campobasso, 19 Marzo 2002)

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Consulenze legali
relative all'articolo 1130 bis Codice Civile

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A. A. chiede
venerdì 11/10/2024
“buon giorno,
in merito al riscaldamento: la quota involontaria spetta all'inquilino o al proprietario?

Può l'amministratore richiedere spese arretrate non contemplate negli anni passati, cioè non presenti nei consuntivi?

Il proprietario, accorgendosi di errori quota acqua pagate in quanto variate dall'amministratore senza delibera, può chiedere al condominio il rimborso?


cordiali saluti”
Consulenza legale i 15/10/2024
Salvo diversa convenzione tra proprietario ed inquilino i consumi delle utenze, tra cui certamente rientra il consumo involontario di forza calore, devono essere corrisposti dall’inquilino.
L’amministratore nel bilancio consuntivo deve indicare tutte le spese sorte durante l’anno e giustificate da idoneo documento contabile. È possibile per l’amministratore richiedere ai suoi proprietari, successivamente alla chiusura dell’esercizio di bilancio, il pagamento di spese non in precedenza contabilizzate: ciò non è vietato, ma ovviamente la assemblea dovrà approvare dette spese e soprattutto autorizzare l’apertura di una gestione supplementare che faccia riferimento all’anno già chiuso e approvato.

L’amministratore non può mai pretendere il pagamento di spese che non siano state in precedenza approvate dalla assemblea: l’unica eccezione a tale regola sono le spese sostenute per far fronte ad interventi urgenti tesi a garantire la conservazione delle parti comuni dell’edificio ex n.4 art. 1130 del c.c.
Il quesito non offre sufficienti elementi per capire se sia possibile pretendere un eventuale rimborso di quanto pagato.


F. H. chiede
giovedì 29/08/2024
“Buongiorno
Mi rivolgo a Voi per un chiarimento in merito alla divisione e ripartizione delle spese condominiali per i consumi energetici per l'acqua calda e il riscaldamento. Nel mio condominio di 9 appartamenti, su un totale di 14.652 Euro di spese consumi energetici, 8.441 Euro (per 29,847 HCA totale ) sono stati dedicati al riscaldamento e 6.211 all'acqua calda (per un totale di 205 metri cubi - secondo la lettura dei singoli condomini dei contattori) - e in più c'è un'altra colonna di spese per acqua calda - vedi spese condominiali allegati. Risulto dover pagare per un consumo totale di 50 metri cubi di acqua calda 980 + 128 Euro, cioè 1108 Euro. Questa ripartizione era stata decisa diversi anni fa in una riunione di condominio, ma vorrei contestarla.”
Consulenza legale i 07/09/2024
Purtroppo, il quesito offre pochi spunti per dare un parere esaustivo. Se si ha il dubbio che il consumo dell’acqua calda sanitaria sia eccessivo o sia stato comunque mal ripartito è importante pretendere dall’amministratore almeno copia delle bollette oggetto dell’ultimo rendiconto. Si tenga presente che ai sensi dell’art. 1130 bis del c.c. ciascun proprietario ha diritto in ogni tempo di prendere visione ed estrarre copia a sue spese di ogni giustificativo di spesa.

Dopo di che, con l’ausilio di un termotecnico e magari di un revisore dei conti condominiale (figure da interpellare prima ancora di un legale) si dovrebbe verificare se l’importo complessivo della bolletta del riscaldamento e dell’acqua calda sanitaria è stato correttamente ripartito tra tutti i condomini in proporzione ai consumi volontari e a quelli involontari. I primi, dovrebbero essere contabilizzati in base al consumo individuale di ciascuno sulla base delle letture riportata dal contatore presente sul pianerottolo; i secondi, con ogni probabilità vengono ripartiti sulla base di quanto deciso dalla assemblea nella delibera a cui Lei fa riferimento, la quale a sua volta, fu emessa in attuazione di quanto dispone l’art. 9 D.lgs. n.102/2014.

In particolare, tale ultima norma dispone che negli edifici serviti da sistemi di riscaldamento centralizzato in cui sono stati installati in ciascuna unità immobiliare apparecchi per la contabilizzazione individuale del consumo, una quota di almeno il 50% della spesa complessiva inerente al consumo di calore per il riscaldamento nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, sia attribuita ai prelievi volontari di energia, e quindi accollata alla singola unità immobiliare in base ai mc dalla stessa effettivamente consumati. L’ altra quota della spesa derivante dalla forza calore invece, riferibile ai consumi involontari, prosegue la norma, potrà essere ripartita: "a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate".

Come si può facilmente notare la norma lascia un ampio margine di discrezionalità sia in merito alla quota da attribuire ai consumi volontari o involontari sia per quanto riguarda i criteri da utilizzare per ripartire tra i proprietari la quota di consumo involontario. Ovviamente però l’amministratore nel ripartire le spese non potrà applicare tale norma a sentimento: egli dovrà necessariamente fare riferimento alle indicazioni che gli verranno forniti dagli stessi condomini in una apposita delibera adottata dalla assemblea di condominio. Quest’ultima a sua volta dovrà deliberare avendo come riferimento le indicazioni che gli verranno date da un termotecnico in una apposita perizia nella quale il professionista incaricato dovrà indicare, sulla base delle caratteristiche del singolo edificio e dell’impianto presente nello stabile, quale sia la quota più opportuna da attribuire ai consumi volontari e i criteri più idonei per ripartire quelli involontari.

Ogni riflessione in merito alla correttezza del riparto presente nel rendiconto condominiale deve avere come punto di partenza questa prima verifica: qualora risultassero delle incongruenze il legale successivamente interpellato potrebbe valutare se vi sia lo spazio per eventuali impugnazioni, le quali, comunque, sarebbero vincolate al rispetto del rigido termine previsto dall' art. 1137 del c.c..

R. P. chiede
venerdì 12/04/2024
“Il 25/03/24 assemblea condominiale approva rettifiche al riparto consuntivo 2023 già approvato in data 15.02.24.
Nel nuovo consuntivo rettificato sono stati inserite tre quote versate dai condomini ma non conteggiate nel documento approvato il 15.02.24.
Prima del 25.03 ad amministratore, con nota scritta via pec, è stato fatto presente che risultavano ancora mancanti i sottoelencati versamenti:
Gestione Geometra xxxxx: 11/01/24 zzzzz € 153; 11/1/24 bbbbb € 332
Gestione Geometra yyyyy: 10/02/23 ccccc € 141.29; 19/04/23 ddddd € 350;
03/05/23 eeeee € 200.
I predetti versamenti sono riportati e contabilizzati sul conto corrente 2023 che verosimilmente dovrebbe essere utilizzato per il conto consuntivo. Per facilitarle il lavoro all’amministratore è stato trasmessa copia conto corrente con evidenziate le somme suindicate.
Rilevo che l’art. 1130 bis del codice civile statuisce che “Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l'immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. ….”.
Per approvazione consuntivo 2023 l’amministratore ha inviato:
1 – elenco delle fatture pagate nel 2023. Ha inserito anche una fattura non pagata relativa giunta a gennaio 2024 e riferita all’anno 2023. Non ha inserito una fattura pagata per lavori edili fatti e a suo dire coperti da assicurazione.
2 - elenco nominativo con riportati i versamenti di tutti i condomini fatti per la gestione 2023: anche negli elenchi le cifre sopra scritte erano mancanti;
3 – riparto consuntivo ordinario 2023 rettificato con indicazione saldo gestione 2023. Nel rettificato non sono stati inseriti i saldi del consuntivo 2022 approvati in assemblea 15.02.24.
Considerato che a dire dell’amministratore – a causa del subentro avvenuto a fine maggio 2023 - manca un registro di contabilità e la documentazione indicata dai punti 1 a 3, chiedo:
- È valida approvazione del consuntivo 2023 come sopra esposto e con la documentazione sopra specificata?
- Il consuntivo del 25/03/2024 che ha modificato quello approvato il 15/02/2024 sostituisce in toto il precedente o sostituisce solo le parti modificate? In pratica i conguagli 2022 inseriti nel consuntivo 2023 del 15/02/24 ma non inseriti nel consuntivo del 250/3/24 vanno pagati o meno?
- I rendiconti redatti con le omissioni dei versamenti e fatture pagate (probabile rimborso da parte assicurazione) sono regolari o irregolari oppure oggettivamente lontani dalla realtà?
Nel caso di irregolarità o altro cosa si può fare?”
Consulenza legale i 22/04/2024
Innanzitutto, è giusto premettere che non è possibile in questa sede fornire un giudizio in merito alla fedeltà del bilancio presentato dall’amministratore rispetto alla realtà contabile dello stabile: un giudizio di questo tipo può essere dato solo da un revisore dei conti condominiali dopo aver esaminato l’intera contabilità. In questa sede però possiamo dire che sulla base di quello che ci viene raccontato non pare emergano particolari profili di criticità sull’operato del nuovo amministratore e non paiono vi siano gli estremi per coltivare un qualche contenzioso con prospettiva di successo.

In linea generale, qualsiasi rendiconto condominiale fotografa la situazione contabile dello stabile alla data di chiusura dell’anno contabile, la quale solitamente varia da condominio a condominio. Spesso capita che alcuni condomini versino il saldo degli oneri condominiali dopo la chiusura del bilancio e questo avvenimento non viene registrato nel rendiconto condominiale, facendo figurare per questi condomini un debito più elevato rispetto a quello effettivamente esistente. La cosa non rappresenta in alcun modo una irregolarità censurabile davanti al giudice: l’amministratore diligente dovrà semplicemente segnalare in assemblea e nella relazione di accompagnamento al rendiconto, che questi versamenti sono stati comunque incassati e dovrà tenerne conto durante il nuovo anno per determinare l’ammontare del debito rimanente.

Per dire se il consuntivo del 2024 sostituisce il precedente si dovrebbe esaminare la delibera che lo approva, ma se nulla viene specificato in merito è implicito che il nuovo consuntivo che emenda e ratifica gli errori del precedente vada in realtà a sostituirlo ed è quindi il nuovo documento che indica l’effettivo debito (o credito) verso l’amministrazione condominiale attribuito a ciascun proprietario, al netto, come già detto, di eventuali pagamenti avvenuti successivamente alla sua formazione. Quindi, facendo un esempio, se il nuovo rendiconto indica un debito di € 1000,00, ma il singolo proprietario ha già versato € 300,00, il debito a lui effettivamente imputabile, e che dovrà ancora versare nelle casse condominiali, risulta pari € 700,00.


B. C. chiede
mercoledì 07/02/2024
“Buongiorno. Consiglieri, auditor e assenza di trasparenza riunioni.
Condominio con 6 scale e circa 80 condomini ha 6 consiglieri condominiali (uno per scala) e 2 auditor. Sono in corso i lavori edili 110 (con ritardi e problematiche varie).
Nel corso degli anni i consiglieri (sempre gli stessi) non hanno mai riportato in assemblea condominiale quanto "consigliato o controllato all'amministratore" nelle periodiche riunioni e nemmeno nei gruppi whatsapp delle varie scale, con il risultato che non si sa mai nulla e il condominio ha importanti debiti con il comprensorio di cui fa parte. Inoltre, nel giro di 6 mesi, sono stati cambiati 3 amministratori...

Allo stato attuale pare di essere in una sorta di "oligarchia" in cui, non potrebbero ma così risulta, decidono "le linee" i 6 consiglieri. Il tutto nel "segreto più assoluto", stile setta.
Ho chiesto di partecipare a qualche riunione ma sostengono che siano riunioni riservate ai consiglieri. Feed back post riunioni non ci sono mai stati e quando vengono chiesti nessuno risponde. Il regolamento del condominio è vintage e non norma l'attività dei consiglieri.

