Natura giuridica preventiva e cautelare dell’azione secondo il nuovo codice
Dalla formulazione dell’articolo si deduce chiaramente, in conformità con la posizione nel capo, quale sia il possibile oggetto dell’azione, e quindi la sua natura.
Mentre infatti il corrispondente art. 1234 del codice precedente poneva ampiamente la finalità dell'azione attraverso la formula generica « per il conseguimento di quanto è loro dovuto », tale da poter comprendere anche l'azione esecutiva diretta, nell'articolo in esame del nuovo codice, il momento satisfattorio, della realizzazione del credito, appare collocato in posizione tendenziale, come finalità futura alla quale è anteposto per intanto l'obbietto attuale dell'azione, di assicurare quel futuro soddisfacimento, o di conservare le ragioni del creditore.
Tutto ciò è messo chiaramente in luce anche dalla relazione ministeriale, ove si accenna appunto — con riferimento alla studiata formulazione dell'articolo — alla finalità eminentemente conservativa dell'azione, ricollegata così, secondo un comune profilo teleologico, agli altri mezzi conservativi regolati nel capo.
Né può generare dubbiezza l'alternativo accenno dell' inciso —quasi si trattasse di funzioni sostanzialmente differenti — alla finalità di assicurazione del soddisfacimento, ed a quella di conservazione delle azioni dell'attore. Nell'un caso e nell'altro, per vero, trattasi soltanto di mezzi cautelativi, che assicurano una situazione attuale in attesa e per il fine di future azioni.
E la dicotomia può spiegarsi, sia tenendo conto degli intendimenti del creditore, che possono mirare più o meno direttamente all’esperimento (successivo) dell'azione di esecuzione, azione che si potrebbe rendere superflua, altresì, con lo spontaneo adempimento del debitore nelle more degli atti di conservazione ; sia con riguardo all’ampiezza dell’ambito dell’azione surrogatoria, la quale, come si vedrà, può riferirsi a un numero indeterminato di diritti e azioni del debitore, alcune delle quali possono non esigere la realizzazione patrimoniale immediata, attraverso l'esecuzione, ma rappresentare soltanto un passo, mediato, verso quella futura realizzazione : onde l'interesse del creditore può limitarsi alla loro conservazione, in funzione di presupposto o di fase, nel cammino complesso a percorrersi per giungere alla realizzazione.
Soggetti. Crediti che possono legittimarla
Una conseguenza immediata di questa più limitata qualificazione dell' azione concerne l'individuazione dei possibili soggetti o meglio della natura dei crediti che possono legittimarla ; e come tale viene esplicitamente indicata anche nella relazione ministeriale. Ci si domandava infatti — sotto il cessato codice — l’idoneità o meno di legittimare l'azione dei crediti condizionali o a termine, nel periodo - antecedente alla verificazione della condizione ed alla scadenza. E la questione si poneva specialmente in ordine alla funzione esecutiva, che vedemmo ammessa, generalmente, nell'ambito dell'art. 1234 cod. civ tenuto conto che il titolo esecutivo, posto a base del procedimento sia pure verso il debitore del debitore e per un rapporto tra costoro delineato — avrebbe dovuto essere quello del creditore surrogante. Onde, non potendo a ciò valere se non un credito liquido ed esigibile evidentemente la pendenza della condizione o del termine vi avrebbe fatto ostacolo.
Ora invece la questione non ha più ragione di essere, dato che l'azione assume solo carattere cautelare, conservativo, in vista di una esecuzione futura ed eventuale. Laddove è principio generale che anche ai creditori condizionali (cond. sospensiva : circa la risolutiva non può discutersi) od a termine, e persino ai titolari di legittime aspettative aventi fondamento nella legge, può essere consentito di porre in essere le opportune misure conservative per assicurare la realizzazione futura dei loro diritti in fieri od in itinere, i quali potrebbero, senza quelle cautele, svanire.
