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Articolo 1917 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Assicurazione della responsabilità civile

Dispositivo dell'art. 1917 Codice Civile

Nell'assicurazione della responsabilità civile(1) l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi [1900](2).

L'assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l'indennità dovuta, ed è obbligato al pagamento diretto se l'assicurato lo richiede.

Le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato contro l'assicurato sono a carico dell'assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse [1932].

L'assicurato, convenuto dal danneggiato, può chiamare in causa l'assicuratore [1932](3).

Note

(1) L'assicurazione in esame è stipulata, di regola, da soggetti particolarmente esposti al rischio di dover rispondere della propria condotta, come ad esempio alcuni professionisti. In alcuni casi, come accade per la responsabilità civile derivante da circolazione di veicoli a motore e natanti, la stipula è obbligatoria, in considerazione della frequenza dei sinistri (in ordine a tale ultimo settore si veda il D. lgs. 7 settembre 2005, n. 209).
(2) Pertanto, in tale tipo di assicurazione è coperta la sola condotta colposa dell'assicurato (v. 2043 c.c.).
(3) Di regola il contratto di assicurazione stabilisce che la lite viene gestita dall'assicuratore che ha anche il potere di transigerla.

Ratio Legis

Attraverso l'assicurazione di responsabilità civile si vuole tutelare il patrimonio dell'assicurato dal sorgere di un debito di responsabilità; di conseguenza l'assicurato ha gli strumenti per soddisfare il soggetto danneggiato o soddisfarlo direttamente evitando che il patrimonio dell'assicurato possa ridursi a causa del debito sorto.

Spiegazione dell'art. 1917 Codice Civile

Nascita e sviluppo dell’assic. di resp. civ.

Il cod. comm. conteneva un cenno su alcune assicurazioni che la dottrina ha giustamente qualificato poi come specie di ass. di resp. civ. e cioè sull'assic. del rischio locativo e del rischio del ricorso dei vicini (art. 445), e d'altro canto dichiarava che poteva assicurare anche chi ha un interesse di responsabilità. per la conservazione della cosa (art. 423) (nel qual caso però si aveva normalmente assic. della cosa per conto di terzi). Ma mentre disciplinava in modo speciale altre assicurazioni contro i danni (spec. le assic. contro gli incendi alle quali si riferiva anche l'art. 445 sopra cit.) non si soffermava affatto ne dettava alcuna norma sull'assic. di responsabilità in generale.

È vero che quando il codice fu emanato, l'assicurazione di responsabilità non aveva ancora una vita apprezzabile, né tanto meno aveva iniziato il suo rigoglioso cammino, rimanendo per lo più limitata. Oltre che alle voci sopra ricordate, alla clausola di abbordaggio contenuta, e per di più con valore accessorio, nelle polizze di assic. marittima.

La causa di questo tardo sviluppo dell'assicurazione di responsabilità civile è in parte nella minore perfezione della tecnica assicurativa o nel minore bisogno di questo ramo, allorché per la minore importanza dell'attività meccanica, la responsabilità era limitata a casi sporadici. Ma soprattutto risiedeva in un duplice ostacolo di natura squisitamente giuridica: il principio tradizionale che non vi è responsabilità senza colpa (responsabilità soggettiva) e, d'altro canto, è principio, non meno tradizionale, che l'assicuratore é liberato dal suo obbligo se il sinistro è provocato da colpa (o dolo) dell'assicurato (art. 434). Quando i due principi a poco a poco si dissolvono, quando cioè accanto alla responsabilità per colpa effettiva viene attribuito diritto di cittadinanza. Anche ad una responsabilità per colpa soltanto presunta o addirittura senza colpa, (responsabilità oggettiva) — sia come caso eccezionale, sia, come ritengono altri, come manifestazione di un principio opposto a quello tradizionale e quando, d'altro canto, si attenua il secondo principio, per cui si ammette l'assicurabilità della colpa, prima soltanto lieve, e poi, sia pure mediante apposita convenzione, anche grave, del contraente, cadono i due ostacoli e si aprono le valvole di uscita per le assicurazioni di responsabilità civile.

Oggi si può dire che ogni responsabilità è assicurabile e se l'assicurazione di responsabilità civile relativa agli infortuni per rischi industriali, una delle prime a sorgere e a svilupparsi, ha ceduto quasi ovunque in gran parte il passo all'assicurazione (per lo più obbligatoria o addirittura ex lege) infortuni a favore degli stessi lavoratori, vi sono oggi tre grandi campi, nei quali, a prescindere da altre nuove esplicazioni, l’assicurazione di responsabilità civile ha assunto il massimo sviluppo: il campo della responsabilità extra contrattuale verso terzi (e contrattuale verso le persone trasportate) per la proprietà e l'uso di mezzi di trasporto (ferroviario, aereo e specialmente automobilistico); a campo della responsabilità del proprietario o locatario di immobili o di animali, è campo della responsabilità professionale (architetti, ingegneri, medici, avvocati e notari, pubblici funzionari, imprenditori di pubblici spettacoli).


Sui problemi dogmatici e pratici nel silenzio del codice del 1882

Nel silenzio del codice, l'assicurazione di responsabilità civile è venuta così elaborando la sua natura, struttura e disciplina in base alle condizioni generali di polizza, e col vaglio della dottrina e di una giurisprudenza singolarmente ricca per la miriade di casi sottoposti al suo esame.

Si è venuta così affermando la sua natura di assicurazione contro danni. Ma assai disputata è stata la sua esatta posizione nella classificazione delle assicurazioni è assai discussa e la determinazione del momento in cui si verifica il sinistro assicurato, dal quale nasce il diritto dell'assicurato e dal quale s'inizia il termine della prescrizione. D'altro canto, la si è ritenuta quasi costantemente un contratto a favore dello stesso assicurato e non già a favore del terzo danneggiato: si è perciò negata al terzo ogni azione diretta verso l’assicuratore, mentre nel caso di fallimento dell’assicurato si è tentato – ed i tentativi non possono dirsi riusciti o del tutto riusciti – di sottrarre al patrimonio dell’assicurato l’indennità di assicurazione per attribuirla in moneta piena al terzo danneggiato.

Oggetto d'indagine è stata poi — e la risoluzione negativa si è giustamente affermata – l’applicabilità delle norme proporzionale e sull’assicurazione doppia e sulla coassicurazione.

A lungo si sono studiati l’estensione del rischio assicurato (dolo, illecito penale ecc.) e l’obbligo di rimborso delle spese sostenute dall’assicurato per difendersi dal terzo danneggiato.

Al vaglio continuo della giurisprudenza è stato infine sottoposto tutto il complesso di clausole, volte a conservare all'assicurazione piena tutela dei suoi interessi : c. d. decadenza dell'assicurato se il terzo danneggiato non fa valere i suoi diritti entro un certo tempo: divieto all'assicurato di rivelare l'esistenza dell'assicurazione; divieto di riconoscere il diritto del terzo o di transigere; divieto di chiamare in garanzia l'assicuratore; direzione dei processi da parte dell'ass. e assai a fondo si è indagata la natura, la validità e gli effetti di tali patti.

L'assicurazione di responsabilità civile si è così rivelato un campo ricco di problemi squisitamente giuridici gravi e delicati, sui quali non sempre si è fermata una unità di decisione in dottrina e in giurisprudenza; un ramo, adunque, particolarmente bisognoso dell'attenzione del legislature.


Legislazioni straniere. Progetto italiano e nuovo codice

Le leggi straniere più moderne disciplinano più o meno minuziosamente l'assicurazione di resp. civile. I progetti italiani del 1921 e del 1925, invece, in applicazione rigorosa del criterio di non disciplinare le singole specie di assicurazione, non fanno neppure cenno dell'assicurazione di resp. civile. Non coì invece il progetto 1940, che pur adottando lo stesso criterio di massima, dedica alla nostra assicurazione un nutrito, seppure non perfetto, articolo (art. 555).

Il nuovo codice segue il sistema adottato dal progetto e dedica all'assicurazione resp. civile un articolo che riproduce con alcuni perfezionamenti, specialmente nel 1 comma, l'art. 555 del progetto. Con maggior rigore sistematico, poi, la norma sul privilegio del terzo viene inserita in seno alle norme sui privilegi (art. 2767); mentre d'altro canto, la decorrenza del termine di prescrizione viene indicata in seno alle norme sulla prescrizione (art. 1952).

I principi fondamentali adottati dal nuovo codice sono i seguenti :

A) si pone una definizione, e con questa si chiarisce :
a) che il rischio assicurato e la possibilità del fatto lesivo dal quale sorge la responsabilità dell'assicurato, sì che il sinistro si ha nel momento in cui si verifica il fatto lesivo al terzo. La prescrizione però decorre dalla richiesta del terzo (art. 1952) ;
b) che l'assicuratore e obbligato a tenere indenne l'assicurato, cioè a fornirgli i mezzi per soddisfare il terzo o a pagare direttamente al terzo e non già soltanto a rimborsare l'assicurato dopo che ed in quanto questi abbia pagato al terzo e che l’assicuratore è obbligato a farlo;
c) che il terzo danneggiato ha privilegio sull'indennità dovuta dell’assicuratore (art. 2767). È inoltre a tutela del terzo e dell'assicurato, che:
d) l'assicurato può (malgrado patto contrario art. 1932) chiamare in cause l'assicuratore.

B) Si stabilisce che le spese sostenute per resistere all'azione del terzo danneggiato sono a carico dell'assicuratore (principio discendente all'art. 1914) però soltanto fino alla concorrenza di un quarto della comma assicurata. Inoltre nel caso che il datum superi la somma assicurata, le spese si ripartiranno in proporzione del rispettivo interesse: si applica cioè qui la regola proporzionale (esclusa per il danno: in conformità dell'art. 1914 ult. cpv).

Per non paralizzare l'evoluzione dell'assic. di responsabilità civile il codice non ha voluto dettare una disciplina più minuziosa e perciò non si è preoccupato degli altri problemi sopra accennati.


Natura giuridica dell’assicurazione di responsabilità civile: non è un contratto a favore di terzi

L'assicurazione di responsabilità civile è quel contratto di assicurazione mediante il quale l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanta questi deve pagare a un terzo per effetto di una responsabilità dedotta in contratto e derivante da un fatto accaduto durante la vita del rapporto assicurativo.

Da questa definizione, tratta direttamente dall'art. 1917, si può indurre la natura giuridica della nostra assicurazione.

a) Senza dubbio, innanzitutto — come appare dalla stessa definizione posta dal codice — si tratta di un contratto a favore dell'assicurato e non di un contratto a favore del terzo danneggiato, a favore, cioè, di terzi indeterminati al momento della conclusione del contratto.

Dal contratto sorge infatti soltanto un diritto dell'assicurato ad essere tenuto indenne dall'assicuratore. Il terzo danneggiato non acquista per effetto del contratto un diritto autonomo rispetto al patrimonio dell'assicurato; egli acquista soltanto per effetto del fatto lesivo un diritto al risarcimento verso l'assicurato; ed è questo diritto che ha privilegio sulla somma dovuta dall'assicuratore. D'altro canto la facoltà dell'assicuratore di pagare direttamente al terzo non costituisce un diritto diretto di questo; e il suo obbligo di pagare direttamente al terzo su richiesta dell'assicurato, trova la sua fonte non gin nel contratto ma nella richiesta dell'assicurato, richiesta che si più agevolmente ricondurre all’istituto della delegazione (assegnazione).


(segue) è assicurazione contro i danni: quale è il rischio assicurato

b) Senza dubbio, inoltre, si tratta di un'assicurazione contro i danni e precisamente contro i danni, derivante all’assicurato dal sorgere di una sua responsabilità civile (non penale) per effetto di un fatto lesivo ad un terzo.

Ma per meglio individuarla occorre stabilire quale sia il rischio con essa assicurato.

1) Sebbene sia assai spesso inserita nelle polizze la clausola di direzione, da parte dell'assicuratore, dei processi iniziati contro l’assicurato dal terzo danneggiato, non si ritiene, come si è talora sostenuto, che rischio assicurato sia l'insicurezza giuridica e che la funzione della nostra assicurazione sia la protezione giuridica dell'assicuratore. Infatti tale clausola, a parte se fondi soltanto un diritto o anche un dovere dell'assicuratore, pone pur sempre un diritto (o diritto-dovere) nell'interesse dello stesso assicuratore quale è pur sempre la parte processuale, e non attua affatto una protezione giuridica in senso stretto dell'assicurato. In realtà la clausola è puramente accessoria e senza di essa non può neppure sorgere problema. Occorre dunque guardare al vero rischio assicurato e vera funzione dell'assicurazione.

2) Le condizioni di polizza parlano ora di obbligo di rimborso, ora invece di obbligo di rilievo, ma la loro dizione spesso imprecisa non ha soverchia importanza. Il codice parla di obbligo di tenere indenne. Da tale norma si può indurre che sinistro non è dato dal pagamento al terzo. Ma per individuare con maggiore precisione il rischio, occorre muovere dal concetto di responsabilità. Ora, in proposito si sono, in dottrina e giurisprudenza, manifestate quattro posizioni e cioè il sinistro è dato: a) dallo stesso evento che produce il danno al terzo; b) dalla richiesta (giudiziale o extra giudiziale) del terzo; c) dal riconoscimento dell'assicurato o dalla transazione tra le parti o dalla sentenza che accerta il danno e stabilisce la misura del risarcimento; d) dal pagamento al terzo.

La quarta soluzione va senz'altro respinta perché, a parte il fatto che ora urta esplicitamente con l'articolo 1917 del codice, non necessariamente a pagamento, ma già a sorgere di un debito costituisce una diminuzione di patrimonio, cioè un danno. La terza va anch'essa respinta perché il riconoscimento e la sentenza (e forse, almeno entro certi limiti, la transazione) hanno natura non già costitutiva, bensì di mero accertamento. Per decidere tra le due prime soluzioni, basta, io credo, la considerazione che a debito di responsabilità extra contrattuale sorge direttamente ex lege per effetto del fatto lesivo, e di quello di responsabilità contrattuale sorge direttamente ex contractu per effetto dell'inadempimento: la domanda del creditore riflette quindi il sorgere del debito, bensì la sua estinzione mediante pagamento, compensazione, ecc.

Il sinistro è dato quindi dal sorgere di un debito di responsabilità per effetto di un fatto lesivo cioè di un danno il terzo e non dalla domanda di questo.

Questa tesi è ormai confermata con sufficiente chiarezza dalla stessa definizione del codice. Il fatto che la prescrizione dell’azione verso l'assicuratore decorra dalla domanda del terzo (art. 1952) non osta alla soluzione sopra proposta: perché fino alla domanda del terzo non c'è azione verso l'assicuratore (actioni nondum natae non praescribitur). Naturalmente il difetto di domanda del terzo costituisce però una causa di estinzione del debito (secondo i casi, rimessione o prescrizione estintiva). Il credito dell'assicurato verso l'assicuratore costituisce quindi uno specchio del debito di quello verso il terzo.


(segue) sul posto nella classificazione e rapporti con la riassicurazione

c) Precisato che nell'assic. di respons. civ. il rischio assicurato è dato dalla possibilità del sorgere di un debito di responsabilità, è possibile determinare la posizione dell'assicurazione di resp. civ. nella classificazione delle vane specie di assicurazione.

La dottrina corrente, specie in Germania, distingue le assic. di interessi in assic. di interesse a cose determinate (cose materiali, cose immateriali o diritti) e in assic. di interesse all'intero patrimonio del gruppo, che comprende l'assic. di resp. civ. e la riassicurazione.

