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Articolo 279 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Responsabilità per il mantenimento e l'educazione

Dispositivo dell'art. 279 Codice Civile

(1)In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità [269], il figlio [naturale] nato fuori del matrimonio può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio [naturale] nato fuori dal matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti(2) [433], a condizione che il diritto al mantenimento di cui all'articolo 315 bis, sia venuto meno.

L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251.

L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale [78 c.p.c.] nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la [potestà] responsabilità genitoriale [316, 317 bis, 34].

Note

(1) L'articolo è stato così modificato con d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Non è previsto l'intervento necessario del P.M., trattandosi di diritti di obbligazione. Si ritiene inoltre che il figlio non riconosciuto abbia diritto al mantenimento anche dopo i 18 anni, onde permettergli il completamento della sua formazione professionale ed il raggiungimento dell'indipendenza economica.

Ratio Legis

La ratio della norma è quella di consentire una piena realizzazione e condizioni di vita assimilabili al figlio legittimo anche per il figlio non riconosciuto: l'evidente capitis deminutio perpetua ed irrimediabile dei figli cosiddetti incestuosi è stata del resto censurata dalla Corte costituzionale con la sent. 494/2002.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

152 Nell'art. 279 del c.c., che riguarda l'azione spettante al figlio naturale per ottenere gli alimenti, a proposito della dichiarazione scritta del genitore, è stata usata una formulazione in tutto conforme a quella usata per la dichiarazione giudiziale di paternità (art. 269, n. 2), eliminandosi così una diversità di dizione, che non aveva alcuna giustificazione.

Massime relative all'art. 279 Codice Civile

Cass. civ. n. 16561/2020

La proposizione cumulativa dell'azione di regresso, nell'ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, persegue il semplice obiettivo di tutelare la parte più debole, che, avendo fatto il riconoscimento, è tenuta a provvedere per intero al mantenimento. Tuttavia, il mancato riconoscimento non determina il venir meno dell'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale a essere mantenuto, istruito ed educato da entrambi i genitori.

Il genitore, il quale ha operato il riconoscimento, ove abbia provveduto, da solo ed in modo integrale, al mantenimento del figlio, può ottenere che sia giudizialmente accertato il diritto al rimborso della quota spettante all'altro, tuttavia la facoltà di anticipare la tutela non rileva ai fini del computo del termine di prescrizione. E ciò in quanto, sebbene la facoltà di proporre la domanda nel medesimo giudizio di dichiarazione giudiziale di filiazione, per poter mettere in esecuzione il titolo risulta poi necessario il passaggio in giudicato della sentenza, la quale dichiara la paternità o la maternità.

Cass. civ. n. 14417/2016

La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento da cui conseguono tutti i doveri propri della procreazione legittima tra i quali l'obbligo di mantenimento. La relativa obbligazione si collega allo status genitoriale e assume decorrenza dalla nascita del figlio, con la conseguenza che l'altro genitore, il quale nel frattempo ha sostenuto l'onere di mantenimento anche per la porzione di pertinenza del figlio dichiarato giudizialmente, ha diritto di regresso per la corrispondente quota.

Cass. civ. n. 6365/2004

Nel quadro dell'art. 279 c.c. ed ai fini di far valere i diritti (al mantenimento, all'istruzione e all'educazione, ovvero agli alimenti) attribuiti al figlio naturale da tale norma, l'impossibilità di proporre l'azione, di cui all'art. 269 c.c., per la dichiarazione giudiziale di genitura naturale (impossibilità costituente, oltre all'accertamento del fatto procreativo, requisito per agire a tutela di quei diritti, e da intendersi non in senso assoluto) resta integrata anche qualora si tratti di impossibilità sopravvenuta, perchè derivante dall'omesso esperimento, nel termine di decadenza all'uopo fissato, dell'azione di disconoscimento del padre legittimo.