Naturalmente l'operatività dell'azione deve restare rigorosamente limitata al momento cautelatorio : nel senso che per passare alla procedura esecutiva dovrà poi attendersi che la condizione si sia verificata ed il termine scaduto, venendo con ciò a perfezionarsi un credito attuale liquido ed esigibile, elevabile a titolo per l'esecuzione.
Diritti e azioni che ne possono formare oggetto
Altra essenziale precisazione del nuovo codice — indipendente qui dalla qualifica dell'azione — è quella inerente alla natura dei diritti e delle azioni del debitore verso terzi - che ne possono formare oggetto.
Poiché trattasi di una surroga o sostituzione soggettiva del creditore al debitore nell'esercizio di determinate azioni, occorre evidentemente che si tratti di diritti ed azioni concettualmente suscettibili di una tale sostituzione, nel senso che esse possano svincolarsi dalla persona del debitore, e per l'iniziativa e per l'esperimento, assumendo una configurazione quasi di natura oggettiva, tale da potersi riferire anche ad un nuovo soggetto, senza che le prerogative intime e particolari dell'originario titolare vengano ad essere intaccate. La dottrina escludeva così dall'ambito della surrogatoria i cosiddetti diritti personalissimi, indissolubilmente legati alla personalità di un determinato soggetto, e come tali rimessi alla sua diretta esclusiva valutazione.
Si tratta di un ristretto geloso ambito nel quale la personalità domina sovrana, come a proposito di alcuni dei più intimi diritti familiari, o altrimenti nel campo della proprietà artistica, letteraria ed industriale, ove l'originaria iniziativa di sfruttamento economico, attraverso l'esposizione in vendita la pubblicazione e la brevettazione, non può essere rimessa che all'autore, all'artista o all'inventore.
Ma, secondariamente, un altro necessario limite deriva dall'interesse del creditore ; nel senso che — mirando l'azione a precostituire i possibili obbietti di una azione esecutiva, per la realizzazione patrimoniale, su determinati cespiti economici espropriabili, dei diritti del creditore, — deve trattarsi di diritti ed azioni di contenuto economico, suscettibili di portare nel patrimonio del debitore un positivo contributo che aumenti la naturale garanzia dei propri creditori. Occorre, in altri termini,che trattisi di diritti ed azioni suscettibili di valutazione patrimoniale attuale o futura, e ciò direttamente in sé stesse, e non soltanto in via mediata, per la possibile indiretta ripercussione che possano avere, ad es., sulla capacità produttiva del debitore.
Le due categorie di esclusioni possono coincidere e coincidono generalmente, in quanto la più parte dei c. d. diritti personalissimi sono appunto di natura patrimoniale. Tuttavia la coincidenza non è assoluta, e soprattutto si possono ipotizzare dei casi in cui, pur non trattandosi di diritti strettamente personali, difetti comunque la valutabilità ed operatività economica ; per cui venga meno l'interesse suddetto, giustificativo di un'azione che non potrebbe mai assumere carattere emulativo, specie con riferimento ad un terzo, che l'eserciti in nome altrui.
Ora, pur delineandosi in tal senso gli indicativi della dottrina e della giurisprudenza già sotto l'impero del cessato codice, la formula adottata dall'art. 1234 cod. civ. appariva in proposito ambigua o meglio incompleta; laddove, accennandosi ivi solamente a « quei diritti che sono esclusivamente inerenti alla persona del debitore » avrebbe potuto dubitarsi essere tenuta presenta dal legislatore solo la prima delle limitazioni concettuali suddette.
A tale ambiguità e lacuna ha provveduto appunto in senso chiarificativo il nuovo codice con la formula adottata nell'articolo in esame, nella quale anzi, per la maggiore estensione, sono anzitutto esclusi i diritti e le azioni che non abbiano contenuto patrimoniale e vi si aggiungono personalissimi, per loro natura o per legge. Anche quest’ultima precisazione è poi degna di rilievo ;.laddove, a dall'intimità del rapporto, per ragioni di convenienza di ordine estrinseco l'esercizio di un diritto o di un'azione può essere rimesso, per esplicita disposizione di legge, solo alla persona del titolare ; onde l’esperimento della surrogatoria troverebbe un ostacolo analogo, di natura normativa cogente.