Ma è ben evidente, io credo, che né l'interesse, né tanto meno la cosa determinata o l'intero patrimonio costituiscono l'oggetto del contratto, perché questo è dato dalle obbligazioni che ne discendono e, mediatamente, dal loro oggetto, cioè dalle prestazioni. Dire interesse, cosa o patrimonio assicurato, null'altro significa dunque che indicare gli elementi che individuano il rischio, cioè l'entità sul quale deve verificarsi il rischio, perché si attui il presupposto dell'obbligazione dell'assicuratore.

Ma, come è stato bene osservato, se nelle assic. di cose l'oggetto del rischio è determinato positivamente, in quelle c.d. di patrimonio è indicato solo negativamente, in quanto non è determinabile, sì che in realtà ci troviamo di fronte ad una confessione di impotenza. Forse alla distinzione tra interesse a cose e interesse a patrimonio potrebbe con maggiore precisione costituirsi una distinzione tra interesse o rapporto a valore positivo (attivo: bene) e interesse o rapporto a valore negativo (passivo: debito). Ma in attesa di una elaborazione matura di questo concetto, volendo servirci della classificazione tradizionale, dato che il sorgere eventuale di un debito di responsabilità non si riferisce ne ad una determinata cosa materiale (e che anche quando la responsabilità può sorgere dalla proprietà od uso di una determinata cosa ad es. l'automobile), a ne ad una determinate cosa immateriale, dovremo classificare l'assicurazione di resp. civ. tra le assicurazioni di patrimonio.

Sua compagna in questo gruppo è la riassicurazione: quanto ai rapporti tra queste due forme si rimanda alla spiegazione dell’art. 1928 del c.c., limitandoci qui a dire che l'assicurazione di resp. civ. è assicurazione per il sorgere di un obbligo di resp. civ. in senso tecnico, cioè in violazione a norma sanzionatoria o secondaria; la riassicurazione è invece assic. per il sorgere di un obbligo senza ulteriore specificazione, in violazione di una norma disponente o primaria.



Disciplina giuridica: in generale

La completa disciplina dell'assicurazione di resp. civile si estende, nei suoi aspetti di diritto sostanziale e di diritto processuale, a tre ordini di rapporti: il rapporto di responsabilità civile extra contrattuale tra l'assicurato e il terzo danneggiato; il rapporto assicurativo in senso tecnico cioè il rapporto tra l’assicurato e l’assicuratore; infine il possibile rapporto tra terzo danneggiato e assicuratore. Il primo rapporto interessa il rapporto assicurativo, poiché da esso viene determinato il sinistro e il danno ma è variamente disciplinato secondo la sua natura, ci si occuperà degli altri due.


A) Il rapporto assicurativo: a) il rischio assicurato
Il rapporto di assicur. di resp. civ. è retto dalle norme generali sul contratto di assicurazione e da quelle sulle assicurazioni contro i danni in quanto compatibili (cfr. sub b). Esso presenta però delle peculiarità sulle quali — e solo su di esse — opportuno soffermarsi : cioè rispetto al rischio, al valore assicurabile, agli oneri dell'assicurato e alla prescrizione.

a) Il rischio è, come abbiamo già detto, la possibilità per l'assicurato del sorgere di un debito per responsabilità civile.
Questo concetto va chiarito:
1) Innanzi tutto deve trattarsi di responsabilità civile e non di responsabilità penale, giacché non a lecito sfuggire alla sanzione penale, sia pure soltanto pecuniaria di un reato. Una tale assicurazione sarebbe pertanto nulla. L'assicurazione può però estendersi con espressa convenzione anche alla responsabilità civile derivante da reato.
2) La responsabilità deve essere la conseguenza di un fatto che implichi una responsabilità senza colpa (resp. oggett.) o per colpa presunta (dolo o colpa delle persone di cui l'assicurato deve rispondere: art. 1900), ovvero una responsabilità per colpa. È disputato se possa trattarsi di colpa lieve, o ordinaria, ovvero anche di colpa grave, ma sulla base del nuovo codice (artt. 1900, 1917) non vi è più dubbio che possa essere coperta anche la responsabilità per colpa grave, con convenzione espressa o complessivamente inducibile dal tipo di rischio (sub b) e dalle altre condizioni di polizza. Non è invece coperta la responsabilità derivante da fatto doloso: tale norma, che si trova in tutte le legislazioni, è disposta dall'articolo 1900 e ribadita dall'art. 1917.

b) Come in ogni altra assicurazione, il rischio va delimitato: l'esperienza tentata in altri paesi di un'assicurazione che copra qualunque responsabilità, da qualunque origine derivante, non può dirsi riuscita.
E siccome non è possibile delimitare il rischio mediante l'interesse su chi incombe, la delimitazione avverrà mediante la determinazione dell'attività dalla quale può sorgere la responsabilità. La prima fondamentale delimitazione del rischio consiste adunque nel fatto che non è coperta ogni responsabile nella quale può incorrere un individuo, bensì soltanto quella che discende da una determinata e specifica situazione giuridica.

Ma a questa fondamentale delimitazione le polizze ne aggiungono vesso delle altre. Alcune si riferiscono al fondamento della responsabilità e mentre altre escludono o comprendono genericamente la colpa grave o la colpa dei preposti o sono pleonastiche escludono il dolo, talaltre escludono ad es. le responsabilità per inosservanza alle nonne sulla circolazione stradale; altre si riferiscono alla cosa o attività dalla quale può sorgere la responsabilità (limitazione delle persone trasportate tipo di automobile; esistenza o meno di rimorchio) alla persona dell'assicurato o del preposto dal cui fatto può sorgere la responsabilità del primo (ad es. regolare patente); e altre infine alla persona del terzo danneggiato (esclusione dei parenti e dipendenti dell'assicurato) ecc.

Tra queste limitazioni ha particolare importanza la clausola che commina la decadenza dell'assicurato dai suoi diritti se il terzo danneggiato non richiede il risarcimento entro un certo termine (di solito due anni), allo scopo di non lasciare per troppo tempo l'assicuratore nell'incertezza. La giurisprudenza ha ritenuto che questa clausola costituisca una modifica del termine di prescrizione ovvero un termine di decadenza; e come tale l'ha spesso ritenuta invalida. Ma in realtà si tratta di una limitazione del rischio in quanto l'assicurazione si estende ai casi di responsabilità nei quali il terzo danneggiato fa valere il suo diritto entro un termine. Tale limitazione non perde il suo scopo con il nuovo codice che fa partire il termine annuale di prescrizione dalla domanda del terzo, e seppure ormai rara perché gli assicurati di solito tendono a non accettarla, non può dirsi invalida.


b) Valore assicurabile e somma assicurata

In qualche paese si è adottata una assicurazione di responsabilità illimitata quanto al suo ammontare: cioè senza somma assicurata. Ma tale forma appare sconsigliabile. Le polizze pongono quindi una somma assicurata, cioè un limite massimo all’obbligazione dell’assicuratore. Dato però che l’assicurazione non verte su un interesse a cosa determinata, e che, potendo d’altro canto la responsabilità essere teoricamente illimitata e di fatto non determinabile a priori, non vi è un valore assicurabile ai sensi dell’ art. 1908 del c.c..


Mancando uno dei due termini (il valore assicurabile), non è possibile istituire il rapporto tra valore assicurabile e somma assicurata. Pertanto :
a) Non è possibile applicare all'assicurazione di responsabilità civile le norme sull'assicurazione parziale (regola proporzionale (articolo 1907) sull'assicurazione eccedente il valore delle cose (art. 1909).
b) La regola proporzionale non è applicabile neppure per ciò che riguarda le spese di salvataggio sostenute per resistere all'azione del terzo danneggiato (spese di salvataggio) (art. 1914). Perciò la legge stabilisce il limite del quarto della somma assicurata a carico dell'assicuratore. Quando però la somma assicurata è inferiore a quella dovuta al terzo danneggiato, la legge, assumendo quest'ultima come valore assicurabile, ristabilisce il rapporto e quindi la regola proporzionale (art. 1917, 2 comma, 2 cpv.).


c) Oneri dell’assicurato

Anche nell'assicurazione di respons. civile, come nelle altre assicurazioni, le parti assumono i consueti obblighi del contratto di assicurazione: obbligo di pagamento del premio da parte del contraente, obbligo del risarcimento da parte dell'assicuratore. Il contraente assume inoltre i consueti oneri relativi al rischio e al sinistro.

Ma nel nostro ramo l'assicuratore si trova dinanzi a degli inconvenienti gravi da eliminare. Nei confronti del terzo danneggiato e dei giudici che devono eventualmente riconoscere il suo diritto, l'esistenza del contratto di assicurazione ha non di rado l'effetto psicologico di aumentare la pretesa del primo e la larghezza dei secondi e inoltre può sviluppare nello stesso assicurato verso la vittima e ai danni dell'assicuratore un senso esagerato di altruismo e di generosità, che senza il contratto di assicurazione l'assicurato certamente non avrebbe avuto. Allo scopo di eliminare, o quanto meno di attenuare, questi inconvenienti, l'assicuratore cerca di celarsi e nello stesso tempo di dirigere come eminenza grigia il dibattito tra assicurato e terzo danneggiato. Per celarsi nei confronti del terzo e dei giudici, fa divieto all'assicurato di denunciare l'esistenza del contratto di assicurazione e — prima del nuovo codice — di chiamarlo in garanzia nel processo tra lui e a torso; per non lasciare mano libera all'assicurato nel dibattito col terzo, gli impone di non riconoscere la propria responsabilità, di non effettuare transazioni e di non pagare l'indennità al terzo senza suo consenso, infine, di lasciare a esso assicuratore la direzione effettiva dei processi.

Sono tutti questi degli obblighi secondari dell'assicurato o meglio degli oneri posteriori al sinistro e la cui inosservanza porta alla decadenza convenzionale dell'assicurato dal suo diritto. E deve ritenersi che per il divieto di chiamata in garanzia, ora dichiarato nullo dal nuovo codice (art. 1917. ult. cpv.), essi siano tutti leciti e va­lide siano pertanto, malgrado la gravità della sanzione, le clausole che Ii stabiliscono.

Infatti si è trovato sostanzialmente da obiettare sull'onere di non rivelare l'esistenza dell’assicurazione, malgrado qualche voce contraria, e sempre nei limiti di non rivelare al danneggiato e non ad. altri.

Non tutti erano poi concordi, anche nel regime del vecchio codice, nel ritenere valido il divieto di chiamata in garanzia, sebbene, a rigore, tale patto, anziché invalido, debba dichiararsi inutile per l'opposta ragione che, dato che il rapporto tra assicurato e assicuratore e il rapporto tra assicurato e terzo danneggiato sono due rapporti nettamente distinti e che il primo non è né una garanzia né una fidejussione in senso tecnico rispetto al secondo, non dovrebbe essere possibile la chiamata in garanzia. Il nuovo codice, allargando i quadri della chiamata in causa, ha invece stabilito che l'assicurato può chiamare in causa l'assicuratore (art. 1917, ult. cpv.) dichiarando tale disposizione derogabile soltanto a favore dell'assicurato: il divieto di chiamata è quindi nullo.

Il divieto di riconoscere la propria responsabilità (e quello viciniore di pagare l'indennità al terzo senza il consenso dell'assicuratore) appare opportuno perché l'assicuratore non si trovi esposto a dovere sempre pagare d'altro canto, però, si è, e non del tutto a torto, obbiettato che oltre a produrre spesso delle iniquità verso il terzo, tale divieto costituisce un ostacolo illecito al cammino della giustizia. In verità ci troviamo di fronte ad un problema di limiti. La legge francese lo ha risolto distinguendo l'ammissione di un fatto — alla quale non si può estendere il divieto — e il riconoscimento di una responsabilità; distinzione logica in linea teorica, ma vana spesso in pratica perché il più delle volte l'ammissione di un fatto implica il riconoscimento di una responsabilità che dal fatto nasce de jure.

In diverso modo ha tentato di risolvere il problema la legge tedesca, stabilendo che il divieto non vale in quei casi nei quali il riconoscimento della propria responsabilità da parte dell'assicurato è un’ingiustizia manifesta, il nuovo codice non ha dettato alcuna norma al riguardo: può allora ritenersi valido, perché interpretato soltanto come divieti di non ostacolare con il proprio comportamento la gestione della lite da parte della compagnia ed una equa liquidazione del danno, e non gli rimane un onere assoluto di non ammettere la propria responsabilità pur tacendo e dichiarando il falso quando esiste un obbligo generale di dire tutta la verità di fronte a mezzi probatori, quale la confessione, il giuramento, la prova per testi, ecc.

Riguardo, infine, al divieto di transigere e alla direzione dei processi, la loro validità non ha trovato seri ostacoli. Alcune questioni sorgono per l'ipotesi in cui la mancanza di consenso alla transazione da parte dell'assicuratore, o la troppo accanita e prolungata battaglia processuale da parte dell'assicuratore, portino ad un pregiudizio per l'assicurato.


d) La prescrizione

Il termine di prescrizione e la sua decorrenza vengono stabiliti dall'art. 1952 del c.c. e al commento a tale articolo facciamo rinvio. Quindi qui ci si limiterà ad osservate che, sebbene il sinistro sia data dal sorgere di un debito di responsabilità e che dal momento del sorgere di tale debito sorga il diritto dell'assicurato verso l'assicuratore, pure l'azione per la tutela di tale diritto non sorge finché il debito verso l'assicurato e conseguentemente il credito verso l'assicuratore non è effettivo, finché cioè il suo accertamento e l'adempimento non sono richiesti dal terzo danneggiato. E poiché actioni notsdums natae non praescribitur, il termine di prescrizione decorre dalla richiesta del terzo: così ora espressamente l’art. 1952 (pale aggiunge inoltre che la comunicazione all'assicuratore della richiesta del terzo sospende la prescrizione finché il debito del danneggiato non è divenuto liquido ed esigibile oppure il diritto del terzo danneggiato non sia prescritto.


B) Il rapporto col terzo. La questione dell’azione diretta sotto il vecchio codice

Il rapporto assicurativo si esaurisce, come abbiamo detto, tra assicurato e assicuratore il terzo danneggiato non acquista un diritto proprio dal contratto. E che anzi si tenda comunque ad escludere i contatti diretti tra lui e l'assicuratore e dimostrato dagli oneri sopra ricordati.

Ma la mancanza di rapporti diretti tra assicuratore e terzo può produrre gravi inconvenienti. Perché l'assicurazione di responsabilità civile adempia in realtà la sua funzione indennitaria occorre che, nei limiti della somma assicurata, l’assicuratore paghi all’assicurato quanto questi paga al terzo. Tutte le volte che ciò non accade, o perché l’assicurato destina la somma ricevuta all’assicuratore a fini diversi che al risarcimento del danno del terzo, o perché l’assicurato fallisce, la funzione indennitaria dell’assicurazione di responsabilità civile viene meno.


