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Articolo 1900 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Sinistri cagionati con dolo o con colpa grave dell'assicurato o dei dipendenti

Dispositivo dell'art. 1900 Codice Civile

L'assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa grave del contraente, dell'assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave(1).

L'assicuratore è obbligato per il sinistro cagionato da dolo o da colpa grave delle persone del fatto delle quali l'assicurato deve rispondere(2).

Egli è obbligato altresì, nonostante patto contrario, per i sinistri conseguenti ad atti del contraente, dell'assicurato o del beneficiario, compiuti per dovere di solidarietà umana [2 Cost.] o nella tutela degli interessi comuni all'assicuratore [1914 comma 3](3).

Note

(1) In caso di dolo, invece, non è ammesso il patto contrario pertanto è sempre escluso che l'assicuratore possa essere chiamato a rispondere.
(2) Ad esempio, nel caso di sinistro causato da un soggetto incapace (2047 c.c.) ovvero in ipotesi di responsabilità dei genitori, tutori, precettori o maestri d'arte (2048 c.c.).
(3) Si pensi, ad esempio, al caso in cui il soggetto agisca causando un sinistro per evitare un maggior danno all'assicuratore.

Ratio Legis

La norma è volta ad evitare che il beneficiario, l'assicurato od il contraente possano agire nell'intento specifico di frodare l'assicurazione ovvero comportandosi con colpa grave: si vuole cioè evitare che essi si comportino in modo da provocare il sinistro e lucrare l'indennizzo dall'assicuratore.

Spiegazione dell'art. 1900 Codice Civile

Vecchio e nuovo codice

Il vecchio codice stabiliva in un unico articolo (art. 434) quali cause di sinistro si intendessero coperte dall'assicurazione (caso fortuito e forza maggiore) e quali invece non fossero coperte fatto o colpa dell'assicurato o dei suoi agenti, committenti o commissionari; vizio proprio della cosa non denunciato, e salvo convenzione contraria, rischi di guerra o sollevazioni popolari, oltre al rinvio all'art. 450 per duello, suicidio, crimine alla vita II nuovo codice invece con l’ art. 1900, in tema di norme generali del contratto di assicurazione, si occupa soltanto dei sinistri cagionati da dolo o colpa dell'assicurato o dei dipendenti rinviando all' art. 1912 del c.c. per il terremoto, guerra insurrezione, tumulti popolari e all'art. 1927 del c.c. per il suicidio in tema di assicurazione sulla vita.

A parte la diversità sistematica dovuta alla scarsità delle norme generali sul contratto contenute nel codice del 1882, per la parte che l'art. 434 ha in comune con l’ art. 1900 del nuovo codice, le divergenze fondamentali tra il vecchio codice e il nuovo sono due :
a) II vecchio codice escludeva la responsabilità dell'assicuratore in caso di fatto (dolo) o colpa dell'assicurato (cfr. però l'ipotesi dell'articolo 445) senza chiarire il grado di questa e senza espressa ammissione di convenzione contraria per l'ipotesi di colpa. Il nuovo codice invece, oltre al dolo, esclude soltanto la colpa grave del contraente assicurato o beneficiario e ammette espressamente convenzione contraria per quanto riguarda quest'ultima. D'altro canto, sancisce la responsabilità dell'assicuratore quando l'assicurato ha provocato si volontariamente il sinistro, ma per dovere di solidarietà umana o nella tutela di interessi comuni dell'assicuratore.

b) Il vecchio codice escludeva la responsabilità dell'assicuratore quando il sinistro era provocato da dolo o colpa degli agenti, committenti o commissionari. Il nuovo codice sancisce invece espressamente la responsabilità dell'assicuratore anche per dolo o colpa grave di quelle persone che, più ampiamente e correttamente del vecchio codice, qualifica come le persone del fatto delle quali l'assicurato deve rispondere.


