La norma in esame disciplina il procedimento di
separazione consensuale, all’interno del quale si distingue la fase presidenziale (analoga a quella della
separazione giudiziale), e la fase dell'omologazione (che si svolge davanti al
tribunale secondo le modalità proprie del rito camerale).
La legittimazione ad agire spetta ai coniugi separatamente o congiuntamente e la
domanda si propone con
ricorso al tribunale, il quale dovrà essere sottoscritto da entrambi i coniugi o anche da uno solo di essi.
E’ discusso se le parti abbiano l'
onere di farsi rappresentare da un
difensore; infatti, mentre si ritiene che per la fase presidenziale non sussiste l'onere del patrocinio di un difensore, nella fase dell'omologazione, invece, si propende per la tesi della necessaria
assistenza di un avvocato.
In ordine al contenuto del ricorso, è discusso se sia necessaria o meno l’esposizione in esso dell'accordo dei coniugi, ed in particolare se possa ritenersi ammissibile un ricorso non contenente alcun riferimento alle condizioni di separazione.
Secondo parte della dottrina la mancanza dell'esposizione dell'accordo non determina la nullità o l'
inammissibilità del ricorso, a condizione che i coniugi abbiano espresso l'accordo sulla separazione, riservandosi di precisarne le condizioni al momento della loro comparizione all'udienza presidenziale.
Altra parte della dottrina, invece, ritiene che un accordo tra i coniugi, anche se informale, debba pure sempre sussistere.
Circa l'intervento del P.M., prevale in dottrina la tesi secondo cui nel procedimento di separazione consensuale il suo intervento è obbligatorio, argomentandosi dal rilievo che l’
art. 70 del c.p.c. fa riferimento a tutte le cause di separazione personale e quindi non solo a quelle di separazione giudiziale.
Di diverso avviso è la giurisprudenza di legittimità, la quale sostiene che l'intervento del P.M. non è previsto né dall'art. 711 né può essere desunto dalla disciplina dei procedimenti camerali.
Così come la separazione giudiziale dà luogo ad un giudicato "
rebus sic stantibus", non modificabile in relazione ai fatti che avrebbero potuto esser dedotti nel relativo giudizio, allo stesso modo gli accordi negoziali sottoscritti in sede di separazione consensuale omologata non sono modificabili con riferimento a fatti di cui le parti avrebbero dovuto tenere conto al momento della conclusione di tali accordi; la modifica è possibile solo in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, che abbiano alterato la situazione preesistente, mutando i presupposti in base ai quali le parti avevano stabilito le condizioni della separazione.
Competente per materia è il tribunale, mentre per quanto concerne la
competenza per territorio occorre così distinguere:
-
se il ricorso viene presentato congiuntamente da entrambi i coniugi, i quali risiedono o sono domiciliati nello stesso luogo, la competenza sarà facoltativa in capo ai tribunali di residenza o di domicilio di uno o entrambi i coniugi;
-
se, al contrario, il ricorso viene presentato da uno solo dei coniugi è competente il giudice del luogo di residenza o di domicilio dell'altro.
Una volta depositato il ricorso in
cancelleria, il
presidente del tribunale, entro cinque giorni, fissa con decreto in calce allo stesso ricorso la data dell'udienza di comparizione.
Sia il decreto di fissazione dell'udienza che il ricorso introduttivo vanno notificati insieme nel caso in cui la domanda sia stata proposta da uno solo dei coniugi, mentre la notifica non è necessaria se la domanda è stata proposta congiuntamente.
Se uno o entrambi i coniugi non compaiono all'udienza fissata cessano gli effetti della domanda e il processo deve essere archiviato.
All'udienza il presidente interroga i coniugi, prima separatamente e poi congiuntamente, al fine di conoscere le cause del contrasto e tentare la conciliazione.
Se il
tentativo di conciliazione riesce il presidente fa redigere il processo verbale di conciliazione ex
art. 126 del c.p.c. e il giudizio si estingue.
Se la conciliazione non riesce, lo stesso presidente del tribunale fa verbalizzare la persistente volontà dei coniugi di separarsi e le condizioni eventualmente concordate circa l'obbligo di mantenimento e affidamento dei figli; in questo secondo caso, il presidente, può indicare ma non imporre, ai coniugi, soluzioni alternative affinché le condizioni della separazione siano conformi all'interesse della famiglia.
Conclusasi l'udienza presidenziale, il fascicolo del procedimento viene rimesso a cura della
cancelleria al P.M., il quale dovrà emettere un suo parere sulla separazione.
Fondamento della separazione consensuale non è altro che l'accordo dei coniugi a vivere separati, reso efficace dal provvedimento di omologazione.