La disciplina del nuovo codice

II nuovo codice ha posto fine in tale stato di cose stabilendo, cosa che abbiamo già accennato, che:
1) l’assicurato può richiedere all'assicuratore di pagare direttamente al terzo. e quello è obbligato a farlo applicazione esplicita di on istituto già noto (assegnazione) e quindi già possibile col vecchio codice;
2) l’assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo. Secondo i principi generali perché l'assicuratore potesse pagare direttamente al terzo occorrerebbe il consenso già al fatto della conclusione del contratto o posteriormente dell'assicurato, giacché il debitore non può pagare ad un terzo senza consenso del creditore. Qui, in considerazione della funzione dell'assicurazione di responsabilità civile, al consenso dell'assicurato si sostituisce la legge, divenendo indifferente che l’assicurato consenta o meno. Si tratta però di una facoltà e non già di un obbligo dell'assicuratore, cosicché il terzo non acquista per effetto del contratto alcun diritto alla prestazione dell'assicuratore;
3) il diritto del terzo danneggiato verso l’assicurato ha privilegio sull'indennità dovuta dall'assicuratore (art. 2767 del c.c.). Tale privilegio si ha sempre e non soltanto in caso di fallimento. II terzo acquista dunque un'azione diretta verso l’assicuratore: ma in forza di un privilegio, e non già per un diritto proprio discendente dal contratto. Di conseguenza sono al terzo opponibili tutte le eccezioni opponibili all'assicurato.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1917 Codice Civile

Cass. civ. n. 6727/2023

Il contratto di assicurazione della responsabilità civile non copre solo il rischio di impoverimento derivante da una condotta tenuta personalmente dall'assicurato (assicurazione per fatto proprio), ma anche quello derivante dal contegno di persona di cui l'assicurato medesimo debba rispondere (assicurazione per fatto altrui), salvo che la polizza non contenga un'espressa clausola di esclusione della copertura per tale ultimo caso.

Cass. civ. n. 23762/2022

In tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola secondo cui l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento dei danni causati "in conseguenza di un fatto accidentale" non può essere intesa nel senso di escludere dalla copertura assicurativa i fatti colposi, giacché tale interpretazione renderebbe nullo il contratto per inesistenza del rischio ai sensi dell'articolo 1895 c.c., non potendo mai sorgere alcuna responsabilità dell'assicurato dal caso fortuito.

Cass. civ. n. 21290/2022

Nell'assicurazione della responsabilità civile, il diritto dell'assicurato alla rifusione, da parte dell'assicuratore, delle spese sostenute per resistere all'azione promossa dal terzo danneggiato, ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.c., presuppone la dimostrazione dell'avvenuto corrispondente esborso da parte dell'assicurato medesimo, tenuto conto del tenore letterale della norma (formulata nel senso che tali spese siano state, per l'appunto, "sostenute"), nonché del disposto dell'art. 1914, comma 2, c.c., che pone a carico dell'assicuratore le spese di salvataggio fatte dall'assicurato.

Cass. civ. n. 21220/2022

La clausola inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile, la quale stabilisca che l'assicurato, se convenuto dal terzo danneggiato, non ha diritto alla rifusione delle spese sostenute per legali o tecnici non designati dall'assicuratore, è nulla ex art. 1932 c.c., dal momento che deroga "in pejus" al disposto dell'art. 1917, comma 3, c.c.

Cass. civ. n. 12908/2022

In tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola "claims made" non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 c.c. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile, nel contesto del più ampio "genus" dell'assicurazione contro i danni ex art. 1904 c.c., della cui causa indennitaria la clausola "clams made" è pienamente partecipe.

Cass. civ. n. 29027/2021

In tema di assicurazione per la responsabilità civile, se il credito del danneggiato risultava eccedere il massimale già al momento del sinistro, il danno da "mala gestio" cd. propria deve essere liquidato attraverso la corresponsione di una somma pari agli interessi legali sul detto massimale, salva la prova di un pregiudizio maggiore ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c.

Cass. civ. n. 27913/2021

In tema di assicurazione per la responsabilità civile, il massimale non è elemento essenziale del contratto di assicurazione, il quale può essere validamente stipulato senza la relativa pattuizione, e neppure costituisce fatto generatore del credito assicurato, configurandosi piuttosto come elemento limitativo dell'obbligo dell'assicuratore, sicché grava su quest'ultimo l'onere di allegare e provare, nel rispetto delle preclusioni processuali, l'esistenza e la misura del massimale nonché la erosione dello stesso per effetto della liquidazione di precedenti sinistri.

Cass. civ. n. 5259/2021

In tema di assicurazione della responsabilità civile, il danneggiato non può agire direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno, salvi i casi eccezionalmente previsti dalla legge, atteso che egli è estraneo al rapporto tra il danneggiante e l'assicuratore dello stesso, né può trarre alcun utile vantaggio da una pronuncia che estenda all'assicuratore gli effetti della sentenza di accertamento della responsabilità, anche quando l'assicurato chieda all'assicuratore di pagare direttamente l'indennizzo al danneggiato, attenendo detta richiesta alla modalità di esecuzione della prestazione indennitaria; perciò, soltanto l'assicurato è legittimato ad agire nei confronti dell'assicuratore, e non anche il terzo danneggiato, nei confronti del quale l'assicuratore non è tenuto per vincolo contrattuale, né a titolo di responsabilità aquiliana.

Cass. civ. n. 4786/2021

L'assicurato contro i rischi della responsabilità civile, se convenuto in giudizio dal terzo danneggiato, ha diritto alla rifusione, da parte dell'assicuratore, delle spese sostenute per contrastare la pretesa attorea; tale diritto sussiste sia nel caso in cui la domanda di garanzia venga accolta, sia nel caso in cui resti assorbita, e può essere negato solo qualora manchi o sia inefficace la copertura assicurativa (circostanza che spetta al giudice accertare, anche incidentalmente) oppure quando le spese di resistenza sostenute dall'assicurato siano state superflue, eccessive od avventate.

Cass. civ. n. 3011/2021

In tema di assicurazione della responsabilità civile, in caso di contratto cd. "multirischio", contenente, oltre alla garanzia della responsabilità civile dell'assicurato, anche la copertura del rischio di sostenere esborsi per la tutela legale, le spese sostenute dall'assicurato per resistere alla domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti dal terzo danneggiato (cd. "spese di resistenza"), rientrano "ope legis" nella prima copertura, sino al limite di un quarto della somma assicurata, ai sensi dell'art.1917, comma 3, c.c., sicché eventuali clausole limitative del rischio per la sola tutela legale sono inopponibili dall'assicuratore ove la domanda di rifusione delle spese di resistenza sia contenuta nei suddetti limiti.

Cass. civ. n. 24409/2020

Nell'assicurazione per la responsabilità civile, la costituzione e difesa dell'assicurato, a seguito dell'instaurazione del giudizio da parte di chi assume di aver subito danni, è svolta anche nell'interesse dell'assicuratore, ritualmente chiamato in causa, in quanto finalizzata all'obiettivo ed imparziale accertamento dell'esistenza dell'obbligo di indennizzo. Ne consegue che, pure nell'ipotesi in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo che ha promosso l'azione, l'assicuratore è tenuto a sopportare le spese di lite dell'assicurato, nei limiti stabiliti dall'art. 1917, comma 3, c.c.

Cass. civ. n. 18076/2020

In materia di assicurazione della responsabilità civile, l'assicurato ha diritto di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore delle spese processuali che è stato costretto a rifondere al terzo danneggiato (c.d. spese di soccombenza) entro i limiti del massimale, in quanto costituiscono una delle tante conseguenze possibili del fatto illecito, nonché delle spese sostenute per resistere alla pretesa di quegli (c.d. spese di resistenza), anche in eccedenza rispetto al massimale purché entro il limite stabilito dall'art. 1917, comma 3, c.c., in quanto, pur non costituendo propriamente una conseguenza del fatto illecito, rientrano nel "genus" delle spese di salvataggio (1914 c.c.) perché sostenute per un interesse comune all'assicurato ed all'assicuratore; le spese di chiamata in causa dell'assicuratore non costituiscono invece né conseguenza del rischio assicurato né spese di salvataggio, bensì comuni spese processuali soggette alla disciplina degli artt. 91 e 92 c.p.c.

Cass. civ. n. 22437/2018

Il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole "on claims made basis", quale deroga convenzionale all'art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall'art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell'assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all'art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell'art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l'adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l'ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell'adeguatezza dell'assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l'osservanza, da parte dell'impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle "claims made") e quella dell'attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale "on claims made basis" vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall'assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati.

Cass. civ. n. 15752/2018

Nell'assicurazione della responsabilità civile, l'obbligazione dell'assicuratore ex art. 1917 c.c. costituisce debito di valuta e non di valore, il quale sorge quando sia divenuto liquido ed esigibile il debito dell'assicurato nei confronti del danneggiato; tuttavia l'assicurato, che a causa del ritardo nella liquidazione del danno debba pagare al terzo danneggiato una somma maggiore di quella che avrebbe corrisposto all'epoca del sinistro, va indennizzato del pregiudizio derivante dalla svalutazione monetaria, causato dal ritardo nella liquidazione, anche oltre i limiti del massimale. È però necessario, a tale fine, che l'assicurato ne faccia esplicita tempestiva richiesta, non potendo la relativa domanda ritenersi implicita nella chiamata in causa dell'assicuratore da parte dell'assicurato stesso nel corso del giudizio instaurato dal terzo danneggiato, né potendo tale domanda essere proposta per la prima volta in appello.

Cass. civ. n. 9666/2018

In tema di inadempimento dell'assicuratore della responsabilità civile, all'obbligo di tenere indenne il proprio assicurato dalle pretese del terzo (c.d. "mala gestio" propria), non sussiste alcuna conseguenza pregiudizievole qualora il massimale resti capiente nonostante il ritardato adempimento; se, invece, il massimale è divenuto incapiente al momento del pagamento, l'assicurato può pretendere dall'assicuratore una copertura integrale, senza riguardo alcuno al limite del massimale; tuttavia, allorché il credito del danneggiato già al momento del sinistro risultava eccedere il massimale, il danno da "mala gestio" deve essere liquidato, attraverso la corresponsione di una somma pari agli interessi legali sul massimale, salva la prova di un pregiudizio maggiore ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c.

Cass. civ. n. 25091/2017

Affinché possa configurarsi una responsabilità che superi i limiti del massimale per "mala gestio" dell'assicuratore della responsabilità civile non è necessario che questi ometta il pagamento dell'indennizzo quando il debito dell'assicurato verso il terzo danneggiato sia stato accertato e quantificato con sentenza passata in giudicato ovvero per effetto di accordo negoziale ma è sufficiente che vi sia stato l'omesso pagamento nonostante la responsabilità dell'assicurato e l'ammontare del danno fossero determinabili dall'assicuratore alla stregua dell'ordinaria diligenza e del principio di buona fede.

Cass. civ. n. 22054/2017

Nell'assicurazione della responsabilità civile, sulle somme dovute dall'assicuratore all'assicurato in adempimento dell'obbligo di manlevarlo ai sensi dell'art. 1917 c.c. vanno corrisposti, a decorrere dalla proposizione della domanda giudiziale di manleva, gli interessi, ancorché esorbitanti i limiti del massimale, valendo la domanda giudiziale a costituire in mora l'assicuratore.

Cass. civ. n. 20070/2017

L'assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti, cioè, a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa natura importa necessariamente l'estensione ai fatti colposi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto la clausola della polizza stipulata da un condominio, la quale preveda la copertura dei danni "involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale", senza contenere alcuna limitazione con riguardo a determinati gradi di colpa, fa ritenere operante la garanzia anche in ipotesi di comportamento gravemente colposo dell'assicurato, con la sola eccezione delle condotte dolose.

Cass. civ. n. 9140/2016

Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto, o comunque entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati (cd. clausola "claims made" mista o impura), non è vessatoria, ma, in presenza di determinate condizioni, può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero - ove applicabile la disciplina del d.lgs. n. 206 del 2005 - per il fatto di determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e obblighi contrattuali; la relativa valutazione va effettuata dal giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità quando congruamente motivata.

Cass. civ. n. 3173/2016

In tema di assicurazione per responsabilità civile, il massimale non è elemento essenziale del contratto di assicurazione, che può essere validamente stipulato senza la relativa pattuizione, e neppure costituisce fatto generatore del credito assicurato, configurandosi piuttosto come elemento limitativo dell'obbligo dell'assicuratore, sicché grava su quest'ultimo l'onere di provare l'esistenza e la misura del massimale, dovendosi altrimenti accogliere la domanda di garanzia proposta dall'assicurato a prescindere da qualsiasi limite di massimale.

Cass. civ. n. 667/2016

L'obbligazione dell'assicuratore della responsabilità civile di tenere indenne l'assicurato delle spese erogate per resistere all'azione del danneggiato, ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.c., ha natura accessoria rispetto all'obbligazione principale e trova limite nel perseguimento di un risultato utile per entrambe le parti, interessate nel respingere la detta azione. Ne consegue che l'assicuratore è obbligato al rimborso delle spese del procedimento penale promosso nei confronti dell'assicurato solo quando intrapreso a seguito di denuncia o querela del terzo danneggiato o nel quale questi si sia costituito parte civile. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto rimborsabili le spese sostenute dalla società assicurata per le difese dei propri amministratori e sindaci, indagati in un procedimento penale non attivato su istanza di parte e conclusosi con archiviazione).

Cass. civ. n. 5479/2015

Nell'assicurazione della responsabilità civile, il diritto dell'assicurato alla rifusione, da parte dell'assicuratore, delle spese sostenute per resistere all'azione promossa dal terzo danneggiato, ai sensi dell'art. 1917, terzo comma, cod. civ., va escluso, in ossequio ai doveri di correttezza e buona fede, quando l'assicurato abbia scelto di difendersi senza avere interesse a resistere alla avversa domanda o senza poter ricavare utilità dalla costituzione in giudizio.

Cass. civ. n. 19176/2014

Nell'assicurazione per la responsabilità civile, la costituzione e difesa dell'assicurato, a seguito dell'instaurazione del giudizio da parte di chi assume di aver subito danni, è svolta anche nell'interesse dell'assicuratore, ritualmente chiamato in causa, in quanto finalizzata all'obbiettivo ed imparziale accertamento dell'esistenza dell'obbligo di indennizzo. Ne consegue che, pure nell'ipotesi in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo che ha promosso l'azione, l'assicuratore è tenuto a sopportare le spese di lite dell'assicurato, nei limiti stabiliti dall'art. 1917, terzo comma, cod. civ. (Omissis).

Cass. civ. n. 5791/2014

Ai fini della validità del contratto di assicurazione della responsabilità civile, non è consentita l'assicurazione di un rischio i cui presupposti causali si siano già verificati al momento della stipula, dovendo essere futuro rispetto a tale momento non il prodursi del danno, quanto l'avversarsi della causa di esso, senza che rilevi che il concreto pregiudizio patrimoniale si sia poi verificato dopo la conclusione del contratto, in quanto conseguenza inevitabile di fatti già avvenuti in precedenza. (In applicazione di tale principio, la S.C ha cassato la sentenza di merito la quale, in ipotesi di assicurazione della responsabilità professionale di un avvocato, aveva escluso l'obbligo indennitario dell'assicuratore, essendo accaduto durante il tempo dell'assicurazione, agli effetti dell'art. 1917 cod. civ., il fatto della proposizione di un appello tardivo, ma non anche il deposito della sentenza che ne dichiarava l'intempestività).

Cass. civ. n. 3622/2014

Nei contratti di assicurazione della responsabilità civile l'estensione della copertura alle responsabilità dell'assicurato scaturenti da fatti commessi prima della stipula del contratto (cosiddetta clausola "claims made") non fa venire meno l'alea e, con essa, la validità del contratto, se al momento della stipula le parti (e, in specie, l'assicurato) ignoravano l'esistenza di questi fatti, potendosi, in caso contrario, opporre la responsabilità del contraente ex artt. 1892 e 1893 cod. civ. per le dichiarazioni inesatte o reticenti.

