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Articolo 63 Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

(R.D. 30 marzo 1942, n. 318)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Dispositivo dell'art. 63 Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini.

In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 63 Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L. R. chiede
martedì 03/12/2024
“Buongiorno,
il mio quesito riguarda l'attribuzione di costi di riscaldamento/caldaia nel mio nuovo condominio.
Ho acquistato un appartamento ai primi di luglio 2022. La parte venditrice ha presentato regolare liberatoria rispetto alle spese condominiali pagate. L'assemblea con la presentazione del consuntivo per la gestione 2021/2022 è stata indetta nell'aprile 2024, quindi quasi 2 anni dopo.

Dai consuntivi presentati e dalle ripartizioni sono emersi 2 fatti che mi trovano in disaccordo:1) la quota parte di spesa aggiuntiva di 1.270 Euro per l'acquisto della nuova caldaia2) la quota parte di consumi di riscaldamento (termosifoni) registrata dalla termovalvole nella gestione 21/22.

Ora per quanto concerne la caldaia, l'assemblea aveva proposto la sostituzione nel marzo 2022, chiedendo già ai condomini di pagare in anticipo l'acquisto della caldaia.L'amministratore si è rivolto ad un solo fornitore perchè voleva approfittare del famoso sconto in fattura al 50%. In un assemblea straordinaria del 19/12/2022 è stato deliberato l'acquisto della caldaia, tuttavia non è stata richiesta e saldata la fattura al fornitore.
In conseguenza di questo la fattura è arrivata dopo il 31 marzo 2023 quando erano ormai decaduti gli sgravi fiscali e quindi io mi sono ritrovata con un costo non previsto di 1.275 euro come quota aggiuntiva di spese, mentre pensavo che l'acquisto fosse già stato interamente inputato al bilancio 21/22.

Per i costi di consumo riscaldamento, controllando i costi a preventivo della proprietaria precedente e i costi effettivi pagati da me per la gestione 2022/2023 risulta evidente che quando è stata data la liberatoria alla ex proprietaria NON hanno aggiunto i consumi derivanti dalla lettura delle termovalvole per l'inverno 21/22. Siamo a 270 euro di consumi per l'inverno 21/22 (proprietà precedente) contro 870 euro per l'inverno 22/23 quando io ero diventata proprietaria ma - proprio durante l''autunno inverno 22/23 - stavo ristrutturando l'appartamento, con distacco dei termosifoni avvenuto a ottobre 2022 e nuova installazione dei termosifoni a fine gennaio 2023. Como posso aver consumato 870 euro di metano in soli 3 mesi di riscaldamento usufruito, ovvero da febbraio ad aprile 2023?

Ho contestato questa circostanza all'amministratore che mi dice che non è più possibile ricostruire i consumi del 21/22 con i valori delle termovalvole e nel dettaglio dei consumi che mi ha consegnato ad aprile 2024 c'è sicuramente inclusa anche la parte dei consumi della ex proprietà.
Aggiungo che da quando sono proprietaria dell'appartamento NON ho mai ricevuto la comunicazione dei miei consumi di riscaldamento, neanche su base bimestrale.

Il mio quesito è:
posso contestare l'addebito dei costi per il presunto consumo di riscaldamento della gestione 22/23, con solo 3 mesi di utilizzo dei termosifoni (regolati sul 3) rispetto ai 7 mesi totali di riscaldamento?
Per quanto concerne il costo extra della caldaia, potrei chiedere l'addebito del conguaglio alla proprietà precedente?

Grazie per la vostra collaborazione”
Consulenza legale i 06/12/2024
Leggendo il quesito non pare vi siano gli estremi per pretendere dal precedente proprietario gli oneri inerenti la sostituzione della caldaia. Per quanto si è inteso la decisione di effettuare la spesa è stata adottata dalla assemblea con delibera del dicembre del 2022, epoca in cui l’autrice del quesito era già divenuta proprietaria dell’appartamento e quindi condomina. La giurisprudenza in più arresti (ad esempio Cass.Civ. n.24654/2010) ha precisato che in caso di vendita di un appartamento in condominio risponde delle spese condominiali di natura straordinaria colui che era proprietario nel momento in cui l’assemblea ha deliberato l’esecuzione dei lavori, indipendentemente dal momento in cui tali interventi sono stati concretamente realizzati nel palazzo dalla ditta appaltatrice.
Per quanto si è inteso, nel caso specifico tale decisione è stata assunta nel dicembre del 2022, in quanto la precedente delibera del marzo del medesimo anno aveva solo un mero valore interlocutorio. Nel dicembre del 2022 l’autrice del quesito era già divenuta condomina: essa ha infatti perfezionato l’acquisto nel luglio del medesimo anno e quindi è solo lei in qualità di nuova condomina che deve corrispondere le spese di installazione della nuova caldaia.

Per quanto riguarda i consumi inerenti alla fornitura di riscaldamento le conclusioni devono essere radicalmente differenti. Vi sono infatti sentenze delle corti di merito che considerano radicalmente nulle, e non solo meramente annullabili, tutte quelle delibere che attribuiscono al nuovo proprietario gli oneri relativi ai consumi pregressi; di tali spese risponde il venditore (Tribunale di Treviso 18.10.2016). Tali pronunce delle corti di merito non fanno altro che rifarsi ad un consolidato orientamento della Corte di cassazione, il quale ritiene come l’obbligo di corrispondere gli oneri condominiali inerenti a spese di ordinaria amministrazione, tra cui rientrano del tutto pacificamente le spese riguardanti le forniture delle utenze condominiali, sorge nel momento in cui l’intervento è ritenuto necessario, indipendentemente dal momento in cui è stata adottata la delibera assembleare.

Quindi, a differenza degli oneri inerenti all’installazione della caldaia, dove l’amministratore ha il pieno diritto di pretenderne il pagamento dall’autrice del quesito, per quanto riguarda il pagamento dei consumi di riscaldamento il condominio non ha alcun diritto di pretendere il pagamento dall’attuale proprietario, dovendo rivolgersi direttamente all’ex condomino, anche se oggi non più proprietario.
Inoltre, la delibera che attribuisce all’attuale proprietario i consumi dell’utenze riguardanti il precedente condomino deve considerarsi nulla, o almeno parzialmente nulla, ed è impugnabile in ogni tempo anche oltre i rigidi termini previsti dall’art. 1137 del c.c.


P. S. chiede
lunedì 07/10/2024
“Buongiorno,
l'amministratore condominiale mi chiede delle spese riguardanti due unità abitative vendute citando una clausola della liberatoria ottenuta prima del rogito:

"Rimangono quindi a carico della proprietà i conguagli relativi alle gestioni sopra elencate, che potranno essere calcolati alla chiusura di ciascuna. Resta inteso che per la gestione ordinaria il conguaglio rimarrà interamente a suo carico in quanto relativa a delibere assunte prima della data del rogito”.

Vorre sapere se sono tenuto realmente a pagare.
Grazie”
Consulenza legale i 10/10/2024
La vicenda descritta si risolve facendo corretta applicazione del 4° dell’art. 63 delle disp.att. del c.c. Tale norma ci dice chiaramente: "Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente".

Il venditore quindi, con la cessione del suo appartamento non si libera in toto dall’obbligo di corrispondere gli oneri condominiali: egli, certamente, rimane obbligato in via esclusiva a corrispondere le spese sorte negli anni antecedenti alla vendita: questo per il semplice motivo che in quel periodo era lui il condomino e non il suo acquirente e da ciò discende l’obbligo di pagare le spese condominiali; inoltre, ai sensi della norma citata, rimane obbligato in solido con il suo acquirente al pagamento del saldo passivo indicato nell’ultimo bilancio consuntivo e nell’ultimo bilancio preventivo entrambi approvati al momento della vendita.

Quanto, invece, alle spese per l'esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione delle parti comuni, la giurisprudenza più recente che si è occupata dell’argomento si è attestata nel senso di ritenere comunque obbligato al pagamento degli oneri condominiali colui che era proprietario nel momento in cui dette spese furono deliberate, anche se i lavori verranno poi materialmente eseguiti successivamente alla cessione dell’appartamento. In questo senso si può citare, ad esempio, Cass.Civ. Sez. 2 - , Ordinanza n. 19756 del 20/06/2022, Rv. 665005 – 01: "In tema di condominio negli edifici, non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, nè per il tramite del vincolo solidale di cui all'art. 63 disp. att. c.c., né attraverso la previsione dettata in tema di comunione ordinaria di cui all'art.1104 c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l'obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali spese".

In linea generale le comunicazioni che sono state date in visione paiono rispettare i limiti normativi citati e le pronunce della cassazione emesse sull’argomento e pertanto le somme pretese sembrano dovute.




P. P. chiede
mercoledì 11/09/2024
“Oggetto: spese condominiali straordinarie in caso di vendita (art 63 att CC)
Ho venduto un appartamento il 05-08-24 con la liberatoria dell'amministratore circa i pagamenti dovuti totalmente effettuati alla stessa data, Il 21-08-24 dopo la vendita si è tenuta l'assemblea annuale alla quale non sono ho potuto partecipare in quanto l'amministratore mi aveva inviato prima della vendita la convocazione ma poi non mi ha permesso di partecipare all'assemblea telematica.
Dopo tale assemblea l'amministratore mi ha scritto chiedendomi : circa € 600 per conguagli spese dell'esercizio chiuso prima della vendita il 30-06-24 oltre a circa € 3.000 dovuti secondo lui per il preventivo spese straordinarie del periodo 01-07-24 / 30-6-25. L'amministratore rifiuta però di trasmettermi il verbale di assemblea sulla base del quale dovrei i suddetti pagamenti.
Nel preventivo 2024-2025 visibile dalla convocazione sono inseriti: 1) una spesa straordinaria definita urgente non deliberata prima della vendita – 2) due spese straordinarie deliberate in precedenza che si svolgono a tappe e per le quali i preventivi parziali approvati erano stati per oltre la metà pagati in precedenza – 3) due spese straordinarie approvate in precedenza ma da me interamente pagate in precedenza.
Vi domando: A) può l'amministratore esigere da me il conguaglio senza inviare il verbale di assemblea ? - B) possono l'amministratore o l'acquirente esigere da me le somme del preventivo spese straordinarie approvato dopo la vendita o per le spese a mio carico debbono attendere il prossimo consuntivo ? - C) il mio debito per le straordinarie deliberate prima delle vendita e che saranno sostenute in futuro è nei confronti del condominio o dell'acquirente ? D) So che non posso impugnare l'assemblea ma posso contestare la spesa straordinaria urgente non deliberata, l'inserimento nel preventivo delle due spese da me già pagate e la richiesta di spese straordinarie prima che siano effettivamente sostenute ?
Vi ringrazio e cordialmente saluto

Consulenza legale i 20/09/2024
Il quarto comma dell’art. 63 disp.att. del c.c. prevede in caso di vendita della unità immobiliare in condominio che l’acquirente è obbligato in solido con il suo venditore (precedente condomino) nei confronti della amministrazione condominiale al pagamento degli oneri relativi all’anno in corso, indicati solitamente nel preventivo di spesa, e a quelli dell’anno precedente, solitamente indicati nel bilancio consuntivo. Il vincolo di solidarietà previsto dalla norma in commento, fa sì che l’amministratore di condominio possa pretendere sia dall’acquirente sia dal venditore il pagamento degli oneri condominiali sorti durante il periodo indicato dalla norma.
Il venditore, quindi, con la cessione del suo appartamento non si libera in toto dall’obbligo di corrispondere gli oneri condominiali: egli, certamente, rimane obbligato in via esclusiva a corrispondere le spese sorte negli anni antecedenti alla vendita, oltre che a quelle deliberate nell’anno della cessione e nell’anno immediatamente antecedente ad essa, ma in questi ultimi due casi in solido con il suo acquirente.

Innumerevoli sono gli arresti giurisprudenziali attorno all’art. 63 disp. att. del c.c.
Recentemente possiamo citare Cass. Civ. Sez. 2 - , Ordinanza n. 21094 del 19/07/2023, Rv. 668551 – 01: "L'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, nonché per la prestazione dei servizi nell'interesse comune, sorge già nel momento del compimento dell'attività di gestione (e dunque nei confronti di chi sia condomino in tale epoca), e non invece nel momento successivo in cui le stesse spese siano poi approvate e ripartite in sede di consuntivo. Quanto, invece, alle spese per l'esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione delle parti comuni, esse gravano su chi sia condomino al momento dell'approvazione delle delibere che abbiano approvato l'intervento".
Molto pertinente per il caso specifico è anche Cass.Civ. Sez. 2 - , Ordinanza n. 19756 del 20/06/2022, Rv. 665005 – 01: "In tema di condominio negli edifici, non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, nè per il tramite del vincolo solidale di cui all'art. 63 disp. att. c.c., né attraverso la previsione dettata in tema di comunione ordinaria di cui all'art. 1104 c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l'obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali spese."

In linea generale la giurisprudenza più recente che si è occupata dell’argomento pare essersi attestata nel senso che in caso di vendita dell’appartamento rimane comunque obbligato al pagamento degli oneri condominiali colui che era proprietario nel momento in cui dette spese furono deliberate.
Questo principio è stato recentemente tenuto fermo anche in tema di oneri condominiali inerenti la realizzazione di innovazioni o spese straordinarie. Cass. Civ. Sez. 2 - , Ordinanza n. 11199 del 28/04/2021, Rv. 661213 – 02 ci dice infatti: "In tema di riparto delle spese condominiali per l'esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione sulle parti comuni, laddove, successivamente alla delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione di tali interventi, sia venduta un'unità immobiliare sita nel condominio, i costi di detti lavori gravano, secondo un criterio rilevante anche nei rapporti interni tra compratore e venditore, su chi era proprietario dell'immobile compravenduto al momento dell'approvazione di detta delibera, la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se poi le opere siano state, in tutto o in parte, realizzate in epoca successiva all'atto traslativo, con conseguente diritto dell'acquirente a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c., salvo che sia diversamente convenuto tra venditore e compratore, pur rimanendo comunque inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro."

Applicando tale giurisprudenza si può concludere che l’autore del quesito rimane obbligato nei confronti del condominio a corrispondere eventuali somme che risulteranno a debito nel rendiconto consuntivo riferito all’anno della vendita e che fanno riferimento a spese ordinarie di manutenzione (giardinaggio, consumo bollette ecc. ecc.): tali servizi sono stati infatti realizzati quando egli era ancora condomino ed è il venditore che ne ha effettivamente usufruito. Il venditore rimane, altresì, obbligato al pagamento delle spese attinenti a lavori straordinari o innovazioni deliberati prima della vendita, anche se essi verranno materialmente eseguiti in un’epoca successiva.

In assenza di specifiche disposizioni presenti nel rogito, se tali spese verranno richieste dall’amministratore all’acquirente dell’immobile, quest’ultimo ai sensi dell’art. 63 disp.att. del c.c. avrà titolo per pretendere il rimborso dal venditore in via di regresso. Se è vero però che il venditore rimane obbligato al pagamento degli oneri condominiali relative a voci di spesa deliberate prima della vendita, è altrettanto vero che egli ha pieno diritto di richiedere all’amministratore i documenti che giustificherebbero il credito di cui si pretende da lui il pagamento, documenti che, in ogni caso, andranno prodotti in giudizio qualora non si ottemperasse a corrispondere il dovuto.

A parere di chi scrive, proprio grazie alla giurisprudenza citata, rimane fermo in capo al venditore la legittimazione ad impugnare le delibere assembleari che hanno fatto sorgere la spesa, proprio perché il venditore era ancora condomino nel momento in cui esse furono adottate: ovviamente, nell’ impugnare dette delibere, si dovrà rispettare il rigido termine perentorio previsto dall’ art. 1137 del c.c. .


R. G. chiede
giovedì 04/04/2024
“Buongiorno, vi contatto per una consulenza in materia di lavori di straordinaria manutenzione in condominio.
Premetto che in data 09/05/2019 è stata deliberata l'esecuzione di lavori straordinari presso il condominio ove ero proprietario di un appartamento (vgs allegato 1) con contestuale affidamento all'impresa già individuata, per una spesa indicativa di € 20.000,00 + Iva (da ripartire tra 12 condomini, ovvero circa 1.835 cadauno) , da aggiornare al ribasso perché si è deciso di non procedere alla demolizione del pavimento e del sottofondo dei balconi, inizialmente prevista.
In data 2 aprile 2021 ho venduto l'appartamento e l'amministratore mi ha rilasciato l'attestazione relativa allo stato dei pagamenti con specifico riferimento alla pendenza dei lavori deliberati come sopra (vgs. allegato 2).
I lavori di cui alla delibera predetta non sono mai stati eseguiti.
Tuttavia lo scorso 2 dicembre 2023 il condominio con verbale di assemblea straordinaria (vgs. allegato 3) delibera e affida l'esecuzione di opere di straordinaria manutenzione, diverse e notevolmente più ampie di quelle deliberate il 09/05/2019 e affidate a una impresa diversa dalla precedente.
Recentemente ricevo una telefonata dall'attuale proprietario (non dall'amministratore) del mio ex appartamento che mi "sollecita" la partecipazione alla spesa per i lavori attuali, versando direttamente a lui la somma di euro 2.500,00 che sarebbero stati quantificati in base a un preventivo di spesa del settembre 2019 che, peraltro, non risulta mai "deliberato".
Premesso quanto sopra, desidererei conoscere:
- visto che l'Amministratore non ha mai dato corso alla delibera del 9 maggio 2019, la stessa non è da considerare ormai decaduta?
- sono tenuto a concorrere alla spesa per i lavori attuali anche se sostanzialmente diversi e molto più ampi di quelli deliberati a suo tempo con altra l'impresa individuata?
- in caso affermativo, in che misura?
- a chi devo eventualmente versare il dovuto?
Resto a disposizione per quanto necessario.”
Consulenza legale i 10/04/2024
Il pagamento degli oneri condominiali dopo il trasferimento di un appartamento è una problematica che causa spesso diverbi e contenziosi: difatti la giurisprudenza sul punto è piuttosto ricca, e non sempre offre certezze stabili.
Relativamente al pagamento degli oneri condominiali attinenti a lavori straordinari, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, nell’ orientamento che pare ormai affermarsi, ritiene che l’obbligo di pagamento attinenti gli oneri di straordinaria amministrazione sorge nel momento in cui viene deliberata dalla assemblea la delibera che autorizza la spesa, indipendentemente dal momento in cui verranno concretamente eseguiti i lavori, o indipendentemente da una successiva delibera con la quale si va ad approvare il piano di riparto tra tutti i condomini. Tale momento rileva anche per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, sempre che gli stessi non si siano diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro. (Cass. Sez. 6 – 2, 25/01/2018, n. 1847; Cass. Sez. 6 – 2, 22 giugno 2017, n. 15547; Cass. Sez 6 – 2, 22 marzo 2017, n. 7395; Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654).

Applicando tale giurisprudenza al caso specifico l’autore del quesito sarebbe obbligato a corrispondere gli oneri condominiali attinenti ai primi lavori straordinari, in quanto deliberati in data 9.5.19, quindi molto prima della vendita del suo appartamento, avvenuto in data 02.04.2021.
Bisogna però capire con precisione cosa l’assemblea di condominio ha deciso successivamente, in quanto anche se l’assemblea ha deliberato in un determinato momento la realizzazione di alcuni interventi, nulla vieta che essa possa poi tornare sulle sue decisioni modificandole o revocandole del tutto. È evidente, infatti, che la successiva delibera del dicembre del 2023 ha sostituito la precedente: con essa i proprietari hanno deciso di ritornare sulle loro precedenti determinazioni, cambiando sia la tipologia di intervento sia l’impresa esecutrice dei lavori.

Con ogni probabilità quindi la richiesta di pagamento fatta dall’acquirente non è fondata: essa trova la sua giustificazione in una delibera che ormai appare superata. Visto che i nuovi lavori sono stati deliberati in epoca successiva alla vendita, l’unico soggetto obbligato a far fronte ai relativi oneri condominiali è l’acquirente in quanto nuovo condomino e proprietario.
Ad ogni modo, per confermare queste conclusioni è necessario avere in visione la delibera del dicembre del 2023.


