Mentre le disposizioni contenute negli articoli dal 7 al 17 del c.p.c. si occupano di come debbono essere attribuite le cause fra i diversi uffici giudiziari, con questa norma e con le successive il legislatore si preoccupa di disciplinare i criteri di attribuzione della competenza tra giudici dello stesso tipo.
Pertanto, nel momento in cui ci si accinge ad individuare il giudice competente, si dovranno seguire i seguenti passaggi:
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verificare se la controversia rientra in una delle particolari ipotesi di competenza per materia;
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se tale controllo è negativo, individuare il giudice competente per valore
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dopo aver determinato quale tra i giudici di diverso tipo è competente, si potranno finalmente applicare le regole in tema di competenza per territorio.
Il giudice che alla fine di tali passaggi verrà individuato come competente sarà quello che l’
art. 25 Cost. definisce giudice naturale precostituito per legge.
Nella determinazione del giudice territorialmente competente il legislatore ha voluto adottare un criterio di carattere soggettivo che, salvo la presenza di alcune particolari eccezioni, fa riferimento alla collocazione spaziale dei soggetti coinvolti nella causa.
In particolare, tra
attore e
convenuto la preferenza viene accordata alla posizione spaziale del convenuto, scelta probabilmente legata al fatto che si vuole quantomeno evitare a quest’ultimo uno spostamento territoriale al fine di affrontare un giudizio che si trova costretto a subire.
Il termine tecnico usato per parlare del giudice competente per territorio è “
foro”, ed a tal proposito si distingue tra:
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“fori generali”: si definiscono tali quelli individuati seguendo i principi guida fissati dagli artt. 18 e 19 c.p.c.;
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“fori speciali”: sono tali quelli innanzi a cui si deve essere convenuti per alcuni tipi di cause, per le quali non è possibile applicare i principi generali;
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“fori esclusivi”: quelli dinanzi a cui il convenuto deve essere chiamato in giudizio con preferenza rispetto ad ogni altro foro;
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“fori elettivamente concorrenti”: quelli per i quali spetta all’attore il diritto di effettuare la scelta;
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“fori successivamente concorrenti”: la scelta tra l’uno e l’altro non viene affidata all’attore, ma è determinata dal venir meno di uno dei due fori.
A quest’ultimo proposito si ricorda che mentre regola generale del nostro ordinamento giuridico è quella della inderogabilità convenzionale della competenza, fissata espressamente dall’
art. 6 del c.p.c., nel caso di competenza per territorio vige la regola opposta, come si ricava dalla clausola che fa salva l’eventuale volontà difforme della legge contenuta nel primo comma dell’art.18 c.p.c. (ciò significa che la competenza per territorio può essere modificata per accordo espresso o tacito tra le parti, con l’unica esclusione di alcune tipologie di cause espressamente elencate nel successivo
art. 28 del c.p.c.).
Qualora il convenuto intenda eccepire l’
incompetenza territoriale del giudice adito, graverà su di lui l’onere di contestare l’applicabilità dei criteri fissati dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c. in materia di competenza territoriale derogabile, onere che si intende assolto fornendo la prova delle circostanze che vengono dedotte a sostegno di tale contestazione (in mancanza di ciò, l’eccezione dovrà essere rigettata).
Passiamo adesso ad analizzare nello specifico i criteri dettati dalla norma in esame.
Per le persone fisiche il foro generale è costituito dal giudice del luogo in cui il convenuto ha la
residenza o il
domicilio, mentre, soltanto se questi risultano sconosciuti, ci si potrà riferire al luogo in cui il convenuto ha la
dimora.
Residenza e domicilio vengono definiti fori generali elettivamente concorrenti, e ciò significa che, nell’ipotesi in cui la residenza del convenuto risulti diversa dal luogo del suo domicilio, spetterà all’attore il diritto di effettuare una scelta fra i due luoghi.
La dimora, invece, possiede la natura di foro successivamente concorrente, nel senso che varrà a determinare la competenza solo qualora difettino (cioè non si conoscano) residenza e domicilio.
Continua poi il secondo comma della norma disponendo che, se nessuno dei tre luoghi è conosciuto, sarà territorialmente competente il giudice del luogo di residenza dell’attore (quest’ultimo viene qualificato come foro ulteriormente sussidiario).
Dai criteri sopra enunciati se ne fa derivare che, nell’ipotesi in cui l’attore ignori per propria colpa la residenza e il domicilio del convenuto, quest’ultimo potrà eccepire l’incompetenza del giudice adito.
Per quanto concerne i concetti di residenza, domicilio e dimora, ogni riferimento non può che esser fatto agli artt. 43 e ss. c.c., ove il domicilio della persona viene individuato nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi, mentre la residenza nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Eventuali mutamenti in corso di causa di residenza, domicilio o dimora non possono avere alcun rilievo ai fini della competenza, vigendo il c.d. principio della
perpetuatio iurisdictionis fissato dall’
art. 5 del c.p.c..
Si ritiene possa essere utile precisare che, tutte le volte in cui si parla di residenza ai fini della competenza, ci si intende riferire al luogo in cui la persona ha la sua dimora abituale, che può anche non coincidere con la
residenza anagrafica (le risultanze anagrafiche, infatti, costituiscono soltanto una
presunzione, che può essere vinta dalla prova contraria).
Sempre ai sensi del 1 comma dell’
art. 43 del c.c., il domicilio si intende fissato nel luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi, da non individuare soltanto con riferimento ai rapporti economici e patrimoniali (assumono rilevanza, a tal fine, anche gli interessi morali, sociali e familiari della persona).
Nel caso particolare degli incapaci, poi, si parla di c.d. domicilio necessario, per indicare che il domicilio di una persona si estende per legge a quello di un’altra persona.
La dimora, infine, corrisponde al semplice stato di fatto del permanere di una persona in luogo differente dalla sua residenza; il foro concorrente successivo della dimora ricorre in due ipotesi:
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se residenza e domicilio del convenuto sono sconosciuti e sussiste una oggettiva difficoltà nel rintracciarli (a tal fine occorrerà fornire la prova dell’esito negativo di ogni ricerca effettuata);
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se residenza e domicilio del convenuto si trovano fuori dallo Stato.
Criterio residuale, infine, è quello della residenza dell’attore, il quale costituisce, al pari della dimora, un foro ulteriormente concorrente, applicabile nel caso in cui la dimora del convenuto sia sconosciuta o si trovi all’estero (nessuna rilevanza può assumere l’eventuale presenza di un procuratore generale del convenuto che abbia residenza o domicilio in Italia).
Restano infine da esaminare due casi particolari che sono stati affrontati con riferimento a questa norma:
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il primo caso è quello relativo alle concrete modalità di applicazione delle norme in tema di competenza per territorio nelle ipotesi di giurisdizione volontaria, risultando difficile qui individuare un vero e proprio convenuto.
Preferibile appare per tali ipotesi la tesi secondo cui tutte le volte in cui non sia possibile individuare con precisione un convenuto, si debbano pur sempre applicare i principi espressi dall’art. 18 c.p.c., sostituendo alla nozione di “convenuto” il più ampio concetto di “parte”.
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altro caso è quello relativo alle domande di riduzione di ipoteca: poiché la relativa azione è da qualificare come avente natura personale, se ne fa conseguire che la competenza territoriale va determinata secondo le norme in tema di foro generale delle persone fisiche o giuridiche.