La norma in esame dispone che se l'istanza volta ad ottenere il
provvedimento cautelare viene proposta prima dell'inizio della causa di merito, il giudice, nell’
ordinanza che accoglie il
ricorso stesso, dovrà fissare un termine non superiore a sessanta giorni per l’inizio della causa di merito.
Il termine di sessanta giorni (prima era trenta) trova la sua giustificazione nella considerazione che il precedente termine di trenta giorni si riteneva molto breve per consentire alla parte di redigere un adeguato atto introduttivo del giudizio di merito.
Se il termine non viene fissato dal provvedimento giudiziale, lo stesso dovrà ritenersi non superiore a sessanta giorni; allo stesso modo, trattandosi di un termine legale, si ritiene che allo stesso ci si debba attenere anche nel caso in cui il giudice abbia fissato un termine superiore (poichè il termine legale è perentorio, si sostituisce automaticamente a quello fissato dal giudice).
Se il giudizio di merito non viene instaurato nel termine stabilito, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia.
Si discute se per il termine qui previsto trovi applicazione la sospensione feriale dei termini.
Parte della dottrina è per la tesi positiva, ritenendo che esso abbia natura endoprocessuale; secondo altra tesi, invece, la sospensione dei termini feriali è inapplicabile al termine per l'instaurazione del giudizio di merito.
Il 4° co. della norma in esame è stato inserito per effetto dell'art. 31, 2° co., D.Lgs. 31.3.1998, n. 80 e fa riferimento alle controversie riguardanti i rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni trasferite al giudice ordinario; la sua finalità è quella di coordinare la disciplina con il termine per l'instaurazione del giudizio di merito nel caso di un provvedimento cautelare concesso ante causam.
Tale esigenza di coordinamento nasce dal fatto che le controversie in materia di lavoro presuppongono l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione prima dell'instaurazione del giudizio di merito.
Ebbene, la norma indica che il termine per l'instaurazione del giudizio di merito decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile, ovvero dal momento in cui risulti trascorso il termine di novanta giorni dall'inoltro della richiesta del
tentativo di conciliazione ex art. 69, 3° co., D.Lgs. 3.2.1993, n. 29.
Il 5° co. è stato introdotto dall'art. 1, L. 5.1.1994, n. 25 e si riferisce all’ipotesi in cui la controversia sia oggetto di
compromesso o di
clausola compromissoria.
In questo caso si dispone che il termine di sessanta giorni è rispettato quando la parte notifica all'altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri; si ritiene che tale comma possa estendersi anche all'arbitrato irrituale.
Con l’introduzione del sesto comma, invece, dovuto alla L. n. 80/2005, è stato allentato il legame necessario tra procedimento cautelare e giudizio di merito, prevedendo solo in via eventuale l'instaurazione di quest'ultimo (prima necessaria e ora solo possibile); ovviamente si presuppone che in sede cautelare il provvedimento anticipatorio sia stato concesso.
Tale comma è stato da ultimo modificato per effetto della Riforma Cartabia, al fine di prevedere che il regime di non applicazione del procedimento di conferma previso da questo stesso articolo e dal primo comma dell’
art. 669 novies del c.p.c. si applichi anche ai provvedimenti di sospensione dell’efficacia delle delibere assembleari, adottati ai sensi del quarto comma dell’art. 11137 del c.c., fermo restando anche per questi casi, la facoltà di ciascuna parte di instaurare il giudizio di merito.
Nel testo previgente, infatti, ai provvedimenti cautelari con i quali il giudice sospendeva l’esecuzione delle deliberazioni assunte dagli organi di società o di associazioni non era riconosciuta natura anticipatoria della
sentenza di merito, con la conseguenza che essi perdevano efficacia ove il giudizio di merito si fosse estinto.
L’inserimento del comma 7, dovuto alla L. 18.6.2009, n. 69 è volto a dirimere il dubbio che si era creato per quanto concerne la disciplina delle spese processuali in caso di accoglimento dell'istanza cautelare in riferimento ai provvedimenti cautelari
ante causam.
Il successivo ottavo comma, invece, prevede quali sono le conseguenze che si producono sulla misura cautelare concessa quando venga dichiarato estinto il giudizio di merito.
L'ultimo comma, infine, dispone che l'autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo.
In realtà, non può dubitarsi del fatto che gli effetti dei provvedimenti di natura cautelare non sono definitivi, essendo gli stessi provvedimenti emanati a seguito di una cognizione non piena; non essendo definitivi, non hanno forza di giudicato utilizzabile nel processo principale e in altri processi.
Pertanto, le parti potranno instaurare un giudizio a cognizione piena, senza essere pregiudicati dagli esiti della precedente fase; ciò comporta che anche l'attività istruttoria compiuta nella fase cautelare, non potrà essere utilizzata nel successivo giudizio di merito.