Presupposti. Ragionevole timore dell’insolvibilità del patrimonio del debitore
Ma l'interesse del creditore - che è giustificazione e molla dell'azione — importa ancora un altro limite, non esplicitamente indicato nella formula dell'art. 2900 ed in quella del vecchio codice, sebbene derivante dalla finalità stessa dell'azione.
Posto che tale finalità inerisce alla garanzia patrimoniale del debitore, che si cerca di conservare nella sua integrità o di incrementare con l'attrazione di nuovi beni, già potenzialmente compresi ma che altrimenti andrebbero perduti, la proposizione dell'azione non può risultare giustificata se non quando si abbia un effettivo ragionevole timore circa l'insolvibilità di quel patrimonio, considerata in rapporto all'entità del credito dell'agente e degli altri che possono concorrervi con parità di diritti. Ancorché il patrimonio del debitore stesse per essere in aliqua parte depauperato, od altrimenti si presentasse la possibilità, agendo a nome del debitore, di aumentarlo, l'intervento del terzo creditore in affari non suoi. apparirebbe come una inutile arbitraria intromissione allorquando, ciò non di meno, il patrimonio attuale o residuato dalla depauperazione si presentasse ancora largamente sufficiente a garantire il credito: la situazione di insolvibilità non può concepirsi come una entità astratta, ma in un rapporto tra l'attivo ed il passivo di un patrimonio. Per cui, se tale rapporto risulta tuttora in eccedenza, il creditore deve ritenersi pago, senza dover ricorrere a misure, sia pure cautelari, ma superflue e che potrebbero tornare disaccette al debitore, arbitro del proprio interesse sin quando questo arbitrio con l'interesse dei creditori non venga in conflitto.
Dottrina e la giurisprudenza, tuttavia, sono concordi nel concepire tale apprezzamento di solvibilità con criteri non assoluti, ma con un certo relativismo ; e soprattutto nel non ritenere necessaria per la proponibilità dell'azione, la previa escussione dei beni del debitore. Condizione questa non posta nè nella regolamentazione positiva precedente nè nella nuova, per cui non potrebbe dall' interprete essere introdotta senza arbitrio.
Presupposti. Trascuranza del debitore a esercitare i propri diritti e azioni
E parimenti all'interesse del creditore, inteso in ampio senso, si ricollega l'altra condizione, veramente essenziale, di proponibilità dell'azione, al quale proposito la nuova formulazione ha introdotto una precisa indicazione prima solo presupposta.
Poiché trattasi, cioè, di diritti e di azioni che competerebbero al debitore a tutela od incremento del proprio patrimonio, il quale per i creditori rappresenta solo una garanzia onde egli prima di ogni altro deve ritenersi abilitato ad esercitarle, in qualità di legittimo titolare, e solo in subordine. eccezionalmente, ciò viene consentito ad altri, i creditori, a tutela del loro mediato interesse —, tale esercizio surrogatorio non pub trovare giustificazione se non quando quello diretto, del vero titolare, appaia negletto o trascurato, per cui da codesto passivo comportamento la conservazione della garanzia possa risultare compromessa. Occorre pertanto una inazione del debitore, maliziosa o negligente, la quale postuli la necessità di un intervento attivo alieno, che vi si sostituisca al fine di allontanare i1 pericolo di quella compromissione.
In proposito, pur nel silenzio dell'art. 1234 cessato codice, dottrina e giurisprudenza, conforme alla accezione tradizionale dell'istituto, già erano concordi. E concordi, sostanzialmente, anche nel precisare, tuttavia, che l'intensità della inazione dovesse valutarsi caso per caso, e rivestire una certa gravità, siccome importante una seria minaccia per la conservazione della garanzia dei creditori. Onde non si riteneva sufficiente, ad es., un semplice indugio o una momentanea inattività, ma si richiedeva che il fatto assumesse gli aspetti di un comportamento preordinato o sistematico.