Onere di non provocare il rischio o delimitazione di rischio

L'esclusione dell'obbligazione dell'assicuratore in caso di sinistro provocato da un diretto interessato al contratto (contraente, assicurato, beneficiario) dipende, secondo alcuni, dalla inosservanza di questi ad un onere, di non provocare il sinistro e per conseguenza dal difetto di un presupposto al diritto alla prestazione dell'assicuratore. Secondo altri, invece, si tratta di un rischio (rectius : di una causa di sinistro non assicurato). I1 problema ha scarso rilievo pratico, dato che secondo l'una o l'altra teoria la conseguenza e sempre la stessa : l'assicuratore non e obbligato alla sua prestazione.

Mette piuttosto conto di precisare quando una causa di sinistro sia coperta e quando non lo sia : quando cioè l'assicuratore sia o meno ob­bligato, con l'avvertenza che, posti i principi che ora indicheremo, resterà sempre la quaestio facti di determinare quando si sia verificato l'uno o l'altro caso e in caso di concorrenza di cause, a quale di esse vada effettivamente attribuito il sinistro (per la teoria di causalità cfr. la spiegazione dell’ art. 1895 del c.c.).


Rischi coperti da assicurazione

A) Sono coperti da assicurazione :

a) Gli eventi provocati da caso fortuito o da forza maggiore. Sono le ipotesi normali, espressamente previste dal vecchio codice e sulle quali — specie in relazione alla differenza tra caso fortuito e forza maggiore — si è già soffermata la dottrina. Tra queste rientra l'ipotesi di evento provocato da dolo o colpa o comunque fatto di terzi.

Tra queste rientra anche l'ipotesi di evento provocato da dolo o colpa anche grave delle persone del fatto delle quali l'assicurato deve rispondere (art. 1900), cioè : l'incapace di cui ha la sorveglianza (art. 2047 del c.c.) ; il minore non emancipato di cui è genitore, il tutelato di cui e tutore quando abiti con esso ; l'allievo o apprendista di cui e precettore o maestro d'arte (art. 2048 del c.c.) ; i domestici di cui e padrone ; i commessi di cui e committente (art. 2049 del c.c.) ; il conducente dell'autoveicolo di cui è proprietario o usufruttuario o acquirente con patto di riservato dominio (art. 2054 del c.c.). In tali casi si tratta di dolo o colpa grave di un terzo in rapporto tale con l'interessato che per il principio qui sentit commodum sentire debet et incommodum genera in questi una responsabilità senza colpa reale (resp. oggettiva o per colpa presunta). L'art. 1900 in tema di assicurazione prescinde da questo rapporto di responsabilità si che considera a tutti gli effetti il dolo o la colpa grave delle persone di cui l'assicurato deve rispondere come dolo o la colpa grave delle persone di cui l'assicurato deve rispondere come dolo o colpa grave di un terzo.

Naturalmente vi è invece dolo o colpa dello stesso interessato, quando il fatto della persona di cui l'assicurato deve rispondere e provocato dal dolo o da colpa grave dell'assicurato stesso (ad es. incidente automobilistico provocato da autista senza patente posto al volante dallo stesso assicurato.

b) Gli eventi provocati dall'interessato al contratto, cioè dal contraente, dall'assicurato, dal beneficiario, quando siano cagionati:
1) da colpa lieve o da colpa media. In questi gradi di colpa, oltre che nella colpa presunta, trova il suo quadro normale l'assicur. di responsabilità civile;
2) da colpa grave, purché ciò sia espressamente convenuto. La dottrina ritiene correntemente che, salvo convenzione contraria, l'assic. di responsabilità civile non si estenda al caso di colpa grave dell'assicurato. Le polizze anzi di solito la escludono più o meno chiaramente e dovranno invece essere molto caute nel comprenderlo, trattandosi di ramo nel quale, a differenza che negli altri, non agisce la remora di evitare un sinistro che colpisca direttamente la sfera economica dell'assicurato ;
3) da sua volontà, purché ciò avvenga per compiere un atto dettato da dovere di solidarietà umana (ad es. gettare in mare la merce assicurata per evitare il naufragio, abbattere l'edificio assicurato per circoscrivere l'incendio ecc.) ovvero per la tutela di un interesse comune all'interessato e all'assicuratore, ciò che accade precisamente nello svolgimento dell'onere di salvataggio di cui all’ [[1941cc).