Cass. civ. n. 4799/2013

L'assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti, cioè, a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa natura importa necessariamente l'estensione ai fatti colposi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto la clausola della polizza stipulata da un condominio, la quale preveda la copertura dei danni "involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale", senza contenere alcuna limitazione con riguardo a determinati gradi di colpa, fa ritenere operante la garanzia anche in ipotesi di comportamento gravemente colposo dell'assicurato (nella specie, per il difetto di manutenzione di una tubazione idrica condominiale), con la sola eccezione delle condotte dolose.

Cass. civ. n. 3638/2013

La norma di cui all'art. 1917, terzo comma, c.c., non riguarda il regime e la misura delle spese giudiziali relative alla controversia tra assicuratore ed assicurato circa la fondatezza dell'azione di garanzia, che vanno liquidate nell'intero secondo il principio della soccombenza, ma soltanto le spese direttamente sostenute dall'assicurato per resistere alla pretesa del terzo, ovvero quelle che l'assicuratore assume direttamente da sè quale gestore della lite.

Cass. civ. n. 17315/2012

L'obbligo dell'assicuratore della responsabilità civile di tenere indenne l'assicurato delle spese erogate per resistere all'azione del danneggiato (nei limiti fissati dall'art. 1917, terzo comma c.c.) trova limite nel perseguimento di un risultato utile per entrambe le parti, interessate nel respingerla. Ne consegue che l'assicuratore non è obbligato al rimborso delle spese del procedimento penale, svoltosi nei confronti dell'assicurato, ma senza costituzione di parte civile del danneggiato e definito con declaratoria di estinzione del reato per remissione di querela.

Cass. civ. n. 8686/2012

In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l'assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell'assicurato operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma si estende potenzialmente a tutto quanto l'assicurato deve pagare al terzo danneggiato nei limiti del massimale, atteso che una diversa interpretazione contrasterebbe con il tenore letterale dell'art. 1917 c.c. e priverebbe di concreta tutela l'assicurato rispetto alla quota di responsabilità posta a carico del condebitore solidale, nel caso in cui quest'ultimo sia insolvibile o di difficile solvibilità.

Cass. civ. n. 30795/2011

In tema di assicurazione della responsabilità civile, il diritto dell'assicurato di rivalersi nei confronti dell'assicuratore, ai sensi dell'art. 1917 c.c., per le somme versate al terzo danneggiato, non richiede, per essere azionato, un accertamento (negoziale o giudiziale) della responsabilità dell'assicurato medesimo e dell'ammontare complessivo del risarcimento, ma postula che il pagamento al terzo sia stato eseguito in base ad un titolo che, per quanto non definitivo e non contenente il suddetto accertamento, sia tuttavia idoneo ad attribuire al pagamento il carattere doveroso previsto dal citato art. 1917 c.c.. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di secondo grado che aveva escluso l'esistenza del diritto alla rivalsa, in assenza di prove relative ad esborsi dell'assicurato nei confronti del terzo danneggiato).

Cass. civ. n. 26019/2011

In tema di assicurazione per la responsabilità civile, in forza del secondo comma dell'art. 1917 c.c. - che prevede la facoltà dell'assicuratore, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l'indennità dovuta e l'obbligo del medesimo assicuratore di provvedere al pagamento diretto se l'assicurato lo richiede - non vengono a mutare i soggetti del rapporto assicurativo, che restano sempre e soltanto l'assicuratore e l'assicurato, giacché l'anzidetta facoltà dell'assicuratore si concreta in una possibilità di scelta in ordine ad una modalità di adempimento della sua obbligazione, che permane soltanto verso l'assicurato. Ne consegue che, in capo al danneggiato, non sorge alcun diritto nei confronti dell'assicuratore e, dunque, non sussiste la possibilità di agire direttamente nei suoi confronti.

In tema di assicurazione per la responsabilità civile, il danneggiato, che è soggetto estraneo al rapporto assicurativo ed è parte di un ben diverso rapporto con il danneggiante, è obbligato ad accettare il pagamento diretto dall'assicuratore (art. 1917 c.c.), invece che dal danneggiato, in forza della norma di cui all'art. 1180 c.c..

Cass. civ. n. 19865/2011

La clausola di un contratto di assicurazione della responsabilità civile contrattuale, a mente della quale la garanzia assicurativa è prestata per ogni sinistro di importo rientrante tra un ammontare minimo ed uno massimo, va interpretata nel senso che la nozione di "sinistro", adottata dalle parti, non possa che essere riferita all'evento di danno considerato unitariamente, e non scomposto nei singoli episodi che ne integrano l'essenza giuridico-economica, rappresentata dalla perdita patrimoniale subita dal danneggiato, senza che assuma rilievo, in proposito, la circostanza del frazionamento dell'unica condotta criminosa, integrante gli estremi della fattispecie a formazione progressiva. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la garanzia per i danni causati a terzi dal dipendente dell'assicurato, sul presupposto che pur avendo questi commesso molteplici furti, ciascuno di essi aveva causato danni inferiori all'ammontare della franchigia contrattuale).

Cass. civ. n. 8885/2010

Nell'assicurazione della responsabilità civile, l'obbligazione dell'assicuratore al pagamento dell'indennizzo all'assicurato è autonoma e distinta dall'obbligazione risarcitoria dell'assicurato verso il danneggiato, e ciò anche nell'eventualità in cui l'indennità venga pagata - materialmente - direttamente al terzo ai sensi dell'art. 1917, comma secondo, c.c.. Da ciò consegue che, non sussistendo un rapporto immediato e diretto tra l'assicuratore ed il terzo, quest'ultimo, in mancanza di una normativa specifica come quella della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, non ha azione diretta nei confronti dell'assicuratore. (In applicazione di tale principio la S.C. ha confermato la sentenza impugnata - che, in controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno a seguito di infortunio sul lavoro proposta dal lavoratore nei confronti della società datrice di lavoro e della compagnia assicuratrice di quest'ultima, aveva negato la legittimazione passiva della società di assicurazioni - ed ha, conseguentemente, escluso l'interesse della società assicuratrice a proporre ricorso incidentale per cassazione, per essere la pronuncia impugnata ad essa favorevole).

Cass. civ. n. 28834/2008

In tema di assicurazione della responsabilità civile, il danneggiato non può agire direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno (facoltà prevista con disciplina speciale dalla legge n. 990 del 1969 e, quindi, non applicabile al di fuori della fattispecie di cui alla citata legge), atteso che egli è estraneo al rapporto tra il danneggiante e l'assicuratore dello stesso, né può trarre alcun utile vantaggio da una pronuncia che estenda all'assicuratore gli effetti della sentenza di accertamento della responsabilità, anche quando l'assicurato chieda all'assicuratore di pagare direttamente l'indennizzo al danneggiato, attenendo detta richiesta alla modalità di esecuzione della prestazione indennitaria. Pertanto, qualora la sentenza di primo grado abbia ammesso al passivo fallimentare il credito del lavoratore al risarcimento del danno da infortunio sul lavoro dichiarando l'assicuratore, chiamato in garanzia, tenuto a manlevare la procedura, senza condannarlo a pagare direttamente il danneggiato, questi, non avendo appellato la statuizione consequenziale all'accoglimento della domanda di garanzia nella parte in cui non dispone il pagamento diretto in suo favore, non è legittimato a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di appello che, decidendo sul solo rapporto tra danneggiante ed assicuratore, abbia respinto la domanda di manleva, poiché tale decisione spiega i suoi effetti solo tra le parti del contratto di assicurazione, sì che egli non ha interesse al suo riesame.

Cass. civ. n. 11908/2008

Affinché possa configurarsi una responsabilità che superi i limiti del massimale per mala gestio dell'assicuratore della responsabilità civile non è necessario che questi ometta il pagamento dell'indennizzo nonostante il debito dell'assicurato verso il terzo danneggiato sia stato accertato e quantificato con sentenza passata in giudicato ovvero per effetto di accordo negoziale, ma è sufficiente che vi sia stata la suddetta omissione nonostante la responsabilità dell'assicurato e l'ammontare del danno fossero determinabili dall'assicuratore alla stregua dell'ordinaria diligenza e del principio di buona fede.

Cass. civ. n. 24747/2007

In tema di accertamento della mala gestio il giudizio sul comportamento dell'assicuratore della responsabilità civile, fondato sul parametro della diligenza media nella gestione della lite, deve essere eseguito mediante una valutazione ex ante con riferimento alla situazione preesistente ed alla probabilità dell'esito del giudizio e non ex post sulla base della sua effettiva conclusione.

Cass. civ. n. 9516/2007

Nell'assicurazione per la responsabilità civile, l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore è ammessa soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge (ovvero nell'ipotesi di assicurazione obbligatoria per la circolazione di veicoli e natanti, disciplinata dalla legge n. 990 del 1969, e nell'ipotesi disciplinata dalla legge n. 968 del 1977 in tema di esercizio della caccia), mentre in tutti gli altri casi l'assicuratore è obbligato solo nei confronti dell'assicurato a tenerlo indenne da quanto questi debba pagare ad un terzo cui ha provocato un danno, sicché, al di fuori delle eccezioni sopra indicate, soltanto l'assicurato è legittimato ad agire nei confronti dell'assicuratore, e non anche il terzo, nei confronti del quale l'assicuratore non è tenuto per vincolo contrattuale né a titolo di responsabilità aquiliana.

Cass. civ. n. 9225/2007

In tema di assicurazione della responsabilità civile verso terzi, la legittimazione passiva dell'assicuratore del responsabile del danno può scaturire soltanto nel caso in cui quest'ultimo chieda di essere garantito evocando in giudizio il garante; pertanto, poiché non sussiste, salvo deroghe espressamente previste dalla legge, azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, nel giudizio erroneamente instaurato contro quest'ultimo il giudice non deve procedere alla integrazione del contraddittorio nei confronti del danneggiante.

Cass. civ. n. 5444/2006

Per individuare, alla stregua dell'art. 1917 c.c., il «fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione», riguardo al quale una polizza assicurativa copra la responsabilità civile dell'assicurato verso il terzo è indispensabile considerare il tenore della relativa clausola identificativa di detto fatto, onde comprendere che cosa le parti abbiano inteso ricondurre sotto la copertura assicurativa ed in particolare se abbiano inteso il fatto idoneo a determinare la responsabilità civile verso il terzo, ove imputabile a condotta umana, come comprensivo solo delle condotte causative di danno a terzi poste in essere sotto la vigenza della polizza ovvero lo abbiano inteso come comprensivo anche delle conseguenze dannose di condotte tenute prima della vigenza della polizza.

Cass. civ. n. 24809/2005

In tema di assicurazione per la responsabilità civile, l'assicuratore può pagare l'indennità direttamente al danneggiato, purché ne dia preventivo avviso all'assicurato, al quale non è dato impedire il pagamento, trattandosi di facoltà che deriva direttamente dalla legge; tale facoltà si trasforma in obbligo qualora sia l'assicurato a chiedere all'assicuratore di pagare al danneggiato; in entrambi i casi, l'assicuratore può pretendere dal danneggiato la restituzione della somma pagata, se risulti successivamente che essa non è dovuta, come nel caso in cui la somma sia pagata sulla base di sentenza che venga riformata con rigetto della domanda risarcitoria. Se invece l'assicuratore paghi direttamente al danneggiato senza darne preventivo avviso all'assicurato e senza esserne preventivamente richiesto dallo stesso, può ugualmente esperire l'azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. ma non nei confronti del danneggiato, bensì esclusivamente nei confronti del proprio assicurato, in quanto il pagamento viene effettuato per suo conto e in sua sostituzione. 

Cass. civ. n. 19321/2004

In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, sul danneggiato che chiede la corresponsione del risarcimento oltre il limite del massimale - limitatamente a interessi e rivalutazione, con decorrenza dalla data di costituzione in mora dell'assicuratore, coincidente con la scadenza dello spatium deliberandi di cui all'art. 22 della legge n. 990 del 1969 - incombe esclusivamente l'onere di dedurre il ritardo della società assicuratrice nella liquidazione del danno, gravando quindi su quest'ultima l'onere di eccepire e provare la non imputabilità del ritardo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva escluso la responsabilità per mala gestio nonostante la società assicuratrice si fosse limitata ad una generica contestazione della responsabilità del conducente, senza peraltro considerare che due dei tre attori erano terzi trasportati e, perciò, aventi diritto al risarcimento integrale, a prescindere dalla graduazione delle colpe tra i responsabili, tenuto conto del vincolo di solidarietà passiva gravante sui conducenti).

Cass. civ. n. 11597/2004

La responsabilità dell'assicuratore della responsabilità civile per violazione del principio di buona fede (mala gestio) è configurabile quando l'assicuratore si limiti a non negare l'operatività della garanzia e ad adeguare la propria condotta processuale alle difese svolte dal proprio assicurato, dovendo invece, una volta posto a conoscenza del «fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione» attivarsi nei confronti del proprio assicurato, sia dimostrando la propria seria disponibilità a prestare la garanzia dovuta, sia avvertendo l'assicurato del rischio di dover rispondere in via esclusiva dei maggiori oneri conseguenti al ritardo nella definizione della vertenza. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità oltre il massimale di un assicuratore, limitandosi ad esaminare la condotta processuale di questi e dell'assicurato e omettendo di  indagare sui rapporti extraprocessuali tra essi intercorsi).

Cass. civ. n. 10968/2004

L'assicuratore che sia convenuto in giudizio per il pagamento dell'indennità che contesta di dover corrispondere all'assicurato, può, a sua volta, condizionatamente all'accertamento del suo obbligo, agire nei confronti del soggetto che ritiene autore e responsabile del danno, anche chiamandolo in causa nel medesimo processo.

Cass. civ. n. 10036/2004

Nell'assicurazione della responsabilità civile, l'art. 1917 c.c. prevede che l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare al terzo danneggiato in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto, compresi gli interessi e la rivalutazione, entro e non oltre il limite stabilito nel contratto stesso. Il superamento di tale limite è consentito ove l'assicuratore gestisca il rapporto assicurativo in violazione del principio di buona fede.

Cass. civ. n. 5242/2004

In tema di assicurazione della responsabilità civile, le spese giudiziali al cui pagamento l'assicurato venga condannato in favore del danneggiato vittorioso costituiscono un accessorio dell'obbligazione risarcitoria e, ai sensi dell'art. 1917 c.c., gravano sull'assicuratore se e nei limiti in cui non comportino superamento del massimale di polizza; mentre le spese sopportate dall'assicuratore per resistere alla domanda del danneggiato sono, ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, a carico dell'assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata, e, quindi, anche oltre il limite del suddetto massimale.

Cass. civ. n. 19555/2003

In tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore, l'obbligazione risarcitoria gravante sul danneggiante (che dà luogo ad un debito di valore) va distinta da quella, gravante sull'assicuratore, che ha per oggetto l'indennizzo derivante dal contratto assicurativo e che pertanto ha natura pecuniaria anche quando è adempiuto direttamente nei confronti del danneggiato; tuttavia, il quantum di quest'ultimo, almeno sino al limite del massimale di polizza, va commisurato al debito di valore che grava sul danneggiante assicurato; con la conseguenza che, se tra le componenti del danno dovute al danneggiato dall'assicurato vi è il ritardo nel pagamento, liquidato con la tecnica degli interessi, vi è tenuto l'assicuratore, sino al limite del massimale di polizza, non in quanto interessi gravanti su un suo debito, ma quali componenti dell'indennizzo che egli dovrebbe versare al suo assicurato e che, per effetto dell'azione diretta, paga direttamente al danneggiato.

