La questione nasceva dalla vicenda che aveva visto come protagonista il titolare di un’attività di ristorazione, il quale si era visto condannare, in entrambi i gradi del giudizio di merito, per un tentativo di frode nell’esercizio del commercio, per aver detenuto nel magazzino del proprio locale e posto in vendita nel bancone esposto al pubblico cornetti, strudel e fagottini congelati all’origine, oltre a pasta fresca artigianale e funghi porcini congelati, di cui non veniva indicato ai clienti l’originario stato di conservazione.
L’imputato, di fronte alla conferma della sua condanna anche al termine del giudizio d’appello, ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione. Egli lamentava, in primo luogo, la violazione degli articoli 56 e 515 del c.p., poiché, a suo avviso, i giudici di merito avevano errato nel ritenere configurato il reato contestatogli, nonostante esistesse un orientamento giurisprudenziale contrario all’anticipazione della soglia di punibilità fino alla mera detenzione di alimenti con caratteristiche differenti rispetto a quelle indicate. Tale ultimo orientamento, infatti, chiedeva, quale elemento necessario per poter ritenere configurato anche il solo tentativo, che avesse avuto luogo, quantomeno, una fase di contrattazione tra compratore e venditore.
A tal fine il ricorrente richiamava, peraltro, una pronuncia delle Sezioni Unite, la quale aveva stabilito che la mera detenzione di merce alterata, contraffatta o scaduta, non poteva di per sé configurare un tentativo di frode commercio in mancanza di un inizio di negoziazione o di altri elementi idonei a tal fine.
L’uomo eccepiva, poi, la violazione dell’art. 131 bis del c.p., evidenziando come la motivazione della sentenza impugnata fosse del tutto insufficiente in relazione all’esclusione della configurabilità, nel caso di specie, della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la quale si era fondata esclusivamente sulla gravità del fatto in sé, senza considerare né il fatto che fosse stata comminata la sola pena pecuniaria, né l’incensuratezza dell’imputato.
Si lamentava, infine, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ex art. 62 bis del c.p., nonché l’eccessività della pena comminata, considerato che il giudice di merito aveva omesso di considerare, a tal fine, lo stato di incensuratezza dell’imputato e la reale portata della sua condotta.
La Suprema Corte ha, tuttavia, rigettato il ricorso.
Con riguardo, innanzitutto, al motivo con cui l’imputato aveva contestato la configurabilità del tentativo di frode nell’esercizio del commercio, gli Ermellini hanno ricordato che, sulla base di un loro consolidato orientamento, “la disponibilità di alimenti surgelati, non indicati come tali nel menù o negli espositori nei quali gli stessi siano esposti a disposizione della clientela, integra il reato di tentativo di frode in commercio, indipendentemente dall'inizio di una concreta contrattazione con il singolo avventore, in quanto tale comportamento è univocamente rivelatore della volontà dell'esercente di consegnare ai clienti una cosa diversa da quella pattuita” (cfr. Cass. Pen., n. 39082/2017; Cass. Pen., n. 30173/2017; Cass. Pen., n. 5474/2013). Non è, dunque, sempre necessario l’inizio della contrattazione, per poter ritenere configurabile il tentativo di frode in commercio, soprattutto qualora, come nel caso in esame, gli atti posti in essere dal soggetto agente appaiano univoci anche in assenza di detta contrattazione.
Secondo i giudici di legittimità, pertanto, concordemente a quanto ritenuto da Tribunale e Corte d’Appello, la conservazione di alimenti surgelati nelle cucine, in modo tale da rendere chiara la loro destinazione alla preparazione delle pietanze da somministrare ai clienti, fa si che non sia necessario alcun inizio di contrattazione, per ritenere che la condotta sia diretta in modo idoneo e non equivoco a realizzare il reato di frode in commercio, essendo chiara la destinazione di detti alimenti surgelati alla preparazione di cibi, cosicché l'eventuale mancata offerta di tali pietanze potrà, semmai, essere qualificata come desistenza, essendo stata superata la fase degli atti preparatori. Il medesimo ragionamento non può, poi, non valere anche, e a maggior ragione, per gli alimenti, quali cornetti e fagottini, esposti nel bar a diretta disposizione dei clienti, in quanto tale condotta è assolutamente inequivoca, essendosi spinta fino all’offerta al pubblico, ai sensi dell’art. 1336 del c.c., la quale costituisce senza dubbio un inizio di contrattazione, sebbene non individualizzata.
Per quanto riguarda, poi, il lamentato mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la Cassazione ha ritenuto il relativo motivo di ricorso inammissibile. La doglianza presentata dal ricorrente risulta, infatti, essere, a parere degli Ermellini, non solo generica, non essendo state puntualmente indicate le ragioni in base a cui essa avrebbe dovuto essere riconosciuta, ma anche tesa ad ottenere una nuova valutazione nel merito dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.
Con riferimento, infine, al lamentato mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, i giudici di Cassazione si sono dimostrati concordi con quanto deciso in sede di giudizio di merito, sottolineando, da un lato, come fossero del tutto assenti elementi di positiva considerazione, nonché, dall’altro, la gravità della condotta desumibile dal quantitativo di prodotti alimentari sequestrati.