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Articolo 743 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Copie degli atti

Dispositivo dell'art. 743 Codice di procedura civile

Qualunque depositario pubblico (1), autorizzato a spedire copia degli atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica [2714, 2715], ancorché l'istante o i suoi autori non siano stati parte nell'atto, sotto pena dei danni e delle spese, salve le disposizioni speciali della legge sulle tasse di registro e bollo (2) (3).

La copia d'un testamento pubblico [c.c. 603] non può essere spedita durante la vita del testatore, tranne che a sua istanza, della quale si fa menzione nella copia [745 2, 746](4).

Note

(1) La norma non indica espressamente i soggetti che devono essere considerati pubblici depositari, pertanto la Cassazione ha colmato tale lacuna ritenendo che l'articolo in esame faccia riferimento solamente ai pubblici funzionari che hanno il compito di conservare e tenere a disposizione del pubblico gli atti che hanno rogato, contribuito a formare o ricevuto in deposito: notai, conservatori dei R.R.I.I. e cancellieri.
(2) Si confronti ad esempio il d.p.r. 26-4-1986, n. 131 relativo all'imposta di registro, o ancora l'art. 9, d.P.R. 26-10-1972, n. 642 che disciplina l'imposta di bollo così come sostituito dall'art. 9, d.P.R. 30-12-1982 n. 955 ed infine gli artt. 67-69, l. 16-2-1913, n. 89 sull'Ordinamento sul notariato.
(3) Al dovere di rilascio di copie autentiche corrisponde un vero e proprio diritto soggettivo al rilascio di copie, in ragione del fatto che tale diritto non risulta soggetto a valutazioni discrezionali del depositario. L'unica limitazione deriva dall'espressa previsione di divieti legislativi.
(4) La norma in esame prevede il limite al rilascio delle copie del testamento pubblico prima della morte del testatore, salvo il caso in cui non sia lo stesso autore a richiederne copia.

Spiegazione dell'art. 743 Codice di procedura civile

Diverse sono le fonti normative che disciplinano la materia delle copie.
In particolare, mentre il codice civile, agli artt. dal [n2714cc]] al 2719 c.c., contiene la disciplina relativa all'efficacia probatoria delle copie, sia di atti pubblici che di scritture private, il codice di procedura civile, agli artt. dal 743 al 746 c.p.c., si occupa di disciplinare le modalità per il rilascio delle copie da parte dei pubblici depositari, la procedura di collazione, i rimedi contro eventuali rifiuti o ritardi.
Vi sono, poi, altre particolari disposizioni di legge che ne regolano ulteriori aspetti, come la competenza dei pubblici ufficiali, le formalità per la spedizione, l'applicazione delle norme fiscali.

La norma in esame disciplina il rilascio della copia autentica, dovendosi intendere come tale la copia di un documento che lo riproduce in modo fedele e che un soggetto dotato di fede pubblica attesta essere conforme al documento originale.
Il rilascio della copia autentica consente ovviamente di tutelare la conservazione del documento originale, in quanto non occorre che quest’ultimo sia asportato dal pubblico deposito ove si trova, in tal modo evitandosi il rischio di una sua perdita o alterazione.

Occorre anche precisare che qui ci si riferisce alla copia autentica di atti pubblici, dovendosi considerare come tali non solo quelli di cui all'art. 2699 del c.c. (ovvero, quelli formati da un pubblico ufficiale autorizzato ad attribuire ad essi pubblica fede), ma anche le scritture private oggetto di pubblico deposito o detenute da pubblici depositari.

L'obbligo di rilasciare la copia autentica grava su qualunque pubblico depositario, autorizzato a spedire copia degli atti che detiene.
La norma parla in modo generico di pubblici depositari, configurandosi per tale ragione come norma in bianco, con la conseguenza che occorre necessariamente fare riferimento ad altre disposizioni normative capaci di individuare, per ciascuna figura, obblighi o requisiti di rilascio delle copie autentiche che il pubblico depositario detiene.
La capacità di estrarre copia compete in via generale innanzitutto a coloro che per legge sono tenuti a ricevere e formare dichiarazioni di volontà o altri atti produttivi di effetti giuridici, redigendo la relativa documentazione e provvedendo alla conservazione della stessa.
La medesima capacità, tuttavia, compete anche a coloro che siano depositari di atti formati da terzi ed a coloro che per legge abbiano il compito di formare pubblici registri nei quali questi stessi atti o documenti vanno trascritti, annotati o iscritti o sui quali si debbano, comunque, registrare i fatti ed eventi indicati dalla legge (ci si riferisce a notai, cancellieri, conservatori dei registri immobiliari, archivisti e in generale tutti coloro che hanno il compito specifico di provvedere alla custodia e conservazione di atti).

In assenza di divieti legislativi, incombe sul pubblico depositario, autorizzato al rilascio di copie, un vero e proprio obbligo di rilasciare la copia a chiunque ne faccia richiesta, senza possibilità di compiere alcuna valutazione sull'interesse di chi fa la richiesta o sui motivi della stessa, sotto pena dei danni e delle spese.
Per converso, in capo al richiedente sussiste un vero e proprio diritto soggettivo ad ottenere il rilascio della copia, anche se si tratta di soggetto rimasto estraneo alla formazione dell'atto di cui chiede il rilascio di copia.