Chiedo:

-la riunione tra amministratore e consiglieri condominiali è riservata? I condomini possono o no partecipare, almeno come uditori? I condòmini hanno diritto di conoscere il contenuto delle riunioni? hanno diritto di sapere quando sono convocate le riunioni? il verbale è obbligatorio? E' richiedibile?

-gli auditor, (figura che non esiste nel regolamento cond.) in cosa consiste il loro ruolo? è possibile chieder conto della loro attività, in relazione ai bilanci ?”
Consulenza legale i 10/02/2024
In effetti la situazione descritta rappresenta una gestione del condominio piuttosto caotica e anarchica.
Il codice civile prevede due figure necessarie per la gestione del condominio:
  • una è l’assemblea di tutti i condomini
  • l’altra è l’amministratore (figura che può mancare nei palazzi con meno di 8 proprietari).
  • La riforma del diritto condominiale ha poi successivamente introdotto altre figure “minori” che si affiancano ai due organi classici sopra citati, per esempio: il revisore dei conti condominiali e il consiglio di condomino entrambe previste dall’art. 1130 bis del c.c.; l’assemblea dei delegati di cui all’art. 67 delle disp. att. c.c.
Non si sentiva certamente la necessità dell'introduzione di tali ulteriori ruoli, i quali, invero, creano più problemi che vantaggi, oltre al fatto che il codice civile si preoccupa solo di nominarli senza preoccuparsi troppo di indicare cosa effettivamente tali figure possano o non possano fare.

A fianco a tali organi condominiali di fonte normativa, la prassi ha creato diverse figure di gestione del palazzo attribuendoli i nomi e i poteri più disparati, senza che questi ruoli siano concretamente previsti dalla legge: questo accade spesso nei condomini particolarmente grandi e suddivisi in diverse scale o corpi di fabbrica, si pensi in questo senso alla famosa figura del "capo scala", ruolo molto utilizzato nella pratica ma assolutamente non normato.
Questa lunga introduzione si è resa necessaria per dire che non si ha assolutamente idea di che cosa siano “gli auditor” e che poteri essi abbiano: è certamente un ruolo che è stato inventato ad hoc in questo specifico condominio; dal nome, forse, si può pensare che essi affianchino l’amministratore nella gestione contabile dello stabile che appare di notevoli dimensioni.
Ad ogni modo se l’autore del quesito vuole avere contezza del loro operato può sicuramente rivolgersi all’amministratore, il quale è obbligato ai sensi dell’art. 1130 bis del c.c. a dare conto della sua gestione e a fornire ad ogni condomino che ne faccia richiesta ogni informazione e documento giustificativo in proposito.

Come accennato in precedenza il 2° comma dell’art. 1130 bis del c.c. introduce l’organo secondario del consiglio di condominio: certamente esso non può però essere visto come una sorta di “club ristretto” in cui possono partecipare solo i suoi membri e chi essi desiderano invitare. Ogni condomino che non ne fa parte ha sicuramente il diritto di assistere alle sue sedute senza però, a parere di chi scrive, avere un effettivo potere di voto e di intervento durante la riunione. Chi ovviamente non fa parte di questo organo ristretto non ha neppure il diritto di essere convocato ad una sua riunione. Il consiglio di condominio è però un organo di ausilio all'attività gestoria del palazzo: pertanto qualsiasi proprietario può chiedere informazioni direttamente all’amministratore sull’operato del consiglio di condominio, il quale ai sensi dell’art. 1130 bis del c.c., sarà obbligato a fornirle consentendo anche l’estrazione di copia di ogni documento si richiedesse in merito.
Se l’amministratore non ottemperasse ai suoi obblighi informativi verso i condomini o lo facesse in maniera parziale o sommaria, egli commetterebbe un grave inadempimento ai suoi doveri che ne giustificherebbe la revoca anche per via giudiziaria.


M. C. chiede
giovedì 18/01/2024
“Nel condominio dove abito l'appartamento ex portiere, di due camere più locale cantina è stato affittato , con decorrenza 1/4/2006 ad un condomino che ha già ben due appartamenti, uno nel condominio, l'altro a 300 mt di distanza.Premetto che la delibera con la quale si accettava l'affitto prevedeva che il contratto dovesse essere approvato dall'assemblea prima di essere firmato e registrato cosa che non è avvenuta: l'interessato ha registrato il contratto e da allora ha pagato teoricamente 400 euro al mese, contratto 4 più 4 con rinnovo automatico se non c'è disdetta 6 mesi prima. Di questi pagamenti non abbiamo evidenza, in quanto il conduttore ha le ricevute firmate dai vari amministratori, ma non ha mai fatto vedere i versamenti, ed è l'unico ad avere le ricevute, dato che tutti noi esibiamo i versamenti e non abbiamo ricevute firmate.Inoltre non ho mai potuto vedere le bollette della luce e del gas e temo sia allacciato alla rete condominialee..Ultimamente sul citofono compare il nominativo della moglie del conduttore, e non sappiamo se i due sono ancora sposati oppure no.Inoltre di sera fino alle 3/4 ci va il figlio che sente la TV a tutto volume e sono dovuta scendere io a chiedere di smettere, dato che abito proprio sopra.In poche parole, temo voglia fare qualcosa di poco chiaro, tipo fare usucapire l'immobile alla moglie o al figlio.So che può sembrare assurdo, ma quel tipo non fa mai nulla a caso e gli altri condomini non reagiscono perchè non vogliono trovare - come succede a me- le gomme della macchina con un chiodo o la porta di casa sfregiata.Cosa poso fare per chiarire la situazione?
Grazie

Consulenza legale i 02/02/2024
Il quesito pone diverse questioni sulla gestione di un contratto di locazione di un immobile condominiale, prima adibito a portineria, in cui il Condominio è il locatore.

Si segnala, in primo luogo, che la stipula di un contratto di locazione di un immobile condominiale è inteso come atto di ordinaria amministrazione che l’amministratore può compiere senza la preventiva delibera di approvazione dell’assemblea, salvo poi farlo ratificare (Cass. civ. n. 10446/1998).
Nel caso di specie, poiché la data della stipula del contratto è piuttosto risalente, si suppone che l’assemblea l’abbia ratificato.
In ogni caso, visto che sono passati ormai 22 anni sembra che siano decadute/prescritte le eventuali azioni proponibili per rendere invalido il contratto.

Dal racconto sembra che il conduttore non si comporti correttamente e non si ha la certezza che paghi il canone di locazione.
Questa questione è facilmente risolvibile poiché il canone di locazione incassato dovrebbe risultare dal rendiconto condominiale che contiene le voci di spesa di entrata e di uscita ai sensi dell’art. 1130-bis c.c.
L’amministratore deve presentarlo all’assemblea e in base a questo deve redigere poi il consuntivo annuale con la ripartizione delle spese.
Tutti i condomini hanno il diritto di prendere visione dei documenti relativi alle spese quindi anche dell’estratto conto condominiale su cui dovrebbe risultare il bonifico o il deposito del canone di locazione.
La richiesta, quindi, va fatta all’amministratore del Condominio che ha l’obbligo di mostrare ai condomini i documenti.

Il timore che la moglie o il figlio del conduttore possano usucapire l’immobile è del tutto infondato.
Infatti, la sussistenza di un contratto di godimento dell’immobile è del tutto incompatibile con l’animus possidendi che permette di usucapire un bene immobile con il possesso continuato e ininterrotto per venti anni ai sensi dell’art. 1158 del c.c..
Esiste un titolo da cui chiaramente risulta che il proprietario dell’immobile è il Condominio e il conduttore ne gode come detentore qualificato.
Nell’immobile, a meno che il contratto preveda diversamente, il conduttore può viverci con la propria famiglia in maniera stabile o ad intermittenza.
Egli rimane comunque responsabile per il mancato rispetto dell’obbligazioni che la legge prevede in capo al conduttore e contenute nell’art. 1587 del c.c. e per la mancata esecuzione di opere di piccola manutenzione per il mantenimento del bene in buono stato locativo ai sensi dell’art. 1576 del c.c..

Per quanto riguarda il disturbo alla quiete condominiale che arrecano i soggetti che vivono nell’immobile, si consiglia di intimargli – tramite l’amministratore del Condominio - di cambiare comportamento in modo da non disturbare il vicinato.
In alternativa si potrebbe intraprendere un’azione giudiziaria di tipo civilistico per inibire le immissioni rumorose oltre la soglia di normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 del c.c. oppure rivolgersi direttamente alla Polizia o ai Carabinieri per disturbo della quiete pubblica.

Viste le problematiche che sorgono in ambito condominiale con l’attuale conduttore e la sua famiglia, si consiglia di iniziare a valutare con l’amministratore e gli altri condomini, di deliberare la disdetta del contratto alla scadenza con i 6 mesi di anticipo previsti dalla legge.

R. P. chiede
mercoledì 11/10/2023
“Aprile 2023 – 11 condomini su 24, per vari motivi, chiedono ad amministratore condominio convocazione assemblea straordinaria. Amministratore anziché convocare assemblea richiesta si dimette e nella circostanza invita i condomini a procedere alla convocazione di una assemblea per la elezione di un suo sostituto. Amministratore si riservava invio conto consuntivo 2022.
Giugno 2023 – Assemblea condominio nomina nuovo amministratore al quale viene trasmesso il verbale assembleare della sua nomina. Nuovo amministratore convoca assemblea con ad ordine del giorno tra le altre cose - approvazione bilancio consuntivo 2022 (redatto da amministratore dimissionario)
06/07/2023 - assemblea delibera:
I condomini approvano il bilancio salvo rettifiche che dovrà effettuare il geometra ZZZZZ (il dimissionario) e piu' precisamente
"Tutte le fatture inerenti la gestione 2023 devono essere decurtate dalla
Contabilità 2022 ed inserite nel consuntivo 2023 dal geometra XXXXX(nuovo amm.re)"

I condomini segnalano perplessità circa la cifra relativa all'onorario del Geometra ZZZZZ sia per competenza di mesi di amministrazione che di
Tariffario.
Verificare i movimenti bancari dalla data di raccomandata del 07 aprile 2023 del Geometra ZZZZZ fino al momento del subentro del geometra XXXXX con la Firma sul conto corrente.
Il nuovo amministratore decide di non tenere conto del contenuto del citato consuntivo 2022 e procede con un preventivo 2023.
Luglio 2023 - accesso agli atti condominio (amministratore uscente ha consegnato registro verbali, datti catastali condominiali e fatture. Manca la maggiori parte dei documenti).
Nel controllo conto corrente relative alla gestione del 2022 si evidenzia che l'amministratore si è liquidato (28.12,22) una fattura di € 797,08.
Di tale fattura non vi è alcuna indicazione nel consuntivo 2022 (ne' quale unica fattura ne' quali singole voci di spesa) e non era nemmeno allegata alla documentazione trasmessa al nuovo amm.re.

