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Articolo 651 bis Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno

Dispositivo dell'art. 651 bis Codice di procedura penale

(1)1. La sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale.

2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto a norma dell'articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.

Note

(1) Articolo inserito dall’art. 3, comma 1, lett. b), D. Lgs. 16 marzo 2015, n. 28.

Ratio Legis

La norma si coordina con quanto previsto dall'art. 131 bis del codice penale, istituto che non esclude l'obbligo di risarcimento e di restituzione nei confronti delle parti lese.

Spiegazione dell'art. 651 bis Codice di procedura penale

L'istituto della esclusione di punibilità per particolare tenuità del fatto è stato introdotto dal D. Lgs. n. 28/2015.

Esso è chiaramente preordinato ad escludere la punibilità del colpevole per fatti che, sebbene astrattamente costituiscano reato, risultano espressione di un grado di offensività particolarmente tenue.

I motivi che hanno indotto il legislatore a configura l'esclusione della punibilità vanno rinvenuti nel principio di offensività, sussidiarietà e proporzionalità risultando al contempo uno strumento di deflazione dei carichi giudiziari.

La ratio di cui sopra si rinviene altresì in altre disposizioni, come ad esempio il perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto di cui all'art. 169, l'esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto nei procedimenti innanzi al Giudice di Pace (art. 34 D.Lgs. N274/2000) o la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto nel processo penale minorile.

Va precisato che la norma di cuin all'art. 131 bis del codice penale prevede comunque un accertamento in merito alla commissione del fatto e all'elemento soggettivo, dato che possono comunque prodursi effetti sfavorevoli nonostante l'esclusione della punibilità.

Infatti, il collegatoarticolo in commento dispone che: “la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per la particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale”, agevolando il soddisfacimento delle pretese risarcitorie della persona offesa.

Tuttavia, se la particolare tenuità del fatto viene dichiarata prima del dibattimento non vi sarà ovviamente alcun accertamento definitivo, motivo per il quale la persona offesa o il danneggiato dovranno agire in un separato giudizio civile.

Dall'analisi dell'istituto si evince che la non punibilità per particolare tenuità del fatto presuppone comunque la commissione di un reato pur sempre offensivo, ancorché in misura particolarmente tenue, cosicchè è stata definita come una causa di non punibilità in senso stretto, legata cioè a valutazioni di opportunità, senza escludere l'offensività del fatto.

Massime relative all'art. 651 bis Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 459/2020

Sussiste l'interesse dell'imputato ad impugnare la sentenza che esclude la punibilità di un reato militare in applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., trattandosi di pronuncia che ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso; è soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale e può ostare alla futura applicazione della medesima causa di non punibilità ai sensi del comma terzo della medesima disposizione. (Dichiara inammissibile, CORTE MILITARE APPELLO ROMA, 17/07/2019).

Cass. pen. n. 47630/2019

E' appellabile la sentenza del giudice di pace che prosciolga l'imputato per la particolare tenuità del fatto, contestualmente condannandolo al risarcimento del danno in favore della parte civile, trattandosi di decisione di "natura mista" avente efficacia di giudicato nel giudizio civile, ai sensi dell'art. 651-bis cod. proc. pen., sotto il profilo dell'affermazione di responsabilità dell'imputato, e perciò rientrante nella disciplina di cui all'art. 37, comma 1, d. lgs. 28 agosto 2000, n. 374, anziché in quella del comma successivo. (In applicazione del principio, la Corte ha qualificato l'impugnazione come appello, trasmettendo gli atti al tribunale competente). (Qualifica appello il ricorso, GIUDICE DI PACE GORIZIA, 08/10/2015).

Cass. pen. n. 44118/2019

Sussiste l'interesse a ricorrere dell'imputato assolto dal giudice di pace per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., in quanto a detta pronuncia, una volta che sia divenuta irrevocabile, l'art. 651-bis cod. proc. attribuisce efficacia di giudicato in ordine all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni o per il risarcimento del danno, dovendo tuttavia essere indicato in modo specifico nel ricorso il concreto svantaggio processuale da rimuovere e le ragioni che avrebbero dovuto portare il giudice ad una decisione ampiamente liberatoria. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto inammissibile per genericità il motivo di ricorso con il quale la parte si era limitata a dedurre l'inapplicabilità in astratto della previsione dell'art. 131-bis cod. pen. ai reati di competenza del giudice di pace). (Annulla in parte senza rinvio, GIUDICE DI PACE GORIZIA, 28/09/2017).

Cass. pen. n. 7264/2015

Sussiste l'interesse della parte civile ad impugnare, deducendo il vizio di incompetenza per materia, la sentenza dichiarativa di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, emessa - dopo l'apertura del dibattimento, ma prima di procedere all'assunzione delle prove - dal giudice di pace, previa attribuzione al fatto di un'erronea qualificazione giuridica rientrante nella propria competenza (nella specie: ingiurie, in luogo di diffamazione aggravata). (In motivazione, la S.C. ha precisato che la sentenza impugnata, emessa prima dell'istruttoria dibattimentale, non avrebbe avuto efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile per il risarcimento del danno, efficacia che l'art. 651 bis cod. proc. pen. riserva alle pronunce emesse "in seguito a dibattimento"). (Annulla senza rinvio, Giud.pace Lecce, 08/04/2015).