Rischi esclusi

B) Sono quindi esclusi dall'assicurazione gli eventi provocati dall'interessato al contratto che abbia agito :
a) con colpa grave : quando la copertura di questa non venga espressamente convenuta nel contratto ;
b) con dolo: cioè con l’intenzione di provocare il sinistro, anche se non al diretto scopo di ottenere la prestazione dell’assicuratore. Tale intenzione però non costituisce dolo, quando il provocare il sinistro sia parso necessario per compiere un atto di dovere umanitario o negli interessi comuni all’assicuratore, come sopra evidenziato.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1900 Codice Civile

Cass. civ. n. 23762/2022

In tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola secondo cui l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare a titolo di risarcimento dei danni causati "in conseguenza di un fatto accidentale" non può essere intesa nel senso di escludere dalla copertura assicurativa i fatti colposi, giacché tale interpretazione renderebbe nullo il contratto per inesistenza del rischio ai sensi dell'articolo 1895 c.c., non potendo mai sorgere alcuna responsabilità dell'assicurato dal caso fortuito.

Cass. civ. n. 1430/2015

In tema di assicurazione, l'assicuratore è obbligato, ai sensi dell'art. 1900, secondo comma, cod. civ., non solo quando il sinistro è stato cagionato con dolo o colpa grave da soggetto del quale l'assicurato deve rispondere, ma anche nell'ipotesi in cui l'autore dell'accidente sia un terzo, sia pure contrattualmente legato all'assicurato, salvo che con apposita clausola - da approvare specificamente e per iscritto, in quanto limitativa della responsabilità dell'assicuratore - non sia stata esclusa l'indennizzabilità dei danni derivanti da colpa grave delle persone incaricate della custodia del bene assicurato. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso l'indennizzo del danno derivante dal furto di un'autovettura a noleggio, che l'utilizzatore aveva lasciato aperta e con le chiavi inserite).

Cass. civ. n. 2995/1994

La colpa grave prevista dall'art. 1990, primo comma, c.c., che esclude — salvo patto contrario — la responsabilità dell'assicuratore, non deve essere commisurata (come, invece, nella previsione di cui all'art. 1176, secondo comma, c.c.) ad un particolare onere di diligenza, in relazione alla natura dell'attività svolta dall'assicurato.

Cass. civ. n. 10170/1990

Con riguardo a polizza di assicurazione contro i danni da furto e rapina, la clausola che escluda la garanzia per i fatti derivati da dolo o colpa grave dei dipendenti dell'assicurato, comporta una limitazione della responsabilità dell'assicuratore, in quanto deroga alla previsione dell'art. 1900 secondo comma c.c., e, pertanto, ove predisposta dall'assicuratore medesimo, richiede, a pena di nullità, la specifica approvazione per iscritto, a norma dell'art. 1341 c.c.

Cass. civ. n. 4041/1990

In materia di assicurazione, nella quale secondo la legge non è indennizzabile il sinistro nella cagionato da dolo o da colpa grave dell'assicurato (art. 1900 c.c.), una clausola contrattuale che escluda l'indennizzabilità del sinistro anche per il caso di colpa lieve dell'assicurato - in cui rientra pure l'inosservanza della diligenza del buon padre di famiglia - assume valore limitativo della responsabilità dell'assicuratore, con la conseguenza che la sua efficacia è subordinata alla specifica approvazione per iscritto da parte dell'assicurato, ai sensi dell' art. 1341, secondo comma, c.c.