Ottobre 2023 – verosimilmente a richiesta del amm.re in carica il vecchio le fa pervenire la fattura mancante della quale si riporta il contenuto

Le voci di spesa fatturate risultano già approvate (per somme superiori) nel consuntivo 2021 (consuntivo fattosi approvare all’unanimità dal medesimo amm.re)

Di seguito riporto voci e cifre approvate nel consuntivo 2021 approvato ad unanimità in assemblea del 16/11/2022.
Alla voce "proprietà tutti" sono riportate:
- modello 770 e certificazione unica fornitori 2020 .......ditta......448.35
- parcella ritenuta acconto ...........ditta....... 256.20
- fotocopie, cancelleria, telefoniche.......ditta.......... 240.00

In tutti i consuntivi fatti da ex amministratore solo il corrispettivo per il 770 è riportato nell'anno successivo a quello interessato. Le altre fatture sono tutte relative al periodo cui il consuntivo fa riferimento.
Le voci della fattura sono identiche alle voci della delibera assembleare mentre cambiano i compensi.
Tutto ciò premesso si chiede:
La fattura in questione potrebbe essere falsa?
È regolare che per emolumenti pagati e già approvati da assemblea condominiale perchè inserite nel consuntivo 2021 venga emessa e liquidata una nuova fattura?
È regolare che la fattura di cui al punto precedente non sia inserita nel consuntivo 2022?
È regolare che a tutt’oggi l’amministratore dimissionario non abbia ancora consegnato tutta la documentazione del condominio?
E’ regolare che il nuovo Amm.re non informi i condomini della esistenza della fattura (importo già liquidato, mancato inserimento nel consuntivo ecc…). Qualora vi fossero aspetti di rilevanza penali e/o civili a chi compete adire la autorità competente? Qualora a causa mancata informazione decadessero termini per procedere a querela ecc..?”
Consulenza legale i 18/10/2023
Purtroppo non è possibile fornire alle domande rivolte una risposta esauriente.
Quello che si può dire in questa sede è che se si hanno dei sospetti in merito alla regolarità dei bilanci condominiali, è necessario farli esaminare da un revisore dei conti: solo tale figura professionale ha le necessarie competenze per dire se vi sono gli estremi per contestare vuoi in sede penale, vuoi in sede civile eventuali responsabilità.

Affinché si possa giungere a ciò è necessario ovviamente fornire a tale figura professionale tutta la documentazione che è possibile reperire inerente alla amministrazione dello stabile e alle annualità che destano i nostri sospetti, documentazione che ovviamente deve essere reperita e fornita dall’amministratore del palazzo. Se vi sono delle possibili irregolarità di bilancio è molto probabile che tale figura professionale sia reticente e poco collaborativa.
Sotto questo aspetto intervengono due norme fondamentali: il co. 8° dell’ art. 1129 del c.c., il quale impone all’amministratore dimissionario di consegnare al suo sostituto tutta la documentazione in suo possesso inerente lo stabile; l’art. 1130 bis del c.c., il quale prevede il diritto soggettivo esercitabile da ciascun condomino in qualsiasi momento di prendere visione e estrarre copia a proprie spese dei documenti giustificativi di spesa inerenti l’amministrazione del condominio.
In caso, quindi, di reticenza o di difficoltà nel reperire la documentazione di gestione, facendo proprio leva sulla normativa citata sarebbe ben possibile adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere un provvedimento di urgenza con il quale costringere l’ex amministratore (o anche l’attuale, se del caso) a fornire tutto il materiale necessario per un esame approfondito dei bilanci da parte di un revisore contabile. Sulla base poi del responso che darà tale figura professionale il legale successivamente potrà valutare la strategia più idonea da seguire, per la tutela degli interessi del condominio e dei proprietari che lo compongono, strategia che potrebbe esplicitarsi sia in denunce in sede penale, se si ravvisassero dei comportamenti che integrano ipotesi di reato, sia richieste risarcitorie in sede civile.
La condotta tenuta dall’amministratore infatti potrebbe anche avere dei risvolti penali, i quali però, come si è già detto devono essere prima verificati in maniera attenta e scrupolosa.

E’ possibile infatti che la condotta tenuta dall’amministratore uscente negli anni in cui ha ricoperto l’ufficio possa aver integrato il reato di appropriazione indebita, previsto e punito dall’ art. 646 del c.p..

Il reato in parola è di configurazione piuttosto semplice, atteso che lo stesso punisce la condotta del soggetto il quale si appropria, utilizzandola uti dominus, la cosa mobile altrui o il denaro.
Ai fini della sussistenza dello stesso è comunque necessario che il soggetto agente:
- sia ben consapevole dell’altruità della cosa;
- decida di utilizzarla come se fosse il proprietario della cosa medesima (e, dunque, anche di non restituirla).

Sono, questi, elementi chiaramente sussistenti nell’ipotesi di specie, in cui l’amministratore di condominio, ben consapevole dell’altruità della documentazione contabile, ha effettivamente omesso di restituirla.

Questo principio, peraltro, è stato sancito anche dalla Cassazione, con la sentenza n. 38660 del 2016.

Quanto alla questione della fattura, lo scenario è più complesso.

In questo caso, prescindendo da questioni “tecniche” afferenti alla correttezza dell’inclusione della fattura nel consuntivo etc., la questione penale potrebbe rilevare solo nell’ipotesi in cui la fattura predetta sia stata utilizzata per nascondere quello che potrebbe essere un indebito drenaggio di denaro da parte dell’amministratore a danno del condominio.

In questo caso i reati ipotizzabili potrebbero essere due:

- la precedentemente nominata appropriazione indebita, laddove la fattura sia stata utilizzata ex postper “giustificare” l’esborso di denaro del condominio;
- la truffa ex art. 640 del c.p. nella diversa ipotesi in cui la fattura sia stata emessa a monte e quindi sia servita da artificio per l’erogazione della somma sottostante, del tutto ingiustificata.

Quanto ai tempi per proporre querela, il nostro ordinamento afferma che il querelante ha a disposizione 3 mesi dal momento in cui ha l’esatta percezione del fatto costituente reato.
Nel caso di specie, dunque, possiamo ipotizzare due scenari:
- per quanto attiene all’appropriazione indebita della documentazione condominiale, i termini per proporre querela decorreranno dal momento in cui i condomini saranno perfettamente coscienti dell’intenzione dell’ex amministratore di non restituire la documentazione predetta;
- quanto, invece, alla diversa appropriazione indebita (o truffa) riguardante la fattura oggetto di sospetto, i termini cominceranno a decorrere allorché saranno compiuti i relativi accertamenti funzionali a comprendere cosa effettivamente si celi sotto quell’emissione della fattura.

G. B. chiede
lunedì 09/10/2023
“Il mio condominio ha stipulato un contratto bonus facciate.
È un mio diritto, quale propietario, di ottenere una copia autentica protocollata del contratto?
Se si, a chi la devo chiedere? Al direttore lavori, all'amministratore, all'ente pubblico ricevente?
E in base a quale articolo?”
Consulenza legale i 12/10/2023
La riforma del condominio del 2012 ha previsto un vero e proprio diritto soggettivo per il singolo proprietario di poter prendere visione e di estrarre copia di ogni documento inerente all’amministrazione dello stabile: questo diritto può rinvenirsi chiaramente nell’art. 1130 bis del c.c. nella parte in cui prevede che: "I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese".

La richiesta di accesso deve essere inviata all’amministratore di condominio, il quale, come si può facilmente notare da una rapida lettura della norma citata, può attribuire al richiedente un costo per l’attività di ricerca e copia del documento richiesto. Non è necessario che la copia estratta sia protocollata né tantomeno autenticata: l’amministratore non è titolare di alcun potere di autentica, anche se inerente ai documenti del suo ufficio, ne è soggetto a specifici obblighi di protocollazione dei documenti.


G. C. T. chiede
sabato 29/10/2022 - Sardegna
“Vorrei sapere se il seguente è l'unico modo di procedere legalmente per fare il rendiconto condominiale: prima si fa il registro di contabilità che equivale al c.c. bancario in quanto tutte le entrate e uscite devono passare per esso, poi il riepilogo finanziario (del registro di contabilità) la cui somma delle entrate e uscite corrispondono a quelle del c.c. bancario. Infine in fine la nota esplicativa che descrive i debiti e i crediti e le questioni pendenti. In sostanza è vero o no che le somme delle entrate e delle uscite del rendiconto sono uguali a quelle del c.c. bancario? A me non interessa rendiconto di cassa o di competenza interessa sapere ciò che comanda la legge. Se c'è un altro modo di fare il rendiconto vorrei sapere l'articolo del codice che lo descrive. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 07/11/2022
Il rendiconto condominiale è il documento contabile contenente le voci di entrata e di uscita, nonché ogni altro elemento e/o informazione inerente alla situazione economico-finanziaria e patrimoniale del condominio, per la cui redazione devono osservarsi stringenti principi, al fine di garantire la massima trasparenza e coerenza nella gestione condominiale.
Il riferimento normativo in materia di rendiconto condominiale è rappresentato dall’art. 1130 bis del c.c., che stabilisce espressamente che il bilancio si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti (in senso analogo anche, Tribunale di Catania, 12 aprile 2017).
Con riferimento al conto corrente condominiale, occorre rilevare che la legge di riforma condominiale (Legge 11 dicembre 2012, n. 220) ha sensibilmente modificato la normativa previgente in materia di gestione delle finanze in condominio, stabilendo all’art. 1129 del c.c. che l’amministratore ha l’obbligo di far transitare tutte le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché le uscite a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.
In altri più specifici termini, per effetto della riforma condominiale, qualsivoglia entrata imputabile al condominio (ad esempio quote condominiali) e uscita (pagamento dell’impresa di pulizie) deve avere chiara evidenza nel conto corrente condominiale.
L’obiettivo della riforma è chiaro: evitare pagamenti in contanti non tracciabili.
Chiarito tale preliminare aspetto, in merito al rapporto intercorrente fra il rendiconto e il conto corrente bancario o postale del condominio, è importante rilevare come questo debba fondarsi su una perfetta coerenza.
Ciò con specifico riferimento alla parte del rendiconto rappresentata dal registro della contabilità.
Come rilevato, una parte importante del rendiconto condominiale è rappresentata dal registro di contabilità ove, ai sensi dell’art. 1130 del c.c. sono annotati in ordine cronologico “i singoli movimenti in entrata ed in uscita”, ovverosia tutte le entrate e le uscite entro trenta giorni dall’effettuazione.
Il registro di contabilità è, dunque, un documento di natura continuativa di tutti i movimenti finanziari, che devono essere numerati e datati, secondo un ordine cronologico, con apposita indicazione della data di effettuazione e di registrazione dell’operazione, nonché l’indicazione dell’importo.
Occorre inoltre precisare che nel registro di contabilità confluiscono tutte le movimentazioni, sia quelle effettuate tramite mezzi tracciabili e individuabili nel conto corrente bancario o postale, sia quelle effettuate in contanti (a mero titolo esemplificativo eventuali quote condominiali versate dai condomini nei limiti stabiliti dalla legge o l’acquisto di beni o servizi di modico valore).
Ciò significa che, se nel conto corrente bancario o postale le entrate e le uscite hanno evidenza analitica, ovverosia sono annotate singolarmente, si ha perfetta coincidenza con il registro di contabilità che, come rilevato, per legge prevede l’annotazione dei singoli movimenti di entrata e in uscita. Allorquando tale annotazione bancaria non segua il criterio analitico (a esempio nel caso di quote condominiali versate in contanti da più condomini nei limiti stabiliti dalla legge e versate in una unica soluzione dall’amministratore nel conto corrente bancario o postale del condominio) si realizza una perfetta coincidenza solo a livello di saldo tra il registro di contabilità e conto corrente bancario o postale, ma non con riferimento alle specifiche movimentazioni.
È bene precisare che il denaro contante, ricevuto dai condomini e non versato sul conto corrente bancario o postale (casistica ormai rara), deve confluire e deve essere gestito in una “cassa contanti” gestita dall’amministratore.
In presenza di tale cassa contanti, al termine della gestione, il saldo del registro di contabilità deve coincidere con la somma del saldo del conto corrente bancario o postale e del saldo del conto cassa contanti.
In tal modo si realizza una coincidenza dei movimenti e dei saldi di conto corrente con le registrazioni effettuate nel registro di contabilità.
Ne deriva che nella situazione patrimoniale inclusa nel rendiconto condominiale, a fine gestione, è riportato il saldo finale di cassa (composto dal saldo di conto corrente bancario o postale e l’eventuale cassa contanti) dato dalla sommatoria del saldo iniziale di cassa a cui si aggiungono i movimenti di entrate e uscita effettuati nell’anno.
Alla luce di tali considerazioni non sussistono modalità alternative alla redazione e composizione del rendiconto condominiale, rispetto a quelle indicate dal codice civile e sopra delineate.
Con riferimento al tema della corrispondenza fra conto corrente e rendiconto, si precisa che, indipendentemente dal criterio adottato nella redazione del bilancio (criterio di cassa o criterio di competenza), principi di correttezza e trasparenza impongono che, a fine gestione, il saldo del conto corrente, indicato nella situazione patrimoniale del rendiconto condominiale, in cui sono riportati tutti gli incassi e gli esborsi effettivamente sostenuti nel corso dell’anno, così come riportati nel registro di contabilità, coincida con le movimentazioni bancarie.
Da ultimo si ritiene importante precisare che, da un punto di vista operativo, al fine di evidenziare gli effettivi costi sostenuti nel corso della gestione da parte del condominio è necessario ragionare con il criterio della competenza economica. Tale principio prevede la presentazione delle entrate e delle spese di competenza della gestione a prescindere dalla loro manifestazione finanziaria (incassi e pagamenti). Con tale modalità è possibile, infatti, determinare l’imputazione dei costi per i servizi resi al condominio e, dunque, la corretta attribuzione delle spese tra i diversi condomini e tra una gestione e l’altra. Tale modus operandi consente inoltre di rappresentare in maniera precisa i costi consuntivati nel corso della gestione e valutare quindi eventuali variazioni (in aumento o diminuzione) tra una gestione e l’altra, determinando quindi l’effettivo conguaglio di gestione (differenza tra quanto preventivato e quanto effettivamente speso). Solo attraverso questo esercizio sarà possibile determinare quanto effettivamente ciascun condomino è tenuto a contribuire, attraverso il pagamento delle rate condominiali, alla gestione del condominio.
Resta inteso che i costi di gestione non ancora pagati e i proventi (rate dei condomini o eventuali proventi derivanti da rimborsi o locazione di spazi condominiali) della gestione non ancora incassati verranno rappresentanti rispettivamente come debiti e crediti della gestione nella situazione patrimoniale del rendiconto condominiale.