Cass. civ. n. 18656/2003

L'assicuratore per la responsabilità civile obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli a motore che voglia contenere l'obbligazione di risarcimento nei limiti del massimale di polizza ha l'onere di indicare quali siano detti limiti e fornire la prova di ciò a mezzo della relativa polizza.

Cass. civ. n. 6799/2003

In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, l'obbligazione diretta dell'assicuratore (o dell'impresa designata alla liquidazione dei danni a carico del Fondo di garanzia per le vittime della strada) nei confronti del danneggiato trova un limite nel massimale di polizza (contrattuale o di legge), massimale superabile, peraltro, limitatamente alla rivalutazione ed agli interessi, tutte le volte in cui l'assicuratore colpevolmente adotti un comportamento ingiustificatamente dilatorio, poiché, in tal caso, il fatto costitutivo della pretesa del danneggiato alla corresponsione di una somma superiore al massimale stesso è rappresentato (per la parte ad esso eccedente) non già dal fatto illecito del responsabile del sinistro, bensì da quello dell'assicuratore stesso. Detta obbligazione risarcitoria, che nasce a carico dell'assicuratore per effetto dell'inadempimento, in assenza di valida giustificazione, di quella indennitaria (scaturente dal contratto assicurativo) a seguito della richiesta del danneggiato a norma dell'art. 22 della legge n. 990 del 1969, che costituisce atto di costituzione in mora, è regolata dal disposto dell'art. 1224 c.c., alla stregua del quale sono dovuti unicamente gli interessi legali dal giorno della costituzione in mora, mentre il maggior danno è dovuto, per la parte eccedente il danno coperto da detti interessi, solo se sia stata formulata una specifica domanda e se, inoltre, sia stato adeguatamente provato.

Cass. civ. n. 198/2003

In materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, l'assicurato può proporre verso l'assicuratore due distinte domande: la domanda di garanzia, che si fonda sul rapporto assicurativo, e la domanda volta a far valere la responsabilità dell'assicuratore per mala gestio, ovvero per l'ingiustificato ritardo o la colpevole inerzia dell'assicuratore nell'adempimento della propria prestazione nei confronti del danneggiato. La domanda volta a far valere la mala gestio non può di regola ritenersi compresa nella domanda di garanzia (a meno che quest'ultima non contenga almeno la deduzione degli elementi di fatto inerenti all'altra domanda); ne consegue che, proposta nel giudizio di primo grado la sola domanda di garanzia, la domanda di mala gestio, proposta per la prima volta in appello, deve essere, anche d'ufficio, dichiarata inammissibile.

Cass. civ. n. 17831/2002

In tema di assicurazione obbligatoria della r.c.a., la responsabilità ultramassimale dell'assicuratore per mala gestio — e cioè per colpevole ritardo nella corresponsione dell'indennità o comunque nel mettere a disposizione il massimale di polizza — è configurabile solamente nei confronti dell'assicurato, mentre, nei riguardi del danneggiato, in caso di esercizio di azione diretta ex art. 18 legge n. 990 del 1969, a carico dell'assicuratore è viceversa configurabile l'eventuale ritardo ingiustificato nell'adempimento della sua obbligazione in favore del terzo danneggiato che ha promosso tale azione, con pagamento degli interessi legali e dell'eventuale maggior danno ai sensi dell'art. 1224 c.c. In tal caso, tuttavia, gli interessi e l'eventuale maggior danno non vanno rapportati alle somme liquidate come danno originario, ma al massimale di polizza, atteso che, entro detto ammontare, l'obbligo dell'assicuratore deriva dall'art. 1917 c.c., onde il colpevole ritardo nel versamento dell'indennizzo può assumere rilievo autonomo ex art. 1224 c.c. solo se la somma spettante in via definitiva al danneggiato superi il massimale stesso. La condanna dell'assicuratore ai sensi dell'art. 1224 citato non determina in ogni caso per i danneggiati un credito aggiuntivo rispetto a quello derivante dalla condanna pronunciata contro il danneggiante (che non incontra il limite del massimale), atteso che quando, come nella specie, il danno originario sia inferiore al massimale di polizza, il superamento del massimale può aversi soltanto per rivalutazione e interessi, ossia per gli stessi fatti sui quali è fondata la responsabilità dell'assicuratore ex art. 1224 cit., onde i danneggiati non possono cumulare gli effetti dell'inadempimento dell'obbligazione (di valore) a carico del danneggiante con gli effetti dell'obbligazione (di valuta) a carico dell'assicuratore, dovendo perciò ritenersi che il credito dei danneggiati resti unitario nei confronti di danneggiante e assicuratore che sono obbligati in solido fino alla concorrenza dei loro debiti.

Cass. civ. n. 10418/2002

Nell'assicurazione della responsabilità civile, l'obbligazione dell'assicuratore al pagamento dell'indennizzo all'assicurato, è autonoma e distinta dall'obbligazione risarcitoria dell'assicurato verso il danneggiato, e ciò anche nell'eventualità in cui l'indennità venga pagata — materialmente — direttamente al terzo ai sensi dell'art. 1917, comma secondo c.c. Da ciò consegue che, non sussistendo un rapporto immediato e diretto tra l'assicuratore ed il terzo, quest'ultimo, in mancanza di una normativa specifica come quella della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, non ha azione diretta nei confronti dell'assicuratore (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte di merito che aveva negato la legittimazione ad agire del condomino danneggiato dalla rottura di una tubazione condominiale il quale aveva proposto azione diretta nei confronti della società assicuratrice della responsabilità civile del condominio.

Cass. civ. n. 5024/2002

Non è configurabile una responsabilità contrattuale o extracontrattuale dell'assicuratore per non avere provveduto ad informare l'assicurato in ordine ai rischi della sua attività e alle misure più opportune per eliminarli o ridurli, né è ipotizzabile una violazione dei criteri di correttezza e buona fede previsti dagli artt. 1366, 1374 e 1375 c.c., atteso che la loro operatività è subordinata a specifiche previsioni contrattuali e non può comunque determinare un ampliamento o una riduzione degli obblighi scaturenti dal contratto al punto da snaturarne la causa.

Cass. civ. n. 1885/2002

In tema di assicurazione della responsabilità civile, l'obbligazione dell'assicuratore di tenere indenne l'assicurato da quanto il danneggiato richiede a titolo di risarcimento del danno comporta che, ove l'assicuratore non abbia fatto seguire, alla richiesta della controparte, l'offerta di una somma adeguata ed abbia preferito, nel suo interesse, attendere l'esito giudiziale della resistenza che lo stesso assicurato oppone alla pretesa del danneggiato, di ciò non potrà che sopportare le conseguenze, nel senso che dovrà tenere indenne l'assicurato da tutto quanto quest'ultimo sarà tenuto a corrispondere, a titolo di risarcimento, per effetto della liquidazione finale all'esito del giudizio (nella specie, interessi e rivalutazione monetaria sull'originaria misura del danno).

Cass. civ. n. 1430/2002

Nel contratto di assicurazione, sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell'art. 1341 c.c. quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito. Attengono diversamente all'oggetto del contratto quelle clausole che riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito (principio affermato in tema di contratto di assicurazione infortuni, in un caso in cui i giudici di merito avevano ritenuto delimitativa dell'oggetto del contratto e non della responsabilità la clausola che faceva riferimento ad un diverso massimale per la liquidazione dell'infortunio in quei casi in cui il grado d'invalidità fosse inferiore a 5 per cento.

Cass. civ. n. 7557/2001

La responsabilità dell'assicuratore della responsabilità civile è configurabile solo quando l'assicuratore ometta di pagare o di mettere a disposizione del danneggiato il massimale nonostante che i dati obiettivi conosciuti consentano di desumere l'esistenza della responsabilità dell'assicurato e la ragionevolezza delle pretese del danneggiato nei limiti del massimale di polizza. (Nella specie la Suprema Corte, ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la configurabilità della suddetta responsabilità nei confronti di una compagnia di assicurazione con la quale una società aveva sottoscritto una polizza per la copertura dei sinistri nei quali potevano incorrere i dipendenti della società stessa rilevando, fra l'altro, che nel caso di specie la società datrice di lavoro — con atteggiamento protrattosi anche in sede di legittimità — aveva sempre negato qualsiasi propria responsabilità per le lesioni subite da un dipendente in conseguenza dell'infortunio su lavoro di cui si trattava).

Cass. civ. n. 6023/2001

Nel caso in cui l'assicuratore della responsabilità civile automobilistica ritardi colposamente il pagamento dell'indennizzo al danneggiato, il danno causato all'assicurato dal ritardo nell'adempimento va commisurato distinguendo tra incapienza e capienza del massimale nel momento in cui l'assicuratore avrebbe dovuto pagare senza provvedervi: nel primo caso, in cui la somma del risarcimento già superava il limite del massimale; nel secondo, invece, il danno è misurato dalla differenza tra quanto avrebbe potuto pagarsi allora e quanto l'assicurato è stato condannato a pagare per effetto del mancato versamento tempestivo dell'indennizzo al danneggiato.

Cass. civ. n. 5076/2001

L'offerta di risarcimento del danno rivolta dall'assicuratore al terzo danneggiato — implicita nell'invito a definire transattivamente l'entità del danno medesimo — concreta una proposta di espromissione e, ove sia accettata, dà vita al relativo contratto, il quale non è soggetto ad onere di forma (in relazione alla sua naturale volontarietà), sicché ne è possibile la conclusione tacita. L'accertamento circa l'avvenuta conclusione di un contratto di espromissione è tipico giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ove sia frutto di indagine condotta senza violazione dei canoni ermeneutici ed immune da vizi logico-giuridici.

Cass. civ. n. 15684/2000

In tema di responsabilità dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato per mala gestio, fondata sul contratto assicurativo e soggetta alla disciplina ordinaria dettata dal codice civile, l'assicuratore è tenuto a rispettare nell'adempimento della propria obbligazione le norme che regolano l'adempimento delle obbligazioni, compresi gli artt. 1175 e 1375 c.c., con la conseguenza che in caso di ritardo è esposto al risarcimento del danno secondo quanto previsto dall'art. 1224 c.c.; a tal fine l'accertamento del modo e del tempo in cui l'assicuratore è tenuto ad eseguire la propria obbligazione e della sua mora va compiuto in base alle clausole del contratto che individuano il rischio assicurato e regolano la richiesta di pagamento dell'indennità, nonché alla normativa ex art. 1917 c.c., che la disciplina, e non con riguardo ai dettami della legge n. 990 del 1969, relativa all'assicurazione obbligatoria dei veicoli e dei natanti.

Cass. civ. n. 10944/2000

La cattiva gestione della lite da parte dell'assicuratore (comportante l'obbligo di rivalere l'assicurato anche oltre il massimale di polizza) non è configurabile quando questi eserciti in giudizio il diritto di difendersi da pretese eccessive del danneggiato (come tali valutabili dal giudice con prognosi postuma) proponendo eccezioni processuali poi riconosciute fondate e affermando la parziale risarcibilità del danno per concorso di colpa del danneggiato, essendo essa configurabile soltanto quanto l'assicuratore resista in giudizio in maniera pretestuosa, assumendo un comportamento dilatorio e proponendo eccezioni inconsistenti o impugnazioni temerarie.

Cass. civ. n. 10696/1999

In tema di assicurazione della responsabilità civile, è configurabile la responsabilità dell'assicuratore per mala gestio quando egli rifiuti ingiustificatamente di addivenire ad una transazione ragionevole e vantaggiosa proposta dal danneggiato, rifiuto configurabile sia nell'ipotesi di mancanza di una tempestiva risposta alla suddetta proposta, sia nell'ipotesi di risposta negativa fondata su di un motivo non apprezzabile, da valutarsi fino al limite della colpa lieve; la ragionevolezza e vantaggiosità della transazione offerta il cui rifiuto fonda la responsabilità per mala gestio, vanno apprezzate con riferimento agli elementi valutabili al momento in cui la transazione si sarebbe dovuta concludere, perciò ex ante e non ex post, sulla base dell'esito finale del giudizio, trattandosi pur sempre di una responsabilità fondata sulla colpa dell'assicuratore.

Cass. civ. n. 103/1999

L'assicurazione della responsabilità civile rientra tra le assicurazioni del patrimonio. Ne consegue che, in caso di sinistro, l'obbligo dell'assicuratore di pagare l'indennizzo sussiste soltanto nei confronti dell'assicurato, e non nei confronti del terzo danneggiato (salve le eccezioni previste dalla legge: ad esempio, ex art. 18 della L. n. 990/1969); mentre un rapporto diretto tra assicuratore e danneggiato può avere ad oggetto non l'obbligazione di garanzia, ma soltanto l'esecuzione dell'obbligazione, e può sussistere o quando l'assicuratore assuma l'iniziativa di adempiere direttamente nelle mani del danneggiato, oppure quando l'assicurato richieda all'assicuratore il pagamento diretto al danneggiato, ai sensi dell'art. 1417, terzo comma, c.c. Ne consegue che la mera chiamata in causa dell'assicuratore, compiuta dall'assicurato per essere tenuto indenne dalla pretesa del danneggiato, non. esclude l'obbligo risarcitorio dell'assicurato nei confronti del terzo danneggiato. 

Cass. civ. n. 12190/1998

Qualora le parti del contratto abbiano espressamente subordinato l'operatività della garanzia assicurativa all'adozione, da parte dell'assicurato, di determinate misure di sicurezza, il giudice non può sindacare la loro concreta idoneità ad evitare l'evento dannoso, e quindi — ove l'evento si sia verificato indipendentemente da tale inosservanza — non può giungere alla conclusione per cui, pur a fronte della loro inosservanza, l'assicuratore debba comunque corrispondere l'indennizzo. Dette clausole, infatti, subordinando il diritto dell'assicurato all'indennizzo all'adozione di specifiche misure di difesa del bene protetto, non realizzano una limitazione di responsabilità dell'assicuratore, ma individuano e delimitano l'oggetto stesso del contratto ed il rischio dell'assicuratore stesso. L'adozione di tali misure si configura, più in particolare, come elemento costitutivo del diritto all'indennizzo, con la conseguenza per cui rappresenta onere dell'assicurato fornirne la prova.

Cass. civ. n. 6340/1998

Il regime dell'assicurazione della responsabilità civile contenuto nell'art. 1917 c.c. — non modificato, per quanto attiene al rapporto tra assicurato e assicuratore, dall'art. 18 della legge sulla assicurazione della Rca 24 dicembre 1969, n. 990, che ha attribuito al danneggiato l'azione diretta contro l'assicuratore — regola da un lato (comma primo) la rifusione da parte dell'assicuratore di tutto quanto l'assicurato debba pagare al terzo danneggiato e quindi anche le spese che essendo state sostenute dal danneggiato vittorioso debbano essergli rimborsate dall'assicurato, dall'altro (comma terzo) il rimborso da parte dell'assicuratore, entro limiti prestabiliti, delle spese sostenute dall'assicurato per resistere all'azione del danneggiato. Trattandosi di obbligazioni oggettivamente distinte, l'adempimento di esse può essere domandato dall'assicurato sia congiuntamente con l'unica domanda giudiziale, sia disgiuntamente con due distinte domande, riferite ad oggetti diversi. Ciò comporta, altresì, che l'assicurato convenuto in giudizio dal danneggiato può chiamare in causa l'assicuratore (art. 1917 comma quarto) chiedendone la condanna anche soltanto all'obbligazione principale, e riservarsi di chiedere in un successivo giudizio l'adempimento dell'obbligazione accessoria.

