La Carta Costituzionale contiene, all'interno dei primi dodici articoli, i principi fondamentali dell'ordinamento repubblicano.
A differenza di altre Costituzioni straniere, il Costituente ha preferito inserire tali principi direttamente nel testo della Carta fondamentale, senza cioè relegarli in un preambolo separato, al fine di evitare qualsiasi dubbio sull'ampiezza della propria efficacia e sulla immediata applicabilità.
Così facendo, i principi non fungono solamente da criteri guida cui i poteri pubblici devono conformarsi, ma altresì come norme che vincolano l'interprete.
Per quanto riguarda l'articolo in questione, esso è sicuramente uno dei più importanti, almeno a livello dichiarativo, di tutta la Costituzione.
I
diritti inviolabili sono infatti quelle posizioni giuridiche da ritenersi essenziali per qualsiasi forma di convivenza associata. Esse sono insite nella stessa natura umana e vengono tutelate a prescindere da qualsiasi legge, costituzionale o meno.
I diritti inviolabili sono dunque imprescindibili, ed ogni modifica atta a limitarli non rappresenterebbe una semplice revisione costituzionale, bensì un vero e proprio sovvertimento dello Stato repubblicano.
Essi sono riconosciuti sia all'uomo come
singolo (diritto al nome, all'onore, alla libera manifestazione del pensiero), sia come
membro di formazioni sociali (diritto di associazione e di riunione ecc.).
Inoltre i diritti fondamentali, per poter essere qualificati come tali,
non possono essere oggetto di revisione costituzionale, dato che che rappresentano una impalcatura essenziale di ogni forma di Stato repubblicana, sono
indisponibili,
intrasmissibili ed
irrinunciabili da parte dei loro titolari e, non da ultimo, sono
imprescrittibili.
L'articolo 2 è una vera e propria norma di apertura, che consente di attribuire i connotati di diritto fondamentale anche ad altre libertà e valori personali non espressamente tutelai dalla Costituzione che, per i mutati costumi sociali, richiedono un riconoscimento pari a quello dei diritti espressamente delineati, come ad esempio il diritto alla riservatezza informatica.
Viene dunque declinato il principio generale del libero sviluppo della personalità, in radi di integrare le singole norme costituzionali sui diritti. La stessa
Corte Costituzionale ha d'altronde spesso ribadito tale concetto, sia basandosi sull'articolo in esame, sia richiamandosi ad esso per attribuire rango costituzionale ad ulteriori diritti fondamentali riconosciuti in trattati e
convenzioni internazionali.
Tra i vari diritti fondamentali è tuttavia spesso operare un
bilanciamento, onde valutare quale tra i due meriti prevalenza. Per citare un esempio, si può fare riferimento alla contrapposizione che sovente si presenta tra
diritto di cronaca e diritto alla riservatezza, che ha reso necessario chiarire come il diritto di cronaca debba presentare i requisiti di verità, continenza e pertinenza.
Fra i
diritti della personalità più comuni si suole annoverare il diritto alla vita ed alla
integrità fisica, il diritto all'integrità morale (ovvero le prerogative che connotano la personalità di una persona, come il decoro, l'onore, il prestigio e la
reputazione), il diritto all'immagine (tutelato dall'articolo
10 c.c., secondo cui è data la possibilità di impedire ad altri di far uso o di abusare della propria
immagine), il diritto al
nome (articolo
22 Cost., nonché dai primi articoli del codice civile, che provvedono a garantire l'uso del proprio nome e dello
pseudonimo.
Da ultimo, il principio di solidarietà trova molteplici applicazioni in molti rami dell'ordinamento. Basti pensare alla funzione del risarcimento dei danni, che, grazie al principio solidaristico, impone di qualificare l'istituto come meramente riparatorio e non come sanzionatorio, provvedendosi ad addebitare al danneggiante solo i danni prevedibili o che comunque derivino dalla sua condotta.