Cass. civ. n. 2005/1981

La colpa grave dell'assicurato o del beneficiario che a norma dell'art. 1900 c.c. esclude la garanzia assicurativa si configura come un fatto impeditivo, che impedisce al fatto costitutivo (evento o sinistro) di operare secondo le previsioni della fattispecie legale e quindi deve essere dimostrata dall'assicuratore. Tale onere quest'ultimo può assolvere con la produzione, nel giudizio civile, delle prove raccolte nel giudizio penale svoltosi nei confronti del beneficiario e nel quale l'assicuratore sia rimasto assente, in quanto siffatte prove, anche se hanno valore meramente indiziario, possono essere poste dal giudice a base della decisione dopo averle sottoposte ad autonomo e rigoroso vaglio critico.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1900 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Massimo B. chiede
giovedì 17/10/2019 - Liguria
“Buongiorno,
ringrazio per la risposta alla richiesta di consulenza Q201924068 che faceva riferimento alle precedenti consulenze Q201924046 e Q201821370 e vi contatto per un ulteriore quesito sullo stesso tema.
Nell’Ordinanza della Suprema Corte n. 1558 del 2018 è scritto:
“...è onere dell’attore provare che il rischio avveratosi rientri nei “rischi inclusi”, ovvero nella categoria generale di rischi oggetto di copertura assicurativa.”
Il mio quesito riguarda proprio la definizione di “rischi inclusi”.
L’Assicurazione ha indicato, sinteticamente, nella polizza:
"Sono coperti i danni involontari causati durante lavori di costruzione e/o ristrutturazione, ecc. ecc."
Quindi, separatamente, indica le esclusioni e le delimitazioni.
Però, secondo me, sarebbe stato equivalente scrivere nella polizza:
"Sono coperti i danni causati durante lavori di costruzione e/o ristrutturazione, ecc. ecc."
e, nelle esclusioni, indicare:
"Sono esclusi i danni causati volontariamente, ecc. ecc."
Cioè mi sembra che l’aver inserito il requisito dell'involontarietà nella descrizione del danno, sia di fatto aver fatto passare un'esclusione come parte del danno stesso.
Non so se sono stato chiaro, però se si dovesse dimostrare solo il danno materiale, peraltro già valutato e quantificato da una CTU disposta dal Tribunale di Genova, mentre la volontarietà della sua causazione fosse, come dovrebbe essere, un'esclusione, di quest’ultima l’onere della prova sarebbe a carico dall’Assicurazione.
Quindi in estrema sintesi, desidererei sapere se la volontarietà e l’accidentalità del danno siano esclusioni e non elementi costitutivi della copertura.
Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 18/10/2019
L’elemento soggettivo dell’”involontarietà” non rappresenta una causa di esclusione di delimitazione del rischio indennizzabile.
Infatti, la regola generale è quella stabilita nell’art. 1900 del codice civile secondo cui “l'assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o da colpa grave del contraente, dell'assicurato o del beneficiario, salvo patto contrario per i casi di colpa grave”.
Tale principio è ribadito anche nell’art. 1917 c.c.
Quindi non è corretta l’affermazione contenuta nel quesito secondo cui “l’aver inserito il requisito dell’involontarietà nella descrizione del danno sia di fatto aver fatto passare un’esclusione come parte del danno stesso”.

Di contro, come appunto appena specificato e come già espressamente evidenziato nei nostri precedenti pareri, il comportamento doloso fa parte delle clausole soggettive di delimitazione del rischio.
Trattandosi quindi di una circostanza che esclude il diritto dell’attore-assicurato, comportando il venir meno del diritto al risarcimento, l’onere della relativa prova è a carico di chi lo eccepisce (cioè, appunto, dell’assicurazione).

Fermo quanto precede, per completezza sottolineiamo che dolo e colpa costituiscono gli elementi soggettivi e non il fatto stesso.
Detta altrimenti, in modo spicciolo, sono l’elemento psicologico con cui il soggetto ha causato il danno.
In ambito assicurativo, sono coperti da assicurazione i danni compiuti con colpa lieve (o grave, se così previsto nelle condizioni contrattuali) e non quelli compiuti con dolo.