Gian C. T. chiede
giovedì 18/02/2021 - Sardegna
“Confrontandolo con l'estratto conto bancario mi sono accorto che il registro di contabilità condominiale non è stato compilato regolarmente. Ora la mia domanda è: posso impugnare la delibera che approva il rendiconto soltanto nella parte che riguarda il registro di contabilità o devo per forza far revisionare tutto il rendiconto? La differenza sta nel fatto che ottenere tutta la documentazione per quest'ultima operazione sarebbe parecchio laborioso perché l'amministratore tergiverserebbe e farebbe delle resistenze. Invece sono in possesso dell'estratto conto bancario e del registro di contabilità e con questi il perito contabile ma anche una persona comune può facilmente dimostrare che non è stato rispettato il dettato dell'art. 1130: "Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita". Ripeto la domanda: Posso contestare in giudizio solo il registro di contabilità senza dover far fare al perito anche una valutazione del resto del rendiconto? In attesa di riscontro porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 19/02/2021
Come è stato già risposto nel precedente quesito in una controversia di questo tipo è essenziale affiancare al legale un consulente contabile. Si tenga conto che, anche se non si vuole far visionare la contabilità ad un professionista prima che la causa abbia inizio, nel corso del giudizio sarà obbligatorio chiedere al giudice la nomina di un consulente tecnico d’ ufficio che esamini i registri del condominio, e questo inevitabilmente impone, se si vuole avere una qualche speranza di vincere la causa, di nominare un consulente di parte che affianchi il perito nominato dal giudice.
In merito alla circostanza che l’amministratore possa fare qualche resistenza circa la consegna della documentazione, ci si limita a dire che la riforma del 2012 ha introdotto un vero e proprio diritto del singolo condominio di accedere alla documentazione attinente alla gestione del palazzo e di estrarne copia; a ciò fa da contraltare il dovere dell’amministratore di rendere effettivo tale diritto. Se pertanto l’amministratore incaricato dovesse opporre delle resistenze, si potrebbe ottenere con molta facilità un provvedimento del Tribunale che costringa l’amministratore a rendere disponibile tutta la documentazione richiesta.


Giacinto L. P. chiede
mercoledì 21/10/2020 - Lazio
“PAGAMENTO RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO; VALVOLE TERMOSTATICHE EDIFICIO A ROMA Circa 130 CONDOMINI. L'AMMINISTRATORE CI INVIA: circa a metà anno uno foglietto non firmato con i consumi in kWh, POI un pagamento di RATE 1,2,3,.... mensili di cifra FISSA basata sul' importo preventivo precedentemente approvato. Successivamente a fine periodo (anno) la somma totale verrà conguagliata in + e a volte in -. Presumo questo procedimento sbagliato perché la legge parla di pagamento a CONSUMO, e non ANTICIPATO. A mio avviso va pagato come per le fatture ACEA, GAS, o altro.
Potrei sapere se il mio parere è condiviso dalla legislazione vigente o no? e se si, quali sono n i riferimenti GRAZIE.”
Consulenza legale i 26/10/2020
Il comportamento adottato dall’amministratore può ritenersi corretto, ma solo in parte.
La riforma del condominio apportata nel 2012 ha sicuramente arricchito l’obbligo di rendicontazione in capo all’amministratore, disciplinato dall’art. 1130-bis del c.c., ma nella sostanza esso è ancora retto da due importanti documenti:
  • il bilancio consuntivo, che il codice chiama registro di contabilità
  • e il bilancio preventivo.
Nel primo documento l’amministratore raggruppa le spese in voci omogenee (es. amministrazione, pulizia scale, riscaldamento ecc… ecc..), e per ciascuna di esse indica gli oneri di spesa effettivamente sostenuti.
Nel bilancio preventivo, invece, l’amministratore indica quanto si prevede di spendere, sempre per ciascuna voce di spesa. L’obbligo di rendere il rendiconto preventivo viene espressamente previsto dal n. 2) dell’art. 1135, il quale indica tra i principali compiti della assemblea di condominio quello della: "approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini".
Nel bilancio preventivo, l’amministratore non fa altro che effettuare una valutazione su quanto costerà la gestione del palazzo per l’anno contabile che si sta aprendo, valutazione che deve essere necessariamente fatta sulla base delle spese effettivamente sostenute nell’anno contabile che si sta chiudendo indicate nel bilancio consuntivo.

Dando per scontato che tutti i condomini abbiano pagato le spese condominiali, è ovvio che se il singolo condomino ha dato un numero di contributi condominiali maggiore di quanto si era preventivato, esso si troverà a fine anno un saldo contabile a credito che gli dovrà essere riconosciuto nel pagamento degli oneri condominiali per il nuovo anno, come, al contrario, un proprietario che ha pagato oneri condominiali per una cifra inferiore rispetto a quanto effettivamente versato, avrà un saldo a debito che dovrà essere restituito insieme alle spese condominiali preventiva.

Il riscaldamento è sicuramente una delle voci in cui il meccanismo che si è appena descritto trova la sua maggiore applicazione. Supponiamo che l’amministratore del condominio Alfa abbia preventivato sulla scorta del bilancio consuntivo redatto di spendere complessivamente per la voce riscaldamento dell’intero stabile la cifra di € 100,00, e di questi € 100,00 abbia ritenuto che il condomino Tizio debba concorrere per € 10,00, poiché l’amministratore nota che nell’anno precedente lo stesso ha consumato riscaldamento per € 9,00. Se Tizio, contrariamente a quanto preventivato dall’amministratore, ha consumato per € 9,00 anziché €10,00 (perché ad esempio vi è stato un inverno piuttosto mite), quell’ € 1,00 di differenza andrà a credito e dovrà essere a lui restituito, sottraendolo contabilmente dagli oneri condominiali per l’anno successivo; se, invece, Tizio ha consumato € 11,00 anziché €10,00 (perché ad esempio vi è stato un inverno piuttosto freddo), è a debito di € 1,00, e questo debito andrà ad aumentare quanto Tizio dovrà versare a titolo di oneri condominiali per il nuovo anno contabile.

Nei condomini più complessi, come quello descritto nel quesito, è prassi abbastanza frequente quella di effettuare più rendicontazioni nel corso dell’anno anche per singole voci di spesa (come, appunto, il riscaldamento), invece di effettuarne una unica a fine anno. Tale comportamento, seguito dall’amministratore del caso specifico, non è assolutamente vietato, ma tali rendicontazioni parziali dovrebbero essere sottoposte alla approvazione della assemblea di condominio ai sensi dell’art.1135 del c.c., al pari di quella annuale definitiva. Solo l’approvazione del rendiconto da parte della assemblea fa sorgere in capo al proprietario l’obbligo di corrispondere gli oneri condominiali. In linea teorica, quindi, ci si potrebbe rifiutare di eseguire pagamenti a favore del condominio in assenza di una specifica approvazione assembleare.
E’ anche vero che approvare ogni singolo riparto parziale, renderebbe molto più gravosa la gestione dello stabile, anche in termini di costi, poiché si sarebbe costretti a convocare un numero maggiore di riunioni nel corso dell’anno, e la mancata approvazione dei rendiconti parziali da parte dell’assise può considerarsi sanata dalla approvazione del rendiconto finale di chiusura dell’anno da parte della assemblea. Ciò comporta che ciò che ci si può legittimamente rifiutare di pagare nel corso dell’anno, saremmo costretti a doverlo pagare successivamente una volta che il rendiconto definitivo sia stato regolarmente approvato.

Antonio T. chiede
sabato 22/02/2020 - Lombardia
“Egregi avvocati,

nel condominio in cui sono consigliere condominiale sono stati realizzati lavori di manutenzione che hanno interessato oltre alle facciate anche il lastrico solare e una torretta, entrambi di proprietà condominiale. L'accesso al lastrico solare, che a sua volta permette l'accessibilità alla torretta, avviene dalla parte condominiale di sottotetto tramite uno sportello.

Essendo consigliere e dato che la ditta in passato non aveva lavorato a regola d'arte (era stato addirittura deliberato che reintervenisse su una facciata), volevo controllare de visu il lavoro svolto dall’impresa sul lastrico solare e la torretta, che ripeto, sono entrambe proprietà comuni, ma di fatto mi è stato impedito l’accesso: l’impresa infatti, o chiunque sia, ha rimosso lo sportello preesistente e chiuso il passaggio tra il sottotetto e il lastrico solare, saldando o fissando un nuovo pannello in acciaio sul vecchio telaio e rendendo così di fatto impossibile l’accesso alle parti comuni (lastrico solare e torretta).

Ho segnalato la situazione all'amministratore, sia con due e-mail che con raccomandate r/r, ma non ho ricevuto altro che evasive risposte.

Rebus sic stantibus, vi porgo le seguenti domande.

1) chi deve vigilare sulle parti comuni? E' onere dell'amministratore?

2) non avendo potuto controllare la regolarità delle opere eseguite, sono obbligato a pagare la quota di mia competenza dei lavori prima della approvazione dei lavori eseguiti?

3) cosa posso fare per avere risposte concrete per ripristinare l'accessibilità al lastrico solare e torretta, e garantire in questa maniera le proprietà dei condomini tutti sulle parti comuni?