Cliente chiede
lunedì 11/03/2024
“Salve ho comprato un appartamento in data 3 febbraio 2020. All'atto del rogito veniva allegata una attestazione rilasciata dall'amministratore condominiale dove quest'ultimo dichiarava di aver effettuato i riscontri contabili relativi al pagamento degli oneri condominiali di pertinenza dell'appartamento e che alla data del 31/12/2019 risultavano pagate tutte le quote ordinarie e straordinarie, per cui non risultavano partite contabili pregresse scoperte a carico del venditore. Sull'attestato veniva precisato che il presente atto di scrittura costituisce attestazione dei pagamenti condominiali e non potrà, pertanto, essere opponibile all'amministratore per eventuali quote o debiti che dovessero maturare in seguito (ad esempio conguagli riferiti a gestioni precedenti i cui bilanci consuntivi Ordinari e straordinari che non sono ancora stati approvati) e per questo motivo venivano versate € 500,00 come anticipo sui conguagli ordinari/straordinari riferiti al periodo di proprietà del venditore compreso il mese di gennaio 2020.
Dalla data del 3/2/2020 sono subentrati altri due amministratori di cui l'ultimo a giugno 2023.
In data 29/2/2024 nell'assemblea condominiale l'ultimo amministratore faceva presente che era arrivato un sollecito da parte della società Brianza Acque Sr.l. di una fattura compresa di morosità di € 2226,00 relativa al periodo 6/7/2017 al 21/2/2018 che l'amministratore dell'epoca aveva incassato le quote condominiali ma non aveva pagato, chiedendo ai condomini presenti come volevano procedere. I predetti hanno deliberato di pagare la fattura e non andare per le vie legali contro il vecchio amministratore. Dal conguaglio 2023 ho costatato tra la ripartizione della fattura era presente anche il mio appartamento e che dovevamo pagare in base ai componenti attuali del nucleo familiare. All'amministratore pur volendo partecipare al pagamento facevo presente che all'epoca i componenti del nucleo familiari che ci aveva venduto l'appartamento erano in due e io stavo pagando per 3. Visto che lo stesso non ne voleva saperne nulla e che l'assemblea aveva già deciso gli facevo presente che ai sensi dell'Art. 63 cc 4 e ss delle disposizioni del codice civile non mi aspettava partecipare al pagamento di detta fattura in quanto il debito si riferiva al 2017/2018 e io avevo comprato casa nel 2020, e che la norma riferisce che "chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente" e non degli anni precedenti, avendo risposta che dovevo pagare. Mi dite come mi devo comportare? grazie

Consulenza legale i 21/03/2024
A parere di chi scrive le ragioni dell’autore del quesito possono essere validamente sostenute in un ipotetico giudizio promosso nei confronti del condominio.
Il comma 4° dell’art. 63 disp.att. del c.c., in caso di vendita dell’appartamento prevede che l’acquirente risponda degli oneri condominiali relativi all’anno in corso e a quello precedente. Rimangono quindi in capo al precedente proprietario le spese attribuibili ad anni pregressi alla vendita non rientranti nel perimetro applicativo della norma in commento.
Proprio facendo ricorso a tale principio, il Tribunale di Treviso con la sentenza del 18.10.2016, ha ritenuto invalida la delibera assembleare che approvi un riparto condominiale che attribuisca al nuovo proprietario consumi di utenze riconducibili ad anni in cui egli non era condomino.

Tra l’altro, in relazione al riparto delle spese inerenti al consumo di acqua, ormai la giurisprudenza è costante nel ritenere illegittima la suddivisione tra i condomini in base al numero di occupanti le singole unità immobiliari. Tale criterio di riparto non può essere valido in quanto non previsto dagli artt. 1123 e ss. del c.c., i quali dispongono come principio generale che le spese condominiali vadano suddivise a millesimi. Pertanto, in assenza di marchingegni che permettano di attribuire a ciascuna unità immobiliare il consumo di acqua da essa prodotta, o in assenza di accordi adottati dalla unanimità dei proprietari, i giudici concludono che l’unico criterio valido per ripartire il consumo di acqua condominiale siano i millesimi.

Vi è quindi più di una criticità nel riparto operato dall’amministratore che potrebbero giustificare una sua impugnazione prima per mezzo di una istanza di mediazione e poi, se del caso, con ricorso al giudice.
Bisogna però prestare attenzione ai termini di impugnazione previsti dall’art. 1137 del c.c.. Considerando il fatto che, a quanto pare, la delibera viziata è stata adottata il 29.02 us, si è ancora nei termini per impugnarla: essi dovrebbero scadere in data 28.03.2024, ma oltre tale giorno qualsiasi irregolarità verrebbe irrimediabilmente sanata.


A. D. chiede
venerdì 08/03/2024
“Buongiorno, ho acquistato un appartamento nel settembre 2019, nel quartiere dove è ubicato, è attivo un consorzio di urbanizzazione che richiede il pagamento della quota annuale. I vecchi proprietari mi avevano assicurato che le quote fossero tutte pagate (nel loro atto di acquisto che ho visionato, come atto di provenienza, è indicato chiaramente che erano obbligati a versare le quote), purtroppo non ho fatto aggiungere nessuna dicitura né nell'atto preliminare né nell'atto di acquisto quando ho stipulato il rogito riguardo i pagamenti di competenza del cedente riguardo le quote del consorzio.
Ho dato immediatamente notifica al consorzio del cambiamento di proprietà, ma ho dovuto sollecitare a Novembre 2021 (tramite pec) il cambio di nominativo, perchè mi inviavano ancora la richiesta di pagamento a nome del vecchio proprietario.
Ultimamente mi hanno inviato, una raccomandata chiedendomi il pagamento delle quote 2018 e 2019 con aggravio di interessi legali. Ho pagato solo la parte di 4/12 della quota del 2019 (Settembre-Dicembre).
Ho inviato ricevuta di pagamento al consorzio affermando che non intendo pagare quote per annualità non di mia competenza, ma mi hanno risposto che il subentrante è obbligato a corrispondere l'annualità di subentro e quella precedente appellandosi all'art. 63 disp. att. del c.c.
Ho letto sul vostro sito, da alcune risposte precedenti, che il subentrante è obbligato solo nel caso non siano spese preventivate precedentemente, ma in questo caso la quota da pagare era conosciuta sin da subito dal cedente.
è corretto?
altra cosa: possono far pagare a me gli interessi legali su pagamenti di competenza del cedente, il cui ha deliberatamente omesso di pagare?
e infine qual è la strada che mi conviene intraprendere? pagare e rivalermi sul cedente o magari potete suggerirmi altra strada da intraprendere? grazie”
Consulenza legale i 19/03/2024
La richiesta del Consorzio di urbanizzazione è lecita e corretta.
L’art. 63 comma 4 disp. att. c.c. dispone la solidarietà passiva tra alienante e acquirente per il versamento dei contribuiti per l’anno in corso e l’anno precedente la vendita.

Il subentrante è quindi obbligato per legge al pagamento, salva la possibilità di rivalersi sul precedente proprietario.

L’obbligo del pagamento degli oneri condominiali deriva dalla titolarità del diritto reale e costituisce quindi un’obligatio propter rem che si trasferisce in capo al successore a titolo particolare anche qualora la delibera assembleare di approvazione delle spese sia precedente alla vendita dell’immobile. (Cass. civ. n. 4393/1997, Cass. civ. n. 2489/1982).

Il principio vale in maniera particolare per quanto riguarda le spese di gestione ordinaria come paiono essere quelle in oggetto.
Infatti, la giurisprudenza ha stabilito che in caso di spese per la gestione ordinaria il momento in cui sorge l’obbligazionecoincide con il compimento effettivo dell'attività gestionale mirante alla manutenzione, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell'edificio o alla prestazione di servizi nell'interesse comune” (Cass. civ. n. 24654/2020).
Indipendentemente, quindi, dal momento in cui sono state approvate le spese ordinarie, le stesse diventano obbligatorie quando viene compiuta l’attività gestionale, generalmente nell’anno a cui si riferiscono.
L’acquirente è dunque obbligato in solido con l’alienante per le spese dell’anno in corso e dell’anno precedente la vendita e la richiesta del pagamento da parte del Consorzio compresi gli interessi legali è legittima.

Si ritiene però che il compratore possa rivalersi nei confronti del venditore per il risarcimento dei danni per aver sottaciuto al momento della vendita l’esistenza di questo debito e per averlo aggravato anche degli interessi legali per una sua morosità.

Si consiglia in ogni caso di verificare con il Consorzio che il debito degli anni 2018 e 2019 non riporti anche un conguaglio degli anni precedenti e quindi anche un debito imputabile solo all’alienante.

S. C. chiede
lunedì 26/02/2024
“Buonasera,
ho acquistato ad un'asta giudiziaria un immobile in un condominio nel mese di dicembre 2023, pur sapendo che sarei stato responsabile delle spese condominiali ordinarie degli ultimi due anni. Nell'estate del 2023 è stato fatto un intervento di manutenzione straordinaria (rifacimento lastricato/ tetto), considerando che non ho partecipato alla delibera dell'assemblea riguardo ai lavori e che nella Perizia Giudiziaria alla voce Vincoli od Oneri Condominiali vengono riportate queste informazioni:
- non risultano presenti spese straordinarie per attività condominiali già eseguite;
- non risultano approvate delibere per attività straordinarie
vorrei chiedere se sono obbligato a partecipare alle spese straordinarie o se posso rivalermi sull'amministratore che non si è adoperato a informare il Curatore dell'immobile che avrebbe potuto aggiornare la perizia.
Cordiali saluti

Consulenza legale i 02/03/2024
Il pagamento degli oneri condominiali dopo il trasferimento di un appartamento è una problematica che causa spesso diverbi e contenziosi: difatti la giurisprudenza sul punto è piuttosto ricca, ma purtroppo non sempre offre certezze stabili, in particolare per quanto attiene il pagamento degli oneri di straordinaria manutenzione.
In linea di massima possiamo dire che la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene che l’obbligo di pagamento attinenti gli oneri di straordinaria amministrazione sorge nel momento in cui viene deliberata dalla assemblea la delibera che autorizza la spesa (Cass.Civ. n.15288\2005), indipendentemente dal momento in cui verranno concretamente eseguiti i lavori, o indipendentemente dal fatto che alla delibera di approvazione della spesa sia seguita poi una nuova delibera di approvazione del riparto tra i proprietari di una spesa già comunque approvata.
Quindi, facendo un esempio pratico, se il decreto di trasferimento è stato emesso dal giudice dell’esecuzione nel 2023, (anno in cui nel condominio è stato approvato il consuntivo per l’anno 2022 e il preventivo per l’anno 2023) e la spesa è stata approvata nel 2021, (e quindi già messa a bilancio nel precedente rendiconto), essa sarà di competenza del precedente proprietario in quanto non rientra nel perimetro applicativo dell’art. 63 disp.att del c.c.

Se, viceversa, la spesa straordinaria è stata già inserita nell’ultimo consuntivo approvato dalla assemblea alla data del decreto di trasferimento, l’amministratore potrà chiedere il pagamento di tale spesa solidalmente sia al nuovo che al vecchio proprietario ai sensi dell’art. 63 disp.att del c.c.

Sovente, tuttavia, la approvazione di una spesa particolarmente importante viene preceduta da delibere meramente interlocutorie e programmatiche, ove si rinvia l’approvazione definitiva della spesa ad un’altra riunione di futura convocazione. La giurisprudenza in questo caso (Cass.Civ. n.10235/2013), ha precisato che una delibera meramente interlocutoria e programmatica non rileva al fine della insorgenza dell’obbligo di pagamento, obbligo che dovrà essere riferito al momento in cui la spesa verrà approvata in via definitiva.
Per capire, quindi, se vi sono delle responsabilità da imputare in capo all’amministratore di condominio o in capo al tecnico che ha redatto la perizia di stima nella procedura esecutiva bisognerebbe capire che cosa effettivamente l’assemblea ha deliberato nel momento in cui la perizia è stata redatta. Se, infatti, la decisione di approvazione della spesa era solo in una fase meramente interlocutoria, nessuna responsabilità potrà essere imputata all’amministratore di condominio o a eventuali periti.

S. V. chiede
venerdì 26/01/2024
“Buogiorno,
in data 16/03/2022 abbiamo venduto un appartamento situato in un palazzo di XXX. Circa un anno prima, quando eravamo ancora proprietari dell’appartamento, noi condomini abbiamo venduto un locale che un tempo era adibito alla portineria. La cifra di circa 60000 euro si è deciso di lasciarla come fondo per eventuali lavori straordinari nel palazzo. Nel rendiconto 2022 la cifra avanzata è stata di circa 12000 euro. La domanda è: una parte di questa cifra mi spetta di diritto anche se ho venduto il mio appartamento? Altra domanda: la caldaia condominiale si è guastata a marzo 2022, non è stata più riavviata e probabilmente verrà dismessa. Sono rimasti residui 3000 litri di gasolio non utilizzati, acquistati il 10 marzo 2022. La nuova proprietaria del nostro appartamento non vuole pagare quel gasolio e quello acquistato precedentemente, sempre nel 2022, perché antecedente all’acquisto dell’appartamento. Premetto che le nostre quote condominiali sino al 16 marzo 2022 sono state pagate regolarmente e, come sapete, nella chiusura del bilancio 2021 viene fatto il preventivo di spese per il 2022 in cui sono comprese anche quelle per il riscaldamento. Chi deve pagare quelle quote di gasolio?
Attendo un vostro riscontro. Grazie.”
Consulenza legale i 09/02/2024
L’art. 1123 c.c. stabilisce che le spese per i beni comuni condominiali sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della loro proprietà.
L’obbligo del pagamento degli oneri condominiali deriva dalla titolarità del diritto reale e costituisce quindi un’obligatio propter rem che si trasferisce in capo al successore a titolo particolare anche qualora la delibera assembleare di approvazione delle spese sia precedente alla vendita dell’immobile. (Cass, civ. n. 4393/1997, Cass. civ. n. 2489/1982).

Questo principio è utile per rispondere ad entrambe le domande poste nel quesito.

In relazione al fondo cassa condominiale si segnala che la giurisprudenza ha ritenuto che una volta versate le spese condominiali, correttamente deliberate dall’assemblea, queste entrino a fare parte della disponibilità del condominio e non sia quindi più possibile per il condomino chiederne la restituzione.
Con l’alienazione dell’immobile, all’acquirente passano siano gli oneri di pagamento che il godimento del fondo già costituito.
Il venditore avrebbe dovuto accordarsi con il compratore in sede di compravendita per il pagamento da parte di quest’ultimo della corrispondente quota di fondo cassa condominiale già versato dall’alienante.
In mancanza di questo accordo preventivo è difficile riuscire ad ottenere ora la restituzione degli importi.

Per quanto riguarda la seconda domanda, il principio a cui dover far riferimento è sempre quello espresso nell’introduzione del presente parere.
L’art.63 comma 5 disp. att. c.c. stabilisce che chi cede la proprietà dell’unità immobiliare è obbligato solidalmente fino al momento in cui trasmette all’amministratore la copia autentica del titolo che ha determinato il trasferimento del diritto.
Quindi, per le rate maturate e scadute prima della comunicazione della cessione della proprietà è obbligato solidalmente anche il venditore, dopo quel momento l’onere del pagamento si trasferisce in capo all’acquirente.
Ne consegue che, se anche la delibera che approva il preventivo di gestione ordinaria è precedente alla vendita dell’immobile, l’acquirente, dopo essere diventata proprietaria, è tenuta a versare le spese entro la data di scadenza delle singole rate.
Nel caso specifico però - anche in un’ottica conciliativa - poiché la contestazione riguarda il consumo del gasolio per il riscaldamento, le parti possono accordarsi in modo che il venditore paghi il gasolio da lui utilizzato fino al 16 marzo 2022, data della compravendita, a meno che abbia già corrisposto la quota a lui spettante con le rate delle spese pagate prima di vendere l’immobile.
Il gasolio rimasto inutilizzato rimarrà in ogni caso a carico dell’acquirente.

A. C. chiede
martedì 16/01/2024
“Buongiorno,
abbiamo acquistato un immobile a Maggio 2022. A Giugno 2023 abbiamo ricevuto un conguaglio straordinario dell'acqua ( probabilmente dovuto ad un errore di calcolo negli anni precedenti o ad una perdita) relativo al periodo Gennaio 21-Febbraio 23. L'anno contabile nel nostro condominio va da Ottobre a Settembre. Nel rogito non è stata fatta menzione circa il pagamento di conguagli straordinari. L'amministrazione ha comunicato che il pagamento spetta interamente a noi e che non è possibile richiedere al precedente proprietario il pagamento del consumo relativo ai mesi a lui spettanti. Mi chiedo se la richiesta dell'amministrazione sia corretta trattandosi di un conguaglio straordinario e se così fosse ho diritto a richiedere un rimborso ( trattandosi di consumi non preventivati nè deliberati) al precedente proprietario.
Ringrazio anticipatamente per la risposta
Cordiali saluti

Consulenza legale i 21/01/2024
Ciò che dice l’amministratore è purtroppo corretto. L’ obbligo di corrispondere gli oneri condominiali sussiste nel momento in cui ricorrono due presupposti:
  1. uno è quello di essere proprietari di una unità immobiliare in condominio;
  2. l’altro è la presenza di un rendiconto condominiale regolarmente approvato dalla assemblea.
Per ovvie ragioni temporali, la spesa attinente ad un conguaglio straordinario di acqua dovrà essere inserita nel bilancio di condominio che verrà approvato nella prossima riunione annuale, oppure in un riparto straordinario approvato da una riunione appositamente convocata dall’amministratore. In tutti i modi, il rendiconto verrà approvato in un momento successivo al perfezionamento dell’acquisto da parte del nuovo proprietario e quindi sarà lui, in quanto attuale condomino, il soggetto obbligato a corrispondere le somme in esso ripartite: sotto questo aspetto non ha alcuna rilevanza la circostanza che il consumo conguagliato dalla società idrica sia riferibile in un periodo in cui l’autore del quesito non era ancora proprietario del bene. Nel caso specifico non può trovare applicazione neppure quanto previsto dal terzo comma dell’art. 63 disp. att. del c.c.: a quanto pare la spesa inerente al conguaglio straordinario di acqua, infatti, non era mai stata in precedenza preventivata e quindi deliberata dalla assemblea in un’epoca in cui rivestiva la qualifica di condomino il precedente proprietario.
È molto difficile inoltre pretendere che sia il precedente proprietario a far fronte a tale spesa imprevista: come già detto infatti l’obbligo di corrispondere il conguaglio straordinario di acqua è sorto solo successivamente alla cessione dell’appartamento, in un momento in cui il venditore già non rivestiva più la qualifica di condomino. In un ipotetico giudizio sarebbe anche molto complicato sostenere che un conguaglio straordinario di acqua come quello descritto possa integrare ai sensi dell’art. 1490 del c.c. un vizio della cosa venduta, in quanto comunque non vi è un apprezzabile diminuzione del valore di quanto acquistato e certamente una spesa straordinaria per quanto non preventivata non rende il bene inidoneo all’ uso per cui esso è stato destinato.


E. C. chiede
giovedì 12/01/2023 - Friuli-Venezia
“Buongiorno,
in data 12/2021 l'assemblea condominiale deliberava un intervento di manutenzione straordinaria per il superbonus 110%. Per costante giurisprudenza le spese per manutenzione straordinaria restano a carico del venditore.
In data 25/11/2022 scadono i termini D.L.176/22 art 9 per la presentazione della CILA al fine di poter avviare i lavori. Non esiste ad oggi alcun contratto sottoscritto dall'amministratore condominiale.
In data 12/12/2022 rogito la vendita dell'appartamento e nel rogito stesso non viene fatta alcuna menzione al superbonus e lo stesso amministratore condominiale certifica che non vi sono delibere di manutenzione straordinaria.
In data 29/12/22 viene pubblicata la legge 197 art. 894 (DEF) che riapre i termini per la presentazione CILA sino al 31/12/22 riamettendo nei termini la fruizione del 110 le delibere superbonus ante 24/11/22.
Chiedo considerato il rogito di data anteriore alla L. 197 che riapre retroattivamente i termini ma avendo rogitato a termini scaduti rispetto al D.L.176 quali obblighi ho nei confronti del condominio o dell'attuale proprietario per i lavori superbonus che non potevano venir avviati per mancanza CILA nei termini di legge 25/11/22?.
I costi possono venir addebitati al sottoscritto?
I lavori e relative fatture avranno data 2023 e pertanto non so se posso ususfruire della cessione o dello sconto in fattura.
Non ho soluzioni da proporre.
Grazie
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 17/01/2023
In pratica ci viene chiesto:
"In caso di vendita di unità immobiliare in condominio, chi paga le spese straordinarie per lavori già deliberati dall'assemblea condominiale ma non ancora eseguiti al momento del rogito di compravendita?"

La suddivisione delle spese condominiali tra la parte acquirente e la parte venditrice in caso di cessione della unità immobiliare in condominio è molto più complessa di quanto possa sembrare dopo una rapida lettura dell’art. 63 disp.att. del c.c.
In particolar modo i contrasti in giurisprudenza attorno a tale tema sorgono per le delibere attinenti a spese e lavori straordinari: tali delibere infatti per i motivi più disparati possono avere una esecuzione molto differita nel tempo rispetto a quando esse vengono concretamente adottate dalla assemblea. Ci si è quindi chiesto chi tra acquirente e venditore deve sopportare gli oneri derivanti da tali lavori straordinari nel caso in cui l’unità immobiliare in condominio venga venduta nel periodo intercorrente tra la adozione della delibera che dispone i lavori e il momento in cui tali lavori vengono concretamente eseguiti e quindi pagati.

La risposta a tale domanda non è così scontata come può credersi a prima vista: seppur si inizi ad intravedere una maggiore chiarezza sull’argomento non vi è ancora una pronuncia delle Sezioni Unite, le quali potrebbero sicuramente fornire maggiori punti fermi.

