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Figli ultratrentenni e autonomi: la casa torna al padre

Famiglia - -
Figli ultratrentenni e autonomi: la casa torna al padre
La madre e i figli con più di trent’anni devono restituire l’immobile adibito a casa coniugale all’ex marito proprietario dello stesso.
La Corte d’Appello di Taranto, con la sentenza n. 203 del 30 aprile 2015, si è pronunciata in ordine ad un interessante caso in materia di diritto di famiglia e, in particolare, di obbligo di mantenimento e di assegnazione della casa coniugale in caso di separazione dei coniugi.

Nel caso esaminato dalla Corte, una madre separata e i figli maggiorenni, con la medesima conviventi, proponevano appello avverso un’ordinanza con cui il Tribunale di Taranto li aveva condannati all’immediato rilascio, in favore dell’ex coniuge, dell’appartamento a suo tempo destinato a casa coniugale, di proprietà dell’ex marito.

In particolare, in sede di separazione, il Giudice non aveva provveduto sull’assegnazione della casa coniugale, di proprietà del marito, dando atto che l’assegno di mantenimento mensile a carico del marito e in favore della moglie, era finalizzato a sopperire anche “alle esigenze abitative” a cui la moglie avrebbe dovuto provvedere.

In sostanza, il Giudice statuiva che la casa coniugale dovesse tornare al legittimo proprietario, probabilmente in considerazione “dell’avanzata maggiore età dei figli”, conviventi con la madre.

La Corte d’appello, pronunciandosi in sede di appello, evidenziava come la Cassazione avesse affermato che “ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all’assegnazione della casa coniugale, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l’assegnazione dell’immobile, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura”.

Infatti, prosegue la Cassazione, “il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione” (Cass. civ., sent. n. 18076 del 20.08.2014).

Ebbene, nel caso di specie, il giudice di secondo grado evidenziava come i figli conviventi con la madre avessero rispettivamente 35 e 31 anni e come i medesimi non avessero provato il loro stato di disoccupazione e fossero proprietari di un appartamento.

Di conseguenza, secondo la Corte d’appello, del tutto giustificata e coerente appariva la decisione del giudice di primo grado, che aveva condannato la madre a rilasciare l’immobile in favore dell’ex marito, proprietario del medesimo.

Infatti, l’età e la situazione economica dei figli ultratrentenni non giustificava l’assegnazione della casa coniugale alla madre conviventi con gli stessi.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte d’appello rigettava l’appello proposto, confermando la l’ordinanza di primo grado e condannando gli appellanti al pagamento delle spese di lite.


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