Pertanto, in caso di illegittimo rifiuto di rilascio della copia, il richiedente oltre che attivare il procedimento previsto dal secondo comma dell’art. 745 del c.p.c., potrà agire anche in via ordinaria a tutela della propria posizione sostanziale.

Deve precisarsi che il diritto ad ottenere copia, disciplinato dalla norma in esame, non è illimitato, come peraltro risulta dalla clausola di salvezza delle disposizioni speciali di legge sulle imposte di registro e bollo contenuta nell'ultima parte del primo comma.
Uno specifico esempio di tali limiti si rinviene all’art. 1 del DPR n. 642/1972, norma che sottopone al pagamento dell'imposta di bollo le copie dichiarate conformi all'originale, rilasciate da notai o altri pubblici ufficiali.

Il secondo comma della norma disciplina il rilascio della copia di un testamento pubblico, ovvero quello ricevuto da un notaio alla presenza di due testimoni (cfr. art. 603 del c.c.).
Per tale tipo di testamento si prevede che, durante la vita del testare, ne possa essere spedita la copia esclusivamente ad istanza dello stesso testatore, di cui deve essere fatta menzione nella copia stessa.
Tale previsione trova riscontro anche nella normativa speciale, ed in particolare all’art. 67 Legge notarile, il quale dispone espressamente che il notaio non può permettere l'ispezione né la lettura, né dar copia degli atti di ultima volontà, e rilasciarne estratti e certificati, durante la vita del testatore, se non al testatore medesimo od a persona munita di speciale mandato in forma autentica.

Massime relative all'art. 743 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 18663/2016

In tema di provvedimenti giudiziari, in caso di mera difficoltà di comprensione del testo, stilato dall'estensore con scrittura manuale, non è configurabile la nullità della sentenza attesa l'assenza di una espressa comminatoria e la facoltà della parte di richiedere alla cancelleria, ex artt. 743 e 746 c.p.c., copia conforme dattiloscritta, che deve essere leggibile.

Cass. civ. n. 1973/1986

Il provvedimento, con il quale il presidente del tribunale, nell'ambito della procedura contemplata dagli artt. 743 e ss. c.p.c. in tema di copie di atti pubblici, ordini all'autorità comunale di rilasciare copia legale di una domanda di concessione edilizia presentata dal privato, ravvisando la ricorrenza dei requisiti dall'art. 8 del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9 (convertito, con modificazioni, in L. 25 marzo 1982, n. 94) per la configurabilità di un «silenzio-assenso» della amministrazione equiparabile all'accoglimento di detta domanda, comporta l'esercizio di funzioni esorbitanti dalle attribuzioni del predetto giudice, sia per l'applicabilità di detta procedura ai soli atti tenuti da pubblici funzionari a disposizione del pubblico, non anche quindi a quelli tenuti per ragioni del loro ufficio, sia per il tradursi di quell'ordine in una condanna dell'amministrazione ad un facere in un settore affidato ai suoi poteri autoritativi, con conseguente violazione del divieto posto dall'art. 4 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, e gli indicati vizi devono ritenersi denunciabili con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione, in considerazione della portata sostanzialmente decisoria del provvedimento medesimo).

Cass. civ. n. 2547/1972

Nel processo fallimentare i terzi non hanno un diritto alla libera consultazione del fascicolo fallimentare e — fuori dei casi degli atti dichiarati consultabili da chiunque (come, ad esempio, la sentenza dichiarativa di fallimento) o dai particolari soggetti destinatari degli effetti dell'atto — possono esaminare (ed, eventualmente, estrarne copia) soltanto quegli specifici atti e documenti contenuti nel fascicolo fallimentare, per i quali sussista un loro interesse diretto, concreto ed attuale. Tale interesse non sussiste nei confronti dell'ex amministratore giudiziario della società fallita, convenuto in giudizio dal curatore del fallimento per fatti dannosi commessi nell'esercizio delle sue funzioni.

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Consulenze legali
relative all'articolo 743 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R. C. chiede
sabato 17/09/2022 - Lombardia
“Buongiorno, sottopongo il mio problema:
Nella prossima assemblea del mio condominio (otto condomini) si definirà se accettare o meno i lavori del cappotto esterno del palazzo aderendo alla Legge 110.
Il condominio pare in regola per iniziare detti lavori, manca solo il documento (copia del mio rogito di compravendita) che comproverebbe che anche la mia mansarda (65 mq.) è in regola, l’unico documento, a detta loro, mancante per dare il via ai lavori della 110, che io, contrario ai tanti rischi della 110, non intendo esibire, abortendo, di fatto, i lavori della 110 nel condominio.
La domanda: chi si occupa della pratica può accedere in qualche modo alla copia del mio rogito, scavalcandomi? In caso di forzatura posso oppormi o impugnare il modo in cui sono entrati in possesso della pratica?”
Consulenza legale i 20/09/2022
I repertori di qualsiasi notaio sono pubblici e quindi ciascun cittadino può accedervi per estrarre copia degli atti ivi contenuti: anzi, come ben chiarisce lo stesso art. 743 del c.p.c., il notaio è obbligato su richiesta a rilasciare copia dei suoi rogiti.
Si precisa, inoltre, che se i lavori sono stati regolarmente approvati trova applicazione l’importante principio racchiuso nel 1° co. dell’art. 1137 del c.c.: le deliberazioni prese dalla assemblea norma di legge sono obbligatorie per tutti i condomini. Quindi, qualsiasi comportamento teso ad ostacolare l’esecuzione da parte dell’amministratore delle decisioni prese dalla assemblea è contrario alla legge.