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Anonimo chiede
mercoledì 31/01/2018 - Veneto
“Sono stato segnalato alla Procura militare dai miei superiori e condannato in primo grado per insubordinazione e assolto in appello per particolare tenuità del fatto con il gravame di due procedimenti che mi sono costati 9000 euro. l'amministrazione non mi deve rimborsare le spese sostenute per la difesa? chi paga tutto quello che mi è costato? Ora sono di nuovo ad un procedimento che mi costerà altri soldi e verrò nuovamente assolto per un ammontare totale di 15000 euro. chi me li ripaga? Possibile chiedere il rimborso?”
Consulenza legale i 07/02/2018
L’art. 18 del D.L.25 marzo 1997, n. 67 prevede che “Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità”.

Tale disposizione, dunque, prevede la possibilità di richiedere ed ottenere un rimborso delle spese legali sostenute dalle amministrazioni di appartenenza, purchè, però, sussistano cumulativamente determinati requisiti:

- il giudizio deve essere stato promosso nei confronti del dipendente pubblico, e non invece dal dipendente pubblico;

- il soggetto deve avere la qualifica di dipendente pubblico;

- vi deve essere un nesso strumentale fra le condotte incriminate e il perseguimento degli obiettivi propri del servizio; più specificatamente secondo la giurisprudenza l'imputazione deve essere originata “da una attività svolta in diretta connessione con i fini dell'amministrazione o nell'ambito del rapporto di immedesimazione organica tale da consentire una immediata riferibilità della condotta all'ente.. la connessione dei fatti con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali va intesa nel senso che tali atti e fatti siano riconducibili all'attività funzionale del dipendente stesso in un rapporto di stretta dipendenza con l'adempimento dei propri obblighi, dovendo trattarsi di attività che necessariamente si ricollegano all'esercizio diligente della pubblica funzione, nonché occorre che vi sia un nesso di strumentalità tra l'adempimento del dovere e il compimento dell'atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell'atto.. La mera connessione occasionale delle condotte con la qualifica di pubblico ufficiale non è, quindi, sufficiente ai fini dell'ammissibilità del rimborso delle spese legali, altrimenti dovendo farsi rientrare nel campo applicativo della norma tutte le imputazioni relative ai reati propri inerenti a condotte che trovino nel servizio la mera occasione di realizzazione” (Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190). Il nesso di strumentalità va quindi accertato caso per caso a seconda della condotta posta in essere, e non può, invece, valutarsi, esclusivamente sulla base del titolo del reato contestato.

- assenza di conflitto di interessi tra l'attività dell'Amministrazione e l'attività del singolo posta in essere nello specifico adempimento dei compiti d'uffici (la giurisprudenza ritiene integrato un conflitto di interessi quando il soggetto, con dolo o colpa grave, abbia perseguito interessi contrari a quelli propri dell’amministrazione;

- la presenza di una sentenza o di un provvedimento che escluda la responsabilità del dipendente pubblico.

Se si ritengono sussistenti tutti i requisiti sopra detti, si potrà richiedere il rimborso all’amministrazione di appartenenza; quest’ultima dovrà richiedere all’Avvocatura di Stato un parere vincolante riguardo la congruità del quantum del rimborso richiesto, dal momento che l’art. 18 prevede il rimborso delle spese legali solo nei limiti ritenuti congrui dall’Avvocatura di Stato. (Cons. Stato, Sez. III, 26 aprile 2017, n. 1925).

L’eventuale rigetto dell’istanza di rimborso da parte dell’amministrazione di appartenenza, può essere impugnato dinanzi al T.A.R.

Trattando ora del Suo specifico caso, sulla base delle informazioni da Lei fornite non è agevole accertare la presenza di tutti i requisiti sopra elencati: ci si riferisce in particolar modo alla presenza di una connessione tra la condotta da Lei tenuta e l’espletamento del servizio o l’assolvimento di obblighi; come si è già detto, la giurisprudenza ritiene sussistente tale nesso strumentale quando il soggetto non avrebbe assolto ai suoi compiti professionali se non ponendo in essere proprio quel particolare atto. Tale spiegazione rischia di essere una petizione di principio e quindi occorre effettuare una valutazione caso per caso, e a tal fine necessiterebbero ulteriori e più dettagliate informazioni.

Ma pur ammettendo l’esistenza del nesso strumentale tra la Sua condotta e l’assolvimento degli obblighi, vi è un ulteriore elemento che sembrerebbe poter ostare all’ottenimento di un rimborso delle spese legali, e cioè l’assoluzione per particolare tenuità del fatto. La giurisprudenza ritiene che, perché si possa applicare l’art. 18 d.l. 67/97 e quindi chiedere il rimborso delle spese legali, è necessario che il procedimento penale si concluda con un provvedimento che accerti l’assenza della responsabilità dell’imputato (Cons. St., sez. II, 21 giugno 2013 n. 2908).

La sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, invece, non accerta l’assenza della responsabilità, infatti da un lato permangono le conseguenze negative per l’imputato come l'inserimento nel casellario giudiziario dei relativi provvedimenti per il periodo di dieci anni, e dall’altro, l’art. 651 bis del c.p.p. prevede che “La sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto .. ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale”.