Massimo B. chiede
domenica 26/02/2017 - Liguria
“PREMESSA
Durante i lavori di sbancamento per la costruzione di un’unità abitativa l’impresa costruttrice ha scaricato nel terreno sottostante, confinante con il cantiere ma non facendone parte, la terra di risulta, causando danni di oltre 100.000 euro.
Nella causa di primo grado, recentemente conclusasi, l’impresa è stata condannata, solidalmente al direttore dei lavori, a risarcire tale danno al committente; il giudice ha invece assolto l’assicurazione dell’impresa, da essa chiamata in causa, così motivando:

SENTENZA
....la polizza avente ad oggetto la garanzia Responsabilità civile verso terzi sulla base dell’art. R13 delle Condizioni generali di assicurazione che stabilisce: “L’Assicurazione si obbliga a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) di danni involontariamente causati a Terzi per: - morte e lesioni personali; - distruzioni e deterioramento di cose; in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi descritti in polizza”.
Sostiene, pertanto, che l’operatività della garanzia assicurativa è sottoposta alla duplice condizione della involontarietà del danno e dell’accidentalità del fatto.?Inoltre evidenzia che l’art. R16 lett.c): “La garanzia R.C.T. non comprende la responsabilità per i danni ... alle opere in costruzione e a quelle sulle quali si eseguono i lavori”.
Le clausole contrattuali consentono di escludere l’operatività della polizza che copre la generica responsabilità dell’appaltatore nel caso che dall’esecuzione dell’appalto derivino danni alle persone o alle cose dei terzi.?Questa responsabilità, anche se trova nel contratto d’appalto la sua occasione, è fondata sull’obbligo di osservare il generale precetto del neminem laedere ed ha, perciò, la sua disciplina nelle norme dettate dagli artt. 2043 e ss. sui fatti illeciti.

FATTI
L’impresa, che non era stata adeguatamente difesa nella causa di merito, ricorrerà in appello contro questa sentenza sostenendo che:

1. I lavori in questione rientrano nell’ambito dei rischi assicurati come risulta nella descrizione contenuta nel frontespizio della polizza, che recita testualmente: “…..costruzione e manutenzione di fabbricati ad uso civile ed industriale, compresi lavori di scavo e demolizione, purché in necessaria connessione con i lavori di costruzione, ristrutturazione e sopraelevazione di stabili anche parzialmente occupati, preparazione e disarmo dei cantieri;

2. Ai sensi delle norme invocate dalla Compagnia (Clausola R13), oltre che ai sensi dell’art. 1900 II co. c.c., “l’assicurazione vale anche per la responsabilità civile che possa derivare da fatto doloso di persone delle quali debba rispondere”;

3. In subordine, l’onere di provare la sussistenza del dolo sarebbe gravato sulla Compagnia, che invece non ha neppure offerto di provare tale circostanza;

4. Inoltre, in relazione all’art. R16 lett.c) della polizza, il terreno su cui si è prodotto il danno, pur appartenendo al committente, è estraneo all’area del cantiere, perfettamente delimitata, quindi il danno è stato prodotto fuori dalle opere in costruzione e da quelle sulle quali si eseguirono i lavori e pertanto deve essere coperto dalla polizza.

QUESITO
Dato che è interesse del committente (il sottoscritto) che venga condannata l'assicurazione a pagare i danni, in quanto sia l'impresa che il direttore dei lavori sono insolventi, chiedo, secondo la vostra opinione, se gli argomenti che l'impresa porterà questa volta a sua difesa sono adeguati e validi?
Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 02/03/2017
Leggendo il quesito sembra di intuire come il Giudice di primo grado abbia tenuto indenne l’assicurazione dell’impresa ritenendo che i danni provocati dall’appaltatore non rientrassero nella sfera di applicabilità della polizza (art. R16).
La peculiarità del caso di specie è data dal fatto che il terreno “danneggiato” risulta essere di proprietà del committente, di fatto non “terzo” rispetto al contratto di appalto, ma (facente) parte dello stesso.