Le ultime pronunce della Cassazione sul tema in effetti pongono in capo al venditore l’obbligo di sostenere le spese derivanti da lavori di manutenzione straordinaria deliberati in epoca antecedente alla cessione dell’appartamento, in assenza di un diverso accordo tra le parti. Si cita tra le tante Cass. civ. n. 11199 del 28 aprile 2021: ” laddove, successivamente alla delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione di tali interventi, sia venduta un'unità immobiliare sita nel condominio, i costi di detti lavori gravano, secondo un criterio rilevante anche nei rapporti interni tra compratore e venditore, su chi era proprietario dell'immobile compravenduto al momento dell'approvazione di detta delibera, la quale ha valore costitutivo della relativa obbligazione, anche se poi le opere siano state, in tutto o in parte, realizzate in epoca successiva all'atto traslativo"

Bisogna poi tener presente quanto disposto dal 4° co. dell’art. 63 disp.att. del c.c. secondo il quale:” Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.”
Visto che i lavori straordinari sono stati deliberati nel dicembre del 2021 e la vendita si è perfezionata un anno dopo, esattamente del dicembre del 2022, il comma in commento troverebbe piena applicazione nel caso specifico: il venditore si troverebbe quindi solidalmente obbligato con il suo acquirente nei confronti del condominio a corrispondere le spese relative alla realizzazione dei lavori straordinari deliberati nel dicembre del 2021. Se poi l’importo di tali lavori venisse pagato per intero al condominio dal nuovo proprietario, egli facendosi forza della giurisprudenza di cui si è riferito sopra, avrebbe titolo per pretendere dal suo venditore il rimborso della somma elargita.

Rimane però un dubbio a chi scrive, che magari potrebbe essere oggetto di un successivo ticket di chiarimento: posto che i lavori sono stati deliberati a dicembre del 2021, come mai l’amministratore comunicò in sede di rogito che non erano stati deliberati fino ad allora la realizzazione di lavori straordinari?
Attualmente il quesito non offre sufficienti elementi per dare una risposta precisa a tale domanda: viene tuttavia da pensare che nel dicembre del 2021 l’assemblea di condominio non abbia effettivamente deciso di realizzare degli interventi straordinari, ma abbia semplicemente adottato una mera delibera di programma, con la quale magari si manifestava semplicemente la volontà di verificare per il futuro varie ipotesi di intervento sul palazzo e le possibilità offerte dagli allora vigenti bonus fiscali: in effetti al giorno della vendita l’amministratore non aveva ancora dato incarico ad una impresa per iniziare almeno l’ impostazione del cantiere.

Se fosse effettivamente così la delibera del dicembre del 2021 non farebbe sorgere alcun obbligo di pagamento in capo ai condomini di allora e quindi non troverebbe applicazione né l’orientamento giurisprudenziale sopra riferito né tantomeno l’art. 63 disp. att. del c.c.
Secondo infatti Cass. Civ. n.10235 del 02.05.2013 l’eventuale adozione di una delibera meramente interlocutoria non rileva ai fini della insorgenza dell’obbligo di pagamento degli oneri condominiali, obbligo che invece viene differito al momento in cui tali lavori vengono approvati in via definitiva. Se così fosse, il venditore sarebbe libero da qualsiasi obbligo di pagamento sia nei confronti del condominio che del suo acquirente, il quale rimarrebbe unico obbligato a corrispondere gli oneri relativi ai lavori straordinari e unico soggetto legittimato a richiedere all’amministrazione finanziaria l’accesso ai bonus fiscali attualmente vigenti.


Pier G. P. chiede
domenica 07/08/2022 - Lombardia
“Sono proprietario di due box pianterreno di un condominio dal 1996, con impianto luce di origine installato e con lettura del mio consumo che pagavo alle spese del condominio
Durante l'assemblea alla quale non ero presente hanno deciso di togliere gli impianti collegati alla corrente comune.
Non ho nessun accesso all'interno dello stabile, non è necessario vado e vengo indipendentemente.
Domanda 1) E' legale togliermi la corrente che faceva parte integrale dei box?
Domanda 2) Mi fanno partecipare al consumo della corrente dello stabile dove non centro per niente. E' corretto?”
Consulenza legale i 11/08/2022
La decisione adottata dalla assemblea è gravemente nulla e può essere impugnata innanzi alla autorità giudiziaria anche oltre le rigide tempistiche dettate dall’ art. 1137 del c.c.,

L’assemblea di condominio non può decidere unilateralmente a colpi di maggioranza e per giunta senza il consenso del condomino direttamente interessato di escludere una unità immobiliare (nel caso specifico: le due autorimesse), dal godimento di un servizio o impianto condominiale (l’impianto elettrico del palazzo).
Il 3° co. dell’art. 63 disp. att. del c.c. autorizza l’amministratore di condominio a sospendere la fruizione dei servizi condominiali suscettibili di godimento separato, ma questa sospensione, che comunque non può essere un distacco definitivo dall’ impianto comune, può avvenire solo nel caso in cui non si è provveduto al pagamento degli oneri condominiali per un semestre. Inoltre la stessa giurisprudenza, in merito alla possibilità prevista dalla norma in commento, ha precisato che la sospensione in relazione a determinati servizi definiti essenziali (come quello idrico o elettrico) non può essere totale ma deve essere sempre garantita una minima erogazione (si veda Tribunale di Perugia Ord. del 20.12.21).

Ovviamente il ragionamento fatto finora non è valido se il distacco e la delibera assembleare che lo dispone è stato provocato dal mancato pagamento degli oneri condominiali protratti per oltre 6 mesi. Se così fosse, proprio la norma che si sta commentando renderebbe legittimo il distacco o comunque l’attenuazione di potenza, e quindi anche la delibera assembleare che disponesse in tal senso sarebbe pienamente valida: il quesito, tuttavia, nulla dice di più preciso sul motivo che ha portato i condomini a deliberare nel senso descritto. Ad ogni modo, il distacco non potrebbe essere definitivo: andrebbe comunque garantita la possibilità di riallaccio all’impianto una volta che la morosità venga poi sanata.

Il fatto che le due autorimesse sono allacciate all’impianto elettrico condominiale fa sorgere in capo al loro proprietario ai sensi dell’ art. 1118 del c.c.. l’obbligo di partecipare alle spese relative al consumo della energia elettrica, partecipazione che comunque deve avvenire solo in proporzione ai kilowattora consumati.
La giurisprudenza, infatti, ha chiarito che, qualora siano presenti nello stabile strumentazioni che permettono per ciascun servizio condominiale (come quello idrico o elettrico), di misurare il singolo consumo riconducibile a ciascuna unità immobiliare, l’amministratore non può procedere a ripartire a consuntivo la conseguente bolletta emessa dall’ente erogatore del servizio e intestata indistintamente al condominio in base ai millesimi o in base agli occupanti dell’appartamento. In questo caso, l’unico criterio di riparto ritenuto valido dai giudici è quello che tiene conto dell’effettivo consumo riconducibile alla singola unità (Cass.Civ. n.17557\2014).

Si precisa che il principio che si è appena illustrato è stato reso in relazione al consumo dell’acqua idrica condominiale, ma esso può essere pacificamente applicato anche al caso descritto nel quesito, visto che è presente un apparato che misura con precisione i kilowattora consumati dalle due autorimesse.

Giovanni D. chiede
venerdì 05/08/2022 - Friuli-Venezia
“Egregio Avv.ti sono un titolare di un immobile con atto di trasferimento (maggio 2022 ) con Asta Giudiziaria. Volendo pagare le spese condominiali del 2021 e 2022, mi vengono chieste oltre spese ordinaria e straordinarie, anche (spese personale) e (consumo acqua ) il consumo acqua in quanto la fornitura idrica è unica e i consumi personali di ogni condomino vengono ripartiti con contatore idrico in sottolettura. Ho chiesto il dettaglio della voce (spese personale) che mi farà avere. La mia domanda è: sono dovuti questi importi per queste voci? Non dovrei pagare solo costi inerenti al mantenimento del bene comune "Condominio"? Saluti D.G.”
Consulenza legale i 12/08/2022
Purtroppo il condominio ai sensi del 4° co. dell’art. 63 disp. att. del c.c. ha tutto il diritto di pretendere dal nuovo proprietario il pagamento degli oneri condominiali indicati nell’ ultimo riparto consuntivo e preventivo approvati al giorno dell’acquisto. Visto che l’impianto idrico è condominiale è parimenti di competenza della collettività dei proprietari anche il pagamento delle relative bollette intestate indistintamente al condominio per mezzo del suo codice fiscale. È del tutto ininfluente poi che tali spese vengano indicate nei rendiconti con l’etichetta “consumo personale”: ciò attiene non tanto alla natura giuridica della voce di spesa, che rimane condominiale, quanto alla modalità in cui la stessa viene ripartita tra tutti i condomini. Essendoci, infatti, la presenza di contatori idrici di sotto lettura l’amministratore non può ripartire le bollette del consumo idrico in proporzione ai millesimi attribuibili a ciascun proprietario, ma in proporzione ai metri cubi consumati riconducibile a ciascuna unità abitativa ed indicati in ciascun contatore individuale.
In questo senso l’operato dell’amministratore è del tutto conforme alla vigente normativa.

Più che altro in questi casi è bene verificare che l’amministratore utilizzando la "scusa" della cessione dell’appartamento non richieda il pagamento di spese maturate in anni di bilancio non rientranti nel perimetro applicativo del 4° co. dell’art. 63 disp.att. del c.c.
Si deve prestare, infatti, attenzione al fatto che l’acquirente dell’immobile ai sensi della normativa che si sta esaminando è tenuto a sopportare in solido con il suo venditore solo il saldo del riparto consuntivo e di quello preventivo approvati alla data della cessione. Sovente però l’importo complessivo degli oneri condominiali che viene richiesto al nuovo proprietario ricomprende anche l’ammontare di una altra voce di spesa indicata nelle pieghe del bilancio condominiale spesso denominata nella prassi come “saldo esercizi precedenti”. Questa voce riporta il saldo degli esercizi approvati in anni passati, e nel caso di acquisti di immobili attraverso aste giudiziarie spesso tale voce è a debito, comportando un forte aggravio della posizione debitoria del precedente proprietario.

Orbene, spesso gli amministratori utilizzando l’art. 63 disp. att. del c.c. richiedono al nuovo condomino anche il pagamento del debito riportato in tale voce del rendiconto, ma tale debito è sorto in anni di bilancio antecedenti e come tale non può essere richiesto al nuovo proprietario. L’amministratore dovrà procedere al recupero di tale somma solo nei confronti del condomino precedente.


A. B. chiede
lunedì 20/06/2022 - Lazio
“Spett. Brocardi,

vorrei sottoporre alla vostra attenzione la vicenda di seguito descritta concernente il soggetto tenuto a sostenere le spese condominiali per lavori e interventi di manutenzione straordinaria su un immobile abitativo nel cui atto di compravendita è stata inserita una clausola in base alla quale dette spese restano espressamente a carico del venditore.

Esposizione dei fatti

In data 31.12.2020 ho acquistato un appartamento relativamente al quale nel corso dei colloqui avuti con l’agenzia immobiliare prima del rogito venivo informato, in modo del tutto generico e superficiale, circa la decisione adottata dal condominio di procedere con il rifacimento della facciata dell’edificio e che comunque di dette spese se ne sarebbe fatto carico il venditore poiché già deliberate.
In sede di rogito (avvenuto il 31.12.2020), il notaio da lettura della dichiarazione rilasciata pochi giorni prima dall’amministratore circa la situazione condominiale dell’immobile. Da detta dichiarazione (che l’agenzia non aveva provveduto a fornirmi) emerge una situazione tutt’altro che “fluida”, si legge infatti che sono da portare ad approvazione alcune gestioni ordinarie pregresse e alcune gestioni straordinarie tra cui la messa in sicurezza delle facciate. Da quanto riportato nel suddetto documento (allegato n. 1), sembra dunque risultare che, in realtà, dette spese non erano ancora state deliberate in via definitiva o che comunque il relativo iter approvativo ancorché iniziato in passato non si era ancora del tutto concluso.
A fronte di tale imprevisto, chiedo al notaio di allegare come parte integrante del rogito la dichiarazione dell’amministratore e di inserire nel rogito medesimo una clausola con cui venga espressamente previsto che tutti gli oneri connessi alle gestioni indicate nella citata dichiarazione restino a esclusivo carico del venditore. A tale mia richiesta il venditore non muove alcuna opposizione, di conseguenza il notaio procede come riportato nello stralcio dell’atto di compravendita che allego al n. 2.
Successivamente al rogito, la vicenda relativa alla manutenzione straordinaria delle facciate si evolve, in qualità di condomino ricevo i verbali delle assemblee condominiali ove:
- nel luglio 2021 - vengono apportate modifiche al capitolato d’appalto approvato in passato;
- nel novembre 2021 - viene nominata una commissione di condomini che insieme all’architetto incaricato devono esaminare le offerte pervenute nel frattempo da parte di 4 imprese;
- nel febbraio 2022 - viene scelta l’impresa che eseguirà i lavori, viene approvato il prezzo totale dei lavori (comprensivo di compensi per professionisti, amministratore ecc…) e viene autorizzato l’amministratore a mettere in pagamento una prima rata pari al 5% del prezzo necessaria per firmare il contratto e iniziare i lavori nonché a ripartire la restante spesa tra tutti i condomini in 20 rate mensili.
Da quanto sopra, appare evidente come la compravendita dell’immobile sia avvenuta nel mezzo dell’iter deliberativo dei lavori in esame che ha avuto sicuramente inizio prima della data del rogito (approvazione della prima versione del capitolato d'appalto) ma che si è concluso dopo la data d’acquisto dell’immobile con l’assemblea da ultimo citata che ha approvato il costo dell’opera e conferito mandato all’amministratore di firmare il contratto d’appalto nonché di iniziare la riscossione delle quote.

Come è facile intuire, dinanzi alla mia richiesta di ricevere il rimborso delle spese che ho iniziato a sostenere per i lavori in discorso, il venditore ritiene di non essere tenuto ad alcun obbligo alla luce della clausola inserita nell’atto notarile poiché, a suo dire, la delibera con cui è stata approvata la spesa è comunque successiva al rogito.

Premesso quanto sopra (e tenuto conto che l'orientamento giurisprudenziale appare univoco sul tema in quanto è tenuto a sopportare i costi per interventi di manutenzione straordinaria colui che è proprietario al momento della delibera dell’assemblea sicché ove tali spese siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell'atto di trasferimento dell'unità immobiliare, ne risponde il venditore) vorrei sapere se:
alla luce dell’accordo in sede di rogito, stipulato prima della delibera di approvazione della spesa per gli interventi in esame, spetti comunque al venditore l’onere delle spese in virtù dell’impegno che lo stesso ha assunto davanti al notaio accollandosi espressamente le spese relative a tutto ciò che è contenuto nella dichiarazione resa dall’amministratore. L'esistenza di un simile accodo con cui sono stati disciplinati in anticipo gli obblighi di pagamento di spese (prima che le stesse fossero approvate in via ufficiale e definitiva ma in ogni caso comunicate da parte dell'amministratore), l'esistenza di un simile accordo che è peraltro espressione della libertà contrattuale delle parti dovrebbe superare e prescindere dal vincolo legato al momento di adozione della delibera stessa per l’individuazione del debitore delle spese in questione.

Ciò premesso, chiedo se il venditore può legittimamente sottrarsi al rimborso delle spese in esame o se valga la pena percorrere la via legale per ottenere il rimborso delle spese in questione.

Grazie”
Consulenza legale i 25/06/2022
Le considerazioni svolte dall’autore del quesito sono da condividere nella sua interezza.
Al di là degli orientamenti giurisprudenziali che si sono sviluppati in materia, nel caso specifico prevale quanto concordato in sede di acquisto. Con la firma del rogito, il venditore si è espressamente accollato l’obbligo di tenere indenne il suo acquirente dal pagamento di tutti gli oneri condominiali riconducibili alle gestioni degli anni precedenti, al rifacimento della facciata e comunque a tutto quanto elencato nella lettera dell’amministratore di condominio.
Quindi vale sicuramente la pena adire le vie legali per pretendere dal venditore il rimborso di quanto finora pagato.

E’ giusto anche precisare però che sulla base di quanto riferito, non è neppure così scontato che l’attuale proprietario possa essere obbligato nei confronti del condominio ai sensi del 4°co. dell’art. 63 disp.att. del c.c. a pagare gli oneri condominiali attinenti alle gestioni precedenti e al rifacimento della facciata.
Cass. Civ.,Sez.II, n. 12580 del 25.06.2020 ha ad esempio chiarito che: "L’acquirente dell’unità immobiliare che sia subentrato nel condominio non può essere ritenuto obbligato in via diretta verso il terzo creditore relativamente ai debiti sorti in un momento precedente all’acquisto. Occorre distinguere tra le spese necessarie alla manutenzione ordinaria e quelle che comportino un’innovazione o un onere rilevante: mentre per le prime l’obbligazione condominiale sorge al momento del compimento effettivo dell’attività gestionale, per le seconde la nascita dell’obbligo coincide con la data di approvazione della delibera (avente valore costitutivo) che dispone l’esecuzione degli interventi."

Sulla base di questi principi si può già dire che ad esempio l’attuale proprietario non è tenuto a sopportare gli oneri condominiali derivanti dalle gestioni ordinarie più remote (2014, 2015, 2016 e 2019): in questo caso, infatti, trattandosi di spese ordinarie, l’attività gestionale è stata già da tempo realizzata nei rispettivi anni di gestione e tali anni non rientrano nell’ambito applicativo del 4°co. dell’art. 63 disp. att del c.c.

Da una rapida lettura parrebbe, invece, che l’autore del quesito, fermo comunque quanto pattuito nel rogito di acquisto col suo venditore, debba sopportare le spese di rifacimento della facciata, che, a quanto pare, sono state deliberate nel 2022, e quindi in un momento in cui egli era già proprietario. Tuttavia, sarebbe opportuno esaminare le delibere che si sono susseguite nel tempo in relazione al rifacimento della facciata, in quanto, da un loro esame, si potrebbe fornire sul punto un parere più preciso. Dalla lettura della lettera dell’amministratore allegata al rogito sorge, infatti, il dubbio che anche le spese di rifacimento della facciata siano state deliberate in epoche che rientrerebbero nell’ambito applicativo dell’art. 63 disp.,att. del c.c. (2018).

R. C. T. chiede
venerdì 15/10/2021 - Piemonte
“Buongiorno,
a seguito di una aggiudicazione immobiliare di un alloggio in condominio, in funzione dell'art 63, tocca all'aggiudicatario pagare le spese condominiali relative alla ordinaria amministrazione ( ordinanza 1847 del 25.10.2018) dell'anno in corso all'aggiudicazione e quello precedente, e questo è chiaro.
La mia domanda è la seguente:
le spese di riscaldamento rientrano nelle spese di ordinaria amministrazione, tenendo conto che tali spese sono contabilizzate direttamente al condomino dalla società che eroga il servizio, senza che queste passino dall'amministrazione del condominio?
Il mio legale dice che tali spese si considerano a carico dell'aggiudicatario esclusivamente se vi è un contratto registrato tra la società erogatrice del servizio e l'amministratore, ( deliberato in assemblea ) che dette spese siano prese in carico dal condominio e ripartite tra condomini.
Ringrazio anticipatamente.”
Consulenza legale i 16/10/2021
Si concorda con il parere dato dal legale.
L’obbligo di pagare gli oneri condominiali trova la sua origine in due presupposti essenziali:
  • il primo è quello di essere proprietario di una unità immobiliare ricompresa nel condominio: ciò, fa assumere al proprietario anche lo status di condomino con l’assunzione di tutti i diritti (es. partecipazione alla assemblea di condominio) e obblighi (es. pagamento, appunto, delle spese condominiali) che ne conseguono
  • il secondo è che la spesa sia stata prevista e ripartita da una delibera della assemblea di condominio approvata dal consesso secondo le norme previste dalla legge: questo fa si che ai sensi del 1 co. dell’art. 1137del c.c. quanto deliberato divenga obbligatorio per tutti i condomini.
Il fatto che gli oneri per il riscaldamento siano contabilizzati dalla società che eroga il servizio direttamente al proprietario impedisce di fatto che si concretizzi il secondo presupposto indicato e quindi tale spesa non può considerarsi onere condominiale rientrante nell’ambito di applicazione del 4° co. dell’art. 63 disp. att. del c.c.

Il co. 4° dell’art 63 disp. att. del c.c. deroga parzialmente ai principi generali sopra esposti, in quanto pone in capo all’acquirente della unità immobiliare, unitamente al venditore, gli oneri condominiali approvati dalla assemblea inerenti all’anno in corso e a quello precedente: in altre parole, in virtù dell’acquisto l’acquirente si trova a dover pagare contributi condominiali deliberati in un momento in cui egli non rivestiva la qualifica di condomino.
Proprio per questo, la giurisprudenza interpreta restrittivamente tale norma e ritiene che gli oneri condominiali rientranti nel suo ambito applicativo siano solo quelli contabilizzati nel bilancio consuntivo e preventivo approvato dalla assemblea al momento della vendita a nulla rilevando il momento in cui è stato richiesto il pagamento del debito al condominio da parte del fornitore.

Pertanto, se le spese di riscaldamento del precedente proprietario non sono previste nell’ ultimo bilancio approvato al momento dell'acquisto non rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 63 disp. att. del c.c. Potranno essere inserite dall’amministratore nel bilancio successivo, ma in questo caso non si potrà richiedere il pagamento al solo acquirente, ma la spesa dovrà essere ripartita tra tutti i condomini secondo i principi generali dell’art. 1123del c.c.