Cass. civ. n. 2525/1998

Nell'assicurazione della responsabilità civile, sulle somme dovute dall'assicuratore all'assicurato in adempimento dell'obbligo di manlevarlo ai sensi dell'art. 1917 c.c. vanno corrisposti, a decorrere dalla costituzione in mora gli interessi, ancorché esorbitanti i limiti del massimale. Inoltre, qualora la somma dovuta al danneggiato sia superiore al limite del massimale, le spese giudiziali sostenute dall'assicurato per resistere all'azione del danneggiato si ripartiscono fra assicuratore e assicurato in proporzione al rispettivo interesse e sempre nei limiti di quanto effettivamente provato.

Cass. civ. n. 2678/1996

L'assicurazione contro la responsabilità civile ex art. 1917 c.c. non può essere inquadrata i contratti a favore di terzo, poiché, per effetto della stipulazione, non sorge alcun rapporto giuridico diretto ed immediato tra il danneggiato e l'assicuratore, essendo l'obbligazione dell'assicuratore relativa al pagamento dell'indennizzo distinta ed autonoma rispetto all'obbligazione di risarcimento cui l'assicurato è tenuto nei confronti del danneggiato, con la conseguente insussistenza di azione diretta di quest'ultimo nei confronti dell'assicuratore (salva l'eccezione prevista dall'art. 18 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 in materia di responsabilità civile da circolazione stradale). 

Cass. civ. n. 8732/1991

Con riguardo all'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli (o natanti) a motore, la domanda proposta dall'assicurato nei confronti dell'assicuratore per essere tenuto indenne da tutte le pretese del danneggiato, senza alcuna specificazione, deve essere intesa, in relazione al quantum, comprensiva della richiesta di riversare sul convenuto tutti gli effetti pregiudizievoli che al primo possono derivare non soltanto per il pagamento delle somme liquidate a titolo di risarcimento dei danni nell'ambito del massimale di polizza, ma anche di quelle altre che, pur eccedendo tale limite, possono esservi aggiunte a titolo di interessi e di svalutazione monetaria, quando questi maggiori oneri derivino dall'ingiustificato e colpevole ritardo opposto dall'assicuratore alla liquidazione del danno.

Cass. civ. n. 3503/1991

L'assicurazione della responsabilità civile per i danni conseguenti all'esercizio della caccia, pur essendo obbligatoria per il cacciatore, non determina un'obbligazione diretta dell'assicuratore verso il terzo danneggiato, ma, secondo lo schema dell'art. 1917 c.c., quella avente ad oggetto il rimborso delle somme che al terzo debbano essere pagate dall'assicurato, il cui credito verso l'assicuratore si può considerare liquido ed esigibile solo nel momento in cui vengano accertate, giudizialmente o negozialmente, la responsabilità dell'assicurato medesimo e l'entità di dette somme, con la conseguenza che, prima di tale momento, né quest'ultimo può pretendere l'adempimento, né l'assicuratore è tenuto a provvedervi. Pertanto, la richiesta di adempimento effettuata in precedenza, quand'anche sotto forma di chiamata in causa in garanzia, non può valere come atto di costituzione in mora dell'assicuratore, né può determinarne i relativi effetti.

Cass. civ. n. 890/1991

L'assicuratore della responsabilità civile per la circolazione di veicoli a motore o natanti, convenuto dal danneggiato con l'azione diretta, non può essere condannato al pagamento degli interessi moratori e al risarcimento del danno da svalutazione monetaria con riguardo alle somme da lui offerte al danneggiato e da questi rifiutate perché ritenute inadeguate, stante la possibilità per il danneggiato di accettarle con riserva di imputarle alla liquidazione definitiva.

Cass. civ. n. 2863/1990

Il contratto di assicurazione della responsabilità civile, che nelle condizioni generali preveda esser la garanzia limitata ai danni derivati da fatti accidentali, è correttamente interpretato nel senso che la garanzia assicurativa opera anche nella ipotesi di fatti colposi, giacché l'assicurazione della responsabilità civile non può riguardare i fatti meramente accidentali, cioè dovuti a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, ma, per la sua stessa denominazione, importa necessariamente che il fatto dannoso per il quale l'assicurazione è stipulata deve essere colposo, coprendo, con la sola eccezione dei fatti dolosi, ogni responsabilità, anche se dipendente da colpa grave o gravissima, e dovendosi escludere, in mancanza di espresse clausole delimitative del rischio, che alcune colpe siano escluse dalla garanzia assicurativa.

Cass. civ. n. 620/1984

L'art. 32 c.p.c. — secondo il quale la domanda di garanzia può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo, anche se eccede la sua competenza per valore — pur essendo dettato in linea generale per le cause di garanzia propria, è tuttavia applicabile anche alla causa di garanzia (impropria) dell'assicurato verso l'assicuratore, consentendo espressamente l'art. 1917, ultimo comma, c.c. la chiamata in causa dell'assicuratore nello stesso processo instaurato contro l'assicurato.

Cass. civ. n. 6071/1983

L'assicurazione per la responsabilità civile non può riguardare i fatti meramente accidentali, dovuti cioè a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, ma, per la sua stessa denominazione, importa necessariamente che il fatto dannoso, per il quale l'assicurazione è stipulata, deve essere colposo, coprendo, con la sola eccezione dei fatti dolosi, ogni rischio derivante da quella responsabilità, anche se dipendente da colpa grave o gravissima, e dovendosi escludere, in mancanza di espresse clausole delimitative del rischio, che alcune colpe siano escluse dalla garanzia assicurativa. (Nella specie, in presenza di un contratto di assicurazione perla responsabilità civile che faceva riferimento a danni «involontari», la Corte d'appello aveva ritenuto che l'assicurazione coprisse solo i danni determinati da causa accidentale, e che ne fossero in particolare esclusi quelli determinati da colpa cosciente dell'assicurato; la suprema Corte, alla stregua del principio di cui in massima, ha cassato la pronuncia impugnata rilevando che, attesa la natura del contratto ed in mancanza di ulteriori precisazioni e specificazioni, l'espressione usata nel contratto non poteva riferirsi ai fatti meramente accidentali, stando invece ad indicare semplicemente la condotta colposa dell'assicurato in contrapposizione ai fatti dolosi e preterintenzionali). 

Cass. civ. n. 2979/1978

La norma dell'art 1917 c.c., che regola in via generale l'assicurazione della responsabilità civile, non permette di stabilire nei singoli casi la portata dell'esclusione del rischio pattuita in relazione a determinati terzi, trattandosi di un problema di interpretazione del contratto da risolversi attraverso la ricerca della volontà effettiva delle parti, da effettuare in base alle regole di ermeneutica sancite negli artt. 1362 e seguenti c.c.

Per individuare la portata di una clausola di un contratto di assicurazione della responsabilità civile, la quale escluda dalla copertura assicurativa la responsabilità per danni nei confronti di determinate persone, che le parti hanno convenuto di non considerare terzi (quali il coniuge, i genitori, i figli, i fratelli e le sorelle, i parenti conviventi dell'assicurato), occorre stabilire se con quell'esclusione i contraenti abbiano inteso riferire i danni, conseguenti al sinistro; alla posizione soggettiva di tali persone ovvero rapportarli al sinistro come conseguenza di questo, indipendentemente dalla titolarità del diritto al risarcimento. Nel primo caso, poiché il rischio escluso riguarda la responsabilità per i soli danni riportati dalla persona nei cui diretti confronti si è verificato il sinistro, l'esclusione della copertura assicurativa deve ritenersi limitata a detti danni, propri di tale persona, senza poterla, perciò, estendere alle conseguenze dannose verificatesi nei confronti di soggetti diversi in dipendenza del fatto illecito commesso ai danni delle suddette persone. Nel secondo caso, invece, poiché il rischio escluso comprende obiettivamente tutti i danni che siano conseguenza di lesioni sofferte da persona convenzionalmente non considerata terzo, deve ritenersi che la esclusione riguardi la responsabilità per tali danni nei confronti di chiunque li abbia subiti, anche se persona diversa da quella suddetta. (La Corte suprema ha cassato per insufficiente motivazione la sentenza di appello la quale aveva ritenuto che, nel caso di morte di una delle persone indicate nella clausola di esclusione del rischio, la clausola stessa non potesse riguardare anche il coniuge e i figli della vittima, danneggiati per effetto del decesso del loro congiunto, in quanto non compresi nell'elencazione dei casi di esclusione e perché i terzi esclusi andrebbero individuati come soggetti del diritto e non come oggetto del fatto colposo dell'assicurato). 

Cass. civ. n. 3876/1977

Qualora il convenuto con azione risarcitoria chiami in garanzia l'assicuratore della responsabilità civile, e, avvalendosi della facoltà di cui all'art. 1917 secondo comma c.c., chieda che paghi al danneggiato l'indennità dovuta, è legittima la pronuncia di condanna dell'assicuratore a quel pagamento direttamente in favore dell'attore, nonché al rimborso delle spese processuali, pur in difetto di istanze in tal senso da parte dell'attore medesimo.

Cass. civ. n. 2221/1977

La difesa dell'assicurato — la quale è resa necessaria dal solo fatto dell'instaurazione di un giudizio da parte di chi, a torto o a ragione, assume di aver subito un danno — è svolta anche nell'interesse dell'assicuratore, inteso come interesse all'obiettivo e imparziale accertamento dell'esistenza dei presupposti del suo obbligo all'indennizzo, sicché lo stesso assicuratore non può essere esonerato dal sopportarla, nei limiti fissati dal terzo comma dell'art. 1917 c.c., anche nell'ipotesi in cui rimanga accertato che nessun danno debba essere risarcito al terzo che ha promosso l'azione di risarcimento contro l'assicurato. A tal fine non può ravvisarsi una preclusione nella disposizione che ripartisce il carico delle spese solo in relazione all'ipotesi che al danneggiato sia riconosciuto il diritto al risarcimento, poiché tale disciplina è stata posta dal legislatore unicamente in funzione dell'ulteriore distinzione tra risarcimento entro i limiti della somma assicurata e risarcimento esorbitante detti limiti, per differenziare la ripartizione delle spese nell'un caso e nell'altro.

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Dario C. chiede
giovedì 29/04/2021 - Lombardia
“Buongiorno, vorrei sapere se, per quanto riguarda l'assicurazione RCT, è previsto dalla normativa italiana un limite alla esclusione della terzietà o se è a discrezione della compagnia inserire nelle clausole contrattuali (Documento informativo precontrattuale) coloro che non sono ritenuti "terzi" dell'assicurato.
Nel caso concreto la mia polizza RCT casa e famiglia di Zurich Connect prevede che non sono considerati terzi: "- genitori e i figli dell’Assicurato o del Contraente e ogni parente o affine anche se non conviventi;"
Purtroppo mio cugino, in visita a casa mia, è stato morso accidentalmente dal mio cane (assicurato) che gli ha procurato una grave lesione al labbro (che ha richiesto e richiederà due o più interventi chirurgici) e alla mia denuncia del sinistro l'assicurazione ha risposto : “...comunico l'invio di formale lettera di reiezione in quanto il sinistro non potra essere gestito stante la mancanza di terzieta tra lei ed il danneggiato. Si procede quindi alla chiusura senza seguito del sinistro...”
Ora io vi chiedo: la clausola, inserita nelle condizioni contrattuali, che non considera soggetti terzi “…. ogni parente e affine anche se non convivente” è legittima e incontestabile o contiene significativi margini di irregolarità?
Ve lo chiedo alla luce dell'art. 129 lettera b del Codice delle Assicurazioni private che definisce diversamente la terzietà (anche se mi pare regoli le assicurazioni obbligatorie tipo RCA) ed anche considerando che la dizione “ogni parente o affine anche non convivente” è estremamente estensiva o generica potendo comprendere un gran numero di soggetti con gradi di parentela o affinità molto lontani.
Rimango in attesa di un vostro autorevole e motivato parere e vi allego il documento di sintesi del contratto di assicurazione.
A disposizione per ulteriori chiarimenti. Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 01/05/2021
L’assicurazione RCT, a differenza della RCA, non è obbligatoria. Pertanto, può anche discostarsi da quanto previsto dal citato art. 129 del codice delle assicurazioni contenuto nel titolo X dedicato alla assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti.
La norma generale di riferimento in materia di assicurazione contro i danni è l’art. 1917 del codice civile il quale non dà tuttavia una definizione di terzo.
E l’art. 1905 c.c. che disciplina i limiti del risarcimento, prevede espressamente che l’assicuratore è tenuto a risarcire “nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto”.
Del resto, come disposto dall’art.1322 del codice civile relativo alla autonomia contrattuale, le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Questo significa che, appunto, i contratti non possono -ad esempio - avere una causa illecita (art. 1343 c.c.) o un oggetto che non sia determinato o indeterminabile.

Ai contratti di assicurazione si applica poi anche la disciplina contenuta nel Codice del Consumo, primo fra tutti l’art. 33 relativo alle clausole vessatorie il quale prevede che nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

A ciò vanno aggiunti gli obblighi di trasparenza e correttezza nelle informazioni, come previsto dall’art. 182 del codice delle assicurazioni private (applicabile anche alle assicurazioni non obbligatorie).

Ciò premesso in linea generale, venendo allo specifico del caso in esame si osserva quanto segue.

La clausola che esclude la copertura assicurativa in caso di parenti o affini dell’assicurato non appare rientrare tra quelle vessatorie di cui all’art. 33 del codice del consumo sopra citato.
A ciò si aggiunga che il contratto di assicurazione che ci è stato trasmesso ha un adeguato prospetto informativo che adempie all’obbligo di trasparenza e correttezza nelle informazioni.
In merito all’art. 129 del codice delle assicurazioni, come sopra accennato, riteniamo non essere applicabile all’assicurazione in oggetto in quanto quest’ultima non è una RCA e quindi non obbligatoria.
Alla luce dunque delle considerazioni che precedono, la clausola in esame (visti anche gli articoli 1905 e 1917 del codice civile) appare legittima e, pertanto, valida ed efficace.

Massimo B. chiede
venerdì 27/09/2019 - Liguria
“Buongiorno,
Con riferimento alla vostra consulenza Q201821370 desidererei sapere se esiste giurisprudenza in merito al fatto che:
“il presunto comportamento doloso dell’assicurato rientri nelle clausole soggettive di delimitazione del rischio”.
Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 01/10/2019
La problematica non è se esiste giurisprudenza secondo cui il comportamento doloso dell’assicurato rientri tra le clausole soggettive di delimitazione del rischio.
Trattandosi di dolo, e cioè di un elemento psicologico, è un fatto pacifico che esso rientri tra le clausole soggettive.

Il punto è piuttosto se possano essere ritenute valide o meno quelle clausole che prevedono, appunto, l’esclusione del diritto alla liquidazione in caso di dolo (o colpa grave).
Secondo giurisprudenza costante di cassazione (ad esempio, le sentenze n.5273/2008, n. 7766/2010 e n. 4799/2013) tali tipo di clausole possono essere ritenute valide.
Ad esempio, proprio nella pronuncia n.5273/2008 la Suprema Corte ha evidenziato che: “L'assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti cioè a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa denominazione e natura importa necessariamente l'estensione anche a fatti colposi, con la sola eccezione di quelli dolosi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto, la clausola di un contratto di assicurazione che preveda la copertura del rischio per danni conseguenti a fatti accidentali è correttamente interpretata nel senso che essa si riferisce semplicemente alla condotta colposa in contrapposizione ai fatti dolosi”

Del resto, come evidenziato nella precedente consulenza, è lo stesso codice civile che all’art. 1917 c.c. esclude dalla copertura assicurativa i danni derivanti da fatti dolosi.
Sul punto, la Corte di Cassazione ha evidenziato con la recente sentenza n.20786/2018 che soltanto (ma non è il nostro caso) “in tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore, la garanzia assicurativa copre anche il danno dolosamente provocato dal conducente nei confronti del terzo danneggiato, il quale, pertanto, ha diritto di ottenere dall'assicuratore del responsabile il risarcimento del danno, non trovando applicazione la norma di cui all'art. 1917 c.c. - che non costituisce il paradigma tipico della responsabilità civile da circolazione stradale, rinvenibile, invece, nelle leggi della RCA e nelle direttive Europee”.