Bene fa l’impresa ad appellare la sentenza nei punti indicati. Per l’applicabilità dell’art. 1900 c.c. si sottolinea come l’assicurazione possa evitare il risarcimento (e quindi la copertura della polizza) ogniqualvolta il danno risulti essere cagionato con dolo o colpa grave da parte dell’assicurato, mentre trova sempre applicazione la copertura assicurativa quando il danno sia provocato da una persona “dipendente” del soggetto assicurato, ancorché con dolo o colpa grave.
Non si vede comunque cosa possa c'entrare l’applicabilità di tale articolo nel caso di specie, posto che l’assicurazione tende ad escludere in toto la propria responsabilità in quanto il fatto non sarebbe coperto dalla polizza. L’art. 1900, secondo comma c.c., copre infatti il fatto commesso da un soggetto alle dipendenze dell’assicurato: solo in tal caso si può invocare, ma non risulta chiaro dalla lettura del quesito se il fatto sia stato materialmente commesso da un dipendente dell’impresa appaltatrice.

In ogni caso, la colpa grave è un fatto che fa venir meno il diritto a percepire l’indennizzo: è per questo che, secondo la giurisprudenza,
l’onere della prova della sussistenza della colpa grave fa capo all'assicurazione (C. Cass., sent. n. 2005/1981). Essa dovrà dimostrare che sussiste tale condizione, ovvero che il fatto si è verificato in ragione di tale condotta.

Ad ogni buon conto – sempre che sia stato già rilevato in primo grado – l’impresa ben potrebbe attaccarsi ala vessatorietà della clausola contenuta nel contratto di assicurazione, che limita la sua responsabilità (art. 1341 c.c.). Tale clausola infatti è – per giurisprudenza e dottrina costanti – vessatoria, in quanto, appunto, limita la responsabilità di uno dei contraenti. Per tali motivi deve essere sottoscritta in modo specifico e per iscritto, pena la nullità della stessa. Si badi, tale argomentazione può essere sostenuta se e solo se sia stata già introdotta in primo grado (e naturalmente ove la clausola non sia stata effettivamente sottoscritta in modo specifico e per iscritto).

Per ciò che concerne il quarto motivo, l’impresa ben può sostenere e facilmente dimostrare che il danno è stato provocato al di fuori del cantiere (sebbene su un terreno confinante pure di proprietà del committente). Pertanto, l’art. R16 lett. C) della polizza non può trovare applicazione: si tratta infatti di un danno provocato “a causa” dell’esecuzione dell’appalto ma al di fuori delle opere in costruzione. Il fatto appare evidente, almeno secondo quanto ci è stato riferito nel quesito.
L’indennizzo, pertanto, appare dovuto.

Donato G. chiede
domenica 12/02/2017 - Lombardia
“Ho subito il furto dell'autovettura che era nel box: all'interno del box (non nell'autovettura) era presente una copia delle chiavi dell'auto. Il box era regolarmente chiuso e c'è stata effrazione di due serrature. Il box è pertinenza dell'abitazione principale è si trova al piano -1 di un'area condominiale chiusa da un cancello elettrico.
L'assicurazione con la quale avevo una polizza incendio e furto rifiuta il pagamento perché nel fascicolo informativo oltre ad esserci come clausola di esclusione della garanzia del furto quanto previsto dall'art 1900 del codice civile in tema di colpa grave, c'è anche un'altra clausola che esclude la garanzia del furto quando il furto è agevolato dalla presenza delle chiavi in prossimità dell'autovettura. Questa clausola, a mio avviso non chiara, potrebbe essere considerata vessatoria o non applicabile al mio caso in quanto l'auto non era in una pubblica via? Esiste della giurisprudenza al riguardo?”
Consulenza legale i 15/02/2017
Bisogna innanzitutto premettere come per colpa grave, nel nostro ordinamento, si intenda il mancato uso della diligenza propria della maggioranza assoluta degli uomini: in altre parole, la assoluta mancanza di diligenza, una negligenza totale nel comportamento del soggetto; per clausola vessatoria, invece, si intende quella clausola che – inserita in un contratto – contiene determinate caratteristiche che sono elencate dall’art. 1341, secondo comma c.c. e dall’art. 33 cod. cons. (tra le altre, la limitazione di responsabilità di uno dei due contraenti, che è il caso che ci occupa).

