AUTORE:
Alberto Regalia
ANNO ACCADEMICO: 2018
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi dell'Insubria
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La sempre maggiore attenzione per la psicologia della decisione giudiziaria ha senso se gli aspetti psicologici sono considerati nel loro rapporto con la logica, in particolare con la logica del diritto. L’itinerario del giudizio non segue linee prefissate e, persino nei casi più semplici, la decisione costituisce la risoluzione di un problema e non la meccanica applicazione di regole standardizzate, perché, anche nel processo penale più semplice, confluiscono sia giudizi di fatto che, implicitamente, giudizi di valore. Tali giudizi, seppure orientati dalla soggettività dell’interprete, devono rimanere ancorati alle opzioni del legislatore, il quale richiede una ricerca sugli eventi adeguata alla specificità dei fatti. Tale status richiede autovigilanza psicologica alimentata dalla costante consapevolezza della possibilità di sbagliare. Nella loro integrazione, psicologia e logica coordinano l’attività dell’argomentare. Ma, mentre la prima costituisce una scienza in continua gestazione, la seconda si presenta come auto-fondata e auto-fondativa: i principi logici appaiono come se appartenessero a un mondo indipendente, autonomo dalle rappresentazioni mentali, non inventato, ma quasi scoperto come un continente a sé stante. Verosimilmente, oggi la psicologia del giudicare, o in senso più lato del giudizio in generale, suscita un interessa maggiore rispetto alla logica del giudicare. La psicologia indaga come il pensiero funziona e “come esso è di fatto sottoposto a condizioni soggettive di vario genere”, viceversa nella logica “[…] la questione non verte su regole contingenti bensì su regole necessarie, non su come pensiamo ma su come dobbiamo pensare”. La logica è strutturata come un’etica del pensiero. Infatti, facendo applicazione della teoria hegeliana della logica, essa non può essere ricondotta a una descrizione psicologica delle leggi che la regolano. Costituirebbe un errore di categoria confondere la descrizione del modo in cui un giudizio si forma nella psiche con il suo contenuto oggettivo, con il suo senso e uso pubblico. Nella valutazione dell’influenza di condizioni soggettive sul giudicante, quali ad esempio affettività, emozioni e processi mentali del magistrato, non deve trascurarsi che anche fattori personali di tipo ideologico e culturale possono influire sul processo decisionale. Il magistrato, come qualsiasi altro essere umano, può talvolta essere ispirato da modelli di giustizia divergenti rispetto a quelli postulati dalle leggi dell’ordinamento vigente. In particolare, nell’interpretazione dei dati normativi i meccanismi del discorso giuridico rendono possibile la surrettizia introduzione di contenuti irrelati con quelli del livello presupposto, sicché l’applicazione dei dati normativi può deviare dai loro significati originari. Valori metagiuridici individuali possono alterare l’interpretazione dei valori normativi o addirittura sostituirsi a essi nell’applicazione delle regole.