Considerando le caratteristiche dell'obbligazione alimentare, si può notare che la più appariscente e notevole riguarda la
predeterminazione di una
cerchia di soggetti tutti potenzialmente tenuti alla prestazione alimentare; mentre obbligato
in concreto risulta normalmente uno solo di essi. Si parla a questo proposito di una
gradualità del vincolo.
Questa nozione va chiarita ed integrata. Sussiste la necessità di provvedere all'assistenza di un dato soggetto. Questo soggetto può trovarsi nelle più diverse relazioni sociali e familiari: può essere figlio, padre, marito, genero, fratello e così via. La legge stabilisce
in astratto tutte le speciali relazioni su cui può fondarsi il rapporto alimentare. In fatto si opera una prima selezione. La cerchia può essere più o meno stretta, in quanto i possibili obbligati non sussistano o perché sono defunti o perché l'alimentando non è entrato in quelle speciali relazioni sociali e familiari.
Si fa poi una seconda selezione in base a distinte considerazioni. Possibili alimentatori possono essere in istato di bisogno essi pure e comunque "non in grado di poter somministrare gli alimenti" (art.
440 e seg.). Rimangono in discussione soltanto coloro che sono in condizione di sopportare l'onere di somministrare gli alimenti. Fra questi si determina chi dev'essere l'effettivo obbligato. Possono in teoria darsi tre sistemi. È obbligato il più abbiente soltanto; sono obbligati
pro parte tutti coloro che sono in condizione di sopportare l'onere; è obbligato fra costoro solo colui che ha con l'alimentando una relazione per cui la legge lo vuole tenuto in grado precedente ad altri che si trovino in diverse relazioni. Il sistema accolto dalla legge è il terzo, integrato però dal secondo (art. 433, art.
441).
La legge determina, dunque, una cerchia massima generica nella quale caso per caso in concreto si stabilisce la cerchia specifica dei possibili obbligati. In questo ambito, in relazione alle circostanze presenti, viene fissata l'attuale legittimazione, che può riguardare uno o anche più (in attuale concorso) degli obbligati. Si può, dunque, stabilire una distinzione fra obbligo potenziale (di tutti gli appartenenti alla cerchia su descritta) e obbligo attuale di uno o pochi più soltanto.
Il previo obbligo di tutti, chiamato potenziale, è una situazione con precisi effetti giuridici obbligatori. Fra gli obbligati "in potenza" ognuno può essere obbligato "in atto" col verificarsi delle previste circostanze. Si potrebbe anche dire che l'obbligazione alimentare vera e propria è quella che tocca contemporaneamente e complessivamente le varie persone comprese nella suddetta cerchia, per le quali si potrebbe parlare di obbligazione senza altra qualificazione. Il problema della attuale legittimazione riguarderebbe, così, non già le condizioni del diritto di credito alimentare (e della relativa obbligazione), bensì le condizioni d'esercizio del potere del creditore di esigere la prestazione, in relazione alle speciali circostanze in cui si debbano caso per caso apprezzare i presupposti del credito agli alimenti.
Con riguardo alla cerchia dei possibili legittimati passivi si potrebbe parlare di un caso di obbligazione collettiva: un indubbio residuo del carattere originario di ordinamento giuridico autonomo della famiglia, alla quale ha sempre fatto capo la maggiore, anche se non esclusiva, importanza della materia alimentare. Lo stesso significato (in un più vasto campo) e lo stesso presupposto storico hanno i carichi tributari nell'ordinamento giuridico statuale. Tutti, in relazione alla propria posizione economica e sociale, sono tenuti a contribuire; ma in fatto paga solo chi può pagare. In materia di imposte pubbliche tutti concorrono. Nel ristretto campo della materia alimentare, invece, una graduatoria che ha riguardo ai rapporti sociali o familiari fra alimentando e obbligato, fa si che normalmente il concorso non sia la regola e che uno solo fra i più obbligati possa essere di volta in volta tenuto. Ma, secondo quanto abbiamo detto, gradualità e sussidiarietà non riguardano tanto obbligazione quanto l'esercizio del potere del creditore.