Ai sensi dell’art. 1900 c.c., la colpa grave è un fatto impeditivo dell’obbligazione di versare l’indennizzo pattuito: è per questo che, secondo la giurisprudenza, l’onere della prova della sussistenza della colpa grave in capo all’assicurato fa capo all'assicuratore (C. Cass., sent. n. 2005/1981).
Ed ancora, con riferimento alla gravità della colpa dell'assicurato, la Corte di Cassazione ha statuito che “il principio di cui all’art. 1900 c.c., secondo il quale l'assicurazione non si estende ai rischi provocati volontariamente e con colpa grave del beneficiario, trova applicazione anche quando la condotta dell'assicurato - caratterizzata dal dolo o dalla colpa grave - non sia stata la causa unica del verificarsi dell'evento dannoso, in quanto ai fini del nesso causale fra la detta condotta ed il danno trova applicazione il principio della conditio sine qua non, temperato da quello della regolarità causale, secondo il disposto degli artt. 40 e 41 c.p. Ne consegue che, quando l'evento è derivato da una pluralità di comportamenti commissivi od omissivi, tra cui un comportamento colposo dell'assicurato, è sufficiente per negare l'estensione della polizza accertare che, se detto comportamento non si fosse verificato, l'evento non si sarebbe prodotto (sulla base di tali principi la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la colpa grave dell'assicurato per avere lasciato la chiave di una cassaforte nell'immobile in cui essa si trovava, motivando che il furto sarebbe stato perpetrato comunque, senza considerare che i ladri non avevano forzato l'altra cassaforte della quale non aveva rinvenuto le chiavi)” (C. Cass., sez. III, 14/4/2005 n. 7763).
In altre parole, al fine di poter escludere l’intervento dell’assicurazione, la condotta dell'assicurato è da considerarsi gravemente colposa ogni volta che assume una rilevanza causale decisiva in ordine al verificarsi del rischio garantito (ad esempio, è stato ritenuto gravemente colposo il comportamento di un conducente che, allontanandosi dall’autovettura, lasci le chiavi nel quadro dell’accensione: C. Cass., sez. I, 21/3/1967). Si applica pertanto l’art. 1900 c.c. (con l’esclusione dell’indennizzo assicurativo) qualora si possa riconoscere una negligenza rilevante ai sensi della norma in esame, vale a dire ogniqualvolta l'azione o l'omissione dell'assicurato sia ritenuta causa sufficiente a determinare l'evento.

La dottrina è però unanime nel ritenere che le clausole che contengono una limitazione di intervento dell’assicurazione (quale quella sancita ex lege dall’art. 1900 c.c.) debbano essere specificamente approvate per iscritto, dato il loro carattere vessatorio ai sensi dell’art. 1341 c.c.
Infatti, queste clausole con cui le parti prevedono l'esclusione da responsabilità dell'assicuratore per il sinistro cagionato con colpa grave (così C. Cass., sez. I, 8/6/1988 n. 3890) o escludono l'indennizzo anche in caso di colpa lieve (C. Cass., sez. I, 11/5/1990 n. 4041) sono da considerarsi vessatorie.

Venendo ora al caso di specie, non parrebbe sussistere colpa grave: il box (il basculante del box) era chiuso, così come il cancello elettrico di ingresso/uscita del garage condominiale. Una volta provata l'effrazione, con conseguente violazione della proprietà privata, l'assicurazione dovrà risarcire il danno subito.
Ed in ogni caso, la clausola de qua è vessatoria, poiché rientra appieno tra quelle clausole di cui all’art. 1341 c.c. Come tale, dunque, per poter essere valida ed efficace avrebbe dovuto essere approvata per iscritto: in mancanza di tale forma scritta, la legge sancisce la nullità parziale del contratto (la clausola si considera nulla e quindi non apposta, e il contratto resta pienamente valido ed efficace per il resto).

In conclusione, dunque, Lei vedrà il Suo danno risarcito (data la doppia effrazione con rottura delle serrature) ed inoltre ben può far valere la vessatorietà della clausola e la sua mancata approvazione specifica e per iscritto al fine di vedere risarcito il furto subito.