Faccio notare che quest'ultimo punto è particolarmente rilevante perché un condomino che ha l'appartamento adiacente alla torretta ha in passato avanzato una richiesta di acquisto
della stessa, respinta dal condominio, e il proprietario precedente aveva aperto una porta di accesso dalla propria abitazione alla torretta. Anche per questo motivo sono interessato a controllare che non sia stato alterato lo stato dei luoghi (magari mettendo in comunicazione diretta l'appartamento e le parti comuni) e che non si avvii l'usucapione delle parti comuni. Nella fattispecie, lastrico solare e torretta.

Ringrazio per l'attenzione e porgo molti cordiali saluti.

Consulenza legale i 01/03/2020
La figura che in prima battuta è tenuto a vigilare sulle parti comuni dell’edificio e sulla esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria è l’amministratore di condominio. Tale compito fondamentale trova il suo fondamento nel n.4) dell’art. 1130 del c.c. Nel momento in cui l’amministratore in qualità di legale rappresentante del condominio sottoscrive un contratto di appalto per la ristrutturazione di una parte dell’edificio, assume la qualifica di committente e come tale è tenuto ad esercitare i diritti di verifica sia nel corso della esecuzione dei lavori sia al termine degli stessi previsti dagli artt. 1662 e 1665 del c.c. È ovvio che tali diritti di verifica devono essere esercitati dall’amministratore nell’interesse dei proprietari amministrati; se ciò non avviene il professionista dovrà rispondere di tale mancanza sia sotto il profilo risarcitorio, sia, eventualmente, vedendosi rimettere l’incarico da parte dell’assemblea condominiale.
Proprio per la delicatezza di questo ultimo aspetto, quando si devono eseguire lavori di particolare complessità in condominio, l’amministratore durante la riunione condominiale chiamata a deliberare l’esecuzione dei lavori, spinge affinché venga nominato un direttore dei lavori esterno alla ditta appaltatrice. A tale figura cui l’amministratore delega, tra le altre cose, quei compiti di vigilanza in merito alla corretta esecuzione delle opere da parte della impresa appaltatrice.

Il consiglio di condominio è un organo introdotto dalla novella del 2012 al 2° comma dell’art. 1130 bis del c.c., e viene istituito nei condomini con almeno 12 unità immobiliari con delibera assembleare o viene previsto dal regolamento. La norma, in maniera piuttosto sbrigativa e frettolosa, ci dice che tale organo ha funzioni consultive e di controllo. In linea generale possiamo dire che il consigliere di condominio è chiamato a controllare l’attività dell’amministratore e a coadiuvare il suo operato, ma non a sostituirsi ad esso, rimanendo lui l’unico soggetto chiamato a vigilare sulle parti comuni e a rispondere in caso di omessa vigilanza.

Il fatto che non vi sia stata la possibilità di visionare lo svolgimento dei lavori non esonera il condomino da corrispondere gli oneri condominiali che erano stati stabiliti ed approvati in sede assembleare: l’obbligo di pagamento, infatti, deriva per il condomino non dalla corretta esecuzione dei lavori ma dalla approvazione della delibera stessa. Sarà compito dell’amministratore, nell’ambito dei poteri di vigilanza che si sono sopra descritti, verificare che i lavori sono stati correttamente eseguiti e, conseguentemente, corrispondere all’appaltatore il suo compenso.

L’aspetto che più desta perplessità nella vicenda descritta, è, piuttosto questa saldatura dello sportello che permette l’accesso al lastrico solare e alla torretta, entrambi beni comuni ai sensi dell’art. 1117 del c.c. In effetti tale fatto potrebbe essere indicativo di un impossessamento di tali parti comuni da parte di un condomino, escludendo dal godimento di tali beni gli altri comproprietari: ciò potrebbe portare, nella indifferenza generale protrattasi negli anni, ad un tentativo di usucapire il bene comune. Sotto questo aspetto, però, ci si sente di tranquillizzare l’autore del quesito, in quanto i tempi per usucapire sono particolarmente lunghi (in linea di massima occorrono venti anni di possesso pacifico ed ininterrotto ai sensi dell’art. 1158 del c.c.), e quindi si è assolutamente nei termini per porre in essere le contromisure del caso.
Posto che già l’amministratore è intenzionato a convocare in prima battuta il consiglio di condominio, la prima cosa da fare in quella sede è insistere affinché venga convocata una assemblea di condominio straordinaria, avente tra gli argomenti all’ordine del giorno la discussione circa il ripristino del varco di accesso al lastrico solare e alla torretta attraverso la parte di sottotetto condominiale.
Se l’assise rimarrà inerte e non prenderà alcuna decisione volta a ripristinare lo stato dei luoghi nella situazione antecedente, si potrebbe anche valutare la possibilità di adire il giudice al fine di ottenere ai sensi degli artt. 1168 e 1170 del c.c. un provvedimento volto a garantire il pieno accesso alle parti comuni da parte di tutti i condomini.
La giurisprudenza assolutamente costante ammette, infatti, che in caso di inerzia dell’amministratore di condominio anche il singolo condominio possa agire cautelativamente al fine di tutelare il proprio possesso sulle parti comuni dell’edificio (Cass. Civ. n.17686/2003).


Gian C. T. chiede
sabato 09/11/2019 - Sardegna
“Non son presente alle assemblee condominiali e non do deleghe. L'amministratore, sono anche parole sue, fa un rendiconto di competenza. La sentenza del Tribunale di Roma sez. V 02/10/2017 e la sentenza della Cassazione 10153/11 dicono che il rendiconto deve essere di cassa e non di competenza. Ora la mia domanda è: se impugno la delibera di approvazione del rendiconto di competenza chiedendo che venga annullata e sostituito con un rendiconto di cassa quante probabilità ho di vincere? Grazie”
Consulenza legale i 13/11/2019
La riforma del condominio del 2012 è intervenuta in maniera importante sul contenuto del rendiconto condominiale introducendo l’art. 1130bis del c.c., il quale ha da un lato indicato quali documenti deve comporsi tale fondamentale documento, e dall’altro ha dato una linea guida a quali principi deve attenersi l’amministratore nella sua stesura. Soffermandoci su tale ultimo aspetto, anche se non soggetto ai rigidi principi di redazione dei bilanci societari, l’art. 1130 bis del c.c. ci dice che le voci di entrata e di uscita del rendiconto condominiali devono essere indicati in modo tale da consentirne l’immediata verifica. Da ciò viene fatto discendere che l’amministratore nella redazione del rendiconto debba rispettare i principi di:
- chiarezza: il rendiconto deve essere comprensibile a tutti ed accompagnato da una nota esplicativa che ne faciliti la comprensione;
- trasparenza: il rendiconto deve indicare tutti gli elementi necessari a delineare in maniera nitida la situazione patrimoniale e contabile dello stabile;
- verità: i dati riportati devono essere veri e trovare riscontro nei documenti contabili e bancari che compongono la gestione condominiale.

L’art. 1130 bis del c.c. non precisa espressamente se il rendiconto condominiale debba essere redatto secondo il principio per cassa o per competenza.
Se redatto secondo il principio per cassa, il rendiconto dovrà indicare solo le entrate e le uscite avute in un determinato periodo di tempo, con una assoluta corrispondenza tra i movimenti registrati nel consuntivo e quelli presenti negli estratti conto condominiali. In questo senso, quindi, la fattura di un determinato servizio (es. manutenzione ascensore) emessa a dicembre 2019 e pagata dall’amministratore a gennaio 2020, non dovrà essere riportata nel consuntivo per l’anno 2019, ma in quello per l’anno 2020.
Se invece si applica il principio per competenza, nella redazione del consuntivo si dovrà registrare la fattura contabile nel momento in cui la stessa viene emessa nei confronti del condominio, indipendentemente dal momento in cui la stessa viene pagata dall’amministratore. In questo senso la fattura emessa a dicembre 2019 ma pagata nel gennaio 2020, dovrà essere comunque inserita nel consuntivo 2019 e conseguentemente ripartita per i millesimi di riferimento.
A fronte del fatto che l’art.1130 bis del c.c. non ci dice chiaramente con quale dei due criteri debba essere redatto il rendiconto, un filone giurisprudenziale, di cui le sentenze citate nel quesito fanno parte, ritiene che il bilancio debba essere redatto secondo il principio per cassa, in quanto permetterebbe maggiormente quella immediata verifica tra entrate ed uscite richiesta dall’art.1130 bis del c.c.
Vi è da dire però che la giurisprudenza sul punto non può definirsi assolutamente pacifica e acquisita, stante anche l’incertezza del dato normativo, pertanto non possiamo assolutamente garantire che una eventuale impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di condominio, adducendo che lo stesso doveva essere redatto con il criterio per cassa in luogo di quello per competenza, possa trovare sicuro accoglimento innanzi al giudice.
Inoltre, si sottolinea come molti amministratori, proprio per prevenire simili impugnazioni. dopo la riforma del 2012 hanno per prassi lavorativa affiancato al classico bilancio consuntivo e preventivo, e agli altri documenti richiesti dall'art.1130 bis del c.c., la redazione di un registro di cassa in cui vengono annotate, in conformità agli estratti conto del conto corrente bancario condominiale, le entrate e le uscite avvenute nel periodo preso a riferimento. È quindi opportuno prima di intraprendere qualsiasi iniziativa far esaminare il rendiconto da un esperto revisore contabile.

Affrontato il merito della questione proposta, è giusto soffermarci anche su alcuni aspetti processuali che emergono dal quesito. Il suo autore ci dice che egli non era presente durante la riunione di approvazione del rendiconto né personalmente né per delega e chiede se nonostante questo sia possibile impugnare quanto deciso dall'assise. La giurisprudenza, per ora costante, ritiene che una delibera che approvi un rendiconto condominiale non conforme in tutto o in parte a quanto disposto dall’art. 1130 bis del c.c., sia affetta da un vizio di semplice annullabilità, e non da un più grave vizio di nullità (in questo senso Trib. Torino n. 3528 del 04.07.2017).

Ai sensi dell’art.1137 del c.c. una delibera semplicemente annullabile deve essere impugnata entro il rigido termine perentorio di 30 giorni i quali decorrono per il condomino assente (come nel caso del quesito), dal giorno in cui lo stesso ha avuto conoscenza della delibera. È molto importante il rispetto di tale termine! La presentazione di una eventuale impugnazione tardiva, infatti, renderebbe del tutto infruttuoso qualsiasi ricorso alla autorità giudiziaria. A fronte della assenza di un condomino ad una riunione, il buon amministratore dovrebbe avere cura di consegnare il verbale della stessa o per mezzo di una raccomandata con avviso di ricevimento o al massimo con una raccomandata a mani. Tale ultima forma di raccomandata si ha quando l’amministratore si presenta davanti ala porta di casa del singolo condomino, consegna a quest’ultimo il verbale della riunione di condominio e contestualmente viene firmata dal destinatario una semplice ricevuta di consegna. In questi due ultimi casi è facile intuire che il termine perentorio di 30 giorni decorre dal momento in cui il postino o l’amministratore consegnano il verbale al condomino assente. Il giorno da cui iniziare il computo di tale termine è facilmente dimostrabile in giudizio: basta che l’amministratore (o meglio il legale del condominio), depositi la cartolina di ritorno della raccomandata postale o la ricevuta di consegna della raccomandata a mani.