Quanto all’onere della prova, anche esso è stato oggetto del precedente parere fornito.

Massimo B. chiede
domenica 13/05/2018 - Liguria
“FATTI
Il Giudice di primo grado del tribunale di Genova ha condannato l’impresa edile (Impresa) a risarcirmi i danni da questa causati per un franamento di terra nelle fasce, di mia proprietà, sottostanti il cantiere.
Nella sentenza ha però escluso l’operatività della garanzia assicurativa, in quanto l’Impresa non aveva provato l’assenza di dolo che l’Assicurazione sosteneva ci fosse stato.
l’Impresa è ricorsa in appello e a me interesserebbe molto che lo vincesse, sia perché sarebbe l’unico modo che avrei per recuperare i soldi spesi per risanare le fasce, sia perché sono convinto che il danno sia stato accidentale e non doloso.
Mi sono però reso conto che l'orientamento si è consolidato nel ritenere le eccezioni di mancata operatività della polizza come semplici difese che non sollevano l'assicurato dal provare tutti i fatti costitutivi della domanda di garanzia e manleva compresa l'assenza di dolo.
QUESITO
Gradirei sapere se, in una causa civile contro un’assicurazione, deve essere l’assicurato a provare l’assenza di dolo e non all’assicurazione a provarne l’esistenza.
Sintetizzando, a chi spetta l’onera della prova di dolo, all’assicurato o all’assicurazione?
Grazie e cordiali saluti”
Consulenza legale i 15/05/2018
Prima di rispondere alla domanda contenuta nel quesito, va premessa una regola generale di diritto, consacrata nell’art. 2697 del codice civile: chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento e chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.
Quanto all’aspetto del dolo nella causazione del danno in materia di responsabilità civile, l’art. 1917 del codice civile esclude che l’assicuratore sia obbligato a tenere indenne l'assicurato in ipotesi di danni derivanti da fatti dolosi.

Ciò precisato, in merito all’onere probatorio sull'esistenza/assenza di dolo, occorre verificare quale sia posizione della giurisprudenza di legittimità sul punto.

Con la sentenza n.7242/2005 la Cassazione - seppur con riguardo all’art. 1900 c.c. - affermava che: “in mancanza di un processo penale teso all'accertamento della causa del sinistro, non opera l'inversione dell'onere della prova a carico dell'assicurato ma l'ordinario onere a carico dell'assicuratore (alla stregua del quale, non rispondendo l'assicuratore, a norma dell'art.1900 1° comma c.c., per i sinistri cagionati da dolo o colpa grave dell'assicurato, salvo patto contrario per i casi di colpa grave, a lui tocca provare la causa impeditiva o estintiva del diritto all'indennizzo)”.

Analoga posizione, la ritroviamo nella sentenza della Cassazione n. 16895/2010 secondo cui l’onere della prova è a carico dell’assicuratore. Se cioè questi non dimostra la circostanza del dolo, deve vedersi accolta la domanda di accertamento del danneggiato nei suoi confronti.

Tale orientamento giurisprudenziale, parrebbe essere stato confermato anche in una recentissima ordinanza della Suprema Corte (la n.1588/2018) dove è stato stabilito che: “nel giudizio promosso dall’assicurato nei confronti dell’assicuratore, ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo assicurativo, è onere dell’attore provare che il rischio avveratosi rientri nei “rischi inclusi”, ovvero nella categoria generale di rischi oggetto di copertura assicurativa. Se il contratto contiene clausole di delimitazione del rischio indennizzabile (soggettive, oggettive, causali, spaziali, temporali), la sussistenza dei presupposti di fatto per l’applicazione di tali clausole costituisce un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore”.
Infatti, l’esclusione della copertura assicurativa dovuta a un presunto comportamento doloso dell’assicurato rientra nelle clausole soggettive di delimitazione del rischio.

Tenuto conto di tali orientamenti giurisprudenziali, in risposta alla domanda contenuta nel quesito, riteniamo che sia la compagnia assicurativa a dover provare l’esistenza del comportamento doloso a carico dell’assicurato.
Pertanto, su tale aspetto, fermo il fatto che occorrerebbe esaminare tutti gli atti di causa per fornire un parere completo, ci sono ragionevoli probabilità che in sede di appello la sentenza venga riformata sul punto dell'operatività della garanzia assicurativa.

Raffaele G. chiede
giovedì 03/05/2018 - Emilia-Romagna
“Un Comune, prossimo al default, è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, al risarcimento a mio favore dei danni causati ad una mia proprietà. In tale giudizio il Comune si è fatto manlevare da una compagnia di assicurazioni. Nel dispositivo si legge espressamente:"accoglie per quanto di ragione la domanda di garanzia proposta dal Comune e dichiara tenuta e conseguentemente condanna l'assicurazione a tenere indenne ed a rivalere il Comune della somma complessiva che è tenuto a corrispondere". Precettato il Comune ha formulato una proposta transattiva che ho ritenuto inaccettabile. In seguito ho ottenuto dalla Direzione Al Patrimonio del Comune la richiesta all'assicurazione di corrispondere direttamente agli aventi diritto le somme riconosciute in sentenza ( a norma art:1917 c.c.). Lapidaria la risposta dell'assicurazione:"Non daremo seguito ad alcun risarcimento". Ho risposto con una messa in mora. Decorso il termine di trenta gg.concessi, cosa potrò fare?”
Consulenza legale i 08/05/2018
La norma di cui all'art. 1917 c.c., comma secondo, stabilisce l'obbligo per l'assicurazione di pagare direttamente al danneggiato l'indennità dovuta, qualora l'assicurato (in questo caso il Comune) lo richieda.

Tuttavia, tale obbligo rileva solamente nel rapporto interno tra assicuratore ed assicurato, non potendosi dunque estendere l'efficacia del titolo esecutivo (la sentenza) anche nei confronti dell'assicuratore.

La richiesta del Comune di indennizzare direttamente il danneggiato, non adempiuta dall'assicuratore, può solamente fondare una richiesta risarcitoria del Comune stesso nei confronti dell'assicuratore per i danni derivanti dal ritardato pagamento dell'indennizzo, ma non può, per contro, far sì che il danneggiato possa promuovere azione esecutiva diretta nei confronti dell'assicuratore.

Come infatti ribadito a più riprese dalla Corte di Cassazione: “Nell'assicurazione della responsabilità civile l'obbligazione dell'assicuratore al pagamento dell'indennizzo all'assicurato è distinta ed autonoma rispetto all'obbligazione di risarcimento cui quest'ultimo è tenuto nei confronti del danneggiato, né si instaura, per effetto dell'assicurazione, alcun rapporto giuridico immediato tra l'assicuratore e il danneggiato, il quale, a differenza di quanto si verifica nella speciale disciplina della responsabilità derivante dalla circolazione stradale, non ha azione diretta nei confronti dell'assicuratore” (Cass. Sez. III, sent. n. 26019/2011; Cass. Sez. lavoro, sent. n. 8885/2010).

Lo stesso dispositivo della sentenza relativa alla causa di cui trattasi recepisce quanto appena affermato, statuendo solamente l'obbligo dell'assicurazione di tenere indenne il Comune di quanto già corrisposto a titolo di risarcimento.

Pertanto, a differenza della responsabilità derivante da circolazione stradale, in cui una eventuale sentenza di condanna al risarcimento può obbligare direttamente l'assicuratore al pagamento dell'indennizzo e, di conseguenza, attribuire al danneggiato un titolo esecutivo valido ed azionabile direttamente nei confronti dell'assicuratore, nel caso in esame tale titolo esecutivo può farsi valere solamente avverso il Comune.

La richiesta di cui all'articolo 1917, co. 2, non vale dunque ad estendere l'efficacia del titolo esecutivo, avendo ad oggetto solamente i rapporti tra Comune ed assicuratore.

Per i motivi suesposti, l'unico mezzo a tutela del danneggiato è quello di proseguire l'azione esecutiva nei confronti del Comune (qualora non siano ancora trascorsi i 90 giorni dalla notificazione del precetto ex art. 481) c.p.c.), oppure notificare un nuovo atto di precetto, con rinnovazione del calcolo degli interessi, per poi iniziare l'espropriazione forzata tramite pignoramento ex artt. 491 c.p.c. e ss., per poi proseguire con gli strumenti da ritenersi più opportuni ai fini del soddisfacimento del credito.


David M. chiede
giovedì 23/04/2015 - Puglia
“Con sentenza parziale, il Tribunale condanna l'Assicuratore di A al risarcimento del danno a favore di B, ma nei limiti del massimale di polizza contratta con C. L'Assicuratore paga ed esaurisce il massimale. Con sentenza definitiva, il Tribunale liquida a B ulteriori somme e condanna l'assicuratore al pagamento delle stesse, sempre nei limiti del massimale, oltreché, però, al pagamento delle spese di lite. Ora, è tenuto l'assicuratore (cui non è stata contestata la mala gestio) al pagamento di dette spese, nonostante che il massimale sia già divenuto incapiente in conseguenza del pagamento effettuato a B dopo la sentenza parziale?”
Consulenza legale i 04/05/2015
L’art. 1917, comma terzo, c.c., prevede che le spese sostenute dall’assicurato per resistere all’azione del danneggiato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata.
La Cassazione ha affermato che tale comma non riguarda il regime e la misura delle spese giudiziali relative alla controversia tra assicuratore ed assicurato - dove si discute sulla fondatezza dell’azione di garanzia - ma soltanto le spese direttamente sostenute dall’assicurato per resistere alla pretesa del terzo ovvero quelle che l’assicuratore direttamente assume di sé quale gestore della lite.

Il comma non concernerebbe, inoltre, le spese di lite dovute dal danneggiante-assicurato al danneggiato riuscito vittorioso nel giudizio risarcitorio, le quali, in quanto spese del danneggiato-attore, debbono essere rifuse dal danneggiante assicurato in virtù del principio della soccombenza. Si tratta di spese che rappresentano un accessorio dell'obbligazione risarcitoria dell'assicurato, e che devono quindi gravare integralmente sull'assicuratore, entro i limiti del massimale, esulando in tal modo dalle due regole contenute nel terzo comma dell'art. 1917 (Cass. civ., sez. III, 20.11.2012, n. 20322: "Rispetto alle spese processuali va preliminarmente chiarito che rilevano quelle al cui pagamento l'assicurato, in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato vittorioso. Spese che - distinte da quelle sopportate dall'assicuratore per resistere alla domanda del danneggiato regolate dal terzo comma del medesimo articolo - costituiscono, secondo la giurisprudenza costante della Corte, un accessorio dell'obbligazione risarcitoria, ai sensi dell'art. 1917 cod. civ., e gravano sull'assicuratore se e nei limiti in cui non comportino superamento del massimale di polizza (tra le tante, Cass. 15 marzo 2004, n. 5242)"; vedi anche la recente sentenza della sez. III civile, 11.9.2014, n. 19176).

Il superamento del massimale può contemplarsi solo in due ipotesi:
- se vi è una espressa deroga pattizia;
- se le spese siano imputabili a mala gestio della lite da parte dell'assicuratore (v. Cass. civ. 22.12.1995, n. 13088; Cass. civ. 14.10.1993, n. 10170).

Poiché nessuno dei due casi sembra ricorrere nella fattispecie, si ritiene che le spese di lite da rifondere all'attore dovrebbero essere ricomprese nel massimale: quindi, ciò che è ulteriore, dovrebbe essere pagato dal danneggiante. Naturalmente, stante la condanna diretta dell'assicuratore convenuto, questi sarebbe tenuto a corrispondere al danneggiato le spese di lite, potendo poi rivalersi nei confronti dell'assicurato.

Tali principi non sono stati ritenuti applicabili dalla giurisprudenza in caso di responsabilità civile da circolazione dei veicoli. In questa ipotesi, quando il danneggiato ha proposto l'azione direttamente nei confronti dell'assicuratore, le spese di lite non sono disciplinate dall'art. 1917 (che può riferirsi solo ad accordi relativi al contratto di assicurazione), bensì trovano disciplina negli artt. 91 e seguenti del codice di procedura civile. Di conseguenza, è possibile che le spese di lite dovute al danneggiato possano non essere ricomprese nel massimale ("Le spese processuali, poste a carico dell'assicuratore soccombente in un giudizio promosso dal danneggiato direttamente nei confronti dell'assicuratore, non sono soggette ai limiti del massimale", Cass. civ, sez. I, 20.11.1979, n. 6056; Cass. civ, sez. III, 21.4.2000, n. 5270). La ratio sottostante a tale orientamento consiste nel fatto che, se il danneggiato chiede all'assicuratore il risarcimento ai sensi dell'art. 22 della legge 990/1969 (oggi artt. 144-145 del codice delle assicurazioni private), e questi non provvede entro il termine di legge, la compagnia assicuratrice risulta in mora se sia stata posta nella possibilità di determinare l'an e il quantum della responsabilità del suo assicurato; pertanto, l'obbligazione dell'assicuratore verso il danneggiato può superare i limiti del massimale (per c.d. mala gestio "impropria") a titolo di responsabilità per l'inadempimento di una obbligazione pecuniaria.

La risposta al quesito, quindi, varia in base al tipo di assicurazione oggetto di causa.

David M. chiede
venerdì 10/10/2014 - Puglia
“In sentenza si condanna l'assicurato (una soc. a r.l.) al risarcimento danni a favore del danneggiato e si condanna l'assicuratore (3°chiamato in causa) "al pagamento delle somme che l'assicurato dovrà corrispondere al danneggiato in esecuzione della sentenza". Preciso che non si verte in materia di assicurazione obbligatoria. Chiedo: essendo stato l'assicurato cancellato dal reg.imprese nelle more del giudizio (senza che tale cancellazione sia stata dichiarata dal suo procuratore), l'assicuratore è tenuto a pagare direttamente al danneggiato le somme che la società a r. l. assicurata, secondo la sentenza, "dovrà corrispondere al danneggiato" (ma che la società assicurata non corrisponderà mai, non esistendo più) o può non pagare poiché il danneggiato non ha azione diretta verso di essa?”
Consulenza legale i 16/10/2014
Il tema delle conseguenze della cancellazione dal registro delle imprese di una società è stato chiarito recentemente dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013 (nonché dalle sentenze gemelle nn. 6071 e 6072). La Suprema Corte ha confermato l'orientamento giurisprudenziale in base al quale, ai sensi dell’aart. 2495 del c.c., le obbligazioni residuanti in capo alla società estinta per effetto della cancellazione dal registro delle imprese si trasferiscono ai soci, che ne rispondono solo nei limiti di quanto riscosso in base al bilancio finale di liquidazione.
Questo significa che il diritto di credito in capo al danneggiato non è semplicemente privo di un soggetto passivo a causa della cancellazione della persona giuridica, bensì potrà essere fatto valere nei confronti dei soci della società cancellata.

Allo stesso modo, in capo ai soci si trasferiranno gli eventuali rapporti attivi non liquidati (ad es. crediti) che residuino all’estinzione della società, conosciuti al momento della liquidazione (residui non liquidati) o la cui esistenza viene scoperta successivamente alla cancellazione (sopravvenienze). Riguardo ad essi, la Cassazione ha stabilito che i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa. I soci, quindi, diverranno titolari del diritto di agire per riscuotere il credito della società nei confronti dell'assicuratore.