In casi estremi, l’amministratore potrebbe citarla in giudizio al fine di chiedere al giudice un provvedimento per costringerla a cessare ogni comportamento ostruzionistico con condanna al risarcimento del danno e alle spese processuali.


V.B. chiede
giovedì 29/07/2021 - Sicilia
“IL COLLEGA di controparte ha richiesto ed ottenuto dalla Cancelleria civile - Ufficio rilascio copie - copia confirme di un atto processuale di parte, nello specifico si trattava di una Comparsa di prosecuzione del giudizio interrotto, relativa ad un procedimento civile diverso da quello da lui patrocinato,
già estinto ed archiviato, svoltosi tra parti diverse ed in cui il proprio assistito non era parte in causa, né costituito in giudizio, né in alcun modo evocato o destinatario degli effetti della domanda. A prescindere dalla artificiosa rappresentazione delle ragioni con cui é stata tratta in inganno la Cancelleria civile, che ha erroneamente autorizzato la visibilità temporanea del fascicolo telematico - errore che la Cancelleria stessa ha riconosciuto a fronte di una formale Contestazione del sottoscritto, precisando tuttavia di non potere annullare o revocare la autorizzazione erroneamente concessa sia perché la stessa aveva già esaurito i suoi effetti sia perché non ravviserebbe alcun interesse pubblico attuale e concreto alla revoca, si chiede se una parte non evocata in giudizio e non costituita abbia diritto a richiedere copia conforme di un atto processuale di parte contenuto in un fascicolo processuale relativo ad un giudizio svoltosi tra terzi soggetti del tutto estranei. La Cancelleria dell'ufficio rilascio copie, cui è stato inoltrato ulteriore Atto di Contestazione a fronte dell'avvenuto rilascio della copia, sostiene che per atti giudiziali devono intendersi tutti quelli ricompresi nel fascicolo e non solo gli atti ed i provvedimenti emessi dal Giudice per cui ai sensi degli articoli
743 e 744 CPC il difensore della parte non costituita aveva il diritto di richiedere il rilascio della copia di un atto contenuto in un fascicolo processuale, anche se non si tratta di parte in causa o parte costituita e che le disposizioni di cui all'art. 76 Disp. Att. CPC lette in combinato con il disposto di cui gli articoli. 743 e 744 non troverebbero applicazione in quanto si tratterebbe nella fattispecie di giudizio estinto ed archiviato, pur ammettendo che la copia in quanto estratta da una copia fotostatica e non dall'originale telematico dell'atto non presenta i requisiti di cui all'art 23 del CAD e come tale é annullabile.”
Consulenza legale i 03/08/2021
Quanto previsto dagli artt. 743 e 744 c.p.c. va necessariamente letto in correlazione con quanto stabilito dall’art. 76 disp. att. c.p.c., che riserva alle parti del giudizio (e ai loro difensori muniti di procura) la facoltà di “esaminare gli atti e i documenti inseriti nel fascicolo d'ufficio e in quelli delle altre parti e farsene rilasciare copia dal cancelliere, osservate le leggi sul bollo”.
L’obbligo per il cancelliere di rilasciare copia degli atti giudiziari, di cui all’art. 744 c.p.c., andrebbe dunque circoscritto agli atti destinati alla pubblicazione o, comunque, idonei ad avere efficacia anche fuori dal processo, e non si estenderebbe, invece, agli atti di parte.
In proposito, una recente pronuncia del T.A.R. Campania, Sez. I, ordinanza 5701/2019, ribadendo principi validi sia per il processo amministrativo che per quello civile, ha così precisato: “quanto alla disciplina applicabile all’ “accesso” agli atti del (di un) fascicolo d’ufficio, ritiene il Collegio che debba distinguersi tra atti e provvedimenti del giudice e atti dei fascicoli parte:
- il rilascio di copia degli atti del processo a “chiunque vi abbia interesse”, anche senza essere parte del giudizio, è previsto solo per i provvedimenti del giudice (art. 7 disp. att. cod. proc. amm.; art. 744 cod. proc. civ.);
- la visione ed il rilascio di copia degli atti dei fascicoli di parte risulta invece disciplinato dall’art. 76 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile [[...]], nel senso della limitazione di tali facoltà solo alle parti e/o ai loro difensori muniti di procura”.
L'interpretazione sostenuta dalla cancelleria appare, dunque, errata.