Giuseppa A. P. chiede
martedì 12/10/2021 - Lombardia
“Vendo un immobile e il giorno 26 giugno del 2020 è la data del rogito.
Il 17 dicembre 2019 è deliberata la volontà di rifare la facciata con cappotto termico.I costi paventati sono solo di mera ipotesi.Altra assemblea segue il 13 febbraio 2020 in cui si esaminano altri preventivi e si delibera di rimandare ad altre riunioni per avere indicazioni certe dall'agenzia delle entrate sui Bonus. Dopo silenzio fino al 2021.
Riporto le testuali diciture contenute nell'atto di vendita:"Proprietà e materiale godimento si trasferiscono con la firma del presente atto,da oggi pertanto saranno a favore ed a carico della parte acquirente i frutti ed i pesi relativi.
La parte venditrice dichiara di aver corrisposto gli oneri condominiali, sia ordinari che straordinari sino alla data odierna.
La parte venditrice si impegna altresì a pagare le spese straordinarie deliberate in data 17 dicembre 2019 per rifacimento facciata con cappotto termico.Le parti sono a conoscenza dell'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile ..."
Solo nel 2021 ha luogo l'ultima delibera definitiva con progetto e costi certi e accesso al bonus 90%.Non partecipo a quella assemblea in quanto non convocata perché non più proprietaria.
L'acquirente ora con lettera dell'avvocato mi intima il pagamento del residuo di spesa deliberato dopo la cessione del credito.
Allo stato dei fatti devo pagare o sollevare alcune contestazioni?
Oltre tutto sono appena iniziati i lavori e nelle ripartizioni si indicano le modalità di pagamento: ovvero il 50% a inizio lavori e il restante a fine lavori. Perché dovrei pagare tutto l'importo come mi chiede l'acquirente?”
Consulenza legale i 17/10/2021
Purtroppo sulla base di quanto riferito i margini di manovra sono molto bassi per non dire nulli. Il problema nasce dal fatto che nel rogito la parte venditrice si è espressamente assunta il debito relativo alle spese straordinarie per il rifacimento della facciata. La volontà di far fronte all' intervento, a quanto pare, è stata chiaramente adottata da parte della assemblea di condominio con la delibera del 17.12.19; poco importa che poi i costi dell’intervento si sono determinati con certezza in delibere successive in cui già non si era più proprietari e condomini. Nei fatti purtroppo si è assunto l'obbligo di far fronte ad un debito altrui non ancora determinato con certezza nel suo ammontare, assunzione che per quanto insolita è del tutto legittima.

Se non vi fosse questa assunzione del debito nel rogito, i margini di manovra sarebbero stati sicuramente molto più ampi. Ci si poteva infatti appellare a tutta quella copiosa giurisprudenza che ritiene che l’obbligo di far fronte alla spesa sorge nel momento in cui l’intervento straordinario viene approvato dalla assemblea in via definitiva, oppure nel momento in cui esso viene concretamente realizzato dalla impresa appaltatrice, ma, appunto, l’assunzione che si è fatta del debito a favore dell’acquirente impedisce di poter percorrere tale linea difensiva.


Maurizio C. chiede
venerdì 11/06/2021 - Veneto
“Buongiorno, ho acquistato n. 2 appartamenti ad un'asta (uno affittato ed uno vuoto) con decreto di trasferimento data 01/10/2020. L'appartamento affittato versava affitto non più al vecchio titolare (fallito) e spese condominiali al tribunale. Vorrei sapere se devo pagare le spese condominiali dei due anni precedenti anche di questo appartamento sebbene queste venissero regolarmente pagate al tribunale e se posso eventualmente rifarmi su di questo o se questo compito spetti all'amministratore. P.S. I due anni di spese arretrate partono dal 31/10/2018 (n. 2 anni solari) o dal 31/01/2019 (anno in corso più quello precedente)??”
Consulenza legale i 15/06/2021
Il rapporto tra gli oneri condominiali e la procedura esecutiva a cui è sottoposto un appartamento pignorato non è sempre chiaro e pacifico.

Seguendo un primo orientamento (Cass.Civ. n.2875 del 20.07.1976 e Trib. Bologna del 06.05.2000) i contributi condominiali maturati dal pignoramento fino al decreto di vendita non devono essere sopportati dal condominio, ma anticipati dal creditore procedente o dal custode giudiziario (se nominato), i quali pagano il condominio riservandosi di recuperare quanto sborsato in prededuzione in sede di riparto del ricavato. Questo orientamento è sicuramente favorevole per le ragioni del nuovo acquirente che ha acquistato il bene dalla procedura. L’amministratore, infatti, ha diritto di pretendere il pagamento di tali somme direttamente nei confronti della procedura esecutiva e non potrebbe richiederli al nuovo proprietario invocando il 4° co. dell’art. 63 disp.att. del c.c.

Recentemente, però, si sta affacciando un orientamento molto più sfavorevole per le ragioni del condominio e di riflesso per chi acquista l’appartamento all’asta. Tale giurisprudenza sostiene che le spese condominiali maturate dal giorno del pignoramento fino alla vendita non devono essere anticipate dalla procedura (Cass.Civ, n.12877 del 22.06.2016).
In questo caso quindi il mancato pagamento deve essere sopportato per intero dal condominio, il quale a questo punto avrebbe tutto il diritto di pretendere il pagamento delle spese arretrate anche dal nuovo proprietario nei limiti ovviamente di quanto previsto dell’art. 63 disp.att. del c.c.
Per capire quale dei due orientamenti sia stato applicato nella procedura specifica si dovrebbe avere maggiori informazioni sul punto.

Come è noto, il co° 4° dell’art. 63 disp.att. del c.c. pone in capo al nuovo acquirente in solido con il precedente proprietario, il pagamento delle spese condominiali per l’anno in corso e per quello precedente.
Per capire quali contributi il nuovo proprietario sia effettivamente tenuto a corrispondere in forza di tale norma, si deve tener conto dell’ultimo bilancio consuntivo e preventivo approvato al giorno del trasferimento: il nuovo proprietario dovrà pagare le spese messe a consuntivo rimaste insolute per l’anno appena trascorso oltre a quelle preventivate per l’anno successivo.

Rimangono esclusi dall’ambito applicativo dell’art. 63 disp.att. del c.c. tutti quegli oneri impagati e maturati negli anni anteriori solitamente riportati alla voce:” saldo esercizio precedente”, il cui pagamento rimane in capo sempre e solo al precedente proprietario sottoposto ad esecuzione

In linea teorica il nuovo proprietario che ha sostenuto il pagamento degli oneri condominiali ai sensi dell’art. 63 disp.att. del c.c. avrebbe sicuramenteazione di regresso nei confronti del precedente condomino- debitore esecutato, ma visto che quest’ ultimo ha già subito una esecuzione si nutrono forti dubbi sul fatto che una eventuale azione di recupero possa avere esiti fruttuosi.




Maria G. S. chiede
sabato 01/08/2020 - Lombardia
“Buongiorno. Ho comprato un immobile con concordato fallimentare attraverso un'asta. L'aggiudicazione è avvenuta il 6 marzo 2020 e teoricamente da bando avremmo dovuto fare l'atto di compravendita entro 2 mesi dall'aggiudicazione. Causa covid si è bloccato tutto e l'atto è stato fissato dalla banca e dal notaio il giorno 24 giugno.
Oggi l'amministratore di condominio mi chiede, come previsto dalla legge, anno in corso e anno precedente. Peccato che, l'anno di esercizio va dal 1luglio al 30 giugno, quindi avendo fatto l'atto il 24 giugno, per soli 6 giorni, l'amministratore chiede l'annualità 18/19, 19/20 e 20/21. A me sembra ingiusto e un furto dover pagare 3 annualità per soli sei giorni. Posso far qualcosa per non pagare l'annualità 18/19?
Se l'anno in corso di esercizio scade dopo 6 giorni dall'atto, si può definire anno in corso? Inoltre, ci terrei a specificare che, ad oggi 01 agosto non ci siamo ancora trasferiti nella nuova casa. C'è qualcosa che possiamo fare per non pagare l'annualità 18/19? Grazie.”
Consulenza legale i 06/08/2020
La norma che si occupa espressamente di questa materia è l’art. 63 disp. att. c.c., ai sensi del quale chi subentra nei diritti di un condomino rimane obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed a quello precedente.
Per spese condominiali si intendono quella deliberate nell’anno in corso ed in quello precedente all’acquisto; inoltre, poiché nelle procedure esecutive il trasferimento della proprietà non si realizza con l’aggiudicazione, ma con il decreto di trasferimento o con la stipula dell’atto pubblico, è alla data di quest’ultimo che occorre fare riferimento, quindi al 24 giugno 2020.

Ora, è vero che l’art. 63 citato parla di “anno in corso e anno precedente”, ma è pacifico che con tale espressione il legislatore non abbia voluto riferirsi all’anno solare (ossia 1° gennaio – 31 dicembre), bensì all’annualità.
Nel caso di specie, poiché l’esercizio sociale ha decorrenza 1° luglio – 30 giugno, sembra evidente che l’annualità in corso alla data del decreto di trasferimento sia quella 1° luglio 2019 – 30 giugno 2020, mentre quella precedente sarà 1° luglio 2018 – 30 giugno 2019.

Siffatta interpretazione trova conferma in una sentenza del Tribunale di Bolzano del 10 giugno 1999, nella quale si afferma che “Il comma 2 dell’art. 63 disp.att. c.c. si riferisce all’anno di gestione e non all’anno solare”.

Stando così le cose, purtroppo non ci si potrà esimere dal pagare anche le spese condominiali relative all’esercizio sociale 2018/2019, dovendosi tuttavia tenere presente che la norma sancisce una responsabilità solidale, il che significa che colui il quale provvede al pagamento dell’intero, avrà diritto di agire in regresso contro il soggetto coobbligato (così art. 1299 del c.c.).
Ciò che può consigliarsi, inoltre, è di manifestare all’amministratore di condominio la propria volontà di acquisire la documentazione relativa alle spese dell’ultimo biennio, al fine di esaminare non solo le delibere assembleari che ripartiscono le varie spese, ma anche quelle in forza delle quali le medesime spese sono state deliberate.
Infatti, il principio della solidarietà passiva vale con riferimento a quelle spese il cui obbligo di contribuzione sorge nel periodo preso in considerazione dalla norma sopra citata e non a quelle spese che in detto periodo vengono soltanto ripartite e diventano esigibili.
Quindi, se ci si accorge che nei bilanci dei due esercizi precedenti vi sono spese che nascono da una delibera antecedente (es. adottata a maggio 2018) e ripartite a decorrere dall’esercizio 2018/2019, per tali spese non potrà trovare applicazione la disposizione dell’art. 63 disp. att. c.c.

In tal senso si è espressamente pronunciata da ultimo la Corte di Cassazione, Sezione VI civile, con ordinanza n. 1847 del 25.01.2018, nel corpo della quale la S.C. si è appunto preoccupata di fissare un ulteriore criterio per una corretta ripartizione di tali spese, stabilendo che la regola di cui all’art. 63 disp. att. c.c. non può trovare applicazione per le somme dovute dall’ente condominiale nei confronti di un terzo creditore.
Si tratta, ad esempio, dell’ipotesi in cui l’ente condominiale assuma un debito nei confronti dell’impresa edile per il rifacimento del prospetto dell’edificio, a cui può assimilarsi qualunque altra spesa per la quale si renda necessaria una preventiva delibera condominiale in quanto comportante un rilevante onere economico (c.d. spese di straordinaria amministrazione).
In questi casi si ritiene che debitore debba considerarsi soltanto colui che risulta proprietario al momento in cui l’assemblea ha deliberato la spesa, avendo la delibera valore costitutivo della relativa obbligazione.
Pertanto, conclude la S.C., salvo diverso accordo tra le parti (ipotesi che certamente è difficile possa ricorrere nel caso di vendita forzata, in cui debitore esecutato e terzo aggiudicatario non hanno alcun contatto), la delibera di un atto di straordinaria amministrazione da cui scaturisce un debito nei confronti di un terzo estraneo, difetta del carattere di obbligazione propter rem ed in quanto tale potrà farsi gravare soltanto su colui che risultava proprietario al momento in cui l’obbligazione è stata assunta.

In conclusione, dunque, pur se la richiesta dell’amministratore di condominio deve ritenersi legittima anche per le spese relative alla gestione 2018/2019, sarebbe opportuno esaminare le singole voci di spesa, onde verificare se alcune di esse siano da ricollegare ad interventi di straordinaria amministrazione, deliberati in data antecedente al biennio.
Per queste, se ve ne sono, si avrà diritto a chiedere di essere esonerati dal pagamento, in quanto gravanti esclusivamente su colui che era proprietario dell’immobile al momento della delibera, mentre nulla potrà eccepirsi per gli ordinari contributi condominiali risultanti dalla delibera che approva il bilancio di esercizio.


ENRICO D. G. chiede
lunedì 06/07/2020 - Piemonte
“Nel momento di concludere una trattativa per l’acquisto di un alloggio, fissandone il prezzo (ma senza ancora firmare nulla), arriva un Decreto ingiuntivo del Comune che impone il rifacimento della facciata per problemi di stabilità dell’edificio. Stante la situazione sanitaria, l’Assemblea condominiale di ratifica di questi lavori straordinari si terrà solo a settembre-ottobre. Le parti, però, vorrebbero chiudere l'accordo prima, entro luglio. Il venditore accetterebbe di accollarsi queste spese, che saranno deliberate comunque prima del rogito (che firmeranno a dicembre), e che però non sono state ancora quantificate e nemmeno, verosimilmente saranno richieste dall’Amministratore al venditore prima del rogito (se non una prima rata). Il compratore vuole evitare di pagarle lui, post-rogito, rivalendosi successivamente sul venditore per non affrontare una procedura aleatoria. Si ipotizza allora di consegnare una quota del prezzo concordato per la compravendita dell’appartamento ad una terza persona di fiducia, al notaio o al mediatore stesso, con la quale quest’ultima rimborserà il compratore quando le spese saranno note, restituendo l’eventuale parte eccessiva al venditore. Vi pare una procedura corretta dal punto di vista del compratore? Vedete altre soluzioni per questa situazione? Cosa potete suggerire? Grazie.”
Consulenza legale i 09/07/2020
Come è ben noto, l’acquirente di un’immobile in condominio subentra nell’ambito di un c.d. ente di gestione, il quale ha una propria contabilità, affidata ad un amministratore di condominio che, a sua volta, esercita il mandato che gli è stato conferito sulla base della legge e delle decisioni dell’assemblea dei condomini.
Così, può accadere che, al momento del subentro, vi siano spese già sostenute, opere in corso e lavori da eseguire sulla base di decisioni assembleari già assunte.

Il nostro codice civile si occupa proprio di questo momento di passaggio, prevedendo al quarto comma dell’art. 63 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile la solidarietà tra venditore ed acquirente relativamente al pagamento dei contributi dell’anno in corso e di quello precedente.
Tale norma costituisce una particolare specificazione di quanto statuito dall’ultimo comma dell’art. 1104 del c.c., dettato in materia di comunione in generale, ed il quale pone in capo al cessionario del partecipante l’obbligazione di rispondere in solido con il cedente dei contributi da questi dovuti e non versati, ma senza alcuna limitazione temporale.

Inoltre, a seguito della riforma della disciplina del condominio (attuata con la Legge n. 220/2012) è stato aggiunto un ultimo comma all’articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, ossia il 5° comma, il quale dispone che “Chi cede diritti su unità immobiliari, resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.
Quest’ultima disposizione, a sua volta, va posta in stretta correlazione con il n. 6 dell’art. 1130 del c.c., anch’esso introdotto a seguito della riforma, il quale prevede che ogni variazione dei dati relativi al registro anagrafico condominiale deve essere comunicata all’amministratore entro sessanta giorni.
Viene, in definitiva, posto un preciso onere a carico del cedente di comunicare all’amministratore l’avvenuta cessione mediante deposito di copia autentica dell’atto che determina il trasferimento; fino a tale momento il cedente rimarrà obbligato solidalmente con il cessionario per i contributi condominiali maturati.

Ora, come sembra sia ben chiaro a chi pone il quesito, la solidarietà passiva, disciplinata agli artt.1292 e seguenti c.c., comporta che il creditore ha il diritto di agire, per l’intero suo credito ed a sua esclusiva discrezione, nei confronti di tutti i debitori coobbligati ovvero nei confronti di uno soltanto di loro.
A sua volta, il debitore eventualmente escusso per l’intero, potrà agire in regresso nei confronti degli altri condebitori, ripetendo su di essi solo la loro quota di debito (così art. 1299 del c.c.).

Tuttavia, nessuna norma esclude che le parti, in conformità al principio generale dell’autonomia contrattuale contenuto all’art. 1322 del c.c., possano pattiziamente regolare la successione nelle spese condominiali con apposite clausole, per mezzo delle quali porre l’obbligo di pagare tali spese a carico dell’una o dell’altra parte con riferimento a precisi momenti o circostanze.
Così, ad esempio, si potrà convenire di porre a carico della parte acquirente tutte le spese condominiali deliberate successivamente al momento della vendita o della promessa di vendita del bene, così come si potrà anche convenire che una determinata spesa, scaturente da un fatto antecedente alla promessa di vendita ma non ancora deliberata, sia sopportata in via esclusiva dal promittente venditore (ciò che si vorrebbe fare nel caso di specie).

In assenza di espresse pattuizioni, la questione dell’imputabilità delle spese in caso di trasferimento del bene è stata in giurisprudenza risolta in diversi modi, ora ricollegando l’obbligo di contribuzione al momento in cui è sorta la necessità della spesa, ora facendo riferimento al momento in cui la spesa è stata effettivamente sopportata, ovvero, infine, al momento deliberativo della medesima.
I diversi indirizzi giurisprudenziali costituiscono in realtà una conseguenza della molteplicità di spese che si può rendere necessario affrontare in un condominio e della loro differente origine, il che rende alquanto complicato poter determinare un unico criterio d’imputazione delle stesse.
A tal proposito, un ruolo in certo qual modo chiarificatore lo si deve alla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. II, n. 8782 del 10 aprile 2013, la quale, riprendendo i contenuti di una precedente sentenza (la n. 24654 del 3 dicembre 2010) ha avuto il merito di individuare alcuni principi per l’attribuzione delle spese in caso di compravendita, distinguendo tra spese ordinarie e spese straordinarie.
In particolare, con riferimento alle spese straordinarie (tali non possono che qualificarsi quelle in esame), la Suprema Corte è giunta alla conclusione che il relativo obbligo può considerarsi sorto in capo ai singoli condòmini solo a seguito della correlata delibera assembleare, dovendosi a questa riconoscere valore costitutivo e quindi direttamente impegnativo per i condomini che la adottano.

E’ qui che si pone il problema, in quanto chi ha intenzione di comprare vorrebbe obbligarsi all’acquisto ancor prima dell’adozione delle delibera condominiale che autorizza l’esecuzione dei lavori imposti dal Comune, dalla quale soltanto sorge per i singoli condomini il correlativo obbligo di versare le quote di propria pertinenza in ragione dei millesimi di proprietà (dunque, l’obbligazione verrebbe a gravare esclusivamente sull’acquirente).
Qualora, invece, la delibera venisse adottata dopo la stipula della promessa di vendita, ma prima della stipula dell’atto pubblico definitivo di vendita (traslativo della proprietà), l’obbligazione verrebbe a gravare in via solidale su entrambe le parti, cedente e cessionario, in virtù delle norme summenzionate.

La soluzione a cui si è pensato di poter fare ricorso potrebbe in certo qual modo risolvere il problema, ma con gli aggiustamenti che qui di seguito si propongono.
Si ritiene sia una buona idea quella di non versare integralmente e subito il prezzo di vendita, mentre non convince l’idea di consegnare una parte del prezzo di compravendita ad una persona di fiducia, quale potrebbe essere il notaio o il mediatore.
In particolare, nel caso di deposito nelle mani del notaio, si ritiene che tale professionista sia obbligato a redigere un primo verbale di deposito della somma ed un successivo verbale di riconsegna dell’intera somma depositata o della minor somma occorrente per saldare il debito condominiale nelle mani del compratore che abbia provveduto a pagare quel debito.
In entrambi i casi, ovviamente, il notaio avrà diritto a percepire un compenso per la redazione dei rispettivi verbali.
Nel caso del mediatore, ci si dovrebbe circondare di particolari garanzie per far sì che la somma depositata non venga distratta ad altri fini, non potendosi certamente richiedere a questa figura professionale di redigere un verbale di deposito (non riveste la qualità di pubblico ufficiale).

Si ritiene, invece, possa risultare più lineare e garantista la soluzione di convenire, sia nel preliminare che nell’atto pubblico definitivo di vendita, che una parte del prezzo, concordemente stabilita dalle parti, verrà corrisposta ratealmente dal compratore al venditore, facendo coincidere il versamento delle singole rate con le richieste di pagamento da parte dell’amministratore di condominio delle quote di debito per i lavori di rifacimento facciata.
Questa la formula che, per grandi linee, si suggerisce di inserire nei rispettivi atti (preliminare e definitivo):
Il prezzo di vendita viene complessivamente convenuto in euro….., di cui euro vengono versati oggi stesso dal compratore al venditore, il quale con il presente atto ne rilascia ampia e liberatoria quietanza.
La rimanente somma di euro …..verrà versata a rate periodiche coincidenti con le richieste di pagamento da parte dell’amministratore di condominio della quota di debito per i lavori di rifacimento facciata imposti dal Comune di….con provvedimento….
Il venditore autorizza espressamente il compratore a versare ogni singola rata, per la causale di cui sopra, nelle mani dell’amministratore di condominio, facendosi dal medesimo rilasciare quietanza liberatoria in favore del venditore Sig….
L’eventuale somma che avanzerà, una volta saldato per intero il debito condominiale, dovrà essere dal compratore versata in unica soluzione in favore del venditore a mezzo bonifico bancario/assegno circolare entro e non oltre il termine di …… giorni dal saldo”.