È frequente però la prassi, molto in voga tra gli amministratori che vogliono risparmiare sulle spese postali e che” si fidano”, di limitarsi a inserire una copia del verbale della riunione nella cassetta della posta di ogni singolo condomino, senza farsi rilasciare alcuna ricevuta! In questo caso il condominio non ha modo di dimostrare, in caso di contenzioso, il momento in cui il condomino assente ha nei fatti avuto conoscenza della delibera condominiale adottata in una riunione in cui non era presente personalmente o per delega. Dal lato pratico l’impugnazione della delibera annullabile potrà avvenire anche decorsi 30 giorni dalla sua approvazione, in quanto in giudizio non si potrà determinare il giorno preciso da cui iniziare il computo del termine perentorio previsto dall’art. 1137 del c.c., e quindi capire se la impugnazione è stata proposta tempestivamente.
In conclusione, è sempre necessario proporre impugnazione della delibera di approvazione del bilancio entro i 30 giorni dalla sua consegna se la stessa è stata spedita all’assente per mezzo di raccomandata (o se è stata consegnata personalmente dall'amministratore). Se invece l’amministratore non si è curato di rendere nota la delibera agli assenti con mezzi che permettono una facile prova della avvenuta consegna, si può rischiare una impugnazione della stessa anche oltre il rigido termine previsto dalla legge.

M. M. R. chiede
venerdì 11/10/2019 - Lombardia
“Buongiorno, volevo richiedere consulenza per spese condominiali Condominio (omissis).
Io e mio marito abbiamo acquistato 2 appartamenti alla asta dal Tribunale di Brescia nel ... con atto di trasferimento.... Il complesso residenziale è composto da 34 app.ti su un’area di 14.000 mq con piscina e giardino, inizio costruzione dal parte della società (omissis) nel 2008 con erogazione per sostenere i costi della costruzione di 3 mutui da parta della banca.
Nel 2013 la banca esegue esecuzione forzata facendo pignorare 25 app.ti che verranno messi all’asta dal tribunale di Brescia esecuzione n. ... con provvedimento ...
Le vendite sono state: 5° asta .../2017 venduti 3 app.ti , 6° asta .../2018 venduti 10 , 7° asta .../2019 venduti 11 app.ti , (premesso che gli acquirenti dall’asta devono pagare le spese dell’anno in corso e dell’anno precedete)
L’amministratore redige bilanci consuntivi e preventivi “anomali e non veritieri”, nello specifico nel bilancio consuntivo 2018 dove la società costruttrice era proprietario di 21 app.ti di cui venduti 10 , l’amministratore imputa al condomino moroso non tutte le spese di competenza ma solo parziali: esempio il costo dell’amministratore e della piscina pari a 87+233€= 320/cad. condomino viene imputato alla società costruttrice solo per 320€ e non per 320 x 11 app.ti quindi per un totale di 520€.
Inoltre la società costruttrice, sempre nel bilancio consuntivo 2018, risulta debitrice di 31.264,62 e l'amministratore scala spese per 18.753,99 che non giustifica, come anche non giustifica perché i nuovi acquirenti dall’asta del 2018 hanno pagato un totale di 8.468,91, quindi non spiega come ha fatto a scalere la differenza (18.753,99-468,91= 10.285,08), tenuto conto che la società costruttrice è ora in liquidazione e non ha mai versato nulla, e che non è mai stato costituito un fondo cassa per maggiori costi addebitati ai condomini paganti per coprire il debito del costruttore moroso.
Inoltre nel complesso residenziale la società costruttrice in liquidazione risulta ancora proprietaria nel complesso di un “deposito a cielo aperto” destinata ad area ristoro (che ha un subalterno) che non è stato pignorato dalla banca prima creditrice e neppure da altri creditori.
L’amministratore ha una gestione singolare del condominio, es la convocazione viene recapitata a mano con solo la lettera di convocazione non allegando il Bilancio consuntivo e preventivo , ma questi vengono dall’amministratore consegnati il giorno dell’assemblea ai soli presenti.
Ho richiesto all’amministratore di convocare assemblea straordinaria per lavori vari e sistemare i conteggi del costruttore moroso e inoltre ho richiesto copie dei bilanci degli ultimi 10 anni , ma l’amministratore tergiversa nella consegna dicendo che è impegnato, e che con la prossima assemblea vuole far deliberare di estinguere in toto il debito del moroso (premetto che la società costruttrice è in liquidazione e non è né fallita né chiusa ).
I miei quesiti sono:
1) posso pretendere copia dei bilanci consuntivi e preventivi degli ultimi 10 anni? Per verificare i conteggi che risultano falsati
2) si può supporre un “falso in bilancio” visto che l’amministratore non ha tutelato tutti i condomini ma ha favorito in modo univoco il costruttore moroso scalando 10.285 di spese senza giustificazione solo nel 2018, e non si sa negli anni precedenti?
3) una volta ricostruito il debito reale della società costruttrice possiamo come condominio fare ingiunzione e compensare il debito con il deposito /area ristoro (visto che quest’area non è stata pignorata da nessuno) con atto notarile?
Distintamente.”
Consulenza legale i 31/10/2019
La richiesta di consegna della documentazione condominiale. L’analisi del bilancio condominiale.
L’ amministratore di condominio è in prima battuta un mandatario dei singoli proprietari chiamato a gestire in nome e per conto dei condomini le parti comuni dell’edificio.
Oltre che dalle norme specifiche previste dal diritto condominiale l’attività dell’amministratore viene regolata anche dalla disciplina del contratto di mandato, in cui per il caso prospettato riveste una importanza particolare l’art. 1713 del c.c. il quale prevede l’obbligo di rendiconto. Con tale norma il mandatario è tenuto a rendere conto al mandante del suo operato e a rimettergli tutto ciò che ha ricevuto in esecuzione dell’incarico.

La normativa condominiale va ulteriormente a specificare l’obbligo di rendicontazione. Il n. 8) dell’art. 1130 del c.c. dispone che l’amministratore debba conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione, riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio. Funzionale a tale obbligo di conservazione è il successivo art. 1130bis del c.c. il quale molto chiaramente ci dice: "I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese. Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione". Il comma 7° dell’art. 1129 del c.c. dispone, inoltre, che il singolo condomino ha diritto per il tramite dell’amministratore ad accedere a tutta la documentazione bancaria inerente al conto corrente condominiale, documentazione che deve essere conservata anche presso lo stesso professionista in adempimento al già citato n. 8) dell’art. 1130 del c.c.

Garantire l’accesso a tutta la documentazione contabile-bancaria condominiale diventa, quindi, uno dei principali doveri a cui è tenuto il professionista, e, conseguentemente, uno dei principali diritti dei proprietari amministrati. In forza di ciò, nel caso cui l’amministratore ponga delle resistenze a far visionare o ad estrarre, in tutto o in parte, la documentazione riferibile alla gestione dello stabile, è possibile per ogni condomino interessato adire il giudice con l’ausilio di un legale affinché si ottenga un provvedimento cautelare di urgenza ex. art. 700 c.p.c. Con tale tipo di provvedimento si può indurre l’amministratore reticente a consegnare tutta la documentazione relativa alla amministrazione dello stabile.
Questo è il primo passo fondamentale per iniziare una verifica seria della contabilità condominiale: una volta ottenuta la documentazione è necessario rivolgersi ad un revisore dei conti che affianchi il legale e lo aiuti a capire se vi è la presenza di irregolarità tali da permettere di poter muovere all’amministratore dei rimproveri vuoi di natura penale vuoi di natura civilistica.

Le conseguenze civilistiche in caso di gravi irregolarità contabili e il recupero delle spese dalla società morosa. La compensazione con il deposito area ristoro.
Se a seguito del predetto esame contabile, il quale può essere commissionato anche da un singolo proprietario interessato, emergano delle gravi irregolarità contabili ai sensi dei co. 11 e 12 dell’art. 1129 del c.c. l’assemblea condominiale, opportunamente convocata anche da un solo condomino, può provvedere a destituire il professionista con una delibera approvata con le maggioranze di cui al co. 2° dell’art. 1136 del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno la metà del valore dell’edificio: 500 millesimi). Qualora in sede assembleare non si raggiungessero le maggioranze necessarie per destituire l’amministratore, è possibile per ciascun condomino ricorrere alla autorità giudiziaria al fine di richiederne la revoca per mezzo di un provvedimento giudiziario. È pleonastico sottolineare che in sede giudiziaria sarà fondamentale allegare al ricorso introduttivo la relazione tecnica realizzata dal revisore contabile, nel quale venga messa in evidenza le gravi irregolarità commesse nella gestione dello stabile: il giudizio di revoca si svolgerà, infatti, in contraddittorio con l’amministratore accusato, il quale, come è facile immaginare, proverà in ogni modo a sostenere la bontà del suo operato.
È interessante notare come il co. 11 dell’art. 1129 del c.c. disponga che in caso di accoglimento della domanda di revoca il ricorrente, per le spese del giudizio, abbia titolo di rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.

Ovviamente in caso di gravi irregolarità le conseguenze per l’amministratore non si fermano alla sola revoca dall’incarico, in quanto potrà essere chiamato a rispondere dei danni patrimoniali che la sua gestione ha causato all’intera compagine condominiale.
Nel caso prospettato una delle voci di danno che andranno a comporre la richiesta di risarcimento che potrà essere avanzata dall’amministratore sarà sicuramente la parte di debito condominiale, ricostruito correttamente a seguito della perizia contabile, che non sarà possibile recuperare dalla società costruttrice morosa.

Se dall’esame della documentazione contabile emergerà una gestione errata che ha favorito la società costruttrice morosa, sicuramente sarà astrattamente possibile richiedere a tale società il pagamento del debito condominiale come correttamente ricostruito; sul punto però è giusto fare alcune riflessioni.
Al di là del fatto che la società costruttrice sia in liquidazione o meno o possa liberamente operare sul mercato - non sia quindi soggetta ad una qualche procedura concorsuale - il fatto che abbia subito una importante procedura esecutiva da parte di un istituto bancario è sintomo che la stessa o è prossima alla decozione o comunque non navighi in buone acque. Ciò potrebbe rendere estremamente arduo il recupero del debito condominiale, in quanto se anche si ottenesse un provvedimento giudiziario di condanna al pagamento dell’arretrato, potrebbero non esserci beni sufficienti da aggredire in un eventuale procedimento esecutivo. Se poi il condominio dovesse trovarsi coinvolto in qualche procedura concorsuale, le probabilità di recupero del dovuto sarebbero ancora più esigue, in quanto i crediti condominiali sono chirografari e quindi non assistiti da nessuna causa di prelazione. Nelle procedure concorsuali,solitamente, gli unici creditori che possono sperare di recuperare qualcosa, fisco a parte, sono quei creditori titolari di una ipoteca, meglio se di 1°grado (le banche), oppure in subordine i crediti assistiti da un qualche privilegio.
Posto questo se la società costruttrice può operare liberamente nel mondo giuridico, è assolutamente possibile compensare in tutto o in parte il debito a carico della società con l’acquisto da parte del condominio del deposito area ristoro. Vi è da dire, che se anche la società fosse sottoposta ad una procedura concorsuale, l’amministratore della procedura avrebbe tutto l’interesse a liberarsi di tale bene di scarso valore economico anche a cifre piuttosto irrisorie.