Cass. civ. n. 5633/1990

Nel quadro normativo delineato dall'art. 30 della Costituzione, dall'art. 279 c.c. e dalle convenzioni internazionali ratificate e rese esecutive in Italia, l'obbligo del genitore naturale di concorrere al mantenimento del figlio trova la sua fonte immediata nel fatto della procreazione, anche se accertato incidenter tantum, e non nello status formale di figlio naturale. Pertanto, non ha causa illecita per contrarietà a norme imperative o all'ordine pubblico, ma bensì è pienamente valido, in quanto informato alla detta normativa, il contratto con il quale un genitore naturale, ammettendo che un soggetto è stato da lui procreato, si obblighi a mantenerlo, in una misura convenzionalmente determinata, indipendentemente dal suo riconoscimento formale.

Cass. civ. n. 3641/1977

A norma dell'art. 232 della L. 19 maggio 1975, n. 151, la nuova disciplina in materia di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale nonché il nuovo testo dell'art. 279 c.c., in materia di azione proposta dal figlio naturale per ottenere dai genitori il mantenimento o gli alimenti si applicano anche ai figli nati o concepiti prima dell'entrata in vigore della legge medesima. Pertanto, qualora tale legge sia sopravvenuta nella pendenza del giudizio di legittimità, la Corte di cassazione deve applicare, anche d'ufficio, la nuova disciplina, salvo che siano necessari accertamenti di fatto diversi da quelli compiuti dal giudice del merito.

Quando la nuova disposizione dell'art. 279 c.c. sia sopravvenuta nel corso di un giudizio, nel quale l'azione di alimenti a favore del figlio minore non riconoscibile sia stata già ritenuta ammissibile per la ricorrenza di una delle tre rigorose ipotesi previste dalla precedente formulazione della citata norma, non è necessaria la previa autorizzazione del giudice a norma dell'art. 274 c.c., essendo superfluo il previo accertamento delle circostanze giustificative dell'esercizio dell'azione alimentare.

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Filippo B. chiede
martedì 10/11/2015 - Abruzzo
“Sono nato ad A. nel 1940, riconosciuto solo da mia madre (deceduta nel 1974) la quale nel 1954 promosse causa nei confronti di mio padre (deceduto nel 1989) presso il Tribunale di T. che con propria sentenza mi ha riconosciuto secondo le disposizioni vigenti all'epoca "figlio naturale non riconoscibile" condannando mio padre al versamento in denaro mensile per il mio mantenimento; sentenza non impugnata.
Facendo riferimento al Nuovo Diritto di Famiglia del 1975 che eliminava la dizione "non riconoscibile" e facendo riferimento alla nuova disposizione legislativa del 2002 con la quale le distinzioni tra figli legittimi e figli naturali sono state eliminate ho inviato all'Ufficiale di Stato Civile di A, copia della sentenza del 1954 e la conseguente richiesta, sulla base delle ultime disposizioni di legge, della trascrizione della sentenza e l'integrazione sul mio estratto di nascita del nome del mio padre naturale, con aggiunta al cognome di mia madre di quello di mio padre. L'Ufficiale di Stato Civile di A,, pur di fronte alla sentenza e alle nuove disposizioni legislative ha dubbi sull'applicazione concreta della mia richiesta.
In caso di risposta negativa quale procedura devo seguire? Devo ricorrere al Giudice del Tribunale di T, per chiedere l'applicabilità della sentenza? In questo caso a quale settore del Tribunale devo rivolgermi? Ho l'obbligo di farmi assistere ad un legale di fiducia?
Ho diritto alla successione di quanto lasciato in eredità da mio padre dopo la sua morte avvenuta nel 1989?”
Consulenza legale i 12/11/2015
Nella vicenda descritta abbiamo un figlio nato fuori dal matrimonio e, all'epoca, non riconoscibile, in quanto il padre risultava sposato con altra donna.