Ovviamente anche il venditore, in presenza di una clausola contrattuale di tale tipo, avrà la sua garanzia, in quanto sarà legittimato a far valere la risoluzione del contratto per inadempimento nell’ipotesi in cui il compratore non adempia agli obblighi contrattualmente assunti.

Purtroppo, anche un accollo tra venditore e compratore ha i suoi limiti, in quanto le facoltà riconosciute al condominio dall’articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile, sono intangibili da qualsivoglia accordo tra dante causa ed avente causa (il che significa che non impedirebbero all’amministratore di condominio di rivolgersi direttamente all’acquirente).


Roberto D. S. chiede
mercoledì 17/06/2020 - Abruzzo
“In data 8.5.2019 viene stipulato il contratto di appalto tra la ditta individuale Tizio (corrente in Fermo) ed il Condominio Beta (corrente in Avezzano), laddove, tra le varie, è stata derogata la competenza al foro di Roma (si precisa al riguardo che nessuna doppia sottoscrizione è stata effettuata in merito alla suddetta clausola).
La ditta Tizio per eseguire i lavori di cui al contratto di appalto detto, si rifornisce presso la Alfa srl (corrente in Avezzano). Alfa emette regolari fatture, a seguito delle quali nessun pagamento interviene.
A fronte del suddetto debito, quindi, in data 20.12.2019 Tizio cede pro solvendo ad Alfa, il credito da lui vantato nei confronti del su indicato Condominio, inserendo tra le varie la clausola laddove si precisa che “la cessione si intenderà accettata se il debitore ceduto non la rifiuta entro sette giorni dalla ricezione della comunicazione” (nessuna doppia sottoscrizione).
Il Condominio, avvisato dell’intervenuta cessione in data 10.1.2020, comunica oltre il termine di 7 gg per il tramite del proprio amministratore che a seguito di assemblea, i condomini hanno deciso di non accettare la cessione, nulla motivando (..in realtà verbalmente mi è stato riferito che Tizio è inadempiente nei loro confronti in virtù di lavori non eseguiti a regola d’arte, che ad ogni buon conto non sono stati contestati nei termini di legge - 60 gg -).
Nella predetta cessione, tra le varie, è stata derogata la competenza al foro di Avezzano (con apposita doppia sottoscrizione).
Nel contempo, Tizio consegna ad Alfa un assegno bancario datato 9.3.2020, portato all'incasso in pari data e rimasto impagato per mancanza di fondi (giusta comunicazione in data 13.3.2020) e non protestato perché "fuori del termine di protesto", giusta dichiarazione Notarile in data 25.3.2020 (copia analogica dichiarazione di non protestabilità rilasciata dalla Banca alla Alfa in data 20.5.2020).
Alla luce di quanto sopra esposto, quindi, la società Alfa come potrebbe rivalersi in tal senso?
1) Richiedendo apposito d.i. dinanzi il Tribunale di Avezzano contro Tizio ed il Condominio solidalmente tra loro in virtù della cessione del credito, a nulla valendo la comunicazione di non accettazione del condominio?
2) Notificare a Tizio l’atto di precetto su assegno impagato e successivamente procedere in executivis a mezzo di apposito PPT, indicando come terzo il Condominio (foro competente ex art. 26 c.p.c. e quindi Fermo?).
Rimango in attesa di Vs gradite.
Buon lavoro.

Consulenza legale i 23/06/2020
Come è noto la riforma del diritto condominiale del 2012 ha profondamente riformato e complicato le procedure di recupero del credito da parte di chi vanta delle somme nei confronti del condominio, tipicamente le ditte fornitrici.

Il 2° co. dell’art. 63 ci dice molto chiaramente che i creditori del condominio non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l’escussione degli altri condomini. La novità introdotta, complica non poco le cose nel momento in cui si devono porre in essere azioni di recupero per i creditori del condominio, in quanto dopo aver ottenuto un titolo esecutivo nei confronti del condominio (per esempio un decreto ingiuntivo), è necessario prima iniziare le azioni esecutive nei confronti dei proprietari non in regola con i pagamenti, e solo una volta che le stesse risultino infruttuose, cosa che nella pratica capita molto di frequente, si potrà richiedere il pagamento agli altri condomini in regola con i pagamenti ed eventualmente iniziare l’esecuzione nei loro confronti. Ciò crea una inutile, lunga ed estenuante duplicazione di azioni esecutive, che spesso fiacca il morale dei fornitori che hanno puntualmente lavorato e devono essere legittimamente pagati.

La situazione era radicalmente più semplice prima del 2012, in quanto si riteneva pacificamente che tutti i condomini fossero obbligati in solido ai sensi degli artt. 1292 e ss. del c.c. nei confronti del creditore del condominio. Questo permetteva, dopo avere ottenuto il titolo esecutivo giudiziario nei confronti del condominio, di iniziare l’azione esecutiva nei confronti dell’ente condominiale, e quindi nei confronti di tutti i proprietari indistintamente, e se questa risultava infruttuosa, pretendere il pagamento ed eventualmente iniziare l’esecuzione nei confronti del proprietario che offriva la maggior garanzia patrimoniale.
Vi è da dire, però, che la scellerata norma introdotta dal co. 2° dell’art. 63 disp. att. del c.c. deve considerarsi norma eccezionale applicabile solo per i crediti che il singolo fornitore ha nei confronti della compagine del condominio, e questa considerazione, a parere di chi scrive, deve essere tenuta ben presente nel momento in cui si dovrà scegliere quale azione esecutiva intraprendere per tutelare le ragioni della società Alfa S.r.l.

Attraverso la cessione del credito, infatti, la società Alfa S.r.l. è divenuta parte del rapporto creditizio ceduto e pertanto se si scegliesse la prima soluzione prospettata si ricadrebbe nel meccanismo de citato 2° co. dell’art. 63 disp. att. del c.c.
Se, invece, si scegliesse la seconda soluzione prospettata la situazione cambierebbe radicalmente in quanto la società Alfa S.r.l. non agirebbe in qualità di creditore del condominio Beta ma in qualità, invero, di creditore della ditta individuale Tizio e il credito che quest’ultimo vanta nei confronti del condominio Beta sarebbe solo visto come un cespite patrimoniale dell’esecutato che a seguito del pignoramento viene vincolato a soddisfazione delle ragioni del creditore procedente. Il pignoramento non comporta, infatti, una cessione del credito portato dal titolo cartolare da Tizio alla Alfa S.r.l. Giurisprudenza oramai costante ci dice infatti che nel processo di esecuzione presso terzi, il soggetto terzo pignorato è solo parte da un punto di vista processuale, ma non da un punto di vista sostanziale.
È ben vero che, al di là della sua fondatezza, il condominio Beta ben potrebbe eccepire la non esecuzione a regola d’arte dei lavori eseguiti da Tizio: nel primo caso in seno ad una ipotetica opposizione al decreto ingiuntivo, nel secondo caso in sede di dichiarazione del credito, ma se anche così fosse la seconda soluzione sarebbe comunque da preferirsi.

Innanzitutto, perché in caso di contestazione del credito da parte del Condomino Beta, la procedura prevista dal riformato art. 549 c.p.c. è sicuramente più snella di un potenziale giudizio ordinario di cognizione; in secondo luogo, perché una volta ottenuta l’ordinanza di pagamento emessa dal giudice della esecuzione, in caso resistenze del condominio nel procedere al pagamento, lo stesso non potrebbe comunque opporre la preventiva escussione dei proprietari non in regola con i pagamenti ex. 2° co. dell’art. 63 disp.att. del c.c., tornado operativi i principi generali della obbligazione in solido secondo il disposto dell’art. 1294 del c.c.

La conclusione a cui si è giunti trova sicuramente ulteriore conforto dalle ultime precisazioni fatte dall’autore del quesito. Il fatto che la cessione del credito sia stata firmata da chi non aveva alcuna rappresentanza della Alfa S.r.l., rende assolutamente non sconsigliabile azionare il credito acquistato nei confronti del ceduto condominio Beta.
In sede di opposizione a decreto ingiuntivo controparte, e in particolar modo il condominio, avrebbe tutto l’interesse ad eccepire l’annullabilità dell’accordo intervenuto tra Tizio e Alfa S.r.l. per sottrarsi al pagamento. Per quanto riferito si ritiene che tale eccezione avrebbe un’alta probabilità di essere accolta vanificando quindi l’efficacia della azione intrapresa.

Mirko V. chiede
sabato 22/02/2020 - Abruzzo
“Ho intenzione di partecipare ad asta giudiziaria per la quale vi allego la relativa documentazione.

Nella stessa vengono menzionate le spese condominiali dell'esecutato e contemplate nella stima di perizia e di primo incanto risultato nullo.

Convinto quindi (forse per mio errore) che le stesse siano già contemplate (con la vendita , in caso di aggiudicazione credo verrà soddisfatto anche il condominio),ho chiesto all'amministratore le spese di ancora morose risultanti tra la data di redazione della perizia e quella della data di asta (prossimo 23/03/20), nonché quelle previste per legge degli ultimi due esercizi precedenti.

Lo stesso invece mi presenta un conto dovuto dall'esecutato di circa 25000 euro derivante dai vari esercizi precedenti (superiore ai due,allegata).

La domanda è la seguente : il comportamento è legittimo oppure andrebbero rideterminate le somme che l'aggiudicatario d'asta dovrebbe versare riferendole sole agli ultimi due esercizi (da un mio calcolo estimativo siamo sui 1500 euro)?”
Consulenza legale i 26/02/2020
Il 4° comma dell’art 63 disp. att. del c.c. dispone: "Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente".
Ai fini della normativa in esame, il soggetto subentrante è colui che ha acquistato una unità immobiliare in condominio, vuoi dal suo originario proprietario per mezzo di rogito notarile, vuoi per mezzo di asta giudiziaria. Si tratta di una normativa posta a favore degli interessi del condominio, il quale pone un vincolo di solidarietà ex artt.1292 e ss. del c.c. in capo sia al soggetto subentrato che subentrante, permettendo all’amministratore di pretendere il pagamento delle spese condominiali arretrate sia dal vecchio che dal nuovo proprietario. In forza del vincolo di solidarietà sopra descritto, il primo di questi due soggetti obbligati che corrisponde gli oneri condominiali, non solo adempie ad un debito da lui assolutamente dovuto, ma libera anche l’altro soggetto obbligato nei confronti del condominio.

Questo però non significa che il soggetto subentrato, il quale si è trovato a dover pagare spese condominiali rimaste insolute dal precedente proprietario, sia privo di tutela. L’art. 1299 del c.c. prevede, infatti, l’azione di regresso tra debitori solidali, in forza della quale colui degli obbligati in solido che ha per primo pagato il creditore (cioè il condominio) potrà richiedere agli altri debitori (cioè il precedente proprietario insolvente), la restituzione di quanto pagato all’amministratore a titolo di spese condominiali insolute.

Ad onore del vero, è giusto precisare che seppur la legge prevede tale possibilità, nel caso prospettato dal quesito, è difficile pensare che un eventuale azione proposta nei confronti del precedente proprietario e volta a recuperare le spese condominiali pagate ex co. 4° dell’art. 63 disp. att. del c.c. possa andare a buon fine. Solitamente, infatti, chi subisce un pignoramento immobiliare versa in una situazione economica piuttosto compromessa, e quindi, se anche si riuscisse ad ottenere un provvedimento giudiziario che obbligasse il vecchio proprietario a rimborsare il nuovo delle spese condominiali pregresse, non è detto che si riuscirebbe poi a trovare dei beni da aggredire per recuperare il credito.

Posto questo, una volta divenuti proprietari dell’immobile, si deve prestare estrema attenzione alle richieste avanzate dagli amministratori in merito al pagamento dei debiti pregressi: gli amministratori, infatti, desiderosi di recuperare debiti condominiali rimasti impagati anche da molto tempo, possono tentare di richiedere al nuovo proprietario tutto il debito antecedente, ma il comma 4 dell’art. 63 disp. att. del c.c. parla chiaro. La norma, infatti, ci dice che il soggetto subentrato è tenuto al pagamento degli oneri condominiali dell’anno in corso e di quello precedente, ovvero, per dirla in altri termini, si è tenuti al pagamento delle somme consuntivate e preventivate nell’ultimo rendiconto approvato dalla assemblea.

Facendo un esempio concreto, se si diventa proprietari di un appartamento a seguito di aggiudicazione di un’asta giudiziaria e il giudice della esecuzione emette il decreto di trasferimento il 30.11.2019, ipotizzando che il bilancio condominiale si chiuda il 30.10 di ogni anno, sarò tenuto al pagamento delle somme indicate nel bilancio consuntivo condominiale per l’anno 2018/2019 e al pagamento delle somme preventivate per l’anno 2019/2020. Le spese condominiali che trovano giustificazione nei bilanci precedenti non possono essere richieste al nuovo proprietario, e il condominio dovrà necessariamente tentare di recuperarli dal quello precedente.

È importantissimo verificare, nell’esaminare la richiesta di pagamento avanzata dall’amministratore, che lo stesso non richieda al nuovo proprietario, oltre alle somme consuntivate e preventivate nell’ultimo rendiconto, anche la somma indicata nella voce “saldo esercizio precedente” riportata nel bilancio consuntivo. Tale voce del bilancio indica la situazione debitoria che un singolo condomino si porta dietro dagli anni pregressi per contributi non pagati, e solitamente se il precedente proprietario è stato particolarmente moroso, essa riporta un debito molto consistente che gli amministratori correttamente sommano a quanto dovuto per l’anno in corso. Il debito riportato in tale voce, trovando però la sua giustificazione nei precedenti rendiconti condominiali approvati, non entra nell’ambito di applicazione del comma 4 dell’art. 63 disp. att. del c.c., e, anche se riportato contabilmente nel nuovo bilancio consuntivo non può essere preteso dal condominio al soggetto subentrante.

Ma il condominio ha qualche possibilità di rientrare in qualche modo dei debiti del precedente proprietario che non possono essere recuperate utilizzando il 4° comma dell’art 63 disp.att. del c.c.? La risposta a questa domanda è: molto poche. Gli oneri condominiali sono crediti chirografari verso cui la legge non prevede alcuna causa legittima di prelazione, come ad esempio il pegno, l’ipoteca o i privilegi. Questo fa sì che se anche il condominio interviene nella procedura esecutiva che ha portato alla aggiudicazione dell’immobile, difficilmente il suo credito troverà soddisfazione (totale o parziale) nel momento in cui si andrà a ripartire il ricavato della vendita, che già di per sé è solitamente esiguo e non sufficiente a soddisfare tutti i creditori. Le ragioni del condominio saranno inevitabilmente sorpassate in prima battuta dalle spese di procedura, poi dalle banche, che solitamente hanno un credito assistito da garanzia ipotecaria, e poi dalla Agenzia Entrate Riscossione per i debiti derivanti da imposte non pagate. Dopo questa spartizione di un piatto già di per sé piuttosto povero non rimane più nulla per soddisfare le ragioni del condominio. L’unica strada che rimane è quello di trovare altri beni o ragioni aggredibili dell’ex condomino su cui incardinare una nuova azione esecutiva ( si pensi, in questo senso, al pignoramento di stipendi o pensioni), ma a volte la ricerca può diventare vana, e comunque ciò comporterà l’esborso di ulteriori spese legali.

È questo il motivo principale per cui i periti, nel momento in cui redigono la relazione di stima dell’immobile oggetto di esecuzione, indicano anche la situazione dei debiti condominiali riconducibile all’immobile pignorato: più la situazione condominiale è gravosa più il valore del cespite si abbasserà.
Se, infatti, il condominio non riuscirà a recuperare la parte di debito non coperta dalla applicazione del co. 4° dell’art. 63 disp. att. del c.c., rimarrà un buco di bilancio a cui gli altri proprietari (vecchi e nuovi) in qualche modo - volenti o nolenti - dovranno a un certo punto far fronte per continuare a mantenere funzionante ed efficiente l’amministrazione e l'edificio condominiale.


Mauro G. chiede
mercoledì 27/11/2019 - Lombardia
“Buongiorno
Una breve sintesi dei fatti.
Abito in una bifamiliare nel contesto di un condominio costituito da più edifici ( Supercondominio) e in passato il vicino mi segnalò di avere dei problemi allo scarico fognario che abbiamo in comune.

Prima di dare inizio alle riparazioni, per individuare la causa del danno e il relativo punto di intervento, è stata eseguita in via preventiva una videoispezione e rilasciata una relazione con fotografie, che individuava un occlusione causata dalle radici delle piante del vicino stesso che avevano rotto e occluso la tubazione stessa.

Successivamente, l'Amministratore del condominio, pur a conoscenza delle cause del problema, nel corso di ben 3 assemblee condominiali mi ha comunque addebitato il 50% delle spese ( circa 1900 euro ).
Reputando che il danno non fosse a mio carico ho pertanto impugnato tutte le tre assemblee condominiali e mi sono rifiutato di pagare quanto richiesto.
Non ho fatto richiesta di danni al mio vicino dato che era stato il Condominio ad imputarmi la spesa.

Successivamente sono stato anche precettato dall' impresa che ha eseguito i lavori, su segnalazione dell' Amministratore del Condominio, come inquilino moroso, sempre per il suddetto importo.
Ho fatto ricorso anche contro questo precetto.

Riassumendo, ho dovuto dare inizio a 4 cause ( impugnazione “obbligatoria”di 3 assemblee + un precetto ) presso il Giudice di Pace e il tribunale ordinario, forte del fatto che, relazione con videoispezione preliminare alla mano, non ero responsabile del danno e quindi, perchè mi si intimava di pagarlo ugualmente ?

Risultato :
-per la mia impugnazione della prima assemblea condominiale ho avuto una sentenza negativa, perchè il Giudice l' ha ritenuta superata da una seconda assemblea condominiale sullo stesso argomento convocata in data successiva ( ..però se non mi opponevo a questa prima assemblea l' addebito a mio carico sarebbe risultato non contestato ), risultato causa persa.
- il mio ricorso in appello contro il precetto è stato rigettato ( è questo l' oggetto della mia richiesta di assistenza presso di Voi, spiegato nel seguito )
- per le altre due assemblee condominiali che ho impugnato, le cause sono ancora in corso...ma a questo punto ho timore per come potrebbero andare a finire le cose....

Ad oggi nonostante aspetti di evidenza oggettiva dei fatti, ho solo ottenuto sentenze negative nei miei confronti, sentenze a mio avviso sorprendenti per molti aspetti e che neppure menzionano l' aspetto fondamentale della vicenda, cioè che sono chiamato a pagare un danno causato da altri.

LA DOMANDA DI ASSISTENZA A BROCARDI.IT
In questa assurda ed economicamente ormai pesante situazione, devo prendere la decisione se ricorrere o meno in Cassazione per la sentenza negativa in appello relativamente alla mia opposizione a precetto da parte della ditta che ha eseguito i lavori, ma sono molto incerto, dato che devo affrontare ulteriori costi e che quanto sta accadendo mi ha fatto perdere la fiducia nello stato di diritto.
Richiedo pertanto la Vs. assistenza allo scopo di meglio valutare un possibile mio ricorso in Cassazione.
Posso trasmetterVi ( se possibile e/o necessario ) :
la sentenza di II grado del Giudice di Appello ( del 30.09.2019 – 27 pagine )
la sentenza di I grado del GdP ( del 22.06.2018 – 24 pagine )

Relativamente alle sentenze di cui sopra, fornisco poi le seguenti note :
- alcune motivazioni nelle sentenze, del GdP prima e del Giudice di Appello poi ,vengono spiegate con la mia mancata impugnazione delle delibere condominiali, quando in realtà ho impugnato in precedenza tutte le delibere citate!
- nella sentenza un mio motivo di appello viene accolto, ma nonostante questo mi viene pure attribuita la sanzione per lite temeraria ( 7200 euro )!

Per quest' ultimo motivo sto sopportando gravi esborsi economici ( circa 10 volte il valore della causa ) per un danno che non ho commesso, nonostante le mie ragioni siano supportate da evidenze documentali e fotografiche oggettive.

Proprio a causa della sanzione per “temerarietà” che trovo assolutamente ingiusta ( in fondo un mio motivo di appello è stato accolto.. ) , pensavo se vi fosse eventualmente la possibilità di impugnare solo questa parte della sentenza di appello.

