La vicenda sottoposta all’esame del giudice vedeva come protagonista una donna, la quale aveva convenuto in giudizio il figlio al fine di vederlo condannare alla corresponsione, in suo favore, di un assegno mensile di 500 euro, in qualità di obbligato ai sensi dell’art. 433 c.c. L’attrice lamentava, infatti, che, dopo la morte della sorella, la quale aveva sempre provveduto a soddisfare i suoi bisogni, essa versava in gravi difficoltà economiche, non percependo redditi e non potendo lavorare a causa delle patologie di cui era affetta.
Il Tribunale adito ha, tuttavia, rigettato le istanze attoree, provvedendo a chiarire quali presupposti legittimano il riconoscimento del diritto agli alimenti.
A tal proposito il giudice ha evidenziato, innanzitutto, come lo stato di bisogno non coincida con la difficoltà economica, né con il fatto che un soggetto non percepisca alcun reddito. Ci si trova dinanzi ad uno stato di bisogno nel caso in cui un soggetto non riesca a far fronte alle proprie esigenze primarie, e, secondo l’orientamento assunto in materia dalla Corte di Cassazione, “lo stato di bisogno, quale presupposto del diritto agli alimenti previsto dall'art. 438 del c.c., esprime l'impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari, quali il vitto, l'abitazione, il vestiario, le cure mediche, e deve essere valutato in relazione alle effettive condizioni dell'alimentando, tenendo conto di tutte le risorse economiche di cui il medesimo disponga, compresi i redditi ricavabili dal godimento di beni immobili in proprietà o in usufrutto, e della loro idoneità a soddisfare le sue necessità primarie” (Cass. Civ., n. 25248/2013).
Da ciò deriva che un figlio potrà essere obbligato a corrispondere gli alimenti al genitore soltanto in presenza di due condizioni: in primo luogo il genitore si deve trovare in uno stato di bisogno fisico o economico; in secondo luogo, lo stesso non deve essere in grado di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento, con ciò intendendosi soltanto i beni di prima necessità come il vitto, l’abitazione, il vestiario e le cure mediche. Tale stato deve, peraltro, essere valutato in relazione alle effettive condizioni del soggetto, tenendo conto di tutte le risorse economiche di cui esso disponga, compresi i redditi ricavabili dal godimento di beni immobili di proprietà o in usufrutto, e della loro idoneità a soddisfare le sue necessità primarie.
Analizzando il caso di specie alla luce di tali precisazioni, il Tribunale adito ha osservato come, nonostante sia appurato che la richiedente percepisca, effettivamente, soltanto la pensione di invalidità erogata dall’Inps, pari a circa 3700 euro annui, la stessa non ha dimostrato con certezza assoluta di trovarsi in uno stato di bisogno. L’attrice, infatti, si era limitata ad allegare, in modo generico, di pagare un canone di locazione, senza, però, dichiarare nulla in merito a quali fossero le altre spese a cui non riusciva a far fronte con la propria pensione.
I giudici hanno, altresì, precisato che non si deve tener conto soltanto delle condizioni del richiedente, dovendosi, piuttosto, considerare anche la sfera giuridica soggettiva dell’obbligato, accertandone la capacità economica. Nel caso di specie, invece, la parte attrice non ha fornito alcun elemento utile al fine di ritenere il figlio concretamente capace di far fronte all’obbligazione da lei richiesta.