Le responsabilità penali derivanti da una non corretta gestione contabile del condominio.
Venendo ora ad occuparci della 2° domanda posta dall’ampio quesito, si tratterà qui delle eventuali conseguenze penali a cui l’amministratore potrebbe andare incontro nel caso lo stesso avesse commesso gravi irregolarità contabili e amministrative.
Quanto al falso in bilancio, il reato in questione non può sussistere nel caso di specie.
L’art. art. 2621 del c.c. del codice civile, invero, delimita una fattispecie creata per punire solo le falsificazioni che avvengono all’interno delle società propriamente dette. In tal senso depongono numerose circostanze:
• il fatto che il reato può essere posto in essere solo dalle tipiche figure che svolgono un ruolo amministrativo e/o prettamente contabile all’interno delle società (amministratori, sindaci e soggetti preposti alla redazione dei documenti contabili societari);
• il fatto che la documentazione sulla quale può essere commesso il falso è quella tipica delle società (si veda, in particolare, l’inciso “nelle altri comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico”;
• il fatto che il disvalore della condotta è connesso, dalla norma stessa, anche a tutte quelle condotte che possano trarre in inganno sulla consistenza patrimoniale della società.
D’altro canto, in tal senso depone anche la ratio stessa dell’incriminazione che, sostanzialmente, costituisce uno dei maggior presidi per il controllo della correttezza dell’operato degli amministratori delle società e, dunque, della tutela dell’affidamento dei soci.
L’impossibilità di estendere la fattispecie in esame al condominio deriva, poi, anche dall’impossibilità, nel nostro sistema penale, di dilatare l’applicazione della legge penale facendo in modo che una qualsivoglia disposizione sia applicata a casi per i quali non era stato affatto pensata (cd. divieto di analogia in malam partem).
Sebbene, comunque, la condotta dell’amministratore, ove davvero si sia estrinsecata in una falsificazione del bilancio, non possa essere sussunta nell’alveo del reato di false comunicazioni sociali, non è detto che la stessa sia priva di rilevanza penale.
Accade spesso, infatti, che la falsificazione del bilancio da parte dell’amministratore condominiale sia lo stratagemma utilizzato dallo stesso per occultare altre condotte criminose che, generalmente, consistono nella distrazione di denaro dal condominio a vantaggio proprio o di altro soggetto.
In tale ultimo caso, il comportamento dell’amministratore potrebbe essere inquadrato nella fattispecie di appropriazione indebita ( art. 646 del codice penale) o in quello di truffa ( art. 640 del medesimo codice), laddove la falsificazione del bilancio rappresenti un artificio utilizzato "per procurarsi un vantaggio e cagionare ad altri un danno."

Alfredo B. chiede
giovedì 28/02/2019 - Toscana
“In un bilancio consuntivo condominiale redatto per competenza ed approvato, i costi addebitati (100 euro) di spese non avvenute (lavori non effettuati ), possono essere componenti del saldo consuntivo debitorio finale richiesto con D.I ?

Nello stesso bilancio può l’amministratore scomputare con un assegno di 100 euro (a lui intestato pagato da Assicurazioni ma che questi ben sa essere un rimborso al condomino per addebito fattogli in bilancio approvato di una spesa per danno ,riconosciuto poi coperto da assicurazione condominiale ) la spesa futura di 100 euro addebitata, o meglio il suo impegno di spesa, per lavori straordinari?”
Consulenza legale i 13/03/2019
Anche dopo la riforma del diritto condominiale apportata dalla L. n. 220\2012 i documenti principali che compongono il rendiconto condominiale rimangono il bilancio consuntivo e il bilancio preventivo, a cui il nuovo art. 1130 bis del c.c. affianca un riepilogo finanziario e di una nota sintetica illustrativa.
Con il bilancio consuntivo l’amministratore elenca, raggruppandoli per voci di spesa, tutte le uscite effettivamente sostenute dal condominio nell’anno contabile di riferimento. Le voci di spesa vengono poi ripartite tra tutti i condomini per mezzo delle tabelle millesimali nel tabellone di riparto finale. Nel consuntivo si trovano inoltre elencate le entrate godute durante l’anno contabile dal condominio che solitamente sono rappresentati dai versamenti dei singoli proprietari. Con il bilancio preventivo invece l’amministratore elenca le spese che la gestione si prevede dovrà sostenere con ogni probabilità per l’anno contabile che deve ancora iniziare. Anche in questo caso le voci di spesa presenti nel preventivo vengono ripartite per mezzo delle tabelle millesimali tra tutti i condomini.
Dovendo rappresentare le spese effettivamente sostenute durante l’anno, ogni voce elencata nel consuntivo deve necessariamente trovare riscontro sia in un documento giustificativo (es. fattura o ricevuta fiscale), che in una uscita dalla cassa condominiale (es. il bonifico bancario per mezzo del quale si è materialmente pagato il fornitore). In questo senso è importante precisare che l’art. 1130 bis del c.c. dispone che le voci del bilancio condominiale siano elencate in modo tale da consentire una immediata verifica.

Questa corrispondenza può essere riscontrata da qualsiasi condomino, o da un professionista da esso delegato, richiedendo all’amministratore l’accesso alla contabilità del condominio. Il co.2° dell’art.1129 del c.c. dispone, infatti, che è fatto obbligo all’amministratore di comunicare i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta, può prendere visione ed estrarre copia della documentazione contabile del condominio.

Se non sussiste la corrispondenza tra la documentazione contabile e bancaria e la relativa voce nel bilancio consuntivo, i casi possono essere due: o l’amministratore ha errato nella redazione del rendiconto condominiale, oppure ha volutamente inserito una voce falsa nel bilancio consuntivo.
Se siamo di fronte alla prima ipotesi è molto probabile che il professionista accortosi della svista la corregga autonomamente, convocando una nuova riunione condominiale chiamata a ratificare il precedente rendiconto approvato. Se viceversa ci troviamo di fronte ad una falsità in bilancio volutamente inserita da chi amministra lo stabile, tale condotta può nascondere diverse ipotesi di reato, dalla truffa alla appropriazione indebita: stiamo quindi parlando di un professionista disonesto che ha posto in essere dei reati, il quale, al di là degli aspetti penali della vicenda, può essere revocato oltre che dai condomini, anche dalla autorità giudiziaria ex. art.1129 co.11 del c.c.
La delibera assembleare che ha approvato un rendiconto contenete errori od omissioni (voluti o meno), può essere impugnata ai sensi dell’art. 1137 del c.c. entro 30 giorni, i quali decorrono: per i condomini assenti, dal giorno della comunicazione della delibera, per i condomini presenti ma che si sono astenuti o hanno espresso voto contrario, dal giorno della riunione di condominio.
E’ opportuno precisare che qualora si abbia il sospetto che il bilancio condominiale approvato non rappresenti adeguatamente la reale situazione economico-finanziaria della gestione appena trascorsa, prima di provvedere ad impugnare la delibera di approvazione del rendiconto, è opportuno far verificare ad un revisore dei conti condominiale la fondatezza dei nostri dubbi.

Risposto a questa prima parte del quesito veniamo a trattare il secondo aspetto.
Nella quotidianità della vita condominiale sovente capita che l’amministratore che incassa un risarcimento dalla compagnia assicurativa condominiale, compensi tale credito con le spese condominiali dovute dai singoli proprietari. In questo caso, infatti, ci troviamo di fronte alla coesistenza di due rapporti obbligatori a soggetti invertiti: il primo che ha ad oggetto le spese condominiali che ciascun proprietario deve alla gestione dello stabile, il secondo che ha ad oggetto la somma liquidata dalla compagnia assicurativa all’amministratore, ma che lo stesso deve poi elargire ai singoli condomini che ne hanno diritto.
La compensazione è un modo di estinzione della obbligazione previsto dall’art. 1241 del c.c. che si verifica quando due soggetti sono obbligati l’uno verso l’altro: in questo caso i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti. Secondo la giurisprudenza la compensazione opera automaticamente ex. art. 1242 del c.c. dal giorno in cui i due crediti coesistono, ma affinché tale estinzione automatica possa operare devono sussistere tre presupposti:
1) i due crediti devono avere ad oggetto cose fungibili, ovvero cose sostituibili l’uno con l’altro (si pensi in questo senso al denaro);
2) i due crediti devono essere liquidi, ovvero certi nel loro ammontare;
3) i due crediti devono essere esigibili dai rispettivi creditori, ovvero non devono essere sottoposti a termine o condizione che impediscano all’avente diritto la possibilità di chiederne l’adempimento.

Calando quanto detto finora nel contesto condominiale si può dire che qualora un proprietario abbia una morosità arretrata nel pagamento dei contributi condominiali e non vi siano contestazioni in essere, è lecito il comportamento dell’amministratore che compensi il debito del condomino con quanto ad esso dovuto a titolo di risarcimento. Il discorso è diverso nel caso in cui il proprietario sia in pari con i pagamenti delle spese condominiali. Come sappiamo il pagamento dei contributi condominiali vengono rateizzati in diverse tranche da corrispondere nel corso dell’anno contabile: pertanto, la singola rata diventa esigibile da parte dell’amministratore solo nel momento in cui decorre il termine in cui la stessa deve essere pagata.
In linea teorica, quindi, solo dal momento in cui la quota di onere condominiale può essere pretesa dall’amministratore, lo stesso può compensare tale debito con la somma dovuta dal condominio a titolo di liquidazione del risarcimento riconosciuto dalla assicurazione dello stabile. È quindi del tutto lecita la richiesta del singolo proprietario, perfettamente in pari con i pagamenti delle spese condominiali, che richiede all’amministratore il pagamento sul suo conto corrente del risarcimento riconosciuto dalla assicurazione, invece che vedersi compensata tale somma sulle successive rate degli oneri condominiali non ancora divenute esigibili.
Vi è da dire, però, che l’istituto della compensazione può essere anche volontario, in questo senso due soggetti che hanno reciproci rapporti di debito credito possono decidere di compensare le poste attive e passive anche se non sono ancora maturati tutti i requisiti indicati dall’art. 1242 del c.c. e, quindi, anche se uno dei due debiti non sia ancora divenuto esigibile. Sovente capita che l’amministratore compensi la liquidazione della assicurazione su rate di spese condominiali non ancora scadute, e il condomino nulla obbietti. In questo caso si può tranquillamente ritenere che tra la compagine condominiale e il singolo proprietario si sia tacitamente formato per facta concludentia un accordo di compensazione ai sensi dell’art.1252 del c.c. perfettamente lecito.

Giancarlo A. chiede
martedì 24/07/2018 - Lombardia
“Quali iniziative possono essere adottate, da un condomino, verso l'amministratore di condominio che si rifiuta di fornire copia di documenti contabili?
Quale iter bisogna seguire per correggere un bilancio di condominio con consistenti errori? Occorre riconvocare l'assemblea?”
Consulenza legale i 27/07/2018
Per comodità espositiva si risponderà prima alla seconda domanda per poi passare alla prima.
Quale iter bisogna seguire per correggere un bilancio di condominio con consistenti errori? Occorre riconvocare l'assemblea?

La rendicontazione condominiale, disciplinata dall’art.1130 bis del c.c., è stata profondamente modificata dalla riforma apportata dalla L. n. 220 del 2012. Essa si compone di:
a) un registro di contabilità: ove vengono annotate le entrate e le uscite di cassa registrate durante l’anno di bilancio;
b) un riepilogo finanziario: dove vengono registrate le spese sostenute durante l’anno di gestione (il c.d. bilancio consuntivo), e dove vengono registrate le spese che si prevede di sostenere nell’anno successivo (il c.d. bilancio preventivo);
c) una nota sintetica: con tale documento l’amministratore è chiamato ad illustrare i criteri che ha seguito nella relazione del rendiconto e i fatti maggiormente rilevanti della vita condominiale accaduti durante l’anno (es. un cambio di un fornitore, la sussistenza di contenziosi in corso, ecc. ecc.).
Il fine fondamentale di detta normativa è quella di garantire al condomino una illustrazione chiara e precisa della situazione patrimoniale dello stabile e, soprattutto, che essa sia reale e fedele alla situazione contabile del condominio.