Infine, nell' ipotesi che l' assistenza sopra richiesta non fosse classificabile da parte vostra come assistenza di base a 29.9 euro, Vi richiederei, sempre se possibile, di indicarmi un preventivo adeguato per la stessa.
Allo scopo di permetterVi quindi di elaborare un preventivo, Vi informo che potrebbero essere messi da parte mia a Vs. disposizione ( se reputati necessari e divulgabili) anche i seguenti documenti :
Atto di opposizione al precetto ( del 02.05.2017 – 10 pagine )
Ordinanza del GdP ( del 08.01.2018 – 6 pagine )
Nostra richiesta di revoca ordinanza GdP ( del 17.01.2018 – 6 pagine )
Nostra memoria ex. Art. 320 ( del 13.02.2018 – 73 pagine, di cui 45 di allegati )
Nostro Atto di appello al Tribunale ( del 04.09.2018 – 33 pagine )
Nostra memoria di comparsa conclusionale in appello

Vi ringrazio per il supporto che Vi sarà possibile darmi e resto a disposizione per ogni chiarimento che riterrete necessario.
Distinti saluti”
Consulenza legale i 20/12/2019
Nel rendere il presente parere che ha ad oggetto l’opportunità di continuare a coltivare una opposizione ad un atto di precetto emesso sulla base di un decreto Ingiuntivo divenuto esecutivo, non possiamo non esimerci dal rendere un intero parere sulla vicenda nel suo complesso, coinvolgendo anche gli altri giudizi di opposizione alle delibere condominiali, e rendendo inevitabilmente un parere complessivo sul lavoro svolto dai legali che hanno seguito la vicenda. Il giudizio di opposizione a precetto, di cui si è letto l’ampia documentazione, non è altro che una naturale conseguenza del giudizio di opposizione alle delibere condominiali.

Chi scrive vuole essere da subito molto chiaro: l’intera vicenda è stata impostata in maniera del tutto errata, in quanto si è preteso di riversare su altri responsabilità che, per un motivo del tutto incomprensibile, dovevano essere pretese da soggetti che non sono mai stati coinvolti in alcun contenzioso.
Partiamo innanzitutto da un punto fermo: lo scarico oggetto di intervento era in comune ed era posto al servizio non dell’intero condominio (o super condominio), ma della villetta dell’autore del quesito e del suo vicino. Tale circostanza è talmente vera che non viene mai messa in discussione né dall’autore del quesito e neppure dai suoi legali nel corso della vicenda giudiziaria.
Da questa incontestata circostanza di fatto nasce la applicazione del co. 3 dell’art. 1123 del c.c.; tale comma dice molto chiaramente che:” Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”. Da tale importante norma nasce il concetto, più volte richiamato nel corso del giudizio, di “condominio parziale”, figura elaborata dalla giurisprudenza, che non deve essere però inteso come un condominio ulteriore, diverso rispetto a quello in cui i beni comuni (in questo caso lo scarico fognario) sono inseriti. È questo forse l’errore principale in cui si cade negli scritti difensivi depositati nel giudizio di opposizione a precetto.
Il comma 3° dell’art.1123 del c.c. non fa altro che dirci due concetti:
  1. le spese condominiali dei beni comuni a solo una parte delle unità abitative in condominio sono sopportate solo dal gruppo di proprietari di dette unità
  1. solo quel gruppo di proprietari, è legittimato a prendere le decisioni in merito alla manutenzione di tali parti comuni.
Il fatto che lo scarico fognario serva solo un gruppo di villette, non fa venir meno la sua natura di bene facente parte del condominio nel suo complesso, circostanza tra l’altro ribadita (come se ce ne fosse bisogno!), dallo stesso regolamento di condominio, e quindi non vengono meno i poteri e i doveri che l’amministratore del condominio ha nei confronti di tale bene condominiale. In particolare, ai sensi dell’art. 1130 del c.c., il condominio nel suo complesso in persona dell’amministratore pro tempore, è il destinatario naturale delle fatture che le ditte emettono per lavori di manutenzione sui beni facenti parte del condominio parziale (lo scarico fognario nel caso di specie), e mantiene la rappresentanza processuale attiva e passiva ai sensi dell’art. 1131 del c.c. In questo senso la giurisprudenza citata dalla sentenza di appello resa dal Tribunale è assolutamente pertinente e difficilmente, a parere di chi scrive, tale punto della sentenza potrà essere ribaltato con un ricorso per Cassazione.
Ciò comporta inevitabilmente due cose: che la ditta fornitrice ha correttamente intestato la fattura al condominio, e che ancor più correttamente il legale del fornitore ha inizialmente depositato il ricorso e successivamente ottenuto il decreto ingiuntivo contro il condominio in persona dell’amministratore pro tempore.

L’art. 1131 del c.c. attribuisce infatti all’amministratore di condominio la sua rappresentanza in giudizio, proprio per offrire ai creditori di condominio un valido destinatario verso cui indirizzare i vari atti processuali. Non è possibile pretendere dal singolo fornitore del condominio che lo stesso, prima di emettere una fattura o esigere per via giudiziaria il pagamento di un credito, indaghi circa: la natura condominiale o meno del bene su cui si effettua l’intervento, se il bene è comune a tutti i condomini o solo ad una parte, chi ha causato la rottura ecc.ecc.. Negli scritti difensivi si pretenderebbe proprio questo dal fornitore, ma se così fosse nessuno arriverebbe mai ad essere pagato dal condominio, in quanto si assisterebbe ad un inutile rimbalzo delle responsabilità!

Veniamo ora a trattare un altro aspetto rilevante dell’intera vicenda: l’imputazione delle spese da parte dell’amministratore. Posto che lo scarico fognario è comune a solo un gruppo di villette, correttamente il professionista ha attribuito solo ai proprietari di esse le spese di riparazione in una applicazione direi da manuale dell’art. 1123 del c.c. L’amministratore è chiamato dalla legge a ripartire le spese condominiali tra i singoli condomini applicando gli artt. 1123 e ss. del c.c. e le tabelle millesimali che ne costituiscono attuazione, non è certo chiamato a sostituirsi ad un giudice, attribuendo nel bilancio al condomino X la spesa Y perché è stato causato da un suo comportamento negligente: questo è un compito che spetta solo ad un giudice. In egual misura tale comportamento non può attribuirsi al fornitore del condominio.
Posto questo, l’amministratore convinto (e direi giustamente) della ripartizione effettuata, a fronte del decreto ingiuntivo per mezzo del quale il fornitore pretendeva con diritto di essere pagato, perché mai avrebbe dovuto fare opposizione? Giustamente egli ha dovuto applicare l’art. 63 disp. att. del c.c. Tale norma a fronte del mancato pagamento di una fattura riconducibile al condominio, impone all’amministratore di indicare i condomini morosi e obbliga il creditore ad intraprendere ogni azione esecutiva nei loro confronti. Quanto fatto dall’amministratore non è stato frutto di un capriccio o di una stupida ripicca: è stato un comportamento perfettamente in linea con i vigenti obblighi derivanti dalla normativa vigente.

Ora, dopo tutto quanto detto finora si è convinti che l’autore del quesito si continuerà a chiedere: perché sono tenuto a pagare un danno che non ho causato io? Perché mi si ritiene in torto in tutta questa vicenda?
Il problema che ha portato l’autore del quesito ad incanalarsi in questa costosa, e ad avviso di chi scrive, infruttuosa vicenda processuale deriva dal fatto che non si è correttamente individuato il soggetto contro chi far valere le proprie ragioni.
Torniamo alle origini della materia del contendere. A fronte del fatto della rottura delle tubazioni di scarico, giustamente, si è eseguita una video ispezione delle stesse al fine di verificare la causa della rottura. La ispezione ha evidenziato che il guasto è stato causato dalla occlusione di foglie e radici provenienti dal fondo del vicino.
Come è stato giustamente evidenziato anche nella memoria conclusionale ex art. 320 c.p.c. del giudizio di primo grado, il danno è stato causato dal vicino che ai sensi dell’art.2051 del c.c. era tenuto ad evitare che le radici e il fogliame provenienti dalla sua proprietà andassero ad intasare le tubature comuni. Affermazione assolutamente da condividere, ma allora perché non si è preteso di essere manlevati dal vicino, invece di imbarcarsi in contenziosi dal dubbio esito con il condominio e la ditta che ha effettuato i lavori?

Ad avviso dello scrivente a fronte della rottura delle tubazioni è stato giusto coinvolgere il condominio, in quanto le stesse sono beni comuni, anche se posti al servizio di alcune unità abitative. Sempre per tali motivi, l’intervento di riparazione è stato giustamente fatturato a nome del condominio. Posto che si era in possesso di una video ispezione che attribuiva la causa del danno al comportamento incurante e negligente del vicino, si sarebbe dovuto segnalare per iscritto tale circostanza all’amministratore, sollecitandolo ad agire nei suoi confronti a tutela degli interessi condominiali, pretendendo dallo stesso il ristoro dei danni causati alle tubazioni comuni e derivati dalla violazione da parte sua dei doveri di custode ai sensi dell’art. 2051 del c.c.

Se l’amministratore fosse rimasto inerte era lo stesso autore del quesito che avrebbe potuto agire in sua sostituzione direttamente nei confronti del suo vicino, e pretendere il rimborso di quanto pagato in più a titolo di oneri condominiali a causa della rottura. In questo caso ci si sarebbe trovati sicuramente in una posizione molto più vantaggiosa, potendo anche far valere in giudizio, se mai ce ne fosse stato bisogno, la video ispezione che inchiodava il vicino alle sue responsabilità. Magari, vista la evidente posizione di vantaggio, non ci sarebbe stato neppure bisogno di adire l'autorità giudiziaria e si sarebbe potuto chiudere la vicenda bonariamente.

Quindi, in conclusione, si ritiene assolutamente poco conveniente continuare a coltivare il giudizio di opposizione al precetto, in quanto, molto probabilmente, anche il ricorso per Cassazione porterebbe ad esiti poco felici per il ricorrente. In egual misura, anche se non si è analizzata la documentazione processuale, si ritiene che i giudizi di opposizione alle delibere condominiali andranno incontro ad un esito poco felice, e pertanto si consiglia di tentare di trovare con il condominio un accomodamento bonario della intera vicenda.

Nicola N. chiede
venerdì 08/11/2019 - Puglia
“In data 07/04/2011 si sottoscriveva, in seguito a regolare delibera assembleare del 24/02/2011 (nella quale si accettava l’offerta da me formulata e di fatto si affidavano i lavori alla mia impresa), un contratto di appalto tra la mia impresa, in forma di ditta individuale, e un condominio, per la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria di rifacimento pavimentazione e manto di impermeabilizzazione da eseguire sulle verande dei piani attici, torrini e lastrico solare dell’intero edificio condominiale.
Nel suddetto contratto di appalto risultano contrapposti l’impresa appaltatrice, rappresentata legalmente dallo scrivente nonchè titolare dell’impresa, appunto, aggiudicataria delle opere di cui sopra, ed un condominio in qualità di committente rappresentato dall’amministratore pro tempore.
Una volta ultimate le lavorazioni, le stesse sono state regolarmente collaudate con esito positivo e pertanto consegnate in data 09/05/2012.
Nonostante il decorrere dei mesi, in data 29/12/2012, il sottoscritto, titolare della ditta appaltatrice, risulta creditore di un importo pari ad € 4.379/30 (importo documentato con regolare fattura di vendita) – comprensivo di IVA.
Il contratto di appalto, accettato e controfirmato dalle parti, riporta quanto segue:
“L’appaltatore si obbliga espressamente a procedere al recupero di eventuali crediti esclusivamente nei confronti dei singoli condòmini morosi pro-quota, e non nei confronti del Condominio, per espressa rinuncia al principio di solidarietà nei confronti dei condòmini in regola con i pagamenti e dell’intero condominio ex art. 1311 c.c.”
Tanto premesso, vantato il suddetto credito di € 4.379/30, il sottoscritto invitava l’amministratore condominiale a comunicargli il nominativo di uno o dei più condòmini responsabili del mancato pagamento per le lavorazioni realizzate. Lo stesso amministratore provvedeva ad indicare l’inadempiente in un solo condòmino nella persona di una società a responsabilità limitata.
Individuato, quindi, l’inadempiente, il sottoscritto chiedeva al giudice di Pace, e otteneva, decreto ingiuntivo nei confronti del condòmino moroso, in forza del quale, divenuto il provvedimento monitorio definitivamente esecutivo per mancata opposizione, esperiva l’azione per mezzo del pignoramento presso terzi, che rimaneva, però, privo di efficacia, infruttuoso in quanto tutte le azioni possibili eseguite non hanno sortito alcun esito positivo per lo scrivente. Dalle verifiche fatte dai ns Avvocati questa S.r.l. è risultata con pendenze nei confronti dell’agenzia delle entrate per 800.000/00 euro e della banca erogatrice del mutuo ottenuto per l’acquisto del locale a p. t. dell’edificio oggetto dell’intervento di manutenzione straordinaria(unico bene posseduto di un valore di circa 200.000/00 euro) per 300.000/00 euro. Ed infine una lista di diverse pendenze a carico. Di fatto questa S.r.l. con capitale sociale pari a 10.000/00 euro risulta fallita a tutti gli effetti.
Per questo motivo, lo stesso scrivente, ha tentato una nuova ingiunzione, questa volta, nei confronti del condominio in qualità di committente principale delle opere.
Ricevuta la richiesta del pagamento, il condominio in sede assembleare si è dimostrato del tutto contrario alla solidarietà e quindi al riconoscimento di questa quota affermando che in virtù della clausola sopra riportata tra le virgolette (clausola vessatoria non espressamente richiamata alla fine del contratto e quindi non espressamente sottoscritta) non si ritiene debitore nei miei confronti. Ma accettano comunque la mediazione.
Nella mediazione l’avvocato incaricato dal condominio si presenta dal mio avvocato con una proposta di 1.500/00 euro da me rifiutata in primis perché non avrebbe coperto neanche la sorte capitale ed infine perché fino a quel momento per la tentata escussione nei confronti della S.r.l. erano state sopportate spese dimostrate di circa 3.000/00 euro.
Pertanto, giungiamo al nòcciolo della consulenza a Voi richiesta:
1)Il fatto che il contratto sia stato redatto e sottoscritto nel periodo ante-riforma (l. 220/2012 e ss.mm) diventa motivo decisivo per non poter esperire ulteriori azioni legali nei confronti dell’intero condominio in casi come questi dove il condomino moroso è una S.r.l. in stato di fallimento?
2) La clausola, a mio parere vessatoria, indicata in virgolettato e riportata nel contratto di appalto, può anch’essa risultare decisiva ai fini del giudizio nei confronti del condominio nonostante non espressamente richiamata e sottoscritta alla fine del contratto?”
Consulenza legale i 13/11/2019
La responsabilità per debiti condominiali ha subito in questi anni diversi cambiamenti. Prima del 2008 si riteneva che operasse pacificamente in caso di inadempienze condominiali il principio di solidarietà passiva ex art 1294 del c.c. tra tutti condomini debitori. In forza di tale principio, nel caso in cui il condominio non riuscisse a saldare la fattura di una ditta fornitrice per il mancato versamento dei contributi condominiali da parte di un proprietario moroso, tutti i partecipanti al condominio, fossero essi in regola o meno con il pagamento dei contributi condominiali, erano tenuti a far fronte allo scoperto nei confronti della ditta fornitrice, per poi rivalersi eventualmente a loro volta sul condomino moroso.

Tale regime, a ben guardare, era molto favorevole per i creditori del condominio, ma è stato profondamente modificato dalla discutibile sentenza delle SS.UU. n. 9148 dell’08.04.2008. Con tale importante arresto le Sezioni Unite hanno ribaltato il regime precedente, stabilendo che le obbligazioni contratte dall’amministratore di condominio nell’interesse di tutti i condomini non vedono la solidarietà passiva degli stessi, atteso che ciascuno deve rispondere solo ed esclusivamente per la propria quota. Tale regime rendeva estremamente complesso per la ditta fornitrice recuperare il proprio credito, in quanto essa poteva pretendere dal singolo proprietario non l’intero debito vantato, ma solo la quota a lui attribuibile in base ai millesimi condominiali.

La situazione muta parzialmente con la riforma del condominio apportata con la L. n.220/2012 con l’introduzione dell’attualmente vigente co. 2° dell’art. 63 disp. att. del c.c. il quale dispone che:” I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini.”
In forza di tale nuovo regime, la ditta che vanta un credito nei confronti del condominio, al fine del suo recupero deve prima tentare una azione di recupero verso i condomini morosi. A tal fine dovrà richiedere all’amministratore di condominio ai sensi del 1° co. dell’art. 63 disp. att. del c.c. l’elenco dei condomini morosi nel pagamento dello specifico credito vantato dalla ditta fornitrice. Fatto ciò dovrà iniziare l’azione di recupero nei confronti del condomino (o dei condomini) inadempienti, e una volta che questa risulterà infruttuosa, egli potrà agire per il recupero anche nei confronti degli altri proprietari in regola con i pagamenti. Si faccia attenzione! Per poter agire nei confronti degli altri condomini in bonis, non è sufficiente richiedere per mezzo di una semplice lettera di messa in mora il credito al condomino moroso, ma è necessario iniziare e concludere infruttuosamente contro di lui tutte le azioni giudiziarie volte al recupero del credito (es. ricorso per decreto ingiuntivo, emissione del precetto in caso di mancato pagamento nei 40 giorni, pignoramento ecc. ecc.)

Fatta questa premessa, veniamo a trattare del caso prospettato nel quesito posto.
Al di là del momento storico in cui il contratto di appalto è stato sottoscritto (ante o post riforma del 2012), a parere di chi scrive, ciò che vanifica la possibilità di intraprendere azioni di recupero del credito contro il condominio nel suo complesso o gli altri condomini in bonis è il tenore letterale della clausola contenuta nel contratto. Così come formulata l’impresa appaltatrice ha, nei fatti, espressamente rinunciato a qualsiasi azione nei confronti della compagine condominiale, potendo solo agire per il recupero dell’intero credito nei confronti dei condomini morosi pro quota.
Evidentemente l’amministratore ha inserito tale tipologia di clausola forte della corrente giurisprudenziale rappresentata dall’importante arresto delle SS.UU. n. 9148/2008 che si è sopra riferito. Forse si potrebbe tentare di salvare la possibilità di agire nei confronti del condominio e dei condomini in regola coi pagamenti, sostenendo che il nuovo 2° comma dell’art. 63 disp. att. del c.c. è da considerarsi inderogabile dalla volontà contrattuale delle parti, in forza di quanto dispone l’art.72 disp. att. del c.c. Vi è da dire però, che tale ultima norma ritiene che il regolamento di condominio non possa derogare a quanto disposto dall’art. 63 disp. att. del c.c. ma non al contratto eventualmente sottoscritto dall’amministratore di condominio e dalla ditta appaltatrice.

In aiuto della ditta appaltatrice non soccorre neppure la disciplina delle clausole vessatorie prevista dal vigente codice del consumo previsto dal D.Lgs. n.206 del 06.09.2005. Secondo il co. 1 dell’art. 33 del Codice del consumo: "si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto". Ai sensi del successivo art. 36 del codice, la clausola considerata vessatoria deve considerarsinulla, mentre il contratto deve considerarsi valido per il resto, e la nullità opera solo a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Le azioni previste contro le clausole vessatorie operano, quindi, solo a vantaggio di chi può considerarsi consumatore ai sensi del codice e non anche a favore del professionista o della impresa, per quanto piccola e artigianale essa possa essere.
L’art. 3 del codice del consumo, definisce in maniera molto chiara chi è il consumatore che può avvantaggiarsi della tutela prevista per le clausole vessatorie, e chi è il professionista, ovvero colui che tale tutela la subisce.
Ai fini del codice del consumo, si definisce consumatore o utente: "la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta"; si definisce professionista: "la persona fisica o giuridica che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario".

Una parte della giurisprudenza, ha ritenuto che il condominio possa considerarsi consumatore in quanto esso sia composto da una compagine condominiale di persone fisiche che agiscono fuori dalla loro attività di impresa. Una parte della giurisprudenza di merito più recente (si veda Tribunale di Ravenna, con sentenza del 27 settembre 2017) addirittura ritiene sempre applicabile la disciplina del Codice del Consumo al condominio in quanto: "l’amministratore agisce, nel momento in cui stipula contratti di utenza o manutenzione per conto dei condomini, per scopi estranei all’attività professionale degli stessi".
Alla luce di quanto detto, potrebbe essere solo il condominio in qualità di consumatore a far valere la vessatorietà di qualche clausola a lui sfavorevole racchiusa in un contratto di appalto sottoscritto con l’impresa appaltatrice e non viceversa. Nel caso di specie la clausola citata nel quesito è assolutamente favorevole al condominio e l’imprenditore che l’ha sottoscritta non ha altra alternativa che subirla.

Ivano S. chiede
lunedì 21/10/2019 - Lombardia
“Buongiorno,
ho acquisito un immobile all'asta giudiziaria con decreto di trasferimento di proprietà a mio favore il 30.11.2018, ora l'amministratore di detta proprietà immobiliare, atteso che si tratta di un appartamento in condominio, insiste nel pretendere le spese condominiali arretrate, anteriori a quella data. Ora, detta richiesta è conforme alla normativa? Se si secondo quale norma? in caso contrario secondo quale principio giuridico non debba onorare dette spese arretrate?
Faccio tale quesito in modo che possa rispondere per iscritto all'amministratore con un fondamento giuridico a tale insistente richiesta.”
Consulenza legale i 23/10/2019
Il 4° comma dell’art 63 disp.att. del c.c. dispone: "Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente".