Ora, come si è detto, nella nuova formulazione della norma è stata sentita la opportunità di accennare alla condizione, ed altresì di indicare, con termine adeguato, il carattere ed intensità che debba presentare il comportamento negativo del debitore. A tal fine, piuttosto che l'inerzia, vera e propria, od inattività assoluta, si è ritenuta sufficiente per la legittimazione la trascuranza ; la quale contempla anche quei comportamenti sistematicamente negligenti od ostruzionistici che possono nuocere all'interesse dei creditori al pari e talvolta anche più dell'inazione. In sostanza si è considerato che, in tanto il debitore, agendo nel proprio interesse, rappresenta anche e tutela quello dei creditori, in quanto osservi almeno la diligenza ordinaria di un buon padre di famiglia. Per cui, mancando questa diligenza, è opportuno che i termini vengano invertiti, nel senso di affidare invece al creditore, che scinde (nomine alieno) nel proprio interesse, la rappresentanza e la tutela di quello del debitore.
Valutazione preventiva dell’autorità giudiziaria. Non necessità
L’accennata formulazione del capoverso dell’articolo – nel quale l’azione viene contemplata, come si è detto, sotto l’aspetto della ritualità processuale, ma non senza importanti riferimenti di ordine sostanziale – offre motivo per ricordare come potenzialmente ancor viva, pure nell’ambito normativo del nuovo codice, la dibattuta questione sulla veste in cui agisca il creditore in surrogatoria rispetto al debitore e a terzi: se cioè in nome proprio, come titolare di una propria posizione di diritto ancorché ricollegata casualmente alla relazione del debitore con il terzo, ovvero nomine alieno, in rappresentanza del debitore al quale si sostituisca e del quale si debba intendere venire ad assumere tutti gli effetti la posizione.
In proposito la prima opinione, che vorrebbe trovare nel principio generale della garanzia patrimoniale il fondamento sostantivo di un complesso diritto del creditore che si estende oggettivamente anche su beni attraibili al patrimonio del debitore posseduti da terzi, trascura di considerare che tale estensione non figura nella legge, la quale accenna a beni presenti o futuri, ma già del debitore, e in quanto tali. L’estensione opera pertanto solo indirettamente, in senso mediato funzionale, al fine di far entrare nel patrimonio del debitore altri beni solo potenzialmente attraibili, onde poterli assimilare a quelli di garanzia diretta e potervi agire eventualmente in via esecutiva dopo l'attrazione. Non trattasi adunque, sinché i beni sono in possesso alieno, di un'azione del creditore inerente ai beni stessi, ma solo di un espediente strumentale per rendere i beni di tale azione suscettibili, valendosi di diritti od azioni che altrimenti competerebbero al debitore loro vero titolare.
Ciò assume particolare evidenza nel nuovo codice, che attribuisce alla surrogatoria carattere meramente preparatorio, riservando il momento esecutivo ad una successiva fase, quando i beni, almeno idealmente, siano già stati attratti nel patrimonio del debitore e confusi con esso. Al qual concetto, d'altra parte, s'informa tutta l'economia dell'istituto, laddove l'autonomia di iniziativa del debitore rimane come principio e persiste sino a quando — per ragionevole pericolo di insolvenza — un divergente interesse del creditore non si manifesti, ed appaia l'esercizio diretto dei diritti o delle azioni trascurato ; mentre, comunque, la legittimità della surroga non è oggettivamente assoluta, generale, ma trova un limite rispetto ai diritti od azioni aventi carattere personale. Più attendibile pertanto, ed ormai prevalente in dottrina e giurisprudenza, è l'opinione che ravvisa nel creditore in surroga solo un esercizio mediato di azioni e diritti altrui : esercizio che avviene nel proprio interesse e secondo. la .misura di questo, ma in nome del debitore ed in sua rappresentanza, per supplire ad una situazione di trascuranza riconosciuta dannosa.