Ciò premesso, in riferimento al quesito proposto, si deve anche sottolineare che l'obbligazione dell'assicuratore, avente ad oggetto il pagamento dell'indennizzo all'assicurato, è distinta ed autonoma dall'obbligazione di risarcimento dell'assicurato, responsabile nei confronti del danneggiato.
Nel nostro caso, quindi, vi è un'obbligazione dell'assicurato (ora trasferita ai soci) di pagare quanto dovuto al danneggiato in base alla sentenza; e una distinta obbligazione dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato (di cui sono ora titolari attivi i soci). La giurisprudenza ha infatti escluso che la previsione della facoltà dell'assicuratore di pagare direttamente al danneggiato, o dell'obbligo dell'assicuratore di provvedere a tale diretto pagamento ove sia l'assicurato a richiederlo, attenga alla individuazione dei soggetti del rapporto assicurativo, bensì ha ritenuto che riguardi le sole modalità di esecuzione della prestazione dell'assicuratore (v. ad esempio Cass. civ., sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26019, la quale afferma che la "facoltà dell'assicuratore [di pagare direttamente il danneggiato] si concreta in una possibilità di scelta in ordine ad una modalità di adempimento della sua obbligazione, che permane soltanto verso l'assicurato").
Non esiste quindi una azione diretta del danneggiato verso l'assicuratore.

I soci della società cancellata hanno diritto, laddove venga loro richiesto il pagamento del dovuto, a chiedere alla compagnia assicuratrice di versare loro la somma cui è stata condannata nei confronti della società non più esistente.
Il problema si pone se i soci non si attivano in tal senso.
Si deve dare conto dell'esistenza di un orientamento giurisprudenziale secondo il quale sussisterebbe la legittimazione del danneggiato ad esperire l'azione surrogatoria (art. 2900 del c.c.) al fine di esercitare, in luogo dell'assicurato, il suo potere di richiedere all'assicuratore il pagamento dell'indennità direttamente in favore del danneggiato, ai sensi dell'art. 1917 del c.c. (si veda ad esempio la sentenza della Corte d'appello di Milano, 25 gennaio 1985: "A norma dell'art. 1917, comma 2, c.c., il pagamento diretto al danneggiato costituisce un obbligo dell'assicuratore della responsabilità civile nel caso di richiesta dell'assicurato, onde l'assicuratore si trova in posizione di soggezione di fronte alla volontà dell'assicurato. Pertanto, il mancato esercizio da parte di quest'ultimo di tale potere derivante dal rapporto assicurativo ben può configurare gli estremi dell'inerzia del debitore agli effetti dell'esperimento, da parte del danneggiato, dell'azione surrogatoria di cui all'art. 2900 c.c."; e le sentenze di legittimità Cass. civ., 23.8.1985 n. 4518, Cass. civ. 25 ottobre 1974 n. 3129).
Il principio sotteso a tale orientamento sembra essere stato di fatto accolto da sentenze più recenti della Corte di cassazione, come la n. 11948 del 17.5.2010, o la n. 13391 dell'8.6.2007, che afferma: "Nel mancato esercizio da parte dell'assicurato della facoltà di chiedere all'assicuratore di pagare direttamente ai terzi danneggiati l'indennizzo, ai sensi dell'art. 1917 secondo comma c.c., non può ravvisarsi quell'inerzia del debitore che costituisce un presupposto dell'azione surrogatoria da parte dei detti danneggiati, quando l'assicurato ha posto in essere iniziative ed accorgimenti diretti a mantenere integra la garanzia del proprio diritto allo indennizzo verso l'assicuratore". L'azione surrogatoria sarebbe ammissibile, quindi laddove l'assicurato sia rimasto del tutto inerte, omettendo le "iniziative ed accorgimenti diretti a mantenere integra la garanzia del proprio diritto".

Un consiglio preliminare, comunque, è quello di analizzare la domanda proposta in giudizio dall'assicurato-danneggiante in quanto, potendovi ravvisare l'esercizio del potere di cui al secondo comma dell'art. 1917 c.c. (per aver egli chiesto, ad esempio: "in denegata ipotesi di accoglimento delle istanze dell'attore, condannarsi la compagnia assicuratrice X a pagare al danneggiato il danno liquidato dal giudice"), si potrebbe ritenere già sorto l'obbligo dell'assicurazione di dover corrispondere direttamente le somme al danneggiato.

Manuela F. chiede
giovedì 18/09/2014 - Emilia-Romagna
“Buon giorno,
Praticamente tutti i contratti di assicurazione per la responsabilità civile da fabbricati includono la clausola (nel caso di stipula da parte di un singolo condomino per la parte di sua proprietà ): "escluso il maggior onere eventualmente derivante da obblighi solidali con altri condomini".
Vorrei sapere come questa clausola deve essere interpretata, tenuto conto della Sentenza della Corte di Cassazione del 20 novembre 2012, n. 20322, secondo cui "In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l'assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato, nei limiti del massimale, non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell'assicurato, operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma concerne l'intera obbligazione dell'assicurato nei confronti del terzo danneggiato, ivi compresa quella relativa alle spese processuali cui l'assicurato, in solido con il coobbligato, venga condannato in favore del danneggiato vittorioso, solo in tal modo risultando attuata - attraverso la conformazione della garanzia sulla obbligazione dell'assicurato - la funzione del contratto di assicurazione della responsabilità civile di liberare il patrimonio dell'assicurato dall'obbligazione di risarcimento, ferma restando la surroga dell'assicuratore, ex art. 1203, n. 3 cod. civ., nel diritto di regresso dell'assicurato nei confronti del corresponsabile, coobbligato solidale".”
Consulenza legale i 22/09/2014
La sentenza n. 20322 del 20.11.2012 ha affrontato, nel contratto di assicurazione della responsabilità civile, la questione dell'estensione dell'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato, quando questi sia obbligato in solido con altro soggetto non assicurato e, quindi, sulla base della solidarietà passiva, sia tenuto, a richiesta del danneggiato, a pagare l'intero, salvo il successivo regresso nei confronti del coobbligato.
La Suprema Corte ha dapprima richiamato una recente pronuncia che ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui l'assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell'assicurato operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma si estende potenzialmente a tutto quanto l'assicurato deve pagare al terzo danneggiato nei limiti del massimale, atteso che una diversa interpretazione contrasterebbe con il tenore letterale dell'art. 1917 cod. civ. e priverebbe di concreta tutela l'assicurato rispetto alla quota di responsabilità posta a carico del condebitore solidale, nel caso in cui quest'ultimo sia insolvibile o di difficile solvibilità” (Cass. 31 maggio 2012, n. 8686).
Ha, poi, concluso condividendo tale orientamento, richiamando in particolare l'istituto della surrogazione dell'assicuratore, di cui all'art. 1916 del c.c., che consente alla società assicuratrice di rivalersi sul corresponsabile non assicurato, esercitando il diritto di regresso dell'assicurato ex art. 1299 o art. 2055 c.c.

Troviamo condivisibile l'assunto della Cassazione per cui l'estensione dell'obbligo indennitario dell'assicuratore all'intero importo dell'obbligazione solidale dell'assicurato abbia diretta derivazione dalla funzione del contratto di assicurazione, che mira a liberare il patrimonio dell'assicurato dall'obbligazione di risarcimento, realizzando così la ragione propria per cui un contratto di assicurazione della responsabilità civile viene stipulato tra le parti. E ciò può essere raggiunto solo se l'assicurazione copra l'intero danno che venga richiesto, in via solidale, all'assicurato.

Ciò premesso, appare evidente il nesso tra tale pronuncia e la clausola riportata nel quesito, che spesso ricorre nei contratti di assicurazione per responsabilità civile. Capita, infatti, che il singolo condomino assicuri la sola sua proprietà, ma sia chiamato a risarcire l'intero danno di cui è responsabile solidalmente con gli altri condomini, in virtù della regola generale in tema di solidarietà per cui il creditore può chiedere a ciascun coobbligato l'adempimento dell'intero.
Tale clausola appare contraria al raggiungimento dello scopo del contratto di assicurazione, che mira a tutelare l'assicurato, tenendo indenne il suo patrimonio dal verificarsi di un sinistro coperto dalla polizza.

Tuttavia, sembra difficile ravvisarne il carattere vessatorio e quindi la possibilità di dichiararne l'inefficacia nei confronti dell'assicurato-consumatore. In base al Codice del Consumo (artt. 33 e ss.) si considerano vessatorie, e quindi inefficaci, le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. L'art. 33 elenca una serie di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria: tra di esse, non se ne ravvisa, ad una prima lettura, nessuna in cui possa essere agilmente configurata la clausola che stiamo esaminando, limitatrice degli importi dovuti dall'assicuratore.

E' quindi auspicabile che la citata sentenza n. 20322/2012 faccia da capostipite ad un nuovo orientamento della Cassazione (che, per vero, non si era quasi mai pronunciata in materia in precedenza).
D'altronde, vi è sempre il pericolo di un revirement della Suprema Corte (le cui sentenze ed interpretazioni non sono, come noto, vincolanti per il giudice successivamente adito su una simile questione) e quindi le compagnie assicuratrici, in assenza di una norma che impedisca loro di inserire la suddetta clausola, sono libere di aggiungerla tra le condizioni generali di polizza: consapevoli, però, che la Cassazione si è pronunciata in senso negativo sul contenuto di quella clausola, aprendo la strada ad una richiesta di pronuncia di vessatorietà della stessa.

Francesco D. chiede
mercoledì 17/09/2014 - Sicilia
“L'assicurato (avvocato), in caso di ritardo (oltre 4 mesi) dell'assicuratore nella definizione del sinistro, avendo avuto preannunciata l'azione risarcitoria da parte del cliente- danneggiato, ha azione contro la compagnia per far accertare il diritto al risarcimento del cliente-danneggiato ed ottenere la condanna dell'assicuratore al pagamento diretto nei confronti dello stesso? E' di ostacolo a tale azione la clausola contrattuale con cui l'assicuratore "assume, fino a quando ne ha interesse, la gestione stragiudiziale e giudiziale delle vertenze in sede civile, penale etc."
Consulenza legale i 25/09/2014
La clausola indicata nel quesito è presente in quasi tutte le polizze assicurative: si tratta del cosiddetto "patto di gestione della lite", qualificato da larga parte della giurisprudenza come mandato in rem propriam, in base al quale l'assicuratore assume il diritto e l'obbligo di condurre la lite.
Tale patto non statuisce a carico dell'assicuratore l'obbligazione di apprestare, sempre e comunque, la tutela legale dell'assicurato nelle sedi giudiziali ed extragiudiziali, in quanto riserva in via esclusiva alla società assicuratrice la mera facoltà, e dunque la libertà di scelta in relazione alla valutazione discrezionale del proprio interesse nel caso concreto, di assumere la gestione delle vertenze in nome dell'assicurato (v. ad es. Trib. Roma 1 giugno 2004).
Va precisato, onde fugare ogni dubbio, che la Corte di cassazione (sentenza n. 6367/1995) ha stabilito che il conferimento del potere di gestione della lite al solo assicuratore non è vessatorio in quanto non pregiudica nell’assicurato il suo diritto di far valere i limiti del massimale.
L'assicuratore avrà interesse a gestire il danno laddove la garanzia sia operante (quando, cioè, ad es. il sinistro rientra tra quelli contro i quali è stata posta in essere l'assicurazione) e fintanto che il massimale sia capiente.
Se l'assicurato è chiamato in causa dal danneggiato, il convenuto conferirà direttamente al legale fiduciario del proprio assicuratore la delega necessaria all'esplicazione delle difese: il costo di tale attività sarà a carico dell'assicuratore, nei limiti del quarto della somma assicurata.
Quando gli interessi dell'assicuratore divergono da quelli dell'assicurato (es. si supera il massimale), verrà meno l'interesse di assumere la gestione della causa anche a nome di quest'ultimo, che provvederà da sé alla propria difesa.
Naturalmente, l'assicurato può decidere di difendersi da solo sin da subito, ma ciò implica che dovrà sostenere le spese di tale difesa (di solito infatti il professionista provvede a stipulare separata assicurazione per il caso di vertenze legali).

Nel caso di specie, sembra configurarsi una controversia tra l'assicurato e l'assicuratore circa il ritardo nella definizione del sinistro: quindi, non sembra operare la clausola contenente il patto di gestione della lite, posto che per "lite" si intende il rapporto tra l'assicurato e il danneggiato, che rimane estraneo al rapporto di assicurazione.

Appare però contrario ai principi basilari del processo civile che un soggetto (il danneggiante-assicurato) agisca per far accertare... che il proprio cliente-danneggiato ha ragione, prima che questi abbia ottenuto una sentenza a suo favore o si sia giunti a una transazione con riconoscimento della responsabilità del professionista.
Pertanto, l'azione di cui si chiede la fattibilità nel quesito non sembra poter essere validamente intrapresa: sussisterebbe un difetto di interesse ad agire nell'assicurato (art. 100 del c.p.c.). Questi ha certamente azione diretta contro il proprio assicuratore, ma solo per ragioni attinenti all'applicabilità del contratto di assicurazione oppure per chiedere di essere manlevato nell'ipotesi in cui si accerti che esiste la sua responsabilità per il sinistro.
Va comunque precisato che l'assicurato non può pretendere l'indennizzo fino a che non sia stata accertata la sua responsabilità e l'ammontare della somma dovuta al terzo danneggiato: fino ad allora non esiste alcun credito liquido ed esigibile a favore dell'assicurato e quindi, non si può nemmeno parlare di costituzione in mora dell'impresa assicuratrice.

Qualora, comunque, fossero contemporaneamente intraprese la causa 'danneggiato contro danneggiante-assicurato', e 'assicurato contro assicuratore', ritiene la giurisprudenza che la seconda causa, per la parte in cui viene chiesta la manleva, dovrebbe essere sospesa in attesa della definizione del giudizio di accertamento della concreta responsabilità dell'assicurato, posto che tale accertamento (chiesto nella causa promossa dal danneggiato) costituisce un fatto costitutivo e quindi un antecedente logico e giuridico dell'azione di garanzia (Cass. civ., sez. III, 21.9.2007 n. 19525).

Appare pertanto più lineare e semplice la situazione in cui il danneggiante, convenuto in giudizio dal danneggiato, eserciti la facoltà di chiamare in causa l'assicurazione, svolgendo nei suoi confronti tutte le domande che vorrà, compresa la richiesta di pagamento direttamente al cliente-danneggiato (solo se, si ripete, verrà accertata in giudizio la responsabilità del professionista e la validità della polizza!): evitando così di intraprendere una seconda causa che molto probabilmente sarebbe sospesa dal giudice.

Si potrebbe però ipotizzare che la compagnia assicuratrice decida di gestire la lite contro il danneggiato, come gli è data facoltà: in tal caso, non sembra parimenti escluso che l'assicurato chieda che l'indennizzo sia dato direttamente al terzo.
Ai sensi dell'art. 1917 c.c. la compagnia assicuratrice ha facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l'indennità dovuta, ed, anzi, è obbligata al pagamento diretto se è l'assicurato a richiederlo. Tale richiesta può essere fatta anche in via stragiudiziale, attenendo detta richiesta alla modalità di esecuzione della prestazione indennitaria (naturalmente, la richiesta sarà operativa solo se verrà riconosciuto in capo all'assicuratore l'obbligo di pagare l'indennità).

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