Proprio per garantire l’attuazione dei principi sopra enunciati, il legislatore del 2012 ha introdotto, sempre all’art. 1130 bis del c.c., una nuova figura professionale, prima non normata: il revisore dei conti condominiale. Esso ha come compito principale quello di verificare la contabilità, appurando se l’amministratore in carica ha correttamente svolto il suo lavoro. Il revisore condominiale può essere nominato dalla assemblea di condominio in qualsiasi momento per una o più annualità di bilancio, con le maggioranze di cui all’art.1136 commi 2° e 4° del c.c.

Al di là della figura del revisore contabile, la cui nomina non è obbligatoria, è ben possibile che l’amministratore si sbagli nella redazione del rendiconto.
L’ errore può essere di diverse tipologie: di calcolo, ad esempio quando l’amministratore si sbaglia a sommare l’ammontare delle singole fatture di una voce di spesa del bilancio; un utilizzo di un criterio di ripartizione errato per determinate voci di spesa: ad esempio quando l’amministratore usi per le spese ascensore la tabella generale in luogo di quella scale ex art.1124 del c.c.; oppure una errata duplicazione delle voci di spesa.

In tutti questi casi di errore derivato da imperizia e disattenzione dell’amministratore, nulla vieta che lo stesso, accortosi del suo errore, possa riconvocare l’assemblea ai sensi dell’art. 66 disp. att. del c.c., al fine di annullare la precedente delibera di approvazione del bilancio, e riapprovare un bilancio corretto. Tale possibilità di adottare una delibera correttiva è sempre ammissibile e trova il suo fondamento nell’art. 2377 del c.c, norma di diritto societario che, in quanto principio generale, può trovare applicazione anche in ambito condominiale, secondo giurisprudenza costante della Cassazione. Se vi è un pacifico e collaborativo rapporto tra amministratore e condomini, possono essere anche questi ultimi a sollecitare l’amministratore sul punto, eventualmente richiedendo una convocazione del consesso assembleare per iscritto, sempre secondo quanto disposto dall’art 66 disp. att. del c.c.
Ovviamente in alternativa ad una via bonaria, è possibile anche adire l’autorità giudiziaria, impugnando la delibera di approvazione del bilancio errato. Si deve però effettuare una distinzione: nel caso in cui l’errore derivi da un criterio errato nella ripartizione delle voci di spesa, la delibera è meramente annullabile entro i termini dell’art. 1137 del c.c. (si veda in tal senso Cass. Civ., Sez. II, n. 6714 del 19.03.2010); qualora ci si trovasse di fronte a veri e propri duplicazioni di voci di bilancio, la delibera di approvazione di un rendiconto di tal fatta sarebbe radicalmente nulla, in quanto lesiva di diritti personali dei singoli condomini sulle cose comuni e, quindi, come tale, impugnabile in ogni tempo.

Finora ci siamo siamo soffermati ad analizzare il caso in cui l’amministratore abbia errato nella redazione del rendiconto per errore, imperizia, negligenza; purtroppo accade sovente il caso di amministratori di condominio disonesti, che volontariamente sottopongono alla assemblea rendiconti con poste di bilancio fittizie, al fine di giustificare illeciti ammanchi dalla cassa condominiale, con denari finiti disonestamente nelle loro tasche. Qui siamo difronte ad una vera e propria appropriazione indebita, sanzionata dal codice penale all’art. [n646cp] c.p.
Chiaramente una delibera che approvasse bilanci affetti da queste gravi mancanze sarebbe radicalmente nulla, e potrebbe essere impugnata in ogni tempo innanzi alla autorità giudiziaria da chiunque vi abbia interesse; nulla vieta che sia la stessa compagine condominiale, una volta accortosi delle gravi mancanze dell’amministratore, ad approvare con idonea delibera assembleare un nuovo bilancio, opportunamente emendato dalle gravi irregolarità.

Sullo sfondo di tutto quanto detto finora, rimane ovviamente le responsabilità di un amministratore che per colpa odolo ha redatto un rendiconto errato. Una situazione di questo tipo integrerebbe non solo una grave irregolarità tale da giustificare la sua destituzione dalla carica ex art.[n1129cc]] co.12 del c.c., ma anche la possibilità per la compagine condominiale di adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere la condanna dell'amministratore infedele al risarcimento del danno procurato.

Qualora si abbia quindi il sospetto che vi siano delle irregolarità contabili nella redazione del rendiconto condominiale, è opportuno che il condomino più attento richiami l’attenzione gli altri partecipanti al condominio, al fine di far nominare dalla assemblea un revisore dei conti. Qualora vi sia disinteresse degli altri condomini, il singolo proprietario ha tutto il diritto di far verificare i conti condominiali da un contabile di fiducia, previa richiesta all’amministratore di tutta la documentazione.

Quali iniziative possono essere adottate, da un condomino, verso l'amministratore di condominio che si rifiuta di fornire copia di documenti contabili?
E’ ora giunto il momento di trattare della prima domanda posta dal quesito.
L’art. 1130 bis del c.c. riconosce il diritto a ciascun condomino o a qualsiasi titolare di diritti reali o di godimento sulle singole unità immobiliari, di richiedere la visione e l’estrazione di copia di tutti i documenti contabili relativi alla gestione del condominio.
Generalmente tale diritto si esercita attraverso una richiesta, meglio se scritta e inviata per raccomandata (o pec) allo studio dell’amministratore. L’ amministratore, se nulla ha da temere, fissa un appuntamento presso il proprio studio al richiedente, al quale consegna senza indugio la documentazione richiesta.

Il rifiuto da parte dell’amministratore sarebbe del tutto illegittimo, e può integrare una grave irregolarità ex art. 1129 co. 12 del c.c., e sovente nasconde comportamenti poco chiari.

A fronte del persistente rifiuto da parte dell’amministratore, l’unica strada che rimane da intraprendere al proprietario diligente è quella di rivolgersi ad un legale. Attraverso l’ausilio di un professionista, infatti, si potrebbe azionare avanti al tribunale competente un procedimento cautelare urgente, al fine di ottenere un provvedimento giudiziario ex art. 700 c.p.c., che costringa l’amministratore, anche nei casi estremi di persistente rifiuto con l’ausilio della forza pubblica, a consegnare la documentazione richiesta.
L’ottenimento della documentazione è il primo passo per:
a) verificare la correttezza dei rendiconti redatti dall’amministratore attraverso un revisore contabile;
b) verificare, conseguentemente, se vi sono state responsabilità civili o anche penali da parte del professionista;
c) in caso di accertate responsabilità, arrivare alla destituzione del professionista, azionando tutti i vari rimedi risarcitori previsti dalla legge, interessando anche la competente Procura della Repubblica nel caso si ravvisassero risvolti penali.


A. N. chiede
venerdì 30/08/2024
“Quesito

Rimborso spese condominiali da parte del sottoscritto conduttore al locatore:
Le richieste di rimborso da parte del locatore, avanzate più di un anno fa - il 12/07/2023, sono state contestate con pec del 07/09/2023 ed a seguire con altre comunicazioni, gestite anche tramite legali incaricati dal conduttore; ciò non ricevendo comunque risposte risolutive alle richieste avanzate.
Tutto ciò premesso e avendo a riferimento l’art. 9 della Legge 27/07/1978 n. 392, si chiede:
se vi siano controindicazioni o elementi di criticità nell’inviare Diffida ad adempiere - entro15 giorni - al locatore affinché concordi, con l’amministratore – che direttamente interpellato dal sottoscritto via pec ha risposto che il mio interlocutore diretto è il locatore e non l’amministratore condominiale - l’accesso del medesimo conduttore alla:
A. documentazione contabile contestata – fatture energia elettrica, fatture servizio pulizia e sanificazione / derattizzazione;
B. nonché alle delibere condominiali di adozione contabilizzazione Riscaldamento nei termini:
• Criteri di ripartizione del consumo involontario;
• Criteri di ripartizione consumo volontario contabilizzato;
avvertendo che, in caso di inadempienza, qualsiasi ulteriore richiesta di rimborso spese condominiali non accompagnata dal preventivo accesso alla consultazione della documentazione sopra elencata, verrebbe intesa come molestia o ……….”
Consulenza legale i 05/09/2024
Nel rispondere a questo quesito è necessario riportarsi in parte a quanto già ampiamente detto nella precedente consulenza.
Come già detto infatti il condominio non è creditore nei confronti dell’inquilino per il pagamento delle spese condominiali: pertanto la precisazione fatta dall’amministratore dello stabile è assolutamente corretta. Ai sensi dell’art. 9 della L. n 392/78 il pagamento delle spese accessorie deve avvenire entro due mesi dalla richiesta avanzata dal proprietario, fatto salvo per l’inquilino la possibilità di contestare la richiesta pretendendo i documenti giustificativi. Nella realtà la procedura descritta dall’art. 9 della L. n 392/78 non è mai applicata e il pagamento degli oneri accessori, i quali coincidono in gran parte con alcune tipologie di spese condominiali, avviene con varie modalità concordate caso per caso tra proprietario e inquilino.

Certamente, ciò che rimane fermo è l’obbligo per il proprietario in quanto creditore di richiedere il pagamento delle spese condominiali, con la facoltà dell’inquilino in qualità di debitore di pretendere i documenti giustificativi delle medesime. In realtà la norma in esame non ci dice nulla di nuovo: essa non è altro che una applicazione pratica dei principi atavici in tema di onere probatorio maturati attorno all’art. 2697 del c.c.. In un ipotetico giudizio vertente sul mancato pagamento degli oneri accessori di un contratto di locazione, il proprietario – locatore è chiamato a fornire al giudice le prove su cui si fonda la sua pretesa creditoria (tipicamente i conteggi fatti dall’amministratore nel bilancio di condominio); il conduttore-debitore nel contestare le argomentazioni avversarie dovrà sostenere i motivi in forza del quale egli non ritiene dovute in tutto o in parte le spese richieste.

Rimane fermo il fatto che da un punto di vista difensivo è assolutamente controproducente per l’inquilino pretendere dall’amministratore del condominio i documenti giustificativi di spesa, e questo al di là di quanto dispone l’art. 1130 bis del c.c. Con tale richiesta, infatti, l’inquilino non farebbe altro che sostituirsi al proprietario nell’assolvimento di un onere probatorio che la legge pone direttamente a suo carico, facilitando sostanzialmente il compito della sua controparte!

Visto il punto in cui è giunto attualmente il contenzioso descritto, a parere di chi scrive, una buona strategia difensiva può essere anche quella di non fare assolutamente nulla, attendendo le mosse del proprietario. Dato che il proprietario, a suo tempo, ha proceduto a richiedere il pagamento di determinate spese accessorie, e questa richiesta è stata già ampiamente contestata dal conduttore con l’ausilio di colleghi, non è assolutamente necessario né proficuo ricontestare nuovamente la richiesta di pagamento e chiedere ulteriori precisazioni coinvolgendo nel contenzioso l’amministratore di condominio che, come già detto, rimane del tutto estraneo alla vicenda.

È infatti onere del proprietario instaurare il relativo giudizio sobbarcandosi i costi iniziali se desidera ottenere il pagamento delle spese, e non è assolutamente scontato che la controparte decida di portare il contenzioso in questa fase ulteriore; d’altro canto, l’inquilino non deve temere la possibilità di andare in giudizio, ma al contrario egli deve essere forte delle proprie ragioni, le quali, tra l’altro, sono già state vagliate preventivamente con l’ausilio di colleghi. È molto probabile che alla fine una vicenda di questo tipo troverà un facile punto di caduta in sede di mediazione civile, fase che deve necessariamente precedere un giudizio vertente in materia di locazioni.


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