Il contenuto minimo di tale accordo, nel silenzio della legge, è individuato dalla dottrina distinguendo fra condizioni necessari e eventuali dell'accordo stesso; tra i componenti del contenuto necessario parte della dottrina vi fa rientrare il consenso di vivere separati e le pattuizioni relativi al coniuge e alla prole.
Secondo altra tesi più restrittiva, invece, tale contenuto necessario viene limitato al solo accordo sulle determinazioni relative ai figli.
Rientrano nel contenuto eventuale, invece, tutte le altre possibili pattuizioni relativi ai rapporti patrimoniali e personali.
Per quanto concerne la natura giuridica degli accordi di separazione, si osserva che questi non possono configurarsi come un
contratto, in quanto non hanno ad oggetto un
rapporto giuridico patrimoniale, ma la sospensione del rapporto coniugale.
E’ stato anche osservato che il regolamento concordato fra i coniugi ed avente ad oggetto la definizione di rapporti di natura patrimoniale, pur trovando la sua fonte nell'accordo delle parti, è capace di acquistare efficacia giuridica solo per effetto del provvedimento di omologazione, il quale ha la funzione di verificare che i patti raggiunti tra le parti siano conformi all’interesse familiare; in mancanza di omologazione, invece, le pattuizioni convenute antecedentemente sono prive di efficacia giuridica.
Dopo che il P.M. ha espresso il suo parere, il presidente rimette gli atti al collegio affinché decida sull'assenso o sul rifiuto dell'
omologazione della separazione consensuale.
L'omologazione del tribunale costituisce condizione di efficacia della separazione consensuale; un accordo non omologato, infatti, non potrebbe essere capace di determinare la variazione dello
status dei coniugi.
Il procedimento di omologazione si svolge secondo le forme del rito camerale e consiste in un controllo sulla ritualità dello svolgimento del giudizio, sulla competenza del giudice adito, sulla verifica che il tentativo della conciliazione sia stato esperito, nonché sulla legittimità delle condizioni pattuite dai coniugi, con particolare riguardo alla conformità dell'accordo con l'interesse della famiglia e della prole.
Qualora si rilevasse un contrasto dell'accordo con l'interesse superiore della prole, il tribunale, può rimettere gli atti al presidente, affinché questi riconvochi le parti davanti a sé, indicando ai coniugi le modifiche da adottare nell'interesse dei figli, potendo, in caso di inidonea soluzione, rifiutare allo stato l'omologazione ex
art. 158 del c.c. comma 2.
In ogni caso, il giudice può solo suggerire ai coniugi di modificare le clausole, mentre è escluso che possa rettificarle d'ufficio pena la nullità assoluta dell'omologazione.
Preso atto dell'accordo dei coniugi sulla separazione, se il giudice ritiene che ne ricorrono le condizioni provvede all'omologazione con
decreto motivato; in caso contrario rifiuta l'omologazione.
Quanto all'efficacia del decreto di omologazione, trascorso il termine per proporre il reclamo, decorrente dalla data di comunicazione del provvedimento, il decreto acquista efficacia ex
art. 741 del c.p.c., ma non acquista autorità di cosa giudicata.
Il
verbale di separazione consensuale, ritualmente omologato, ha efficacia di
titolo esecutivo.
In conformità alla disciplina dettata per i procedimenti in camera di consiglio, il decreto di omologazione ovvero il suo diniego è soggetto a reclamo, da presentarsi ad opera delle parti o del P.M., innanzi alla Corte di appello.
Il reclamo va proposto nel
termine perentorio di dieci giorni decorrenti dalla comunicazione del provvedimento, e questo perché, trattandosi di separazione consensuale, non sussiste un contenzioso tra la parti che possa giustificare la notifica ex
art. 739 del c.p.c. comma 2.
Il ricorso può essere proposto anche singolarmente da uno solo dei coniugi, nel qual caso deve essere notificato all'altro coniuge e al P.M., mentre il reclamo del P.M. va notificato ai coniugi.
Qualora il giudice del reclamo accolga lo stesso, può pronunciare direttamente l'omologazione.
Decorsi i termini per la proposizione del reclamo, non è ammissibile la revoca del decreto di omologazione.
Ai sensi dell'ultimo comma della norma in esame, che rinvia espressamente all'
art. 710 del c.p.c., le condizioni della separazione consensuale possono essere modificate per circostanze sopravvenute o per un diverso e nuovo accordo intervenuto fra i coniugi.
Dopo che sia stato pronunciato il decreto di omologazione della separazione consensuale, è inammissibile il mutamento del titolo della separazione da consensuale in giudiziale.