Oggi la non riconoscibilità del figlio, che dopo il 1975 comunque residuava solo nel caso di figli incestuosi quando vi fosse stata malafede da parte di entrambi i coniugi, è stata eliminata e sostituita con la regola sancita nel riformulato art. 251, comma 5, c.c.: "Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
Il riconoscimento di una persona minore di età è autorizzato dal giudice
".

Nel caso di specie, la non riconoscibilità nel 1954 era da imputarsi al fatto che il figlio era frutto di adulterio: al giorno d'oggi, quindi, quel figlio avrebbe uno status pienamente equiparato a quello del figlio nato all'interno del matrimonio.

Anche se l'Ufficiale di Stato civile acconsentisse alla modifica del cognome del figlio (ciò ci appare improbabile in base alle osservazioni che si faranno alla fine del presente parere), si deve precisare che, ai fini civilistici, per poter accettare l'eredità del padre appare comunque necessario agire in giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità, ai sensi dell'art. 269 del c.c., non essendo sufficiente il mero acquisto del cognome paterno.
La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo: nel nostro caso, esiste già una sentenza che ha riconosciuto la paternità di Tizio, corredata di prove, quindi la dimostrazione della genitorialità risulta già data e difficilmente il nuovo giudice potrebbe non accogliere la domanda.

E' oggi previsto, grazie alla riforma del 2012, che l'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità sia imprescrittibile riguardo al figlio (art. 270 del c.c.).
Quanto alla legittimazione passiva, la domanda deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi (art. 276 del c.c.). La sentenza che dichiara la filiazione produce gli effetti del riconoscimento, quindi il figlio acquista tutti i diritti derivanti dal suo status, compresi quelli successori. Il diritto di accettare l'eredità del padre, che si prescrive normalmente in 10 anni dall'apertura della successione, decorre in questo caso per il figlio dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione (art. 480, secondo comma, c.c.). Nel nostro caso, essendo trascorsi diversi anni dalla morte del padre, sarà poi necessario che il figlio recuperi la propria quota legittima dagli altri eredi esperendo l'azione di riduzione.

La competenza territoriale per l'azione di accertamento giudiziale della paternità spetta al Tribunale nel cui circondario si trova la residenza o il domicilio del convenuto, ai sensi dell'art. 18 del c.p.c.: nel nostro caso, gli eredi del padre (in tal senso, vedi ex multis, Trib. Milano, sez. IX civ., decreto 26 giugno 2013). Trattandosi di una vera e propria azione giudiziale, risulta necessario incaricare della difesa tecnica un avvocato.

In ogni caso, appare improbabile che l'Ufficiale di Stato Civile accetti di modificare il cognome del figlio in mancanza di un provvedimento ad hoc, effetto che non aveva la sentenza del 1954: questa, difatti, affrontando in via incidentale la questione della paternità, disponeva solamente il dovere per il padre di corrispondere al figlio gli alimenti. Ciò, a causa della norma vigente all'epoca, contenuta all'art. 279 e richiamata nella sentenza, la quale concerneva gli alimenti da prestare al figlio non riconoscibile. Quindi, risulta logico che con la sentenza non si è ottenuta la dichiarazione giudiziale di paternità (a quei tempi il figlio non era riconoscibile), né il conseguente diritto del figlio a cambiare il cognome.

Antonio chiede
mercoledì 30/11/2011 - Friuli-Venezia
“gradirei conoscere quali sono gli obblighi che hanno i figli nei confronti dei genitori riguardo al mantenimento degli stessi in caso di necessità? grazie , saluti Toppan antonio”
Consulenza legale i 03/01/2012

Ai sensi dell'art. 433 del c.c. ogni figlio è obbligato a concorrere, in proporzione con gli altri figli dell'alimentando ai bisogni di questo. Tale obbligo è subordinato alla prova dello stato di bisogno e dell'impossibilità dell'alimentando di provvedere al proprio sostentamento e della capacità economica dell'obbligato a corrispondere la sua quota-parte del diritto degli alimenti nei confronti del genitore (sul punto si veda anche Trib. Napoli 03.10.1974).