Trattasi, cioè, di una azione diversa e non contenuta, propriamente, nel principio della responsabilità patrimoniale (garanzia) del debitore ; principio che non contempla che il patrimonio del debitore in quanto tale, e regola l'azione su di questo. Onde per agire oltre l'ambito definito del detto patrimonio, per attrarvi altri beni e ricuperarli, occorre ricorrere alla posizione del debitore togliendo a prestito azioni e diritti che sono in potere di lui ed in nome di lui esercitarli, sebbene in funzione propria.
Esercizio dunque in rappresentanza del debitore, per cui al creditore procedente possono dal terzo essere opposte tutte le eccezioni, ancorché personali, che potrebbero sollevarsi contro lo stesso debitore ; nonché opporsi a compensazione eventuali crediti contro il debitore costituiti, ancorché questi non sia in causa.
Tuttavia questa rappresentanza, sebbene astrattamente perfetta, — in quanto agisce in funzione dell’interesse del creditore che potrebbe in pratica essere divergente da quello del debitore o comunque non proteggerlo a sufficienza, non toglie, anzi, pone l’opportunità che il debitore, principale interessato, sia chiamato in causa, perché aderisca all’azione esercitata in suo nome e la suffraghi, o altrimenti perché sia messo in grado di difendere da sé i suoi diretti interessi che potrebbero essere compromessi. È quanto appunto – a chiarimento di antichi dubbi – dispone ora il capoverso dell’art. 2900, nel senso che il creditore, qualora agisca giudizialmente, deve citare anche il debitore al quale, intende surrogarsi. Citazione pertanto che rappresenta condizione per la ritualità del giudizio, che altrimenti non potrebbe ritenersi integro.
Veste giuridica in cui agisce il creditore. Nomine alieno
Dalla formulazione del capoverso dell'articolo, atteggiato in senso condizionale, « quando il creditore agisca giudizialmente », se ne deduce ancora, con il conforto dell'esegesi letterale, un'altra illazione, come già conformemente indicata dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Quella cioè che il principio della surrogatoria - se non la sua espressione tipica - possa valere anche per l'esercizio stragiudiziale di diritti del proprio debitore, a tutela od incremento del Patrimonio di questo. Tali, come si accenna esemplificativamente nella relazione ministeriale, gli atti interruttivi della prescrizione, o di opposizione della prescrizione ad altrui pretese. Tale, ancora, l'accettazione dell'eredità in non* e luogo del debitore rinunciante (art. 524), sebbene qui occorra una precisa autorizzazione giudiziale, la quale peraltro non inerisce all'esercizio vero e proprio del diritto (laddove l'accettazione avviene poi stragiudizialmente, nelle forme normali), ma solo ad un suo presupposto.
Anche qui, peraltro, ed anzi qui particolarmente, trattandosi della intromissione nella sfera vera e propria di diritto del debitore, a prescindere ancora da una giudiziale estrinsecazione, valgono i limiti sopra già indicati relativamente alla natura dei rapporti (patrimoniali, non personalissimi) in cui l'esercizio alieno possa incidere. E deve trattarsi, inoltre, dell'esercizio o della tutela di diritti già sorti, definiti e concreti, riguardo alla funzionalità dei quali sol manchi un impulso ; e non della semplice realizzazione di facoltà, o di libere iniziative, inerenti bensì alla sfera giuridica del debitore, ma che solamente a seguito della loro attuazione darebbero luogo a posizioni di diritto patrimonialmente apprezzabili. Ché altrimenti si avrebbe una sostituzione integrale della personalità del debitore, contraria alle prerogative della natura umana, una invadenza capricciosa e sconfinata nelle cose altrui che non può essere consentita in alcun sistema di diritto.