Non bisogna dimenticare che il rapporto obbligatorio dura nel tempo connesso con il presupposto base del bisogno. Così si dice che, nel periodo in cui l'obbligazione dura, non l'obbligazione muta, ma solo di volta in volta la legittimazione passiva dei vari soggetti collettivamente obbligati.
Per definire l'obbligazione alimentare, infine, poco giova il criterio, per lo più addotto, della reciprocità. Al dovere di fornire gli alimenti corrisponde, si dice, il diritto di chiederli e viceversa. Tale proposizione corrente non ha alcun senso preciso. Essa presupporrebbe un concetto inesistente: vale a dire che i rapporti alimentari si svolgano su di una base esclusivamente bilaterale e che una speciale qualifica personale si richieda nell'avente diritto.
L'avente diritto, invece, chiede gli alimenti sulla base del solo requisito del bisogno e può avanzare la domanda non già verso una sola persona, ma verso una pluralità.
In questa sfera si trovano soggetti che possono essere legittimati alla richiesta in base alle più varie ragioni di rapporti familiari e sociali. Se si esamina l'elenco dei possibili obbligati, si trova che, oltre l'obbligazione alimentare del marito, ve ne può essere una della moglie. Così i nonni devono gli alimenti ai nipoti. Questi devono gli alimenti (ove sia il caso) ai suddetti nonni. Abbiamo accostato questi casi, in cui vi è una corrispondenza di rapporto familiare; ma non avrebbe alcun preciso significato il dire che sussiste una reciprocità di obbligazione alimentare. Solo vale constatare che tanto il marito che la moglie, tanto i suoceri che i generi e le nuore, ecc., sono nell'elenco dei possibili obbligati. A titolo di coniuge o di suocero o di genero o di padre o di figlio ecc., alcuno può essere talora legittimato a prestare e talora, allo stesso titolo, legittimato a chiedere gli alimenti.
Quanto all'obbligazione alimentare del coniuge, è opportuno osservare che qui opera il nuovo criterio accolto dal codice vigente, che
distingue nettamente l'
obbligazione alimentare vera e propria, fondata sul
bisogno, dall'
obbligo di mantenimento che sorge a favore del coniuge che, in seguito ad una sentenza di separazione, non disponga di adeguati redditi propri.
Per ciò che riguarda le obbligazioni alimentari degli ascendenti, deve parimenti ricordarsi il criterio discretivo accolto fra il dovere familiare di
mantenere, educare e istruire in proporzione delle sostanze, e la materia delle
obbligazioni alimentari vere e proprie fondate sul presupposto del
bisogno.
Mentre nelle norme del codice del 1865 relative ai rapporti fra ascendenti e discendenti i due ordini di doveri erano confusi, il nuovo codice ha attuato una netta separazione. Basti osservare gli articoli del codice civile vigente ove si parla di un puro e semplice dovere dei genitori di mantenere, educare ed istruire la prole.
In ognuno di tali casi, nell'intento della legge, si è fuori dalla materia alimentare.
Quando, allora, interverranno le obbligazioni alimentari dei genitori, e in generale degli ascendenti, nei riguardi dei discendenti? Una risposta in termini generali è facile: tutte le volte che non operino più i presupposti d'applicazione degli articoli che si riferiscono al mantenimento e sussista lo stato di bisogno nel discendente, a prescindere da ogni altra considerazione, come fosse dell'età, di cattiva condotta e simili.
Mentre nell'art. #142# del codice del 1865 si parlava genericamente di ascendenti, nella nuova disposizione dell'art. 433 è precisato che l'obbligazione dei genitori precede quella degli altri ascendenti e questi sono gli ascendenti prossimi, vale a dire i nonni. I nonni, sia paterni che materni, debbono tutti intendersi tenuti in uguale grado e concorrenti pro capite.
L'obbligazione dei figli riguarda tutti in egual grado e sullo stesso piano, siano essi maschi o femmine, coniugati oppure no, di primo letto oppure di successivo. Il quesito se sia ammissibile una obbligazione di un nascituro (nell'ipotesi che questo abbia ricevuto per testamento), risolto affermativamente da qualche decisione giurisprudenziale, esige invece con sicurezza la soluzione negativa; soluzione che si fonda sulla eccezionalità della norma che, con riguardo alla materia successoria, stabilisce una rilevanza giuridica della condizione del nascituro.