Ai fini della normativa in esame, il soggetto subentrante è colui che ha acquistato una unità immobiliare in condominio vuoi dal suo originario proprietario per mezzo di rogito notarile, vuoi per mezzo di asta giudiziaria. Essa è una normativa posta a favore degli interessi del condominio, il quale pone un vincolo di solidarietà ex artt. 1292 e ss. del c.c. in capo sia al soggetto subentrato che subentrante, permettendo all’amministratore di pretendere il pagamento delle spese condominiali arretrate sia dal vecchio che dal nuovo proprietario.

In forza del vincolo di solidarietà sopra descritto, il primo di questi due soggetti obbligati che corrisponde gli oneri condominiali, non solo adempie ad un debito da lui assolutamente dovuto in virtù della normativa sopra citata, ma libera anche l’altro soggetto obbligato nei confronti del condominio.
Questo però non significa che il soggetto subentrato, il quale si è trovato a dover pagare spese condominiali rimaste insolute dal precedente proprietario sia privo di tutela. L’ art. 1299 del c.c. prevede, infatti, l’azione di regresso tra debitori solidali, in forza della quale colui degli obbligati in solido che ha per primo pagato il creditore (cioè il condominio) potrà richiedere agli altri debitori (cioè il precedente proprietario insolvente), la restituzione di quanto pagato all’amministratore a titolo di spese condominiali insolute.

Ad onore del vero, è giusto precisare che seppur la legge prevede tale possibilità, nel caso prospettato dal quesito, è difficile pensare che un eventuale azione proposta nei confronti del precedente proprietario e volta a recuperare le spese condominiali pagate ex art. 63 disp.att. del c.c. possa andare a buon fine. Solitamente chi subisce un pignoramento immobiliare versa in una situazione economica piuttosto compromessa, e quindi se anche si riuscisse ad ottenere un provvedimento giudiziario che obbligasse il vecchio proprietario a rimborsare il nuovo delle spese condominiali pregresse, non è detto che poi si riesca concretamente a trovare dei beni da aggredire per recuperare il credito.
E’ giusto, quindi, dire che prima di acquistare un qualsiasi immobile in condominio, vuoi all’asta giudiziaria vuoi direttamente dal proprietario, è importante verificare presso l’amministratore di condominio la posizione contabile del nostro venditore. Se l’amministratore dovesse fare delle resistenze a mostrare i bilanci del palazzo, è opportuno farsi rilasciare dal venditore una liberatoria firmata; nel caso di acquisto di immobile all’asta, solitamente la situazione debitoria riferibile all’immobile messo agli incanti viene indicata nella perizia di accompagnamento, la quale va, pertanto, opportunamente esaminata.

Detto questo, una volta divenuti proprietari dell’immobile, si deve prestare estrema attenzione alle richieste avanzate dagli amministratori in merito al pagamento dei debiti pregressi: gli amministratori, infatti, desiderosi di recuperare debiti condominiali rimasti impagati anche da molto tempo, possono tentare di richiedere al nuovo proprietario tutto il debito antecedente, ma l’art 63 disp.att. del c.c. ha una efficacia chiara e limitata. La norma, infatti, ci dice che il soggetto subentrato è tenuto al pagamento degli oneri condominiali dell’anno in corso e di quello precedente, ovvero, per dirla in altri termini, si è tenuti al pagamento delle somme consuntivate e preventivate nell’ultimo rendiconto approvato dalla assemblea.
Facendo un esempio concreto, se io sono divenuto proprietario per mezzo di decreto di trasferimento il 30.11.2018, ipotizzando che il bilancio condominiale si chiuda il 30.10 di ogni anno, sarò tenuto al pagamento delle somme indicate nel bilancio consuntivo condominiale per l’anno 2017/2018 e al pagamento delle somme preventivate per l’anno 2018/2019. Le spese condominiali che trovano giustificazione nei bilanci precedenti, non possono essere richieste al nuovo proprietario, e il condominio dovrà tentare di recuperare il dovuto dal vecchio, con tutte le problematiche che si sono sopra citate.

Infine, è importante verificare, nell’esaminare la richiesta di pagamento avanzata dall’amministratore, che lo stesso non richieda al nuovo proprietario, oltre alle somme consuntivate e preventivate nell’ultimo rendiconto (che, come abbiamo detto, è legittimato a chiedere), anche la somma indicata nella voce “saldo esercizio precedente” riportata nel bilancio consuntivo. Tale voce del bilancio indica la situazione debitoria che un singolo condomino si porta dietro dagli anni pregressi per contributi non pagati, e solitamente se il precedente proprietario è stato particolarmente moroso, essa riporta un debito molto consistente che gli amministratori correttamente sommano a quanto dovuto per l’anno in corso. Il debito riportato in tale voce, trovando però la sua giustificazione nei precedenti rendiconti condominiali approvati, non entra, per tutto quanto già più sopra chiaramente spiegato, nell’ambito di applicazione dell’art. 63 disp. att. del c.c., e anche se riportato contabilmente nel nuovo bilancio consuntivo non può essere preteso dal soggetto subentrante.

Gianluca S. chiede
martedì 16/04/2019 - Lazio
“Salve,

volevo porre il seguente quesito avente tematica Condominiale.

Nel gennaio 2016 ho acquistato un appartamento dalla società costruttrice dell’intero stabile (società venditrice o anche costruttore). Nel marzo 2015 il costruttore, proprietario di alcuni appartamenti invenduti, in qualità di condomino, ricorre alla delibera assunta dal condominio di approvazione del bilancio preventivo 2015 relativamente al non corretto riparto degli oneri condominiali preventivi. Il ricorso si è concluso nel 2019 con sentenza avversa al condominio e la sua condanna al pagamento di oneri legali ed imposta di registro.

Si aggiunge che:

- nell’atto notarile di compravendita, avvenuto nella presunta buona fede di entrambi gli attori, non è stata data informativa circa eventuali cause pendenti ed, inoltre, è stato pattuito con la società immobiliare venditrice, che “rimarranno a carico della società venditrice gli oneri in essere e/o aventi titolo anteriore alla data odierna”.

- Non ho preso parte ad alcuna delibera condominiale di nomina di un legale rappresentante per redimire la controversia legale in oggetto, in quanto avvenuta prima dell’atto di rogito.

Alla luce di quanto sopra, dovrei sostenere le suddette spese legali?

Sperando nel vs aiuto, ringrazio anticipatamente”
Consulenza legale i 19/04/2019
In caso di vendita di un appartamento la suddivisione delle spese condominiali tra acquirente e venditore è uno dei motivi principali di lite.
In assenza di specifiche pattuizioni tra le parti, soccorre il co. 4 ° dell’art. 63 dip.att. del c.c. il quale dispone: “Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.”

Ad una prima lettura la norma citata parrebbe di facile applicazione: le spese condominiali sorte antecedentemente la vendita rimangono in carico alla parte venditrice, per quelle approvate nell’anno della vendita e nell’anno immediatamente precedente sussiste la responsabilità solidale sia dell’acquirente che del venditore, mentre per le spese successive alla vendita l’unico soggetto obbligato è il nuovo proprietario (fatto salvo quanto dispone il nuovo co.5° dell’art. 63 disp.att. del c.c.).

Vi è da segnalare, tuttavia, che attorno alla norma appena illustrata sussiste all’oggi un contrasto tra pronunce giurisprudenziali che non pare essere stato chiarito né dalla riforma del condominio apportata dalla L.n.220/2012, né dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Il problema sorge per quelle deliberazioni assembleari che vengono adottate dal consesso dei proprietari prima della vendita, ma eseguite successivamente alla cessione della unità immobiliare.
Secondo un primo orientamento, ai fini di stabilire chi tra acquirente e venditore è chiamato a sostenere l’esborso, si dovrebbe fare riferimento al momento in cui la delibera che prevede il relativo onere condominiale è stata approvata dalla assemblea.
Secondo un altro orientamento, del tutto contrario al precedente, si deve fare riferimento non al momento in cui è stata adottata la delibera assembleare, ma nel momento in cui la spesa condominiale viene concretamente pagata dall’amministratore.
Un terzo e più recente orientamento complica, se possibile, ulteriormente le cose e distingue le spese ordinarie dalle spese straordinarie: per le prime si deve fare riferimento al momento in cui viene compiuto effettivamente l’attività gestionale, per le seconde l’obbligo di pagamento si determina tenendo conto della data della delibera assembleare che le ha approvate.

Fortunatamente per quanto riguarda le spese legali sostenute dal condominio relativamente ad una controversia insorta antecedentemente alla vendita dell’immobile soccorre Cass. Civ.n.10405/2010, secondo la quale:” in relazione alle spese legali autorizzate dall’assemblea condominiale prima della vendita è tenuto alla spesa colui che è condomino al momento in cui si rende necessario effettuare la spesa; sicché il nuovo proprietario che abbia anticipato il pagamento al condominio ha titolo al rimborso, perché l’acquirente dell’unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino”

In forza della pronuncia appena citata, salvo che siano intervenuti particolari pattuizioni tra le parti, il nuovo proprietario non è tenuto a sostenere le spese legali e l’imposta di registro liquidate in una sentenza che ha avuto origine da un contenzioso iniziato prima che quest’ultimo entrasse a far parte della compagine condominiale. Inoltre, se l’attuale condomino ha dovuto sostenere comunque degli oneri condominiali derivanti dal predetto contenzioso, lo stesso avrebbe diritto ai sensi del co. 4° dell’art.63 disp.att del c.c. di pretendere dal suo venditore la ripetizione di quanto sborsato.
Alla luce di quanto detto il condominio non ha titolo per pretendere dall’autore del quesito le spese legali descritte, e comunque se qualcosa è stato pagato si avrebbe diritto a richiederne la ripetizione dalla società venditrice.


VALENTINO R. chiede
giovedì 05/04/2018 - Campania
“Nel corso del 2015 viene notificato decr. ingiuntivo e precetto ad un condomino moroso. A maggio 2016 il giudice dell’esecuzione nomina il custode giudiz. e l’esperto per la stima dell’immobile. L’esperto chiede all’amministratore le spese dovute per il 2015 e il 2016 che l’amm.re chi comunica. In data 16.3.17 l’assemblea approva il rendiconto delle spese cond.li. al 31.12.2016 con un debito sull’immobile di circa € 6000 oltre le spese legali. Nel frattempo l’avv.che ha curato il decr.ing.si inserisce nel passivo a termini di legge. Con effetto dal 1.7.2017 viene emesso decreto di trasferimento all’aggiudicatario dell’immobile all’asta. Il nuovo condomino si rifiuta di pagare il saldo al 31.12.2016 e chiede di pagare solo le spese fatte nel 2016 e 2017. In data 19.7.2017 l’assemblea approva il saldo al 30.6.2017.
Normalmente, per prassi, nel nuovo rendiconto da approvarsi si riportano sempre debiti e crediti dell’ultimo rendiconto approvato.Orbene,se nel rendiconto al 31.12.2016 sono riportati anche i debiti degli anni pregressi, anno per anno di gestione,l’acquirente è tenuto a pagare il saldo 2016 (o meglio al 30.6.2017) o solo le spese fatte nel 2016 e 2017?
Potete citare sentenze della Cassazione?”
Consulenza legale i 09/04/2018
Per rispondere in maniera esauriente al quesito, è necessario prendere le mosse dall’analisi del comma 4° dell’’art.63 disp.att. del c.c,il quale trova applicazione anche nel caso in cui l'immobile sia stato acquisito attraverso un' asta giudiziaria.
Tale comma dispone:” Chi subentra nei diritti di un c (ovvero chi acquista l’immobile n.d.r) è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. “

Sì deve precisare che con il termine: “anno in corso e a quello precedente.”, il legislatore fa riferimento non all'anno solare, ma bensì all'anno contabile determinato dalla chiusura del bilancio condominiale.
Da ciò discende necessariamente che la normativa esaminata deve trovare applicazione solo ed esclusivamente per le spese condominiali maturate e rendicontate nel bilancio consuntivo vigente alla data del trasferimento dell’immobile, oltre che per le spese preventivate e approvate sempre alla data del trasferimento nel bilancio preventivo.

Ciò comporta che tutte le spese condominiali rimaste insolute, che sono maturate e rendicontate in anni antecedenti, non ricadono nel campo di applicazione dell’art 63 disp.att. del c.c; questo indipendentemente dal fatto che esse vengano costantemente richiamate dall'amministratore nei nuovi bilanci dello stabile solitamente alla voce: “saldo esercizio precedente”; voce necessariamente a debito quando si parla della posizione di un condomino abitualmente moroso.

In forza di quanto sopra detto, non potrà essere richiesta dall’amministratore di condominio l'intera posizione debitoria del precedente proprietario a chi ha acquistato l'unità abitativa attraverso una procedura di asta giudiziaria; da essa andranno escluse tutte le spese maturate e rendicontate nei bilanci consuntivi del condominio antecedenti all'ultimo approvato alla data del decreto di trasferimento della unità abitativa.
Potrà, invero, essere richiesto al nuovo condomino, la sommatoria delle voci risultanti dal saldo del bilancio consuntivo e di quello preventivo approvati dalla assemblea condominiale alla data del decreto di trasferimento dell'immobile.

Il vecchio proprietario tuttavia, rimane comunque obbligato, verso il suo ex condominio, al pagamento delle spese condominiali, sia per quanto riguarda i debiti pregressi non rientranti nel campo di applicazione del comma 4° dell’art 63 disp. att. del c.c. sia per i contributi condominiali dell’anno in corso e di quello precedente.
L’art. 63 disp. att del c.c. comma 4°, infatti, in relazione ai contributi condominiali che ricadono nel suo campo di applicazione, fa sorgere in capo all’acquirente e al venditore della unità abitativa un debito a cui sono entrambisolidalmente vincolati al pagamento. In altre parole l’amministratore di condominio potrà richiedere il pagamento dei contributi dell’anno in corso e di quello precedente, sia al vecchio proprietario sia a quello nuovo, potendo scegliere tra chi, dei due, offra migliori garanzie di pagamento; chi prima paga andrà poi a liberare l’altro nei confronti del condominio.

Tutte le spese condominiali di cui il vecchio proprietario rimane DEBITORE nei confronti della compagine condominiale, vuoi singolarmente, vuoi solidalmente con l'acquirente , potranno essere recuperate dal condominio, facendolo partecipare alla ripartizione di quanto ricavato dalla vendita forzosa dell’appartamento. Bene quindi ha fatto il collega che segue il condominio del quesito, a far intervenire tempestivamente lo stesso nella ripartizione del ricavato derivante dallavendita forzosa dell’appartamento.

Accade però piuttosto frequentemente, che per incapienza del ricavato dalla vendita, il condominio non trovi soddisfazione del proprio credito mediante intervento nella procedura esecutiva. Questo accade perché il condominio deve concorrere con altri creditori nella ripartizione del ricavato, i quali hanno spesso un credito avente un privilegio di grado superiore, rispetto al credito da spese condominiali vantato dal condominio (si pensi ad esempio al credito ipotecario vantato dagli istituti bancari).
In caso di mancata soddisfazione del credito attraverso il riparto del ricavato della vendita forzosa dell’appartamento, l’unica alternativa per il condominio è quella di instaurare nuove procedure esecutive nei confronti del vecchio proprietario colpendo altri beni dello stesso, se esistenti.

Quindi, venendo a trattare più nello specifico la questione posta nel quesito, sulla base di quanto si è sopra detto, non può essere censurato il comportamento tenuto dal nuovo proprietario.
Tenendo conto che il decreto di trasferimento reca la data del 01.07.2017, il nuovo proprietario in forza del comma 4° dell’art 63 disp.att del c.c. sarà tenuto solo al pagamento delle spese a bilancio consuntivo per l’anno 2016 e di quelle preventivate per l’anno 2017, il cui pagamento, in virtù del vincolo di solidarietà derivante dal comma sopra citato, potrà essere richiesto dall’amministratore anche al vecchio proprietario. Per il debito meno recente risultante alla voce “saldi esercizi precedenti”, invece, l’unica strada per il condominio è quella di persistere nelle attività recuperatorie nei confronti del vecchio proprietario, in quanto il nuovo non è vincolato al pagamento.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, tuttavia, ha un attimo mitigato l’interpretazione letterale del 4° comma dell’art 63 disp. att. del c.c. sopra riferita, venendo incontro alle esigenze della compagine condominiale.
Questo è avvenuto in particolar modo nei casi in cui sussiste una forte discrepanza tra la delibera di approvazione e ripartizione di determinati lavori condominiali e la loro concreta esecuzione: si pensi, ad esempio, a lavori straordinari che si protraggono per più annualità di bilancio. In tali casi sovente accade che l’assemblea condominiale deliberi di effettuare determinati lavori straordinari, approvando anche contestualmente una contribuzione straordinaria, ma si decida anche di procrastinare la messa in opera dei lavori, in attesa di accumulare idonea provvista, ad esempio, in un fondo condominiale realizzato “ad hoc” per finanziare l’intervento.

Orbene, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, superando un contrasto giurisprudenziale piuttosto acceso, sembra essersi ormai assestata stabilendo che l’obbligo di pagare le spese condominiali sorga nel momento in cui vengano concretamente eseguiti i lavori, e non nel momento in cui l’assemblea deliberi di effettuare detti lavori, o nel momento in cui venga approvato il r straordinario degli stessi (si veda Cass. Civ.,Sez.II, del 09.09.2008 n.23345; conforme, Cass.Civ.,Sez. II, del 18.04.2003 n. 6323).

Seguendo quindi tale orientamento, se un lavoro di manutenzione condominiale viene approvato e rendicontato in un bilancio consuntivo anteriore all’ultimo approvato alla data del trasferimento dell’immobile, ma esso è concretamente eseguito successivamente alla data portata dal decreto di trasferimento, dei relativi insoluti lasciati dal precedente condomino sarà chiamato a risponderne il nuovo proprietario. Questo orientamento si giustifica, secondo i giudici, dal fatto che è il nuovo c a godere dei benefici derivanti dalla esecuzione dei lavori, in particolare dall’incremento di valore di cui gode la sua unità abitativa.

Stefania C. chiede
venerdì 30/03/2018 - Lazio
“Buongiorno a dicembre 2014 ho acquistato casa,con delibera dell'amministratore che dichiarava che fino a quel giorno la signora venditrice aveva pagato tutte le spese;ma nel 2015 ho scoperto che doveva ancora 951€ per le spese legali di una causa condominiale da lei persa con il condomino di sopra, più 246€ di acqua, non so dirle con certezza se entrambe le spese siano riferite al 2014 o meno. L'amministratore prima mi ha detto che le spese legali non mi competono, poi me le ha richieste. Posso capire che debba pagare forse per l'acqua, ma devo pagare anche per una causa legale persa da altri?la delibera non è prova di inesattezza da parte dell'amministratore, il quale afferma che tali spese sono state create a preventivo nel 2015? Grazie”
Consulenza legale i 07/04/2018
Il quesito posto trova adeguata e puntuale risposta nell’art. 63 disp.att. del c.c. al suo comma 4°. Tale comma dispone:” Chi subentra nei diritti di un condomino (ovvero chi acquista l’immobile n.d.r) è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. “

Questa norma permette all’ amministratore di richiedere il pagamento delle spese dell’anno in corso e di quello antecedente, sia all’ acquirente che al venditore dell’unità abitativa. Tecnicamente si dice che, in forza di tale norma, acquirente e venditore sono obbligati in solido: pertanto, chi prima paga gli oneri condominiali all’amministratore libera l’altro obbligato.

È importante precisare che tale normativa, a tutto vantaggio della compagine condominiale, trova applicazione indipendentemente da eventuali accordi sottoscritti tra le parti nel rogito di acquisto dell’appartamento. Il condominio, infatti, rispetto a tali accordi è estraneo: pertanto non è tenuto al rispetto di pattuizioni a cui non si è vincolato.

Questo però non significa che l’acquirente, il quale si è trovato a dover pagare spese condominiali rimaste insolute dal precedente proprietario, sia privo di tutela. L’ art.1299 del c.c. prevede, infatti, l’azione di regresso; con tale azione l’acquirente può richiedere al proprio venditore, la restituzione di quanto pagato all’amministratore a titolo di spese condominiali insolute.
Questo mezzo di tutela entra particolarmente in gioco nel frequentissimo caso in cui sul rogito di acquisto della unità abitativa il venditore garantisca che non vi siano spese condominiali impagate per l’anno in corso e per quello antecedente.

Può accadere anche però il caso inverso, in cui per le ragioni più varie, l’acquirente nel rogito di acquisto si accolli parte dei debiti condominiali ancora da saldare; in questo caso, ovviamente, l’acquirente non potrà pretendere alcuna restituzione, dovendo attenersi a quanto concordato con il venditore.

Si deve però tenere conto di un aspetto estremamente importante. Il comma 4° dell’art 63 disp.att del c.c., ha una applicazione limitata esclusivamente alle spese condominiali maturate e rendicontate nel bilancio consuntivo vigente alla data del rogito e alle spese preventivate e approvate sempre alla data del rogito dalla assemblea nel bilancio preventivo. Ciò comporta che tutte le spese condominiali rimaste insolute, che sono maturate in anni antecedenti, non ricadono nel campo di applicazione dell’art 63 disp.att. del c.c.
Per tali spese non è previsto in capo al nuovo acquirente alcun obbligo di saldarle; l’unica strada che rimane all’ amministratore quindi, è quella di richiederle al vecchio proprietario, il quale rimane obbligato al pagamento anche quando non sarà più proprietario.

Le spese condominiali insolute maturate in anni precedenti vengono solitamente riportate dagli amministratori di condominio nei bilanci consuntivi alla voce:” saldi esercizi precedenti”.
Nel caso di un condomino moroso, è molto frequente che nei bilanci vigenti al momento dell’acquisto egli risulti a debito sia alla voce “saldo esercizi precedenti”, sia alla voce “saldo” dell’ultimo bilancio consuntivo approvato. Tali voci si sommano a quanto necessariamente dovuto a titolo di spese preventivate per l’anno che deve ancora essere rendicontato. Orbene, un amministratore non può chiedere al nuovo acquirente la somma derivante dalle voci: “saldo esercizio precedenti”, “saldo consuntivo” e “saldo preventivo”; da tale sommatoria andrà sottratto il debito appunto riportato nella voce “saldo esercizi precedenti”, il cui ammontare andrà necessariamente recuperato dal venditore (bisognerà agire contro di lui).

Quindi, in conclusione, per capire se una determinata spesa è dovuta dall’acquirente della unità abitativa, si devono analizzare i bilanci approvati negli anni dalla assemblea di condominio, individuando in quale anno essa è stata inserita per la prima volta nel bilancio consuntivo. Se la spesa è stata inserita in anni antecedenti all’ultimo consuntivo approvato, essa non potrà essere richiesta dall’amministratore al condomino subentrante.

In merito alle spese legali, tuttavia, vi è da fare una ulteriore precisazione. Nel caso in cui l’assemblea condominiale abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, l’art. 1132 del c.c. permette al condomino dissenziente di separare la propria responsabilità, nel caso di soccombenza della compagine condominiale. Il dissenso deve essere manifestato con atto scritto, notificato all’ amministratore entro 30 giorni dal giorno in cui il condomino ha avuto conoscenza della delibera di promozione della lite.
Orbene se, precedentemente all’acquisto, il condominio ha deliberato di promuovere una causa o di resistere ad iniziative giudiziarie e il venditore ha manifestato nei termini previsti dall’art. 1132 del c.c. il suo dissenso, il futuro acquirente non sarà tenuto a concorrere al pagamento delle spese giudiziarie di una lite che ha visto soccombente la compagine condominiale.

Luciano F. chiede
domenica 21/01/2018 - Veneto
“Buongiorno,
ho acquistato un appartamento a luglio 2015 e nell’atto di compravendita il venditore garantiva “di aver regolarmente corrisposto gli oneri condominiali, oneri che comunque cedono proporzionalmente a suo carico fino alla data odierna”, ma nel 2017 l’amministratore del condominio mi ha addebitato un importo di euro 416,45.
Tale importo è risultato, dopo verifica, essere di competenza del precedente proprietario, ovvero rate non pagate gestione ordinaria esercizio 2015/16.
L’amministratore, infatti, mi informava, fornendomi anche la documentazione, che aveva già provveduto invano ad inviare al precedente proprietario il sollecito con relativa messa in mora.

Volendomi rivalere, sono a chiedervi come procedere nei confronti del precedente proprietario
per recuperare l’importo.

Inoltre, chiedo, nel caso in cui non incassassi l’importo, se fosse opportuno o meno rivolgermi al giudice di pace senza l’ausilio di un legale.
Grazie”
Consulenza legale i 26/01/2018
Purtroppo – come correttamente ipotizzato nel quesito - il pagamento va fatto, perché l'articolo 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile, al 4° comma, stabilisce che chi subentra nei diritti di un condòmino risponde del pagamento dei contributi in via solidale unitamente a quest’ultimo.
L'obbligo, però, riguarda solo i contributi relativi all'anno in corso e a quelli relativi all'anno precedente (come anno deve intendersi quello di esercizio condominiale e non quello solare).

Va altresì chiarito, tuttavia, che se il nuovo proprietario al quale sia richiesto il pagamento degli oneri adempie e provvede al pagamento, trattandosi di obbligazione solidale nei confronti del condominio (Cassazione civile, sez. VI, 16/01/2015, n. 702), egli potrà legittimamente chiederne il rimborso al precedente proprietario, ovviamente per la quota di sua competenza.

A questo punto, al fine di recuperare la somma, è necessario dapprima inviare una richiesta formale di rimborso al precedente proprietario e venditore dell’immobile, specificando quanto illustrato sopra (il diritto alla ripetizione pro quota delle spese condominiali versate per l’intero); in caso di rifiuto o di mancata risposta, procedere direttamente (ovvero senza dover esperire alcuna preventiva procedura di mediazione/negoziazione) con il deposito di un ricorso per ingiunzione di pagamento ai sensi dell’art. 633 c.p.c., che consentirà di ottenere un decreto ingiuntivo e, nel caso di mancata opposizione della controparte (opposizione assai improbabile), la possibilità di agire rapidamente con un’esecuzione forzata nei confronti del debitore.

Trattandosi di materia condominiale e visto il valore contenuto della controversia, la competenza è senz’altro del giudice di pace.
Inoltre, dovendosi procedere con un ricorso per ingiunzione, è asolutamente possibile agire senza l’ausilio di un legale (per legge ci si può difendere da soli nelle cause di valore fino ad € 1.100,00): è molto frequente, anzi, a tal proposito, reperire presso le Cancellerie dei Giudici di Pace dei fac simile di ricorsi per ingiunzione di pagamento a disposizione del pubblico.
In alternativa – anche se lo strumento è meno affidabile, perché manca un controllo sul contenuto dell’atto – si possono trovare facilmente on line dei fac simile di ricorso: sarà però opportuno, se ci si avvalga di questo strumento, chiedere la cortesia alla Cancelleria - se possibile - di esaminarlo sommariamente, prima del deposito.


MORENA A. chiede
venerdì 17/11/2017 - Umbria
“Buonasera ho un problema, direi abbastanza grave secondo me sono stata truffata .
Ho comprato un appartamento al prezzo di 210000 euro.
Nel contratto il venditore mi ha nascosto che c'era un condomino moroso da circa 20 anni , che il condomio ha circa 6 cause civili in corso con questo condomino e per come è messa la cosa questo signore non pagherà mai, non avendo nulla a suo nome (la casa è ipotecata ), inoltre in questo condomio ci sono rancori vecchi da anni.
Quando ho comprato il venditore mi ha nascosto questa situazione. Posso richiedere la riduzione del prezzo dell'appartamento per malafede ex art. 1490?
Faccio presente che il venditore si è reso disponibile a pagare solo le spese della causa che c'era fino a quando ho comprato io.
Solo che ora ci sarà un appello e poi chissà..
Inoltre il venditore ha comprato l 'appartamento accanto ..ma guardacaso è un altro condominio dove tutti pagano.

Potete aiutarmi ad avere un idea se posso richiedere la riduzione del prezzo o addirittura gli restituisco l'appartamento se mi restituisce tutti i soldi.

Aiutatemi perche non trovo avvocati competenti in materia.
grazie

Consulenza legale i 21/11/2017

Sebbene non oggetto di sua specifica domanda, è utile fare una preliminare considerazione in riferimento alla titolarità degli oneri condominiali prima e dopo la compravendita.

Le spese condominiali maturate e le spese straordinarie (es. costituzione in giudizio nella causa) deliberate dall’assemblea prima della stipula dell’atto sono a carico del venditore, mentre chiaramente, gli oneri condominiali e le spese deliberate successivamente alla compravendita sono a carico dell’acquirente.

Tuttavia il legislatore, per tutelare anche le ragioni degli altri condomini e rafforzare la possibilità di veder soddisfatte le loro pretese creditorie, che in caso di trasferimento dell’immobile potrebbero restar deluse, ha previsto all’art. 69 disp. att. c.c. che “Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente”.
Al proposito deve ricordarsi che gli oneri condominiali, secondo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, rientrano tra le cd. obbligazioni propter rem, degli obblighi che seguono il bene e per le quali il soggetto passivo è individuato in base alla sua relazione con il bene stesso.

Dunque stante il disposto dell’art. 63 dis. att. c.c., qualora il debitore principale (il venditore in questo caso) non adempia, l’acquirente potrà essere chiamato a corrispondere anche gli oneri condominiali maturati prima della compravendita, riferiti all’anno di gestione in corso ed all’anno precedente, ovverosia per le obbligazioni sorte quando non era proprietario, salvo il diritto di rivalsa nei confronti dell’acquirente.

Per questo motivo solitamente al momento del rogito il notaio chiede al venditore o direttamente all’amministratore di condominio di fornirgli una dichiarazione con la quale attesta lo stato dei pagamenti degli oneri condominiali, l’esistenza di condomini morosi e la pendenza di liti e cause di natura condominiale.
Quindi per prima cosa occorre escludere che nel contratto di compravendita, parte acquirente fosse stata redarguita circa la situazione condominiale.
Se effettivamente nel contratto non è stata inserita alcuna informazione al riguardo, il venditore dovrebbe essere ritenuto responsabile per aver taciuto in malafede tali rilevanti circostanze.

L’art. 1337 c.c., prevede che le parti durante tutto l’iter contrattuale, hanno l’obbligo di “comportarsi secondo buona fede”, il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipula del contratto ( Cass. n. 24795/2008).
Il dovere di comportarsi secondo buona fede si articola in una serie di regole di condotta, tra le quali assume particolare significatività il dovere di informazione: la parte che conosce o dovrebbe conoscere dati rilevanti per la controparte, con riferimento alla convenienza ed alla valutazione del contratto, ha il dovere di informarla.

Se il venditore ha omesso di informare l’acquirente su fatti e circostanze rilevanti (quali appunto la morosità permanente di un condomino ovvero la sussistenza di liti pendenti), può dunque essere riconosciuto responsabile del danno causato alla controparte, e condannato al risarcimento.
Nella sentenza n. 10141 del 14.9.2006 il Tribunale di Milano ha riconosciuto, appunto, la responsabilità precontrattuale del venditore che tace l’esistenza di situazioni, in ambito condominiale, che possono rivelarsi onerose per parte acquirente, in quanto vìola il predetto obbligo di buone fede.
Dunque l'acquirente potrebbe far valere il suo diritto ad essere tenuto indenne dalle ripercussioni, patrimoniali e non, conseguenti alla malafede con la quale sono state taciute determinate situazioni (ad esempio alla refusione di quanto corrisposto dall'acquirente per le spese legali del giudizio d'appello).

Tuttavia è utile sottolineare che è prassi richiedere all’amministratore di condominio un certificato che attesti la situazione condominiale in vista della compravendita e che l’acquirente avrebbe l’onere di informarsi prima di determinarsi all’affare, ragione per la quale la responsabilità dell’alienante andrebbe attenuata proporzionalmente all’ignoranza colposa del nuovo proprietario.


Roberta G. chiede
lunedì 06/11/2017 - Veneto
“Salve , vorri sapere se posso chiudere il gas centralizzato ad un inquilino moroso in attesa di sfratto esecutivo, l'amministratore mi dice di sì ma non so se è legale , grazie .”
Consulenza legale i 13/11/2017
Va preliminarmente precisato che l’espressone “in attesa di sfratto esecutivo” può assumere diversi significati.

L’inquilino moroso, infatti, può essere solo in attesa che gli venga notificato un atto di intimazione di sfratto oppure può aver già ricevuto l’intimazione e magari può addirittura essersi tenuta una prima udienza, ma il Giudice non ha ancora convalidato lo sfratto e stabilito una data per l’esecuzione; oppure ancora – come, ad avviso di chi scrive, si può presumere nel caso di specie – si è già conclusa la fase giudiziale dello sfratto, ovvero si è ottenuto dal Giudice un provvedimento di convalida, con la data in cui sarà possibile procedere esecutivamente (chiedere l’accesso all’immobile dell’ufficiale giudiziario per il rilascio forzoso di quest’ultimo nelle mani del proprietario).

In ogni caso, indipendentemente dal momento del procedimento in cui ci si trovi, fino a che l’Ufficiale Giudiziario, all’esito della procedura di rilascio dell’immobile, non immetta nuovamente il locatore nel possesso del proprio bene attraverso la sottoscrizione di apposito verbale di riconsegna (con restituzione delle chiavi e cambio della serratura), il locatore stesso non avrà il diritto sospendere l’erogazione dei servizi essenziali per l’inquilino, né di assumere alcun’altra iniziativa di questo genere.
Ciò a pena di denuncia penale per esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 392 codice penale).

Probabilmente, in buona fede, l’amministratore che ha suggerito questa modalità procedimentale faceva riferimento – ma sbagliando completamente nell’individuazione delle ipotesi di applicazione della norma – a quanto stabilito dall’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile: quest’ultimo articolo, dopo la riforma del Condominio del 2012, ha sancito infatti il diritto per l’amministratore di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato nel caso di mora nel pagamento delle spese condominiali che si sia protratta per almeno sei mesi.

Va precisato, tuttavia, come si può intuire, che la norma riguarda innanzitutto un potere espressamente attribuito al solo amministratore e non ai condomini; in secondo luogo, deve trattarsi di mora del condomino e non del suo conduttore (vale a dire del proprietario dell’immobile, che è il condomino, e non dell’inquilino, che non è affatto tale); infine, la mora deve riguardare il mancato pagamento delle spese condominiali e non il pagamento dei canoni di locazione relativi al rapporto contrattuale privato (e non condominiale) tra locatore e conduttore.

Gianni F. chiede
lunedì 11/09/2017 - Lombardia
“buongiorno.

Vi scrivo per un problema condominiale. Abito in questo condominio dal 2016,un condomino (sig. ...omissis...) dove risiedo a ...omissis... non paga le spese condominiali (a oggi € 20.423,76) da piu' di 5 anni relativo a un box di sua pertinenza.E' stato fatto un Decreto Ingiuntivo nei suoi confronti (allego via e-mail) con esiti per il momento nulli.Nell'ultima assemblea condominiale e' stato deliberato un fondo a copertura passivita' del debito di questo condomino da dividere in millesimi tra tutti i condomini.Ora vengo al quesito.
Dalle informazioni in mio possesso, il quarto comma dell'articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile stabilisce che chi subentra nei diritti di un condominio e' obbligato, in solido con questo, al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. Per il passato il condominio agisce solo verso il proprietario precedente.
Di parere contrario e' il ns. amministratore da me interpellato, egli dichiara: quanto enunciato da tale articolo (63),fa riferimento al vecchio proprietario (di casa mia prima che entrassi nel 2016) e in modo specifico alla morosità dello stesso.Ad egli, secondo l'amministratore, non essendo moroso con il condominio nel momento del mio ingresso, non si applica l'articolo 63.
Chiaramente io sono di parere contrario in quanto subentrato nei diritti di un condominio.
In attesa di vs. gentile riscontro sono a salutare cordialmente.”
Consulenza legale i 18/09/2017
Per rispondere al quesito bisogna preliminarmente analizzare l'articolo 63 delle disposizioni per l'attuazione del Codice civile, il quale, al quarto comma, dispone che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. Tale articolo si riferisce all'ipotesi in cui il venditore dell'appartamento risulti moroso nei confronti del condominio, e pone a carico dell'acquirente dell'immobile il pagamento dei contributi condominiali sia dell'anno in corso, sia di quello precedente, in regime di responsabilità solidale.

Deve precisarsi che tale articolo attiene proprio alla fattispecie in cui vi sia un condomino moroso che poi vende l'appartamento, e il legislatore dispone che l'acquirente dell'immobile non è liberato dal pagamento dei contributi condominiali dell'anno in corso e del precedente. Si tratta di una norma che determina un criterio volto ad agevolare il più possibile il condominio nella riscossione dei crediti grazie alla quale, in caso di disaccordo fra venditore e acquirente, l’amministratore del condominio potrà rivolgersi indifferentemente all’acquirente o al venditore per la riscossione delle obbligazioni condominiali relative all’anno in corso ovvero a quello precedente l’intervenuta compravendita, salva la facoltà dell’acquirente di esercitare azione di regresso verso il venditore per quanto pagato in eccedenza.

Alla luce di quanto esposto, quindi, il citato art. 63 non si applica all'ipotesi in esame in quanto non è il venditore ad essere moroso, ma un terzo condomino.

La disposizione in esame, tuttavia, non chiarisce quale sia il momento di insorgenza dell’obbligo contributivo a carico del condomino. La Suprema Corte, con sentenza n. 24654 del 2010, si è pronunciata su detta questione nel caso di alienazione di un’unità immobiliare, ritenendo che l’obbligo di pagare i contributi per le spese condominiali dell’edificio grava su colui che era proprietario al momento dell’adozione della delibera di approvazione delle spese stesse.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10235 del 2013, ha confermato che in relazione alle spese relative agli interventi di straordinaria amministrazione, l'insorgenza dell'obbligo in capo ai singoli condomini deve considerarsi quale conseguenza diretta della correlata delibera assembleare con la quale siano disposti i predetti interventi. Tale delibera ha valore costitutivo e, quindi, direttamente impegnativa per i condomini rivestenti tale qualità all'atto della sua adozione.

Per quanto concerne la ripartizione delle spese, dunque, bisogna seguire l'orientamento della Suprema Corte, secondo il quale deve rispondere dell'obbligazione condominiale il condomino che era proprietario dell'immobile al momento dell'adozione della delibera: pertanto, nel caso in analisi, se la delibera è stata adottata quando l'atto di acquisto era già perfezionato, allora risponderà del pagamento della obbligazione relativa al fondo spese solo l'acquirente; viceversa, qualora la delibera sia stata presa quando il proprietario dell'immobile era ancora il venditore, sarà quest'ultimo a risponderne.

C. N. chiede
sabato 29/10/2022 - Campania
“Salve.
Il mio condominio ha un debito non estinto con una impresa per lavori di messa in sicurezza eseguiti 3 anni fa. L'impresa ha inviato solleciti, poi decreto ingiuntivo, poi precetto e poi ha pignorato il conto corrente condominiale. In caso di persistente inerzia dell'amministrazione condominiale e/o dei condomini è possibile pagare la propria quota direttamente al creditore senza passare per l'amministrazione condomoniale evitando anche eventuali richieste in solido da parte del creditore?”
Consulenza legale i 06/11/2022
La natura dell’obbligazione dei condomini nei confronti dei terzi è questione dibattuta in giurisprudenza e dottrina.

La tesi maggioritaria considerava l’obbligazione dei singoli condomini di natura solidale secondo il principio di presunzione di solidarietà dei condebitori stabilito dall’art. 1294 del c.c..
Secondo la giurisprudenza, infatti, l’art. 1123 c.c., che riguarda la ripartizione degli oneri all’interno del condominio, non superava la presunzione suddetta (Cass. civ. n. 17563/2005, Cass. civ. n. 14593/2004).

L’indirizzo minoritario, invece, riteneva che i condomini fossero obbligati in proporzione alle proprie quote e quindi secondo il criterio di parziarietà.

La Cassazione a Sezioni Unite ha approvato l’orientamento minoritario sostenendo che “la solidarietà nel condominio non è contemplata da nessuna disposizione di legge e che l’art.1123 c.c., interpretato secondo il significato letterale e secondo il sistema in cui si inserisce, non distingue il profilo esterno e quello interno” e di conseguenza la responsabilità dei condomini è governata dal criterio della parziarietà delle obbligazioni assunte nell’interesse del Condominio per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio (Cass. civ. S.U. n. 9148/2008).
La medesima pronuncia afferma che in caso di condanna dell’amministratore – quale rappresentante dei condomini – il creditore può procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli condomini secondo la quota di ciascuno.

Nonostante la questione sul punto sia ancora dibattuta tra dottrina e giurisprudenza, l’orientamento prevalente attualmente è quello della parziarietà dell’obbligazione condominiale nei confronti del terzo creditore.

La riforma del Condominio intervenuta con la L. n. 220/2012, ha modificato l’art. 63 comma 2 stabilendo il beneficio di escussione per i condomini in regola con i pagamenti delle spese condominiali; i creditori, quindi, potranno agire nei loro confronti solo dopo avere tentato di recuperare il credito dai condomini morosi.

Il condomino che vuole adempiere versando la propria quota del debito condominiale complessivo direttamente al creditore, deve stare attento ad una questione: il pagamento al terzo non lo libererà dal versamento delle spese condominiali deliberate dall’Assemblea in relazione ai costi dell’intervento effettuato dal terzo.

La giurisprudenza ha avuto occasione di affermare, ripetutamente, l’indipendenza dell’obbligo del singolo partecipante di pagare al Condominio le spese dovute rispetto alle vicende debitorie del Condominio verso i suoi appaltatori o fornitori per la diversa causa giuridica da cui scaturiscono le due obbligazioni.
Il condomino, quindi, non può “utilmente opporre all'amministratore che il pagamento sia stato da lui effettuato direttamente al terzo, in quanto, si è detto, ciò altererebbe la gestione complessiva del Condominio: sicchè il singolo deve sempre e comunque pagare all'amministratore, salva l'insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso per gli avanzi di cassa residuati” (Cass. civ. n.2049/2013, Cass. civ. 10371/2021).

Si ritiene, quindi, che nel caso di specie il condomino debba pagare correttamente le proprie spese condominiali all’amministratore di condominio senza versare la propria quota direttamente al terzo.
In ogni caso il terzo potrà agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti delle spese condominiali solo dopo aver inutilmente tentato di soddisfare il proprio credito dal conto corrente condominiale e/o dai condomini morosi.

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